ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME II- — PARTE 1. — FASCICOLO I. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCCLXX 9 ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE ni STORIA PATRIA VOLUME II. — PARTU I. ; «■ s G m 0 V A. TIP. DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI MDCCGLXX- /v I l 1 I . - - a ■- . 8I • . ■ ___ COMMEMORAZIONE DEL SENATORE ANTONIO CAVERI % GIÀ PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ PAROLE DEL VICE-PRESIDENTE GIUSEPPE MORRO NELL’ ADUNANZA GENERALE DEL III APRILE NDCCCLXX De mortui laude, cum quid veri erat, praedicatum.... Fuit enim liic vir, non solum eruditissimus, sed etiam civis e republica maxime, tuendaeque civitatis peritissimus. Cic. De Leg. 1. 2. Solito a tacermi ascoltando le dotte vostre parole, orrevolissimi socii, ardisco oggi schiudere il labbro in lode di Antonio Gaveri che della nostra Società fu presidente nel 1866. Al suono di un nome sì caro e venerato spero avere da voi compatimento, non che perdono, se imprendo un tema assai ponderoso alle mie forze. Sarò almeno scusato d’avere obbedito a Chi ci presiede, a tal uomo cui questo compito per ogni titolo si addiceva ed il quale avria saputo preparare con eleganza una commemorazione degna del lodato, degna del lodatore. Il giorno in cui si spegneva vita tanto preziosa quale era quella del nostro Gaveri fu veramente giorno nefasto pel Foro, pel Municipio, per la Università degli studi, per Genova tutta, pel Senato Italiano, per tutta Italia, per ( vili ) tulto il mondo scientifico. Ogni ordine di cittadini si scosse all’annunzio di sì impensata disparizione di un uomo cotanto dotto, benefico ed operoso; come elettrica favilla l’infausta nuova corse dalle officine ai palagi, dalla casa del povero alla magione del ricco, dalle scuole infime agli Istituti e alle Accademie; ed un lutto spontaneo si diffuse, ed occupò tutti gli animi la più profonda mestizia. Tutti quelli che ammirato avevano quel raggio d’ingegno, quella generosa indole, quel sagacissimo oracolo di consigli, quel Giureconsulto dottissimo nell’insegnare, facondo nel perorare, acutissimo nel discutere, abilissimo nel maneggiare affari gravi, sì pubblici come privati, quel felice trovatore di forinole nel tutelare interessi, quel facile compositore di liti, accorsero in folla accompagnando la sua mortale spoglia alla funebre casa. L’eletta dei maestrati, degli studenti, degli avvocati, dei procuratori e dei notari; i cultori d’ogni scienza e d’ogni arte; i naviganti, tutte le classi del commercio, gli operai, e gli stessi uomini che faticano nei lavori i più umili della industria, e, in cima a tutti, il Sindaco ed il Prefetto portarono su quella bara il tributo dell’affetto e della estimazione. Nè, a rappresentare la nostra Società, vi mancarono i principali e il nostro ottimo Capo. E chi con calde parole, e chi con la eloquenza del muto sembiante, e tutti con lacrime negli occhi dissero a Lui vale, a Lui che avea lasciato nella moglie e nei figliuoli lo stesso aspetto di desolazione e di affanno. Splendide arringhe infiorarono quelle spoglie, e gli avvocati Cesare Gabella, Tito Orsini, e Giuseppe De Giorgi, illustre triumvirato della eccellenza nelle nostre giuridiche discipline presentarono alla moltitudine, in bella gara, le lodi dell’estinto. Cui si uni il Priore dei Causidici Marcello Graffagni con affettuosa facondia. ( 'X ) Ma io che 1’ avea veduto ancor garzonetto entrare in collegio nella dotta Lucca, che per cinque anni gli fu nutrice, io che l’avea veduto crescere e grandeggiare rapidamente negli studi classici e nelle scienze algebriche nelle quali fu veramente aquila sui condiscepoli, io che avea ammirato il suo incessante ardore di apprendere, con quégli occhi sempre intenti nei libri anche nelle ore della ricreazione; io che Pavea piaudito più volte allorquando raccolse nelle scuole premii e diplomi, io che aveva passati con lui i primi anni dell’avvocherìa nell’auditorio di Luigi Casanova, impareggiabile Giureconsulto, io vissuto la maggior parte dei nostri giorni con lui, collega nel Foro, nell’Università, al Municipio, non potei reggere a sì doloroso commiato. E anche ora che molti giorni trascorsero da quello strazio del cuore sento venir meno il pensiero e la parola, assumendo la rimembranza e la sposizione della sua vita. La quale, appena laureato e compiuto il tirocinio biennale presso quel Professore Casanova da cui prese l’inaugurazione della sua legale carriera, cominciò a manifestarsi operosa ed integra nella direzione e trattazione delle cause commerciali, civili e canoniche. Si fu allora che il Caveri, sui venticinque anni, cominciò a risplendere per senno prematuro siffattamente da divenire consultore ai più provetti giudici ed avvocati. Nè i cari studi del diritto abbandonò in mezzo al turbinio dei litigi; perocché aggregato alla Facoltà di legge in questo Ateneo venne nel 1847 innalzato alla nuova Cattedra dei Razionali del diritto. Erudito sin dai più teneri anni nelle lettere greche, ed imbevuto delle dottrine platoniche che sono la base dei responsi romani , coltivatore indefesso della letteratura germanica e conoscitore dei bei lavori di Glùch, di Puchta, di ( X ) Zeidler, di Christian e di Iering sulle leggi del Digesto; versato nelle teorie dei Legisti americani, Lovimer, Leri, Cooper e Lhatany; non digiuno della Filosofìa indiana e chinese, potè il Gaveri ornare le sue Prelezioni di tutto quanto lo scibile a cui si legano le ragioni intime del diritto, insegnandone non il razionalismo, ma s'i la vera filosofìa. E perciò che sebbene avesse letto con ardore e lungamente meditate le opere di Kant, di Shelling, di Fichte e di Hegel si guardò dall’adottarne i pericolosi filosofemi, i quali, come osservò recentemente un illustre critico inglese in un rendiconto del primo volume della Storia Romana di Moinmsen, sono pericolose astruserie nella stessa Germania, ma fuori di Germania recati in altre lingue suonano un gergo oscuro. Ed io rammento come spesse volte, ragionando egli meco del Kant, oh! quanto, diceva, è egli diverso dal divino Platone; il quale colla idea innata, e colla creazione ti spiega la realità dell’io e di tutto il mondo esteriore, mentre il Platone di Konisberga, facendo del tempo e dello spazio un modo di sentire dell’ io, e non facendo esistere le cose che nel me o nel soggetto, riduce tutto il creato ad una creazione dell’ uomo. E cosi il giusto e l’ingiusto non vengono ad essere che idee dell’ io. Ond’èche se il soggettivo legislatore forinola una legge fondata sul giusto, l’oggettivo chiamato ad obbedirla la esamina, facendosi soggettivo, e la critica, e le si ribella legittimamente, perchè una idea diversa del giusto sta nel suo spirito. Ed in tal guisa, che mai divengono libertà e dovere ? che divengono i popoli ? che è Dio ? finzioni del soggettivo. Con questa filosofia l'io si persuaderà che i popoli e i regni, l’umanità intera ponno fare a meno di quell’altro oggettivo che è la morale e la legge. E se l’io non le troverà in sè, ove mai si ritroveranno? ( X' ) E questa ragion pura di Kant (mi soggiungeva il Gaveri) come potrà ricevere il correttivo di’ ei vuol ritrarre dalla ragion pratica? Fra l’una e l’altra havvi un abisso. Questa tavola nel naufragio ti sfugge, e il giusto assoluto, e il bene assoluto spariscono. La ragion pura, e la pratica, e tutti gl’ imperativi categorici si sommergono in mare senza fondo. Nè vi ripara il Fichte con quella sua apoteosi della umana individualità, perchè il me divinizzato non è che il Satanno di Milton in mezzo alle tenebre. Dond’esce verità, scienza, morale? dal me che si contempla, e poi si sveglia da questa estasi, e grida son libero ! In questa libertà illimitata trova un ostacolo, il non me! Lo considera, epperciò lo crea; perchè se non vi fosse il me, neanco sarebbevi il non me. È perciò che il me è voi, il me è il mondo tutto, il mondo è me ! Cosi la individualità di Fichte è assorta in quella di tutti, e tutti rimangono assorti nella individualità. Ed ecco in nebbia dissolversi l’una e l’altra; sparisce così ogni idea del diritto delle persone, e il Satanno di Milton ritorna al suo caos. Questo idealismo o panteismo che voglia dirsi spiacque a Shelling. Egli andò in cerca della realità, e disse: anima della filosofia è 1’ idea, la realtà è il corpo; u-niamoli e avremo la vita. Ma sciolse egli il problema? Ammette egli l’assoluto, ma lo fa sempre creare dallo spirito; lo fa perciò dipendere dal soggettivo, e così anche questo filosofo trovasi sul sentiero di Kant ove è smarrito ogni principio della personalità e del diritto. Il diritto riducesi, secondo Shelling, ad una raccolta di casi pratici; e così vien fuori quella ragion pratica che non può vivere e stare insieme colla pura ragione. Hegel studiossi di adempiere un tanto vuoto colla sua filosofia sociale per iniziar V uomo ai diritti e ai doveri; ma ( X» ) le triadi hegeliane sono aneli’esse gerghi, e sogni d’infermo; il caos di Satanno sull’uscio degli abissi non è più inestricabile. Che è questo essere, questa esistenza, questo concetto ? che è il fenomeno, l’esìstente, e la l'ealità? che è V oggetto, il soggetto, e l’ideai Come intendere quello spirito soggettivo, oggettivo, e assoluto? Come spiegasi con ciò il dominio della morale ? la libertà ? il giusto ? Secondo lui il diritto è l’impero della libertà che si svolge per la volontà. La volontà contiene in sè il me! esprime il passaggio del me al determinato, il ritorno del me in lui stesso. Ed ecco pure l’Hegel arretato ai lacci di Kant. Queste scuole fecero esse mai progredire di un passo la filosofia del diritto? Che resta di tutte queste forinole? che resta della grande filosofia germanica? quai sono le glorie, e quali gli allori? un immenso travaglio per rigenerare sofismi antichi con nuovi vocaboli ! teorie che cavalcano sulle nuvole come le streghe di Goethe; libertà sconfinata nell’apoteosi dell’individuo, fatalismo cieco, assoluto, isolato, e tiranno; errore ovunque, e disperazione nella impotenza di qualsiasi applicazione sociale. Ecco perchè il Caveri nelle sue Lezioni di Filosofia del diritto temperò il razionalismo d’Hegel colle tradizioni della scuola platonica cos'i felicemente innestata alla fede cristiana : filosofia vera che albeggiò, come bene avea notato il nostro Vico, nella antica sapienza italiana dalla Provvidenza condotta per mezzo delle romane conquiste a maturare i divini veri della religione cristiana, onde poi si illuminarono le carte di quel d’A-quino, e poi del Ficino, del Pico della Mirandola e del Patrizi, ed, alla nostra età, del Galluppi, del Rosmini, del Gioberti e del Mamiani, i quali seppero far passare dal cielo greco allo italico le maravigliose armonie del vero, del bello, del buono, e del giusto. ■ 1 ( XIII ) Il c "averi con quella onniraoda intelligenza, col suo savio eccletismo, fece suo prò delle dottrine del Savigny, senza però essergli troppo ligio, perchè sebbene questo grand’ uomo ponesse da banda le astruserìe de’ suoi connazionali nel dar la teoria della legge, nullameno peccò egli pure nel ritenerla come un semplice fatto storico. Il diritto, secondo lui, è un elemento necessario, fatale, espresso dalla immensa natura organica di un popolo. Il diritto, secondo lili, ha sue radici nel corpo medesimo di una nazione ; cresce e vegetasi, e spande i suoi rami e fruttifica in virtù di. una interna energia. E come la lingua; esiste nelle costumanze, nelle credenze, e nelle viscere delle popolazioni. Yien dal di dentro, non dal di fuori; non è opera del pensiero, non è il capriccio del legislatore, ma la manifestazione della vita attiva, sociale. La mente umana (secondo lui) non dee decretare il diritto, ma debbe inchinarsegli; la legge passa spontanea, e procede cogli atti solenni della umanità. In questa teorica del Savigny ben vide il Gaveri l’intendimento generoso di debellare il barbaro predominio dei codici di una nazione imposti ad altra nazione, e ben riconobbe molto di buono e di vero in quella scuola; ma non a tal punto di dover dimezzare la definizione di Ulpiano, il quale, nel presentarci il nobile e vero concetto della Giurisprudenza, la predicò per tutto il mondo civile siccome una nozione delle cose divine ed umane, e siccome una scienza del giusto e dell’ingiusto : definizione che ha vinto il silenzio di venti secoli. Il Savigny attenendosi alla semplice derivazione umana lasciò perdere la divina. Disse che il diritto vien dal di dentro, non dal di fuori ; ma in ciò s’ingannò. Egli confuse il diritto col legislatore, l’assoluto col relativo, il necessario col contingente. Vi son leggi opera dell’ uomo, ( XIV ) ma vi son leggi clic l’uomo non ha fatte. 11 giusto e l’ingiusto, che tanto suonano alla coscienza dell’uomo, nella origine loro sono idee divine, che derivano dalla Divinità a cui l’uomo è stretto per tanti rispetti. La catena omerica delle cose divine e umane non può rompersi in due, nè tantomeno si può ripudiare la prima, e attenersi alla seconda. Chi negherà lo svolgimento delle cose umane in inferenza alle divine? Sia pure che la volontà generale faccia la legge, ma adorando una volontà superiore, adorando il giusto assoluto: ed ecco il vincolo naturale, e il divino. .Uno dei primi aliati della giustizia è l’amore, e il rispetto dell’uomo : a questo s’inspira la forinola della legge. Questa forinola in re- * lazione ai climi, ai tempi, ai costumi è mutabile e passa; ma il giusto ed il vero a cui s’informa non passano. Ond’è che la legge fu definita — una verità matura, possibile. — L’uomo protetto da tutto ciò che vi ha di divino nella legge, debbe obbedienza alla forinola della legge, ed è libero tanto più quanto le è servo ; per questa via il diritto riconduce l’uomo a Dio. Trasimaco, presso Platone, ha preceduto Savigny dicendo che le leggi son l’arbitrio dei principi; Galicle dicevale opera della plebe. Cicerone non vide nella legge che aliquicl aeternum quod universum mundum regeret, imperandi prohibendtqice sapientia (De leg. 1. 1. c. 10, 1. 2. c. 4). I quali principii veramente razionali sponeva copiosamente il compianto Professore non solo ai suoi discenti, ma sì a tutto il Corpo Universitario ed alle maggiori Autorità, lorquando inaugurando il corso scolastico del 1860 mostrò nella umana storia l’alto ufficio che compiono le Università degli studi in tutti i tempi, e spiegò alla nobile e assiepata udienza il magnifico processo di quelle istituzioni ove il Cristianesimo ed il .MonachiSmo hanno ( XV ) larga parte, favoreggiato dalle italiane repubbliche, che divennero il più grande fattore di civiltà portando la fiaccola del sapere in tutto il buio europeo, raccogliendo cosi le reliquie greche e latine, e spargendo per ovunque i semi del risorgimento delle scienze e delle arti. Esortava egli in questa orazione i nostri reggitori ad allargare questa moltiforme palestra ove la generosa gioventù fa sue prove, e si addestra alle vittorie dello spirito sulla materia, sotto la grand’ ala della libertà e dell’ umana eguaglianza. Questa orazione e la grande autorità acquistata sin da quel tempo in tutti gli affari pubblici dal Gaveri gli furono meritamente scala ad essere eletto Senatore del Regno e Preside della Facoltà di Legge, per salire poi in questi ultimi anni alla carica di Rettore della nostra Università. La erudizione, che il Gaveri sfoggiava nella scuola, portò temperatamente ancora nel Foro ove sempre era ascoltato con religione, sapendo egli condire con piacevoli motti le sue discussioni ; e siccome avea preso vital nutrimento nel testo della legge romana, ad esempio dei sommi giureconsulti Affricano, Paolo, Callistrato, Tri-fonino, Nerva, e di cento altri, si fece ammirare pel fermo raziocinare, per la concisione, per l’acutezza, per la precisione ed efficacia della parola. Schietto e categorico ritraeva l’accuratezza di Muzio Scevola, il principe delle definizioni, come lo chiama Plutarco, facile e chiaro, sottile ed esatto al pari del Gotta, lodatissimo da Cicerone per la proprietà dei vocaboli qui liaeret in causa semjper , et quid judici probandum sit quum acutissime vidit, omissis caeteris argumentis in eo mentem orationemque defigit (De Or. III.); agguagliò la prontezza di Lucilio e di Servio Sulpizio; erudito e pratico nei trovati rendeva imagine di quel Trebazio ( XVI ) Testa, inventóre dei codicilli, lodato da Orazio e amicissimo di M. Tullio, oppure di .quel Gajo da cui Giustiniano tolse le Istituzioni chiamandolo Gajum nostrum , tutto che vissuto sotto gli Antonini corno dimostrarono Mommsen e Derburg, e pria di loro Gravina (De Ortu ecc.). Nelle consultazioni il Gaveri era sommamente avveduto, non mai dimenticando le svariate legislazioni o domestiche o forestiere, rassomigliando quel Cerbidio Sce-vola cui dobbiamo l’adagio —-jura vigilantibus scripta sunt —, ma più specialmente quel Gallo Aquilio cautionum artifex, il trovatore della forinola doli mali, della legge dei danni, della accettilazione, e del gius accrescendi. Ma seppe il Gaveri con quella gravità d’uomo probo, che lo rese tanto ammirabile in onestà quanto in dottrina, cansare gli arzigogoli e le versuzie di Aquilio, rimproverategli da Cicerone, che non dubitò di dargli il titolo di erpicatoio (everricidum). Nelle questioni d’ o-pere architettoniche mostrò il Gaveri quanto ei valesse in Geometria ed in Algebra, simile a quel Sesto Pompeo di cui M. Tullio, nel Bruto, ci narra prciestantissimum ingenium contulisse ad summum juris civilis et ad perfectam Geometriae scientiam. Ma sia che perorasse il Caveri, sia che emettesse pareri, egli spiegava sempre un animo sincero ed intrepido da vero filosofo, l’animo di Papiniano, che Cujaccio intitolò asylum juris non che doctrinae thesaurus, l’animo fiero, con cui seppe rispondere a Caracalla che lo richiese di una difesa pel suo fratricidio, essere più difficile il difendere un parricidio che il commetterlo. Insomnia, potea dirsi- del Gaveri avvocato ciò che il Gravina di Alfeno Varo: totam duxit a doctrina dignitatem, divenendo cosi modello di Giurisperito. Cosi venne { ( XVII ) il Gaveri a quella perfezione d’oratore contemplata da Cicerone in quel precetto di Crasso \ prudenter et composite et ornate, et memoriter dicat cum quadam etiam actionis dignitate. (De Orat. 1. 1. c. 15). Infatti in .questa professione ei si tenne con vera dignità nel ciclo del difensore, non trascendendo mai alle parti di procuratore; le quali ponno essere importanti egualmente, ma bene si differenziano dall’ufficio dell’avvocato. Il procuratore è il mandatario del litigante, 1’ avvocato ne è l’oratore. Il procuratore postula e concliiude, l’avvocato diserta. Il procuratore amministra la causa, attende ai termini, e sollecita gli uffiziali; l’avvocato dà l’indirizzo alla causa e vi sopraintende. Il procuratore nella forense battaglia è il soldato, l’avvocato-ne è il duce. Il procuratore passa i suoi giorni nello strepito de’tribunali, l’avvocato nel silenzio dello studio apparecchia le armi; il procuratore dà moto agli atti, l’avvocato gli esamina , e prepara i giudici alla sentenza. Così l’avvocato facilmente diviene istromento non di piati ma sì di pacificazione, ed eccellente a quegli accordi in cui, non di rado , sotto così benigno influsso, si adagiano i contendenti. Ed il Caveri tenendosi in queste serene regioni si acquistò fama di eccellente conciliatore. Il suo auditorio era come un tempio di concordia ed un santuario vili verità e di giustizia, ove tutti gli uomini del Foro e gli avvocati in ispezieltà convenivano volentieri, fidenti sì nel concertare difese criminali e civili, sì nel bilanciare componimenti amichevoli e compromessi, ove il Caveri sedeva arbitro in mezzo a loro con la bilancia della giustizia in mano. Testis est janua et vestibulum, quod maxima quotidie frequentia civium ac summorum hominum splendore celebratur: così diceva Cicerone di Scevola; e i- 0 ( XVIII ) noi così diremo del Gaveri... ejus domus totius oraculum civitatis. Lo circondavano quegli amici che ti apportano sempre il sapere, ed i quali non contradicono mai, voglio dice i volumi dei più grandi legisti e statisti italiani, francesi, inglesi, spagnuoli e tedeschi; e corona gli facevano le più belle e magnifiche edizioni dei classici nostri, delle quali il Gaveri era intendentissimo ed avido ricercatoree raccoglitore, piacendosi di peregrini saggi tipografici, ond’era riverito qual bibliofilo eruditissimo dai più rinomati editori di Milano, di Torino, di Firenze, di Parigi, di Vienna, di Lipsia e di Berlino. Di questa dotazione splendida di bei libri giovavasi il nostro Socio nel disputare, nel consigliare, nel conversare, e così nei suoi scritti, rari invero come tutte le cose buone. Però che in lui regnò sempre una certa ritrosìa nel dare alle stampe, sapendo più di tutti le difficoltà e i pericoli del manifestare, in mezzo alle febbrili vicissitudini della scienza moderna, i portati della vera Sapienza. Oltrecchè del suo parco scrivere la cagione stava ancora in tutti quanti lo tenevano assiduamente occupato in dare udienza, e nella faccenda continua di suggerimenti e cautele in ogni ramo di civili affari tanto pubblici quanto privati. Ed infatti nei primi suoi anni scrisse assai più che negli ultimi, avendo lavorato indefesso nella formazione di quella Guida di Genova e del Genovesato che il Corpo Civico offerse agli Scienziati nel 1846, e avendo concorso con sue dotte monografìe nella pubblicazione delle sentenze commerciali edite dal Mantelli in Alessandria; nelle quali monografìe volle modestamente ascondere il nome. Il nostro giornale che s’intitola Corriere Mercantile, e che mantiene da tanti anni fama nobilissima di eccellente periodico, prese vita e incremento dal saggio impulso datogli dal Gaveri, che ( Xl* ) ebbe a suo discepolo uno de’ primi collaboratori, anzi il primo. Non solo fu buon filosofo in iscuola, nel Foro, e nel suo auditorio, ma si ancora nell’esercizio delle pubbliche cariche. Senatore del Regno non brillò per copia. di lunghi discorsi, ma si rivelò alto d’ingegno e di senno pratico in quelle Commissioni, in cui ebbe parte o qual membro o qual presidente. E nella Legge sulle espropriazioni , e nel Godice di Gommercio tutti i miglioramenti a lui si debbono. Ma ogni qualvolta fu ricercato perchè volesse accettare la dignità di Consigliere di Stato, e anco di Ministro, se ne scusò, mentre per bene del paese non seppe nè volle cansare le funzioni di consigliere provinciale e municipale : e qual presidente, e quale assessore, e qual Sindaco non ismenti mai il suo filosofico proposito di fare il bene pel bene. La nuova vita del Comune di Genova conta ormai ventidue anni; e in questo tratto non breve di politiche libertà e di gravi e sùbite trasformazioni, il consiglio del Gaveri fu sempre tenuto in altissimo pregio e ricercato da tutti i capi della municipale amministrazione, dal Barone Profumo sino al Barone Podestà. Ma l’epoca più sfolgorante pel nostro Gaveri fu quella in cui venne a lui e al Prof. Boccardo affidata la cura del pubblico insegnamento sì maschile come femminile. A loro dobbiamo l’accordo degli istituti municipali con quelli governativi creati dalla Legge Gasati (1859), la istituzione delle scuole serali e dominicali, la Biblioteca per gli operai, gli ampliamenti delle elementari, le nuove classi dei piccoli analfabeti affidati alle maestre, le scuole preparatorie per le fanciulle, che dopo aver percorse le prime quattro classi elementari aspirano al Magistero, ed il migliora- ( XX ) mento della condizione dei maestri e direttori dei più umili e più faticosi insegnamenti. Al Gaveri dobbiamo l’ordinamento, ih gran parte, dell’imposta municipale, e quello dello Stato civile. Però che nel 1863 aveva avuto agio a conoscere nei pubblici affari della nostra Città tutti i difetti e le imperfezioni amministrative, quando dal voto del Consiglio chiamato al posto di Assessore Anziano vi si consacrò tutto intero nel corso di molti mesi, avendo il Sindaco Marchese Gavotti, dopo una lunga ed assidua cura delle municipali gestioni, date le dimissioni per tratto di un suo delicato riserbo attesa la possibilità di un lite fra la sua famiglia ed il Comune. Genova si ebbe eziandio questa gloria di annoverare fra i suoi Sindaci anche il Caveri, che già, senza questo titolo, avea date prove luminose d’essere di quella antica generazione di dottori esperti non solo’ in cavendo, in respondendo, in agendo e in judicando, ma si ancora in administrando. Egli aveva dal marzo all’ ottobre del 1863 in qualità di Assessore Anziano ferme in mano le redini municipali. Entrando egli Sindaco, manifestò al generale Consiglio l’animo suo deliberato di continuare nel diffìcile arringo, apprezzando F onore di sì alto ufìcio e nel tempo medesimo l’amarezza del calice da cui sarebbesi volentieri allontanato s<3 non foss’ egli stato mosso . da ardente amore del loco natio, cui avrebbe goduto 1’ animo di rendere ognor più prospero in ogni sua condizione inorale e materiale. Allargare le vie, favorire la costruzione di case salubri pei non ricchi, ampliare e moltiplicare le scuole, dare assetto alle finanze, proteggere le arti, far fiorire il commercio, tutelare ogni ordine di cittadini, questi erano i pensieri suoi, e questi furono tradotti in fatti da lui, secondato sempre dalla Giunta e dal Consiglio. Ma ahi! durò poco per noi quel Sindacato che a ( XXI ) lui parve troppo lungo, desiderando egli ogni cooperazione perfetta, con quel suo animo nobilissimo di perfezionare ogni cosa. Ma ritraendosi da quest’uficio non cessò mai finché visse di dar mano pronta ed efficace a tante bisogne civiche, costantemente sollecitato dal Consiglio, dalla Giunta e dal Sindaco a prender parte in tutti i più gravi provvedimenti, nei quali sempre portava il senno e la serenità dell’uomo savio e moderato. E se nella scuola, nel Foro, e nelle sedute pubbliche dei Consigli era ammirabile la sua prudenza, il suo schietto e semplice ragionare, la sua perspicacia nello scoprire fra cose apparentemente disparatissime i più stretti legami, e la sua fecondità nel creare mezzi termini e componimenti felici in gravi discrepanze, non era meno grato, nè men sorprendente il suo conversare condito di sali piacevoli e di cognizioni storiche e scientifiche di ogni fatta, per cui poteva appellarsi una biblioteca vivente, e potea dirsi di lui ciò che di Daguessau scriveva il S.1 Simon: « 11 étoit, bon, humain; d’un accès facile et agréable, en particulier il brillait par une gaité douce, et par une plaisanterie fine; pour devenir actif il avait vaincu la nature qui le rendait enclin à la paresse; il etait poli sans orgueil, noble sans prodigalité, économe sans avarice; sa taille était mediocre, son corps assez gros, sa figure etait pieine et ouverte ». Queste nobilissime impronte di un savio ognuno che conobbe il Gaveri in lui ravvisò. E con piacere mi rimembra di quei tre sommi Mittermayer, Cavour e Siccardi, coi quali io m’ ebbi, allorquando capitarono in Genova, frequenti colloquii , come io da loro lontani ebbi lettere cortesissime, ed i quali e in voce e in iscritto non rifinivano nel lodare quel mio caro collega e concittadino. ( xxir ) Ma la natura e la consuetudine della sua vita, c la ragione de’ suoi studi lo resero mai sempre alieno dalle lodi e da ogni lusinga, essendo fortemente geloso della sua indipendenza. Fra le cento mila cose (scriveva un elegante letterato del secolo decimosettimo) che mi si danno continuo a vedere, conto ancor questa per una: come uomini che si pregiano di grandezza si gittino alla viltà del dipendere per avanzarsi, alla indegnità di farsi schiavi per signoreggiare. E che ha egli meglio che la libertà e la padronanza di sè ? I liberi e non dipendenti nel viver loro dallo sciaurato mestiere del mendicare, ancorché veggano talvolta di quelli che con gli affettati loro stritolamenti, con le lusinghe giungono a trarne qualche utilità, non che loro invidiarla, più godono del poterla conseguire e non volerla , che quei medesimi che dovrebbero non volerla , e la hanno. Ond’ è che Demetrio dicea che a lui sarebbe facile la ricchezza qualunque volta si pentisse d’esser magnanimo. E il Gaveri fu magnanimo e disprezzò la ricchezza; fu indipendente e disprezzo la potenza, e si fè imitatore di quel Senocrate il quale visitato dagli ambasciatori di Alessandro,offerse loro una filosofica cena d’erbe e legumi: e coloro facendogli profferte d’oro si ebbero in risposta, e che? dalla mia cena non arguiste che io non ho mestieri di tesori? Il re vostro vuol comprare la mia amicizia, ed io non la voglio vendere. Le parti d’Alessandro oggidì si assumono più che dai principi dalle fazioni, le quali spandono oro per invescare gli onesti, e tiranneggiano quando con minacce, quando con largo promettere. Felice chi si rimane indipendente d’opinione, facendo parte da sè stesso. Felice il Gaveri che disprezzo ogni sorta di favori. I tesori suoi erano i figliuoli, e la ( XXIII ) virtuosa moglie, in seno ai quali viveva decorosamente modesto. Ed egli ben si conosceva d’agi e di opulenza, egli nato da ricco commerciante, e allevato nelle splendide sale del materno avolo Paolo Francesco Curotto, operoso banchiere. Questa grandezza d’animo nello spendere si trasmise al nipote, ma non per proprio lusso, sì per sollievo di famiglie di procuratori e d’avvocati volte in basso, e per sottoscrivere ad opere di pietà e di beneficenza. Di lui potea dirsi ciò che scrisse il Gravina di Elio Tuberone: Avita decora et honores Imiorum ipse contemptu superavit.... Epulum enim P. Affricani nomine populo romano cum daret Fabius Maximus, ipse rogatus ut triclinium sterneret fictilia veterum pro vasis argenteis exposuit. Ma il Gaveri era non solo filosofo sulla cattedra, nella vita pubblica e nella famiglia, sì ancora in lui stesso, principalmente nel sopportare con pazienza i dolori delle infermità. I motti e le arguzie in ischerno dei mali sono agevolissimi a pronunciarsi ove non sono i mali. Al vederseli venire incontro a spron battuto, al ricevere e patire i loro colpi qui va il mostrarsi forte. E ben v è chi allega in esempio i tutt’altri andamenti di Seneca in fatti, e di Seneca in parole. Questi ben disse che le superbe filosofie caggiono a terra quando il dolore domanda l’assistenza, e la morte si avvicina. Tu che con tanta facilità provocavi i mali che t’eran lontani, eccoti il dolore che tu dicevi sopportabile, eccoti la morte, in disprezzo della quale tante prodezze spacciavi ; già già strepita la sferza, già luce il ferro micidiale, ora ti abbisogna animo e petto fermo. Altro è il filosofare dei mali in astratto, altro il provarli in atto, come altro è discorrere di una battaglia, altro il trovarvisi dentro, spettatore e parte. Oh ! quanto è più in un animo che ha il corpo infermo, ( XXIV ) e perciò tristo di martini, e quando il lamentarsi non suona conio guai, ma son sospiri ! Il dolore lia il suo decoro. Oh ! quanto è bello il magisterio di virtù se è capevole di medicare i dolori colla pazienza, e di aque-tare le turbazioni de’ sensi, sentire il patimento, ma con un sentire e con un apparire che trae da chi il vede non tanto compassione del male, quanto venerazione della virtù. E questo videro i famigliari e gli amici del Gaveri ; questo ammirarono la moglie e i figli, che amorosi lo accerchiavano quale un patriarca, contento di lasciare ad essiloro, che già promettono grandi frutti della paterna educazione, una onesta fortuna, e l’inestimabile patrimonio della probità. E a questa altezza di sentimenti umani non mancarono i divini, voglio dire la fede. Il 23 febbraio 1870 spirava con tutti i conforti di nostra religione, passando dal bacio dei congiunti al bacio di Dio. Cosi questo Savio chiudeva i lumi in Genova ove gli aveva aperti il di 2 aprile 1811, e non il 3, giorno del suo battesimo (*). Oh! sublime spirito irradiato dal Vero Eterno cui sempre aspirasti. Oh ! con molte lacrime desiderato, prendi in grado queste parole d’onore e d’affetto che la Società nostra a te consacra, siccome a socio benemeritissimo, il quale volesti sempre proteggere questa nobile Istituzione , favoreggiandola, caldeggiandola con ogni maniera di cure e di accoglienze, impetrandole dal Municipio onorata sede e copia di nuovi libri, ed offerendole comunicazione dei tuoi molti, e molto preziosi; spirito ornato di cristiana filosofìa, abbiti da noi tutti l’estremo vale... che dissi estremo? Te saluteremo di nuovo in (’) V. Documénti, ( XXV ) esequie solenni, che il fiore dei cittadini apparecchia con epigrafi e con elo^i di eccellenti oratori ; Te saluteremo nel Panteon in cui la Giunta Municipale Ti decretò un degno posto ; Te saluteremo perpetuamente nel nostro Ateneo, ove il tuo simulacro starà allato del Parodi, del Badano e dello Spotorno. Te saluteremo sempre ornamento e splendore della nostra Città, modello d’uom dotto e virtuoso, gemma bellissima della storia patria. DOCUMENTI Citta’ di Genova. — Estratto dal Registro degli Atti di Dichiarazione di Nascita, fatti all’ Uffizio dello Stato Civile l’anno milleottocento undici depositato nell’Archivio Comunale. Numero del Registro ottocentonovantaquattro. L’an mil liuit cent onze, septième du Regne de l'Empereur Napoléon le vingt deux Juin à onze heures du raatin , devaut nous Maire adjoint soussigné delegué par monsieur le Maire aux fonctions d Officier Public de l’État Civil de la Ville de Gènes, chef lieu du De'partement de ce nora, est comparu Cesar Alexis Jean Baptiste Caveri fìls à Antoine Marie Négociant, ngé do quarante ans demeurant rue del Campo, le quel était assistè de deux témoins ; le premier Antoine Guano a feu Ange , Proprietaire , agé de quarante deux ans, demeurant rue Sainto Catherine , le second Laurent Vernengo fìls à Bartlielemy, Prètre, agé de quarante six ans , demeurant rue Saint Bernard, et nous a déclaré, que Emilie Curotto falle a Paul Francois son épouse en legitime mariage est accouchée le deux Avril dernier a dix lieures du soir d’un’Eofant male, au quel ont étó donnés les Prénoms de Antoine Francois. — D’après cette déclaration , et sur la réquisition à nous faite par le sus \ ( XXVIII ) dit Cesar Alexis Jean Baptisto Cavori Pére do l'Enfant, nous avons dressé le présont acte , dont nous lour avons donué lecturc , que le Pòro et les Témoins ont signó avec nous. Cesar Caveri péro. Antoin Guano témoins. Rev. Lorenzo Vernengo test. G. Sauli adj. Serra chef Burreau. rr copia conformo all'originalo Genova 18 Settembre 1870. Per il Sindaco MORRO Ass. l).f> In Libris Baptizatorum Parrocchialis Ecclesiae S. Marcellini Genuae reperitur ut infra. Anno millesimo octingentesimo decimo tertio die vigesima secunda Februarii. Ego ut infra ministravi sacras solemnes Caeremonias Infanti filio Caesaris Alexii Joannis Baptistae Cavero Antonii Mariae et Emiliae ' filiae Pauli Francisci Curotti Conjugum nato die tertia Aprilis anni millesimi octingentesimi undecimi, eademque die de licentia Ordinarii a me domi privatim baptizato; cui impositum fuit nomen Franciscus Antonius: Levantibus Antonio Maria Caveri q."> Joannis Baptistae Pa-roecie S. Georgii loci vulgo Moneglia et Theresia filia q."* Hieronimi Vernengo, et uxore Pauli Francisci Curotto Paroecie S. Sabine In quorum fidem Copia — Jo. Monteverde Rector. Datum Genuao ex Edibns nostris Canonicalibus hac dic 19 Octobris 1827- Franciscus Agnino Rector. — V. Cogorno V. CARTARIO GENOVESE ED ILLUSTRAZIONE DEL REGISTRO ARCIVESCOVILE PEL SOCIO LUIGI TOSIMASO ItELGlìANO É f ■ , i ki ■ » I I I | * ' ' La Illustrazione del Registro Arcivescovile di Genova, annunciata fino dal 1862 e destinata a comporre questa prima parte del secondo volume degli Atti, si è fatta per certo aspettare troppo più spazio di quello sarebbe stato bisognevole alla sua compilazione. Onde il ritardo sarà sembrato colpa a coloro cui non sien note le molte cure alle quali nel frattempo ci siamo pure sobbarcati a prò’ di questa Società, e di che varii tra’suoi volumi ci rendono nondimeno ampia testimonianza. Ma volendo ora liberarci dalla promessa, e cosi essendoci posti di bel nuovo all’ opera col fermo proposito di ridurla al suo termine, sembrò a noi, passando come in rassegna gli argomenti ne’ quali 1’ avevamo già distribuita , che tra le altre parti quella dovesse risultare per cosi dire precipua, nella quale tratteremo delle famiglie in che all’ aprirsi del -secolo XII il dominio utile dei beni della Chiesa Genovese trovavasi diviso. Impe- ( 2 ) rocche queste famiglie sieno per gran parte quelle stesse che pur allora costituirono il nucleo del nostro Comune, e nc ressero poscia i destini lungo tutto il glorioso periodo del Consolato; benché, secondo è naturale, dovessero mano mano dividere con altre quella autorità che in sul principio aveano esercitata da sole. Così la Illustrazione del più antico monumento della Curia Ecclesiastica, lumeggia eziandio le origini del civile risorgimento de’ genovesi; rispetto a cui la ingerenza dello elemento feudale assume una grande importanza, secondo che avverti già dottamente il eh. socio, cav. Desimoni in due scritture feconde di utilissime applicazioni. Se non che, a sviluppare il meglio che ci sia consentito un siffatto argomento, parve necessario che la formazione e ramificazione di tutte queste famiglie, il cui maggior numero si riunisce a due tronchi, vogliam dire i Conti di Lavagna ed i Visconti genovesi, dovesse essere investigata ed il più possibile dimostrata con ampio corredo di documenti; e che perciò agli atti i quali compongono il Registro summentovato nonché 1’ Appendice che gli abbiam fatta succedere, fosse ora opportuno 1’ aggiungere tutti quegli altri che sono fino al presente rimasti inediti, unendovi eziandio a’ debiti luoghi (giusta 1’ ordine cronologico) la notizia di quanti furono stampati in diversi tempi ed in varie collezioni. D’ altra parte noi pensavamo, che mandando ad effetto questo disegno, avremmo pur soddisfatto ad uno dei primi e più caldi voti della Società nostra ; la quale fino da’ suoi esordi statuiva che un Cartario Genovese, contenente la serie dei documenti anteriori al secolo XII e così al regolare principio degli Annali di Caffaro, dovesse quando che sia uscire a luce in questi volumi. ( 3 ) La precedenza di tale Cartario alla Illustrazione ed agli schizzi genealogici di cui dovremo pur corredarla, sta nell’ordine logico; e noi perciò facciamo appunto principio da una siffatta Raccolta, la quale si arrichisce di oltre centosettanta documenti: messe invero non iscarsa, quando si guardi alla loro antichità. Vuoisi ora accennare come questa fatica ci venisse largamente agevolata da alcuni benemeriti, anzi fosse resa possibile in ispecie per l’opera di un modesto raccoglitore che visse nel secolo XVIII. Di costui già occorse frequente memoria nei volumi degli Atti, colla indicazione però di Anonimo Agorà; conciossiachè il nome di Bernardo Poch, che più volte si legge ne’suoi manoscritti, sembrasse lunga pezza cos'i nuovo e strano da tenersi piuttosto in conto di pseudonimo che altrimenti. In appresso ci avvenne però di accertare la esistenza di una famiglia cosi realmente cognominata, e non oscura in Sarzana ; anzi ne raccogliemmo più esempi. Perchè nella Sinodo di quella Diocesi, celebrata nel 1717 dal vescovo Ambrogio Spinola, troviamo un Domenico Podi canonico sarzanese, ed un Vincenzo Poch dell’ Ordine di san Francesco di Paola (*); di un Giambattista Poch abbiamo una supplica al Senato di Genova del 1755 (-) ; e finalmente un Andrea Poch, notaio e cancelliere di Sarzana, soscrive addi 1.® agosto 1756 un attestato di nobiltà della famiglia Ruschi, il cui originale ci accadde vedere presso privati. Nè del mentovato Bernardo siamo oggidì privi al tutto di notizie. Egli medesimo si professa prete; e da più lettere e note legate fra le sue Miscellanee, impariamo C) Ved. Constitutiones Sinodalcs ab III. et Ree. D. Ambrosio Spinola.... Sarzancn. Ecclesiac Episcopo, etc.; Massa, Frediani, 1717; p. 21 e '22. (f) Archi, io Governativo di Genova; Senato, 1755. ( 4 ) come di già noi 1751 si fosse « occupato (la molti anni nella ricerca delle antichità genovesi » , e come poscia a queir epoca, mercè l'autorevole protezione di Giuseppe Maria Durazzo, gli fosse conceduto libero accesso all’ Archivio della Repubblica : facoltà allora s'i rara, eh’ era stata circa vent’anni prima interdetta al sommo Muratori. La Memoria con la quale il Poch domandava a? Se- • renissimi Collegi clic gli fosse dischiuso 1’ adito all’ Archivio, fu da questi approvata il 3 novembre 1751; ed egli stesso notò quindi in una postilla : « Entrai nell’ Archivio del Senato sul principio della- Quaresima di quel-F anno (1752), e continuai sino al 22 giugno 1753 ». Nel quale spazio di tempo attendendo indefessamente a trascrivere (la miglior parte per esteso) quanti aveanvi documenti anteriori al secolo XII, ed a pigliar nota delle principali disposizioni d’ altri moltissimi delle epoche successive, e ricercando eziandio 1’ Archivio de’ no-tari, nonché quelli de’ Capitoli di san Lorenzo, san lionato e santa Maria delle Vigne, de’ monasteri di santo Stefano e di san Siro, compose ben sei volumi delle Miscellanee sopra citate. Le quali come venivano più tardi in possesso di Carlo Cuneo, che fu già Ispettore degli Archivi Genovesi, così erano poscia da lui trasmesse all’ avv. Emanuele Ageno; e per ultimo da questo egregio cavaliere donate (or sono pochi anni) con isquisita liberalità alla Civica nostra Biblioteca. Nè il cav. Ageno erasi mai per lo innanzi mostrato schivo a consentire che di siffatti codici traessero vantaggio gli studiosi; per modo che di già il rimpianto collega nostro avv. Francesco Ansaldo trascrivendo da tali Miscellanee tutti gli atti che vi si incontrano dal 910 al 1100, poteva a sua volta, coll’efficace concorso del cav. Desi moni, dar opera fino dal 1856 a quella sua ( s ) collezione che intitolò Carte Genovesi, la quale a noi ili già nell’ Appendice al Registro occorse replicatamele di ricordare. Soggiunge il Pocli nell’ accennata postilla come addì 22 giugno 1753 egli ricevesse ordine da Francesco Maria Brignole di tessere gli Annali di San Renio, i quali difatti compose; ed avendoli ultimati il giorno della Epifania del 1754, li consegnò allo stesso Brignole il dì successivo. Ora il primo abbozzo di questi Annali si ha per F appunto nel volume VI delle anzidette Miscellanee ; oltrecchè la Civico-Beriana ne possede un bell’e-semplare di carattere assai noto di un amanuense del secolo scorso. Ma il Poch avuta poscia occasione di disgusto colla Repubblica per questi Annali medesimi, i quali egli avrebbe desiderato assai che fossero mandati a stampa ('), si partì da Genova il 21 marzo 1755, trasferendosi verisimil-mente a Roma, dove s’ incontra con certezza alquanto più tardi. Difatti l’ottimo amico nostro P. M. Alberto Guglielmotti ci informa essere Bernardo Poch « antica conoscenza romana , abate commissario di quei letterati per raccogliere documenti dagli Archivi » ; ed avere inoltre ' pubblicati in Roma due scritti, il primo e maggiore dei quali, composto di sole quattro paginette volanti, ha per titolo : Dei marmi estratti dal Tevere e delle iscrizioni scolpite in esse, a S. E. il Sig. Principe Altieri. In fine: Roma, 25 ottobre 1773, Bernardo Poch; Pe> Salomoni (*). (’) La Repubblica invece li giudicò « di rozzo stile, incolto, e privo delle dovute dottrine d’jus pubblico e feudale » (Poch). onde consegnò ad altri il ms., con incarico di una nuova compilazione. (’-) Questo opuscolo incontrammo pur citato nel Bullettino Archeologico di Roma di questi ultimi anni. ( « ) Venendo ora a quanto ci riguarda più da vicinò, vogliala dire la compilazione di questo Cartario, notiamo tosto come il lettore lo troverà formato per la miglior parte della Raccolta Ansaldo, e per conseguenza dello Miscellanee del Poch. Ed invero dei documenti veduti da quest’ ultimo, alcuni erano già a’ suoi giorni in mano di privati, e gran copia ne andava poi non molto appresso smarrita, per la improvvida dispersione degli Archivi delle disciolte corporazioni religiose, nonché pel trasferimento delle più antiche e preziose serie di carte dell’Archivio di Stato da Genova a Parigi sotto 1’ Impero Napoleonico. Quelle fra-le pergamene che, scampate alla dispersione, furono poscia restituite dal Governo di Luigi XVIII al Re di Sardegna, venuto nel 1815 in possesso del Genovesato, e che deposte allora con tutte le dette serie negli Archivi di Corte in Torino, furono a dì nostri, per le indefesse cure di egregi personaggi, ricollocate nella primitiva lor sede, costituiscono alcuni mazzi denominati dalle abbazie di santo Stefano e di san Siro, e si troveranno da noi indicate a’ luoghi opportuni. Ben possiam dire che la perdita degli originali ci sia resa men dolorosa e grave dall’ opera del Poch ; del quale già il Cuneo lodando la diligenza scriveva, che avendo collazionate molte di quelle copie cogli autentici, le avea trovate esattissime ('). Lo stesso ripetono quindi F An* saldo e il Desimoni, per propria esperienza, nella Prefazione alle Carte Genovesi; e lo stesso infine ci troviamo in debito di attestare anche noi, pel conferimento che non abbiamo tralasciato di istituirne coi documenti dei mazzi or ora citati. (') Ved. Cuneo, Memorie sopra V aulico debito pubblico, ecc.; p. XIX. ( 7 ) Ma alle carte del Poch e dell’ Ansaldo ebbimo pure la ventura di poterne mandar congiunte parecchie altre, vuoi per esteso, o per sunto, od anche per semplice indicazione; ed in ispecie alcune dedotte dai codici dell’abbazia di san Fruttuoso di Capodimonte. Questi preziosi volumi furono già rammentati dal Muratori; ma rite-nevansi da gran pezza perduti, quando 1’ esimio comm. Antonio Merli ne fece testé scoperta nell’ Archivio del Principe D’Oria, e fu sollecito di darcene cortese partecipazione. Quanto alla condotta della edizione, non abbiamo mancato di procurare che riuscisse fedele agli esemplari propostici, non solamente nella sostanza, ma e nella forma, come a dire nella ortografia la quale è pur essa un indizio non ispregevole del monumento che si produce. Bensì rinunciammo alle abbreviazioni in tutti quei casi, ne’ quali la parola potevasi rendere intera, senza lasciar punto luogo a dubbiezze; ed usando le stesse diligenze che già nella stampa del Registro, ci adoperammo a supplire quelle frasi e parole che 1’ umidore od il tempo aveano obliterate, notandole però in corsivo, e talvolta eziandio confinandole tra parentesi. Del rimanente è bene ripetere col Muratori che negli antichi diplomi non apparisce lume di grammatica naturale nè artificiale, onde vi s’ incontrano frequentissime dissonanze. Niuna uniformità pertanto nella costruzione de’ verbi, nella declinazione dei nomi, eccetto dove lo scrittore si giova dei formolarii comuni; bastando a’ notai c somiglianti ofli-ciali che esponessero i loro sentimenti in uno idioma che paresse latino , e non pigliandosi ombra di fastidio per tutto il resto ('). (') Ved. Muratori, Antich. Itat., dissert, XXXII. ( « ) Abbiamo pure riprodotte eolia guida del Poch, o desumendole dagli originali noi stessi, quelle annotazioni diverse che si leggono per lo più sui rovesci delle pergamene. Alcune contengono indicazioni importanti di luoghi e di persone, affermano o dichiarano il senso dell’ atto ; altre sono evidentemente erronee ; ma tutte collimano a renderci più viva ed intera la imagine del documento, e sono come una guarentigia della sua sincerità. Nel disporre gli atti procurammo inoltre di combinare insieme più che ci fosse possibile le diverse indicazioni cronologiche onde per l’ordinario sono muniti, di aver riguardo alle circostanze in essi enunciate e che per avventura poteano giovarci come altrettanti richiami. Per ciò appunto ne occorse doverci talvolta dilungare dalle altrui opinioni, e tal altra di riparare a certi difetti di lezione, dei quali pensiamo che ben diffìcilmente si potrebbe scusare un editore genovese. Poniamo in fine una avvertenza clic è necessaria. Noi ci occupiamo qui della storia civile anziché della ecclesiastica; ed anche nella Illustrazione del Registro piglieremo a considerare siffatto monumento in ispecie da quel lato. Quindi è che non riferiamo i concilii e sinodi a cui soscrivono i nostri vescovi (due soli eccettuati , appunto perchè hanno tratto a cose civili ), i ritmi sacri, le agiografìe e somiglianti. Tutto ciò potrebbe formare soggetto degnissimo di una speciale raccolta; e come la Società Ligure ne ha già vagheggiato il disegno, cosi facciam voti che alcuno de’ nostri valorosi colleglli imprenda a tradurla in effetto. Genova, agosto 1870. ■ . « . i ' CARTARIO GENOVESE ■ i > I ; i / ' I i I £ ' v J ( I ! ! I * ; J i I H ? *■ - DOCUMENTO I. Menzione di uno strumento rogato in Genova da Ambrogio cancelliere della Chiesa Ambrosiana. 700, 14 maggio (Cod. P. B. dell’Archivio Capitolare di san Lorenzo, car. 24; Banehero, Il Duomo di Genova ecc., p. 297) In una sentenza pronunciata in Piacenza da Grimerio vescovo di quella città addi 27 febbraio 1200, a definizione di certa lite vertente fra 1’Arcivescovo di Milano rappresentato da Jacopo pre-posito di Legnano ed il Capitolo di san Lorenzo di Genova rappresentato da Pietro conte di Lavagna e canonico della Chiesa Piacentina (’), si legge: Itemque dixit (Grimerius) et precepit ipsi Petro ut ipse Prepositus et Capitulum cessent ab inquietatione pensionum domorum Brolii Sancti Ambrosii, saluis omnibus aliis ordinationibus que continentur in Instrumento facto ab Ambrosio Cancellario Ambrosiane Ecclesie secundum uoluntatem et ordinationem quondam Domini Johannis Boni Mediolanensis Archiepiscopi (3) scripto in Ciuitate Janue. cuius anni sunt. Anno Domini DCC Indicione X (*) regnante L. (4) Rege, pridie Idus Madii. (*) La lite originava da ciò: che il Capitolo Genovese pretendeva dall’Arcivescovo di Milano 1’ annua corresponsione di venti soldi, per tre processioni che era teuuto a fare nelle solennità de’santi Ambrogio, Gervasio e Protasio, ed Andrea. La quale somma avendo il detto Arcivescovo ricusato di pagare, il Capitolo se ne era rifatto ponendo sotto sequestro i fitti dei beni che la Chiesa Milanese possedeva nel Brolio. La sentenza di Grimerio poi, a titolo di transazione, aggiudicava ai canonici di san Lorenzo 15 soldi annui. (*) Forse qui deve intendersi il testamento di esso Giovanni ; il quale avea legato ogni suo avere alla Chiesa di Milano, ed era morto l’anno 657. Nel 700 il vescovo di Milano era san Benedetto. (3) Veramente nell’ anno 700 correva 1’ indizione xm. (4) Luitperto. ( 12 ) DOCUMENTO II. Sinodo Ticinese, celebrato dai vescovi ed ottimati del Regno d’ Italia, per 1' elezione di Carlo il Calvo all’ Impero; alla quale interviene e soscrive Sabbafitnts Qenuensis Ecclesie Episcopus. è S76, febbraio (Ved. Bouquet, Rer. Gallicar. Script., voi. VII, p. G80) DOCUMENTO III. Lettera di papa Giovanni Vili al re Carlomanno, dove si fa menzione di Sabbatino vescovo di Genova. S7S, 28 aprile (Mansi, Concil. voi. XVII, mini. LXXXIX, col. 18) Nobis etc. duximus Franciam ire, uestramque fraternam compagem in pacis et unanimitatis uinculum consolidare, uestre matris sepe diete liberationem sancte Romane Ecclesie necessario querere. Vos siquidem illuc omnesque uestrorum regnorum episcopos ad synodum celebrandam uenire hortamur. Data de ciuitate Genuensi. et directa glorie uestre per Anspertum Mediolanensem confratrem et coepiscopum nostrum. .....(’) Sabbatinum episcopum primum et postea per Anspertum Mediolanensem de qua multum miramur cur non iam a uobis responsum uel missos accepimus. (•) Questo secondo brano forse, nota il Mansi, appartiene ad un’altra lettera;, e qui mancano alcune parole. ( 13 ) DOCUMENTO IV. Diploma di re Berengario I, con rui si confermano alla Basilica di san Giovanni Dominarum di i’avia i beni che la stessa possede, e del cui novero sono alcuni posti in Liguria. Anno 909 ( Robolini, Memorie appartenenti alla storia di Pavia) In nomine domini dei eterni. Berengarius diuina fauente clementia rex etc. Concedimus et confirmamus ecclesie sancti iohannis omnes res etc. uidelicet......mansiones duas penes cortem genuensem. in loco ubi dicitur sancti cipriani capellam unam cum domo coltili et mansos quatuor et cum omni sua pertinentia, in segestri quandam absentem terram, similiter in leuarnio (’) et in caurasio (!) ac infra ciuitatem genuensem etc. Aetum papié. DOCUMENTO V. Diploma del re Rodolfo confermativo del precedente. Anno 924 (Robolini, Mem. cit.) Rodulfus rex etc. Concedimus et confirmamus ..... mansiones duas prope curtem genuensem . . . in sancto cipriano capellam. . . in sigestri absentem terram, similiter in lauania et caurani (mc) et infra ciuitatem genuensem etc. (1) Lavagna. (a) Cavrasco. ( 1* ) DOCUMENTO VI. Pietro giudice, Opizzo giudice e Giovanni diacono, germani, donano beni al monastero di santo Stefano presso Genova. 965 (?), 1 aprile (Pergamena della R. Biblioteca Universitaria di Genova) In nomine domini dei et saluatoris nostri ihesu christi. Otto gratia dei Imperator augustus, anno imperii eius deo propicio quarto. Kalendis aprilis. Indicione prima ('). Monasterio sancti stephani proto christi martiris qui est constructus prope ciuitate Janua, nos petrus iudex et opizo iudex. et iokannes diaconlis filius quondam alberti iudex. qui professi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere romana offertores et donatores ipsius monasterii, propterea diximus quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis de suis aliquit contulerit [rebus) iusta octoris uocem in hoc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uitam possidebit eternam. Et ideo nos qui supra germanis donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus nostra portione et diuisione quas habere uisi sumus in locos et fundo Albano cum ecclesia sancti nazarii cum decimis et 'primiciis. in carsaneto et zinestedo et (•) bauali. campo longo, in eorum territoriis uel ubicumque de nostris rebus inuentum fuerit ad supra prenominatis locis peruene-runt. hoc sunt casis, uineis. ficetis, saletis. roboretis, castanetis, cannetis, uel aliis arboribus cum areis ubi estant. terris arabilis, gerbis. campis, siluis, omnia plenum et uacuum qualiter supra legitur una cum accessionibus et ingressoras earum, seu cum superioribus et inferioribus qualiter supra legitur. In integrum, ab hac die in eodem monasterio sancti stephani ibidem habendum confirmamus, faciendum abbas exinde uel monachos qui nunc ordinati sunt uel in antea ordinati esse debent, in sumptum et subsidium monachorum pro anime nostre mercedem. Eo uero ordine ut si umquam in tempore uenerit pontifex aut aliqua * potestas quod nostra offersio at eodem monasterio tollere uel minuare uoluerit. et unc statim ueniant in potestatem de nostris propinquio- (') L’indizione corrente nel 965 era propriamente 1’ ottava. (») Le parole in corsivo sono scritte con altro inchiostro sulla pergamena raschiata. * ( 13 ) ribus parentibus qui tunc uiuos apparuerit, et tandiu in eorum potestatem persistat at fruendum quod ad usque uenerit in potestatem 'eodem monasterio nostra offersio. et faciant abbas uel monachos quod uoluerint pro anime nostre mercede. Et nec nobis qui supra scriptis, petrus iudex. et opizo iudex. et iohannes diaconus liceat ullo tempore nolle quod uoluimus. sed quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub i.usiurandum inuiolabiliter conseruare promittimus, cum stipulatone subnixa. Hanc enim cartulam offersionis paginam fulcoinus notarius tradidit, et scribere rogauimus. In qua subtus confirmans testi-busque obtui it roborandum, actum ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. m. m. m. manibus petrus. iohannes diaconus, opizo iudex. et albertus. et martinus. Ego qui supra fulcoinus notarius scriptor huius cartule offersionis post tradita compleui et dedi. DOCUMENTO VII. Serra abbadessa di santo Stefano, dona beni a questa Basilica. 969, giugno (Carte Genovesi ecc., num. 13) ■f In nomine domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Inperante Domno nostro in Italia Otto anno octauo et. item Otto filio eius inperante idemque in Italia anno secundo, meise Junio. indicione duodecima, acto Genua. Basilica Sancti Stefani proto Christi martiris sita non longe a muro ciuitatis Janua pertinente de sub regimine et potestatem Episcopio eiusdem Sancte Januensis Ecclesie ubi Serra dei Deuota ueste Religionis induta et Abatissa de eadem Basilica ibidem Deo seruire ui-detur. Ego quidem predicta Serra Abatissa donatrice et ofertris ipsius Basilice propterea dixi quiquit in sanctis ac uenerabilibus locis ex suis aliquit contulerit rebus iusta Autoris uocem in oc seculo centuplum adcipiet et quod melius est uitam posidebit eternam. et ideo ego qui supra Serra abatissa donatrice ipsius Basilice dono cedo ofero per remedium et salutem anime Marini qui fuit quondam uir meus in eadem Basilica Sancti Stefani proto Christi martiris. i sunt omnibus rebus illis iuris meis proprietariis et libellariis quibus sunt sitis in locas et fundas Riuariole et in Mauriade et in Campo Fclogoso et in ( Iti ) cella seu domo colta (’) et in Granariolo. tam casis uineis castanetis canetis salectis aliisque arboribus fructiferis, campis siluis et pasquis. ubicumque porcionem et sorte tam de proprietariis quam de libellariisf inuenta fuerit que mihi qui supra Serra Dei Deuota unc die tenere et abere uisa sum in suprascriptis locis una cum accepsionibus et ingre-soras earum seu cum superioribus et inferioribus earum in integrum, ab ac die in predicta Basilica Sancti Stefani Proto Christi martiri dono cedo ofero per remedium anime predicti Max-ini qui fuit uir meus et per presentem cartam ofersionis ibidem abendum confirmo, faciendo exinde a presenti die Abas predicte Ecclesie siue successorum suorum a pars predicte Ecclesie proprietario iure quitquit uoluerit sine omni mea qui supra Serra et Eredum meorum contradieione. de rebus libel-lariis salua quidem luminaria in Sancta Ecclesia cuius est proprietas, et liceat futurus Abas uius Ecclesie libellum peti . . . rea a nomem suum uel alterius subcessorum suorum, quidem me espondeo atque promitto ego qui supra Serra Dei Deuota una cura meos Eredes istis casis e.t rebus quiquit in predicta oferre uideor pars ipsius Basilice ab omni ornine defensare non potuerimus de rebus libellariis preter de Ecclesia cuius et proprietas aut super istis rebus nostris omnibus casis et rebus exinde per quouis ingenio subtraere quesierimus tunc in duplum istis rebus a pars ipsius Basilice restituamus sicut pro tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimilis locis, quam igitur cartam ofertionis me pagina Fulcoinus notarius scribendum rogauit. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum die regni et indicione ista Feliciter. Signum m. Serra Abatissa qui ac cartam oferscionis fieri rogaui. Signum m. m. m. manibus Anseimi et Benedicti et Angelrioco rogatis testes. Ego Alexander Judex rogatus subscripsi. Ego Thomas Judex rogatus subscripsi. Ego Silueradus Judex. Ego Andrea Judex rogatus subscripsi. Ego Teodero rogatus subscripsi. Ego Gotefredus rogatus subscripsi. Ego Fulcoinus notarius.... scripsi et subscripsi compietti et dedi. (') Colta. Questa parola sembra accomodala d’altro inchiostro ( Poch ). ( »7 ) DOCUMENTO Vili. I odeberga co’suoi /ifjli e parenti donano beni al suddetto monastero, siti nei luoghi di Garsaneto in Polcevera e d* Al baro in Bisagno. 971, luglio (Pergamena dell’Archivio Governativo, Abbazia di S. Stefano mazzo I; Carte Genovesi, num. 15) f In nomine Domini Dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Imperante Domino nostro Otto in Italia anno decimo et item Otto filio eius Imperante ic in Italia anno quarto, mense Julio. Indicione quartadecima. acto Genua. Dilectissimis nobis semper Andrea Monahus et Abbas Monasterii Sancti Stefani proto Christi Martiris xito non longe a ciuitate Genua et omnibus monahis qui in ipso Monasterio nunc ordinati uel in antea a Deo ordinati esse uidentur. nos quidem Todeuerga et Alexander et Andrea et Ofiza et Toderada mater et liliis et filie germanis et germane nec non et Liuzo Diacono et Johannes et Vgo et Gotefredus germanis fili petri Judice consenciente a istis Alexander et Andrea et Ofìza et Toderada Andream Auocatorem Illorum et Aliuzo Diaconus consenciente Johannes auocatorem suo donatores et refudatori uestris. propterea dixi ille sunt donacionis seu refudacionis iitulo . . . ris firmissimis que bona expontanea uoluntatis nostra interueniunt .... qui supra mater et filiis et filie et germanis donatores uestris do donamus cedimus tradimus seu oferimus et per presentem cartam ofersionis nostre in te qui supra Andrea monahus et Abbas seu predictis omnibus monahis abendum confirmamus, oc est omnibus rebus illis iuris nostris proprietariis quibus sunt positis in ualle Porcifera locus ubi nominatur Garsaneta. tam casis cum terreis uineis castanetis roboretis siluis et campi et pascuis omnia plenum et uacuum ex integrum quiquit nobis qui supra mater et filii et germanis un (sic) die tenerem et aberem uisi sumus in isto loco una cum exito suo. similiter donamus nos qui supra mater et filii et filie et germanis qui supra Monahus et Abbas seu omnibus Monahis omnibus rebus illis iuris nostris proprietariis quibus sunt positis tra fiuuio Vesano locus ubi nominatur Albario iusta uincam quas os die detinet eredes quondam Adalbcrti Montanario. tam uineis seu terris castanetis siluis campis et pascuis quiquit nobis qui supra'mater et filii et filie ct germanis iusta ordine pertinere uidetur ( 18 ) in isto loco una cum exito suo de presenti die in tua qui supra Andrea Monahus et Abbas et omnibus Monahis sint potestatem ex nostra qui supra donatoris plenissimam largiettatem. et quandoquidem tempore qualibet unum de oc seculo defuerint omnibus monahis qui in ipso monasterio uiui remanserint in loco defuncti succedant, et si forsitan nos qui supra mater et filii et filie et germanis uel nostris-que eredibus aduersus te qui supra Andrea Monahus et Abbas et omnibus istis monahis de nostris rebus agere et causare quesierimus uel ab omni omine contradicentem uobis in autoritate non fuerimus sumus uobis conponituris nostris rebus sicut superius legitur uel exitus earum in dupblo comodo in tempore fuerint meliorati, quam uero’ cartam Do-nacionis seu ofercionis nostre et per remedium aninle genitore nostro oferimus. et Fulcoinus notarius scribendam rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulimus roborandum die regni et indicione ista feliciter. Todeuerga et ofìcia et Taderada et Andrea qui anc cartam donacionis seu ofercionis nostre fierint rogauerunt. Liuzo Diaconus in anc cartula donacionis a me facta manu mea firmaui. Johannes in nac (sic) cartula donacionis a me facta manu mea firmaui. Vgo in ac cartula donacionis a me facta manu mea firmaui. Gotefredo in ac cartula donacionis a me facta manu mea firmaui. Alexander in anc cartulam donacionis a me facta manu mea firmaui. Ego Johannes auocator qui a suprascripto Liuzo Diaconus consensi. Andrea auocator qui a suprascriptis germanis et germane consensi. Ego Alexander Judex rogatus subscripsi. Rutualdo rogatus subscripsi. Ego Johannes notario rogatus subscripsi. Ego Fulcoinus notarius scripsi et subscripsi compleui et dedi. ( l'J ) DOCUMENTO IX. Lamberto Aglio del q.‘Ildebrando Marchese vende a Roprando prete parecchie corti con le l'ispettive chiese e castella, tra cui Montaldo, il castello di Gavi, Massa maggiore e Massa minore. Parodi e Capriata; nonché il monastero di snn Pietro di Monteverdi nella Maremma Senese ('). 973, 18 aprile (Pergamena del R. Archivio di Stato in Firenze) Essemplar. In nomine sancte indiuidue trinitatis, regnante dorano nostro otto gloriosissimo imperator augustus, anno imperii eius in italia duodecimo, et filius eius domino nostro octo itemque imperator augustus anno imperii eius sexto. quarto decimo halendas madii. indictione prima, manifestu sum ego lanberto fìlius bone memorie ildibrandi qui fuit marhio. quia per anh cartula uindo et trado tibi roprando presbitero filius bone memorie benedicti : i sunt curtis et casis et rebus meis illis quibus sunt positis infra commitato et territurio rosellense locas noncu-pantes. prima curte astiano, secunda caliano cum castello et eclesia seu turre ibidem consistente super ripa fluminis umbrone. tertia corte gro-sito cum castro et eclesia ibidem consistente, quarta canpangnatico cum suo castello, quinta caldo quod est infra commitato suanense. sexta castro, septima glatiano que sunt infra commitato castro, octaua anli-carano. nona corteciuitella que sunt infra commitato tuscanense. decima radicofani cum suo castello, undecima corte cerasolo, duodecima namque corte et roca de campelli. tertiadecima igitur corte et rocca seu castello cininule. quarta decima monteclello. quinta decima corte cenenula. sexta decima monteclello consistente in commitato clusio. septima decima corte miliciano cum castello suo. octaua decima corte canpiano cum suo castello, nonadecima corte castelione. uigesima corte suue-reto cum suo castello, tiicesima prima corte et castello suo montepici. que sunt infra commitato popoloniense. uicesima secunda corte et castello in alma, uicesima tertia scarlino, uicesima quarta buriano cum suorum omnibus pertinentiis. adque uenundare per anh cartula uideor tibi qui supra roprando presbitero itest eclesia et monasterio ilio beati (») Questo documento e l’altro riferito al num. XIII furono comunicati per copia dal socio cav. Cornelio Desimoni ; e sono ricordati dal Repetti nel Dizionario della Toscana , art. Abazia di Monteverdi. Gli originali fanno parte delle pergamene provenienti dall’Abazia di san Salvatore di Montamiata. ( 20 ) sancti petri apostolorum principis sito monteuirde cum eclesia et turris seu castellis et rupis adque familiis eiusdem monasterio pertinentibus, uicesima quinta corte uico cum eclesia beati sancti petri ibidem constructa. uicesima sexta corte et castello seu desia (sic) sito tufulo. uicesima septima bargiuna. uicesima octaua cucinacia (’). uicesima (*) corte me-discana que est infra commitato parmense, tricesima portomori ni. tricesima prima uico communi, tricesima secunda corte obbleto. trecesi i a tertia casali, trigesima quarta mitiano cum suo castello, tricesima quinta uico piguli. tricesima sexta corte aciano. tricesima septima gulagro. tricesima octaua monte alto, castello de gaui. tricesima nona massa, quadragesima massa minore, quadragesima prima palode. quadragesima secunda capriana (sic) cum suo castello, quadragesima tertia corte rouerito. quadraiesima quarta corte placiano cum castro suo. quadraiesima quinta corte carpini cum castello suo. seu uenundare aliis uideor tibi aliis omnibus casis et rèbus meis mibi pertinentibus, sicut superius legitur, asdem inique suprascripto sancto monasterio et prenominatis curtis in singulis denominatis locis et cum uocabulis simulque cum prata spatis castellis seu turris aque rebus tam de donnicatis quam et masericiis aut ipsum monasterium seu curtis et eclesiis uel aliis rebus et pertinentibus uel aspicientibus cum fundamentis et omne edificiis uel uni-uersis fabricis suis seu curtis, ortis, terris, uineis. oliuetis. siluis, uir-gareis. pratis, pascuis, cultis rebus uel incultis, montibus, alpibus. rupis, declinis, pantaneis. salinis, aquis uel fontaneis, molendinis, piscareis. aquis aquarum decursibus ah paludibus cum seruis et anhcilis. aldios uel aldiones. siue bestiis meis, maioris uel minoris tam diuiso quamque et indiuiso. siue etiam e.t quod de barbanis uel parentibus meis in sorte obuenit. uero etiam quantum ad ipsum sancto monasterio et prenominatis curtis et castellis seu turris adque rebus tam de domnicatis quam et masericiis sunt pertinentibus uel aspicientibus, tam auro, argentu. gemmis, uestis. armis, uel a quolibet rem mouilibus uel inmouilibus que dici uel nominare possumus, ubicumque uel talescumque mihi legibus pertinentes adque in antea pertinere uidetur tam ex iura parentum meorum quam et conquisitu meo. quas modo abeo, uel quod in antea opitulante deo legibus adquisiero. una^ cum omnes moniminas meas, cartule. breuis seu iudicatis adque regalis et imperialis preceptoras siue repromissionis paina uel in qualibet faciones aut quacumque scriptura cartarum licteras quantas et quales in me qui supra lanbcrto emissa aut datas uel pertinentes sunt aut esse dinussitur in integrum tibi eas (') Per correzione posteriore appare scritto: vumiacla. (5) Manca nona. ( 21 ) ii indo et trado pro quibus ad te pretium recepit inter aurum et argentum seu aliis speciebus ine ualentes ad pretiatus libras decemilia in prefi-nitu. unde repromieto ego qui supra lanberto una cum meis eredes tibi qui supra roprando presbitero uel ad tuis eredes aut eidem omini cui uos suprascripta mea uindictio dederitis uel abere decreueritis. ut si uos uobis eas aliquando tempore in aliquod exinde intentionauerimus aut retolle uel suptragi quesierimus nos uel ille omo cui nos eas dedissemus aut dederimus pro quolibet ingenio, et si nos exinde auctores» dare uolueritis et eam uobis ab omni omines defendere non potuerimus et uobis eas non defensauerimus. spondimus nos uobis componere ipsa suprascriptam mea uinditio in duplu in ferquidem loco super estimatione quales tunc fuerit, sic tamen si nos uobis exinde autore nec defensore querere, nec dare uolueritis aut non potueritis, licentiam abeatis absque nostra persona, si uestra fuerit uoluntas. exinde causa agendi responsum reddendi, line ponendi, modis omnibus uobis defensandi cum cartula ista quomodo aut qualiter iusta lege melius potueritis, quia in tali ordine anh cartula witerno notario domni Imperatoris scribere rogauit. actum baliano intus castello meo quod est super fluuio umbrone. Signum manu lanberti qui anh cartula fiere rogauit. Ego adalbertus rogatus ad lamberto me testes subscripsi, et pretium dante uidi. Ego ildibrando rogatus ad lanberto me testes subscripsi, et pretium dante uidi. Teupaldus iudex domni imperatoris subscripsi. Ego farolfo rogatus testis subscripsi, et pretium dante uidi. Signum manu teudelasci qui ^eutio uocatus filius bone memorie asolti de comitato clusense testis, et pretium dante uidi. Witerno notarius domni imperatoris postradita compleui et dedit. Ego adalbertus notarius domni imperatoris autentico illo fideliter exemplauit licteris plus minus. ( *2 ) DOCUMENTO X. Giselberto di .Marengo vende ad Oberto Visconte della città di Genova alcuni beni (*). Anno 978 ( Pergamena dell' Archivio Capitolare di Tortona ) In nomine Domini Dei et Saluatoris nostri Jesu Christi. Otto gratia Dei Imperator Augustus, anno imperii eiusdem domini Ottonis propitio ic in Italia undecimo, octauo Kalendas Julius, indictione sesta. Constat me Giselbertus filius quondam rufini de curte marinco qui professo sum ex nacione mea legem uiuere romana accepisse sicuti et in presentia testium accepi ad te Otbertus Vice Comes de ciuitate Genoa per misso tuo odo filio quondam sironi argentum denarios bonos solidos septem finitum precium pro rebus illis iuris mei quam abere uiso sum in territorio uico molonie____us ubi dicitur in Campora. quod sunt rebus ipsis in eodem loco Campora...........pratis seu zerbis in.....simili quod per anc cartulam et pro eodem precio uendo ego qui supra Giselbertus tibi cui supra Otberto uicecomes. id est pecia una de uites et area ubi estat in eodem loco Campora est per numerum arborum et fosas uinearum centenario ... et uites quadraginta. Coeret ei de duabus partibus uites et terra suprascripto Otbertus uice comes, de tertia parte terra Rufini. de quarta parte uites Michael, sibe qui alii sunt coerentes ut dictum est. tam terris uineis campis pratis pascuis siluis ac stalareis riuis rupinis ac paludibus coitis et incoltis diuisis et indiuisis una cum finibus et terminibus accessionibus et usibus aquarum aquarumque ductibus, cum omni iure adiacenciis et pertinendis earum rerum per locas et uo-cabulas ab ipsis rebus pertinentibus, in integrum, que autem suprascriptis rebus et iam facta pecia de uites et area ubi estat in eodem loco Campora superius nominatis una cum accessionibus et ingressoras earum superioribus et inferioribus suis et sicut superius mensura et in aliquod numerum et coerencias legitur abinde tibi cui supra Otbertus uice comes pro suprascripto argento uendo trado et mancipo nulli alii uenditis donatis alienatis obnocsiatis uel traditis nisi tibi, et facias exinde a presente die tu et eredibus tuis iure proprietario nomine quidquid (•) La copia di questa pergamena, proveniente dal monastero di san Marziano, è dovuta al socio prof. Alessandro Wolf. ♦ ( 23 ) uolueritis sine omni mea et eredum meorum contradictione, quidem et spondeo et promitto a . . . . ego qui supra Giselbertus una cum meos eredes tibi cui supra Otberto uice comes tuisque eredibus aut cui uos dederitis uel abere uolueritis suprascriptis rebus et iam facta pecia de uites et area ubi estat in suprascripto loco Campora qualiter superius legitur. ... re comprensis in integrum ab omni omine defensare, quia si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquod pericu . . . . o sub......requisierimus tunc in dubium uobis eadem uenditis sicut supra legitur restituamus......fuerint melioratis aut ualuerint sub extimatione in eisdem locis et .......qui supra Giselbertus.... unquam in tempore nolle quod uoluisset quod ad me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum........nare promitto cum stipulatione subnixa, et nihil mihi ex ipsum precium aliquid .... et debere. Dixi. Actum in Castro Ciuitatis Dertona Feliciter. Signum m. manus suprascripto Giselberto qui anc cartulam uindi-cionis fieri rogaui et suprascripto argento accepi, et eique relecta est. Signum m. m. m. manibus Anselmi germano suprascripto. Giselberto et Johannis filii quondam Sironi seu Martinus filius quondam Galferagni legem uiuentes romana testes. Signum m. m. manibus Rufini .... Donadi testes. Ego Giselbertus tu.........feci per te huius cartule uindicionis postquam . . . compleui et dedi. DOCUMENTO XI. Locazione di beni consentita da Amelip accolito della Chiesa di Genova e custode della Basilica di san Marcellino; i quali beni diconsi posti nella Valle di Lavagna. 979, aprile (Carte Genovesi, num. 25) • Cum Cum Petimus Defensores Amelius Acolitus Januensis Ecclesie et Custos Basilice Sancti Marcellini uti nobis Andrea una cum uxore et filiis masculini, et si unus ex nobis sine herede mortuus fuerit unus alterius succedat, titulo condictionis locare nobis iubeatis petimus res iuris Ecclesie uestre Sancti Marcellini que posite sunt in finibus Laua-niensis locus ubi dicitur Macinola. id sunt casis uineis ficetis roboretis saletis campis syluis ct pascuis, colierentie uero abes ipsa suprascriptas res ( n ) de uno'latere (ine terra sancti Ambrosi et Sancti Nacori. ab alio latere line Rio Leuasco. de superiori capite fine Juuo Cerexole ... subtus fine Vineale. Infra istas iandietes eolierencies omnia quantum antea tenuit Jenitor noster Benedicto pro suis libellis infrascriptis locis una cum exitis earum (’). seue et petimus petia de terra que nominatur Costa de Prado subtus uia usque in fossado omnia. Ita tamen ut inferamus uobis uel successoribus uestris per unumquenqne annum pensione Pullo uno Formatico libram unam. Spondimus in dei nomine atque promittimus infrascriptas res meliorare et pensione Ecclesie uestre uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum’ inferre. Quod si minime fecerimus de quo superius repromittimus. Tunc liceat uos uel successoribus uestris in istas introire et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Facto Petitorio mense Aprilis. Indictione VII. Imperante Domino nostro Otto in Italia anno XII. indictione infrascripta. feliciter. Amelius Acolitus Sancte Januensi Ecclesie et Custos Basilice Sancti Marcellini in hoc libello a me facto subscripsi. DOCUMENTO XII. Altra consimile locazione fatla dal predetto Amelio. 980, febbraio (Carte Genovesi, num. 27) Cum Cum Peto Defensoribus Sacrosante Januensis Ecclesie Vobis Amelio Acolito e Custos Basilice Sancti Marceli ini uti nobis Eriprandi et Elduino Jermani una cum uxore et flliis masculinis, et si unus ex nobis sine herede mortuus fuerit unus alteri succedere debeat. Tytulo condicionis locare nobis iubeatis. Petimus res iuris Ecclesie uestre Sancti Marcellini que posite sunt in finibus Lauaniensis loco ubi dicitur Macinola et in Clauari. id sunt casis uineis castanetis oliuetis canetis et arbores fructiferos super se habentem, campis siluis et pascuis, et in ipso infrascripto loco Macinola et in Clauari omnia quantum antea tenuit consobrino nostro Eriprando quarta portione, plenum et uacuum ex integrum, et sic pe- (') Sino a questo punto il presente libello è simile a quelli del 973 e 977, che vedonsi pubblicati in Appendice al Registro Arcivescovile, pag. 420 e 421. Il Poch lo dice « desunto ex Ms. S. Syri in foglio in pergamena »; ossia: « Ex peryu-tnenis descriptis 1205 a Willelmo Scriba ». ( 2.*; ) timus nos infrascripti petitores Sorticellam in Macinola et in Clauari omnia quantum antea tenuit Jetoitor noster Leoprandus. omnia plenum et uacuum ex integrum petimus, coherentes uero ab ipsam ipsas res. ab uno latere fine terra Sancti Na^arii et Sancti Ambrosii, ab alio latere fine Rio Leuasco. et desuper Jugo Cerexola. et de suptus fine Vineale, intra iste infrascripte coherencie omnia sicut superius scriptum est ex integrum petimus. Ita tamen ut inferamus uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum pensionem denarios II. Spondimus in dei nomine atque promittimus infrascriptis rebus meliorare et colere et suprascripta pensione uestra a uobis uel a successoribus uestris inferre. Et si minime fecerimus de quo superius repromittimus tunc liceat uos uel a successores uestri in rex uestra introire et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Facto Petitorio mense Februario. Indictione VIII. Imperante domino nostro Otto in Italia anno XIII. Indictione infra-scripta. feliciter. Amelius Acolitus sancte Januensis Ecclesie et Custos Basilice sancti Marcellini in hoc libello subscripsi. DOCUMENTO XIII. 11 vescovo Giovanni conferma al monastero di santo Stefano la donazione di Serra abbadessa, nonché il godimento di quanti altri beni sono dal monastero medesimo posseduti. 987, giugno (Carte Genovesi, num. 34) Johannes gratia dei Januensis Episcopus. Clericis et laicis notum esse cupimus. Qualiter dum huic Sancte Sedi Beatissimi Sili presidere-mus Dilecto Filio nostro Heriberto Abbati Monasterii Sancti Stepliani quod est foris ciuitate Janue quatenus conueniens Pietas est ut ea que seruis dei largiuntur firma stabilitate seruentur. Tibi enim Heriberto Abbati quod tua deprecatio nobis petiit considerantes seruitium dei quod in liecclesia Protomartiris Christi et propter regulam Sanctissimi Benedicti quam religiose ducis ordinamus atque firmamus eidem Monasterio libellarias quas in territoriis Sancti Sili olim per longa tempora a Beata Sarra hac deo deuota possesse sunt, et idem Monasterio ab ea date in rebus et familiis utriusque sexus seu mobilibus siue immobilibus cum 3 / ( 26 ) decimis et primitiis et oblationibus et quicquid in e . . . nostro adqui-siuit habuit uel tenuit. Concedimus insuper quicquid eidem Monasterio datum fuerit et adquirere poterit, abbates uel Monachi qui ibidem deo deseruiunt uel futuri domino seruituri infrascripta donamus atque firmamus predicto monasterio petiam unam de terra que uocatur Vallis Brammosa que est in territoriis Sancti Sili scilicet Alpibus sicut inde tenuit predicta Sarra per fines uallis eidem que est in Alpe Maxeria. Coheret ei de subteriori capite fossatum quod dicitur Dalauene quod pergit iuxta pedem de Maxerie. De alio latere Costa Discola usque in Alpes, de superiore capite que nominantur Fosse. De alio latere ad Aqua Zole iuxta terram predicti Monasterii, et quicquid in Alpibus Sancti Sili uel territoriis habet uel deinceps ut diximus adquisierit. idest in pratis et siluis in pascuis et herbis in terris cultis et incultis ficetis castanetis oliuetis atque roboretis, omnia in omnibus plenum et uacuum eidem Monasterio constituimus atque firmamus, ita quod nos qui nostre anime mercede presenti Decreto concedimus nullo umquam tempore nec nos nec nos (sic) nec successores nostri hoc infringere potestatem non habeamus. Sed firma et stabilis sit concessio nostra salua tamen conditione Potionis, scilicet sex Fialas totidemque Candelas in Festiuitate Natalis Domini et in sollempnitate Pasche quas in domo Sancti Laurentii uos nobis nostrisque successoribus debetis persoluere. Actum est hoc anno Dominice Incarnationis DCCCCLXXXVII. Imperante nostro domino Ottone VI anno. Episcopatus autem nostri anno quarto et diebus XII. mense Junio. Indicione quinta decima. Ego Johannes gratia dei ianuensis episcopus. Ego Bruningus presbiter de eodem cardine hanc firmitatem scripsi et manu propria subtus firmaui (’). (*) Il raccoglitore Poch, dopo di avere riferita nelle sue Miscellanee la presente membrana, le fa seguire queste note: « ili pare tutto il decreto descritto dal-T istesso Bruningo. Pergamena autentica. Sul dorso di mano egualmente antica così leggo: Decretum beati iohannis episcopi ad sanctum stephanum. Quindi altra mano meno antica : Hic fit mentio de pocione siue nectare quod datur archiepiscopo. D’altra mano antica: Quedam carta facta usque dcccclxxxxvj (sic) que malle legi potest......loquitur de pontone (sic) danda archiepiscopo. Altra: Decimis de Molazana. Imprestatami dal Sig. Prete Bottaro, che dice trovata nella Raccolta del Sig. Domenico Musso ». ( 27 ) DOCUMENTO XIV. Il vescovo Giovanni introduce nella basilica di san Nazario in Albaro i monaci benedettini di santo Stefano, assegnando loro parecchi beni e diritti ; ed inoltre conferma allo stesso monastero le donazioni fattegli da Pietro ed Opizzo giudici, da Serra abbadessa e da altri. Dopo il 987 (?), maggio (Carte Genovesi, num. 257) i Johannes per misericordiam Dei Sanete Januensis Ecclesie humilis Episcopus Dilecto fideli nostro Eriberto abbati Ecclesie Beati Stefani proto martiris Cliristy tuisque successoribus abbatibus omnibusque mo-nachys in eodem loco presentibus et futuris inibi ordinatis Domino famulantibus. Consueta est pietas ut ea que suis uidentur largire su-biectis non permittant suam firmatoriam uiolari. ideoque petiit a nobis uestra fidelitas seu considerantes nos uestram deuocionem quod uos pretaxata Ecclesia nostra inpendere uisi estis et futuri eritis tam et nunc nostre persone proinde concedimus uobis qui supra Eriberto Abbati tuisque successoribus omnibusque monachis in predicto Cenobio ordinati uel ordinaturi atque per nostra firmatoria uos firmamus in Basilica Sancti Nazarii que fundata est prope ripa maris in loco qui dicitur Albario ubi ad Sanctos Peregrinos dicitur, cum decimis et primiciis ad supradictam Ecclesiam pertinentibus, per fines et spacia locorum a fluuio Vesano usque riuo Vernazola et a uia publica usque in mare. Et non solum in ipso sancto ac uenerabili loco uos firmamus set in omnibus .....rebus limitibus cispitibus uillis massariciis colonicis cum omnibus decimis et primiciis ad supradictum monasterium pertinentibus, nec non et oblaciones et uota fidelium et quicquid ad ipso sancto ac uenerabili loco uidetur et quod conlatum est a Sarra ancilla Dei nec non et Petro Judice et Opizo Judice (’) et aliorum bonorum hominum uel feminarum et quicquid in antea adquirere potueritis tam uos quam successores uestri omnia uobis concedimus et successoribus uestris. et largimus uobis potestatem fruendi et possidendi, et omni tempore sub potestate prefati Cenobii et Abbatum permaneat qui in eodem Cenobio pro tempore militauerint. et nullus umquam in tempore tam nos quam successores nostri uos uel successores uestros audeat molestare, set no- (i) Vedi i Documenti VI p. M, e VII p. 13. ( *8 ) stra scripcio firma et stabilis permaneat omni tempore. Quam igitur line nostra firmatola Gotefredo de Cardine nostre Ecclesie scriberè iussimus. in qua et nos subter pro ampliori firmitate manu nostra firmauimus. Facta est hec nostra firmatoria mense madio. Indicione .... feliciter, f Johannes Episcopus in hac cessione subscripsi (’). DOCUMENTO XV. Ermengarda vedova del marchese Lamberto dichiara avere acquistati dal prete Roprando i dominii che a costui lo stesso Lamberto avea venduti; ed a sua volta, con aggiunta di altri possessi, li cede per prezzo al prete Gontardo. 3S9, 15 febbraio (Pergamena del R. Archivio di Stato in Firenze) In nomine domini dei et saluatoris nostri ihesu christi. anni ab incarnationis eius nongnentesimo (sic) hoctuagesimo nono, quinto decimo calendas martii. inditione secunda. Manifesta sum ego ermingarda relieta bone memorie lanberti et filia bone memorie raineri quia quondam lanberto filio bone memorie ildebrandi qui fuit marchio per cartula scripta ex manibus witerni notharii domni inperatoris uenundauit rop-prandi presbitero filio bone momorie benedicti, id sunt omnibus casis et curtis seo et castellis turris adque rocches simulque monasterium beati sancti petri sito monte uiride siue et ecclesiis adque cappellis quibus sunt positis per diuersis comitatibus locibus et uocabulis iuris suis comitato rosellense locas nuncupante alias comitatas, infra comitato et territurio suanense. siue infra comitato et territurio castro, seo et infra comitato clusio. siue infra comitato et territurio popoloniense. infra comitato et territurio lucense. seo et infra comitato parmense, uel per alias comitatas et territurio locibus et uocabulis. nominatiue ubicumque abebat et possidebat et ei per quacunque ordine legibus erat pertinentes aut pertinere debebantur tam ea iura parentum suorum quam et conquiscito suo quas tunc abebat et possidebat uel quod in antea deo atiuuante legibus adquisisset una cum omnes moniminas suas cartule et breues (') Il raccoglilore Poch fa seguire il presente documento da queste note: « Pergamena autentica, segnata sul dorso di mano antica : S. Nazarii de Albario; Domini Joliannls Januensis ; Carta de S. Nazarto de Aliarlo et decimis Albarii Cion priiniclls ». ( 29 ) seo et iudicatas siue inperialis et regalis precenptoras uel qualibet fa-tiones siue repromissionis paginam aut quacunque scripturas cartarum licteras quantas et quales in infrascripto quondam lanberto in eo et missas aut datas uel pertinentes erat aut esse inueniebatur omnia in integrum ei eas uenundauit sicut in cartula ipsa legitur. Postea uero suprascripto ropprando presbitero per cartula scripta ex manibus iohannis nothario domni inperatoris uenundauit milii qui supra ermingarda. id sunt as omnibus curtis et casis et rebus suis illis quibus sunt positis in suprascriptis denominatis locibus et uocabulis simulque et prenomi-natas comitatas et territurias quales ei per suprascripta uenditionis cartula pertinere uidebatur et in cartula ipsa continere dinuscebatur in integrum, una cum omnes strumenta cartarum suarum quales ei per suprascsipta cartula pertinere uidebatur una cum suprascripta cartula milii eas uenundauit et tradidit sicut in cartula ipsa legitur, proinde modo ego qui supra ermingarda per. consensu et data licentia obberti mundualdo meo in cuius mundium esse uisa sum per anc cartula uindo et trado tibi gumtardo presbitero filio uualperti de ex predictis rebus quibus fuerunt quondam lamberti nominatiue et predieti ropprandi presbiteri et quales mihi per suprascripte cartule pertinere uidetur. id est medietate ex integra casa et res mea illa massaricias qui est posita in loco et finibus galliano qui recta fuit per oriperto massario et modo rccta est per uualperto massario. predicta medietate de casa uero ipsa cum fundamento et omne etdeficio suo seo curtis ortis terris uineis oliuis siluis uirgareis pratis pascuis cultis rebus uel incultis, omnia quantas as suprascripta medietate de casa et res massaricias est pertinentes et suprascriptis denominatis omnibus exinde a manus uestras abuerunt uel abere uidentur in integrum tibi eas uindo et trado consentientes mihi suprascripto mundualdo rn^eo. seo et uindo et trado tibi qui supra guntardo presbitero consentientes mihi suprascripto mundualdo meo. id est una petia de terra mea illa cum ipsa casa super se abentes quam abeo in loco ubi dicitur cortine prope ipso castello per te guntardo presbitero a manu tua detinet, que es tenente ipsa petia de terra uno capo in uia pubblica et alio capo cum uno lato tenet in fossato et alio lato detinet in terra beriti. as suprascripta petias de terra quales ab omnis parte circumdata est et perdissingnata locas omnia in integrum sicut supra legitur, consentientes mihi suprascripto mundualdo meo una cum exscemplar de ambo suprascripte uenditionis cartule per consensum et data licentia suprascripto predicto mundualdo meo. tibi eas uindo et trado, quod quibus a te pretium recepit argentum solidos centum in prelinito. unde repromitto ego qui supra ermingarda consentientes milii predicto mundualdo meo una cum meis eredes tibi ( 50 ) qui supra guntardo presbitero uel a tuis eredes aut eidem omini cui uos suprascripta predicta mea uenditio dederitis uel abere decreueritis ut si nos uobis eos aliquando tempore in aliquo exinde intentionaue-rimus aut retolli uel subtragi quesierimus nos uel ille omo cui nos eas dedissemus aut dederimus per quolibet ingenio spondimus nos uobis componere suprascripta predicta mea uenditio in duplum inferquidem loco sub extimatione quales tunc fuerit. Na da aliis ominibus nos uobis exinde nec autores nec defensores neque restauratores nec pretium ret-ditores uobis esse non debeamus, set per uos ipsi eas uobis defendere debeatis cum cartula ista et cum exscemplar de ambes suprascripte uenditionis cartule uel quomodo aud quales iuxta lege melius potueritis et per confirmationem iohannis notharii domni inperatoris scribere rogaui. actum lactaria. t Signum manus eidem ermingarde qui anc cartula fieri rogaui. f Signum manus suprascripto obberti mundualdo eidem ermingarde in anc cartula consentientes. t Signum manus ughi filio sassi testis, et pretio dante uidi. f Signum manus anselmi filio bone memorie iohanni testis, et pretium dante uidi. t Signum manus albiti filio bone memorie boniti testis, et pretium dante uidi. f Signum manus iohanni filio uualpiti testis, et pretium dante uidi. Ego adalbertus notarius domni imperatoris rogatus testis suscripsi. et pretio dante uidi. Ego petrus rogatus me testis suscripsi. et pretio dante uidi. Johannes notarius domni inperatoris postradita compleui et dedi- DOCUMENTO XVI. Vendita di beni fatta da Jubiano al monastero di santo Stefano, 990, giugno (« Pergamena autentica, da un lato cadente per l’umido segnata sul dorso di mano antica: de in Strusa; recente: 990 ®. Carte Genovesi, n. 36). t In dei nomine, anni incarnatione Domini nostri Jesu Christi nogen-tesimo nonagesimo, mense Junius. Indicione tertia. manifesto sum ego Jubiauus ( filius?) quondam dominici et quod in presencia accepissem _ ( 51 ) et accepi a te Andrea Abbas monasterio Sancti Stefani pretium in ualentem soldorum numerum octo tantum ... litatibus meis pro agendum unde pro isto pretio cot (sic) accepi a te uendo trado atque refudo tibi qui supra Andrea Abbas ohec (sic) sunt casis et omnibus rebus meis... sunt positis in ualle Bauali in fundas et locas ubi dicitur.....in Maliolo et in Panegaz... et in Caneto et in Casa Auroni et in Casale felectoso et in Creto, et pecia una de prato in Stura, et pecias .... de prato in Laureto, tam casis uineis castanetis pometis siluis .... pratis et pascuis, omnia plenum et uacuum ex integrum ubicumque . . . portione uel sorte de suprascriptis casis et rebus inuentum fuerit, quicquit antea ... iam dicto Dominicus genitor meus in supradictis locis sicut supra (legitur) cum exitus earum ut a presenti die in tua qui supra Andreas Abbas .... potestatem ex mea qui supra Jubanus plenissimam largietatem facio .... cocumque uolueris. salua quidem Luminaria Sancta Ecclesia cuius proprietas est. et liceat te exinde libellum petire .... tum uel cuicumque uolieris («c). et si fieri cot non credo.....Jubanus si umquam in tempore hego uel meis eredibus aduersum te qui supra Andreas Abbas uel auersus tuisque successoribus de suprascriptis casis et rebus agere et causare quesierim uel ab omni homine defensare non potuerimus preter de cwius est proprietas sunt tibi cuius Andreas Abbas.....sucessoribus tuis componi turis pena supradictis casis et rebus .... cuilibet locis sicut supra legitur in dubium, quam uero carta.....uenedicionis mee Marino Notario scribendum rogaui. in qua subter confirmasti testibusque obtulit roborandum. Actum Janua feliciter. Signum, m. Jubianus qui an cartam uindicionis fieri rogaui. Signum m. m. m. m. m. manibus Ardirici et Aboni ef Aginoni ct Benedicti et Dominici rogatis testes. Marinus notarius scriptor huius carta uin : edicionis (sic) post tradita compleui et dedi. ( 52 ) DOCUMENTO XVII. Brano di chiusa di donazione fatta dall’ imperatrice Adelaide al monastero di san Fruttuoso di Capodimonte, ed iscritto in capo al foglio 2.° del Codice A di detto monastero (•). (Archivio di S. E. il Principe D' Oria'in Genova) mo uncias duodecim argenti punderas uiginti et quatuor. Et quod repecierimus euindicare non ualeamus. sed pressens hanc cartulam offersionis mee sicut supra legitur firma maneat atque persistat incon-uulsa. com stipulacione subnixa, et bergamena cum atramentario de terra eleuans me paginam mihi Oderici notarius et Judex sacri palacii tradedi et scribere Rogauit. in qua subtus confirmans testibus que obtulit roborandam. Actum in sancto Mauricio locus qui dicitur Agaunense feliciter. Signum m. manus suprascripte Adelegia imperatrix qui haftc cartula offersionis fieri Rogaui ut supra, eque releta est. Signum m. m. m. m. manibus Bonizo comes et Petrus seu Stefanus atque Adam de suprascriptis. Signum m. m. m. manibus Gaudencii et Azo seu Angelbertus omnes uiuentes salichates testes. Ego qui sUpra Odericus notarius et Judex sacri palacii scriptor uius cartula offersionis post tradita compleui et dedi. •Ego Bonacursus de Bonacurso notarius Sacri Imperii predictum instrumentum ut supra trasscripsi et exemplificaui ab quodam instrumento scripto manu notarii suprascripti signato signis suprascriptis de uerbo ad uerbo nichil adito uel diminuto nisi forte litera siljiba seu puncto abreuiacionis causa, non mutato sensu nec uariato intellectu, de mandato et auctoritate domini Bertrami de carcano ciuis mediolanensis Januensis ciuitatis potestatis. Qui potestas precepit mihi Bonacurso notario quod dictum instrumentum et omnia supra scripta deberem exem-. piare et transcribere in publicam formam ad peticionem donni Boni- (.') 11 primo foglio manca; nè tal difetto è recente, dappoiché l’atto di cui nel secondo leggesi questa chiusa non trovasi neppur notato in un Indice amplissimo del Codice stesso, fatto nel secolo XVII, e custodito nell’Archivio citato (Corte ) Mancano le soscrizioni e l’autenticazione, benché nel Codice sia lasciato in bianco lo spazio a ciù necessario. ( 41 ) DOCUMENTO XXIV. Udalguda llglia del qm. Ursone, e vedova di Pietro, cede al monastero di santo Stefano il dominio utile della metà di una vigna e degli altri beni livellarii che possiede in vicinanza della città di Genova, nel luogo di san Martino. 096, ottobre (Ved. Atti della Società, voi. I, p. 223) DOCUMENTO XXV. Giselberto ed Ofliza giugali donano al monastero di santo Stefano una terra sita in luogo non discosto da Genova. 097, novembre (Carte Genovesi, num. 49) f In nomine Domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Imperante Dorano nostro Tercio Hotto in Italia anno secundo, mense nouember. Indicione undecima. Dilectissimo nobis semper Andreas abbas Monasterii Sancti Stefani proto Christi martire cito non longe a ciuitate Janue et omnibus monahis qui in ipso monastarii (m'c) nunc ordinati uel in antea domino ordi...........uidetur. nos quidem Giselbertus qui egezo filius quondam Joani et Ofìcia jugalibus ...... professi sumus ambos ex nacione nostra lege uiuere Romana, propterea diximus......... titulo iuris firmissime que bona espontanea uoluntatis nostre interue-niunt. et ideo nos qui supra iugalibus donamus cedimus atque oferimus .......uobis qui supra Andreas Abbas et omnibus monahis per remedium anime Geniegeme (') qui fui Vssori mea et per presentem cartulam ofersionis nostre in uos abendum confirmamus in sumptum uestrorum qui supra Abbas et omnium Monhhorum qui prò tempore in predicto monasterio domino sentire uidetur. ohe est... . una...... cum area in qua est. qui posita est non longe ab urbe Janua..... una parte Riuo Tacito, de alia parte uia publica, de tercia parte terra Bonize filie quondam Andrei, de quarta similiter uia publica, sibeque alii sunt coerentes. et est per mensura super totum in circuitum perticas (i) Oppure Gemegenie (Poch). 4 quinquaginta a perticas de pedes duodecim a pede Domni Liuprandi Rex. que autem suprascripta pecia de terra sicut superius mensuras et coeren-cias legitur a presenti die in uestra qui supra Abbas et uobis monahis qui in ipso monasteri sunt potestate sunt uestre iure proprietario...... atque defendatis quandoque tempore cotlibet uestrum de octoto..... monahis qui in isum monesterio ordinati uiui remanserint in loco defuncti subcedant. et in eo uera protestas (s*c). nos qui supra iugalibus facimus uobis qui supra abbas et omnibus monahis anc ofersione ut si abbas uel monahis ipsius monasterii subscripta pecia de uites sicut superius legitur per cotlibet ingenio de illorum potestatem.........per cotlibet scriptione obligauerit in aliena persona.............abbate uel sine monahis quandoque .... tempore remanserit .... subprascripta uinea sicut supra legitur propinquioribus parentibus nostris. . . . potestatem. et si forsitan unquam in tempore nos qui supra Jugalibus uel nostris eredibus.........qui supra Abbas et omnibus Monahis uel subcepsoribus uestris subprascripta pecia de uites in uestra tenueritis potestatem. si nos inde agere aut causare quexierimus et ab omni omine contra dicentem uobis inde in autoritatem non fuerimus, tunc spon-dimus nos qui supra iugalibus uel eredibus nostris componere uobis qui supra Abbas et omnibus monahis suprascripta uinea sicut superius legitur uel esitus earum dubio comodo in tempore fuerit melioratis....... cartula donacionis seu ofercionis nostre qui supra iugalibus Fulcoinus notarius........scribendum rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulimus roborandum. Actum in Ciuitate Janue feliciter. Signum m. suprascripta Oficia que anc cartulam donacionis fieri rogauit. Giselbertus qui ac cartula offersionis a me facta subscripsi et a suprascripta uxore mea consensi. Signum.....manibus Genuar..........ni omnes lege..... .....uiuentes...... Ego Fulcoinus notarius scriptor cartula uius ofercionis post tradita compleui et dedi. ( *3 ) DOCUMENTO XXVI. Lì tu ardo del qm. Fulcardo e suo figlio Alessandro fanno donazione allo stesso monastero delle loro proprietà site nel luogo di Carignano. 009, gennaio (Carte Genovesi, num. 263) ? t In nomine Domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. inperante Domno nostro Tercio Otto in Italia anno tercio. mense Genarius. indi— cione duodecima. Tibi Andreas Abbas Monesterio Sancti Stefani proto Christi martiris sito foris et prope anc urbem Januense. Ego Lituardus filius quondam Fulcardi et Alexander Pater et filio. qui professi sumus ex nacione nostra lege uiuere Romana, ofertor et donator tuus, propterea diximus quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis ex suis aliquit contulerit rebus iusta auctoris uocem in oc mundo centuplum accipiat, insuper quod melius est uitam posidebit eterna, ideocjue nos iam dictus Pater et filio donamus et oferimus tibi qui supra Andreas abbas et ceteris omnibus Monahis qui tunc in eodem monasterio ordinati sunt uel in futuro ordinati esse debent donamus et offerimus per an carta offercioni in usu et suntu uel subsidium uestrorum abendo confirmamus pro anime nostre mercede, ohe est uinea et omnibus rebus nostris proprietariis quibus sunt poxitis in loco et fundo Caliniano uel in eius territorio, omnia plenum et uac-cuum ex integrum, quantum (') fuerunt iuris quondam Bette filia quondam Leoni qui fuit ussor mea. antepoxito uinea et omnibus rebus illis in predicto loco Caliniano que Hego qui supra Lituardus simul cum suprascripta Betta qui fuit ussor mea per cartula datam abemus at Johannes filius quondam item Joani. nam aliis rebus nostris in prenominato loco per anc cartula offercionis donamus et oferimus tibi qui supra Andreas Abbas tuisque subeepsoribus proprietario iuri. que autem suprascriptis rebus superius nominatis una cum accepsione et ingresso suo seu superioribus inferioribus suis In Integrum ab ac die tibi qui supra Andreas Abbas et ceteris Monahis qui nunc in prefato monasterio ordinati sunt uel deinces ordinat.i esse debent et per anc cartulam ofercionis ut dissi in usu et sumtum uel subsidium uestrorum proprietario nomine aben-dum confirmamus pro anime nostre mercede, et si forsitan nos qui supra Pater et filio uel nostris heredibus de suprascripta uinea et omnibus rebus agere aut causare quexierimus uel ab omni omine defensare non (•) Questu parola è accomodata d’altro inchiostro. (Poch). ( 44 ) potuerimus tunc in dubium iam dictis rebus ut supra legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, et nec nobis liceat ullo tempore nolle cot uolumus. sed quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitimus cum stipulacene subnixa, actum in nostro Monasterio feliciter. Signum m. m. Liutuardi qui anc cartula ofercionis fieri rogaui. et ei relecta est et a subscripto filio suo consensit. t Ego Alexander cartula ofersionis a me facta suscripsi. Signum m. m. manibus Leo et Thomas lege uiuentes.....testes. f . . . aniel rogatus subscripsi. Alexander rogatus subscripsi, t Teutefredus Judex rogatus subscripsi. t Ego Fulcoinus notarius scriptor uius cartula ofcrcionis post tradita compleui et dedi (']. DOCUMENTI XXVII-XXVIII. Donazione fatta da Adelaide imperatrice al monastero di san Fruttuoso a Capodimonte, di una terra sita in Brugnato. Altra donazione (supposta) della medesima Adelaide al predetto monastero, di una terra sita al Ponticello (luogo di Capodimonte), della già mentovata in Brugnato, e di tutto il territorio di Portofino; concessione ai monaci del diritto di pesca e di caccia in Capodimonte, oltre quella della potestà giudiziaria all’ Abate, con facoltà d’imporre agli abitanti il fodro e le collette. 999, aprile (Cod. A di san Fruttuoso, car. 2 e 9) La seconda donazione è in sostanza una replica del. tenore della prima, con interpolazioni e mutamenti di grossolana fattura; e perchè di ciò il lettore acquisti sollecitamente la certezza, dispongo qui a rincontro dell’ atto vero lo spurio. Nondimeno anche la falsificazione è antica, si perchè trovasi registrata nei primi fogli del codice, e si perchè vedesi anch’ essa, al pari degli atti più vetusti, autenticata dal notaro Bonaccorso. Due criterii mi inducono anzi (') « Pergamena autentica, sul dorso: Carta de Caliniano ; de Calignano. Caratteri antichi » (Poch). ( w ) ad ascriverla al secolo XII, o sono: 1.° la memoria che, dopo gli ullicii di più remota istituzione, vi si fa pure de’Consoli, contro l’autorità invadente de’quali i monaci in genere miravano a premunirsi , studiandosi eziandio a rendersela propizia pei casi probabili di future contestazioni; 2.° La comparsa di Cristiano arcivescovo di .Magonza tra i firmatarii dell’atto: quel cancelliere del Barbarossa, che aveva di sè levata tanta fama (non importa se buona o trista) in Italia, ed avea pur corsa nel 1172 la nostra Riviera Orientale. L’ Ughelli pubblicò pel primo questo documento, ascrivendolo erroneamente però al 98C, in cui Ottone III non avea cinta ancora la corona imperiale, ma soltanto portava quella di re; nè disse donde egli lo avesse tolto, ovvero da qual parte gli fosse stato fornito. Ben'si quel Cristiano arcivescovo di Magonza sarebbe saltato agli occhi eziandio de’ meno veggenti ; onde nella lezione del-1’Ughelli siffatto nome è sostituito dall’altro di Willigiso, che è quello veramente di chi resse la Chiesa di Magonza dal 975 al 1011 ('). D’ altri errori e di cattive lezioni va pure affetta l’edizione ughelliana, che altri citarono od anche riprodussero in seguito. Parrà strano che il Muratori, toccando di questo documento negli Annali, non ne avvertisse nettamente la falsità; ma, da quanto si rileva nelle Antichità Estensi (’), egli non ebbe a mani il Codice, che fu per lui consultato soltanto da Bonaventura De Rossi e da Goffredo De Filippi, uomini volenterosi ma non per fermo di soda critica muniti; e però al grand’uomo falli la notizia dell’atto vero che noi abbiamo or la ventura di stampare, e che riesce alla più esplicita e chiara condanna dello apocrifo. Ciò non pertanto, a rispetto di quelle parole prò fomento filii Mei Karolli etc., non aveva egli mancato di notare: « Niuno per anche ha saputo che I’ Augusta Adelaide avesse un figliuolo chiamato Carlo ; e se 1’ avesse avuto, pare impossibile che la storia non ne avesse fatta menzione. Però che si ha da dire di questo diploma? » (3). (•) Uoiielli, Italia Sacra, IV. 843; JapfÈ, Monum. Moguntina, p. 3. 721. (») Par. I, p. 133. 183. [3) Muratori, Annali, a. 986. ( 46 ) In nomine domini dei saluatoris nostri ihesu christi. tercius otto gratia dei imperator Augustus. Anno Imperii eius deo propicio tercio. Vndecimo die Aprilis, indi-cione XII. Monesterio sancti fructuosi quod est constructum in comitatu genuensi prope litus maris prope locus qui dicitur caput montis ubi nunc donus Madelbertus Abbas peordinatus esse uidetur’. Ego Ade-leida Imperatrix Augusta filia bone memorie doni Rodulfi regis et relicta bone memorie domini Ottoni Imperatoris que professa sum ex natione mea lege uiuere salicha. offertrix et donatrix ipsius monasterio. propterea dixi quisquis in sancti ac in uenerabilibus locis ex suis aliquid contulerit rebus iuxta auctoris uocem in hoc seculo centuplum accipiet, insuper quod melius est uitam possidebit eternam. Ideoque ego *qui supra Adeleida imperatrix dono et offero a presenti die in eodem monasterio sancti fructuosi pro anima predicto quondam domini Ottoni imperatoris seu mea mercede eo ordine sicut hic subtus legitur, idest pecia una de terra aratoria iuris mei quam abere uisa sum in loco et fundo Yrbe iacens ad locus ubi brugneto dicitur, que est pecia ipsa de terra per mensura iusta iuges quinquaginta, coeret ei de duabus | In nomine domini dei et saluatoris ihesu christi. tercius otto dei gratia imperator augustus. Anno imperii eius deo propicio tercio. primo die aprilis. 'Indicione XII. Monasterio sancti fructuosi quod est constructum in comitatu, Ja-nuensi prope litus maris locus qui dicitur caput montis ubi nunc don-nus madelbertus abbas preordinata esse uidetur. Ego adelegia imperatrix augusta filia bone memorie domini rodulfi regis burgundie (’) et relicta bone memorie donni oto-nis imperatoris que professa sum ex nacione mea lege uiuere salicha offertris et donatrisipsi monasterio, propterea dixi quisquis in sanctis locis ac uenerabilibus ex suis aliquid rebus contulerit iuxta actoris (sic) uocem in hoc seculo centuplum accipiet, insuper et quod melius est uitam possidebit eternam. Ideoque ego qui supra Adalegia Imperatrix dono et offero a presenti die in eodem monasterio sancti fructuosi pro anima predicti quondam domini octonis imperatoris proceris mei seu mea mercede et pro fomento filii mei Karolli quem dominus deus et saluator noster ihe-sus christus redidit in defluctibus maris turbidi uiuum et sospitem (*) per merita Beatissimi fructuosi ac per oraciones bonorum uirorum ibidem domino famulancium eo l1) Burgundie. Questa parola è aggiunta (di mano del sec. XIV) sopra Ia linea. (*) Questo fatto è qui derivato al certo come una reminiscenza di quanto leg-gesi di Ottone II ; il quale si sa che gittatosi in mare, nelle acque di Rossano, da quell’abile nuotatore ch’egli era, sfuggi di mano ai Greci. (Ved. Muratori, Annali, a. 982). ( partibus terra mea qui supra Adelaide imperatrix quod in mea re-seruo potestate, et da reliquis duabus partibus uias publicas, sibique alii sunt coerentes. que autem ista pecia de terra aratoria iuris mei in eodem loco et fundo urbe sn-pradicta una cum accessione et ingresso seu superioribus et inferioribus suis quibus supra mensura et coerentia licet minus ab hac die in eodem monasterio sancti fructuosi iam dicta pecia de terra donare et offerre uideor in eo uero ordine ut subtus legitur, ita ut faciant exinde predictus Albertus et monaci ipsius monasterii qui nunc et pro tempore in eodem monasterio ordinati fuerint et die noctuque deo deseruierint ad eorum usu et suntu de predicta pecia de terra seu de fruge et redditum uel censum quod inde exierit et dominus dederit quicquid uoluerint sine omne mea et heredum ac proheredum meorum contra-dicione uel repeticione. atque pro anima mea et predicto quondam domini ottonis Imperatoris seu pa-rentorum meorum mercedem. Insuper ego que supra Adelaida im-peratris parti ipsius monasterii sancti fructuosi de predicta pecia de terra legitiman facio tradicio-nem et uestituram per cultellum fistucum notatum Vuantonem et Guasoncm terre atque ramum arboris. et me exinde foris expuli uuarpiui et absa sito feci ct ad parte ipsius monasterio eam reliquo faciendem exinde pars ipsius monasterio a presenti die eo ordine ordine sicut hic subtus legitur. Id est peciam unam de campo aratorio iuris mei. et habere uisa sum in loco et fundo urba uel eius territorio, et iacet alatus loco ubi dicitur ponticellus. quod est pecia ipsa de campo per mensuram iu-stam iugeas centum duodecim. Co-heret ei ab una parte pratum, ab alia fontana sperundei et orbexella. a tercia pratum lungum. a quarta pratum et orbexella. Et peciam unam terre aratoriam et iacet loco ubi dicitur brugnato. in fundo urbe, et est ipsa pecia per mensuram iustam iuges quinquaginta, coheret ei de duabus partibus terra mea quam in mea reseruo potestate, de reliquis duabus partibus uias publicas. sibique alteri sunt coheren-tes. In comitatu Januensi totum portum delfinum cum accessibus et egressibus cum superioribus et inferioribus suis, et cum omni iuris-dicione. cum piscaria falchonaria et omnibus uenacionibus capitis montis, ita quod nullus archiepi-scopus episcopus dux marchio comes Vicecomes Castaldo Scudasius decanus Consul nullaque persona magna uel parua possit aufferre fodrum seu collectam uel dacitam aliquam in ipso loco nec tenere placita de hominibus habitantibus siue degentibus in eodem loco. Sed abbas monasterii nominati habeat nostra concessione et conlirma-cione nulla obstante exceptione plenam iurisdicionem causas cognoscendi et sententias diffinire, fodrum et collectas imponere moderatas. omnes antiquas raciona- ( 48 ) sicut hic subtus legitur quod uo-lueriut sine omni mea et heredum ac prolieredum que meorum con-tradicione uel repeticione. seu pro mercede anime mee et predicto domino ottoni imperatoris atqué predictorum parentorum meorum mercedem. Si quis uero. quod futurum esse non credo, si ego ipsa Adelaida imperatrix quod absit aut ullus de heredibus ac proheredibus meis seu quislibet opposita persona contra hanc cartulam offersionis ire quenquam temptauerimus. aut eam pro quouis genium infringere quesierimus tunc inferamus partim ipsius monasterio uel contra quem exinde litem intulerimus multa que est pena auro optimo uncias decem argenti ponderas XX.(i et quod repetierimus et uindicare non ualeamus. presens anc cartulam offersionis dictis temporibus firma permaneat atque persistat inconuulsa. cum stipulacione subnixa. Nam si forte Abbas ipse et predicti monachi et predicti monasterio de predicta pecia de terra seu de fruges et redditum uel censum quod exinde exierit inquietati fuerint et eis quiete et inlibate habere non permiserint sicut supra legitur, tunc uolo et statuo ut ueniat ipsa pecia de terra in potestate mea uel de propinquioribus meis parentibus qui tunc apparuerint, et tandiu in eorum potestate ipsa pecia de terra et fruges que inde exierit persistat fruendum. cousque illa uenerit potestas aut pars ipsius monasterio qui hanc meam offersionem adim- biles consuetudines regales ab habitatoribus ipsius capiendi habeat facultatem. Insulam namque ipsius loci eodem monasterio dono et offero pari mercede. Que omnia superius nominata ab hac die dono et offero in eodem sanctum et ue-nerabile monasterium ut dixi pro animarum nostrarum mercede ad usum fratrum et monachorum sumptum qui ibidem pro tempore deo famulantium seruierint. Insuper per cultellum fistucum notatum uuantonem et uuasonem terre atque ramum arboris et anfora plenam aqua maris ibidem exinde legitimam facio donacionem et tradicionem et uestituram. foris me expuli et exinde uuarpiui et absarcito (sic) feci et pars ipsi monasterio pro animarum nostrarum mercede relinqui, facientes exinde proprietario nomine quidquid uoluerint sine omni mea et heredum ac proheredum meorum contradi-cione uel repeticione. ad tenendum habendum possidendum usufruc-tamdum et in perpetuum posiden-dum. Si quis uero quod futurum esse non credo si ego ipsa Adelegia inperatrix quod absit et ullus de heredibus ac proheredibus mei seu quelibet oposita persona contra hanc cartulam offersionis ire quan-documque tenptauerimus aut eam per quoduis ingenium infrangere quesierimus uel ab unoquoque homine non defenssauerimus. tunc inferamus pars ipsi monasterio uel contra quem exinde litem intulerimus multa que est pena auro, optimo uncias duodecim argenti pleat sicut supra legitur. Nam si ad neminem personam ipse Albertus et predicti monachi exinde inquietati non fuerint tunc habeant iam dicta pecia de terra et pre-dictas fruges et redditum quod inde exierit et faciant in eo protestacio sicut superius legitur ad eorum usu et sumptu quicquid uoluerint pro anima mea et predicto domino ottonis imperator seu parentorum meorum mercedem.Et bergamena cum atramentario de terra leuaui me paginam iohanni notario sacri palacii tradidi et scribere rogaui. in qua subtus confirmans testi-busque optuli roborandam. Fatum in Vila que dicitur dema (’) Judiciaria alsasiense feliciter. Signum m. mei infrascripte Ada-leida imperatrix qui hanc cartulam offersionis fieri rogauit. et ei relecta est. Signum m. manus luizoni filii quondam ermenfredi legem ui-uente salicha testis. Signum m. m. m. manibus ad .. i filii quondam Andrei et Stepliani filii quondam giselberti Amizoni filii quondam bononi testes. Signum m. m. manibus pedre-uerti filio Rufini et Aimoni filio quondam nazarii testes. Ego Ebbo Judex domini Imperatoris dei gratia subscripsi. Ego Adam Judex sacri palacii dei gratia subscripsi. Ego qui supra Johanes Notarius sacri palacii scriptor huius cartule ponderas uiginti quatuor. et quod repecierimus et uindicare non ua-leamus. Sed prescens hec cartula offersionis mee sicut superius legitur firma maneat atque persistat incunuulsa cum stipulacione subnixa. et pergamena cum atramentario de terra eleuans me paginam mihi Oderico notario et Judex sacri palacii tradedi et scribere rogauit. In qua subtus confirmans testi-busque obtulit roborandum. Actum in sacro sancto fructuoso loco qui dicitur caput montis prope urbem Januensem feliciter. Signum m. manus Adelegie imperatricis que hanc cartulam offer-cionis fieri rogauit ut supra, et relecta est. Signum m. m. m. m. Manibus Cristiani Moguntini Archiepiscopi bonizonis comitis petri seu Stefani atque Adentes testes. Signum m. m. m. manibus Gaudente et Azoni ac Angelberti omnes lege uiuentes salichates testes. Ego Odericus notarius et Judex sacri palacii et scriptor huiuscar- (') Dona. Questa parola è scritta d'altra mano sulla pergamena raschiala. ( offersionis per data liceneia domni ermani comes istius comitatu asasiense post tradita Qompleui et dedi. Ego Bonacursus de Bonacurso Notarius etc. (’). 50 ) tuie offersionis post tradita Rogatus compleui subscripsi et dedi. Ego Bonacursus de Bonacurso Notarius etc. DOCUMENTO XXIX. Ottone III imperatore conferma alla Chiesa di Vercelli i beni dalla medesima posseduti, e fra gli altri praedia . . . Thedixii de Lavagna. 909, 7 maggio (Ved. Durandi, Piemonte traspadano, p. 148; Provana, Studi critici sovra la storia d’Italia, nel voi. VII, serie II, delle Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, p. 343). DOCUMENTO XXX. Corrado, detto anche Alberico, del qm. Adelfredo, fa dono al monastero di santo Stefano di una terra con vigna sita nella località di Serra in Paverano. 999 , 3 settembre (Carte Genovesi, num. 52) In nomine domini Dei et Saluatoris nostri Jesu Christi. tercio Otto gratia Dei Imperator Augustus, anno Imperii eius Deo propicio quarto, tercio die mense setember. Indicione duodecima. Monasterio Sancti Stefani martiri Cristi sito loco num multum longe Ciuitate Janua prope uia publica que pergit a porta Superana ipsius Ciuitatis. Ego Cunrado qui et Albericus filius quondam Adelfredi qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere saliha offertor et donator ipsius Monesterii. propterea dixi quisquis in Sanctis ac in uenerabilibus locis ex suis aliquid contulerit rebus iusta auctoris uocem in oc seculo centuplum accipiad. insuper quod melius est uitam possidebit eternam. ideoque ego qui supra Cunrado ('/ v. Docum. xvii, p. 32. ( SI ) offcrtor et donator ipsius monesterii a presenti die pro anima mea mer-cedem. it est pecia una de terra cum uinea super se abente iuris mea proprietaria que posita est in loco et fundo Papariano. locus ubi dicitur Serra, et est ipsa pecia de terra per mensura iusta in longitudo perticas octo et pedes septem, de alio capite perticas octo et pedes tres, a perticas de pedes duodecim a pedes Donus Liuprandi Rex. que autem suprascripta pecia de terra cum uinea infra se abente supradicta una cum accesione et ingreso suo seu cum superioribus et inferioribus suis et qualiter superius legitur In Integrum ab ac die in eodem monesterio Sancti Stefani dono et offero et per presentem cartulam offercionis ibidem abendum confirmo. Insuper per cultellum fistucum notatum uuatonem et uuasonem terre adque ramum arboris a parte ipsius monesterii legitimam facio tradicionem et uestituram. et me exinde foris expuli uuarpiui et apsa sito fecit et a parte ipsius monesterii eis abendum relinqui, ita ut faciant Abbas uel Monahos illos qui pro tempore in eodem monesterio ordinati fuerint et Deo deseruierint ad eorum usu et suntu quod uoluerint pro anima mea meorumque parentum mercedem sine omni mea et eredum meorum contradicione uel repeticione. si quis uero quod futurum esc non credo si ego ipse Cunradus aut ullus de Eredibus ac proeredibus meis seu quislibet oposita persona contra anc cartam offersionis ire quandoque tentauerimus aut eam pro couis ingenium infrangere quesierimus tunc inferamus ad illam partem contra quem exinde litem intulerimus multa quod est pena Auro optimo unceas quatuor Argento ponderas sex. et quod repetierimus et uindicare non ualeamus. set presens anc cartula offersionis diuturnis temporibus firma et stabilis permanead adque persistat inconuulsa con stipulacione subnixa, anc enim offersionis carta et Bergamena cum Atramentario de terra «eleuans me paginam Silueradus notarius tradidit et scribere rogauit. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandam. Actum Ciuitate Janua feliciter. t Cunradus in ac cartula offercionis a me facta manu mea firmaui. Signum m. m. m. m. m.....manibus Stefanus et Albertus et Johannes et Agino et Albixo...........rogatis testis. Adelfredus rogatus subscripsi. Signum m.....manus.....Razo lege uiuentes Saliha testes. Johannes rogatus subs§ripsi. Ego Silueradus notarius scriptor huius cartule ofersionis post tradita compleui et dedi (’). (i) « Pergamena autentica segnata sul dorso di mano antica: Credo quod sit de terra de Marassio quam diu tenuerunt . , seppur v’ intendo perché v’è logoro » ( Poch ). ( *2 ) DOCUMENTO XXXI. azzo abate di santo S'efano fa locazione della terra suddetta. 969, settembre (Pergamena deH’Areh. Gov.; Carte Genovesi, num. 53) Cum Cum Peto defensoribus sacro sancte Januensis Ecclesie ubi preest Dominus Azo Abbas uti nobis Guinizo una cum uxore et filiis uel filie. et si unus ex nobis mortuus fuerit unus alterius succedat. Titulo condicionis locare nobis iubeatis petimus res iuris Ecclesie uestre Sancti Stefani proto martir que posita et in Valle Vesano in uilla Papariano locus ubi nominatur Serra, et est predicta pecia de terra una cum uinea et arbores fructiferos super se abente per mensura in longitudo perticas undecim, et in latitudo de uno capite perticas oeto et pedes septem, et da alio capite perticas similiter octo et pedes tres, a perticas de pedes duodecim a pedes domni Luiprandi Rex. Infra ipsas mensuras omnia petimus In Integrum. Ita tamen ut inferamus uobis uel successoribus uestris per unumquenque annum exinde pensionem denarios duos. Spondimus in Dei nomine adque promittimus suprascripta pecia de terra laborare et colere et pensionem Ecclesie uestre uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum inferre. Quod si minime fecerimus de qi^o superius repromittimus tunc licead uos uel successoribus uestris in - suprascripta pecia de terra introire et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Post obitum nostrum uel filiis nostris in ius et dominium Sancte Ecclesie uestre reuertatur cuius est proprietas. Vnde sic placed bec peticio nostra hunc libellum scriptum et manu uestra firmatum nobis contradere iubeatis. et alium simile annobis (sic) factum uel a testibus roboratum uobis pro munimine Sancte Ecclesie uestre tradidimus conseruandum. Facto Petitorio mense September. Indicione tercia decima ('). Imperante Domno nostro tercio Otto in Italia anno tercio. Indicione suprascripta feliciter. Signum m. m. m. manibus Johannis et item Johannis et Jouenale te tes(’). (*) Questa indizione veramente non correva nel terzo anno dell’impero sibbene in quello del regno di questo Ottone, corrispondente al 985. Ma allora l’abate di santo Stefano era Andrea, del quale vedemmo parecchi atti dal 990 al 998. (*) Sul dorso di questa pergamena, leggesi di mano antica: Carta de Serra locus ubi dicitur papariano. E quindi di carattere del secolo XIV: De paua-riano siue de Marasio super costam. ( 53 ) DOCUMENTO XXXII. Tommaso giudice del qm. Todolgrimo dona al monastero di santo Stefano la metà de' suoi beni posti in Mortedo. OOi1, dicembre (Carte Genovesi, num. 5(5) t In nomine Domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Imperante Domno nostro Tercio Otto in Italia anno quarto, mense december, indicione tercia decima. Tibi Donnus Azo Abbas monasterii Sancti Stefani proto Christi martiris sito foris anc urbem Januense ego Thomas Judex filius quondam Thodolgrimi item que Judex qui professo sum ex nacione mea lege uiuere Romana donator et offertor uester. propterea dixi quisquis in sanctis et in uenerabilibus locis uel in subsidium Monaho-rum ex suis aliquit contulerit rebus iusta auctoris uoce in hòc seculo centuplum accipiet et cot melius est uitam possidebit Jeternam. ideoque ego qui supra Thomas Judex donator et offertor uester do dono cedo trado confero et per anc cartam offersionis mee qui supra Azo abas et ceteris monahis qui nuc in predicto monesterio ordinati sunt uel deinces ordinati ese debent per mercedem anime mee in subtum uel susidium uestrorum abendum confirmo, hoc est medietate de uinea et omnibus rebus iuris meis proprietareis que abere uiso sum non longe a Ciuitate Janua locus ubi dicitur Morteto. coerit ei tam ad suprascripta medietas quam ad super totum. ad uno latere Fosato. ab alio latere terra que detinet heredes quondam Johannis qui dicitur Giselberti. de superiore capite uinea de Eres quondam Bernodi. de subteriore capite fine uinea ipsius monesterii. siueque alii sunt coerentes. Infra iam dieta coe-rencias omnia suprascripta medietate una cum accessione et ingresso uel esito suo seu cum superioribus et inferioribus suis omnia suprascripta medietate In Integrum ab ac die tibi qui supra Azo Abati tuisque subeesso-ribus dono et offero et per anc carta offersionis in uos abendum confirmo, faciendum exinde a presenti die tu et subeessoribus tuis regulari ordine quiquit uolueritis sine onni mea uel eredum meorum contradicione per anime mee mercedem iure proprietario nomine quiquit uolueritis sine onni mea et eredum meorum contradicione. quidem et spondeo atque promitto ego qui supra Thomas una cum meos eredes tibi qui supra Azo Abas tuisque successoribus suprascripta medietate de predicta uinea et rebus qualiter superius coerencias legitur In Integrum ab omni omine . . . ( M ) .... non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis . . . ingenium subtraere quesierimus tunc in duplum ian dictis rebus uobis restituamus sicut pro tempore fuerit melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, et nec mihi liceat ullo tempore nolle cot uolui. set quod a me semel factum uel conscriptum est iusiurandum inuiolabiliter conser-uare promitto cum stipulacione subnixa. Actum in eodem monasterio feliciter. t Thomas Judex in ac cartula ofercionis a me facta........ Signum m. Yn. m. manibus Johannis filius quondam Rozo Juuenali filius quondam Martini seu Alaizoni onnes lege uiuentes Romana testes, f Marinus notarius rogatus subscripsi. t Ego Ermenbertus notarius scriptor uius cartula offersionis post tradita compleui et dedi (’J. DOCUMENTO XXXIII. Godone ed lldeza giugali, ed Amberto loro figlio, donano alla chiesa di san Siro di Genova un massaricio ed altri beni siti in Belenia ; ma Godone se ne riserva l’usufrutto vita durante. 1000, aprile (Pergamena dell’Archivio Governativo, Abbazia di san Siro, mazzo non numerato; Carte Genovesi, num. 58) i In nomine Domini Dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. tertius Octctt) (sic) gratia Dei Imperactor agustus. anno Imperii eius Deo propitio hic in letalia quarto, mense aprelis. indicione tercia decima, uobis Ambrosius qui et . . . zo Petrus Presbiteri et cecteri presbiteri qui nunc in Ecclesia Sancti Syri ordinati sunt uel in fucturo ordinari debent... Nos godo filius quondam lambercti et ildeza Iugalibus et ictem Ham-berctus filio eorum iugalibus. ipso namque Godonem eorum coniugi et filio suo consenciencte et subcter confirmancte. qui professi sumus ex nacione nostra uiuere lege Romana, donactores et offerctores sumus. propterea diximus quisquis in Sanctis ac Venerabilibus locis uel at Sanctis (•) « Pergamena autentica, segnata sul dorso di mano antica: Carta de Mor-tedo » IPoch). ( SS ) Dei Sacerdotibus ex suis aliquict contulcrict rebus iusta Auctoris uocem in hoc seculo cenctuplum accipiet, et quod melius est in fucturo uictam possidebict eternam. Ideoque nos quibus supra genitores et filio uobis quibus supra presbiteris uestrisque successoribus post meum qui supra Godoni decessum donamus et offerimus in sumctu et subsidiu ue-strorum pro animabus nostras uel parenctum nostrorum mercedem. hoc est massaricio uno cum omnibus rebus act se perctinentibus iuris nostro qui positus est in loco et fundo Belenia sicut actenus rectum et laboractum fuit per.......Massario. precter ancteponimus sorcticel- lam unam quam acquisiuimus de Ademario quam in nostra reserua-mus poctestate. nam aliis rebus omnibus act suprascripto Massaricio per-ctinenctibus cum casis uineis castanectis pomectis siluis campis et pascuis una cum accessione et ingresso uel exicto suo. seu cum superioribus et inferioribus suis in integrum, ab hac die uobis qui supra presbiteri uestrisque successoribus donamus et per-hanc cartulam offersionis habendum confirmamus, faciendum exinde sicut dixi et post meum qui supra godoni decessum uos et successoribus uestris in sumetum et subsidium uestrum quicquit uoluerictis sine omni nostra et heredum nostrorum comptradictione pro animabus nostris mercedem. Icta uct non habeatis poctestactem ipsa res act quempiam hominem alienare, et si Episcopus 'uius loci res ipsa uobis ctollere quesierit ctunc ipsa res in nostra uel propincorum nostrorum reuerctatur poctestacte. quia sic in omnibus nostra decreuict ofersio. quidem et spondimus atque promittimus nos qui supra genictores et filio una cum nostros heredes uobis quibus supra Ambrosius et Petrus presbiteri uestrisque successoribus suprascripto Massaricio et rebus qualicter superius legitur in inctegrum ab omni homine defensare, qui si defendere non potueximus auct si uobis exinde aliquit per couis ingenium subetraere queseirimus. excepto usufructuaria quod ego Godo diebus uicte mee abere debeo, ctunc in dubium in dictis rebus uobis restictuamus sicut pro ctempore fuerinct melioractis auct ualuerinct sub estimacione in consimili loco, et nec nobis licead ullo ctempore nolle quod uolumus. set quod a nobis semel factum uel conscribctum est sub iusiurandum inuiolabilicter ut supra legitur conseruare promictimus cum stipulacione subnixa, hanc enim cartula ofersionis paginam Peetri Notario et Judici Sacri Palacii ctradi-dimus et scribere rogauimus. in qua subter confirmauimus ctestibusque obctulimus roborandum. Actum in Ciuitacte Janua feliciter. f Signum m. manus eidem Ildeze qui hanc carctula ofersionis fieri ro-gauict. et ei relecta est. t Godo in ac cartula ofersionis a me facta subscripsi et consensi ut supra, f Hambortus in ac cartula ofersionis a me facta subscripsi. Signum m. m. m. manibus Broningi et Johannis et ictem Jolmiini seu Andrei omnes leges uiuenctes Romana etestes. Ego qui supra Pectrus noctarius et Judex Sacri Palacii Scribctor uius cartule ofersionis post ctradicta compleui et dedi (’). DOCUMENTO XXXIV. Permuta di terreni vignati, in Carignano, conclusaidall’ Abbate di santo Stefano con Gottifredo del qm. Andrea e Teodeberga del qm. Tommaso giugali. 1000, maggio (Carte Genovesi, num. 59) In nomine domini Dei et Saluactoris nostri Jesu Christi. ctercio Octcto gratia Dei Imperactor Augustus, anno Inperii eius Deo propicio quarcto. mense madius. Indicione ctercia decima. Commutacio bone Fidei nosictur ese contractum uct uice emcionis opctinead firmictatem eo-demque necxum oblicat contraenctes. placuit ita que bona conuenit uolunctate inter Dominus Azo abas monasterio Sancti Stefani martiri Christi quod es construfcto furis anc urbem Janua iusta uia que pergit a porta superanna nec non et inter Gotefredus filius quondam Andrei et tetberga ingalibus filia quondam Thomas, que professa erat ipsa tetberga ex nacione sua lege uiuere Lungobardorum sed prò ipso uiro (>) Questo documento fu già pubblicato dal eh. Pietro Datta nel voi. I Chartarum dei Monumenta Historiae Patriae (num. CXC11, col. 324), ma assegnalo al 999, nell’aprile del quale non correva ancora la XIII indizione, ma continuava la XII. Che se nell’ atto si nota eziandio l’anno IV dell’ Impero di Ottone, questo risponde benissimo ai primi cinque mesi del 1000, essendo che l’incoronazione di quell’ Augusto era avvenuta in Roma il di 21 maggio del 986. Ciò anzi è tanto vero, che il Muratori (Annali, an. 1000) citando un diploma dato da ■esso Ottone a favore di Odelrico vescovo di Cremona V iclus mai anno . . . millesimo indictione XIII anno tercil Ottonis... Imperii V, soggiunge : « Ha da essere IV ». Oltre poi a questo scambio di date, abbiamo pure un’altra ragione che ci spinge a ripubblicare siffatta carta; ed è la originalità della sua lezione, che il Datta ha stimato dover sostituire da una meno barbara si, ma che per ciò precisamente non ce ne rende più intera la fisionomia. Infine il Datta ha creduto che si potessero riempiere tutti i vani che 1’ umidore in ispecie avea prodotti nella pergamena; ma noi dopo di averla attentamente confrontata sia colla trascrizione fattane dal Poch e sia con la edizione del Datta medesimo, ne lasciammo tuttavia sussistere alcuni. • suo lege uiuere uideor Romana, ipso namque Jugale et mundoaldo .suo eidem tetberge consenciente et subter confirmante, et iusta eadem legem in qua nata erat una cum noticia de propinquioribus parentibus suis cui superius semine, it sunt Gisulfus subdiaconus et Razo filius quondam Johanni et Ansaldus filius Gotefredi propinquioribus parentibus suis in eorum presencia uel testis.........certa fecit professione quod nullam eam pati uiolenciam ad quempiam ominem nec ab ipso Jugale et mundoaldo suo nixi sua bona et spontanea uoluntate ut in Dei nomine debeant dare sicut et a presenti dederunt ac tradiderunt uicisim sibi unus alteri per as paginas comutacionis nomine. In primis dedit ipse Dominus Azo Abas eidem Goctefredi et Ctetberga iugalibus causa, comutacionis nomine, it sunt pecias quatuor de terra cum uinea et alios arbores fructiferos infra se abentes iuris ian dictis Monesterii Sancti Stefani quibus sunt positis in loco et fundo Caleniano. prima pecia de cterra est pro mensura iusta da una parete percticas sex. de alia parete percticas octo et pedes sex. de ctercia parte percticas ctres. de quarcta parete percticas decem et pedes sex. coerict ei de ctres parctes cterra de predictis iugalibus. de quarcta cterra ... de Cteodesia et Fosacto. Secunda pecia de cterra cum uinea et alios arbores infra se abencte est pro mensura iusta da una parete percticas duodecim, de alia parete percticas duas, de ctercia parete percticas decem et pedes sex. de quarcta parete percticas una. coerict ei de ctres parctibus cterra de ian dictis iugalibus. de quarcta parete cterra de eredex quondam Euerardi. ctercia pecia de cterra cum uinea et alios arbores infra se abente est pro mensura iusta da una parete percticas nouem. de alia parete percticas similiter nouem. de ctercia parete perctica una et pedes sex. de quarcta perctica una et pedex duos, coerict ei de una parete cterra de Eredex quondam Octbercti filii quondam Ansaldi. de alia parete cterra de Eredex quondam Euerardi. de duabus parctibus cterra de prefactis iugalibus. et sunt ipsas pecias de cterra a percticas de pedex duodecim a pedex Domni Liuprandi Rex. quarta pecia de cterra cum uinea infra se abente est pro mensura iusta ctabulas legictimas sex et media, coerict ei de una parte cterra Pectroni. de alia parete cterra de predicto Octbercto. de duabus parctibus cterra de iam dictis Jugalibus, quidem et ad uicem recipiet ipse Dominus Azo Abas a parete ipsius Monesterii Sancti Stefani marctiris Christi ab eumdem Goctefredus et Ctetberga iugalibus in causa comuctacionis nomine melioracta rex sicuct lex abet. hoc est pecia una de cterra cum uinea et alios arbores et oliueetis infra se abencte iuris ipsius Jugalibus que posita est in suprascripto loco Caleniano. et est ipsa pecia de cterra pro mensura iusta da una parete percticas decem, de alia parete percticas uigincti et quatuor et pedex duos, de ctercia ( 58 ) parete percticas septeni de quarcta parete percticas tres, a perticas de pedex duodecim a pedex Domili Liuprandi Rex. coerict ei de una parete cterra de Eredex quondam predicti Octobercti. de alia parete terra de Eredex quondam predicti Euerardi. de tercia parete cterra de ipsi Monasterii Sancti Stefani, de quarta parete predicta pecia de cterra quas ipse Domnus Azo Abas dedict ad iam dictis Jugalibus in causa comutacionis nomine, sibeque alii sunt ab omnia in is omnibus eoerentes. et denique ian dictis. . rebus in eodem loco et fundo Caleniano superius nominatis uel comutatis una cum accessionibus et ingressoras earum seu cum superioribus et inferioribus earum rerum et qualiter superius mensura et coe-rencias legitur in integrum uicissim sibi unus alteri per as paginas comutacionis nomine dederunt, facientes exinde unus qu . . . . dem quos receperunt suprascriptam ipsi quamque et supeessores uel eredex eidem Got-tefredi et etberga iugalibus legaliter iure proprietario nomine quicquid uoluerint aut prouiderint sine omni uni alterius contradicione. spoponderunt se ipsi conxuttatores de suprascriptis rebus quas ab inuicem comuttacionis nomine dederunt ipsi et supeessorex uel Eredex eidem Gottefredi et Hetberga iugalibus ab omni omine defensare quidem et ut ordo legis deposit. et ad anc prouidendum eomutacio nomine accesserunt super ipsis rebus ap . . uidendum. itt sunt Bruningo qui boso presbiter de ordine Sancte Januensis Ecclesie et misus Domni Johanni Episcopus eidem sedis pariter cum Albertus Monahus et misus Domni Azoni Abas et pars ipsius monesterii una cum bonos omines estimatores. it sunt Johannes Judici et Gottefredus et Eribertus Germi... li quondam Johanni. quibus omnibus extimantibus comparuit e......et extimauerunt quod meliorata causu si per et ipse Domnus Azo abas a parte ipsius monesterii Sancti Stefani quam dare et legibus posit comutacio et fieri poset de quibus et penas inter se posuerunt ut qui supra ex ipsis aut successores uel Eredex eidem Gottefredi et Hetberga Jugalibus sed de anc comuta-cione remouere quesierint et non permanserint in ea omnia qualiter superius legittur uel si ab unum quemque ominem qui supra eos dederunt in integrum non defensauerint conponat pars parti fidem ser-uanti pena dublis ipsis rebus sicut prò tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, et nec.....iugalibus licead ullo tempore nolle quod uoluissent. set quod ab eox semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare jjromiserunt con stipulacene subnixa, unde duo carte comutacione uno tinore scripta sunt. Actum iusta Janua feliciter. Signum m. m. manibus suprascriptorum Gottefredus et Hetberga Jugalibus qui anc cartulam comutacionis fieri rogauerunt. et ipse Got- ( 59 ) teiredus eidem conius su» ab omnia suprascripta consensi ut supra. et eox relecta est. Gisulfus subdiaconus non inpcdiente meis rebus qui eadem parentem meam Tetberga interogaui ut supra. 1 Razo qui eadem cteberga parente mea interogauit ut supra. Ansaldo qui eadem Heberga parente mea interogaui ut supra. Johannis Judex acesi super isis rebus est . . . iui ut supra. f go - Tefredo (sic) acesi super isis rebus estimaui ut supra. Signum m. manus suprascripto Eribertus qui accesit super ipsis rebus et estimaui ut supra. Signum m. m. manibus Bonito et Johannis ambo lege uiuentes Romana testes. Razo Judex rogatus subscripsi. Marinus rogatus subscripsi ..............Gotefredus rogatus subscripsi. t Eriberto rogatus subscripsi. Ego Silueradus noctarius scripctor huius 'cartula comutacionis post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO XXXV. « L’anno quinto di Ottone III imperatore, Indizione XIV, Gotifredo qm. Petri Judicis de lege romana donò a sua figlia terre a Locoli e a Sesto, come in cartina appresso di me, nella quale vi è testimonio Ingelfredus Vicecomitix ». A. 1001 0 (Federici, Collettanee mss. dell’Arch. Gov., voi. I, ad ann. 988) DOCUMENTO XXXVI. Placito tenuto in Pavia da Ottone Conte del Sacro Palazzo, con intervento del vescovo Johannes Januenxts. 1004, 14 ottobre (Ved. Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XIV, p. 125) («) « Pergamena autentica » (Poch). (’) Prima però del 24 settembre, nel qual giorno cominciava l’indizione XV. ( «0 ) DOCUMENTO XXXVII. Donazione dì terra in Cami>odonico, nella Valle di Bisagno, fatta al Monastero di santo Stefano da Godone ed Ildeza giugali. 1003, marzo (Carte Genovesi, num. 63) In nomine Domini dei et saluatori nostri Jhesu Christi. regnante Donno nostro Ardoinno in Italia anno secundo, mense marcio, indicione prima. Monesterio Sancti Stefani sitto non multum longe a ciuitate Jenua set prope.............Ego godo filius quondam Lamberti et Ildeza Jugalibus, et ipse uir meus mihi consenciente et subter confirmante, qui professi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere Romana, offertores et donatores ipsius monesterii. propterea dixi quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis ex suis aliquit contulerit rebus iusta autori uocem in oc seculo centuplum, insuper et cot melius es et uitam possidebit eternam. et ego qui supra iugalibus offerctores et donactores ipsius monesterii donamus et offerimus et per presencte cartula offersionis ibidem abendum confirmamus, hac est pecia una de cterra iuris nostra proprietaria qui posita est non multum longe a ciuitate Janua in ualle Vesano in loco ubi dicitur campodonico. coerit eidem ipsa pecia de terra da una parte terra de eredes quondam Oberti Yicecomitis et de miesi. de alia parte terra gezoni Diaconus, de tercia parte fluuio Yesano. de quarta parte usque in monte, et es per mensuras iusta desuper totum in circuitu perticas octuaginta et quatuor. a perticas de pede duodecim a pede Donni Liuprandi Rex. Infra iam dictas coerencias et mensura omnia plenum et uacuum ex integrum una cum exito suo ab ac die in eodem monesterii Sancti Stefani donamus et offerimus et per presente cartula offersionis ibidem abendum confirmamus, facjendum exinde a presenti die in eodem monesterio Sancti Stefani iure proprietario nomine quiquit uoluerint per anime nostre mercedem sine onni nostra et eredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus adque promittimus nos qui supra iugalibus una cum nostrorum heredum a pàrte ipsius monesterii et Abas uel monahis qui ibidem Deo deseruierint suprascripta pecia de terra qualiter superius mensura et coherencias legitur et est comprehensas in integrum ab omni omine defensare, qui se defendere non potuerimus tunc in duplum in eadem monesterio uobis restituamus aut ualuerit sub hestimaciones in consimiles locas, et nec nobis ( 61 ) licead ullo tempore nolle quoti uoluiset. quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promittimus cum stipulacione subnixa, anc enim cartula offersionis me pagina Er-menbertus notarius tradi et scribere rogauimus. in qua subter con fi r-mauimus testibusque obtulimus roborandum. Actum in Ciuitate Janua feliciter ('). DOCUMENTO XXXVIII. llerto del qm. leeone, ed Amelberga giugali vendono a Giovanni del qra. Restano la metà dei livelli che hanno nel luogo di Cesino in Polcevera. 1003, marzo ( Carte Genovesi, num. 64 ) t In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Regnante donno nostro Ardoinus in Italia anno secundo, mense marcius. indicione Prima. Manifesti sumus nos Bertus qui et Albertus filius quondam Leoni et Amelberga iugalibus nos quidem in presencia testium accepimus et accepi ad te Johannes qui et Bonotìlio filius quondam Restani Argentum Denarios Bonos solidos septem tantum utilitatibus nostris peragendum, unde pro isto precio quod accepimus ad te uindedimus tradimus adque refudauimus tibi qui supra Johannes hoc est nostra porcione quod est quarta partem de onnibus rebus libellariis que nobis pertinent de sorte Costantini seu ex nostra porcione. quod est medietas de omnibus rebus similiter libellariis que nobis pertinent de sorte Langasina. qui positi sunt in loco et fundo Cisino uel in eorum territoriis, et fines decernitur de uno latere fine Fosato qui diuidit de in terra sancti Siri et sancti Agustini. et de alio latere fine similiter Fosato de ribariobarli. de superiore capite fine Suma Costa, de subteriore capite Flumen Juuentina. Infra iam dictas fines it sunt uineis castanetis pometis roboretis salectis siluis campis et pascuis omnia ex omnibus plenum et uacuum (*) « Pergamena autentica, in cui mancano le soscrizioni, perchè vi hanno tagliato la porzione inferiore; segnata sul dorso di mano antica: De lussane; di recente: iV.» 36. Donazione di torà vicino al Bisagno, fatta al monastero di santo Stefano da dealdo figlio di Lamberto e d'Ildezza V anno secondo dcl-l'Impero d' Arnolfo. 11 medesimo si legge nell'indice dell’Archivio, e si soggiunge l’anno 803 » (Poch). ( M ) ex integrum quantum nobis pertinent de suprascriptes sortes et nobis ouenerunt pro cartula comparacionis de Restilda una cum esito suo. ut a presenti die suprascriptis omnibus rebus sicut superius legitur in tua qui supra Johannis uel in heredibus tuis aut cui tu dederis uel abere statueris, et faciendi quodcumque uolueritis. salua quidem luminaria sancta Ecclesia cuius est proprietas, et liceat uos exinde libellum petire ad nomem uestrum uel cuicumque uolueritis. et si Heri quod non credimus nos qui supra Jugalibus si unquam in tempore nos uel nostris eredibus auersus te qui supra Johannes uel aduersus tuisque eredibus de infrascriptes sortes de omnibus rebus agere aut causare que-xierimus uel ab omni omine defensare non potuerimus preter de Ecclesia cuius est proprietas, tunc spondimus nos qui supra Bertus et Amelberga Jugalibus uel nostris eredibus componere tibi qui supra Johannes uel ad eredibus tuis pena infrascriptes sortes de omnibus rebus sicut superius legitur uel esitis earum in dubio comodo in tempore fuerint melioratis, quam uero cartula uindicionis nostre Gumpertus notarius scribendum rogauimus. in qua subter confirmans testi-busque obtulimus roborandum. Actum in suprascripto loco Cisini feliciter. Signum m. m. manibus Bertus et Amelberga infrascriptis iugalibus qui anc cartula uindicionis fieri rogauerunt. Signum m. m. m. m. manibus Marinus et Morco et Johannes et Bono-filio rogati testis. t Adelbertus rogatus subscripsi. Ego qui supra gumpertus notarius scripsi et subscripsi compleui et dedit ('). DOCUMENTO XXXIX. Altra e più ampia donazione di beni fatta da Stefano del qm. Giovanni ai suoi «gli (*)• IWM. febbraio (Pergamena dell'Ardi. Gov., Abbazia di san Siro, pazzo I) f In nomine domini dei et saluatori nostri Jesu Cristi, regnante donno nostro ardoinus in italia anno secundo, mense februarius, indicione (') « Pergamena autentica segnata sul dorso, di mano antica: de Cixino ; recente: 1«XM, A'.0 3. Ardoinus rex.....Presso il Sig. Aurelio Piaggio » tPoch). (’) Ved. Docum. XIX, p. 34. ( 63 ) secunda, dilectissimi nobis semper martinus et andreas et petrus germani carnale filii mei. ego quidem stefanus filius quondam Johanni ge-nictor et donactor seu et benefactor uestris. propterea disi illa est donacionis titulo iuris firmisime que bona et spontanee uoluntatis mee in-terueniunt. et ideo «go qui supra stefanus genictor et donator do trado confero seu. et benefactor uestris do dono cedo trado confero.....(') donacionis in uos qui supra germani carnale filii mei abendum confirmo, hoc sunt casis et omnibus rebus meis propriettariis et libellariis quas abere uiso sum in locas ct fundas iuuo et in montanici. et in ricao et in ladenna (?). et in campo ursoni, et in cellan. et in alpexella. et per aliis cectcris locis ubicumque porcione uel sorcte inuenctis fuerinct. antepositis rebus illis in loco uerroni. nam de aliis rebus ctam casis uineis castanectis pomectis roborectis salectis siluis practis campis et pascuis omnia ex omnibus plenum et uacuum ex integrum sicut supra' legitur, una cum esitis earum, preter de quod supra antepositis suprascripto loco uerroni. seu et dono ego qui supra stefanus uobis qui supra martinus et andreas et petrus germani carnale filii mei omnia ctocta mea quam abere uiso sum. itt sunt drapis laneis et lineis. . ......et uascules et bestiis uel alia mobilia omnia ex omnia ctoctas In Integrum. et dum ego qui supra Stefano auixero omnibus suprascriptis casis et rebus et suprascripta mobilia in mea sict poctestactem usu-fructuandi non alienandi, post meum decessum omnibus suprascriptis casis et rebus et suprascripta mobilia in uestra qui supra martinus et andreas et pectrus germani filii mei uel in eredibus uestris deuenianct poctestacte. faciendi totum quod uolueritis de rebus libellariis. salua quidem luminaria sancta eclesia cuius est proprietas, et liceaet uos exinde libellum petire ad nomen uestrum uel cuicumque uolueritis. et si forsitan ego qui supra stefanus uel meos heredes qui contra anc cartula donacionis agere auct causare uel corumperc uoluerimus uel ab omni omine defensare non poctuerimus de rebus libellariis. precter de eclesia cuius est proprietas, ctunc Spondeo me ego qui supra stefanus uel meos eredes componere uobis qui supra germanis uel act eredibus uestris pena suprascriptis casis et omnibus rebus et suprascripta mobilia sicut supra legitur in dubium comodo in ctempore fuerinct melioratis. quam uero cartulam donacionis nostre . . . pectrus noctarius scribendum rogaui. Iu qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. actum in loco monetanici feliciter. Signum m. manus suprascripto stefanus qui anc cartula donacionis fieri rogauict. I1) Qui la pergamena è lacerala. ( 64 ) Signum m. m. m. m. m. manibus martinus et ermefrcdus et Ingizo et sigeprandus et ictem martinus rogatis testes. t Ego qui supra pectrus noctarius scripsi et subscripsi compleui et dedi ( ). DOCUMENTO XL. Giovanni, detto anche Buontiglio, ed Alberto d«*l qm. Martino acquistano beni nel luogo di Cesino in Polcevera. 1004, marzo (Pergamena dell'Ardi. Gov., Abbazia di S. Siro, mazzo I) f In nomine domini dei.............ardoinus in ictalia anno tercio. mense marcio.........manifesti sumus nos michele filius quondam 1 .... et alberti.....Martinus et roza mater et filia nos quidem per presen...........accepisemus et accepimus ad uos Johannes qui et bonofilio filius quondam restani......albertus filius quondam martini argentum denan'os......cum utilitatibus nostris peragendum .... ad uos uindedimus tradimus..........tur. hoc sunt casis et omnibus rebus nostris libellariis que.......langasino. locus ibi dicitur cisini. uel in eius territorio...............hic decernitur, da uno latere fine costa .... de ak'o late re fine fosato qui diuidit de in terra sancti siri et sancti agustini. de superiore capicte fine sum.......fine flum......in s . . . . . castanetis pometis roboretis.....siluis pratis......omnia et ex omnibus plenum et uacuum.......quiquit......tas fines pro condicione per qualem- « • cumque ingenium una......ut a presencti die suprascriptis casis et omnibus rebus sicut superius legitur.....qui supra iohannes et albertus uel in eredibus uestris aut cui uos dederitis . . . statueritis faciendum quodcumque uobis.....excepta luminaria sancta eclesia cuius est proprietas, et liceat uos exinde libellum petire ad nomen uestrum uel cuiuscumque uolueritis. et si fieret quod non credimus nos qui supra mater et filii et filia et michele si unquam in tempore nos uel nostris eredibus (') Sul dorso della pergamena, di mano del secolo XVII, si legge: « 1004. In tempo di Ardoino Re. Carta di offerta fatta al Monastero di san Siro ubi dicitur de iuuo ». ( 65 ) auerffus uos qui supra alberctus et iohannes uel aduersus uestris eredibus de snprascriptis casis et omnibus rebus sicut superius legitur agere aut causare quexierimus uel ab omni omine defensare non poctueri-mus preter de eclesia cuius est proprietas, ctunc spondimus uos qui supra alberto et iohanni........martinus et macter et filii et filia et michele uel nostris eredibus componere uobis qui supra iohannes et albertus uel ad eredibus uestris pena suprascriptis casis et rebus sicut superius legitur uel esitus earum in dubium comodo in tempore fuerint melioratis auct ualuerinct sub estimacione in consimile loco, quam uero carctula uindicionis nostre gumperctus scriben(fom rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obctulimus roborandum, actum in plebe sancti Stefani feliciter. Signum m. m. m. m. m. manibus........et iohannes et martinus et roza mater et filii et filia . . . michele qui anc carctula uindicionis fieri rogauerunt. Signum m. m. m. m. m. manibus bernardus et rapertus et iohannes et.....zo . . . Ingo rogatis testes Signum m. m. m. m. m. manibus......mar .... pater et filio et iohannes et ictem iohannes et martinus rogati testes. t Ego qui supra gumperctus noctarius scripsi et subscripsi compleui et dedi (’). DOCUMENTO XLI. Godone prete vende ad Andrei del qm. Giorgio tina terra con vigna ed alberi nel luogo di Mortedo. Anno 1004? (Carte Genovesi, num. 258) In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Eginricus Gratia dei Rex. anno regni eius Deo propicio hic in Italia........ Constat me Godo presbiter filius Andrei, et ipso genitori meo mihi consentiente. qui professo sum ex nacione mea lege uiuere Romana. accepissem sicuti et in p.........andrca filius quondam Georgii Argentum denarios bonos Papienses solidos triginta finit.......de (*) Questa pergamena è lacerata in più parti, ed in altre consunta dall umidore; onde, per riempierne non poche lacune, ci siamo specialmente giovati dell’atto consimile, riferito più sopra al num. XXXVI11, p. 61. "Sul dorso, di mano del secolo XVI, si legge: De Ciucino, n." 10. Arduinus. 1005. li quindi, della stessa mano: 1005. IC/ì'ctti di S. Siro posti in Sesino. ( 66 ) terra cum uinea et arbores fructiferos inibì abente..........firopc ciuitate Janua, locus ubi dicitur Mortedo. et ipsa pecia de........ .........uinea et arbores........mensura iusta de una parte perticas decem, de alia parte perticas similiter decem, de . . . . perticas una. de quarta parte perticas duas, a perticas de pedes duodecim a pedes Domni Liprandi ........ipsa pecia de terra cum uinea et arbores inibi abente de una parte fossato........de aliis duabus partibus terram ipsius Andrea, sibeque alii sunt ab omnia coeventes........ .......rebus qui supra Godoni presbitero infra ian dictas coerencias inuenta fuerint quam ut sup .... cartam uindicionis et pro eodem precio in tua qui* supra Andrea uel in Eredibus tuis aut cui tu dederis proprietario iure. que autem suprascripta pecia de terra cum uinea et arboribus supradicta una cum accesso suo seu cum supèrioribus suis et qualiter superius legitur ab ac die tibi qui supra Andre......do trado et mancipo nuli alii uendita donata alienata obnosiata uel . . . . .....exinde a presenti die tu et heredibus tuis aut cui tu dederis uel abere statueris.......quiquit uolueritis sine omni mea uel heredum meorum contradicione. quidem espondeo......Godo presbiter una cum meos heredibus tibi qui supra Andrea tuisque heredibus suprascripta pecia de terra cum.....qualiter superius mensura et coerencias legitur est comprehensa In Integrum ab omni homine defensare non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenium subtrahere quesierimus. tunc in dubium ut supra legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit in consimile loco, et nec michi liceat ullo tempore nolle quod uolui. set quod at me semel factum.... sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promito cum stipulacione subnixa, et nichil mihi .......se aliquit redeberis. dissi, actum in Ciuitate Janua feliciter. .......in hanc cartula uindicionis a me facta subscripsi et suprascripto argento accepit. .......... qui eadem cartula confirmanda manu mea subscripsi. ........o qui eadem cartula confirmanda manus mea subscripsi. .......^do qui eadem cartula confirmanda subscripsi. .....Andrea qui a suprascriptis filis mei consensi ut supra. Signum m. m. m. m. manibus Ingezoni et Johannes seu Marinus et Lanfraeo omnes lege uiuentes Romana testes. Vuaraco Judex rogatus subscripsi. Ego Johannes notarius scriptor huius cartula uindicionis post tradita compleui et dedi ('). (M « Pergamena autentica. Sul dorso, di mano antica: In Burgo Crvcifc-rorum » ( Poch). ( «7 ) DOCUMENTO XLIf. Armanno del qm. Angelberto vende una sua schiava, di nome Erchentruda, a Benedetto del qm. Giovanni e Benedetta giugali.pel prezzo di 18 denari di buono argento. 1005, 9 luglio (Carte Genovesi, riunì. 65) In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Henrigo gratia dei Rex. anno Regni eius deo propicio secundo, nono die mensis iulii. Indicione tercia. Constat me Armano filius quondam Angelberti qui professo sum ex nacione mea legem uiuere Salicha accepissem sicuti et in presencia testium accepi at uos Benedictus filius quondam Johanni et Benedicta iugalibus filia quondam Benedicti Argentum Denarios bonos solidos decem et hocto finitum precium pro Ancilla una iuris mei nomine Erkentruda sibe con ipsa alio nomen nucupante nacione ei Burgundie de quo agitur, non fura non fugitiua ncque cadiua. set mente et corpore sana ipsa esse dico, que autem infrascripta Erkentruda Ancilla iuris mea supra dicta ab hac die uobis qui supra Benedicto et Benedicta iugalibus pro suprascripto argento uendo trado et mancipo.... insuper per cultellum fistucum notatum uuantonem et uuasonem terre atque ramum arboris uobis exinde legitimam facio tradicionem et ... . uestituram. et me exinde foris expuli uarpiui et absa sito feci et uobis........ exinde a presenti...........proprietario nomem quicquit..... . . . etis sine omni................et heredum ac prolieredum ............repeticione. si quis uero quod futurum esse non . . . . ■..........si ego ipse Armanno quod absit aut.........hac proheredibus meis seu quislibet.................contra hanc cartulam uindicionis ire quandoque temptauerit multa quod est pena auro optimo uncea una argenti ponderis duas........et a me qui supra Armanno .... mei.......Benedicto et Benedicta iugalibus uestrisque heredibus dederitis uel abere statueritis ista Erkentruda Ancilla qualiter superius legitur et est comprehensa siue Agnacio si abueris in integrum ali omni sint defen.......et Bergamena cum Atramentario de terra eleuaui me paginam......Actum in Burgo Naboli feliciter. Signum m. manus suprascripto Ermanni qui hanc cartulam fieri rogauit ct infrascripto argonto accepi, relecta est. Signum m. m. manibus Constane» filii quondam .... marii et Bernardi filii quondam Rodulfi ambo lege uiuentes Salicha testes. Signum m. m. m. manibus Johanni filii quondam......ni et Ro- baldi filii quondam Michaeli seu Johanni filius quondam Andree testes. Ego qui supra Johannes notarius Sacri Palacii scriptor huius cartule uendicionis post tradita compleui 'et dedi ('). DOCUMENTO XL1II. Donazione di terra in Uarsaneto fatta da Melemberga figlia del qm. Andrea e moglie di lldoino al monastero di santo Stefano. 1005, settembre (Pergamena dell’Arch. Gov.; Carte Genovesi, num. 66) f In nomine domini. Hanno Incarnacione Domini nostri Jhesus Christi Mileximo quinto, mense setember. Indicione quarta. Monesterio Sancti Stefani primo martires sito loco Januensis. Ego Melenberga filia quondam Andrei et est uxor Ildoini qui professo sum ex nacione mea lege uiuere Romana et infrascripta eadem lege suprascripto uiro meo mihi consenciente et subscribente. propterea dixi quisquis monisterio Sancti Stefani ac ue-nerabilis locis aliquit contulerit rebus iusta autori uocem oc seculo centuplum acipiad. insuper quod melius est uita posidebit eterna, ideoque ego qui supra Melemberga donamus ofercionis in eaden monesterio Sancti Stefani Eriberto Abas per mercedem anima mea. oc est pecia una de terra cum uinea et castaneto et ficeto et.....arboribus fructiferis proprietariis meis quas habere uisa sum meipsum finita Januensis in locus qui nominatur Garsanedo. coerit ei ab una suprascripta terra cum uinea et castaneto et aliis arboribus super sé abente. de duobus partibus* fine terra Sancti Stefani, de superiore capite es trauerso fine Fosado. Infra suprascripte coherencie plenum et uacuum mea porcione omnia in integrum, antepoxita medietatem quam per cartulam a pastenacionis dacta habeo Johanni. sibique alii sunt coherentes dicendo, que autem suprascripta res in infrascripto loco garsanedo uinea supra dicta una cum acesionibus et ingressoras earum seu cum superioribus et inferioribus earum qualiter (') Questa pergamena era allogata nella Cantera 28dell’ Archivio Segreto della Repubblica (Poch). ( «9 ) supra mensuras et colierencias legitur in integrum ab ac die eadem monesterio Sancti Stefani donamus oferimus et per presente cartula ibidem habendum confirmamus pro anima mea mercedem. et nec mihi licead ullo tempore noie quod uoluit quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promipto con stipulacione subnixa, anc enim cartula ofercionis me Zangulfus notarius tradidit et scribere rogaui. in quam et subter confirmans testibusque otuli roborandum. Actum in montecello dicitur feliciter. Signum m. manus suprascripta Melenberga qui anc cartula ofercionis fieri rogaui ut supra, et ei relecta est. f Ilduino in anc cartula ofercionis ad uxor mea consensi. Signum m. m. m. manibus Martino et Petro et Andrea pater et filiis omnes lege uiuente romana testes. Signum m. m. manibus Johannes et item Johannes rogatis testes. Ego quiden Zangulfus notarius scriptor uius an cartula ofercionis post tradicta compleui et dedi. DOCUMENTO XL1V. Marino Giudice e Giovanni germani, colle loro mogli Gotiza e Doda, fanno donazione al monastero di santo Stefano di una pezza di terra sita in vicinanza della Chiesa di san Martino. 1006, marzo (Pergamena dell’Arch. Gov.; Carte Genovesi, num. 73) t In nomine Domini Dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. regnante Donno nostro Inricus in Italia ano tercio. mense marcius. indicione quinta. Tibi Domnus Eribertus Abas monesterio Sancti Stefani proto Christi martiris sito froris (sic) anc urbem Janue nos Marinus Judex et Gotiza iugalibus et Joani germano eidem Marini et Doda iugalibus. et ipsi uiri......consencientes et subter confirmantes, ofertores et donatores tuis, propterea diximus. ... ille sunt donacionis seu ofersionis titulo iuris firmissime que bona exspontaneam uoluntatis nostris interueniunt. et ideo nos qui supra iugalibus ofertores et donatores uestros donamus cedimus tradimus et per presentem cartam offersionis in uos uel in successoribus uestris abendum confirmamus in sunto uestris usus. et sunt quitquit uoluerint’ sicut subter legitur pro anime nostre mercedem. oc est ( 70 pecia una de terra que posita est prope Ecclesia Sancti Martini, coerit eidem predicta pecia de terra da una parte in longitudo uinea gotefredi. ab alio latere terra predicti monesterii. et es trauerso de subteriore capite Crosa. ab alio capite terra nostra qui supra iugalibus qui in nostra reseruamus potestatem, sibueque alii sunt coerentes. et est predicta pecia de terra per mensura iusta in longitudo ab uno latere perticas decem et octo, ab alio latere perticas uiginti. et ex trauerso da uno capite perticas quimque. de subteriore capite iusta crosa est per mensura iusta perticas tres, a perticas de pedes duodecim a pedes Doni Liuprandi rex. infra iam dictas mensuras uel coerencias omnia in integrum a presenti die in tua qui supra Eribertus Abas uel in tuis subcessoribus et ut par ipsius monesterii qui in eodem monisterio ordinati fuerint sit potestate, in susidium usu et suntu quitquit uoluerint sine omni nostris et eredum nostrorum contradicione. quidem espondimus atque promittimus nos qui supra iugalibus si unquam in tempore nos uel nostris eredibus atuersus te qui supra Eribertus Abas uel aduersus tuisque subcessoribus de predicta pecia de terra qualiter subperius legitur in integrum agere aut causare quesierimus uel ab omni omine defensare non potuerimus preter de Ecclesia cuius est propyetas. et liceat te exinde libelum petire at nomen tuum uel successoribus tuis, tunc spondimus nos qui supra iugalibus una cum ereridibus (sic) componere tibi qui supra Eribertus Abbas uel ad subcessoribus tuis pena dubla pecia de terra sicut supra legitur uel esito suo in dublo comodo in tempore fuerit melioratis, quam uero carta ofer-cionnis mee Georgius notarius scribendum rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Actum Janua feliciter. Signum m. m. manibus Gotiza et Doda qui in ac carta ofersionis fierit rogauerunt. t Marinus Judex in anc carta ofersionis a me facta subscripsi et a predicta uxor mea consensi. Johannes in anc carta ofersionis a me facta subscripsi et a predicta uxor mea consensi. Signum m. m. m. m. m. manibus Genoardo. Cunizoni. Johannes. Martino. Andrea testes. f Ego Georgius notarius notarius (sic) scripsi et subscripsi compleui et dedit. ( 71 ) DOCUMENTO XLV. Verbale di duello, non avvenuto, ma intimato fra Godone del qm. Lamberto avvocato del moilastero di santo Stefano ed Eldeprando tiglio di Adalguda, e da seguire nella Loggia dell’ Episcopio sotto la presidenza del Vescovo, per sostenere la verità della donazione fatta da essa Adalguda al citato monastero, e dal detto Eldeprando impugnata ('). 1006, 30 aprile (Yed. Atti della Società, voi. I, p. 222) DOCUMENTO XLVI. lOriberto abbate di santo Stefano dà in locazione due pezze di terra in Garsa-neto, a condizione che sieno pastinate di castagne domestiche. 1006, novembre (Pergamena dell’Ardi. Gov.; Carte Genovesi, num. 69) f In nomine Domini Dei et^Saluatoris nostri Jkesus Christi. Emricus gratia Dei Rex. anno regni eius Deo propicio ic in Italia tercio. mense nouember. Indicione quinta. Placuit atque bona uoluntatem conuenit inter Domnus Eribertus Aba monesterio Sancti Stefani proto Christi martiri sito prope ciuitatis Janua iuste uia publica que pergit at porta superiana nec non et inter Martinus qui et Bruningus filius quondam Leoni et Johannes et item Jhoannes filii quondam Luniuerti ut in Dei nomine debeat dare ut et a presenti dedit ipse Eribertus Aba eidem Martini una medietatem et predictis germanis alia medietate uel at illorum eredibus, oc est pecias duas iuris ipsius monesterii que posite sunt in ualle Pulcifera locus ubi dicitur Garsaneto ubi noncupatur campora et Fontanei, et cui coerit a prima pecia de Campore da omnes partes terra ipsius monesterii. a secunda pecia de terra in predicto loco fontanele. cui coerit da una parte terra indonicata ipsius monesterii. de alia parte libellaria eidem Martini et Germani, de superiore capite Pedemonte agro.5 de subteriore........fosato. sibeque alii sunt ab omnia coeren.......pecias de terra pro mensura insta in ciré . . . (I) VPd.. Docum. XXIV, p. 41. ( 72 ) .... super totum perticas ducentum a perticas de pedes duodecim a pedex Domni Liuprandi Rex. infra iam dictas mensuras et coerencias omnia ex integra sponderunt se suprascriptis Martinus et Germani uel illorum eredibus ian dictas pecias de terra omnia ex integra pa-stenare de castaneas et . . . aliare uel excolere et inserire de castaneas domesticas ubi oportunum usque at decem ani expleti, et rendere debeant exinde per unumquemque anno de castaneas que ibidem colecta fuerit medietatem et argentum Denarios bonos duos, dati et consignati ipsi denarii at eodem monisterio et ipsas castaneas in super locum Garsaneto presen......Martinus et Germanis eidem Eriberti Aba uel successores......(,). DOCUMENTO XLVII. Donazione di beni siti in Albaro e Langasco, fatta da Opizo e Buonvassallo al monastero di santo Stefano; e più altra donazione fatta dagli stessi a Gandolfo figlio di Guglielmo, oltre sostituzione nei varii casi in questo atto medesimo contemplati. 1019 (?) maggio (Carte"Genovesi, num. 261) Carta offersionis quam fecit Opizo et Bonusuasallo a monasterio Sancti Stefani de omnibus rebus nostri in Albario. coerit ei de una parte uia que dicitur .... fosato de t ... de Eredes quondam Leoni, de quarta Costa et uia. et Opizo solum fecit similiter offersionis ad ipso monasterio de manso uno a Langasco ubi dicitur Sanctus Stefanus. qui fuit .... uel in eius pertinenciis. omnia......ex parte ipso rustico et omnia sua et a monasterio Sancto Andrea, pecia una de terra in Pelio ubi dicitur Moitola a mansione et uinea. de una Martinus Calcegursio. de alia uia de terra Johannis. de alia Bruningus et suis consortibus...... Et Opizo et Bonusuasallo fecerunt donacionem a Gandulfo Infantulo filio Wilielmi de casis et omnibus rebus et mobilibus que...... peruenerunt predictus quondam wilielmus propriis et libellariis. exepto Albario. et medio et omnia iniuriasca. Et aliter n ue supra se Infantulo infra quindecim anni uenerit a luce (?) uxore sibi copulauerit alt ... ad (') 11 resto è logorato dall’acqua. ( 73 ) licentia et potestate facere (?) cartula dotis et donacionis . . due mansora anima sua (?). et si mortuus fuerit infra eta sine lilio uel filia de legitinyj procreacione statim deueniant omnibus rebus in eas auctore a Bono-uasallo eredibus et aliis omnibus rebus nostris in Pelio et in camerli uel in eorum pertinendis ad Aldo Diaconus et Albertus et Mauro, aliis omnibus casis et rebus ueniat in potestate uulpe et filio et filia sua in tali tenore, si mortuus fuerit sine filio uel filia de legitima procreacione omnibus rebus que fuit quondam Perus Judici ueniant ad omnibus meis propinq......pertinet contracti ratione (?) da parte quondam ienitor meus et manso uno in Strupa et in Galianico ubi dicitur ca-pran . . omnibus suis pertinendis a Belone et Johannes Diaconus et a nepotibus suis et omnibus rebus que mihi pertinet ex parte genitrex mea Amelberta et Anglerio et Andrea et Anselm ... et omnibus casis et rebus que fuit quondam Leda cuniux mea ueniant ad omnes filii Bonusuasallo et firmana sua et filii wilielmi et filii totrada. Testes michael. Bruningo. Mauro. Ygolam. fr. . . . am ... in mense Madius. Indicione VII. coma ... na cadaplauma et mansione infra ciuitate Janua, ante mansione quondam deo te salue ('). DOCUMENTO XLVIII. Rufino prete acquista beni in Basaluzzo da Andrea del qm. Benzone. 1009, 21 agosto (Pergamena autentica dell’Archivio Governativo, Abbazia di San Siro, mazzo I; Carte Genovesi, num. 76) In nomine domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Enricus gratia dei Rex. anno Regni eius deo propicio ic in Italia sesto, duodecimo kalendas setember. Indicione octaua. Constad me Andreas filius quondam benzoni. qui profeso sum ex nacione mea legem uiuere Romana. acepisem sicuti in preseneia testium accepi ad te rufinus presbiter habitator in loco Basellieucia argentum accto predo denarios bonos solidos sexaginta finitum precium per meam porcionem et diuixionem.....erosis et omnibus rebtiis illis et de molendinum unum cum omnia ovdinacione (•) « Pergamena segnata sul dorso, come pnrmi, di mano antica: De Albario» ( Poch). C A. sua da macinare super se abente quod est edificato in fluuio Lemore iuris monesterio Sancti Saluatori ('). quam abere uiso sum in loco et fundo ba-selehucia et infra castro quamque et foris uel inneius (sic) territorio quitquit inniso (sic) loco et infra Castro quamque et foris uel inneius territorio abere uidetur in integrum . .. ditam est tam preditis casis et omnibus rebus tam sediminas et uineis pratis gerbi passcui siluis astelareis ripi rupinis a palutibus coultis et incoultis diuixi et indiuixis una cum fìnibus termiuibus . - . . . uendo ego qui supra Andrea tibi ian dito Rufini presbitero per anc cartulam uindicionis et prò eodem precio omne mobilia et bestiis in integrum et facias.....iusta consuetudine isius loci quitquit uolueritis. In suprascripto Loco. Basellieucia. feliciter. Signum .... manibus Joani et Angelberti seu Martini omnes Legem uiuentes Romana testes. Signum m. m. manibus Petri et Rufini testes. Ego Gisulfus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule uindicionis post tradita compleui ededi. DOCUMENTO XLIX. Il predetto Rutino fa donazione alio stesso Andrea, ed al di lui figlio Renzo, dei beni acquistati come sopra. 1009 , 22 agosto (Pergamena dell’Arch. Gov., loc. cit.; Carte Genovesi, num. 77) In nomine domini Dei et Saluatoris nostri Jliesu Christi. Enricus gratia Dei Rex. anno Regni eius Deo propicio ic in Italia sesto, undecimo kalendas setember. Indicione octaua. Ego Rufìnus presbiter qui profeso sum ex nacione mea legem uiuere Lamgobardorum. propterea disi uita et mors in manu Dei est. melius est enim omine metui mortis uiuere quam spe uiuendi morte subetanea preuenire. manifestum est mihi qui supra Rufini presbitero eo quod odie (!) uenundaui mihi Andres filius (*) Cioè del monastero di san Salvatore di Pavia, dal quale appunto- il luogo di Basaluzzo (Basillgutla ) dipendeva, per donazione fattagliene dall’ imperatrice Adelaide e confermata in vigore di diplomi di Ottone li del 982, di Ottone III del 1000, di re Ardoino del 1002, d'Arrigo II del 1014, e di Corrado il Salico del 1023 (Ved. Maro arinus , Bullar. Caxinen., voi. II, constit. 60, 08, 71 , 77, 82). (’) Veramente la vendita era seguita il giorno priiba. ( 75 ) quondam Benzoni pro carta uindicionis et prò aceto precio Argentum denarios bonos solidos sexaginta. nominatiue casis et omnibus rebus illis cum unam porcionem et diuisionem de molendinum unum cum omni ordi-nacione sua da macinare super se abente quod est edificata in fluuio Lemore que fuerit iuris monesterii Sancti Saluatori et abere uisus fui in loco et fundo Baselheucia et infra castro quamque et foris uel in eius territorio, pratis casis et omnibus rebus designatis, similiter uenumdaui mihi Andreas per anc cartam uindicionis et pro eodem precio omnem mobilia et bestiis que fui similiter iuris sui. ut a presenti die in meam ut ego dedise uel abere statuisse fuise potestatem abendum. et faciendum exinde quod uoluissem. modo uero considerante me dei onnipotentem misericordie et retribucione seu mercede anime mee ut nec omnia sicut supra legitur innordinatis relinquam, propterea prouidit ei ita ut ordinare et disponere ut omni tempore si firmis et stabile permanendum qualiter ic sut (') statuero et mea decreui uoluntas pro animea mea mercedem. ideoque uólo.et statuo seu indico adque pro ac carta ordinacionis mee confirmo ut abead ego ise Andreas diebus uite sue predictis casis et omnibus rebus cum iandito molendinum cum omni ordinacione sua da macinare super se abente seu predita mobilia et bestiis tantum utsufrotuario nomem quitquit uoluerint pro anima mea mercedem. post autem eidem Andrei decessum uolo et statuo seu iudico ut abead Rehenzo Infantulo filio suprascripto Andrei ianditis casis et omnibus rebus et predito molendinum cum ordinacione da macinare supra se abente seu predita mobilia et bestiis, et faciad exinde ise Rehenzo a presenti post eidem Andrei Genitor isius Rehenzoni decessum iusta consuetudine isius loci quiquid uoluerint pro anima mea mercedem et pro onore Sacer-doci mei. et nec mihi licead ullo tempore nolle quod uoluis (s?c). se [sed) quod ad me semel factum uel conscriptum est conseruare promitto con stipulacione sunixa. anc enim cartulam ordinacionis paginam Gisulfi notarius Sacri Palatii tradidit et scribere rogaui. in qua subtus confirmans testibus obtuli roborandum. Actu in suprascripto Loco Baselheucia feliciter. Ego Rufinus presbiter et qui in anc cartula ordinacionis a me facta subscripsi. Signum.....manibus Petri et Rufini seu Joani testes. Signum m. m. manibus Martini et Angelberti ambos legem uiuentes Romana testes. Ego qui supra Gisulfus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartula ordinacionis post tradita compleui et dedit. Subter o subtus^ C 70 ) DOCUMENTO L. Alberto figlio del qm. Leone di Cesino acquista beni da Giovanni ed Olberg.i e da Giovanni e Sigilberga. 1010, maggio (Carte Genovesi, num. 79) In nomine domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Emncus gratia dei Rex. anno Regni eius deo propicio in Italia septimo, quinto kalendas iunii. Indicione octaua. Constand nos. Jolianne filius quondam item Johanni et Olberga Jugalibus filia quondam mar.....de monte et item Johanne filius quondam item Johanne et Sigilberga iugalibus filia quondam mur.....monte qui profassi sumus nos Jugales ambo ex nacione nostra legem uiuere Romana . . . accepisemu noss Johanne et Alberga (sic) Juga Jugalibus et Johanne et Sigilberga iugalibus comu-niter .... accepi ad te Alberto filio quondam Leoni de Cisino argentum pro denarios bonos solidos duo finitum precium pro euntis casis se-diminos et omnibus rebus illis iuris nostris iugalibus que aberem uisi sumus in locas et fondas Plonhe. et sunt rebus ipsis pro mensura iusta in to.....sediminibus et uineis et castanetis cum areis suarum seu . . us gerbis Juga una et bon .... una parte fossato Ruberscus qui in costa de gagio. de alia parte costa mauri . . . pius qui in Juuen-tina. et si amplius de nostro iuris rebus infra ipsas coerencias .... in eodem loco et fundo Plonhe.....Johanne et Alberga .... Actum in loco.....a feliciter. Signum.....manibus Almerici filius quondam Restani et Ingel- berto seu Ildeprando Lege uiuentes romana testes. Signum.....Johanni filius quondam Rihardi et Johanne filius quondam Restani testis. Ego Giselbertus notarius sacri palacii scriptor huius cartula uindicionis postradita compleui et dedi ('). (M « Pergamena autentica. Sui dorso, di aritico: De Plunke » (Poch). ( 77 ) DOCUMENTO LI. Silverado ed Amiza giugali donano ad Ollicia un pastino nel luogo di Rivarolo in lJolcevera. 1011, 1 aprile (Carte Genovesi, num. 81 ) In nomine Domini Dei nostri et Saluatori Jhesu Christi. Enricus Dei gratia Rex. anno regni eius Deo propicio hic in Italia septimo, kalendas aprilis. Indicione nona. Tibi Officia dilecta amica nostra nos Silueradus qui et Razo uocatur filio bone memorie Andrei de loco Riuariole et Amiza iugalibus. ego Silueradus qui et Razo eidem Amize coniugi mea consenciente et subter confirmante, qui professi sumus nos ipsi Jugales ambo ex nacione nostra lege uiuere Romana, amicus et amica seu et donatores tui. propterea dissimus. quapropter donamus a presenti die dilectionis tue et in tuo iure et potestate per hanc cartula donacionis proprietario nomine in te abendum confirmamus. Hoc est petia una de uinea cum area ubi estat cum canneto et arboribus fructiferis inibi abente quod est pasteno iuris nostra proprietaria qui posita est in loco et fundo ubi Riuariole dicitur, et fines sic decernitur. De una parte terra de liered . . . quondam Luponi. de alia parte terra de Hered .. . ipsius Luponi. de tercia parte terra Anne filia quondam huidoni. de quarta parte fluuio Tanatur-bella. sibique aliissunt coherentes. Infra iam dictas coerencia omnia et ex omnibus plenum et uacuum in integrum, que autem ista pecia de uinea cum iam dicto canneto et arboribus fructiferis inibi abente sicut supra decernitur una cum accessione et ingresso uel esito suo seu cum superioribus et inferioribus suis sicut superius coerencias legitur in integrum ab hac die tibi qui supra Oficia Amica nostra donamus cedimus tradimus et per hanc cartulam donacionis proprietario nomine in te abendum confirmamus. faciendum exinde a presenti die tu et heredibus tuis aut cui uos dederitis uel abere statueritis iure proprietario nomine quiquit uolueritis sine omni nostra uel heredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus atque promitimus nos qui supra Silueradus et Amiza Jugalibus una cum nostros eredes tibi qui supra officia amica nostra tuisque eredibus suprascripta pecia de uinea et canneto qualiter superius coerencia legitur in integrum ab omni homine defensare, qui si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenio subtraore quesierimus. tunc in duplum eadem donacio ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in con- ( 78 ) simile loco, quidem et at liane confirmandum donacionis cartule accepimus nos qui supra Jugalibus at te qui supra oficia amica nostra exinde Launechilt mantello uno ut et nostra donacio sicut supra legitur in te tuisque heredibus peremnis temporibus firma permaneat adque persistet, et nec nobis iugalibus liceat ullo tempore nolle quid uoluimus. set quod at nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabi-liter conseruare promitimus cum stipulatone subnixa. Actum in ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Amiza quid (sic) hanc cartula, donacionis fieri rogauit et suprascripto Launechilt accepi, et eique relecta est. Silueradus a me facta (sic) subscripsi et subscripta uxor mea consensi. Signum m. m. m. manibus Johanni et adelberti et item Johanni lege uiuente's romana testis. t Johannes notarius rogatus subscripsi. Andrea rogatus subscripsi. t Ego marinus notarius et Judex sacri palacii scriptor huius cartule donacionis post tradita compleui et dedi (’). DOCUMENTO Lll. Corrado diacono dona al clero della Chiesa di Genova una vigna sita in Carignano, con riserva però dell’usufrutto durante la sua vita e quella di Godoltruda figlia del qm. Eriberto. 1011, luglio \ (Carte Genovesi, num. 82) In nomine Domini Dei et saluatori nostri Jhesu Christi. Enricus gratia Dei Rex. anno regni eius Deo propicio hic in Italia octauo. mense Julio. indicione nona. Yobis Broni.......Archipresbitero et Ericus Archidiaconus de ordine Sancte Januensis Ecclesie et ceteris diaconibus atque subdiaconibus seu Clericis omnibus qui nunc in eadem ordine Sancte Januensis Ecclesie ordinati sunt et esse debent. Ego enim in Dei nomine Cunradus DiaconuS de eadem ordine Sancte Januensis Ecclesie filius quondam Giselberti qui professo sum ex nacione mea lege uiuere Romana donator et ofertor uester. propterea dissi quisquis (>) «-Pergamena autentica segnata sul dorso, di mano antica: Cartula de lii-varolo, de lupa,-tolto » (Poch). ( 79 ) # in Sanctis ac uenerabilibus locis uel at Sancti Dei sacerdotibus de suis contullerit rebus iusta 'octoris uocem in hoc seculo centuplum accipiet, et quod melius est uitam possidebit eternam. ideoque ego qui supra Cunradus Diaconus dono et ofero post meum decessum et decessum Godoltruda filia quondam Eriberti uobis qui supra presbiteri et Diaconi atque subdiaconibus uel Clericis omnibus uestrisque subcessoribus et per hanc carta offersionis in suntum uel subsidium uestrorum perennis temporibus in uos abendum confirmo, hoc est uinea et omnibus rebus atque arboribus fructiferis inibi abente iuris mea proprietaria quam abere uiso sum in loco et fundo Caleniano uel in eius territorio, cui coerit ad fines ab uno latere......publica, ab alio latere uinea et rebus que detinet Adalbertus gua . . . . da tercio latere uia que dicitur Crosa. de quarto uero latere uinea et rebus que detinent filii quondam Berizonis sibique aliis sunt coerentes. et est ipsa uinea et rebus per mensura iusta in circuito perticas octuaginta a perticas de pedes duodecim a pedes Liuprandi quondam Regis. Infra iam Infra iam (sic) dictas coerencias uel mensura una cum accessione et ingresso uel esito suo seu cum superioribus et inferioribus suis in integrum ab ac die uobis qui supra Presbiteri Diaconibus Subdiaconibus atque clericis uestrisque subcessoribus dono et ofero et per hanc cartam offercionis in sunctu uel subsidium uestrorum abendo confirmo pro anima mea mercede, eo uide-licet ordine ut dum ego Conrado Diaconus et suprascripta Godoltruda aut qui supra nobis alter supra uixerit suprascripta res in nostro usufructuario nomine sit potestate faciamus de uino uel frugibus earum rerum reditum uel cens?m quibus exinde Dominus annis singulis dederit quiquit uoluerit. post autem nostrorum amborum decessum tunc suprascripta uinea et omnibus rebus in uobis qui supra presbiteri diaconibus subdiaconibus atque clericis uestrisque subcessoribus........ ordine in sunctu uel subsidium uestrorum abendum omni tempore pro anima mea mercedem. quidem expondeo- atque promitto me ego qui supra Cumradus diaconus una cum meos eredes uobis quibus supra presbiteri diaconibus subdiaconibus atque clerici omnibus uestrisque subcessoribus suprascripta uinea et rebus qualiter superius legitur ab omni homine defensare, quod si defendere non poterimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenium subtraere quesierimus excepto usufru-tuario diebus uite nostre ut supra legitur in duplum iam dicta uinea et rebus ut supra legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit siib estimacione in consimile loco, nec mihi liceat ullo tempore nolle quod uolui set quod a me semel factum uel conscriptum .est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitto cum stipulacione subnixa, unde duc carte ofersionis uno tenore scripto sunt. Actum in Ciuitate Janua feliciter. Cunradus diaconus Sancte Januensis Ecclesie in hac carta offercionis a me facta subscripsi. Signum m. m. manibus Gunfredi filius quondam Gualterii. et Stau-race filias quondam . . . Luponi ambo lege uiuentes Romana testes, f Vuaraco Judex rogatus subscripsi, f Petrus Judex rogatus subscripsi, t Petrus rogatus subscripsi f Ego Johannes notarius scriptor huius carte ofersionis post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO LUI. Giovanni del qm. Martino e Leta giugali donano al monastero di santo Stefano tre pezze di terra nel luogo detto Falesiano, in Valle di Bisagno. 1012, gennaio (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 83) In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Enricus gratia Dei Rex. anno Regni eius Deo propicio hic in Italia Octauo. mense Januarius. Indicione decima. Dilectisimo nobis senper Eribertus Abba monasterio Sancti Stefani sito foris et prope Ciuitate Janua. nos Johannes filius quondam Martini et Leta iugalibus. ipso uiro meo michi consenciente et subter confermante, ofertores et donatores ipsius monesterio. propterea disimus ille sunt donacionis titulo iuris firmissime que bona et spontanea uoluntatis nostre interueniunt. et ideoque nos qui supra Jugalibus ofertores et donatom uestris donamus cedimus tradimus et per hanc cartulam donacionis atque ofersionis abendum confirmamus. hoc sunt pecias tres de terra cum uineas et arboribus fructiferis inibi abente nostris libellariis. quibus sunt positis in ualle Vesano locus ubi dicitur Falexiano. prima pecia de uites est pro mensura iusta super totum in circuitu perticas tredecim. secunda namque pecia it est pro mensura iusta in circuitum super totum perticas nouem et pedes Sjcx. (') « Pergamena autentica, segnata sul dorso, di mano antica, Cartula Calcinano » (Poch). ( 81 ) a. perticas de pedes duodccinfl a pedes Domili Liuprandi Rex. cui coerit ei at prima pecia de una parte terra Vuaraco Judex. de alia parte terra Gotefredi. de tercia parte uia publica, de quarta parte terra de Eredes quondam Razoni. item coerit ei at secunda pecia de duabus partibus uia publica, de tercia parte terra Gotefredi. de quarta parte terra Johannis. item coerit ei at tercia pecia de tribus partibus terra ipso Vuaraco. de quarta parte uia publica, sibeque aliis sunt in is omnibus coerentes. ut a presenti die in tua qui supra Eribertus Aba uel in tuis subcessoribus aut pars ipso monasterio qui ibidem ordinati fuerint et cotidie ibidem Deo deseruierint prò anime nostre mercede suprascriptas tres pecia de uites qualiter superius legitur sit potestate faciendi uel frugendi quiquit uoluerit pro anima nostra mercede, salua quidem luminaria Sancta Ecclesia cuius est proprietas, et liceat uos uel subcessoribus uestris libellum petire ad nomen uestrum quandoque tempore uolueritis. et si fierit quod non credimus nos qui supra iugalibus si unquam in tempore nos uel eredibus atuersus te qui supra Eribertus Aba uel atuersus tuisque subcessoribus aut pars ipsius monesterio de suprascripta pecia de uites qualiter superius legitur in integrum agere aut causare quesierimus uel ab omni homine defensare non potuerimus preter de Ecclesia cuius est proprietas, tunc spondimus qui supra iugalibus uel nostris eredibus componere tibi qui supra Eribertus Aba uel ad tuis subcessoribus aut pars ipsi monasterio in duplo comodo in tenpore fuerint melioratis, que uero carta ofersionis nostre Johannes notarius scribendum rogauimus. in qua subter confirmauimus testibusque obtulimus roborandum. Actum in Ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. manibus nostrorum Johannes et Leta iugalibus qui hanc cartulam ofersionis iieri rogauerunt. eoxque relecta est. et ipse . . . uxor sua cons .... Signum m. m. m. m. manibus Albizoni et Azoni seu Bonando et Dominico rogatis testis. t Silueradus Judex rogatus subscripsi. f Ego qui supra Johannes Notarius scripsi et subscripsi, post tradita compleui et dedi ('). (*/« Pergamena autentica, segnata sul dorso, di mano antica: De Braida Bissante de Falcrlano . . . Bcscnio » (Poch). ( 82 ) DOCUMENTO LIY. r.ocazione di terreni e casa in Albaro, fatta da Eriberto abbate di santo Stefano a Milone e suoi discendenti. 1012, febbraio {Carte Genovesi, num. 84) Cum Cum peto defensoribus Domnus Eribertus Abbas monasterii Sancti Stefani protomartiris sito foris Ciuitate Janue. uti nobis Milo una cum filiis suis uel filiabus, et si unus ex nobis sine herede mortuus fuerit unus alterius succedere debeamus. Titulo condicionis locare nobis iubeatis petimus res iuris Ecclesie uestre quas uos tenere uisus estis ex parte Sancti Ambrosii Mediolanensis in fundo et loco qui dicitur Albario. idesl aliquanta terra cum uinea supra se abente. et est ipsa res da uno latere perticas undecim, da alia parte similiter perticas undecim. da uno capite perticas tres et pedes octo, da alio capite perticas tres et pedes tres octo (sic): a pede Domni Liuprandi regis, et sic petimus ipsa res ex integro una cum exitis suo. Iterum petimus iuris predicte' Ecclesie petia una de terra cum uinea supra se abente in predicto Albario et casa, fines et coerentie de ipsa res da uno latere terra Eriberti. de alia parte terra Pauloni. de aliis duabus partibus terra Algifi. Infra iam dicte coerentie ex integro petimus una cum exito suo. Ita tamen ut inferanus uobis uel subcessoribus uestris exinde pensionem pro unumquemque anno denarium unum. Spondimus in Dei nomine atque prowitimus suprascriptis rebus laborare et pensionem Ecclesie uestre uobis ’ uel successoribus uestris per unumquemque anno inferre. Quod si minime fecerimus de quo superius repromitimus tunc liceat uos uel successores Ecclesie uestre in suprascriptis rebus introire et cui «olueritis dare in uestra sit potestate, post obitum nostrum uel filiis nostris in ius et dominium sancte Ecclesie uestre reuertatur cuius est proprietas, unde sic placet.....et hunc libellum scriptum et manus uestra firmatum nobis contradere iubeatis et aliut simile a nobis factum uel a testibus roboratum uobis pro munimine sancte Ecclesie uestre tradidimus conseruandum. Facto petitorio mense februario, indicione X. Regnante Domno nostro Enrico in Italia anno octauo. indicione suprascripta feliciter ('). f1) « Pergamena scritta in quella età. Sul dorso, di mano antica: Carta (le Albario » (Poch). ( «3 ) DOCUMENTO LV. Convegno seguito fra Amerada del qm. Goffredo e Corrado suo tiglio da una parte, e Giovanni del qm. Madelberto, Giovanni, Andrea, Martino e Kulberlo del qm. Veneroso dall'altra, per la costruzione di un molino in Bisagno. ,1012, aprile (Carte Genovesi, num. H6) In nomine domini dei et Saluatori nostri Jlxesu Christi. Enricus gratia Dei Rex. anno regni eius Deo propicio in Italia octauo. mense marcius. indicione decima. Placuit atque bona uoluntate conuenit inter Amerada filia quondam Gotefredi et Cumradus genitrice et lilio nec non et inter Johannes filius quondam Madelberti et item Johannes et Andrea et Martinus et Folbertus germanis filii quondam Veneriosi. ut in dei nomine debeant dare sicut et a presenti dederunt . . . genitrice et filio eidem Johanni tercia porcione. et item Johannes similiter tercia por-cionem et Johannes et Martinus et Andrea et Folbertus germanis similiter tercia pofeione. et at illorum heredibus, hoc est pecia una de terra iuris predictorum Genitrice et filio qui posita est iusta fluuio Vesano locus ubi d icitur Molinello, coerit ei at bisa (sic) pecia. de terra de una parte terra Eriberti et de Eredes quondam Gotefredi. de alia parte terra Go-doni. de tercia parte predicto fluuio Vesano, de quarta parte terra ipsorum mater et filio. infra ian dictas coerencias ea racione uti amodo ipsi Johannes et item Johannes et germanis uel illorum eredibus unusquisque quod superius legitur per terciam porcionem in predicta pecia de terra ulti oportunum fuerit debeant molendina et aquadutile edificare et alueum in ipsum fluuio edificare infra ian dictas coerencias ubi melius potuerit, et mitere debeant in ipsum molendino molas et ferros uel aliis instrumentis que in ipsum molendino pertine ... per quem macinare posit. et redere debeant singulis annis ex omnium moltura que de ipsa molendina esierit quarta porcione et pullos duos et aximas duas, data et consignata ipsa moltura et predictos pullos et azimas duas at iandictas mater et filia uel at illorum eredibus aut eorum misso pro se ipsis Johannes et item Johannes et germanis uel at eorum heredibus aut eorum misso, alia super-inposita eis non fiat, pena uero inter se posuerunt ut si suprascriptis Johannes et germanis uel illorum eredibus minime fecerint in ipsum molendino ctdificandum uel omnia atimplendum sicut superius legitur aut ipsis genitrice et filio uel illorum eredibus eorum Johannes et itenx,Johannes et germafiis uel at eorum eredibus exinde aliqua forcia uel superinpositu ( 84 ) fecerit uel ab omni oruniue defensare non potuerint tunc componant pars parti fidem seruanti pena Argentum Denarios bonos solidos centum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Amerada qui anc cartula conueniencic fieri rogaui. Conradus in anc cartula conueniencia a me facta subscripsi. Signum m. m. m. m. m. manibus suprascriptorum Johannes et item Johannes et Martinus et Andrea et Folberto germanis qui hanc cartula conueniencia illorum fieri rogauerunt. Signum .... manibus Martinus et Leupraudus et Johannes et item Martinus et Andree .... rogatis testes. Ego Jhoannes notarius scripsi et subscripsi, post tradita compleui et dedi (’). DOCUMENTO LVI. Durante del qru. Bonizone e Sigiza giugali vendono a Giovanni detto Bonfiglio e Domenico del q. Martino un castagneto sito nel luogo appellato Campo Zucone. • ' "* 1012, aprile (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Siro, mazzo I; Carte Genovesi, num. 87) In nomine domini dei et saluatori nostro ihesu cristi, regnante donno nostro Enrico rege in Italia anno octauo. mense aprilis. indictione decima. Manifesti sumus nos Durante filius quondam Bonizoni et Sigiza Jugalibus nos quidem in presencia testium accepisemus et accepimus ad uos Johannes qui et Bonofilio filius quondam Restani et Dominicus filius quondam Martini Argentum Denarios bonos solidos numerum decem et octo ctoctum utilitatibus nostris peragendum, umde pro suprascripto precio quod accepimus ad uos uindedimus tradimus adque refudauimus uobis qui supra Johannes et Dominicus, hoc est pecia una de terra cum castaneto super se abente nostra libellaria quam abere uisi sumus in loco ubi dicitur Campo Zuconi. quod est pro mensura iusta super totum in circuitum perticas sexaginta et nouem. a perticas de pedes duodecim a pedes domni Liuprandi Rex. Infra iam dicta mensura omnia plenum (') « Pergamena autentica, notata sui dorso, di mano antica: Cartula de molendino de Rlvarla » (Poch). ( 85 ) et uacuum ex integrum sicut supra legitur una cum esito suo. ut a presènti die in uestra qui supra Johannes et Dominicus uel in eredibus uestris aut cui uos dederitis uel abere statueritis sint potestate ex nostra qui supra iugalibus plenissima largietatem. faciendum quodeumque uolueritis. salua quidem luminaria Sancta Ecclesia cuius est proprietas, et licead uos exinde libellum petire ad nomen uestrum uel cuicumque uolueritis. et si fieret quod non credimus nos qui supra durante et sigiza iugalibus si unquam in tempore nos uel nostris eredibus auersus uos qui supra Johannes et Dominicus uel aduersus uestrisque eredibus de suprascripta pecia de terra cum castaneto super se abente sicut superius legitur agere aut causare quesierimus. uel ab omni homine defensare non potuerimus, preter de ecclesia cuius est proprietas, tunc spondimus nos qui supra iugalibus uel nostris eredibus componere uobis qui supra Johannes et Dominicus uel ad eredibus uestris pena suprascripta pecia de terra cum castaneto super se habente sicut superius legitur in dublo comodo in tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, quam uero cartulam uindicionis nostre Gumpertus notarius scribendum rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulimus roborandum. Actum in loco cisini feliciter. Signum m. m. durante et sigiza suprascriptis iugalibus qui hanc cartulam uindicionis fieri rogauerunt. Signnm m. m. m. m. m. m. bonizo. seranus. et Martinus et item Martinus et Johannes et Benedictus rogati testes. i Ego qui supra Gumpertus notarius scripsi et subscripsi compleui et dedit (’). DOCUMENTO LVI1. Donazione di una terra in Pedemonte, fatta al monastero di santo Stefano da Opizzo od Ascherio del qm. Giovanni e Tegarda giugali. 1012, ottobre. (Carte Genovesi , num. 89) f In nomine Domini Dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. Eginricus gratia Dei Rex Deo propicio in Italia anno nono, mense octubris. indi- (') Sul dorso della pergamena, di mano del secolo XVI, si le?£e: 101G, ranno S.° dell’ impero d'Enrico 2.° Durante figlio del fu Tìonizonc e Sugc.sia sua moglie offrirono terre compre alla Chiesa di S. Siro. ( «G ) cione undecima Monesterio Sancti Stefani christi martiris sito foris set prope ciuitate Januu. nos Opizo qui et Askerius tilhis quondam Johanni et Tecgarda iugalibus. qui protesi sumus nos Jugales ambo ex nacione nostra lege uiuere romana, ipso namque iugale meo mihi consenciente et subter confirmnnte. oflertorex et donatorex ipsius monesterii. propterea diximus quisquis in Sanctis ac uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta auctori uocem in oc seculo centuplum accipiad. insuper quod melius est uitam posidebit eterna. . et ideo nos qui supra iugalibus donatores et oftertores ipsius monesterii donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus, oc (est) pecia una de terra cum uinea infra se abente iuris nostris iugalibus quam abere uisi sumus in ualle Vesano ubi Pede de monte dicitur, coerit ei da una parte terra Sancti Stefani, de alia parte terra Genoardi. de tercia parte terra de eredibus quondam Oberti Vicecomes. de quarta parte terra Teotefredi. sibeque alii sunt coerentes. que autem suprascripta pecia de tera cum uinea infra se abente supra dieta una cum accesionibus et ingreso suo seu cum superioribus et inferioribus suis et qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio donamus et offerimus et prò presente cartula offersionis ibidem abendo confirmamus, faciendum exinde a presenti die in eodem monesterio in sussidium Abbatum uel Monachorum usu et sunto, eo uero ordine si euenerit Pontifex aut Abbas uel qualibet Potestas que predictis rebus de eodem monesterio aut de susidium abbatum uel monachorum tullerint. tunc statim ueniet predictis rebus in potestatem de propinquioribus parentibus meis qui ad illum propinquior aparuerit quamdiu ueniet illas potestas que predictis rebus in eodem monesterio reuerterit ut facias Abbas uel Monachos illos qui pro tempore in eodem monesterio ordinati fuerint et cotidie ibidem Deo deseruierint de fruges et reditum seu censum in subsidium usu et suntu quicquit uoluerint pro anime nostre mercedem sine omni nostra uel heredum nostrorum contradicione. quidem expondimus adque promitimus nos qui supra Jugalibus una cum nostris heredibus a parte predfcti monesterii suprascripta pecia de terra cum uinea infra se abente qualiter superius coerencias legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si a parte predicti monesterii exinde aliquit pro couis genium subtraere quesierimus tunc in dubium eadem offersio in eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile ^oco. et nec nobis iugalibus licead ullo tempore nolle quod uoluimus sed quod ad nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuio-labiliter conseruare promitimus con stipulatone subnixa, anc enim cartula offersionis me paginam Silueradus notarius tradidit et scribere ro- ( «7 ) gauimus. in qua subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. manibus suprascriptorum Askerius qui ct Opizo et Tecgarda Jugalibus qui anc c'artula offersionis fieri rogauerunt. et ipse Opizo eidem Conius sua ab omnia suprascripta consensi ut superius, et eox relecta est. Signum m. m. m. manibus Johannis et Dominiconi seu item Johanni omnes leges uiuentes Romana testes. t Ego qui supra Silueradus notarius scriptor huius cartula offersionis postradita compleui et dedi (’). DOCUMENTO LVIII. Donazione di beni posti nel Prato di San Martino fatui allo stesso monastero da Teotefredo od Ingo del qm. Berolfo e Doda giugali. 1013, novembre (Carte Genovesi, num. 90) ■j- In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi, regnante « Donno nostro Ericus Rex in Italia anno decimo, mense nouember. indicione duodecima. Monesterio Sancti Stefani Cristi martiri sito foris set prope Ciuitate Genua. nos Teutefredi qui et Ingo filius quondam Berulfi et Doda iugalibus filia quondam Johanni?. qui professi sumus ambo ex nacione nostra lege uiuere Romana, ipso namque iugale meo michi consencientem et subter confirmantem, ofertores et donatores ipsius monasterii, propterea dicsimus quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis et suis aliquit contulerit rebus in subsidium abatum uel Monachorum iusta auctori uocem in oc seculum centuplum accipias, insuper cot me-. lius est uitam possidebis eternam. et ideo nos qui supra Jugalibus donatores et ofertores ipsius monasterii donamus et oferimus et prò presente carta ofercionis ibidem abendum confirmamus, oc sunt pecies quatuor de terra iuris nostri iugalibus que abere uisi sumus in loco et fundo ubi Prato Sancti Martini dicitur, et sunt ipses pecies de terra per mensura iusta in circuitum super totum perticas centum octaginta. a perticas de pedem duodecimo pedem Domni Liuprandi Rex.. que au- ■> (i) « Pergamena autentica, segnata sul dorso, di mano antica: De Praida » (Poch). a lem......pecies de terra sicut super mensuras legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio donamus et oferimus in subsidium Aliatimi uel Monachorum usu et sunetum cot uoluerint. eo uero ordinem si aucncHnt Pontifex uel Abas.....toufc qualibet Potestas qui predictis rebus de eodem monasterium tullerint. tunc uolo ut uenient ibsis rebus in potestate propinquioribus parentibus meis qui at illum die propinqui aparuerint quandium ueniant illes potestas que predictis rebus in eodem monesterio reuerterint. ut facias Abas uel Monahos illos qui pro tempore in eodem monasterio ordinati fuerint et cotidie ibidem Deo deseruierint de frugies et reditum seu censtnw qui de ipsis rebus esierint in subsidium et usu quitquit uoluerint sine omni nostra uel eredum nostrorum contradicione. quidem espondimus atque promitimus nos qui supra iugalibus una cum nostris eredibus a parte predicti monasterii suprascriptes pecies de terra qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si a parte predicti monasterii exinde aliquis per couis ingenium subtradere quesierimus. tunc in dubium .... ofercio in eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacionem in consimile loeis. et nec nobis iugalibus liceat ulo tempore nolle cot uoluis. set cot a nobis semel factum uel conscribtum est sub iusiurandum inuiolabiliter conser-uare promitimus con stipulatone subnicsa. anc enim carta ofercionis me paginam Seuerus notarius tradidi et scribere.....rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Actum in Ciuitatem Genua feliciter. Signum m. m. manibus suprascriptorum Teutefredi qui et Igoni et Doda Jugalibus qui anc carta ofercionis fieri rogauerunt. et propter nimiam infirmitatem minime scribere potuit manu sua scribere rogaui. et a suprascripta uxor sua consensi ut supra. Signum m. m. m. manibus Opizoni et Johannis et item Johannis omnes legem uiuentes Romanam testes. Ego qui supra Seuerus notarius et Judex scribtor uius carta ofercionis post tradita compleui et dedi ('). {,*) * Pergamena autentica, segnata sul dorso, di mano antica: De Bralda » (Poch). / ( «'.» ; DOCUMENTO LIX. Guàraco giudice figlio del qm. Silvestro e Adalguda figlia del qm. Daginzone. giugali, donano al monastero predetto la terza parte di una isola che pos-sedono in vicinanza del Prato di San Martino nella Valle di Bisagno. 1013, dicembre (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I: Carte Genovesi, num. 91) f In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jkesu Christi. Enricus gratia Dei Rex Deo propicio in Italia anno decimo, mense december, indicione duodecima. Tibi Eribertus Abba monesterii Sancti Stefani sito fore set prope ciuitate Janua nos Vuaraco Judex filius quondam Siluester et Adalguda iugalibus fìlia quondam Daginzo. qui professi sumus nos ambo ex nacione nostra lege uiuere Romana, ipso nanque iugale meo mihi consenciente et subter confirmante, ofertores et donatores tui. propterea dissimus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit con-tullerit rebus iusta autori uoce in hoc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uita posidebit eterna, et ideoque nos qui supra iugalibus donatores et ofertores tui donamus cedimus tradimus conferimus et per presente carta ofersionis in te qui supra Eribertus Abba uel in tuis subcessoribus aut par ipsius monasterii abendum confirmamus pro anime nostre mercedem. hoc est nostra porcione quod est tercia pars de pecia una- de terra quod est Isola que posita est in Valle Vesano prope prato quod dicitur Sancti Martini iuris nostris iugalibus. et est ipsa pecia de terra pro mensura iusta tam ab ipsa tercia porcione quam at alie similis duas porciones quam at super totum perticas sexaginta et sex. a perticas de pedes duodecim a pedes Doni Luiprandi Rex. coerit ei tam ab ipsa tercia porcionem quam at supra totum. de una parte terra Sancti Syri, de alia parte terra predicti monasterii Sancti Stefani, de tercia parte uia publica, de quarta parte fiuuio Vesano, sibeque aliis sunt coerentes. Infra ian dictas mensuras et coerencia omnia suprascripta tercia porcione in integrum, que autem suprascripta tercia porcione de predicta pecia de terra supra dieta una cum accessione et ingresso suo seu cum superioribus et inferioribus suis in integrum ab ac die tibi qui supra Eribertus Abbas uel in tuis subeesoribus aut pars ipsius monesterii donamus cedimus conferimus et per presente carta ofersionis in uos abendum confirma»ms. faciendum exinde a presenti die tu et tuis sub- I ( uo ) cessoribus aut pars ipsius monesterii in subsidium usu et suntu quiquit uolueritis prò anime nostre mercede sine omni nostra et heredum no strorum contradicione. quidem espondimus atque promitimus nos qui supra Jugalibus una cum nostris Eredibus tibi qui supra Eribertus Abba uel at tuis subcessoribus aut pars ipsius monasterii suprascripta pecia de terra qualiter superius legitur in integrum ad omni homine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in duplum eadem ofersio ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimaeione in consimile loco, et nec nobis liceat ullo tempore nolle quod uoluimus. set quod at nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitimus cum stipulatone subnixa. hac enim cartula ofersionis pagina Johannes notarius tradidi et scribere rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtuli roborandum. Actum ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Adalguda qui hanc cartula ofersionis fieri rogaui. f Vuaraco Judex in ac cartula ofersionis a me facta subscripsi. Signum m. m. m. m. m. manibus Amelbertus et Gunfredo et Juuenale et Martinus et Johannes omnes lege uiuentes Romana testes. t Ego qui supra Johannes notarius scriptor huius cartula ofersionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO LX. Eriberto suddiacono, tiglio del qm. Migesio, dona al monastero di santo Stefano la dodicesima parte di una terra nel Prato di San Martino. 1014, febbraio (Carte Genovesi, num. 02) t In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Eginricus grafia Dei Rex Deo propicio in Italia, anno regni eius Deo propicio in Italia anno decimo, mense februarius, indicione duodecima. Monesterio (') Sul dorso della pergamena, di mano antica, è scritto: Carta de Isola de Vuaraco Judice. De Braida usque ad tltnnen Bisanis. ( 91 ) Suncti Stefani christi martiris qui est constructo fore set prope ciuitate Janua. Ego Eribertus subdiaconus filius quondam Miesi qui pro-lcso sum ex nacione mea lege uiuere Romana, ofertor et donator ipsius monesterii. propterea dixi quisquis in sanctis locis et suis aliquit con-tullerit rebus iusta auctori uocem in oc seculo centuplum aceipiad. insuper quod melius est uitam posidebit eternam. et ideo ego qui supra Eribertus subdiaconus offertor et donator ipsius monesterii dono et offero in eodem monasterio in susidium Abatum uel monachorum sicut subter legitur, oc est duodecima porcione de pecia una de terra cum uinea et arbores fructiferos infra se abente iuris mei. quam abere uiso - sum in Valle Vesano prope prato at Ecclesia Sancti Martini, cui coerit tam ab ipsa duodecima porcione quamque ad alia similem undecim porcione da una parte terra que fuit quondam Andrei Judex, de alia parte uia publica, de tercia parte terra Bernoni presbitero, de quarta parte terra ipsius monesterii. sibeque alii sunt coerentes. que autem suprascripta duodecima porcione de predicta pecia de terra supra dicta una cum accessione et ingreso suo seu cum superioribus et inferioribus suis et qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio dono et offero in suscidium abbatum uel monachorum qui in eodem monesterio ordinati fuerint et cotidie ibidem Deo deseruierint usu et suntu quod uoluerint. eo uero ordine sic uenerint Pontifes uel Abbas aut qualibet Potestas de predictis rebus de eodem monesterio uel de suscidium abbatum uel monachorum tullerit. tunc uolo ut ueniant predictis rebus in potestate mea uel de propinquioribus parentibus meis qui ad illum die propinquior aparuerit quamdiu ueniet illas potestas que predictis rebus in eodem monesterio reuertad. et facias Abbas uel subcessoribus suis aut pars ipsius monesterii de predictis rebus uel frugeas et reditum seu censum quod de ipsis rebus esierit quicquit uoluerit sine omni mea uel heredum meorum contradicione. quidem espondeo adque promito me ego qui supra Eribertus subdiaconus una cum meos heredex a parte predicti monesterii suprascripta duodecima porcione de predicta pecia de terra qualiter superius legitur ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut a parte predicti monesterii exinde aliquit per couis genium subtraere quesierimus. tunc in dubium eadem offersio in eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerit melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, et nec mihi licead ullo tempore nolle quod uoluit. set quod ad me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promito con stipulatone subnixa. Actum in eodem Monesterio feliciter ('). (') Segue uno spazio lasciato in bianco, e‘capace di molte soscrizioni (l’ocb). f Eribertus ippodinconus in hac carta oflerscionis a me facta subscripsi. Signum m. m. m. m. m. manibus Silueradi et Amelberti et Johanni et Martini et item Martini omnes lege uiuentes Romana testis. f Ego Silueradus Judex et Notarius scriptor huius cartula offerscionis' post tradita compleui et dedi (’). , DOCUMENTO LXI. Erizzo detto anche Andrea, Razo ed Opizzo germani, llgli di Giovanni giudice, donano allo stesso monastero e nel ridetto Prato una terra campiva. 101-1, marzo (Pergamena dell’Areh. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 93) In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Enricus gratias (sic) Dei Imperator agustus (ite), anno Imperii eius Deo propicio primo, mense marcius. indicione duodecima. Monesterio Sancti Stefani Christi martires (sic) sito foris prope ciuitatem Janua nos Erizo quod et Andrea et Razo et Opizo Jermanis filii Johannis Judex. qui profesi sumus ex nacione nostra lege uiuere Romana, ofertores et donatores ipsius monesterii. propterea diximus quisquis in Sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta octori uoce in oc seculo centuplum accipiet, insuper quod melius est uitam posidebit eternam. et ideoque nos qui supra ofertores et donatores ipsius monesterii donamus et ofe-rimus et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmo, oc est quarta porcione de pecia una de canpo iuris nostris quam abere uisi sumus in Valle Vesano locus ubi dicitur Prato Sancti Martini, et est ipsa pecia de campo tan ab issa quarta porcione quamque at simile tres porciones pro mensura iusta de una parte perticas quatuor. de alia parte perticas uiginti et due. da tercia parte perticas octo, de quarta parte perticas similiter uiginti et dues. a perticas dg pedes duodecim a pede Domni Liuprandi Rex. coerit ei da una parte uia publica, de alia parte terra Sancti Stefani, de tercia parte terra de Eredes quondam Miesi et Auberti uicecomes. de quarta parte terra uuilielmi. sibeque alii sunt coe-rentes. infra iam dieta coerencias uel mensura omnia suprascripta quarta (>) « Pergamena autentica, segnata sul dorso, di mano antica: De Braicla» (Id.) ( 'J3 ) porcione in integrum, que autem suprascripta quarta porcione de iam dieta pecia de campo superius dicta una cum accessione et ingresso seo superioribus et inferioribus suis q aliter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio donamus et oferimus et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmamus, faciendum exinde a presenti die iuri proprietario nomine quiquit uolueritis sine omni nostra et Eredum nostrorum contradicione. quidem espondimus atque promitimus nos qui supra Jermànis una cum nostris Eredibus parte predicti monesterii suprascripta quarta porcione de iam dieta pecia de campo qualiter superius legitur in integrum ab omni bomine defensare, qui si defendere non potuerimus aut si a parte predicti monesterii exinde aliqui per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dublum headem ofersio in eodem monesterio restituamus sicut prò tempore fuerit melioratis aut ualueri sub estimacione in consimile loco, et nec nobis qui supra Jer-mani liceat ullo tempore nolle quod uoluimus. se quod a nobis semel factum nel conscribtum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promito con stipulacione subnixa, anc enim cartula bofersionis me paina Albizo notarius tradidit et scribere rogaui. in qua subter confirmans testibusque obtuli roborandum. Actum in eodem Monesterio feliciter. Signum m,. m. manibus suprascriptis Razo et Opizoni Jermanis qui anc cartula bofersionis fieri rogauerunt. et eorum relecta est. f Erizo in ac cartula offersionis a me facta subscripsi. Signum m. m. m. manibus Amelberto et Dominico et Petroni omnes lege uiuentes Romana testes, t Silueradus Judex rogatus subscripsi, f Bernardus notarius rogatus subscripsi. t Ego qui supra Albizo notarius scribtor in ac cartula ofersionis post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO LXII. Oberto Marchese, figlio 7 ) ex nacione mea lege uiuere romana, propterea dixi quisquis in Sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquis contulerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper cot melius est uitam posidebit eterna, et ideo ego qui supra Eribertus subdiaconus dono et ofero in eodem, monesterio et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmo in susidium Abbatum uel monahorum usu et suntu quid uoluerint sicut subter legitur pro mercede et reme dium aaime mee. oc est pecia una de uites iuris mei cum area ubi estat quam abere uiso sum iusta muro ciuitate Janua prope Porta Superana ubi car...... dicitur, et est pecia ipsa de uites cum area ubi est cum sicaria infra se abente pro mensura iusta in circuitu per totum perticas treginta et quatuor. a perticas de pedes duodecim a pedex Domni Liuprandi rex. que autem suprascripta pecia de terra cum area ubi estat supradicta una cum accesione et ingreso suo seu cum superioribus et inferioribus suis et qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio dono et offero et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, faciendum exinde a presenti die in sunetum Abatum uel monahorum usu et sunetum quod uoluerint sine omni mea et eredum meorum contradicione. quidem et spondeo atque promitto me ego qui supra Eribertus subdiaconus una |cum meos eredes a parte ipsius monasterii supradicta pecia de uites cum area ubi estat qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, qui sit defendere non potuerimus aut si a parte ipsius monesterii «liquit p er couis ingenio subtraere que-xierimus. tunc in dubium eadem ofersio eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerit melioratis aut «aluerit sub estimacione in consimile loco . et nec nobis liceat ullo tempore nolle quod uolml. se quod a me semel factum uel conscriptum est sub iuMwra«dum inuiolabOiter conseruare promittimus cum stipulacione subnixa, ac eniqi cartula offer-sionis me paginam Bernodws tradidit et scribere rogaui. in qua subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum......insu..... dicitur feliciter. Ego Eribertus subdiaconus in hac cartula offersionis a me facta subscripsi. Signum m. m. m. manibus Ingo et Andreas et Benedictus omnes lege uiuentes Romana testes. f Seuerus Judex*rogatus subscripsi. f Bernodus Notarius scriptor uius cartule offersionis post tradita compleui et dedi. f Johannes rogatus subscripsi ( ). (i) « Pergamena autentica segnata .... di mano antica, sul dorso: .... ile terra.....sunt domus prope murum duitatis » (Pjpcli). ( 108 ) DOCUMENTO LXXV. Ofiza figlia del qm. Pietro Giudice e vedova di Teutefredò, coi suoi ligli Teute-fredo, Giovanni, Giovanni, Alguda eTeuderada, donano ni monastero suddetto una terra vignata e due campi nel Prato di San Martino, nonché altri beni. ^ 1013. agosto (Carte Genovesi, num. 108) In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Eginricus gratia Dei Imperator Augustus, anno imperii eius Deo propicio quinto, mense augustus, indicione prima. Monesterio Sancti Stefani Christi martiris sito foris set prope ciuitate Janua nos Ofiza fìlia quondam Petri Judex et Teutefredus et Joanes et Joanes et Alguda et Teuderada iermanis et iermane filii quondam Teutefredi Judex mater et filiis, qui profesi sumus nos omnes ex nacione nostra lege uiuere romana, propterea ofertorex et donatores ipsius monesterio propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquis contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius,est uita posidebit eterna, et ideo nos qui supra mater et filiis et filie donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus in susidium Abbatum uel monachorum usu et suntum quod uoluerint. oc est pecia una de uites cum area ubi estat et pecias duas de campo iuris nostris quam abere uisi sumus in loco et fundo ubi Prato Sancti Martini dicitur. Prima pecia de uites cum area ubi estat est pro mensura iusta super totum in circuitu perticas uiginti et octo. secunda pecia de campo est per mensura iusta super totum in circuitu perticas sedecim, tercia pecia de campo est per mensura iusta supra totum in circuito perticas octo, a perticas de pedes duodecim a a pedes Domni Liuprandi Rex. simliter per anc cartam offersionis donamus et offerimus in eodem monesterio. oc est sesta porcione de Casa ......et rebus itemque iuris nostris quam abere uisi sumus in predicto loco Prato Sancti Martini, cui coerit ei tam ab»ipsa sesta porcione quamque at allias similes quinque porciones que pertinent Andrei et Johanni et Gotefredi germanis da una parte fluuio Yesano. de alia parte uia publica, de tercia parte terra de Eredex quondam Oberti W icecomes et Wilielmi. de quarta parte terra que fuit Bernodus presbitero, sibeque alii sunt coerentes. atque prò ac cartula offersionis donamus et offerimus in eodem monesterio oc est nouena porcione de insula una itemque iuris nostris quam abere uisi sumus iusta fluuio Vesano, cui coerit ot tam nb ipsa nouena porcione qumque at alia similes octo porciones qui pertinet ipso monesterio da una parte fluuio Vesano, de alia parte uia publica que pergit a Lagoscuro, da tercia parte terra Sancti Stefani, sibeque alii sunt ab omnia coerentes. quibus autem suprascriptis omnibus rebus supra dictis una cum accessionibus et ingresoras earum seu cum superioribus et inferioribus earum rerum et qualiter superius, mensuras et coerencias legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio donamus offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus. faciendum exinde a presenti die in susidium usu et suntum quicqiiit uoluerint . eo uero ordine sic uenerit Pontifes aut Abbas seu qualibet Potestas que predictis omnibus rebus qualiter superius legitur de eodem monesterio tullerit aut in alia parte scriptione emiserit, statini ueniant predictis cfmnibus rebus in potestate nostra uel propinquioribus parentibus nostris qui at illo die propinquior aparuerit. et facias defruges et reditum seu censum quod de ipsis rebus exierit quiquit uo-luerit quamdiu ueniat illas potestas que predictis omnibus rebus in eodem monesterio reuertat. et facias Abbas uel Monabos illos qui pro tempore in eodem monesterio ordinatis fuerit de fruges et reditum seu censum quod de ipsis rebus esierit sine omni nostra et eredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus atque promitimus nos qui supra Mater et filiis et filie uel nostris eredibus a parte ipsius Monesterii predictis omnibus rebus qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si autem defendere non potuerimus, si a parte ipsius monesterii exinde aliquit per couis ingenium subtraere quexierimus. tunc in dubium eadem offersio in eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerit melioratis aut ualuerit sub esti- • * macione in consimilibus locis, et nec nobis qui supra mater et filiis et filie liceat ullo tempore nolle quod uoluit . sed quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitimus con stipulacione subnixa, anc enim cartulam offersionis me paginam Bernodus Notarius tradidit et scribere rogauimus. in qua subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. m. manibus suprascriptorum Ofiza et Alguda et Teti-derada mater et filii et filie qui anc cartulam offersionis fieri rogauerunt. • E"o Teutefredus in hac cartula offersionis a me facta subscripsi, f Johannes in ac cartula offersionis a me facta subscripsi, f Johannes in presenti cartula a me facta subscripsi, f Seuerus Judex rogatus subscripsi, t Cunradus Judex rogatus subscripsi. ( no ) Signum m. ni. manibus Leoni et Ardericus ambo lege uiuentes Ro mana testes. f Bernodus notarius scriptor uius cartule offersionis post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO LXXVI. Oberto del qm. Migesio ed Anna del qm. Kbone, giugali, nonché libone e Guglielmo loro li gli, donano al Monastero di santo Stefano una pezza di terra con case nel luogo di Sar: Martino in Bisagno (a). 1019, maggio ♦ (Ved. Chartarum, voi. I, col. 42(5) DOCUMENTO LXXVIl. noniza ed i suoi tigli donano beni al Monastero predetto siti in 1-averano. 1019, maggio (Pergamena dell'Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. Ili) n nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Enricus ti Imperator Augustus* anno Impecii eius Deo propicio sesto, mense madio. indicione secunda. Tibi Eribertus Abas monasterio Sancti t r / .(*U0C* 8S^ constmctum fori set prope ciuitate Janua. nos Boniza e o e redo et Rainaldo et Ermengarda.....fiiii et fìlia ofertores et ona oies ipsius monesterii. propterea dissimus.........firmissime e ona ex spontanea uoluntatis nostre inter nostra............ de nel fU”d° P,luariano............ginta et quinque, a perticas (es uo ecim a pedes Domni Liuprandi rex. cui coerit ab una parte (*) « Pergamena autpnF- ad tlurnem Besa 100’ Se^nata su^ ^orso> di mano antica: De Ftralda usque vero di Enrico. Do, ^ *'lC tcrra a San Martino in Vesano fatta al monastero <’) Erro“eamP , ^ M qm' Pletr° » ^och). 1>n. llexl (per Miej^T/' Chartarum Hoc. citj fu stampato Oberto /Ilius I 'r Meni) c. anna ntia qm. ciani (in luogo di Ebani). ( IN ) terra Genoardi. de alia parte terra.............de quatta parte terra Martini, sibeque aliis sunt................et coerencias. omnia tercia porcione in integrum una cum esito...........qui supra Eribertus abas uel in tuos subcessores donamus et auferimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus, faciendum ‘exinde abas uel monahos illos qui pro tempore in eodem monesterio ordinati fuerint usu et suntu quiquit uoluerint prò anime nostre mercede, sine omni nostrji et eredum nostrorum contradicione. salua quidem Luminaria Sancte Ecclesie cuius est 'proprietas, et liceat uos exinde libellum petire quandoque tempore uolueritis. et si fieret quod non credimus nos qui supra Jer-mani et mater et filiis si unquam in tempore nos uel nostris eredibus ad te Eribertus Abas uel at tuos subcessores de suprascripta pecia de terra qualiter superius legitur in integrum agere aut causare quesierimus. uel ab omni omine defensare non potuerimus preter de Ecclesia cuius est proprietas, tunc spondimus nos qui supra mater et filiis uel nostris Eredibus componere tibi qui supra Eribertus Abas uel at tuos subcessores pena dubia suprascripta pecia de terra comodo in tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, quam uero cartulam ofersionis me paginam Johannes notarius tradidi et scribere rogauimus. in qua subter confirmauimus testibusque obtulimus roborandum. Actum ciuitate Janua feliciter. Signum.......manibus suprascripte mater et filiis.....et eox relecta est. Signum.......*................... ...........tradita compleui et dedi (’). DOCUMENTO LXXV1I1. Martino del qm. Alberto ed Oza , giugali, donano allo stesso monastero una terra vig-nata ed un prato che possedono in Val di Bisagno; presso il fossato di Acqualunga. 1019, maggio (Pergamena dell’Arch. Gov., loc. cit.; Carte Genovesi, num. 112) In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Eginricus gratia Dei Imperator Augustus, anno Imperii eius Deo propicio in Italia sexto. mense madius. indicione secunda. Monesterio Sancti Stefani Christi (i) sul dorso, di mano'antica : De Pauarano >. ipso uiio et ienitori nostro nobis consenciente et subter confirmante. et Rainfredus filius quondam Ingoni. ofertores et donatores tui. propterea diximus quisquis in Sanctis ac in uenerabilibus locis et suis a iquid contulleiit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius uitam posidebit eternam. et ideo nos qui aipra iucalibus et Jermanis et Rainfredus offertores et donatores nestri onamus cedimus tradimus et conferimus et per presentem cSrtulam offer--ionis abendum confirmamus, oc est nostra porcione et diuixione quod est eia poicione de lebus illis qui fuerunt quondam odemari filii quondam Ansai di quibus sunt poxitis in locas et fundas Vesano, loco ubi Sancto ino dicitur, cui coerit ab ipsis rebus da una parte terra que fuit i londam Andrei Judex, de alia parte uia publica, de aliis duobus par-teria ipsius monesterii. infra ian dictas coerencias omnia et ex om-> duodecima poicione in integrum, oc sunt uineis saletis ficetis ^ - omnia et ex omnibus sicut superius legitur in integrum, que autem puer ascripta duodecima porcione de ian dictis rebus supradictis una . ' e-ione et ingreso suo seu superioribus et inferioribus suis et qua-rerhi.. kgitur in integrum ab ac die in eodem monesterio do-contìr eu"lus et pei presentem cartulam offersionis ibidem abendum Mona T"™'" aCiendum exinde a presenti die in susidium abatum ucl auod °FUm ^U' in eodem monesterio ordinati fuerint uxu ct subtu no«stro!° Uenn pr° an,me n0Stre mercede s’ne omni nostra uel Eredum no.trorum contradicione. quidem et spondimus atque promitimus nos (V Aut. Judo aut Indo (Poch). ( 117 ) qui supra Jugalibus et germani et Rainfredus nel nostris eredibus :i parte ipsius monesterii de suprascripta duodecima porcione de predictis..... et omnibus qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare. quod si defendere non potuerimus aut si a parte ipsius monesterii exinde aliquit per couis inienium subtraere quexierimus. tunc in dublum eadem offersio in eodem monesterio restituamus sicut prò tempore fuerint, melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, quam uero cartulam offersionis nostre Bernodus notarius scribendum rogauimus. in qua subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum infra castro Carmadino feliciter. 't Rainfredo in ac cartula offersionis a me facta subscripsi ( ). DOCUMENTO LXXXIII. Giovanni del qm. Berolfo e Teuderada, giugal'i,-in una coi loro ligli, donano al monastero medesimo una pezza di terra sita nel Prato di San Martino. 102-2, aprile (Carte Genovesi, num. 110) In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Enricus gratia dei Imperator Augustus, anno Imperii eius Deo propicio nono, mense aprilis. indicione quinta. Monesterio Sancti Stefani proto christi martiris sito foris et prope Ciuitate Janua. Nos Johannes filius quondam berulfi et Teuderada qui et Gotiza .... et ipso uiro meo milii consenciente . . ; . . . . seu Liuzo qui et Landulfo et Opizo et Teuderada et ... . iermani .et iermana filii et lilia eorum iugalibus. et ipse Johanni eiden filii et fìlia sua consenciente......qui profesi sumus nos omnes ex tìacione nostra lege uiuere Romana........donamus et auferimus in suntu uel in susidium Monachorum......oc èst pecia una de terra cum ar- Tboribusfructiferis infra se habente iuris nostra que posita est in loco et fundo ubi dicitur prato Sancti Martini, et est per mensura iusta in circuitu super totum perticas Treginta et media, a perticas de pedes duodecim a pedes Domili Liuprandi Rex. coerit ei de una parte terra de Eredes quondam Martini Judicis et Johanni iermani. de alia parte uia pu- (i) Pergamena autentica, mancante sul line; notata sul dorso, di mano antica: Carta quam fcpit Indo de S. Martino, qvam fecit Indo cum svia filiis et Raifredo. C i 18 ) blica .... de aliis duobus partibus terra suprascripti monesterii i Sancti Stefani .... faciendum exinde.....Abbas uel Monachi illi .... exinde cotidie ibidem seruierint usu et sunctu......pro anime nostre mercede ... eo uero ordine ut si euenerit Pontifex aut Abbas qui suprascripta pecia de terra de eodem monesterio tullerit. tunc ueniat in potestate de propinquioribus parentibus ipsorum Jugalibus......cousque uenerit Pontifex aut Abas qui in suprascripto monesterio abere.....debent in suntu..............Actum ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. m. m. m. m. manibus suprascriptos Johanni et Teuderada iugalibus et Liuzo et Opizo et Tedixio et Teuderada iermani et iermana lilii eorum iugalibus qui anc cartulam ofersionis fieri rogauerunt. et ipse Johannes eidem uxor et filii sui consensit ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Berizoni et Rainaldus et Bonofilio et Petri Johanni et item Johanni lege uiuentes Romana testes. Ego qui supra Johannes Notarius scriptor huius cartule ofersionis pos-tradita compleui et dedit ('). DOCUMENTO LXXXIY. Teberga del qm. Andrea giudice e vedova di Tommaso, Guglielmo giudice, fiol-tifredo, Cunizo ed Emengarda figli dei detti coniugi, donano ni monastero di santo Stefano un loro campo sito nel Prato di San Martino. 1022, aprile (Carte Genovesi-, num. 120) t In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Einricus gratia Dei Imperator Augustus, anno Imperii eius Deo propicio nono, mense Aprilis. Indicione quinta. Monesterio Sancti Stefani proto martire sito foris urbis Janua. ubi preest Domnus Aribertus Abas. nos Teberga filia quondam Andrei Judex Wilielmus seu Gotifredus et Cunizo qui Ermengarda Jermanis et Jermana filii et filia quondan^ Tomas et eidem Teberge. qui professi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere Romana, offertor et donator ipsius monesterii. propterea dissimus quisquis in sanctis et uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiad. insuper quod melius « Pergamena autentica » (l'och). est uitam posidebit eternam. idc*oque in susidium Abatum uel monachorum usu et sumptu quicquit uoluerit prò anime mee mercede, eo tamen ordine si etuenerit Pontifex aut Abbas seu qualibet Potestas que suprascripta pecia de terra de prefacto Monasterio tuleritis, tunc ( 132 ) statini deueniiit suprascripta pecia de terra in potestate propinquioribus parentibus meis qui supra Oficia qui at illum dio propinquior apparuerit, quamdiu uenerit illa Potestas que suprascripta pecia de terra in suprascripto monasterio reuerterit tunc facias exinde Abbas uel Monachos illos qui pro tempore in eodem monasterio ordinati fuerint # et cotidie Deo deseruierint in susidium usu ct suntu quicquit uoluerit sine omni mea uel eredum meorum contradicione. quidem espondeo adque promitto me ego qui supra Oficia una cum meos Eredes at parte ipsius monesterii de medietate de suprascripta pecia de terra qualiter superius legitur in integrum aiere aut causare quesierimus uel ab omni omine defensare non potuerimus preter de. Ecclesia cuius est proprietas, tunc spondeo me ego qui supra Oficia una cum meos eredes componere at parte ipsius monasterii pena dubia suprascripta pecia de terra sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub stimacione in consimile loco, quam uero cartam offersionis mee paginam Marinus Notarius tradidit et scribere rogauit. in qua subter confirmans testibusque optulit ìoborandum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum, m. manus suprascripta Officia qui ac carta offersionis pro anime sue mercedis fieri rogauit ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Ingoni Vicecomes ct Opizoni ct Erizoni et Teuderus adque Bellardi rogatis testes. t Amelio rogatus subscripsi. T Ego qui supra Marinus notarius scriptor huius cartule offersionis post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO XC11I. ' idone dei qm. Oberto Visconte, Dodone, Gandolfo e Benzo suoi ligli vendono ad Eriberto abbate del prefato monastero un pastino sito nel Prato di San Martino. 1026, settembre (Ved. Chartarum, voi. I, col. 450) (') Sul dorso, di mano antica: De Oriolo de Callona.no ; il che equivarreb all’ odierno Portlgllolo. Ma veramente le parole prope ipsius monasterii , < he leggonsi nell’atto, ci fanno accorti come si tratti invece della località la quale fu poscia appellata rortoria. ( 153 ) DOCUMENTO XCIV. Donazione ili una terra in San Siro Emiliano fatta da prete Andrea del qm. Pao-lone al monastero suddetto. 1027, gennaio (Pergamena dell'Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, maz?o I; Carte Genovesi, num. 138) < Hanni ab Incarnacione Domini nostri Jhesu Christi mileximo uige-ximo septimo, mense genoarius. indicione decima, tibi Eribertus Abba Monesterio Sancti Stefani sito foris set prope ciuitate Janua. ego Andrea presbitero quondam Pauloni qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere romana, propterea dixi per ni........ego qui supra Andrea presbitero uel meos eredes tibi qui supra Eribertus Abba uel tuis subcessoribus ...........at decem anni expleti ut debemus promitimus pastenare pecia una de terra iuris monesterii sancti Stefani que est posita in loco et fundo Sancto Siro Miliano. et est ipsa pecia de terra per mensura iusta super totum in circuito.......perticas quadraginta. a perticas de pedex duodecim a pedes Domni Liuprandi Rex. coerit ei de una parte terra Cunrado. de alia parte terra ipsius monesterii. de tercia parte uia publica, de quarta parte fosato et uia. sibeque alii sunt coerentes. infra iam dictas mensuras et coerencias omnia in integrum spondimus nos qui supra Andrea presbitero uel meos Eredex tibi qui supra Eribertus Abba uel a tuis subcessoribus ian dieta pecia de terra pastenare de uinea et de alios arborex fructiferos quale ipsa terra melior exportauerit........et mansione super locum aedificare ubi opor- tunum fuerit, quod si ego qui supra Andrea presbitero uel meos eredex tibi qui supra Eribertus Abba uel a tuis subcessoribus infra predicto constituto non pastenauerimus et ec omnia non atinpleuerimus qualiter superius legitur, tunc spondimus nos qui supra Andrea presbitero uel meos eredex componere tibi qui supra Eribertus Abba uel /«2« subcessoribus pena argentum denarios bonos papienses soldos centum, quidem et anc confirmandum promisionis cartam accepi ego qui supra Andrea Presbitero at te dicto Eribertus Abba exinde Launahilt pro ue-stimenta una ut ec mea promisio sicut superius legitur peremnis temporibus firma permaneat atque persistat, et nec mihi liceat ullo tempore nolle quod uoluit se quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruarc promito con stipulacione subnixa. Actum in predicto loco Monesterio feliciter. ( 134) t Andrea presbitero in ne cartula promisionis u me facta subscripsi. Signum m. m. m. m. m. mrfnibus Johannes ac Vitale et item Johannes et Rozo seu Johannes omnes lege uiuentes romana testes. Ego bernodus notarius scriptor uius cartule promisionis post tradita compleui ct dedi ('). •DOCUMENTO XCV. ,, Berta o R( za figlia del qm. Aldana e moglie di Astolfo dol qm. Giovanni fa do- i. azione al ridetto monastero dei beni che possede nelle Vailidi Polpavera e di Bisagno, compresa la parte che ha nella cappella di santa Margherita in Marassi. 1027, gennaio. (Pergamena dell’ Arch. Gov., loc. cit. ; Carte Genovesi, num. 139) t Hanni ab incarnacene domini nostri Jhesu Christi mileximo uige-ximo setimo. mense Genuarius. Indicione decima. Monosterio Sancti Stefani sito foris set prope ciuitate Janua. Ego berta qui ct beza filia quondam Aldani et conius Astulfi filii quondam Johanni. qui profesa sum ex nacione mea lege uiuere Romana, et ipso uiro meo michi con-^enciente et subter confirmante, ofertris et donatris ipsius monesterii. pinpterea dixi quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat. insuper quod melius est uitam posidebit eternam. ct ideo ego qui supra berta donatris et ofertris ipsius monesterii dono et offero in susidium Abatum uel Monachorum et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, oc est mea porcione et diuixionc de casis et omnibus rebus iuris mei quam abere uisa sum in ualle Pulcifera, in as <,t fundas cupiole et in felecto. atque in ualle Vesano, locus ubi icitur Marasi, ubi noncupatur Sancta Margarita, simul cum mea portone de eadem capella in predicto loco eset constructa innonore (sic) e Margarite, oc sunt casis uineis ficetis castanetis roboretis canetis o mettis uel aliis arboribus cum areis ubi estant. terris arabilis gerbis pis siluis et pascuis, omnia et ex omnibus suprascripta nostra porle ian dictis casis et omnibus rebus in integrum, que autem su-ptis casis et omnibus rebus in easdem locas et fundas supradictis ,t ( ) Sul dorso, <1, mano antica: Cartula de Sancto Syro Mutano. De Strupa. ( 135 ; una cum accessionibus ct ingresoras carum cum superioribus et inferioribus suis et qualiter superius legitur simul cum iam dieta nostra por-cione de predicta capella in integrum ab ac die in eodem monesterio dono et offero et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, faciendum exinde a presenti die in susidium Abatum uel Monachorum qui in eodem monesterio ordinati fuerint uel qui cotidie ibidem deo deser-uierint usu et subtu quicquit uoluerint. eo uero ordine sic uenerit Pontifex aut Abbas uel qualibet Potestas que predictis omnibus rebus qualiter superius legitur de eodem monesterio tullerint aut pro scripcione in aliena persona emiserint, tunc statim ueniant predictis omnibus rebus in potestate de propinquioribus parentibus meis qui at illum die propinquior aparuerit. quandiu uenerit illa Potestas qui predictis omnibus rebus in eodem monesterio reuertat. et facias Abbas uel monachos illos de fruges et reditum seu censu que de ipsis casis et rebus et de predicta Capella esierit quiquit uoluerit sine omni mea et eredum meorum contradicione. quidem efc spondeo atque promitto me ego qui supra berta una cum meos eredes a parte ipsius monesterii suprascripta nostra porcione de ian dictis casis et omnibus rebus et de eadem capella qualiter superius legitur et est compreensus in integrum uel ab omni homine defensare, quod sit defendere non potuerimus aut si a parte ipsius Monesterii exinde aliquit per couis ingenium subtraere quexie-rimus. tunc in dubium eadem offersio in eodem monesterio restituamus sicut pro tempore fuerit melioratis aut ualuerit sub estimaeione in consimilibus locis, et nec mihi liceat ullo tempore nolle quod uoluit. se quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promito con stipulacione subnixa. Actum in loco Bergalli ubi Sancto Laurencio dicitur feliciter. Signum m. manus suprascripta berta qui anc cartulam offersionis fieri rogaui. et ei relecta est. Signum m. manus suprascripto Astulfo qui eidem conius sua ab omnia suprascripta consensi ut supra. Signum m. m. m. m. manibus Dominicus et Rainardus et Martinus et Bernardus omnes lege uiuentes Romana testes. f Silueradus Judex rogatus subscripsi. ■f Bernodus Notarius scriptor uius cartule offersionis postradita compleui et dedi ('). (•) Sul dorso, di mano antica: Cartula rie terra Itiparolii et Ecclesia sancte Margherite de Marcialo. ( 136 ) DOCUMENTO XCVI. Pietro del qm. Benedetto e Boniza, detta anche Gisln, donano all’anzidetto monastero la quarta parte di una terra nel Prato di San Martino. 1028, marzo (Pergamena dell’Arch. Gov., loc. eit. ; Carte Genovesi, num. 141)) ..In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Conradus „iatia Dei Imperator Augustus, anno .imperii eius Deo propicio in Italia primo, mense Marcius. Indicione undecima. Monasterio Sancti Stefani christi martiri® sito foris set prope ciuitate Janua. nos Petrus quon- < am Benedicti et Boniza qui et Gisla Jugalibus filia quondam iani . . . • • • ni. qui profesi sumus ex nacione nostra lege uiuere Romana, et ipso uiro meo mihi consenciente et subter conflrmante. offertori et donatores ip^o monesterio. .propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uitam posidebit eterna, et nos qui supra iugalibus offertores et Donatores ipsius monasterii donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus, oc est mea porcione et deuixione quod est quarta pars, de pecia una de terra cum in partes ficas et oliuas et alios arbores fructiferos infra se abente iuris nostris iugalibus quam abere uiso sum in Valle Vesano, locus ubi dicitur Prato Sancti Martini . et est psa quarta porcione quamque at alias similes tres porciones quamque super totum in circuito perticas sesaginta et pedes octo, a perticas e pedes duodecim a pedex Domni Liuprandi Rex. coerit ei ab ipsa quar a porcione quamque at al as simile* tres porciones da una parte iam ^jU^*Ca’ a^*s tribu, partibus terra ipsius Sancti Stefani, infra ictas mensuras et coerencias omnia suprascripta quarta porcione def0^00^11111 ^Ue aU^em suPrascripta quarta porcione de ian dieta pecia gu . a *ur*s nostra supradicta una cum accesione et ingreso suo seu cum ab^ ,.*^US Ìnffirioribus suis et qualiter superius legitur in integrum ae die in eodem monesterio Sancti Stefani donamus et offerimus, et eiend n*em cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus, fa-in pnri e*ln^e a Prei?enti die Abas uel Monahos illos qui prò tempore rint us t °neSter‘° ord>nati fuerint et cotidie ibidem Deo deseruie-ut sì Pur. 'ln*'u 'lu'cquit uoluerint prò anime nostre mercede, co tinore «en pontifex aut Abbas seu qualibet potestas que suprascriptis 7 i ( 137 ) rebus de prefaeto monesterio et tullerint. tunc statim deueniant in potestate jjropinquioribus parentibus nostris qui at illum die propinquior aparuerit. quandiu uenerit illa Potestas que suprascriptis.....rebus qualiter superius legitur in eodem mouesterio reuerterint tunc faciant exinde Abbas uel Monahos illos qui prò tempore in eodem monasteri A ordinati fuerint in susidium usu et suntum quicquit uoluerint prò anime nostre mercede sine omni nostra et eredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus atque promitimus nos qui supra Jugalibus una cum nostris Eredibus a parte ipso monesterio.....in integrum ab omni • omine defensare, quod sit defendere non potuerimus aut si a parte ipsius monasterii per quouis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dublum eadem offersio ut superius legitur a parte ipsius monasterii metuamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, anc enim offersionis me paginam bernodus notarius tradidit et scribere rogauimus. in qua subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum in predicto Monesterio feliciter. - Signum m. manus suprascripta Boniza qui anc cartulam offersionis fieri rogaui. et ei relccta est. Signum m. m. m. m. manibus Martini et Bonoseniore et Sigizo et Petrus omnes lege uiuentes romana testes. Ego qui supra Bernodus Notarius scriptor uius cartule offersionis postradita compleui fet dedi ('). DOCUMENTO XCVII. locazione di beni siti nel luogo di Porciana, fatta dall’Abate di santo Stefano a Martino e consorti. 1028, agosto (Carte Genovesi, num. 141) Cum Cum peto Defensoribus sacrosancte Januensis Ecclesie ubi preest Domnus Eribertus Abba Monasterio Sancti Stefani sito foris set prope ^*) Sul dorso , di mano antica : Cartula quom fecit Petrus de Lilia ad San- ctum Stephanutn.....Testes Eribertus Lambertus Affino Genoardus Bonizo Johannes. Ansaldus filius quondam Amelii fecit cartulam aufersionis a Sditeti Stefani .... per apreciatum usque aci libras quindecim da denarios bonos papié nses de.....rebus de quantum habet in Bauelime . ,......... Testes Lanbertus Genoardus Affino Ansaldus Johannes e.......EribQvlus fecit r.....ofersionis a Saìicti Stefani de Ubras tres de denarios honos . ... . de quantum habet in Polanici de ab . . . tum et liberario. 10 ciuitate Janua. uti nobis Martini una cum filiis meis masculinis et de legitima procreacione cum' domino adiuuanto......ct Alsenda cum lilii* masculinis, et.....mater ct liliis por medie cum Martinus de ipsis rebus......et terra coitu semenadura modio uno. et Genoardus t m fi iis masculinis et si unus ex nobis sine eredex mortuus fuerit unus a terius subcedat. titulo condicione locare iubeatis nobis petimus rebus coitis iuris Sancte Ecclesie Sancti Siri qui da parte Sancti Siri predicto monenti rio Sancti Stefani concesa est libellum mire ... et pensione scàndi que .... est in loco et fundo Porciana. omnia quecumque nobis qui ■ upia Martinus. et Genoardus tenemus da parte Sancti Stefani et antea tenuit Curadus germano ipso Martinus et at predicto monesterio drictum endemus. et genoardus in ipso loco Porciana trasit de agro et colto nania in integrum, spondimus in Dei nomine atque promitimns infra-sciipta rex melioiare atque excollere uel de uinea que nunc est piantata prò omni tempore uindemie rendere debemus sestario quarto, et de. . . i idem seminauerimus do grano frumento uel de ordeo. uel de faue promitimus rendere sestario setimo. et omnia infrascripta blaua què supra legitui super locum dare promitimus a qualccumque ministeriale suprascripto D^mnus Eribertus abba uel suosque subcessores in predicto loco emiserit at recipiendum, ita tamen ut inferamus uobis uel su'ces--oribus uestris per unumquemque anno pullos duos et azimas duas. quod si minime fecerimus de quod superius repro'mitimus tunc liceat uos uel subcessoribus uestris infrascripta rex introire et cui uolueritis are in uestra sit potestate, unde sic placeat at peticio nostra et unc ellum scriptum et manus uestra 'firmatum nobis contradere iubeatis. a terum simile uobis factum uel testibus roboratum uobis pro muni-Jancte Ecclesie uestre tradimus conseruandum. Facto petitorio • °_se aoustus. Indicione undecima. Imperante Domno nostro Conradus 111 a ia anno secundo. Indicione suprascripta feliciter ('). tavia in parnona di Quella età, in cui mancano le soscrizioni, essendovi tut-Plico li nPaZl1/ su(Ticie,lte per esse- La ritrovai fra le disperse, e la riposi nel Planum Fi>cl,s ''(l'V)' ° mano ar>tica: De Porciano de Ripia, prope \ ( 159 ) DOCUMENTO XCVIII. Amiza Jiglia del qm. Bernodo e moglie di Idone fa donazione al monastero di santo Stefano della terza parte di due pezze di terra site nel luo'/o appellalo Maggiolo. 1029, maggio (Pergamena dell’Ardi. Gov., loc. dt.; Carte Genovesi, num. 142) In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Cunradus gratia dei Imperator Augustus, anno imperii eius Deo propicio tercio. mense Madius. Indicione duodecima. Monasterio Sancti Stefani proto-martiris quod est constructum foris et prope Ciuitate Janua. Ego Amiza filia quondam Bernodi et conius Idoni. et ipso uiro meo mihi consenciente et subter confirmante, qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere Romana, offertor et donator ipso monesterio. propterea disi quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquis contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uitam posidebit aeternam, et ideo ego qui supra Amiza dono oflfero in eodem Monasterio Sancti Stefani pro anime mee mercede, oc est mea porcione et diuisione quod est tercia pars de pectas duas de terra cum areas ubi estant iuris mea proprietarie quas 'abere uisa sum in loco et fundo. qui et prima pecia de terra iaceat locus ubi dicitur Maleolo. qui detinet filius Tliome qui cum deuotat at Monaclio. et fines hic decernitur, da una parte terra Gisone Diaconus, de alia parte uia publica, da tercia parte fossato. Infra suprascriptas fines omnia suprascripta tercia porcione in integrum. Secunda pecia de terra iacet in suprascripto loco, qui et item coerit ei da una parte terra Sancti Stefani, de alia parte terra Serrinasca. da tercia parte uia publica, siueque alii sunt ab omnia coe-rentes. et est ipsa pecia de terra cum uinea super abentem recta per Bonizoni. Infra suprascriptas fines omnia suprascripta mea porcione quod est similiter tercia pars in integrum, una cum accessionibus et ingres-soras earum seu superioribus et inferioribus earum rerum et qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio Sancti Stefani dono et offero et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, faciendum exinde a presenti die Abbas uel monachos illos qui pro tempore in eodem monasterio ordinatis fuerint et cotidie ibidem Deo deseruierint in susidium usu et suntu quiquit uoluerit prò ( UO ) nui meicede, eo uero ordine ut si euenerit Pontifex aut Abbas qualibet Potestas quo predictas pecias duas do terra do prefacto terio tulleiint. tunc statini deileniant- in potestatem propinquio-parentibus meis qui at illuni die propinquior apparuerit, quandiu 1’ ^°^es^as ^ue Pledictas pecias duas de terra qualiter superius ° U 'n eo<^em monasterio reuerterit tunc faciant exinde Abas uel achos illos qui prò tempore in eodem monasterio ordinati sunt einceps in antea ordinati esse debent, in susidium usu et sumptu 1 q it uoluerit per anime mee mercedem. quidem espondeo adque p omitto me ego qui supra Amiza una cum meos eredes a parte ipso monasterio de suprascripta tercia porcione de prefactas petfias duas de erra qualitei superius decernitur in integrum ab omni omine defensare, ali 'S* ^e^en'^tle non P°tuerimus aut a parte ipsius monesterii exinde quit per couis inienium subtraere quesierimus. tunc in dublum eadem ersio a parte ipso monesterio restituamus sicut prò tempore fuerit m ìorata aut ualuerit sub estimatone in consimile loco, et nec mihi UH0 tempore nolle quod uolui set quod a me semel factum uel scriptum est inuiolabiliter conseruare promitto cum stipulatone nixa' anc enim cartulam offersionis paginam Marinus notarius tradidit e scribere rogauit. in quam supter confirmans testibusque optulit ro-orandum. Actum ^ illa que noncupatur Murtedo feliciter. ienum m. manus suprascripta Amiza qui anc cartulam offersionis neri rogaui ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Erizoni et Johacnes et Bonizoni e ^Bonofilio et Venerando leie uiuentes Romana testes. i Eco qui supra Marinus Notarius scriptor huius cartule offersionis postradita compleui et dedi. T "Vido qui eidem conius mea consensi ('). tem.Johanni lege uiuentes»Komana testes. nost" t rii-VS“pra Bprnard,,s Notarius scriptor uius cartule offersionis post tradita compleui et dedi. ( 143 ) DOCUMENTO C. Libello enflteutico di due porzioni di una vigna , e di un canneto in Campolungo, consentito da Eriberto abbate di santo Stefano a Genoardo del qm. Giovanni. 1030, marzo (Pergamena dell’Arch. Gov., loc. cit.; Carte Genovesi, num. 144) f In nomine Domini Dei et Saluatori nostri ihesu christi. Cunradus gratia Dei Imperator Augustus, anno imperii eius Deo propicio tercio. mense marcius. indicione terciadecima. Placuit atque conuenit inter Eribertus Abas monesterio Sancti Stefani quod est constructum foris set prope Ciuitate Janua kec non et inter Jenoardus filius quondam Johanni. ut in Dei nomine debeat dare sicuti a presenti dedit suprascripto Eribertus Abbas eidem Jeonardus uel at suos eredes, hoc sunt duas porciones de pecia una de uites atque ex integra pecia una cum caneto iusta caput............at laborandum et detinendum at medie redendum iuris eidem monesterio. qui poxite sunt in Valle Yesano in loco et fundo Campolongo. coerit a suprascriptes dues porciones de predicta pecie de uites et a predicte pecie de caneto da una parte terra Jenoardi. de alia parte fluuio Yesano. de tercia parte terra Canonica Sancti Laurentii et ipso monesterio quod est tercia porcione. da quarta parte terre de eredes quondam Opizoni filius quondam lentocordi. sibique alii sunt cocrentes. Infra iam dictas coerencias una cum acessione et ingressoras earum in integrum, ea racione uti amodo ipse Jenoardus et suos ercdes suprascriptes dues porciones de predicta pecia de uites et predicta pecia de caneto qualiter superius legitur in integrum abere et. detinere debent et laborare, ita ut pro ipse Jenoardus uel suos Eredes meliorentur nam non pegiorentur. et persoluere exinde debent singolis annis tempore uindemie de musto niundo^atque ficàs seu de canas que Dominus dederit secundum usu et consuetudine uius terre et pro omni anno pulos duos et azimas duas optime, data ipsa medietate ic super locum ct predicti pulos et azimas at eodem monesterio eidem Eribertus Abbas suique subcessores at suorum Misi pro se ipse Jenoardus silique Eredes aut sui misi date et consignate ec omnia qualiter superius legitur in integrum, alia super impoxita eis non fiant, pena uero inter se posuerunt ut si suprascripto Jenoardus uai suos eredes minime fecerint at laborandum aut pro anue redendum uel cc omnia atinplendum sicut superius legitur aut suprascripto Eribertus Abbas suique subces- sores aliqua forcia uel super inpoxita fuerit uel ab omni homino in octo-ritate nou steterint, et ille qui non atinpleuerint sicut superius legitur cumponaut pars parti pena argentum Denarios bonos soldos centum, quam uero cartulam conueniencie nostre ambas partes Bernardus notarius scribendum rogauimus. Actum suprascripto loco Sancto Stefano feliciter. Signum m. manus suprascripto Jeonardus qui anc cartulam cónue-niencie fieri rogaui ut supra. Signum m. m. m. m. manibus Teudice et Andrei seu Miloni et Johanni Dominicus testes. Ego qui supra Bernardus notarius scripsi et subscripsi, post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CI. Gaadolfo Visconte del qm. Guglielmo ed Officia del qm. Guaraoo, {riusali, nonché Matrona del qm. Alberico e vedova di Idone, donano al monastero di san Siro di Genova i beni che possedono nel luogo di Casamavari in Iiisagno. 1030, marzo (Ved. Chartarum, voi. I, col. 486) DOCUMENTO GII. Toderada del qm. Erizone giudice, Guido e Oddone figli di detta Toderada e del qm. Cunizone, fanno donazione al monastero dì santo Stefano di un campo sito nel Prato di San Martino. 1031 , marzo (Carte Genovesi, num. 146) t In nomine Doihini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Cunrado gratia Dei Imperator Augustue. anno Imperii eius I)eo propicio quarto, mense marcius. indicione quartadecima. Monasterio Sancti Stefani protomartire sito foris et prope Ciuitate Janua ubi preest Domnus Aribertus Abas. nos Toderada filia quondam Erizoni Judex et conius Cunizoni et Vuido et Oddo Jermanis filii predicti Cunizoni et eidem Toderade. qui profesi sumus nos ex nacione nostra leie uiuere romana, ipso namque uiro ekJenitor nostro nobis consencientem ut subtcr con- (') Sul dorso, di mano antica: De Di-aida. firmantem, offertores et donatores eidem monesterio. propterea diximus quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta octori uocem in oc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uita posidebit eterna, et ideo nos-qui supra mater et filii offertores et donatores eidem monasterio donajnus et offerimus et per presentem cartulam offersionis a presenti die proprietario nomine abendum confirmamus, idest pecia una de campo iuris nostris qui supra mater et filii quam abere uisi sumus prope eidem monesterio et ubi ante os die nominatum fui a Pratum Sancti Martini et iusta terra eidem monasterio, est ipsa pecia de campo per mensura iusta in circuitum super totum perticas quadraginta et sex. a perticas de pedes duodecim a pedes Domni Liuprandi Rex. una cum acesione et ingreso , seu superioribus et .inferioribus suis et qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eadem monasterio donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis proprietario nomine at eidem monasterio abendum confirmamus, faciendum exinde predicto Abate uel tuos subcessores a parte predicto monasterio a presenti die proprietario nomine quiquit uolueritis sine omni nostra ^ui supra mater et filii uel Eredum nostrorum contradicione. quidem espondimus atque promitimus nos qui supra mater et filii una cum nostris Eredibus pars ipsius monasterio aut cui Abates de eidem monasterio dederint uel conceserint suprascripto pecio de campo qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si at iam dicto monasterio per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dubium eadem offersio at eidem monasterio restituamus sicut pro tempore fuerit meliorato aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, et nec nobis liceat ullo tempore nolle quod uoluimus. sed quod a nobis semel factum uel conscriptum et sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitimus con stipulacione subnixa. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Toderada qui ac cartula offersionis fieri rogaui. Cunradus qui eorum uxor et filii mei consensi. -{• Ego Vuido in ac cartula offersionis a me facta subscripsi. t Oddo in ac cartula offersionis subscripsi. Signum m. m. m. m. m. m. manibus Oglerio et Martinus atque Martinus atque Joliannes seu Landulfo atque Bruningo leie uiuentes Romana testes. f Ego Amelius notarius scriptor huius cartule offersionis post tradita compleui et dedi (’). (') « Pergamena autentica, seguala sul dorso, di mano antica: De Fratria » (Tocli). ( 146 ) DOCUMENTO CHI Concessione endteutica di una vigna al Pradello in Bisagno, fatta da Eriberto abate it prope ciuitate Janua. Vti nobis Joliaunes filius quondam Alberti et Richiza Jugalibus una cum filiis filiasue. et si unus ex nobis ."ine herede mortuus iuerit unus alterius succedant. Titulo conditionis loc.ii e ac prestare iubeatis. petimus uinea et rebus Sancti Stefani iusta fluuio \ esano, locus ubi dicitur Pradello. coerit tam ad ipsa uinea et u'bus quamque ad alie portiones* da tribus partibus terra predicto monesterio. da quarta parte terra Canonica Snncti Laurentii. Infra iam dictas coerencias quarta porcione. et medietatem de alia reliquia -'•imile quarta porcione. preter anteposito Insula ubi molendini et aque-ductile et tabula una de terra nostra suprascripta porcione quod est quarta parte et medietate de alia quarta porcione que est infra suprascriptas coherentias in integrum, ita tamenut inferamus uobis ucl successoribus uestris pensionem per unumquemque annum denarium. I. Spon-dimiis in Dei nomine atque promittimus suprascriptas res meliorare et pensionem Ecclesie uestre per unumquemque annum inferre, quod si minime fecerimus de quo superius repromittimus tunc licead uos uel successoribus uestris in suprascriptas res introire aut cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Post obitum nostrum uel filiis nostris in ius ct dominium Sancte Ecclesie uestre reuertatur cuius est proprietas. Ynde • ic placet hec peticio nostra et hunc libellum suprascriptum et manibus ue.stris firmatum et alium simile a nobis factum uobis pro munimine Sancte Ecclesie uestre tradidimus conseruandum. Facto petitorio mense marcius. Indicione XIIII. regnante Donino nostro Chonradus anno quarto. Indicione suprascripta feliciter. i E libertus abbas in hoc libello subscripsi ('). 0) Sul dorso, di mano aulica: De Statano ubi dicitur Praelo. Credo tjuod sit P anicles tp'.e est in pede uinearum nostra,-ian de Statano et prope flumen Bisanls mi dicemur Praelo. ( 1« ) DOCUMENTO CIV. Giovanni del qm. Maurone ed Ingelberga od Erica sua moglie fanno donazione al dotto monastero di una terra sita nel Prato di San Martino. 1031, dicembre ( Pergamena dell’Ardi. Gov., loc. cit. ; Carte Genovesi, num. 149) In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Conradus gratia Dei Imperator Augustus, anno imperii eius deo propicio quinto, mense december. Indicione quintadecima. Monesterio Sancti Stefani Protomartiris sito foris Ciuitate Janua. nos Johannes filius quondam Mauroni et Ingelberga qui Erica Jugalibus filia quondam Ribaldi qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere Romana, ipso uiro meo mihi consenciente et subter confirmante, aufertor ct donator ipsius monasterio, propterea dixi quisquig in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquis contuUerit rebus iuxta octoris uocem in oc seculo centuplum accipiat. insuper quod melius est uita posidebit eterna, et ideo nos qui supra iugalibus donamus et auferimus et per presentem cartulam aufersionis in eodem monesterio prò anime nostre mercede a presenti die abendum confirmo, hoc est pecia una de terra uacua cum area ubi estat iuris nostra, quam àbere uiso sum in loco et fundo sancto Martino. loco ubi dicitur prato, et est pecia de terra per mensura iusta in circuitu super totum perticas uiginti............perticas de pedex duodecim a pedex Domni Liuprandi Rex. coerit ei da una una parte . . . . . . miloni. da tres partes terra sancti Stefani. Infra ian dictas mensura et coerencias onia in integrum que auten suprascripta pecia de terra cum area supradicta una cum accesione et ingreso suo seu cum superioribus et inferioribus suis qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio sancti Stefani donamus'et auferimus ian dieta pecia de terra ut supra legitur, ita ut faciant Abas uel monagos qui ibidem sunt et de ic in antea ordinati ese debent in suntu ct susidium mona- gorum.......prò anime nostre mercede, et si unquam in tempere uenerit pontifex aut abas seu aliqua potestas que ian dieta pecia de terra at eodem monesterio minuere uoluerint. tunc ueniat in potestate nostra aut de propinquis parentibus nostris qui at illum diem propinquior aparuerit a frugendum. dum uenerit'pontifex aut abas seu aliqua potestas que at ipso monesterio rcuocarc faciant, et faciant abas uel monagos qui ibidem ordinati ese dclfent in suntu et susidio monagorum ( 148 ) quiquit uoluerint at eorum usu et suntu prò anime nostre mercede sine omni mea et eredum meorum contradicione. quidem espondimus atque promitimus nos qui supra iugalibus una eum nostris eredibus a parte ipsius monesterio suprascripta mea aufersio qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, qui sic defendere non pótuerimus aut si nobis exinde aliquit per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dublum eadem aufersio ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimatone in consimile loco, et nee nobis iugalibus liceat ullo tempore nolle quod uoluit. se quod a nobis semel factum nel conscriptum (est) sub iusiurandum inuio-labiliter conseruare promito con stipulaeione subnixa, ac enim cartula aufersionis paginam Vuinizo notarius tradidit et scribere rogaui. In qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Actum in suprascripto loco Sancti......feliciter. Signum m. m. inanibus Johanni et Ingelberga iugalibus qui ac cartula aufersionis fieri rogauerunt. et suprascripta conilis mea consensi ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Bonaudus et Dominicus et Johanni seu Petri atque Renardo lege uiuentes romana testes. Ego qui supra Vuinizo notarius scriptor uius cartule aufessionis post tradita compleui et dedi. DOCUMENTO CV. Cristina figlia del qm. Giovanni e moglie di Pietro dona al monastero suddetto una piccola pezza di terra presso la città di Genova nella Valle del Bisagno. 1032, aprile \ Pergamena dell’Arch. Gov., loc. cit. ; Carte Genovesi, num. 150) 7 In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. Cunrado gratia Dei Imperator Augustus, anno Imperii eius Deo propicio sesto, mense aprilis. indicione quinta decima. Monasterio Saneti Stefani proto-martire sito foris et prope ciuitate Janua. ubi preest domnift Aribertus Abbas. Ego Cristina filia quondam Johanni et usxor Petri. qui profeso sum ex nacione mea leie. uiuere Romana, et ipso uiro meo mihi consenciente et subter confirmante, offertor et donator eidem monesterio. propterea disi quisquis in sanctis àc in uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus, iusta octori uocem in hoc seculo centuplum accipiad. insuper quod melius est uitam posidebit eternam. et ideo ego qui supra < ristina ofTertrice et donatrice eidem monesterio dono qedo trado con ( 1*9 ) foro et per presentem cartulam offersionis ibidem abendo confirmo, idest peciola una de terra colta iuris mea quam abere uisa sum foris et prope Ciuitate Janua in Valle Vesano, et est ipsa peciola una de terra pro mensura iusta tabulas legitimas nouem et dimidia, coerit ei da duabus partibus terra eidem monesterio. de tercia parte terra "Wilielmi et Ricliizoni. de quarta parte terra predicto monesterio. sibeque aliis sunt coerentes. una cum accessione-et ingresso seu superioribus et inferioribus suis qualiter superius legitur in integrum, ab ac die in eadem monasterio dono et offero et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, faciendum exinde a presenti die eidem monasterio quiquit uoluerit sine omni mea et eredum meorum contradicione. quidem exspondeo que promitto me ego qui supra Cristina una cum meos eredes ad eidem monasterio aut cui ipso monasterio dederit suprascripta peciola una de terra qualiter superius legitur in integrum ab omni homine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit pro couis ingenium subtraere quexierimus. tunc in dublum eadem offersio ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, et nec mihi licead ullo tempore nolle quod uolui. se quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitto con stipulacione subnixa. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Cristina qui anc cartulam offersionis * fieri rogaui. Signum m. manus suprascripto Petrus qui eidem usxor sua ab omnia suprascripta consensi ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Amicus et Rufino seu Martinus et Johannes et item Johannes leie 'nuentes Romana testes. f Ego Johannes notarius et Judex scriptor uius cartule offersionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CVI. Alberto marchese figlio del qm. Alberto, pure marchese, fa dono al monastero predetto di una terra posta nella Villa di Carasco, e di un campo sito fuori della Villa stessa, nel luogo nominato Prato di Larino. 1033, gennaio «i (Ved. Chartarum, voi. I, col. 501; Atti della Società, voi. I, p. 221) (') Sul dorso: Cartula de Pcilro Ferro S. Martini. De Braida. ( ISO ) DOCUMENTO CV1I. Adalberto marchese e Adelaide giugnli fondano il monastero di Castiglione nella Diocesi di Borgo San Donnino; e gli assegnano , fra gli altri beni: decimam portionem cie . . . casis et castris, seu rebus oinnibus iuris nostris , quas habeie visi sumus . . . infra Ciuitatem . . . Januensis.... in locas effundas Gavi, . . . anteposito quinque castris constructas in locas et fondas Castellario que est in loco Gaui, etc.....Similiterque donamus et operimus omnem decimam nostre proprietà is infra Comitatibus Januensis .... in locis et fundis Quinto, Rapitilo, Lauagna , Sigestro, Monelia, Carrodano. 1033, 10 giugno (Ved. Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XII, p- 08) DOCUMENTO CVIII. dei an G*ovanni ed ofrasia o Bellesenda giugali promettono ad Alberto n .i n runinf?° di non disturbarlo nel godimento di una terra livellaria sita nel Borgo nuovo sulla piazza di saa siro di G(,nova. (Ved. Chartarum, voi. I, col. 507) DOCUMENTO CIX. Livello di una terra di proprietà della chiesa di santa Sabina, sita presso il Campo di san Marcellino, consentito ad Oberto da Ansaldo abbate del monastero di san Siro. 1036, gennaio (Pergamena dell’Arch Gov., abbazia di s. Siro, mazzo I; Carte Genovesi, num. 42) Cum Cum peto Defensoribus Monasterii Sancti Syli ubi preest Domnus Ansaldus Abbas ipsius Monasterii. Vti nobis Obberto titulo condicionis locare nobis iubeatis petimus peciam de tera iuris Ecclesie uestre Sancte Sauine que est sita prope campum Sancti Marcellini. et est ipsa pecia de terra mensura iusta in longitudine pedes treginta. in latitudine uero pedes sedecim, a pedes Domni Leoprandi Regis. cui colieret in uno laterc * ( 151 ) tora germani mei Amelii et Columbae, in alio latere uinea ipsius Ecclesie. in tercio latere terra si......ij)sius Ecclesie, in quarto latere uia publica. Infra istos lines et coherentias omnia supradicta petimus in integrum cum ingressu et exito suo et distillatione in circuito, et habeamus licentiam uendere eam et donare cui uoluero sine omni uestra et successorum uestrorum contradicione. ita tamen ut inferamus uobis aut successoribus uestris aut uestro misso per nos aut per nostrum missum per unumquenque annum pensionem denarium. I. Spondimus in Dei nomine suprascriptam pensionem uobis uel successoribus uestris per unumquenque annum inferre, quod si minime fecerimus de quo supra promitimus. tunc liceat uobis in suprascriptam terram introire et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Post autem obitum nostrum et heredum nostrorum in ius et dominium Sancte Ecclesie reuertatur cuius est proprietas. Ynde sic placet liec peticio nostra et hunc libellum scriptum et manus uestra firmatum nobis tradere iubeatis. et alium similem ac nobis factum uobis pro munimine Sancte Ecclesie tradidimus conseruandum. Facto petitorio mense Januario, indicione V. imperante Domno nostro Chonrado in Italia anno nono, indicione suprascripta feliciter. f Ansaldus Abbas in hoc libello subscripsi. DOCUMENTO CX. Corrado vescovo di Genova conferma al monastero di san Siro il possesso della cella e chiesa dei santi Vittore e Sabina, e dei beni alla medesima pertinenti. 1036, 30 novembre (Carte Genovesi, num. 157) • In nomine Sancte et indiuidue Trinitatis. Conradus per misericordiam Dei Sancte Januensis Ecclesie humilis Episcopus dilectissimo fideli nostro Ansaldo Abbati quem nostro aduentu Patrem et Pastorem inue-nimlis. Consueta est pietas ut ea quem suis uidentur largire subiectis non permittant suam firmitatem uiolari. ideoque petiit nobis tua fidelitas seu considerante nos tuum seruitium quod tu tuisque su-biecti monachi tam presentes quam futuri in monasterium sanctum ac uenerabilc Beatissimi Confessoris et Episcopi Syri Januensis constituti ( 132 ) impendere uisi estis. Primum concedimus Sancto Siro tibique Ansaldo Abbati et tuis subiectis monachis atque per hanc nostram decreti paginam in sumptum et subsidium uestrorum ad aumentum Religionis uestre. ac pro necessitate loci illius abendum confirmamus pro anima Domini Imperatoris ac nostre et successorum nostrorum mercede, atque per hanc nostram firmatoriam atque decreti paginam. Cellam atque Ecclesiam cum omnibus editiciis ac pertinentiis sibi concessis, que fundata est prope prefato monasterio Sancti Siri in honorem Beati Victoris et Sabine Virginis super ripam maris, cum omni sua integritate atque pertinentiis. et non solum uobis et successoribus uestris in subiectione ipsius Monasterii Sancti Syli libere concedimus, sed et u i neam cum terra sua. et terram optabilem que est in circuitu ipsius Ecclesie Sancte Sauine per fines et coherencias designatas, nempe, ab uno latere flumen quod currit prope Ecclesiam Sancti Pancratii, ab alio latere alterum flumen quod currit prope Ecclesiam Sancte Sauine. a tertio latere littus maris, a quarto latere uinea quondam Godonis cum casis et massariciis et omnibus rebus iuris ipsius Ecclesie pertinentibus, adeo quod ipsi..............uidetur tam intus quamque foris territorio atque iuris tan qui nunc abet quam que in antea Deo adiuuante acquirere potuerit qualicumque modo, omnia ut supra diximus in sumptum et subsidium uestrum uestrorumque successorum habendum in integrum sine omni nostra et successorum nostrorum contradicione. ita ut nullo umquam tempore tam nostro quam successorum nostrorum te supra nominatum Ansaldum Abbatem tuosque successores de predicta Cella cum omni sua integritate atque pertinentiis habeamus licentiam molestare, sed omni tempore in uos firme et stabiles permaneant in-conuulse. firmo ordine ut de medietate rebus ipsius Ecclesie habeas nostram licentiam libellare secundum usum ipsius terre, et annuatim in die Sancte Pasche et Natalis Domini tu tuique successores persoluatis per uestros missos modiolos tres pocionis et totidem candelas. Quam ergo nostram decreti paginam Berardo nostro clerico scribere precepimus. in qua et nos pro ampliori firmitate manu nostra iirmauimus. Facta est hec nostra cessio anno Domii^ice Incarnationis M.XXX.VI. Regni uero domini Conradi Imperatoris et filii eius anno X. pridie ka-lendas decembris, indicione IV. Actum in Ciuitate Januensi feliciter. t Conradus Episcopus in hoc decreto subscripsi. Ego Thomas de Sancto Laurentio Notarius hoc exemplum extraxi et exemplaui ex authentico instrumento subscripto manu Conradi episcopi de mandato Domini Gulielmi de Montecello Consulis Janue de Justitia ( 1S5 ) deuersus Burgum.......quod mandatum mihi fecit in anno cur- rente MOCLXV. indicione .... die XIIII februarii, inter nonam et ue-speras. Testes. Obertus Paxius Judex. Henricus de Braia Notarius, et Henricus Dandella notarius. Predicta ad postulacionem Domini Mathei Abbatis Sancti Syri Janue. DOCUMENTO CXl. Livello della metà di una terra vignata in Carignano, consentito da Litefredo abbate di santo Stefano a Mainardo del qm. Mainardo. 1037,- 7 febbraio (Carte Genovesi, num. 158) -j- In Christi nomine. Placuit adque conuenit inter Domnus Litefredus Abbas monesterio Sancti Stefani protomartiris. quod est constructum sito prope ciuitate Janua nec non et inter Mainardus filius quondam item Mainardi. ut in Dei nomine debeant dare sicuti a presenti dedit suprascripto Domnus Litefredus Abbas eidem Mainardus uel at suos eredes, hoc est medietate de pecia una de uites at laborandum et detinendum at medie redendo iuris eidem monasterio, qui posita est in loco et fundo Caliniano. coerit ei ab ipsa medietate de predicta pecia de terra cum predicta uinea super se. da una parte simile medietas qui detinet Giraldus Masimino. da alia parte uia puplica. da tercia parte uia et terra Alberti. da quarta parte terra de eredes quondam Gezoni. sibique alii sunt coerentes. Infra ian dictas coerentias suprascripta medie in integrum. ea racione uti amodo ipse Mainardus et suos eredes suprascripta pecia de uites quod est medietate'una cum accessione et' ingresso suo in integrum abere et detinere debent et laborare atque scolere, ita ut pro eis meliorentur.......non pegiorentur. et usque at annos duos exspleti nihilt (sic) exinde redere debent, nixi per unumquemque anno pulos duos optimi, et da iandicti annos duos exspleti in antea redere debent singulis annis tempore uindemie musto mundo et auliua medietate secundum usu et consuetudine uius terre, prò se ipse Mainardus uel suos eredes aut suo misso eidem Domnus Litefredus Abbas uel Mbces-sores aut suorum misso data et consignata ipsa medietate ic super locum. et.......pulos eodem monasterio consignati, alia super in- poxita eis non fìant. pena uero inter se posuerunt ut si suprascripto Mainardus uel suos eredes minime fecerint at laborandum aut..... li ( lo4 ) redendum. uel ec omnia ativnplendum sicut superius legitur, aut si suprascripto Domnus Litefredus.........subcessores torcia uel super inpoxita fecerint, uel ab omni liomine in octoritate non steterint ad defensandum, et ille qui non atimpleuerit sicut superius legitur componant pars parti pena argentum denarios bonos papienses soldos quinquaginta. Imperante Domno nostro Cunradus. Deo propicio (anno) decimo, setimo die mense februarius. Indicione quinta. Actum suprascripto ma-sterio (siV) feliciter, t Litefredus Abbas in hoc libello conuenientia a me facta subscripsi. Signum m. manus suprascripto Mainardus qui anc cartulam conueniencia fieri rogaui. et eique relecta est. Signum m. m. m. m. m. manibus Johannes et Andrea et Causerame et Petrus et Vitali rogati téstes. Ego Bernardus Notarius scriptor uius libellum conueniencia post tradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXII. Placito tenuto in Genova da Alberto marchese, al cospetto di Oberto Visconte e d’altri personaggi; con cui, ad istanza di Ansaldo abbate del monastero di san Siro assistito da Dodone suo avvocato, riconosce ed afferma la verità della donazione di beni fatta da Lamberto ed Oza al monastero medesimo (5). 1039, 8 dicembre (Ved. Chartarum, voi. I, col. 527) DOCUMENTO CXI1I. Martino del qm. Buoofìglio dà in pegno ad Alberto del qm. Bruningo varii beni posti nel Comitato di Genova (3). 1040, febbraio (Ved. Chartarum, voi. I, col. 350) (*) « Scrittura autentica in pergamena. Piego III; Cantera num. VI » (Poch), (*> Ved. Docum. I.XXXVI, a pag. 121. (3) Questo documento reca le note cronologiche: reynante domino nostro enricus anno primo, mense februarius, indicione octaua. Ma il eh. Dotta, cui se ne deve la pubblicazione, avverte che « il carattere e le forinole dell’atto ci indussero ( Job ) DOCUMENTO CXIV. Breve di promissione fatta dal detto Martino di non vendere i beni di cui sopra ad altri che ad Alberto precitato. 1040, febbraio (Carte Genovesi, num. 162) In Dei nomine. Breue securitatis et firmitatis ad memoria retinendum seu et sponsionis quod facio ego Martinus filius quondam Bonfilio ad tibi Albertus fìlius quondam Brunengi de casis et omnibus rebus meis proprietareis et libellareis quibus sum positis in Comitatum Januensis in locas et fundaS Cisino. et in lo casale in plungi. et in Bonaria, in solariolo. in cauana et in campo zuconi. in sorte de funtana. in mugna-negasco. et in preta streta. in la fontana, in campo de Porcile, in Pa-lazese. in cagensasco. in Yederaria. in factori, in Incisa, et per aliis ceteris locis unde in.....in antea, et non abeo licencia nec potestate ego qui supra Martinus me meos eredes de suprascriptis casis et omnibus rebus qui ego in pigno tibi qui supra Adalbertus in te misi per carta uindicionis sub dubia defensione ad abomino (sic) uindere nec im-pignare ne inalinenare nisi tibi qui supra Adalbertus uel ad eredibus tuis si mihi qui supra Martinus uel ad eredibus tuis tale precium dederitis quale ipsis rebus ualuerint sub estimacione bonorum ominum, et si forsitan, ego qui supra Martinus uel meos eredes distullerimus aut implendum deliconiam (?) sicut supra legitur, tunc spondeo me ego qui supra Martinus uel meos eredes componere tibi qui supra Adalbertus tuisque eredibus in argentum Denareos bonos Papienses libras decem et suprascripta res in dublo. Factum est oc regnante donno nostro Ericus anno primo, mense februarius. Indicione octaua. Actum in suprascripto loco Cisino feliciter. • ad attribuire questa carta piuttosto al regno di Enricp II che a quello di Enrico III, quantunque l’indizione non concordi co/l’anno »; e perciò lo ascrive al 1002. Noi però confrontata siffatta pergamena con più altre del nostro Archivio Governativo, e riscontrate le formole con quelle de’ molti documenti adunati in questo Cartario, crediamo poter essere di diverso parere, e dover quindi assegnare il presente atto col seguente che ne dipende all’anno primo del regno di Enrico III , che è il 1010, al quale appunto risponde l’indizione ottava che in essi trovasi Specificata. Notisi ancora che una parte dei beni menzionati nell’atto stesso dicesi posta in Casino (leggi cesino) e Campo zuconi, e che ad ogni modo, quel BuonHglio padre del Martino che li impegnava ad Alberto era vivo nel 1003, 100-1 e 1042, come risulta pei documenti da noi riferiti ai num. XXXVIII, XL e I.VI (pag. 61, 64 ed S4^. ( 1S6 ) Signum m. manus suprascripto Martinus qui unc breue sponsionis fieri rogaui. Signum m. m. m. m. m. manibus Martinus et Aldeprandus et Bernardus et Albertus et Erenzo rogatis testis. Ego Bernardus notarius seritor uius breue sponsionis compleui et dedit ('). DOCUMENTO CXV. Oberto diacono della Chiesa.di Genova, figlio dei qm. Ingone, Toderada dei qm. Giovanili, Guglielmo e Corrado accolito figli della stessa Toderada, e Suficia del qm. Petrile moglie del detto Guglielmo, fanno donazione al monastero di san Siro di una terra con casa e castagneto in Struppa, nel luogo chiamato Croce. 1011, gennaio (Yed. Chartarum, voi. I, col. 531) DOCUMENTO CXYI. I’iacito tenuto nella Valle di Rapallo dal marchese Alberto, il quale aggiudica al monastero di san Fruttuoso di Capodimonte la proprietà di una selva. 1044, 1 febbraio (Ved. Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XIX, p. 185; Atti della Società, voi. I, p. 322) DOCUMENTO CXV1I. Sigeza ed Antelda, madre e figlia, donano al monastero di santo Stefano i beni che possedonj nel luogo di Garsaneto. 1045 , 6 marzo (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 167) t In nomine Domini, hani ab Incarnatione Domini nostri Jhesu Christi mileximo quadrageximo quinto, sexto die mense marcius. indicione quar- (!) « Pergamena autentica. Sul dorso, di mano antica: De Cisino » (Poch). ( 157 ) tadecima. Monesterio Sancti Stefani proto cristi martiris sito foris Ciuitate Janua. nos Sigeza filia quondam Bruningo et conius Richizoni et Antelda mater et filia et conius Andrea, et ipsi uiri nostris nobis con-sencientem et subter confirmante, ofertores et donatores ipsius monesterio. propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit contulerit rebus iusta octoris uocem in hoc seculo centuplum acipiad. insuper quod melius est uita poxidebit eterna, et ideo nos qui supra mater et filia dono et aufero in eodem (monasterio) in suntu in suxidio monahorum pro anime nostre mercede, hoc sunt casis et omnibus rebus nostris proprietariis et libellareis quam abere uiso sum in loco et fundo Garsaneto uel in eorum territoriis, it sunt casis uineis castanetis uel aleis arboribus fructiferis eum area ubi estat. aunia et ex onibus plenum et uacuum que milii qui supra Sigeza opuenit da parte quondam Genetris mea et nobis per qualecumque ingenium in suprascripto loco Garsaneto in integrum, qui autem suprascriptis casis et omnibus rebus nostris proprietareis et libellareis supradictis una cum acesione et ingresoras earum seut (sic) eum superioribus et inferioribus earum uel qualiter superius legitur in integrum ab ac die in eodem monesterio Sancti Stefani dono et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmamus, faciendum exinde a presenti die Abas uel Monahos illos qui prò tempore in eodem monesterio ordinati sunt uel deinces in antea ordinati eset (sic) debent ad earum usu et sumptu in susidium Mona-horiim quiquit uoluerit prò anime nostre mercede, eo uero ordine ut si unquam in tempore uenerit Pontifex aut Abas aut aliqua potestas qui suprascriptis casis et omnibus rebus aliqua subtradicione aut mi-nuacione facere quexierit. tunc statim ueniant in potestate propinquioribus parentibus nostris qui tunc tempore aparuerit. et tandiu in eorum potestate permaneat a fruendum quod usque uenerit aliqua potestas qui anc mea ofersio atimpleat ut superius legitur nam sit nemina persona exinde inquietatus non fuerit et eas quieto ordine abere permiserit, tunc faciant suprascriptus Abas uel Monahos qui pro tempore in eodem monesterio fuerat aut deinces in antea eset debent de suprascriptis casis et omnibus rebus quod superius legitur at eorum usu et sumptum quiquit uoluerit pro anime nostre mercede, sine onni nostra et eredum nostrorum contradicione. et sic fierit quod non credimus si nos qui supra mater et filia si umquam in tempore uel nostris eredibus a parte ipsius monesterio agere aut causare quexierimus uel ab oni omine defensare non potuerimus, preter Ecclesie cuius est proprietas, tunc spondimus nos qui supra mater et filia uel nostris eredibus componere a parte ipsius monesterio pena suprascriptis casis et aunibus rebus comodo in tempore fuerit melioratis aut ualuérit sub ( 1S8 ) estimaeione in consimile loco, anc enim cartulam aufersionis paginam Reinardus notarius tradidit et scribere rogauit. in qua subter confirmans testibusque autulit roborandum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum in. m. manibus suprascriptorum Sigeza et Antelda mater et filia qui anc cartulam aufersionis fierit rogauerunt ut supra. Signum m. m. manibus suprascriptorum Ricliizo et Andrea qui a suprascriptorum conius illorum consenserunt ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Johanni et Johanni et Rinaldo seu Johanni atque Albizo rogati testes. t Ego qui supra Reinardus notarius scriptor uius cartulam ofersionis postradita compleui et dedit ('). DOCUMENTO CXVIII. Rainaldo vescovo di Pavia.conferma alla Basilica di san Giovanni Dominarum della detta città i beni che quella possede, e fra gli altri: in Sancto Cipriano ( Comitatus Januae) capellam unam. A. 1045 (Ved. Robolini, Memorie appartenenti alla storia di Pavia) DOCUMENTO CXIX. Vendita di beni nel Comitato di Genova, fatta da Martino del qm. Buonfiglio ad Alberto del qm. Bruningo e Bonafante giugali, in osservanza delle antecedenti promesse (>). 1017, 3 ottobre (Carte Genovesi, num. 171) # In nomine domini dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. secundo En-ricus gratia dei Imperator Augustus, anno inperii eius deo propicio primo, tercio die mense octuber. indicione prima. Manifesto sum ego Martinus filius quondam bonfilius ego quod in presencia testium acce- (') Sul dorso, di mano antica: Carta de Carsaneto: Ved. Docum. CX1V, p. 155. i ( lo‘J ) pisem et acepiui at uos Alberti fìlius quondam Bruningi et Bonafante qui et Beriza iugalibus filia quondam Aimoni arientum denarios bonos papienses libras quatuor pro utilitatibus meis peraiendum. unde pro isto precio......uendo.....(') oc est medietate de caxis et omnibus rebus illis iuris meis proprietariis et libellariis qui mihi ante os annos ouenit da parte quondam Jenitor et Jenitrix mea .... in ualle Pulcifera in loco et fundo Cixini. Purcili. Casale pluncli. Bonaria. Solanoli. Cauanna. Campozuconi. Corte de fucania. Mugnanegasco. Preda-strecta. Fontana. Campo de Purcili. Palacexo. Aznensasco. Yederaria. Factori. Incisa, uel pro aliis ceteris locis et uocabulis ubicumque porcione uel sprte inuenti fuerint infra Comitatum Januensis .... salua quidem luminaria sancte Ecclesie cuius est proprietas.....anc enim cartulam uindicionis mee Obertus Notarius et Judex scribendum rogauit. Actum Burgo Ciuitate Janua feliciter. Signum...................... Signum m. m. m. m. m. manibus Johannes et Eestani et Marinus et Martini et Andrea rogati testes. Ego qui supra Oberto Notarius et Judex scriptor uius cartule uindicionis postradita compleui et dedit ( ). DOCUMENTO CXX. Rainaldo del qm. Tommaso dona alla chiesa di santa Maria di Castello in Genova, parecchi beni siti nella stessa città e nelle circostanze di Rapallo. 1019, 7 aprile (Ved. Chartarum, voi. II, col. 143 e 150; Vigna, Illustraz. dell’anticliiss. chiesa di S. M. di Castello, p. 465) DOCUMENTO CXXI. Adelaide figlia del qm. Manfredo marchese dona al monastero di santo Stefano i beni che possede nel luogo di Porciana, ove dicesi Villaregia. 1019, 4 luglio (Ved. Chartarum, voi II, col. 145) (1) Nel trascrivere quest’atto, il Poch ha tralasciate le formole, stringendosi alla sola parte sostanziale. (3) « Perjgamuna autentica » (Po h). DOCUMENTO CXXII. Mutua donazione di beni seguita fra Ansaldo abbate del monastero di san Siro >a una parte, ed Ottone del qm. Ricliezone, Ansegiso o Gungo del qm. Got-tifredo e Richizo accolito del qm. Oddone dall' altra. 1019, 15 luglio (Pergamena dell Ardi. Gov., Abbazia di s. Siro, mazzo1 I; Carte Genovesi, num. 174) In nomine domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. donno Hen-ricus eratia dei Imperator Augustus, anno imperii eius deo propicio tercio. quintodecimo die mense Julius. Indicione secunda. Monesterio pancti Sili quod est constructum foris Ciuitate Genua ubi nane domnus Ansaldus Abba preesse uidetur. Nos Otto filius quondam Rikegonis et et An^egisus qui et Gungo filius quondam Gotefredi seu ltikego ako-litus filius quondam Oddoni. qui professi sumus ex nacione nostra lege uiuere langobardam. propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquid contullerit rebus iusta octoris uocem in oc seculo centuplum accipietis et uitam eternam posidebitis. manifeste profìtemus nos qui supra Otto et Angisus seu Rikego acòlitus quod peti-uimus ad uos domnus Ansaldus Abba ut ad nobis et at filiis uel abiacis nostris diebus uite nostre concedere dignaretis precarie et tintheocario nomine tantum usufruendum de aliquantis omnibus rebus iuris suprascripto monasterio uestro quibus sunt poxitis in loco et fundo Sale et in eius territorio, et nos de ipsis omnibus rebus quod inde petiuimus a pai te ipsius monasterio uestro dare et tradere ac offerré spondimus ma--aricio uno cum omnibus rebus a se pertinente iuris nostris quibus sunt poxitis in loco et fundo Brioncti et in eius territorio, et. pecia una de prato iten iuris nostris que est poxita prope Prata Oua. quod est per mensura iusta hige legitima una. coerit ei da una parte lactuciolo. de alia prato Addelberti notarius, da tercia sancti Marciani, sibeque alii sunt coerente», nos uidelicet ordinamus .ac in eodem monesterio faciamus of-.-'ioriern de ipsis nostris rebus ut uos uestrisque supeessores uel pars ipsius monesterio nos et liliis uel abiaticis nostris prenominatis rebus • in ip*o loco Sale et in eius territorio pro illis quas ibi offerimus ^ -odein loco Briomti et in eius territorio et suprascripta pecia de f 1 °v a^°re Pr0“i* quiete et inlibate aduisxerimus. faciendum ex rugi us earum rerum uel censum quod exinde annuo Dominus dederit uolue™“- ut per no* rebus ipsis peiorentur. et per- ( Hil ) soluerimus exinde dum aduisxerimus annuatim a parte ipsius monasterio per omni mense genuarius censum argentum denarios bonos... et' djiti ipsi denarii per .nos uel nostrorum misum uobis uestrisque supces-soribus uel ad uestri misi et ut super altario ipsius sancti Sili ponamus, et pos nostrorum decessum ipsis omnibus rebus tam illis quam inde peti-uimus quamque illi sibi offersimus parti ipsius monesterio sint potestate, eo ordine si nobis inuiolabiliter fueri conseruatum sicut petiuimus. Quidem et ego ipse Ansaldus Abba uos abbodiui____suprascriptam peti- cionem uestram intelesi. qui ferula de manu sicut petistis ipsis rebus tam. illis quam inde petistis quamque et illis quam ibi oifersistis precario et thintheocario nomine abendum tradedit. eo uidelicet ordine ut de uestra et de filiis uel abiaticis. uestris in hoc seculo fuerit uitam ipsis rebus omnibus abeatis, et faciatis ex frugibus earum rerum uel censum quod exinde annue Dominus dederint quid uolueritis sine omni nostrorum uel supcessorum nostrorum seu pars ipsius monesterio inquie-tatudinem uel contradicionem. ita ut exinde annuatim censum redatis per omni seculo mense genua’rius sicut disistis. et si ego ipse domnus Ansaldus Abba uel meis sucesoribus uel pars ipsius monesterio uos et filiis uel abiaticis uestris diebus uite uestre ipsius omnibus rebus supradictis et uobis usufruendo abere tradedit precario et thintheocario nomine, quod si in easdem locas Sale Brioncti Oua et uobis diebus uite uestre aliquam subtracionem uel inquietudinem seu minuacionem exinde fecerimus et ipsis omnibus rebus diebus uite uestre precario et thin-tlieocario nomine usufruendo abbere quiete non permiserimus, tunc componamus uobis uel contra quem exinde non impleuerimus ut supra legitur pena suprascriptis omnibus rebus in dubium sicut pro tempore fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimiles locas, et pos pena soluta presens contractum inuiolabiliter in sua manead robore. Et si nos ipsi Otto et Ansegisus seu Rikego acolitus uel nostris filiis uel abiaticis ipsum censum annuatim a parte ipsius monasterio non dederimus aut ipsis rebus quas ibi offerimus exinde suptraere quexie-rimus. eo uidelicet ordine ut nobis et ad filiis uel abbiatlcis nostris diebus uite nostre pars ipsius monesterio quiete et inlibate abbere permiserint, tunc illi rebus quas ibi offerimus quamque et filiis quas inde abere petiuimus sicut supra nominatum est. tunc componamus parte ipsius monasterio suprascriptis omnibus rebus in dubium quam pro tem-poi-e fuerint melioratis aut ualuerint sub estimacione in consimilen locas, quit si uos uestrisque supcessores nos et filiis uel abbiaticis nostris iam dictis rebus qui ad abendum tradeditis quiete et inlibate precario et thintheocario nomine abbere permiseritis sicut superius tunc legitur, pos nos nostrorum omnium decessum ipsis omnibus rebus in casden locas ( 162 ) et tumlas Sale et in Briomti seu in Ona et in earum [territoriis pars ipsius monesterio deueniat. et sint in iure et potestate, ita ut facia de eadem pais ipsius monasterio proprietario nomine quiquid uoluerint pj’o anime nostre mercedis, et nec eis Ansaldus Abba et Rikego acolitus licead ullo tempore quod uolunt (sic), se quod abbeis semel factum uel conscriptum est inuiolabiliter conseruare promiserunt cum stipulacione | subnixa, unde due cartule precarie et emphintheothicario nomine et offersionis licet tradicionis uno tinore scripte sunt. Actum Ciue Ter-dona feliciter. I Signum m.m. manibus suprascripto Ottoni et Ansegisi qui anc car- tulam precario et thintheocario nomine seu offersionis et tradicionis fierint rogauerunt ut supra. t Rikego acolitus subscripsi. Signum m. m. m. manibus Gotefredi et Martini seu Vnfredi legem uiuentes romana testes. Signum m. m. manibus Johanni et Girardi testes. Ego Bouo Notarius et Judex sacri Palacii scriptor huius cartule precario et thintheocario nomine seu offersionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXXIII. Donazione di jbeni fatta da Alberto Rufo marchese e da Gioiita ci . moglie al monastero di san Venerio di Tiro; alla quale soscrive con monio Enrlcus de Passiano. I 1050 , 28 febbraio (Vedi Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XXIV, pag. 230) (') Sul dorso, di mano sincrona: Ansaldus Abbas Sancti Si/>i àedit Ot o Gunzo ct Rikczoni acolito et flliis eorum et oblaticls eorum quod Sanctus Syrus habet in territorio Sale in loco et fundo Cogullo ubi Sanctus Syriis dicitur. In Oua seu in Maurenzansi uel in earum territoriis at altud massariclum cu omnibus rebus ad eum pertinentibus in loco et fundo Jìrionti quod ab els ac I> ut post supradlctorum obitum sine filiorum uel ablaticorum hec omnia in P state Sancti Syri rcuertantur. E più abbasso: De Saic. ( 165.) DOCUMENTO CXXIV. Martino abbate di santo Stefano concede a livello una terra sita in Campomez zano, ad Ingo e Giovanni germani. 1030, aprile (Pergamena dell’Arch. Gov. loc. cit.; Carte Genovesi, num. 175) Cum Cum peto Defensoribus Sacrosancte Januensis Ecclesie Monasterii Sancti Stephani ubi preest Domnus Martinus Abbas, uti nobis Ingo et Johannes germanus suus cum filiis nostris masculinis, si unus ex nobis sine herede decederet alterius frater succedat, titulo condicionis locare nobis iubeatis .petimus res iuris Ecclesie uestre Sancti Stepbani que est posita in loco ubi dicitur Campum mezanum. coeri ipsa pecia terra de uno latere terra monasterii mediante fossato, ab alio latere costa que discendit usque ad stratam publicam, superius dicta strata, inferius costa Vallis de Ronchis, nobis usque ad annos uiginti nouem. ita tamen quod conferamus uobis uel successoribus uestris omni anno in festo Sancti Michaelis soldos uiginti quinque papiensium ('). Spondimus in Dei nomine atque promitimus ut suprascriptas res meliorare colere et custodire, et pensionem Ecclesie uobis et successoribus uestris per unumquemque annum inferre. Quod si minime fecerimus de quo superius repromitimus. tunc licead uobis uel successoribus uestris in supradictas res intrare et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Vnde sit placet hac peticione nostram et hunc libellum scriptum in manibus nostris firmatum nobis tradere iubeatis. et alium similem a nobis factum uel a testibus roboratum uobis pro munimine Ecclesie tradimus conseruandum. Facto petitorio mense Aprilis. Indicione quarta (’). regnante Domno nostro Henrico in ytalia. anno Inperii eius quarto feliciter. •f- Conradus Episcopus in hoc libello subscripsit. Marinus abbas in (hoc) libello subscripsit. t Johannes presbiter de Runcho notarius soripsi et. interfui et dedi ( ). (>) Forse nella enunciazione di questa somma il trascrittore è corso in un grave sbaglio. (*) Noi 1050 correva soltanto l’indizione III. (3) « Pergamena autentica, notata sul dorso di mano antica: De Ca»tj>o melano . ... De Valle Crosa ct Campo mezano ». (Poch); DOCUMENTO CXXV Alberto Rufo marchese dona bèni al monastero di san Venerio; e fra questi meam portionem (le terra cum oliveto Donini . ... a stimino plano de Celila et eie Monella, iusta Ecclesia sancti Michaelis. 1051, 19 agosto (Vedi Muratori, Antich. Estensi, par. I. cap. XXIV, pag. 231) DOCUMENTO CXXV1. Oberto liglio di Leda fa donazione al monastero di san Siro di Geno'a delle rase e terre che ha nel luogo di Pegli. 1053 , 5 maggio . • , (Vedi Chartarum, voi. I, col. 575) DOCUMENTO CXXVII. •'iovanni diacono, figlio del qm. Giovanni, promette a Richezone monaco di non disturbarlo nel possesso di una terra che il monastero di san Salvatore di l’avia ha in Basaluzzo. 1055, 10 ottobre (Carte Genovesi, num. 180) , In nomine domini dei et Saluatoris nostri Jhesu Christi. secundo Emricus gratia dei Inperator Agustus. anno Inperii eius deo propicio nono, decimo die mensis octuber. Indicione nona, tibi Rehemzoni Monelli efeo Joanes diaconus filius quondam item Joani. qui profeso sum ex nacione mea legem uiuere Romana, propterea dissi promitto et spondeo me ego qui supra Joanes diaconus una cum meos eredes tibi cui supra R'-hemzoni Monehi au cui tu dederis ut amodum nullo umquam in tempore non abeamus licencia ne potestatem ise Joanes diaconus ne meos -des per nullum uixigenium (sic) nullamque ocausione quod fieri potest gere ne causare contra te quem superius Rehemzoni monehi au cui el.ris. nominatiue de pecia una de uites cum area sua iuris mone- ( ICO ) sterii sancti Saluatori quibus est poxita in loco et fundo Baselheucia. iacet a locus ubi . Monticello dicitur, est per mensura iusta perticas iugaleis duas. coerit ei da una parte uites Vnadaldi. de alia parte uites Andrei, de tercia parte uites Petri. sibeque alie sunt coerentes. dicendum quod mihi exinde aliqui pertinere debent, set omni tempore sicut superius legitur, et inde taciti et contenti permaneamus, qui si amodo aliquando tempore ego qui supra Joanes Diaconus aut meos eredes de predicta pecia de uites cum area sua agere ne causare contra te •quem supra Rehemzoni Monehi au cui tu dederis, uel si aparuerit ullum datum aut factum uel colibet scritum quod ego exinde in alian partem fecisem et dare factum fuerit, ut tunc cumponamus ego ise Joanes diaconus aut meos eredes tibi cui supra Rehemzoni Monehi au cui tu dederis pena dubla isa pecia de uites cum area sua. insuper pena argentum denarios bonos soldos centum, et nec mihi licead ullo tempore nolle quod uolui. se quod ad me semel factum uel conscriptum est su iusiurandum inuiolabiliter conseruare promito con stipulacione sunixa.- quidem et ad anc confirmandum donacionis cartulam acepi ego qui supra Joanes Diaconus ad te ian dictus Rehemzoni Monehi exinde Launehilt camixa una de dopso ut ec mea donacio sicut superius legitur firma et stabile permanea adque persistad. Actum prope Castro Gaui feliciter. Signum m. m. m. manibus Custantini et Petri seu Azoni omnes legem uiuentes Romana testes. Signum m. m. manibus Mauroni et Selueradus testes. -{- Ego Gisulfus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule promisionis post tradita compleui et dedi (’). DOCUMENTO CXXVIII. Donazione di beni fatta da Adalberto Marchese qm. Adalberto alla chiesa di san Venerio; alla quale sono testimoni Bere?ipa>'ius de lesano et (Jandtdphus de Lauaano- 1059, marzo. (Ved. Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XXV, p. 240) (>) « Pergamena autentica . . . segnata sul dorso, di mano antica: De Basere-c/nci » (Poch). ( '(«i ) DOCUMENTO CXXIX. Vendita di un prato nel territorio di Calosso, fatto da Silberga ed Amalberga del qm. Lamberto notaio ad Abone del qm. Garimondo. 1059, novembre (Carte Genovesi, num. 183) Hiinno ab Incarnatone domini nostri Jhesu christi millesimo quinquagesimo nono.......ecimo die mense nouember. indicione duodecima; Constad nos Silberga femina et amalberga. germanas filias qnondam Lambertus notarius, qui profesi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere Lango!j;i do mi', se nunc ipso uiro me lege uiuere romana ............ipso namque Bonizoni consenciente infrascripta conius sua. et Cunradus clericus consenciente eidem bo.......seu Andrea et Goderisi germanis consuprinis et mondoaldis meis qui supra amalberga mihi consenciente et iusta lege.....inas una cum noticia de propinquioribus parentibus meis, i sunt Andrea et Goderisi consuprinis meis in eorum ^mencia uel testium certo facio profesione quod nulla me pati uiolencia .... accepisemus nos qui supra germanas.....ad te Abo filius quondam Garimundus argentum denarios bonos soldos decem finito precio pro pecia una de prato......quam abere uiso sum in territorio Caluce. et iacet a locus ubi dicitur Sera, et est ipsa pecia de prato per mensura iusta tabulas treginta et setem et dimidia, coeret ei .......terra de eredes quondam Bosoni .................. Actum in loco qui dicitur Fagnano feliciter. Signum m. m. m. manibus suprascriptorum Silberga Jugale et Amalberga germanas........ Signum m. m. manibus suprascriptorum Andrea et Goderisi qui eidem Silberga consuprina suox interrogauerunt ut supra. Signum m. m. manibus Cristiani et Johannes isti uiuentes lege romana testes. Signum m. m. m. manibus Ribaldus et Andrea seu Rodolfi testes. Ego Gontardus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule uindicionis post tradita compleui et dedi ('). (’) « Pergamena autentica. Sul dorso, di antico: Pe Caloci » (po.chj. ( '<>7 ) DOCUMENTO CXXX. Testamento di Oberto Obizzo marchese qm. Oberto. 1060, ‘28 gennaio (Muratori, Antli. Estensi, par. I, cap. XXV, p. 245) Ego in Dei nomine Obertus qui et Opizo Marchio . . . uolo et aulico ut sit #in meum dominium cunctas casas et omnes res territorias seu castra et capellas iuris mei que abere uisus sum in Episcopatu . . . . Genuense ..... etc. DOCUMENTO CXXXI. Iterio giudice dei qm. Oberto dona al monastero di santo Stefano un manso sito nel luogo di Mortedo. 106D, agosto. (Pergamena dell’ Arch. Gov., abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 188) t Hanni ab Incarnacene Domini nostri Jhesu Christi milleximo sexagesimo. mense augustus, indicione tercia decima. Monasterio Sancti Stephani proto martire quod est constructum foris prope Ciuitate Janua. Ego Iterio Judes fìlius quondam Vberti. qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere romana, offertor et donator ipsius Monasterii, propterea dixi quisquis in sanctis hac in uenerabilibus (locis ex) suis aliquit contulerit rebus iuxta octori uoce in oc seculo centuplum accipiad. et insuper quod melius est uitam posidebit eternam. et ideo ego qui supra Iterio Judex dono et offero in eodem monasterio pro anime mee mercede, hoc est manso uno cum area ubi estat cum uinea et ficas et oliua et aliis arboribus fructiferis et mansione super abente. quod est terricio (?) iuri mei. quam abere uiso sum in Valle Vesano ubi dicitur Mortedo. coerit ei ad iam dicto manso de una parte'terra ipsius Monesterii. de alia parte uia publica, de tercia uero parte terra que dicitur ual degodo, de quarta parte terra ipsius monesterii et suis consortes, sibique alii sunt ab omni coerentes. infra iam dictas coerencias una cum acesione et ingreso suo in inte- .( 108 ) grum ab nc dic in eodem monesterio dono cedo et trado contero et per presentem cartulam offersionis proprietario nomine inibi abendo confirmo. faciendum exinde abba uel TMOMachi illi qui in eodem monesterio ordinati sunt uel deinces in antea ordinati ese debent a parte ipsius monasterii quicquit uoluerint sine omni mea uel eredum meorum contradicione. quidem et spondeo atque promito me ego qui supra Iterio Judes una cum meos eredes eodem monesterio uel pars ipsius monasterii ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si exinde per couis ingenium subtraere quexierimus. tunc in duplum eadem offersio ut gupra legitur restituamus sicut pro tempore fuerit mèliorata aut ua-luerit sub stimacione in consimile loco, hanc enim cartulam offersionis paginam Johannes notarius scribendum rogaui. in quam subter confirmans testibusque optulit roborandum. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripto Iterio Judes qui anc cartulam offersionis fieri rogauit et qui propter nimiam infirmitatem minime scribere potuit et oc signum Sancte Crucis fecit. Signum m. m. m. manibus Bonusseniore. Cunizo. Albericus lege ui-uentes romana testes. Signum m. m. manibus Godo. Amicus rogati testes. . f Ego qui supra Johannes notarius scriptor uius cartule offersionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXXXII. Bellissima figlia del qm. Ardoino dona alla chiesa di santa Maria di Castello in Genova i beni che possiede in Montesigrano, nella Valle di Bisagno. 1001, maggio. (Ved. Chartarum, voi. II, col. 155; Vigna, Illustrazione di S. M. di Castello, p. 4f>7) (') Sul dorso, di mano antica: Cartula quam fecit Iterio Judex a Sancto Stellano. ne MorteClo. ( »6« ) DOCUMENTO CXXXIII. Berta e Manfredo suo figlio fanno omaggio al monastero di san Siro della cappella di san Michele di Calosso e di cinquanta iugeri di terreno. 1004 , 30 settembre. (Pergamena dell’ Arch. Gov., Abbazia di s. Siro, mazzo I; Carte Genovesi, num. 199) Anno ab Incarnatione Domini nostri ihesu christi milleximo sexage-ximo quarto, pridie kalendas octobris. indicione secunda. Monasterio Sancti Sili quod est constructum foris et prope ciuitatem Janue. Nos Berta.................Maginfredi et item MagnifraZas.... .........mater et filius. qui profesi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere salicha' ofertores et donatores supradicto Monasterio Sancti Sili, propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquid rebus contulerit iusta auctoris uocem hoc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius est uitam posideatis eternam. Ideoque nos qui supra mater et filii donamus et offerimus a presenti die in eodem monesterio pro mercede et remedio anime nostre, hoc est Capella una que est edificata in honore Sancti Michaelis..............sex similiter cum omnibus ad se pertinentibus que sunt rectis ac laboratis per..................Georgii Johannis et Yilielmi Infantuli filii quondam Ademperti seu Garimundi iuris nostri mater et filii, quam abere uisi sumus in territorio Calocii. et sunt infrascriptos man-sores cum omnibus rebus ad se pertinentibus et omnibus rebus que ad supradictam Capellam pertinent per mensuram iustam inter casis sediminis . ..............arabilibus et uineis cum areis suarum et erbis et pratis seu buscaleis cum areis suarum iugera quinquaginta, et sunt de nostro iuris rebus que ad supradictam capellam et iam dictas mansoras pertinent plus inuentum ......... insuper per hanc cartulam offersionis.....potestate proprietario iuris. que autem infrascripta mansoras cum omnibus rebus ad se pertinentibus mater et filii supradicta una cum accessione ct ingresso suo seu cum superioribus et inferioribus earum rerum qualiter superius mensura legitur in integrum ab hoc die in eodem monasterio Sancti Sili prò mercede et remedio anime nostre donamus et offerimus et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmamus. Insuper per cultellum fistucum nodatum uuan-tonom et uasonem terre atque ramum arboris exinde coram testibus legi- 12 ( >70 ) timam facimus tradicionem et ucstituram et nos exinde foris expulli uuar-piui et absi sito fecimus et a proprietate supradicti monasterii proprietario nomine quiquid uoluerit sine omni nostra et heredum ac^r, heredum nostrorum contradicione uel repeticione. Si quis uero quod futurum esse non credimus si nos ipsi mater et filii aut ullus de heredibus ac proheredibus nostris seu qualibet oposita persona contra hanc cartulam offersionis ire quandoque tentauerimus. aut nos per quodcumque ingenium infrangere quesierimus. tunc inferamus ad illam partem quam exinde litem intulerimus multa que est pena auri optimi uncias centum argenti pondera duocenti. et quod repecierimus etuindicare non ualeamus. se presens anc cartulam ofersionis diuturnis temporibus firma permaneat atque persistat ineonuulsa con stipulacione subnixa, et nobis qui supra mater et tiliis nostrisque heredibus ac proheredibus contra ipsum monasterium Sancti Sili suprascripta ofersio qualiter superius in integrum ab omni homine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si de ipso monasterio per quodcumque ingenium sutraere quesierimus. tunc in dubium suprascripta offersio ad ipsum monasterium restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacionibus in consimilibus locis, et nec nobis mater et filii liceat ullo tempore noie quod uoluisemus. se quod a nobis semel factum conseruare promittimus con stipulacione subnixa, et bergamena cum actramentario de terra eleua-uerunt. paginam stefanus notarius Sacri Palacii tradidit et scribere rogaui. in qua subter confirmans testibusque tibi obtulit roborandum. Actum infra Castrum de Aste ciuitate feliciter. Signum m. m. manibus infrascriptorum matris et filii qui hanc cartulam ofersionis fieri rogauerunt. eisque relecta est. Signum m. m. m. manibus Rolandi et Rudulfi seu Agicardi isti lege Salicha testes. Signum m. m. manibus Rolandi et Bono isti lege Romana testes. Signum, m. m. manibus Aginfredi et Johannis testes. Ego qui supra Stefanus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule ofersionis post tradita compleui et dedi. ( 171 ) DOCUMENTO CXXXIV. Andrea del qm. Genoardo e Buonafiglia, giugali, vendouo a Bellarello del qm. Berizone la metà di una terra sita in Mortedo. 1065, gennaio. (Carte Genovesi, num. 200) t Anno ab incarnacene Domini nostri ihesu christi milleximo sexa-geximo quinto, mense Janoarius. indicione tercia. Constad nos Andrea fìlius quondam Jenoardi et Bonafilia iugalibus. et ipso uiro meo mihi consenciente et subter confirmante, qui profesi sumus ex nacione nostra lege uiuere romana, accepisemus nos commutacione sicutti et in pre-sencia testium accepimus ad te Bellarello filius quondam Berizo argentum denarios bonos papienses soldos triginta finitum precium pro nostra porcione que est medietate de pecia una de terra cum area u'ii tfstat cum uinea et ficas atque oliuas et aliis arboribus fructifem super se abente iuris nostra proprietaria, quam abere uisi sumus in loco et fundo moro......do Mortedo. coerit ipsa medietate quam ad alia simile medietate per totum ex una parte terra Vitalis, ex aliis tribus partibus uia publica, sibique alii sunt ab omnia coerentes. infra iam dictas coerencias omnia suprascripta medietate una cum accesione et ingreso suo in integrum ab ac die tibi qui 'supra Bellarello pro suprascripto argento uendimus tradimus et mancipamus nulli alii uendicta donata alienata opnosiata et tradicta nisi tibi, et facias exinde a presenti die tu et eredibus tuis aut cui uos dederitis iure proprietario nomine quicguid uolueritis sine omni nostra uel eredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus atque promitimus nos qui supra iugalibus una cum nostris eredibus tibi qui supra Bellarello uel ad ereredibus tuis aut cui uos dederitis suprascripta uendicio qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquod per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in duplum eadem uendicta ut superius legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub stimacione in consimile loco, et nec nobis licead ullo tempore nolle quod uofuit. se quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitimus con stipulacione subnixa, et nihil nobis ex ipsum precium exinde aliquit reddere (lebèris. Diximus. Actum ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. manibus Andrea et Bonafilia iugalibus qui anc car- ( »7^2 ) tulam uendicionis (Ieri rogauerunt. et suprascripto precio acceperunt, et ipse Andrea qui a suprascripta conius sua consensi. Signum m. m. m. manibus Mauro Merlo Jobannes lege uiuentes Romana testes. Signum m. m. manibus Bonouasallo Jobannes rogati testes. T Ego Jobannes notarius scriptor uius cartule uendicionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXXXV. Adalberto preposito della Chiesa di Tortona e Guido marchese, figli del qm. Obei to puie marchese, e Beatrice loro madre, figlia del qm. Ulrico, donano al monastero di san Siro di Genova la parte che loro spetta di due massarizi posti nel luogo di Tramontana. 1065 , 29 agosto. (Ved. Chartarum, voi. I, col. 613) DOCUMENTO CXXXVI. I i bel lo di Pietro.del qm. Andrea per avere in enfiteusi dal monastero di san •Siro i beni della chiesa di san Marcellino posti nella Valle di Chiavari. 1066, gennaio. (Carte Genovesi, num. 205) Cum Cum peto Defensoribus Sacrosancte Januensis Ecclesie ubi preest Donnus Ansaldus Abbas Monasterii Sancti Syri Janue uidetur. uti nobis Petro filius quondam Andrei una cum uxore et filiis masculinis, et si unus ex nobis mortuus fuerit unus alterius succedat, titulo condicionis ocare nobis iubeatis petimus iuris Ecclesie Sancti Marcellini petias lui poxite sunt in loco et fundo Clauari ubi dicitur Lopino. Macinola. ia. Mortedo. Casalego. Castagneto. Costa Albinoti. Cauanutia. Bra-Runco. Maxenasco. Lesorti. uel pro aliis^eteris locis ubicumque nuentum fuerint sicut ante nos tenuit aut uestito fuit suprascripto e ro omnia ex omnibus plenum et uacuum in integrum, et sunt casis > « 1 ergamena autentica. Sul dorso, di mano antica: De Murtedo » (Poch). ( '73 ) uineis et ficis oliuetis castanctis roboretis terris arabilis ierbis pratis pascuis omnia ex omnibus plenum et uacuum in integrum, ita tamen ut inferamus uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum pensionem denarios nouem et pullo. I. Spondimus in Dei nomine atque promitimus istas res meliorare et pensionem ecclesie uestre uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum inferre, quod si minime fecerimus de quo superius repromittimus, tunc licead uobis uel successoribus uestris istas res introire et cui uolueritis dare in uestra sit potestate. Facto petitorio mense Januarius. Indictione quarta. Anno ab Incarnatone Domini nostri ihesu christi Millesimo Sexagesimo sesto. Indictione suprascripta feliciter ('). DOCUMENTO CXXXV1I. Concessione livellarla d'altri beni della predetta chiesa di san Marcellino, fatta dal medesimo Ansaldo abate a Bruningo, Giovanni prete, Liprando o Merlo e Lamberto aneli’ esso prete. 1066, gennaio (Carte Genovesi, num. 206) Cum Cum petimus Defensoribus Sacrosancte Januensis Ecclesie ubi donnus preest Ansaldus Abbas Sancti Syri Monasterio uti nobis Brunendo fìlius quondam Bonizoni una cum uxore et filiis masculinis. Joliannes presbiter germano una cum filiis suis masculinis, et si unus ex nobis mortuus sine herede fuerit unus alterius succedat et Librando qui uocatur Merlo fìlius quondam Martini una cum uxore et filiis masculinis. et Lamberto item presbitero cum filiis suis masculinis, et si unus ex nobis de ipso Librando et Lanberto presbitero germanis sine lierede aut filiis mortuus fuerit unus alterius succedat, titulo condicionis locare nobis iubeatis petimus nos qui supra Bruningo et Jobannes presbitero iermanis res illa iuris Ecclesie Sancti Marcellini. et ipsa res est posita in loco et fundo Clauari a locus ubi dicitur Macinola per locas qui nominatur Olmeto, et mansum unum qui dicitur ala Louaria sicut nos lios dies tenemus a lo pasteno et in lisola qui dicitur alo lago, et medietnte de manso uno in loco ubi dicitur la Costa cum suis pertinentiis. ct in eodem Louaco. et in Castello Quarigoti. et. in Albi- ('1 Ex foliis pergamenis scriptis anno 1201 a Wilielmo Scriba (Poch). ( 174 ) et cxtia la Sena, et in Cauanucia. et en le sorte qui dicitur Runco xe assc^10- >n ( osta Albinoti, et in Casaliglo. uel in eorum ter-s. et in simul potimus nos res illas iuris Ecclesie Sancti Marcellini 1 i ita est in predicto loco Macinola. mansum unum in loco ubi Ur Laualle et lo pasteno. et in Lisola et a Zenestedo ct in la Ca-e a lo cancto. et item petimus nos suprascriptorum Librandi et erti presbitero medietate de Capella una que est constructa in d t ? 000 ^'ie*n°kl et es* bedificata in honore Sancti Martini cum . j.C. en^0ren^as' ^em petimus nos infrascriptis iermanis pasteni p f !n ! Albinelli. et castaneto extra la Serra, et in Casaliglo. et in eoru ineli. et in C auanutia. et in Bramella. et en le sorte uel in tei iitorio. Coherentias uero ad omnes istas res de uno latere fossato o. et de alio latere fossato Douaxina. et de superiore capite iuuo ni rex°la Pioppo de Pellerato, et de superiore (sic) capite fine Ve-intra iste coherencie petimus nos omnes suprascripti petitores et ex omnibus sicut nos hos dies tenuimus aut nobis pertinet P qualicumque ingenio plenum et uacuum una cum exito suo in e0rum. ita tamen ut inferamus uobis uel successoribus uestris per unumquemque annum exinde pensionem denarii boni IIII et libram I de ormatico a libra huius eadem terra. Spondimus in dei nomine atque promittimus infrascriptas res meliorare et pensionem Ecclesie uestre dare in erre. Quod si minime fecerimus de quo superius repromittimus tunc iceat uos uel successoribus uestris in suprascriptas res introire et cui uolueritis dai e in uestra sit potestate. Post obitum nostrum uel filiis nostris masculinis in dominio sancte Ecclesie uestre reuertatur cuius est proprietas. Facto petitorio mense Januario. Indicione quarta. Anno domini Milesimo Sexagesimo sexto, indictione suprascripta feliciter, t Ansaldus Abbas in hoc libello subscripsi ('). (') « Ex foliis pergamenis scriptis anno 1201 a W. Scriba (Poch). ( 17o ) DOCUMENTO CXXXVIII. Vitale del qm. Martino dona alla chiesa di santo Stefano costrutta nel luogo di San Romolo, e sottoposta alla giurisdizione dell’omonimo monastero di Genova, una pezza di terra e la metà di una vigna poste nel detto luogo. 1069 , 8 novembre (Pergamena dell’Arch. Gov., abbazia di*s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 209; t Hanni hab incarnatone Domini nostri illesa christi Millesimo se-suagesimo nono, octaua die mense nouember. Indictione octaua. Ecclesia Sancti Stefanus qui est constructa in loco et fundo sancto romullo (’). uel ad monaho Lafranco qui est de sub regimine potestatem monesterio Sancti Stefani Genuense Eclesia. Ego Vitali fìlius quondam Martini offertor et donator tuus......ad ipsius qui supra Ecclesia Sancti Stefani, propterea disi quisquis in sanctis bac in uenerabilibus locis et suis aliquid contuleri rebus iusta octoris uoce in hoc seculo centuplum accipiad uita posidebit eternam. ideo ego qui supra Vitali dono et offero a presenti die in eadem Ecclesia Sancti Stefani uel ad sui Abas uel Monahi qui prò tempore in eadem Ecclesia ordinatis fueris et a Domino seruierit prò anime mee mercede, eo ordine ut subter legitur, hoc sunt pecia una de tera et medietate de pecia una de uites cum area ubi estat infra se abente iuris mea libellaria, qui est iuri sancti Siri Januense Ecclesia, qui posila est infra Comitatum Vitimiliense in loco et fundo Sancto Romullo. iace ad locis qui dicitur ponten. et in isola qui dicitur Abas. et que suprascripta pecia de uites iace ad loco qui supra dicitur Ponte, coerit ei fines uero ad ipsa pecia de uites de subto uia. da una parte uites Aldeprandi. de alia parte uites eredex quondam Gamdulfi. da tercia parte uia publica, da quarta parte uites......... . . . siueque haliis sunt coerentes. et infra ian dictas coerencias omnia medietate de ipsa pecia de uites in integrum, et qui suprascripta pecia de tera iace ad loco qui supra nominatur Insola Abas est per mensura iusta modio uno seminatura a legitimo stario de frumento quale os dies inter nos curit. coerit ei fines uero ad ipsa pecia de terra da una parte (*) Scrive il eh. Rossi ( Storta di San Rc.no, p. 34 e 115) che questa chiesa era stata donata al nostro monastero di santo Stefano da Ottone vescovo d’Albenga nel 1125. Ma questo documento mostrandocela moli’anni prima in possesso del del monastero medesimo, d’uopo è concludere che Ottone nel 1125 addivenisse non giù ad una vera donazione, ma piuttosto ad una ricognizione e conferma. ( 176 ) terra Sancti Stefani, da alia parte terra Jolmnnis. da tercia parte uia publica, da quarta parte terra...............siueque aliis sunt coerentes. et infra ian dictas coerencias modio uno seminatura de tera adta.....bile secundum usum uius tera in integrum, ut a presenti die in tua qui supra Ecclesia monesterio Sancti Stefani uel Abas uel monahis qui prò tempore in eadem Ecclesia ordinatis fueris usum et sumtu in susidium ct faciant quitquit uoluerit prò Domino et anime mee merceden si potestatem ex mea qui supra Vitali uel de meis Eredex plenissimam largietatem faciendi qualecumque uolueritis. de rebus libellariis salua quidem luminaria de Sancta Ecclesia cuius^est proprietas, et liceat uos exinde libellum petire ad nomen uestrum uel cuicumque uolueritis. et si fieri quod nunc credo ego qui supra Vitali si umquam in tempore ego uel meos eredex aduersus suprascripte qui supra Ecclesia uel Abas uel monahis qui prò tempore ordinatis fuerit pro Domino et per anime mee mercedem suprascripta pecia de tera et pecia de uites qualiter superius legitur in integrum agere aut cautsare quesierimus. uel ab omni homine defensare non potuerimus preter de Ecclesia cuius est proprietas, tunc spondeo me ego qui supra Vitali una cum meos eredex componere uobis Ecclesia Sancti Stefani uel Abas uel Monahis qui ordinatis fueris pro Domino et per anime mee mercedem. pena....... suprascripta pecia de tera et pecia de uites sicut pro tempore fueris melioratis aut ualueris sub estimacione in consimilibus locis, quam uero cartulam offersionis me paginam Wilielmus notarius tradere scribere rogauimus. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Actum in Castro Sancto Romullo feliciter. Signum m. manibus suprascriptorum Vitali qui hanc cartulam offersionis fierit rogauerunt Domino et per anime eius merceden. ut supra et eique relecta est. Signum m. m. manibus testes Petri et Wilielmi omnes lego uiuentes romana testes. Signum m. m. m. manib*us testes Jobannes et ... . uise et Jobannes rogatis testes. ; Ego qui supra Wilielmus notarius Sacri Pallacio scriptor uius cartule offersionis pos tradicta compleuit et dedit ('). (') Sul dorso, di mano antica: Cartulu, de Sancto Romulo^ ( 177 ) DOCUMENTO CXXXIX. Anselino abbate di santo Stefano concede a livello ad Alberto del qm. Giovanni ed Allegro del qm. Tommaso i beni di quel monastero posti in Bozaleto. 1071, maggio (Pergamena dell’Arch. Gov.; abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 212) -f In Cristi nomine. Placuit atque conuenit inter Donnus Anselmus Abbas Monesterio Sancti Stefani quod est constructo foris at prope Ciuitate Janua nec non et inter Alberto fìlius quondam Johannes et Aiegro fìlius quondam Thomas, ut in Dei nomine debeant dare sicut a presenti dedit ipse Donnus Anselmus Abbas eorum Alberto et Alcgro uel at illorum eredibus a ficto censum redendum libellario nomine at uiginti nouem ani exspleti. hoc sunt omnibus rebus illis iuris ipsius monesterii qui positi sunt in loco et fundo Bozaleto. coerencia uero at super totum de una parte fossato de lacerexa. de alia stali......m. de tercia fines prato donicato ipsius monasterii, sibeque alii sunt coe-rentes. infra iam dictas coerencias omnia et ex omnibus plenum et ua-cuum una cum acesionibus et ingresoras earum in integrum, ea racione uti amodo ipsis Alberto et Aiegro uel illorum eredi suprascriptis omnibus qualiter superius legitur usque in istis uiginti nouem anis expletis debeant abere et detinere et laborare atque scolere, et faciant.... inibi quicquit eis fuerit oportunum sine oni contradicione eidm Donnus Anselmus Abbas et de suis sucesoribus. et persoluere exinde debet sin-golis annis quartam porcionem de omni blaua quam Dominus ibidem dederit et per omni Natiuitas Domni pulos dui et azime due aut pani dui. data et consignata predicta blaua et predicto amixere (') eidem Domnus Anselmus Abbas suique sucesores uel illorum mixis prò se ipsis Alberto et Aiegro uel illorum eredibus uel pro eorum misis. alia super inposita eorum non fìant. penam uero inter se posuerunt ut suprascriptis Alberto et Aiegro uel illonm eredibus minime fecerint e omnia non atimple-uerint sicut superius legitur aut suprascripto Donnus Anselmus Abbas uel successores aliquam forciam uel super inpoxitam fecerint uel ab oni omine defensare non potuerint ille qui noxssio aparuerit pena argen- («) AM1SCF.HE, AMisKHis, etc. Vracsta'lo ex rebus escariis (De Cange, Gloss). ( ) tum denarios bonos papienses soldos centum. Factum est oc ano ab in-carnacione Domini nostri Jhesu Christi Mileximo setuageximo primo, mense madio. indicione nona. Actum in suprascripto Monesterio ('). DOCUMENTO CXL. Abone del qm. Garimondo dona al monastero di san Siro i beni mobili od immobili che ha nei luoghi di Galosso, Serra e Spezia. 1071, 25 luglio (Ved. Chartarum, voi. I, col. G26) DOCUMENTO CXLI. Oglerio del qm. Oglerio e Berlenrìa del qm. Amelberto', giugali, nonché Benzo loro figlio, donano al monastero di san Siro parecchi beni, e la cappella di san Michele in Calosso. 1071, 19 novembre (Ved. Chartarum, voi. I, col. 628) % DOCUMENTO CXLIL Paolo del qm. Ursone e Domenica, giugali, fanno donazione al loro figlio Al-berto.della metà di due pezze di terra poste in Camerii. 1071, novembre (Carte Genovesi, num. 214) Anno ab incarnacione domini nostri ihesu christi milleximo septuagesimo primo, mense nouember. indicione octaua. Dilectissimas semper Albertus dilecti filio meo ego Paulo filius quondam Vrsoni et dominica iugalibus.....genitor et*ienitrix donator et donatris. donamus .....libellario nomine in.te qui supra Alberto filio nostro post nostrum (') Pergamena tagliata verso il fine. Sul dorso, di mano antica: Cartula Do-zalito. ( 179 ) decessum.....hoc sunt medietate de duobus pecie de terra cum aere ubi estat cum uinea et castaneto . . . que poxite sunt in loco Camergli. coerit ei ... de una parte terra Eboni. de alia parte suma costa, de reliquis duabus partibus uia.....salua luminaria sancta Ecclesia cuius est proprietas .... Actum in loco Camergli feliciter. Signum m. m. manibus suprascriptis Paulo et Dominica iugalibus qui anc cartulam donacionis fieri rogauerunt. Signum m. m. m. m. m. manibus Johannes. Bonado. Mauro. Belando. Alberto rogati testes. Ego qui supra Albertus notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule donacionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXLIII. Officia del qm. Giovanni dona al monastero di santo Stefano una pezza di terra nella località di Carignano. 1074, novembre (Pergamena dell’Ardi. Gov., abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 219) f Hanno ab Incarnacene Domini nostri Jhesu Christi Milleximo sep-tuageximo quarto, mense nouember. Indicione duodecima. Monasterio Sancti Stefani protomartire quod est constructum foris prope Ciuitate Janua. Ego Oficia Dei deuota filia quondam Johannes, qui profesa sum ex nacione mea lege uiuere romana, aufertrice et donatrice ipsius monasterio. propterea dixi quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquis coutullerit rebus iusta autori uoce in oc seculo centuplum accipiad insuper quod melius est uita posidebit eterna, et ideo ego qui supra Oficia Dei deuota dono et aufero in eodem monesterio per anime mee mercedem. olic (sic) est pecia una de terra cum area ubi estat cum uinea et ficas et auliua super se abentem iuris mea proprietaria, quam abere uisa sum in loco et fundo Caleniano. coerit ei da una parte terra predicto monasterio Sancti Stefani, de alia parte uia plublica (sec). de tercia parte terra Bruningi. de quarta uero parte Similiter uia. sibique alii sunt ab omni coerentes. infra iam dictas coerencias una cum acesione et ingreso uel esito suo in integrum ab ac die in eodem monesterio Sancti « Pergamena autentica. D’antico: De Camerii » (Porh). ( 180 ) * 'ani.cedo trado confero et pei' presentem cartulam aufersionis ibidem um contirmo. faciendum exinde Abas uel monahi illi qui in eodem monesterio ordinati eset debent ad eorum usu ot suntu a parte ipsius ,. . r*° uoluerint sine omni mea et eredum meorum con- ione pu anime mee mercedem. et faciant Abas uel Monahi qui in em monasterio ordinati sunt uel deinceps in antea ordinati esse de- a eoi um usu et suntu quiquid uoluerint per anime mee mercedem. , car^am ofersionis me paginam Anselmus Judex Sacri Palacii , • scribere i ogauit. in qua subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Artum in Castro Gioitale Janua feliciter. cnum m. manus suprascripta Oficia qui anc cartulam aufersionis neri rogaui. g um m. m. m. m. m. manibus Genoardus. Wido. Carbone. Sigulfus. Mannus omnes lege uiuentes Romana testes. i co qui bupra Anselmus Judex Sacri Palacii scripsi et subscripsi compleui et dedi. DOCUMENTO CXLIV. Alberto abate del monastero di santo Stefano concede ad Alberto del qm. Berolfo e suoi discendenti parecchi beni a livello. , 1077, 14 luglio (Carte Genovesi) num. 222) Anni ab Incarnacione Domini nostri Jhesu Christi Millesimo septuagesimo septimo, quartodecimo die mensis Julii. Indicione quinta decima. Placuit atque bona uoluntate conuenit inter Donnus Albertus Abbas de Monasterio Sancti Stephani proto martiris christi qui est constructo foris et prope ciuitate Janua de subter regimine et potestate Episcopio Sancti Syri Ecclesie nec non et inter Albertus fìlius quondam Berolfo. ut in Dei nomine debeat dare sicut a presenti dedit ipse Donnus Albertus Abbas eidem Alberto et suorumque filiis filiabus uel heredes a laborandum et detinendum libelario et fnasaricio nomine eo tamen ordine ut subter legitur. Id est quantum ego qui supra Alberto tenuit de illa res que sunt iuris Sancti Stephani per libellum eo die abeo aquistado aut in ante aquistare potuerit, in fines fosato de Porgano et Alpe de Bossomal et fosato qui pergit a Ponpiana usque a «litus maris. ex- # ( >81 ) cepto petia una de terra que iacet insta Ecclesia Sancti Stephani. et fuerunt quondam Marinus Notarius et Manfredo, quam ego qui supra Donnus Albertus Abbas in mea potestate reseruaui. ea racione uti amodo ipso Alberto uel suis heredibus predictis rebus debeant abere et detinere seu laborare atque excolere et super locum residere et faciant ibi quicquid fuerit eis utilitas sine omni contradicione eidem Donnus Albertus Abbas suisque successores, et non abeant licentiam nec potestatem suorum ad aratum uel laboratum uendere nisi a predicto Donnus Albertus Abbas uel suis successores si infra quadraginta diebus uel noctibus tale pretium dederit quale de alio homine cun iusticia habere poterit, et si tale pretium non dederit quale de alio homine cum iustcia habere potuerit tunc habeant licentiam et potestatem suorum ad aratum uel laboratum uendere a tale hominibus qui tale debitum uel seruicium adimpleas quale ipso Alberto antea reddere uel facere consueuerat. ita ut pro eis meliorentur nam non pegiorentur. et persoluere exinde debeant singulis annis ex omni grano frumento et ordeo seu faua que Dominus ibi dederit de terra quomodo colta est septima parte, et terra quam de nouo coitum produxerint de primo anno nouena parte, de secunda octaua parte, de tercio anno septima parte persoluant. de uinea uero que ibidem est uel fuerit de musto mundo quarta parte, et hoc .... inter ipso Alberto uel suis heredes abere debeant ex ipsis rebus quantum continet staria quatuor de terra legitime de frumento seminatura propter mansiones et ortatico faciendum, unde nihil persoluant excepto amixere duos, et per casa uno amixere acimas duas et pullos duos aut spatula una de porco obtima. datum et consignatum hoc omni tempore mesis et uindemie hic super locum, et predictis amixere per ferias de natiuitas Domini hic super locum ad mansione domnica ipse Donnus Albertus Abbas suisque successores aut eorum misso pro se ipso Alberto uel per suos heredes aut pro suo misso., quia sic inter eis stetit et conuenit. alia super inposita eis inde non fiat, penam uero inter se posuerunt ut quis ex ipsis aut successores uel heredes eorum inter se non compleuerint hec omnia qualiter superius legitur uel si tollere aut adimplere neglexerit. tunc componat pars parti fideni seruanti ille qui negligens apa-ruerit. pena argentum derrarios bonos papienses soldos centum. Factum est hoc libellum conuenientie nostre. Actum iusta Ecclesia Sancti Stephani feliciter. f Ego Abbas subscripsi. Signum m. manus suprascripto Alberto quem libellum conuenientie fieri rogaui ei ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Negro. Baldo seu Mundo. Martino. Petrus interfuerunt testes. ( 182 ) Ego Albertus notarius scriptor uius libellum conuenientie post tradita compleui et dedit. Ego Wilielmus Cassinensis notarius exemplaui ut supra ab autentica Alberti notarii iussu Oonsulum de Placitis Enrici Malloni Idonis Stanami et Ottonis PeQulli ('). qui laudauerunt ut eandem uim et robur obtineat ac si ipse Albertus scripsisset (*). DOCUMENTO CXLV. Donazione di un manso fatto da Alberto Marchese qm. Alberto al monastero di san Venerio; alla quale sono testimoni Enricus de Passano . . . et G anditi fus de Lauania. A. 1077 (Ved. Muratori, Antich. Estensi, par. I, cap. XXV, pag. 241) DOCUMENTO CXLVL Vendita della metà di un pastino sito presso la chiesa di san Vito in Albaro, fatta da Belenda del qm. Iterio giudice ad Ansaldo prete ed Anseimo figli di Oflza. 1079, ottobre (Carte Genovesi, num. 223) t Hanno Dominice Incarnatone Domini nostri Jhesu Christi Mille-ximo septuagesimo nono, mense octuber. Indicione quartadecima (■’). Constat me Belenda filia quondam Iterio qui fuit Judex. qui profeso sum ex nacione mea lege uiuere romana, accepisemus' sicuti et in presencia testium accepi a uos Ansaldus presbiter et Anseimo germanus filii Offìzane argentum denarios bonos papienses soldos decem finitum precium per medietatem de pasteno uno et rebus cum area ubi estat cum 0) Costoro tennero il Consolato dal 2 febbraio 1200 al 1.® febbraio dell’anno successivo. (’) « Pergamena autentica nel quarto foglio di un libretto di esso Guglielmo Cassinense. Mia » (Poch). (’) Nell’ottobre del 1079 correva soltanto l'indizione III. ( 183 ) uinea et ficas et oliuas et alios arbores super se abente iuris nostris proprietariis quam habere uisa sum in loco et fundo Albario prope Ecclesia Sancti Viti, et est predicta pecia de terra per mensura iusta tabulas quadraginta et due a pedes quondam Liprandi Rex. Coerit ei a suprascripta medietate de suprascripto pasteno et rebus quam ad alia simile medietate a super totum da una parte terra de Ranaldus filio quondam Dodoni. da alia parte uia publica, da aliis duabus partibus terra mea qui supra Belenda. sibique sunt alii quoerentes (sic), infra iam dictas mensuras et quoerencias sicut superius mensura decernitur da iusta terra Rannidi in integrum, que autem suprascripta uindicione iuris meis supradicta una cum accesione et ingresso uel exito suo seu superioribus et inferioribus suis qualiter superius legitur in integrum ab ac die uobis qui supra germanis pro suprascripto argento uendo trado et mancipo nullis aliis uenditis donatis alienatis obnoxiatis uel traditis nisi uobis. et facias exinde a presenti die uos et eredibus uestris aut cui uos dederitis iure proprietario nomine quicquid uolueritis sine omni mea uel heredum meorum contradicione. quidem et spondeo me ego qui supra Belenda una cum meos heredes uobis qui supra germanis uestrisque heredibus aut cui uos dederitis uel habere statueritis suprascripta uindicione qualiter superius legitur in integrum ab omni homine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per quouis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dubium eadem uendicio ut supra legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, et nec michi liceat ullo tempore nolle quod uoluit. se quod a me semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promitto con stipulacione subnixa, et nihil me ex ipsum precium aliquod redeberi. diximus. Hactum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Belenda qui hanc cartulam uindicionis fieri rogauit. et suprascripto precio accepit. Signum m. m. m. m. m. manibus Anselmus et Negrone et Anselmus de Boniana seu Bonoseniore atque Ranaldo rogati testes. Ego qui supra Johannes notarius scripsi et subscripsi compleui et dedi (')• (•) « Pergamena autentica, segnata sili dorso: |De Albario, prope Sanctum Vitìnn, 1079 » (Poch). ( 184 ) DOCUMENTO CXLVI1. Sinodo tenuta in Brixen per ordine dell’ imperatore Enrico IV, nella quale si depone Gregorio VII dal Pontificato; ed a cui, fra tutti i vescovi convenuti, soscrive ultimo (') Conradus januensis episcopus. 10S0, 25 giugno (Ved. Pertz, Monum. Germ. Histor., voi. IV, par. I, p. 51-52) DOCUMENTO CXLVI1I. * Rainoisa figlia del qm. Cunizone e moglie di Ingo Visconte dona la "terza parte di una terra al monastero di santo Stefano. 10S1, aprile (Pergamena dell’Arch. Gov., abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 124) t Hanno ab incarnacene Domini nostri Jhesu Christi Millesimo ohctua-geximo primo, mense aprili. Indicione tercia (*). Monesterio Sancti Stefani martiri Cristi quod est constructo foris prope Ciuitati Janue. Ego Rainoisa filia quondam Cunizoni et conius Ingoni uicecomes. qui pro-fesa sum ex nacione mea lege uiuere romana, et ipso uiro meo mihi consenciente et subter confirmante, aufertrix et donatrix ipsius monesterii. propterea dissi quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis et suis aliquit contullerit rebus iusta autori uoce in ohe seculo centuplu acci-piad. insuper quod melius est uitam posidebit eternam. et ideo ego qui supra Rainoisa aufertrix et donatrix ipsius Ecclesie in sumptu et subsidium monahorum prò anime mee mercede, ohe est mea porcione quod est tercia porcione de pecia una de terra cum area ubi estat iuris mei proprietaria quam abere uisa sum in loco et fundo Cadaplauma ubi dicitur Tocafero. cum uinea et ficas super abente. et est ipsa mea porcione quod est tercia quamque ad alie similes due porcione ad super totum de una parte terra Auberti. de alia parte terra Johanni. da tercia parte uia plubica (sic), sibeque alii sunt coerentes. infra iam dieta coerencia una cum acesione et ingresoras uel esitis earum omnia suprascripta tercia 0) Era quindi il più giovane de’costituiti in quella dignità. (a) Correa invece la IV. ( ) porcione in integrum ab ae die in eodem monesterio dono et aufero et per presentem cartulam aufersionis ibidem abendum confirmamus, faciendum exinde a presenti die in tali uero ordine ut si unquam in tempore uenerit Pontifex aut Abas uel aliqua potestas que predictis rebus a predicto monesterio tollere uel munuare (sic) uoluerit. tunc ueniad in potestate propinquioribus parentibus meis qui unc tempus aparuerit. et tandiu in eodem potestate permanead quod usque uenerit Pontifex aut Abas uel aliqua potestas que iam dictis rebus a iam dicto monesterio adinplead sicut superius legitur a proprietario siue libellario nomine a iam dicto monesterio sine omni mea et eredum meorum contradicione. quidem espondeo adque promitto me ego qui supra Rainoisa uel meo erede a parte ipsius monesterio quiquid uoluerit pro anime mee mercede suprascripta aufersio qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquis per couis ingenium subtraere quesierimus. tunc in dubium eadem offersio ut supra legitur uobis restituamus sicut pro tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub stimacione in consimile loco, quam uero cartulam aufersionis me paginam Anselmus Judex Sacri Palacii tradidit et scribere rogauit. in qua subter confirmans testibusque octuli roborandam. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripta Rainoisa qui anc cartulam aufersionis fierit rogauit. Signum m. m. m. m. m. suprascripto (stc) Wido. Vgo. Martinus. Gan-dulfus. Ansaldus rogati testes. t Ego qui supra Anselmus Judex Sacri Palacii scripsi et subscripsi compleui et dedi ('). DOCUMENTO CXLIX. Buonfiglio del qm. Domenico dona ni monastero di san Siro due pezze di terra in Camporsone. 10S3, febbraio (Ved. Chartarum, voi. I, col. 671; (•) Sul dorso, di mano antica: Cartula de Cadaplauma. E d’ altra mano: Idest OÌiuella. ( isosideant. et ideo nos qui supra iugale3 donamus et offerimus in eodem monasterio pro animarum nostrarum mercede, idest mansum unum domnicatum cum omnibus rebus a se pertinentibus quem abere uisi sumus in loco et fundo Albario. cum uineis et ficetis et oliuetis et castanetis et aliis arboribus, coerencias ibi decernitur ad suprascriptum mansum, da una parte terra de eredibus quondam Gazani. da alia parte terra de eredibus Daginzoni et (') Sul dorso, di mano antica : De Strupa. ( l»3 ) eredibus quondam Gisoni. da tercia parte uia publica, da quarta parte terra de eredibus quondam Andrei quondam Martini Nigri. sibique alie sunt coerencie. infra iam dictas coerencias omnia et ex omnibus plenum et uacuum in integrum ab ac die in eodem monasterio dono et ofFero et per presentem cartam offersionis ibidem abendo confirmamus, faciendum exinde predictum Monasterium quicquit uoluerit sine omni nostra uel eredum nostrorum contradicione. ab omni homine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per quouis ingenium subtraere quexierimus. tunc in duplum eadem offersio sicut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit meliorata aut ualuerifc sub-stimacio,ne in consimile loco, et nec nobis licead ullo tempore nolle quod uoluimus. set quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promittimus cum stipulacione subnixa. Actum in Ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. manum suprascriptorum iugalium qui hanc cartulam offersionis fieri rogauerunt. Signum m. m. m. m. m. manuum Johannis de Landulfo. Amicus Brusco. Mauro. Obertus de Merlo. Wilielmus Ebriacus. rogati testes. f Ego Petrus Judex scriptor uius cartule offersionis postradita compleui et dedi. DOCUMENTO CLV1I. Carta di donazione di beni e della ottava parte della chiesa di san Martino in in Paravanico, fatta da Gezo ed Alguda giugali e Gandulfo ed Anna loro figli, al monastero di san Siro. 10SS, marzo (Pergamena dell’Ardi. Gov., abbazia di s. Siro, mazzo I, Carte Genovesi, num. 238) Teste Paganus. Mo. Ot^). Pumo. Andrea. Cartula ofersionis quam fecerunt Grezo et Alguda iugalibus et Gandulfo et Anna germani filii ■nostri et suprascripta Anna conius Dodoni ad Monasterio Saneti Sili, nominatiue de casis et omnibus rebus proprietariis et libellariis in Pa-lauanego et octaua pars de Ecclesia que est consecrata in onore sancti Martini sic nobis pertinet per quolibet ingenium, omnia et ex omnibus plenum et uacuum sicut superius legitur in integrum. Milleximo octua-geximo octauo. mense Marcius. Indicione undecima. Dodus notarius scripsi. ( 194 ) DOCUMENTO CLVIII. lngone dona a Wida sua nipote i beni che possede in Rapallo ed in quelle vicinanze. 1809, 20 aprile (Pergamena dell’Àrch. Gov., loc. cit.; Carte Genovesi, num. *239) Hanno ab incarnatone domini nostri ihesu christi millesimo octua-geximo nono, duodecimo kalendas madii. indicione undecima. Tibi wida filia quondam idonis a mica et nepota mea ego Ingo filius Bonafìlia ha.....donator tuus, propterea disi quapropter dono tibi a presenti die dilectioni tue potestatem per anc cartulam donacionis proprietario et libellario nomine .... abendum confirmo, oc sunt casis et omnibus rebus illis iuris proprietariis et libellariis que fuerunt Widoni presbitei et sicut mihi qui supra Ingo odie ouenit per carta donacionis de ipso Wido presbiter quam habere uisso sum infra Marcila Januensi per locas que nominatur, et in fundo Rapallo, et in Montexello. seu in Caneza. et in Caualixi. et in Perogallo. seu in finibus Lauaniensi. et in Casta gneto maiore, et in uia Rapalina, et pro aliis ceteris locis et uocabolis ubicumque de predictis casis et omnibus rebus inuenti fuerint in inte grum. similiter dono ego qui supra Ingo tibi qui supra Wida prò ipsa cartula donacionis et prò suprascripto Launehil. oc est mea mobilia et casa que nunc abeo uel in antea aquexeritis. exepto soldos decem aut in ualente quod in eadem cartula donacionis reseruaueri Wido presbi tero et milii qui supra Ingo odie ouenit per eadem cartula donacionis de suprascripto Wido presbiter. et sunt casis uineis ficetis oliuetis ca stanetis roboretis canetis et aliis arboribus fructiferis cum areis suaium. et terris arabelis et ierbis siluis buscaleis cum areis suarum omnia et ex omnibus plenum et uacuum in integrum, que autem suprascriptis casis et omnibus rebus illis iuris proprietariis et libellariis superius pie nominatis una cum accessionibus et ingressoras earum seu cum supe rioribus et inferioribus earum rerum qualiter superius legitur simul cum iam dicta mobilia in integrum hab ac die tibi qui supra Wida amica et nepota mea dono cedo trado confero et per presentem cartulam donacionis proprietario iuri et libellario nomine in te abendum confirmo, et facias exinde a presenti die tu et heredibus tuis aut cui uoluens ^ proprietario et libellario nomine quicquit uolueritis sine omni mea et heredum meorum contradicione. salua quidem luminaria sancta Ecclesia cuius est proprietas, et licead te exinde libellum petere ad nomen tuum I » ( 195 ) nel heredibus tuis aut cui dederitis quandocumque tempore uolueritis. quidem expondeo que promitto me ego ingoni una cum meis heredibus tibi qui supra Wida tuisque heredibus aut cui uos dederitis ista donac io qualiter superius legitur in integrum ab oni omine defensare, preter ecclesia cuius est proprietas, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenium suptraere quexierimus. tunc in dublum eadem donacio sic ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit melioratis aut ualuerit sub estimacione in consimilibus locis. et iam dieta mobilia in consimile mobili, quidem et ad anc confirmanda donacionis cartulam accepi ego qui supra Ingo ad te iam dieta Wida exinde Launehil uestimenta una ut ec mea donacio sicut supra legitur firma et stabilis permaneat que persistad. Actum in loco lomulinello feliciter. 'Signum m. manus isto Ingo qui anc cartulam donacionis fieri rogaui et suprascripto launehil accepi ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus Bonifredi et Pagani seu Johanni atque Pomo et Berardi rogati testes. Ego Johannes notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule donacionis postradita compleui et dedi ('). DOCUMENTO CLIX. Bernardo abate del monastero di san Siro concede in locazione a Lanfranco del qm. Bonando la metà di una terra con casa nel Campo di san Marcellino. 1089, settembre (Ved. Chartarum, voi. I, col. 688) DOCUMENTO CLX. Lanfranco avvocato, del qm. Dodone, ed Alguda giugali fanno donazione della terza parte di un manso al monastero di santo Stefano, ricevendone però in compenso lire dieci di buoi^ denari d’ argento. 109-1, giugno (Carte Genovesi, num. 241) - + Hanno ab Incarnatone Domini nostri ihesu christi milleximo nonagesimo quarto, mense Junii. Indicione secunda. Monasterio Sancti Ste- (') Sul dorso, di mano antica: Pc Jtopallo. é ( 1% ) pliani proto christi martiris fori muro Ciuitate Junue. nos Lanfrancho auocato fìlius quondam Dodoni et Alguda Jugalibus, et ipso .uiro meo mihi consenciente et subter confìrmante. qui profesi sumus nos ex nacione nostra lege uiuere romana, propterea diximus quisquis in sanctis hac in uenerabilibus locis et suis aliquit contulerit rebus iusta auctori uoce in hoc seculo centuplum haccipiat. insuper quod melius est uitam posidebit eternam. ideoque nos qui supra iugalibus donamus et offerimus ad tfodem monasterio et per presentem cartulam uindicionis ibidem abendum confirmamus et per argentum denarios bonos papienses Zibras decem. oc est nostra porcione quod est tercia porcione de mansum unum cum area ubi estat cum uineas et fìcas et oliuas super abente iuris nostra proprietaria sicut nobis obuenit ex parte quondam Razoni qui fuit comes. aut nobis ouenit per qualecunque inienium. quam habere uisi sumus foris muro ciuitate Janue non longe de suprascripto monasterio ubi dicitur ortoio. coerit ad suprascripta tercia porcione quamque ad alie sinu’Zes due porciones de una parte terra Johannis de....... de alia parte terra Lanberti filii quondam Merloni, de tercia parte uia publica, de quarta parte terra suprascriptorum Johanni et Lanberti et Sancti Fluctuosi, sibeque alie sunt coerentes. infra iam dictas coerencias omnia et ex omnibus sicut superius legitur plenum et uacuum una cum haccesione et ingresso suo seu cum superioribus et inferioribus ab liac die in eodem monasterio argen............uendicta donata alienato • . . in eoden monasterio et per presentem cartulam uendicionis ibidem habendum ro«/?rmamus. faciendum exinde a presenti die illi monachi qui ordinati fuerint ad . (') Pergamena logora e mancante. Sul dorso, di mano antica. Testes Gì. Auberto. Dodo. Ralnaldo.....Cartula ofersionis quam fecerunt Lanfran et Alguda iugalibus ad monasterio sancti Stefani, nomlnatiue de nost, a poi que est tercia porcione de mansum unum .... Ilo. de una parte teri a Johan i de alia parte terra.........de tercia terra sancti Fructuosi, de quarta u a sicut.....quondam. Razoni. predo librarum X. Millesimo nonagesimo quar mense Junll. Indicione secunda. Quindi di altra mano: Carta quam fecerunt Lanfrancus Aduocatus et Algu coniux eius de tercia pars de Oriolo. E finalmente di altro carattere ancora De Oriolo. Est in Calignano (Poch). ( 197 ) DOCUMENTO CLX1 Donazione di beni fatta al monastero di san Venerio da Oberto marchese e Gio-lita contessa sua madre; alla quale è testimonio Alinerlus de Castro Passiono. 1094, giugno (Ved. Muratori. Antich. Estensi, par. I, cap. XXIV, p. *234) DOCUMENTO CLXII. Aldeza e Dilgeza del qm. Ingezone donano a Giovanni del qm. Pietro una pezza di terra in Struppa, nella regione denominata Campora. 1095, 1.° aprile t (Carte Genovesi, num. 242) • t Hanno hab incarnacione Domini nostri Jhesu Christi Milesimo nonagesimo quinto, die mense halendis aprilis. Indicione mi ('). dilectissimo nobis senper Jobannes fìlius quondam Petri nos Aldeza (?) et Dilgeza (?) germane filie quondam Ingezoni. ipsi uiri nostri nobis consenciente et subter confirmante, amice et donatris tue. propterea dixi ile est donacionis titulo iure firmissimo que b'ona et spontanea uoluntate nostra interueniet. et ideo nos qui supra germane amice et donatris tue donamus cedimus tradimus conferimus et per presentem cartulam donacionis proprietario iuris et libelario nomine in te qui supra Johannes amico nostro abendo confirmamus, oc est pecia una de tera uaeua iuris nostra proprietaria et libelaria que poxita est in Strupa locus ubi dicitur Campora. et est predicta pecia de tera per mensura iusta in circuito perticas quinque et quarta porcione dff pertica una. coerit ei a supia-scripta pecia de tera da una parte tera Beloni, da alia parte terra Rustici. da tercia parte tera Alberti, da quarta parte tera tua qui supra Johannis. sibique alie sunt mensure uel coerencie. omnia suprascripta pecia de tera in integrum, que autem suprascripta pecia de tera una cum acesione et de ingreso uel esito suo in integrum, ut a presenti die in te qui supra Johannes uel in eredibus tuis aut cui uos dederitis sit potestate ex nobis qui supra germanis plenixima largietate. faciendum (*) Correva soltanto la III. * ( 198 ) exinde coeumque uoluevis. de rebus libelaria salila censura Ecclesia cuius e..t piopiietas. et liceat exinde libelum petere a nomen tuum uel cuicumque uolueiis. et sic fieri cot non credimus nos qui supra ger-unquam in tempore nos uel nostris eredibus auersus te qui p a Johannes uel auersus tuisque eredibus aut cui uos dederitis supra-p a donacio qualiter superius legitur in integrum agere aut causare quesierimus uel ab omni omine defensare non potuerimus preter Ec-eJa cuius est pioprietas. tunc spondimus nos qui supra germane una cum nostiis eiedibus componere tibi qui supra Johannes tuisque eredibus aut cui uos dederitis pena dupla de ista pecia de terra comodo in tem-poie uerit meliorata aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, quam uero cartulam donacionis nostre paginam Johannes notarius endum ìogaui. in qua supter confirmans testibusque otuli roborandam. Actum in loco Strupa qui eserino feliciter. ignum m. ra. manibus suprascriptorum germane qui anc cartulam onationis iieii rogaui. et suprascripti uiri nostri consenxi ut supra. dignum m. m. m. m. m. manibus Johannes. Ingo. Ribaldo. Albertus. Rustico fi^ri rogati testes. • Ego qui supra Johannes notarius scriptor uius cartule donacionis postradita compleui et dedi. DOCUMENTO CLXIII. Promessa che fa Guido del qm. Rustico di non recar molestia al monastero di santo Stefano nel possesso di una parte di manso (*). 1093, giugno (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 243) • Anno ab incarnacene Domini nostri Jhesu Christi milleximo nona-geximo quinto, mense Junio. Indicione tercia. Monesterio Sancti Stefani quod est constructo foris muro Ciuitati Janue. Ego Wido fìlius quondam Rustici, qui profesus sum ex nacione mea lege uiuere romana, propterea dixi promitto adque espondeo me ego qui supra Wido una cum meis fìliis et filiabus uel erede a suprascripto monesterio uel a patrum ipsius monesterii aut cui ipsi dederint ut admodo nullumquam in tem- (') Ved. nor.um. CI^C, a papf. 195. poro non abeamus licencia nec potestate per nullum uix ingenium nul-lamque ocasionem quod fieri potest agere nec causare, nominatiue mea porcione quod est mansum unum iuris mei proprietariis quam abere uisi sumus non multum longe da ciuitate Janue ubi dicitur Auriolo. et est ipsa mea porcio quod est tercia porcio quamque ad alie similes due porciones ad super totum da una parte terra que fuit T... blo. da alia parte uia que pergit a porta, de reliquis duobus partibus terra suprascripto monasterio, sibique alii sunt coerentes. infra ian dictas coerencias una cum accesione et ingreso uel esito, suo omnia suprascripta tercia porcione sicut fuit de Razo in integrum ducendum, quod non exinde aliquit pertinere debemus, set omni tempore exinde taciti et contenti permaneamus, quod si admodum aliquo tempore ego qui supra Wido si umquam in tempore nos uel nostris eredibus a parte ipsius monesterii suprascripta promissio qualiter superius legitur in integrum agere aut causare presumserimus per nos aut per nostras sumissas personas, uel si aparuerit ullum datum aut factum uel colibet scriptum quod ego exinde in aliam partem fecisemus aut emisiesimus uel deinceps in antea mittamus et claruerit sicut supra legitur, tunc spondeo me ego qui supra Wido una cum meis filiis filiabus uel erede componere in iam dicto monesterio uel a patrum ad iam dicto monesterio suprascripta promissio in dubium comodo in tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub stimacione in consimile loco, et insuper pena auro obtimo libras decem, quidem et ad anc confirmandam promisionis cartulam accepi ego qui supra Wido ad te ian dicto miso exinde Lonahil uestimentum unum ut a mea promissio sicut supra legitur omni tempore firma et stabilis permanead atque persistat inconuulsa con stipulacione subnixa. Actum Ciuitate Janua feliciter. Signum m. manus suprascripto Wido qui anc cartulam promisionis fierit rogauit. Signum m. m. m. m. m. manibus Amicus Brussco. Bomato. Jorma... . . . no. Wilielmus. Jobannes. Ingo rogati testes. Ego Anselmus Judex sacri Palacii scripsi et subscripsi compleui et dedi (')• (') Sul dorso: De Oriolo. È in Calignano. Credo quod etiam modo uocatur Pera. « ( 200 ) DOCUMENTO CLX1V. Rubaldo del qm. Tedisio, Pagano dei qm. Oberto e Gerardo del qm. Alberto, di Lavagna, rinunciano al monastero di san Colombano di Bobbio ogni loro ragione sulla chiesa di sanlo Eufemiano di Grnveglia. 1J96, 1.° marzo (Ved. Chartarum, voi. I, col. 719; DOCUMENTO CLXV. Azone abate del monastero di santo Stefano concede in enfiteusi ad Angelerio e Rodolfo del qm. Pietro, Bardo prete del qm. Martino ed Andrea del qm. Pietro, i beni del monastero medesimo posti sul monte Peraldo , ad eccezione di due prati. 1097, aprile (Pergamena dell’Arch. Gov., Abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 244) r Anno ab incarnacione Domini nostri Jhesu Christi milleximo nonagesimo septimo, mense aprilis. Indicione quinta. Placuit atque conuenit inter Azonem Abatem monesterii Sancti Stefani situm prope eiuitate Janua. nec non et inter Anglerium et Rodulfum germanos eorumque filios masculinos filii quondam Petri. et presbiterum Bardum filium quondam Martini, et Andream filium quondam Petri. ut in Dei nomine debeat dare sicut a presenti dedit ipse Azo Abas ex parte suprascripti monesterii Sancti Stèfani eidem Anglerio et Rodulfo eorumque filiis masculinis in una medietate et suprascripto presbitero Bardo et Andree eorumque eredibus in alia medietate, ad fictum censumque redendum libellario nomine usque ad annos XX nouem expletos, hoc sunt omnes res libellarie iuris ipsius monesterii Sancti Stefani que sunt poxite in monte Peralto, fines uero eius in Alpe Maxeria. in inferiori capite Fo-satum Deleuene qui pergit ad pedem Maxerie. de alio terminum Costa Discola poxitum usque in Alpe, de superiori capite Alpis que nominatur Fosse, quartum latus pratum domnicatum usque in Costa Begadina. omnia et ex omnibus quicquid pars ipsius Monesterii in ipso loco infra-scripto habere uidetur. preter pratum donicatum ipsius monesterii et pratum quem tenet Lanfrancus Gabo ex parte ipsius monesterii. alias ( 201 ) omnes res que ad ipsum monesterio pertinet in integrum, ea racione ut amodo ipse Anglerius et Rodulfus et presbiter Bardus et Andreas uel illorum heredes usque ad annos XX nouem expletos predictas res una cum accessionibus et ingressibus suis seu cum superioribus et inferioribus suis qualiter superius legitur in integrum debeant habere et detinere, ita tamen ut per eos meliorentur non peiorentur. et persol-uere debeant per singulos annos de blaua que ibidem laborata fuerit quintam partem et pullos duos, et per unumquemque Natale Domini exinde persoluere debeant spallam et similiter pullos duos, datum et consignatum ipsum amixere ad locum ipsius Monesterii ei misso per se ipf;o> aut suos heredes uel per eorum missum, et insuper dare debeant me dietatem de Bosco quem ibidem coitum fuerit, excepta muita. aliam uero super impoxitam eis non fia. pena uero inter se se posuerunt ut si istus Anglerius et Rodulfus et presbiter Bardus et Andreas uel illorum heredes minime redierint per unumquemque annum sicut su perius legitur, aut si suprascriptus Abas uel eius successores exinde ali quam forciam aut super impoxitam fecerint nisi sicut supeiius leeitui. uel ab omni homine defendere non potuerint, aut si ipse Aneleiiu. Rodulfus et presbiter Bardus et Andreas uel illorum hei edes adiutoriur ad defensionem istarum rerum sicut potuerint non prebueiint. componat pars parti fidem seruanti pene nomine soldos centum den riorum papiensium. quam uero cartulam conueniencie nostre Gisu u Judicem scribere rogauimus. in qua subter confirmantes testibus oj limus roboranda. Vnde due cartule uno tenore scripte sunt. Actum atrio ipsius Monesterii feliciter. Signum m. m. m. m. m. manibus Abatis et Anglerii ac Ro presbitero Beroardi et Andree qui hanc cartulam conuenienci gauerunt ut supra. . „ Signum m. m. m. m. m. manibus Alberti Aduocati. Johannis. Pagani. item Alberti. Boni Johannis testes rogati. Ego Ato abbas a me factum subscripsi. Ego Ansaldus me subscripsi. Ego qui supra Gisulfus Judes scriptor huius c.rtule eonuemeace postradita compleui et dedi ('). (‘) Sul dorso, di mano antica: Ve plactibus Peracti. Cartula de Peraldo. Car Uila de Peralto. ( 202 ) documento clxvi. ritta !>ant0 stefano. col consiglio di Amico Brusco console della iirfm» -l en°frVa’ ^ Gandolfo visconte avvocato del monastero, e d’altri buoni . r*Unl(.1 lnesso la torre del detto Amico sita nella Ripa del Castello, ridi nrnnp* 1U°’ e loro coi>sorti la rinuncia di costoro ad ogni diritto e in ™ 'V S°'ra un molino posto in Bisagno nel luogo appellato Molinello, e lo concede ai medesimi in enllteusi. 1098 , 23 aprile (Ved. Atti della Società, voi. I, p. 67) DOCUMENTO CLXVII. Rainaldo, Oberto suo figlio e Madrona moglie di esso Oberto, donano al monastero di santo Stefano un manso in Mortedo. 109», maggio (Pergam, dell Arch. Gov., abbazia di s. Stefano, mazzo I; Carte Genovesi, num. 247) Anni ab incarnatene domini nostri Jhesu christi milleximo nonage-ximo nono, mense madii. indicione sesta. Monasterio Sancti Stefani proto martiris quod est constructum foris prope ciuitate Janua. Nos Rainaldus filius quondam Bonifilii Obertus pater et filius eius et Madrona conius suprascripti Oberti. et ipso uiro et socero nostro nobis consenciente et subter confirmante, qui professi sumus nos ex nacione nostra legem uiuere romanam. ofertores et donatores ipsius Monasterii, propterea diximus quisquis in sanctis ac uenerabilibus locis ex suis aliquid contulerit rebus iusta octoris uocem in hoc seculum centuplum accipiet, et insuper quod melius est uitam poxidebit eternam. et ideo nos qui supra pater et filius (et) Madroina (sic) in eodem monasterio donamus et ofe-rimus et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmamus, hoc est mansum unum et rebus iuris nostri proprietarium cum mansione et torcio et uineis et ficibus auliuis super abente. quod habere uisi sumus in loco et fundo Mortedo. cum omnibus suis pertinenciis. coherent ei da una parte uia publica, da alia parte terra Sancti Stefani, da tercia parte terra Alberti de Wuaraco. de quarta parte terra de Malauxelo et filiorum de Oberto de Dodo, sibique alie sunt ab omni coherentes. infra iam dictas ( 203 > colicrencias omnia et ex omnibus plenum et uacuum una cum accesio-nibus et ingrcsoris uel exito suo in integrum ab ac die in eodem monasterio donamus et oferimus et per presentem cartulam ofersionis in-bidem (sic) abendum confirmamus, faciendum exinde a presenti die Abas ipsius Monesterii quicquid uoluerint simul cum Monachis qui ibi sunt uel deinceps in antea ordinati ese debent sine omni nostra uel heredum nostrorum contradicione. quidem et spondimus atque promittimus nos qui supra pater et fìlius et Madrona una cum nostris heredibus ad parte ipsius monasterii supraseriptum mansum qualiter superius legitur in integrum ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquid per quouis ingenium subtraere quexierimus. tunc in duplum eamdem ofersionem ut supra legitur inibi restituamus sicut pro tempore fuerit melioratum aut ualuerint sub estimacione in consimile loco, et nec nobis liceat ullo tempore nolle quod uoluimus. set quod a nobis semel factum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promittimus cum stipulacione subnixa. Actum in Ciuitate Janua feliciter. Signum m. m. m. manibus istorum pater et filius et Madrona qui hanc cartulam ofersionis fieri rogauerunt ut supra. Signum m. m. m. m. m. m. manibus Amicus Brusco. Bomato de Medo-lico. Gandulfus. Johannes Grexencius. Martinus. Merlo rogati testes ('). DOCUMENTO CLXVIII. Mauro e Lamberto figli del qm. Guglielmo, colle loro mogli Druda ed Anna, fanno omaggio al monastero di santo Stefano di un terreno vuoto nella Domocolta di Bisagno. 1100, aprile (Pergamena dell’Ardi. Gov., abbazia di santo Stefano, mazzo I) t Hani domini et emcarnacionis domini nostri Jhesu Christi Mille-ximo centeximo. mense aprilis. indicione septima (*). Monesterio Sancti Stefani proto martir christi sito foris ciuitate ianua. Nos mauro et lanberto germanis filii quondam uuilielmi et druda conius mauro et (■) Sul dorso, dì mano antica: Carte de Murteto in contrata Cruciferorum et jìontis sancte Agathc super uiam. (’) Correa veramente 1’Vili- ( 204 ) ana conius lanbertus. et ipsi uiri earum nobis consenciente et suptus contirmante. qui profesi sumus ex nacione nostra lege uiuere romana, aufertores et donatores ipsius monesterio. propterea diximus quisquis in sanctis ac in uenerabilibus locis et suis aliquit contulerit rebus iusta auctoris uocem in oc seculo centuplum acipiat. insuper quod melius est uita posidebit eterna, et ideo nos qui supra iugalibus aufertores et donatores in suptu et sosidium monahorum pro anime nostre mercede, hoc est pecia una de tera uacua iuris nostra proprietaria quam habere uiso sum in domocolta de besanio prope ecclesia sancti martini, coerit ei a suprascripta pecia de tera da trex partibus tera de ipsius monesterio. da quarta parte uia puprica. subique alii sunt coerentes. infra iam dictas coerencias omnia quantum nobis pertine per cotlibet ingenium in integrum. Que autem suprascripta pecia de tera iuris nostri proprietarii ^uperius dictis una cum acesione uel ingreso uel esito suo seu cum superioribus earum rerum qualiter superius legitur in integrum al) ac die in eodem monesterio sancti Stefani donamus et oferimus et per presentem cartulam ofersionis ibidem abendum confirmamus, faciendum exinde a presenti die abas uel monahcos illos qui prò tempore in eode monasterio ordinati sunt uel deinces in antea ordinati esed debent ad eorum usu et suptu et sosidium monahco-rum quicquit uoluerit prò anime nostre mercede. Eo uero ordine si unquam in tempore uenerit pontifex aut abbas aut aliqua potestas que a suprascripta pecia de tera aliqua suptracione aut minuacione facere quexierint. tunc statim ueniant in potestate nostra uel de propinquioribus parentibus nostris qui pro tempore aparuerit. et tandiu in eodem potestate permanea a fruendum quandoque uenerit aliqua potestate que ac nostra offersio adimpleat sicut superius legitur, nam si namina persona inquietata eis non fuerint et de ea queto ordine abere permiserint, tunc faciant suprascripto abas uel monahcos qui prò tempore in eodem monesterio fuerint aut deinces in antea ordinati ese debent de suprascripta pecia de tera quod supra legitur ad eorum usu et suptu quicquit uoluerint prò anime nostre mercede sine auni nostra uel eredum nostrorum contradicione. Ab omni omine defensare, quod si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couis ingenium suptraere quexierimus. tunc in dublum eadem ofersio ut supra legitur adinpleat uobis restituamus, sicut prò tempore fuerint melioratis aut ualuerit supb estimacione in consimile loco, hanc enim cartulam ofersionis paginam bonefosse notarius tradidit et scribere rogaui. in qua supter confirmans testibusque optulit roborandum, liactum ciuitate ianua feliciter. Signum m. m. m. m. manibus suprascriptorum mauro et alberto germanis et druda conius mauroni et ana conius lanbertus qui anc car- ( 205 ) tulam ofersionis fieri rogauerunt. et suprascripta conius illorum consenserunt ut supra. Signum m. m. m. m. m. manibus amicus brusco, primo, ingo tornello. berizo. uitalis. omnes lege uiuentes romana testes. f Ego qui supra bona fosse notarius scriptor uius cartule ofersionis post tradita compleui et dedit (') DOCUMENTO CLXIX. llichezo prete, Giso diacono ed altri parecchi rinunciano in favore della chiesa dei santi Salvatore e Teodoro di Fassolo ad ogni diritto loro competente sul-1’ amministrazione della chiesa medesima e dei suoi beni. 1100 , 20 luglio (Giscardi, Origine e. successi ecc. delle chiese di Genova,-MS. autografo della Bibl. dei RR. Miss. Urbani, p. 444) In nomine Sancte et Indiuidue Trinitatis a qua omne bonum procedit, quod est sine qua bona numquam sunt nec esse possunt. Quisquis in sanctis et uenerabilibus uel Deo dicatis locis se siue de propriis Domino obtulerit iuxta auctoris uocem mercedem inde talem se recepturum cognouerit qualem nec oculus uidit nec auris audiuit. Igitur in Ecclesia que Sancti dicitur Theodori et Sancti Saluatoris que est constructa iuxta litus maris prope hanc urbem Januensem. in loco qui dicitur Fasciolum. Richexo qui et Beutus presbiter et Domini de-uotus filius quondam Vgonis. et Gizo qui uocatur Gisulfus clericus et diaconus filius quondam Guidonis. et Tautuza filia quondam Abonis. et Genoardus filius quondam Oberti et Oza iugalibus filia quondam Gezonis. et Obertus filius quondam Ameli, et Ofiza iugalibus. et Obertus pater suus. et Eriza iugalibus filia quondam Joannis. Vgiso pater et filius. et Gulielmus et Ansaldus fratres cum uxoribus suis Bellota et Bellenda et successores eorum. Paganus et Benincasa et Ansaldus et uxor Pagani. Nos autem qui in hoc presenti seculo uiuimus Bellando presbitero et T1) Sul dorso, di mano sincrona: Testes amicus brusco, ingo. primo, beriso. uitalis. albertus. cartula ofersionis quam fecerunt mauro lambertus germani filli quondam uniliclmt et druda conius mauro et ana conius lanbertus a monesterio sancti Stefani per niiso ansaldus abbas. nominatiue pecia una de tera uacua que posita est in besanio prope ecclesia sancti martinus. da trex partibus tera ipsius monesterio. da quarta uia. infra infrascriptas coerencias quantum a nobis pertinet per qualccumquc ingenium. Ani domini Millesimo. C. mense aprllis. indicione Vili. ( 206 ) pie*. iteio prodicte Ecclesie officialibus refutationem facimus et p a tare cumponimus nominatine de eadem Ecclesia et rebus quas P a es*a nunc habet et postmodum habitura est. ita ut predicti * )• r* eorum(lue scquaces habeant regimen omnemque potestatem p ce -ceiosie et lerum ad eam pertinentium atque pertenturarum. a + e ®c^onem clericorum seu presbiterorum faciendum absque omni mandato Pontificis per conuentum. nec isti supradicti eorumque heredes icenciam siue potestatem per quodlibet ingenium uel ocasionem p . . 1 dandi uel innescandi (sic) aut alienandi de rebus ipsius e uel requirendi seu exigendi aliquod per munus aut usum uel nem. opti as uel functiones ab ipsa Ecclesia uel rebus nunc et in o a eam pertinentibus in sua libera permaneat potestate ex parte 131 eorumque heiedum. absque omni eorum contradicione uel mo-. preter ad adiuuandum uel defendendum si opus fuerit iam dictam esiamcum presbiteris et clericis hominibus et rebus ad ipsam uel ipsos P entibus absque omni premio nisi pro anime nostre mercede. Ipse repositus eiusque successores non habeant potestatem dandi uel a ìquo modo alienandi de rebus ipsius Ecclesie utilitatem. Liceat autem P- " presbiteris et clericis eiusdem Ecclesie presbiteros seu clericos q s potuerint ad seruiendum Deo idoneos inuenire. et eosdem in eadem ce esia elig-ere. Jam dictus uero Prepositus et clerici presentes et cohabitaie [et communiter uiuere in predicta debeant Ecclesia d'11}) ?^Ua. <^‘u‘i,'one uel proprietate. Quod si quis illorum instigante u o in ips.i uita uel conuersatione manere noluerit et alios inquie-atus fuerit, ei dato spatio penitendi gratia et reprobata malitia atribus recipiatur. Si autem in eadem malitia perseuerauerit communi fratrum consilio ab eadem separetur Ecclesia, et non habeat I s atem requirendi quidquam de rebus quas secum in predicta Ect desia tulerit uel dederit aut pro ipsa expenderit. ec autem liberahtas Ecclesie rerumque ad eam pertinentium a pre-ominibus ideo facta est ut eorum omniumque parentum suorum in - Um Pre*er^orum iturorum anime cunctorum bonorum que upI * -r- ^ecIesia uel orat*onum seu missis aut elemosinis seu ieiuniis in nit& s omn**-,usque modis quibus bonum fieri potest facta fuerint m uita et m morte participes sint. xilium n *a suPra<^c*a bona etiam illis hominibus proficiant qui au- cidem Ecc,esie «* »*• iibc™-litati Ecclcslc Del 8rati“ Episcopus huic libera- maledicimus pt U C0nscruantcs benedicimus et non conseruantes excommumcatos decernimus et cum Juda traditore pes- C 207 ) simo et Datlian et Abiron omnibusque damnandis anathemate perpetuo condemnamus. Ego Mauricius de Portu Romano Episcopus huic liberalitati subscripsi. Actum est hoc in loco ubi dicitur Fasciolo feliciter. Anno Dominice Incarnationis millesimo centesimo. Indicione sexta. Romanam sedem Pasquale regente Papa, anno primo Pontificatus. Eribertus archipresbiter scripsi. Dux presbiter scripsi. Villanus presbiter scripsi. Joannes presbiter scripsi. Joannes presbiter scripsi. Andreas presbiter scripsi. Opizo presbiter scripsi. Rozo presbiter scripsi. Signum Leodegarii abbatis Sancti Siri. Petrus abbas Sancti Andree firmaui. Joannes monacus scripsi. Brunus presbiter interfuit. Vincentius presbiter scripsi. Joannes presbiter interfuit. Petrus clericus scripsi. Ego Anselmus Judex huic decreto firmaui. Ego Petrus Judex huic decreto firmaui. Ego Guisulfus Judex interfui. Obertus Guido Bernato uassallus. Maurus. Gulielmus. Gandulfus. Rusticus. Joannes Carboni Nigri. Vgo. Ingo. CafFaro. Martinus. Andreas. Bonifante. Baldo. Joannes. Marchisius. Alius Marchisius. t t +. Petrus ultramontanus omnium suprascriptorum minimus hoc scriptum scripsi rogatus, t (L. S.) Anno M. C. Inditione sexta, die XX mensis iulii. Per Reuerendum in Christo Patrem dominum Ayraldum Dei gratia Episcopum Januensem una cum Reuerendo Domino Mauritio Cardinali Domini Pasqualis Pape legato et Episcopo Portuense consecrata fuit Ecclesia sancti Ihcodoii de Fasciolo, cui consecrationi interfuerunt uenerabiles abbates Leode garius abbas sancti Siri Janue et Petrus abbas sancti Andree de Sexto ('). C) Ex pert/amena (Giscardi). ( 208 ) documento clxx. Guido marchese, figlio del qm. Oberto pure marchese, fa omaggio al monastero di san Siro di Genova della basilica di san Nicolò di Capriata (')• 1100 , 30 luglio (Ved. Chartarum, voi. I, col. 735) DOCUMENTO CLXXf. al monastero predetto^0 * BUOnvassall° > Gl>fflielmo e Lanfranco, donano beni 1100, settembre I Pergamena dell’Arch. Gov., abbazia di s, Siro, mazzo I,-°arte Genovesi, num. 251) mense spntP^ Incarnacione domini nostri ihesu christi mille centum, structa i Rm nS .1Ddlcl0ne sexta' Ecclesie Sancti Siri que est con-et Dodo pg° atis Ganue («4 ego Alguda filia quondam Grose quondam T onusuasaI,us et Wilielmus et Lanfrancus germani filii cione nostr311/511101 • qU1 Pr°feSSÌ sumus nos omnes mater et filii ex na-propterPT H' • °C U'U.ere ^omana. ofertores et donatores ipsius ecclesie, aliquit contui (|U*S(^U‘S *n anctis ac in uenerabilibus locis ex suis quod melius t ^ US 'USt) Sul dorso, dello stesso carattere dell’atto: Testes baldris. obertus. tohannes. ranaldxis. burgo. cartula offerxionis quam feci ego alguda filia quondam grose et dodo ac uiliclmns et bonus uasallns et lanfrancus germani filii quondam lan- ( 210 ) DOCUMENTO CLXX1I. Donazione di beni in Pegli fatta da Ingo in compagnia di sua madre e della mcglie al monastero di san Siro. 1100, ottobre (Pergamena dell’Arch. Gov., abbazia di s. Siro, mazzo I) millesimo centes°m^- anni. incarnacione domini nostri ihesu christi est constructum indictione octaua. Monasterio Sancti Syri quoti filius et alda confa, ^T' N°S ' ' ' ’ et ingo mater et cione nostra le» ^ SUPrascriP^ inS0Di. qui profesi sumus nos ex na-propterea diximu^1*1^6 r°mana' °fertoreS et donatores ipsius monasterii, aliquid contulerit1” nenciis. omnia et ex omnibus plenum liter sunprin ! ^ aCCeSSi0nib- ingressoris uel exitus earum qua-namus et of ^ ^ *nte^rum ab ac die in eodem monesterio docendum eo tì mUS Ct PCr Presen^em cartulam ofersionis ibidem ha-qui in emlp mamus‘ Sciendum exinde a presenti die abas et monachi esse debent 1 °nas*'en'° ordinati sunt uel deinceps in antea ordinati mei mercedem e°rUm USum et sumptum pro anime nostre et patris nostra uel 1 ‘a™ ProPr*etar*0 nomine quidquid uoluerint sine omni sare, nuod si a nos*:rorum contradicione. ab omni omine defen-Per quouiq in Cn ^ n°n Potuerimus aut si uobis exinde aliquod sionem ut suifT™ SUbtraere quesierimus. tunc duplum eadem ofer-rint melioratis e°ltl|ir in duplum restituamus sicut pro tempore fue-uec nobis lirp«fU Uennt Su,J estimacione in consimilibus locis, et u lo tempore nolle quod uoluimus. set quod a nobis tranci ad ecclcslam sancti siri per abatem eius missum de omnibus rebus no strls quas habere ulsl sumus in gralanico et in uaraue. ct mansum unum manezani. quod est laboratum per generum ocelli de. quartino, mille centum■ mense septembrls. indicione sesta. ( 2J1 ) - • factum ucl conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter con-C P">mittimus cum stipulacione subnixa. Actum in ciuitate ianua feliciter. Sienum m. m. m. manibus istorum mater et filius et alda qui hanc cai am ofersionis fieri rogauerunt ut supra. Signum m. m. m. m. m manibus lambertus medicus, ansaldus. bonus iohannes. uuido. nigro rogati testes. 1 (T^j')maiC^° *U(^ex sacri palatii scripsi et subscripsi compleui et 0) Sul dorso, di mano del sec. XIV; Carta antiqua de pelio. « ■ . . . ' ■ ■ AGGIVNT A Diamo qui posto a un documento il quale nelle Carte Genovesi trovammo inserito sotto l’anno 1047, e che noi perciò non fummo in tempo di collocare a suo luogo. A quel millesimo risponde benissimo la indizione XV, ed anche la memoria di un Enrico augusto, del cui impero correva però l’anno II. Ma ciò che per questo riguardo vedesi enunciato nell’ atto presente si vuole a parer nostro cosi interpretare: L'anno quarto di Enrico, secondo di questo nome fra i re di Germania e primo fra gli imperatori. E siccome una tale indicazione combinata colla indizione XV, risponde al 1017, così noi a quest’ultimo anno pensiamo dover riferire il documento in discorso. Valendoci poi di siffatta opportunità, crediamo debito nostro avvertire come oltre alle pergamene dell’ Archivio Governativo di già notate a’ luoghi rispettivi, altre ne abbiamo pure in seguito rinvenute istituendo una minuta, rassegna de’ mazzi di santo Stefano e ( 2U ) san Siro, ma poste sotto date cronologiche affatto erronee. Tali sono per santo Stefano quelle che rispondono ai documenti XXXIV, LVIII, LXVII, LXXII, LXXIV, LXXV, LXXXIII, CI; e per san Siro quella del num. L. Teberga dei qm. Guidone, vedova di Guglielmo, dona al monastero di san Siro i beni che essa possedè nel luogo di Zemignano ed altrove. 1017, 10 marzo (Carte Genovesi, num. 168) t In nomine Domini Dei et Saluatori nostri Jhesu Christi. donni secundi Aricus regis gratia dei Imperator Augustus.^hanno inperii eius deo propicio primo, ano quarto, decimo die menszs marc'ms. indicione quintadecima. Monesterio Sancti Siri Cristi Confessoris qui est constructu foris prope Ciuitate Janua. ego Teberga filia quondam Vuidoni et relieta quondam XV’ilielmi. qui profeso sum ex nacione mea legen uiuere sa-liha .... offertris et donatris ipsius Monasterii, propterea disi quisquis in santis in ac uenerabilem loco et suis aliquit contulerit rebus iusta octori uoce in hoc seculo centuplum accipiat, insuper quod melius, est uita posidebit eterna, ideoque ego qui supra Teberga dono et offero et per presentem cartulam offersionis ibidem abendum confirmo, oc sunt caxis et sediminibus et omnibus rebus illis iuris mei proprietariis quantum mihi ante os annos aduenit per cartulam donacionis su dubia defensione da parte quondam Yuilielmi qui fuit uir meus uel qualecunque inienio mihi uidetur pertinere in loco et fundo Zumi mani. Castello. Valle.........(') uel aliis ceteris uocabolis ubicumqwe ioris uel sorte inuenti fuerint, qui sunt in parte rectum et laboratum per Andream Cantone Masario. it sunt caxis uinetis ficetis castanetis roboretis ......salectis uel aliis arboribus, cum areis suarum teris arabelis ierbis campis pratis siluis et pascuis, omnia et ex omnibus plenum et uacuum una cum accessionibus et ingresoras uel esitis earum seu cum superioribus et inferioribus earum rerum in integrum, que autem suprascriptis caxis et sediminibus et omnibus rebus iuris nostris supradictis ab ac die in eadem maunesterio dono et offero et per presentem cartulam aufersionis ibidem abendum confirmo, insuper per cultellum fistucum notatum uuantonem et uuasonem tere seu ramo (') Le parole corsive paiono ritoccate (l’och). \ ( 215 ) arboris me absasito feci et a parte ipsius monesterio dcdit exinde legitimam facio tradieionem et uestituram. e me exinde foris et spuli uuarpiui et absa sito feci, et a partè ipsius monesterio a tuam proprietatem abendum reliqui, faciendum exinde a presenti pars ipsius monesterio aut cui pars ipsius monesterio dederint iure proprietario nomine quicquit uolueritis per anima mea mercedem. sine omni mea et eredum meorum ac proeredumque meorum contradicione uel repeticione. Si quis uero quod futurum esse non credebant (sic) si ega (sic) ipsa Telberga quod absit aut ulus de eredibus ac proeredibus meis seu quislibet auposita persona contra anc cartulam aufersionis ire quando-cumque tentauerimus. aut eam per eouix inienium infraiere quexierimus. tunc inferamus at ilam partem cotcumque exinde litem intulerimus multa quod est pena obro obtimum uncias duas arienti ponderas quatuor. et quod repetierimus etuindicare non ualeamus. se presens ac cartuia, aufersionis diuturnis temporibus firma permanead que persi-stad inconuulsa cum stipulacione subnixa, et a me qui supra Teberga meique eredes pars ipsius Eelexie aut cui pars ipsius monesterio dederit suprascripta aufercio qualiter superius legitur in integrum ab oni aomine defensare, quit si defendere non potuerimus aut si uobis exinde aliquit per couix inienium subtraere quexierimus. tunc in dublum eadem aufersio ut supra legitur uobis restituamus sicut prò tempore fuerit meliorata aut ualuerit sub estimacione in consimile loco, et ber-gamena cum atramentario de terra eleuaui paginam ega (sic) qui supra Teberga paginam Dido notarius sacri palacii tradidit et scribere rogaui. in quam subter confirmans testibusque obtulit roborandum. Actum in castro cela feliciter. Signum m. manus suprascripta Teberga qui anc cartulam aufersionis fieri rogaui ut supra, et eique relecta est. Signum m. m. m. manibus Vuilielmi et Bouoni seu Armani omnes legen uiuentes salita testes. Signum m. m. manibus Martini et Petro testes. Signum m. m. manibus Jolianni et Aelberti testes. i* Ego qui supra dido notarius Sacri Palacii scriptor uius cartule aufersionis post tradita compleui et dedi (J). (*) « Pergamena autentica, imprestatami dal signor prete Bottaro, che dice trovata nella raccolta del signor Domenico Musso toJ.^Sul dorso, di mano antica: De ZÌmtniano. Donutio Teberge. Di mano recente: L'anno 1 di Enrico li imperatore, cioè 1010. Teberga figlia del qm......che professava legge salica offerisce e dona al monastero di san Siro effetti posti in Zemignano di Polcc-vera. È fatta prope ciuitatem Janiie » (Poch). INDICE DELLE PERSONE N. J3. I molti nomi che nei documenti si incontrano senza alcuna indicazione che valga a distinguere 1’uno dall’altro individuo, si troveranno, per brevità. tonificati sotto un solo articolo, colla nota di tutte le pagine nelle quali si leggono regislrati. A Abbates S. Fructuosi. Vid. Boni-facius et Madelbertus. Abbates S. Stepliani. Vid. Albertus, Andreas, Anselmus, Ari-bertus , Azo, Litefredus, Mar-tinus. Abbates S. Syri. Vid. Ansaldus, Bernardus , Leodegarius , Ma-tlieus. Abo , pag. 31. Abo qm. Garimundi, 166, 178. Adam, 32, “Ì13, 125, 127, 130. Adam iudex, 49. Adala^-dus, 124. Adalbertus, 79. Adalbertus marchio, 150. Adalbertus praepositus Ecclesiae Terdonensis, qm. Oberti mar-chionis, 172. Adalbertus Montanarius, 17. Adalbertus notarius, 21, 30. Adalegia imperatrix, 32 , 39, 46, 47 , 48, 49. Adalguda qm. Daginzoni, uxor Varaci iudicis,89, 90. Adalguda qm. Ursonis, 71. Adalsinda uxor Genoardi, 125,126. Adegla coniu'x Oberti, 191, 192. Adelbertus, 62, 78, 99. Adelbertus notarius, 160. Adeleida qm. Manfredi marchionis, 159. Adeleida uxor Alberti marchionis, 150. Adelfredus, 51. Ademarius, 55. Adentes (sic), 49. Aelbertus, 215. Agicardus, 170. Agino, 51, 137. Aginonus, 31. Aimo qm. Nazarii, 49. Alaizonus, 54. Albericus, 144, 168. Albericus pater Matronae, 144. Albericus, sive Conradus, qm. A-delfredi. Yide Cunradus. Albertus, 51, 64, 73, 153, 156, 179, 187, 192, 198, 201, 205. Albertus abbas S. Stephani, 180, 181. Albertus advocatus, 201. Albertus de Vuaraco, 202. Albertus filius Pauli, 178. Albertus filius Vidonis qm. Oberti, 116. Albertus iudex, 14, 15. Albertus marchio, 154, 156. Albertus marchio qm. Alberti, 149, 182. Albertus monacus S. Stephani, 58. Albertus notarius, 179, 182. Albertus praesbiter qm. 191, 192. Albertus qm. Berulfi, 180, 181. Albertus qm. Bruningi, 150, 154, 155, 159. Albertus qm. Johannis, 177. Albertus qm. Leonis, 61, 62, 76. Albertus qm. Martini, 64. Albertus Rufus marchio, 162,164. Albertus vir Devinzae, pater Johannis diaconi, 141. Albitus qm. Boniti, 30. Albixo, 51. Albizo, 81, 158. Albizo notarius, 93, 95. 113. ( '2 "20 ) ! Alda coniux Ingonis, 210, 211. Aldeprandus, 156, 175. Aldeza qm. Ingezoni, 197. Aldo, 34. Aldo diaconus, 73. Alexander filius Fulcardi, 43, 44. Alexander filius Todevergae, 17,18. Alexander iudex, 16, 18. Alegrus qm. Thomae, 177. Algifus, 82. Alguda qm. Grossae, relieta Lanfranci, 208, 209. Alguda qm. Teutefredi iudicis, 108, 109. Alguda uxor Gezonis, 193. Alguda uxor Ingonis qm- Bernardi, 192. Alguda uxor Lanfranci advocati, 196. Alinerius de Castro Passiano, 197. Aliuzo diaconus. Vid. Liuzo. Almericus qm. Restani, 76. Alricus filius Ingonis qm. Miesi, 114, 115. Alsenda, 138. Alxinda qm. Bernardi, 128. Amalberga qm. Lamberti, 166. Amalberga coniux Alberti, 61, 62. Amelberta, 73, Amelbertus, 35, 90, 92, 93, 96, 103. Amelbertus qm. Dodonis, 33, 34. Amelius, 132. Amelins acolitus, custos Basilicae S. Marcellini, 23 , 24 , 25. Amelius frater Oberti, 151. Amelius notarius, 145. Amerada, 83, 84. Ambrosius cancellarius Ecolcsiac Ambrosianae, 11. Ambrosius praesbiter, 54, 55. Amicus, 120, 149, 168. ( 221 ) Amicus Bruscus, 1(J3, 199, 202, 203, 205. Ami za coniux Idonis, 139, 140 Amiza coniux Silveradi, 77, 78. Amizo 49. Andreas, 3G, 56, 70 , 73 , 78 , 84, 104, 107 , 108, 113, 128, 144, 154, 159, 165, 166, 189, 190, 191, 193, 207. Andreas abbas S. Stephani, 17, 18, 31 , 36, 41 , 43. Andreas advocatus, 17, 18. Andreas Cantonus, massarius, 214. Andreas fil. Martini, 69. Andreas fi 1. Stephani, 35, 63. Andreas fil. Todevergae, 17, 18. Andreas iudex, 16, 91, 116. Andreas massarius, 40. Andreas nepos Andreae, 187. Andreas praesbiter, 207. Andreas praesbiter qm. Pauloni, 133, 134. Andreas sive Erizo, 92, 93. Andreas sive Johannes, clericus, 105, 106. Andreas qm. Adalgisi, 36. Andreas qm. Benedicti, 23. Andreas qm. Benzoni, 73, 74,75. Andreas qm. Georgii, 65, 66. Andreas qm. Giselberti, 49. Andreas qm. Jenoardi, 171. Andreas qm. Martini Nigri, 193. Andreas qm.-Petri, 200, 201. Andreas qm. Veneriosi, 83, 84. Andreas vir Anteldae, 157, 158. Angelbertus, 32 , 49 , 75. Angelriocus, 16. Anglerius, 73. Anglerius qm. Petri, 200, 201. An na coniux Lamberti, 204,204,205. Anna filia Gezonis, coniux Dodonis, 193. * Anna qm. Ebonis, uxor Oberti qm. Migesii, 110. Anna qm. Guidonis, 77. Anna qm. Oberti Vicecomitis, 102. Ansaldus, 59, 185, 191, 201, 205, 211. Ansaldus abbas S. Syri, 122, 150, 151, 152, 154, 160, 161, 162, 172,173,186,189,190 , 205. Ansaldus fil. Gotofredi, 57. Ansaldus praesbiter filius Offiza-nae, 182. Ansaldus qm. Amelii, 137. Ansegisus sive Gungo, 160, 161, 162. Anselmus, 16, 73, 183, 192. Anselmus abbas S. Stephani, 177, 202. Anselmus de Boniana, 183. Anselmus fil. Offizanae, 182. Anselmus germanus Gisalberti, 23. Anselmus iudex, 180,185, 199, 207. Ansolmus frater Alberti, 141, 142. Anselmus qm. Johannis, 30. Anspertus episcopus Mediolanensis, 12. Antelda, 157, 158. Ardericus, 110. Ardiricus, 31. Ardoinus sive Bonizo, 105. Aribertus, 101. Aribertus abbas S. Stephani, 25, 27, 68, 69, 70, 71, 80, 81, S9, 90, 102, 103, 104, 110, 111, 118, 123, 124, 129, 130, 132, 133, 137, 138, 143, 144, 146, 148. Armanus, 215. Armanus qm. Angelberti, 67. Arnaldus fil. Ingonis qm. Miesi, 114, 115. Ascherius sive Opizo, S6, 87, 103. Asolfus, 21. Astulfus, 134, 135. Aubertns, 184, 196. Aubertus Vicecomes. Vid. Obcrtus. Ayraldus episcopus Januae, 206, 207. Azo, 32, 49, 81, 165. Azo abbas S. Stephani, 52, 53, 56, 57, 58. Azo abbas S. Stephani, 200, 201. Azo de Stampis, iudex, 33. {] Baldus, 181, 192.. 202 , 207 , 209. Bardus praesbiter, 200, 201. Beatrix, 172. Belandus, 179. Belenda qm. Iterii indicis, 1S2,183. Beliscima qm. Ardoini, 168. Bellandus praesbiter, 205. Bellardus, 132. Bellarellus, 171. Bellenda uxor Ansaldi, 205. Bellisenda sive Ofrasia, uxor Saxi, 150. Bellota, 205. Belo, 73. . Belonus, 189, 197. Bencius, 178. Benedicta qm. Benedicti, 67. Benedictus, 16, 24, 28, 31, 85, 107. Benedictus qm. Johannis, 67, 96. Benincasa, 207. Benzo fil. Yidonis qm. Oberti Vi-cecomitis, 132. Berardus, 98, 195. Berardus clericus, 152. Berardus notarius. Yid. Bernardus. Berengarius de Vezano, 165. Berna, sive Bonafante, qm. Ai-monis, 159. Berizo, 79, 118, 122, 187 , 205. Berlenda qm. Amelberti, 178. Bernardus, 35, 65, 135, 156. Bernardus abbas S. Syri, 195. Bernardus si've Berardus, notarius, 39, 93, 142, 144, 154, 156. Bernardus qm. Rodulphi, 68. Bernatus, 207. Bernodus praesbiter, 108, 112. Bernodus notarius, 98, 107, 109, 110, 117, 134, 135, 137. Bernonus praesbiter, 97. Berta, 169. Berta sive Beza, 134, 135. Bertrames de Carcano, Potestas Januae, 32. Berta qm. Leonis, 43. Bertus qm. Leonis. Vid. Albertus. Beutus praesbiter. Vid. Richexo. Beza qm. Angelberti, 37, 39. Bofante, 128. Bomatus, sive Bomatus de Medo-lico, 199, 203. Bonacursus de Bonacurso, notarius , 33, 34, 39, 50. Bonado, 179. Bonafante sive Berna, 159. Bonafilia uxor Andreae, 171. Bonafossae notarius, 204, 205. Bonandus. 81 , 148. Bonetruda uxor Ermenfredi, 189. Bonifacius abbas S. Fructuosi, 32. Bonifante, 207. Bonifrcdus, 195. Boniprandus, 35. Boniprandus massarius, 33. Bonitus, 31. Boniza, 110. Boniza qm. Andrene, 41. Boniza sive Gisla, 136, 137. Bonizo, 59, 85, 95, 115, 120, 125, 137, 139, 140, 142, 166. Bonizo comes, 32, 49. Bonizo fil. Dominici, 113. Bonizo qm. Petri, 127, 128. Bonizo sive Andreas, 105. Bonoxa , 127. Bonus, 170. Bonusfilius, 62, 118, 140. Bonusfilius qm. Dominici, 185. Bonusfilius sive Johannes qm. Restani, 64, 65, 84, 85. Bonus Johannes, 201, 211. ( 223 ) | Bonussenior, 137, 16S, 183. Bonusvassallus, 72, 73, 172. Bonusvassallus qm. Lanfranci, 208, 209. Boso, 124, 166. Bovo, 215. Bovo notarius et iudex, 162. I Broningo archipraesbiter, 78. | Bruningus, 56, 72, 73, 98, 121, 145, 173, 179. Bruningus praesbiter, 26. Bruningus sive Boso praesbiter, 58. Bruningus sive Martinus qm. Leonis, 71, 72. Brunus praesbiter , 207. Burgus, 209. c Caffarus, 207. Carbonus, 180. Carlonus, 122. Causerame. Yid. Gauserame. Christianus, 166. Christianus archiepiscopus Mo-guntinus, 49. Christina, 148, 149. Columba, 151. Conradus, 190. Conradus acolitus, 150. Conradus episcopus Januae, 151, 152, 163, 184, Conradus fil. Ameradae, 83, 84. Constancius, 68, 99. Constantinus, 165. Crexonus, 103, 104. Cunizo, 70, 119, 168. Cunizo qm. Thomae, 118, 120. Cunizo sive Cunradus, 144, 145. Cunradus, 133. Cunradus clericus, 166. Cunradus diaconus, 78, 79, 80. Cunradus iudex, 109. Cunradus qm. Adelfredi, 51. 52. D Daginzo, 193. Dnibertus, 39. Damianus, 187. Daniel, 121. Deotesalve, 73. Devinza, 141, 142. Dido notarius, 215. Dilgeza, 197. Doda qm. Johannis, 87 , 88. Doda uxor Joliannis, 69, 70. Dodo, 196. Dodo advocatus monasterii S. Syri, 154. Dodo fil. Vidonis qm. Oberti Vi-cecomitis, 116, 132. Dodo pater Lanfranci advocati, 196. Dodo propinquus Ricliildae uxoris Ingonis qm. Miesi, 114. Ebo, 179. Ebo fil. Oberti qm. Miesi, 110. Ebo iudex, 49. Eldeprandus, 70. Enricus de Braia, notarius, 153. Enricus Dandella, notarius, 153. Enricus de Passiano, 162, 182. Enricus Mallonus, consul Januae, 182. Episcopus Januensis, 114. Episcopus Lunensis, 114. Eribertus abbas S. Stephani. Vid. Aribertus. Eribertus archipraesbiter, 207. Eribertus nepos Andreae, 186. Eribertus notarius, 130. Eribertus qm. Johannis, 58, 59. Eribertus subdiaconus qm. Miesi, 91, 92, 106. 107. ( 224 ) Dodo qm. Lanfranci, 208, 209. Dodo vir Annae, 193. Dodus notarius, 193 Dominica, 178, 179. Dominrconus, 87, 103, 104, 130. Dominicus, 31, 81, 93, 135, 144, 148. Dominicus qm. Martini, 84,85,113. Druda uxor Mauronis qm. Wi-lielmi, 203, 204, 205. Durans qm Bonizonis, 84^85. Dux praesbiter, 207. E * Erica. Vid. Ingelberga. Ericus archidiaconus, 78. Eriprandus, 24. Eriza, 20.5. Erizo, 120, 132, 140, 141, 142. Erizo sive Andreas, 92, 93. Erkentruda ancilla, 67. Ermanus comes, 50. Ermembertus notarius, 54. Ermenfredus 64. Ermenfredus qm. Johannis, 189, 190. Ermengarda filia Bonizae, 110. Ermengarda qm. Thomae, 118,119. Ermengarda qm. Raincrii, 28 , 29, 30. Ermengundi, 33. Everardus, 57, 58. F Farolfus, 21. Filii Thedisii de Lavania, 94 Folbertus, 83 . 84. Fulcoinus notarius, 15, 16, 18, 36, 42, 44. ( 2*5 ) Gaidaldus comes, 98, 99, 100. Gandulfus, 175, 185 , 203 , 207. Gandulfus de Lavania, 1G5, 182. Gandulfus fil. Gezonis, 193. Gandulfus fil. Yidonis qm. Oberti Vicecomitis, 116, 132. Gandulfus fil. Wilielmi, 72. Gandulfus Vicecomes, advocatus S. Stephani, 202. Gandulfus Vicecomes qm.Wilielmi, 144. Garimundus, 169. Gaudentius, 32, 49. Gausberitus, 37, 39. Gauserame, 154. Gazanus, 192. Geniegeme, 41. Genoardus, 70, 86, 10G, 111, Ilo, 128, 130, 137, 138, 180. Genoardus fil. Bonizonis, 127, 128. Genoardus qm. Johannis, 127, 128, 143, 144. Genoardus qm. Oberti, 205. Genoardus vir Alsindae , 125, 126. Genuarius, 42. Georgius, 1C9. Georgius notarius, 70. Gerardus de Lavania, 200. Gezo, 189. ' v Gezo diaconus, 60. Gezo vir Algudae, 193. Gezonus *153. Gilberga, 116. Giolita comitissa, 162, 197. Giraldus Massiminus, 153. Girardus, 162. Giselbertus, 36. Giselbertus fil. Martini, 39. Giselbertus notarius, 76. Giselbertus qm. Andreae, 100. 'Giselbertus qm. Johannis, 41, 42. Giselbertus qm. Iiufini, 22. Giseltruda, 95. Gisla sive Boniza, 136, 137. Giso, 193. Giso, sive Gisulfus, diaconus, 139, 205. Gisulfus iudex, qm. Johannis, 103. 104. Gisulfus, iudex, 201, 207, 209. Gisulfus notarius, 74, 75, 99, 105. Gisulfus qm. Bonizonis, 129, 130. Gisulfus subdiaconus, 57, 59. Goderisus, 166. Godo, 83, 131 , 152, 168. Godo praesbiter, 65, 66. Godo qm. Lamberti, advocatus S. Stephani, 54, 55, 60, 71. Godoltruda, 79. Gontardus notarius, 166. Gotefredus, 16 , 59, 70, 81, 83,105, 108, 128, 162. Gotefredus de cardine Ecclesiae Januensis, 28. Gotefredus fil. Bonizae, 110. Gotefredus fil. Petri iudicis, 17, 18, 59. Gotefredus qm. Johannis, 58, 59. Gotefredus qm. Thomae, 118,120. Gotiza coniux Marini iudicis, 69, 70. Gotiza sive Teuderada, 117, 118. Gotiza uxor Grimaldi. 189. Gotizo, 130. 4 ( 22(> ) Grimòrius episcopus Piacentine, 11. Guido, 196. Guilielmus. Vid. Wilielmus. •Guinizo, 52. Guisulfus. Vid. Gisulfus. Gumpertus notavius, 35, 62, 65, ]15. Gumtardus praesbiter, 20, 30. Gunfredus, 90. Gunfredus qm. Gualterii, 80. Gungo sive Ansegisus, 160, 161, 162. Gunzo, 30. H Hamhertus, 54, 55. Henricus. Vid. Enricus. Heribertus. Vid. Eribertus. I Ido, 193. Ido qm. Ingonis, 101. Ido Stanconus, consul Januae, 182. Ido vir Amizae, 139, HO. Ido vir Matronae, 144. Ildebrandus marchio, 28. Ildeprandus, 76. Ildibrandus, 21. Ildeza coniux Godonis qm. Lamberti, 54, 60, 122. Ildoinus, 68, 69. Indo, 96. Ingelberga, sive Erica, 147, 148. Ingelbertus, 76, 125, 127. Ingelfredus Vicecomes, 59. J Jenoardus. Vid. Genoardus. Johannes, 30, 51, 52, 56, 59, 62, 65, 66, 68, 69, 70, 74, 78, 81, 84, &5 , 87 , 88 , 90 , 92 , 94 , 05, 101, 103, 104, 107, 108, 113, 115, Ingeza uxor Johannis, 188, 180, 101, 102. Ingezo, 66. Ingezonus, 37 , 38, 125, 127. Ingizo, 64. Ingo, 107, 180, 108, 100, 207, 210. Ingo Bonaefìliae, 194, 195. Ingo frater Johannis, 163. Ingo praesbiter, 186. Ingo qm. Bernardi, 192. Ingo sive Teutefredus, 87, 8S. Ingo Vicecomes, 132, 184. Ingo qm. Miesii, 114, 115. Ingo Tornei 1 us, 205. Inselbertus, 128. Iterius iudex, 167, 168. 118, 121, 123, 124, 125,128,134, 137, 140, 142, 144, 145, 148,149, 154, 158, 159, 162, 166, 169, 172, 176, 170, 184. 189, 191,192, 105, 106, 108, 109, 201, 207, 215. ( 227 ) Johannes avocator, 17, IS. Johannes Bonus episcopus Mediolani, 11. Johannes Carboni Nigri, 207. Johannes clericus, qm. Ermen-gardi, 186. Johannes clericus, qm. Thomae, 119. Johannes de Bonacursis, notarius, 33. Johannes de Landulfo, 193. Johannes de Petro, 209. Johannes diaconus, 73. Johannes diaconus, qm. Alberti, iudicis, 14, 15. Johannes diaconus, qm. Johannis, 164, 165. Johannes episcopus Januae 25, 27, 28, 58, 59. Johannes fil. Petvi iudicis, 17, 18. Johannes frater Ingonis, 163. Johannes frater Martini iudicis, 60, 70, 117. Johannes Grexencius, 203. Johannes iudex, 58, 59, 92, 131. Johannes monacus, 207. Johannes notarius , 18, 29, 30, 49, 66, 68 , 78 , 80 , 81, 84 , 90, 118, 120, 123, 125, 127, 108,172,183, 189, 191, 195, 198. Johannes notarius (in loco Ma-xenae), 187. Johannes notarius et iudex, 121, 149. Johannes papa VIII, 12. Johannes praesbiter, 207. Johannes praesbiter de Runco, notarius, 163. Johannes praesbiter, qm. Bonizonis, 173. Johannes praesbiter, qm. Johannis, 103. Johannes qm.....ni, 68. Johannes qm. Alberti, 145. Johannes qm. Alberti, diaconus, 141, 142. Johannes qm. Andreae, 68. Johannes qm. Berulfi, 117, 118. Johannes qm. Gemae, 94, 95. Johannes qm. Eldegardae, 125,126. Johannes qm. Ingonis, 188, 189. Johannes qm. Johannis, 35, 43, 76, 102, 103, 186, 187. Johannes qm. Luniverti, 71, 72. Johannes qm. Madelberti, 83, 84. Johannes qm. Martini, 80, 81. Johannes qm. Mauronis, 147 , 148. Johannes qm. Petri, 189, 197. Johannes qm. Restani, 61, 62, 76. Johannes qm. Richardi, 76. Johannes qm. Rozi, 54. Johannes qm. Sironi, 23. Johannes qm. Suardi, 188. Johannes qm. Teutefredi, 108, 109. Johannes qm. Veneriosi, 83, 84. Johannes sive Bonusfilius. Vid. Johannes qm. Restani. Johannes sive Martinus, subdia-conus, 95. Johannes vir Ingezae, 191. « Jubianus, 30, 31. Juvenale, 52, 90, 106, 128. Juvenale qm. Martini, 54. Juvencius, 114. K Karolus filius (?) Adalegiac imperatricis, 1<>. ( 228 ) L Lambert us, 137, Lambertus marchio, 19, *20 , 28, 29. Lambertus Medicus, 211. Lambertus notarius, 1G6. Lambertus praesbiter, 173, 174. Lambertus qm. Godonis, 122,123, 154. Lambertus qm. Merlonis , 196. Lambertus qm. Wilielmi , 203, 204, 205. Lampertus notarius, 34. Landulfus, 145. Landulfus sive Luizo, 117, 118. Lanfrancus advocatus qm. Dodonis, 196. Lanfrancus Gabo, 200. Lanfrancus monacus, 175. Lanfrancus qm. Bonandi, 195. Lanfrancus qm. Lanfranci,208,209. Leda, 73. Leo, 44, 110. Lentocordus, 143. Leodegarius abbas S. Syri, 207. Leoprandus, 25. Leta, 80, 81. Leuprandus, 84. Librandus, sive Merlo, praesbiter, 173, 174. Litefredus abbas S. Stephani, 153, 154. Lituardus, 43, 44. Liuprandus praesbiter, 105. Liuzo diaconus, 17, 18. Luboldus, 34. Lupo, 35, 77. Luizo, 49. Madelbertus abbas S. Fructuosi, 39 , 46 , 47. Madrona coniux Rainaldi, 302, 203. Maginfredus, 169. Mainardus, 153, 154. Malauxelus, 202. Manfredus, 181. Maratinus, 34. Marchio iudex, 211. Marchisius, 207. Marinus, 35 , 59 , 62 , 66. 159, 180. Marinus clericus, 128. Marinus iudex, 69, 70. Marinus notarius, 31, 54, 94, 131, 140, 181. Marinus notarius et iudex, 78. Marinus (qm.) vir Serrae abbatissae, 15. Martinus, 64, 65, 69, 70, 74, 75, 84, 85* 90, 92, 111, 113, 115, 135, 137, 138, 145, 149, 156, 159, 162, 181, 185, 191, 202, 203 , 207 , 215. Martinus abbas S. Stephani, 163. Martinus Calcegursius, 72. Martinus fil. Stephani, 53 , 63. Martinus iudex, 117. Martinus massarius, 40. Martinus Niger, 193. Martinus qm. Alberti, 112, 113. Martinus qm. Bonifilii, 154, .155, 156, 158. ( Martinus qm. Gualferagni, 23. Martinus qm. Johannis, 35, 120, 121. Martinus qm. Stephani, 95. Martinus qm. Veneriosi, 83, 84. Martinus sive Bruningus, 71, 72. Martinus sive Johannes, subdia-conus , 95. Martinus sive Petrus, 100. Matheus abbas S. Syri, 153. Matrona qm. Alberici, relicta Ido-nis, 144. Mauro, 73, 429, 1G5, 172, 179, 193, 207. Mauro qm. Wilielmi, 203, 204, 205. 229 ) Mauricius, 103. Mauricius episcopus Portuensis, 207. Melemberga, 68, 69. Meraldus, 190. Merlo, 172, 190, 203. Merlo qm. Martini, 173. Merlo praesbiter. Vid. Librandus. Michael, 22, 73. Michael qm. L.....,64, 65. Miesi, 60, 91, 106, 110, 112, 114, 141. Milo, 82, 144. Morco, 62. Mundus, 181. N Negro, 181. Negronus, 183. Niger, 211. 0 Obberca sive Oza, coniux Lamberti qm. Dodonis, 122, 123. Obetore, 189. Obertus, 150, 207. Obertus de Dodone, 202. Obertus de la Cui'te, 209. Obertus de Merione, 193. Obertus fil. Ledae, 164. Obertus fil. Rainaldi, 202. Obertus fil. Vidonis qm. Oberti, 11G. Obertus iudex, 130. Obertus marchio, 37, 93. Obertus mundualdusErmingardae, 29, 30. Obertus notarius et. iudex, 159. Obertus pater Ofizae, 205 Obertus Paxius, iudex, 153. Obertus qm. Amelii, 205. Obertus qm. Ansaldi, 57, 5S. Obertus qm. Ingonis, subdiaconus, 101; diaconus, 156. Obertus qm. Miesi ,110. Obertus sive Opizo marchio, qm Oberti, 167, 197, 208. Obertus Vicecomes de civitate Genuae, 22 , 23. Obertus Vicecomes, 60, 86, 92, 101, 108, 112, 132, 154. Obertus vir Adeglae, 191. Ocellus de Quartino, 209, 210. Odemarius, 116. Odericus notarius et iudex, 32, 49. Odo, 106. ( r Odo fil. Cunizonis, 144, 145. Odo qm. Sironi, “22. Oficia, 77. * Oficia filia Todevergae, 17. Oficia qm. Agginae, 97. 98. Oficia qm. Gotefredi, 131, 132. Oficia qm. Johannis, 179, 180. Oficia qm. Petri iudicis, 108, 109. Oficia qm. Vuaraci, uxor Gan-dulfi Vicecomitis, 144. Oficia uxor Giselberti, 41, 42. Oficia uxor Oberti, 205. Oficia sive Bellisenda, 150. Oglerius, 145. Oglerius qm. Oglerii, 178. Olberga, 76. Paulo, 82. Paulo qm. Ursonis, 178, 179. Paganus, 189, 193, 195 , 201, 205. Paganus qm. Oberti de Lavania, 200. Pedrevertus, 49. Peglizo, 210. Petronus, 93, 130. Petrus, 30, 49, 74, 75, 80, 96, 101, 118, 121, 137, 148, 154, 165, 176, 181, 187, 192 , 215. Petrus abbas S. Andreae (de Sexto), 207. Petrus comes Lavanie, canonicus placentinus, 11. Petrus de Lilia, 137. Petrus fil. Martini, 69. ' ) Omezonus, 189. Opizo, 72, 88, 98. 120, 132, 141, 142. Opizo fil. Johannis iudicis, 92,93. Opizo fil. Johannis qm. Berulli, 117, 118. Opizo iudex, 14, 15, 27. Opizo praesbiter, 207. Opizo sive Askerius, 86, 87, 103. Oripertus massarius, 29. Otto, 130, 193. Otto Pecullus , 182- Otto qm. Richegonis, 160,161, 162. Oza qm. Gezonis, 205. Oza qm. Marini, 154. Oza uxor Martini, 112, 113. Petrus fil. Stephani, 35, 63. Petrus iudex, 14, 15, 17, 27, 73, 73, 80, 108, 192, 193, 207. Petrus notarius, 64. Petrus notarius et iudex, 55, 56. Petrus praesbiter, 54, 55, 206. Petrus praesbiter qm. Andreae, 96. Petrus qm. Andreae , 172. Petrus qm. Benedicti, 136. Petrus sive Martinus, 100. Petrus ultramontanus, 207. Petrus vir Christinae, 148, 149. Philippus Cominus, iudex, 33. Pomo, 193, 105. Praesbiteri ecclesiae S. Syri, 54. Primus, 205. Rainaldus, 118, 135. 191, 196. Rainaldus qm. Alboini, 39. Rainaldus episcopus Papiensis, 158. Rainaldus qm. Bonifilii, 202. Rainaldus fil. Bonizae, 110. Rainaldus qm. Thomae, 159. ( 23 ! ) Rainerius. 28. Rainerius qm. Sigezoni, 06. Rainfredus qm. Ingonis, 101,116, 117. Rainoisa uxor Ingonis Vicecomitis, Ranaldus, 183. Ranaldus de Rudulfo, 209. Ranaldus qm. Dodonis, 183. Ranualdus, 190. Rapertus, 65. Razo, 51, 59 , 65, 120. Razo iudex , 59. Razo fil. Johannis iudicis, 92, 93. Razo qm. Johannis, 57, 103, 104. Razo (qm.) qui fuit comes, 196. Razo sive Silveradus, 77, 78. Rechemzonus monacus, 164, 165. Reinardus notarius , 158. Renardus, 148. Renzo, 75. Restanus, 95, 159. Restilda, 62. Ribaldus, 166, 198. Riberta, 123. Richezo sive Beutus, praesbiter, 205. Iiichilda uxor Ingonis qm. Miesi, 114, 115. Richiza coniux Johannis, 146. Richiza qm. Pauloni, 123, 124. Richizo, 125, 127, 149. Rifinus, 130. Rikego acolitus, 160, 161, 162. Rinaldus, 158. Robaldus, 68. Rodulfus, 166. Rodulfus qm. Petri, 200, 201. Rolandus, 170. Ronzanus, 39. Roprandus praesbiter, 207. Roza, 64, 65. Rozo, 134. Rozo praesbiter, 207. Rubaldus qm. Thedisii de Lavania , 200. Rudulfus, 170. Rufinus, 22, 74, 75, 149. Rufinus praesbiter, 73, 74, 77. Rusticus, 189, 197, 198 , 207. Rutualdo, 18. s Sabbatinus episcopus Januensis, 12. Sarra abbatissa S. Stephani, 15, 16, 25, 27. Saxo, 30. Saxo qm. Johannis, 150. Seranus, 85. Severus iudex, 107, 109. Severus notarius et iudex, 8S. Sigeprandus, 64. Sigeza, 157, 158. Sigilberga, 76. Sigiza, 84 , 85. Sigizo, 137. Silberga, 166. Silus, 123. Silveradus, 92, 165. Silveradus iudex, 16, 81, 93, 123. 135. Silveradus notarius, 51, 59, 86, . 87, 103, 104, 106, 113, 121. Silveradus, sive Razo, 77, 78. Sironus, 22 , 23. Stephanus, 32, 49, 51, 142. Stephanus notarius, 170. Stephanus qm. Giselberti, 49. Stephanus qm. Johannis, 35, 63. Staurace, 80. Suficia, 156. Tautuza, 205. Tebaldus notarius, 40. Teberga qm. Andreae, 118, 119. Teberga qm. Thomae, 50 , 57 , 58. Teberga qm. Vuidonis, 214, 215. Tecgarda, 86, 87. Teoderus, 16. Teotefredus, 86. Teudelascus sive Teutio , 21. Teuderada filia Johannis, 117,118. Teuderada qm. Gotefredi, 131. Teuderada qm. Teutefredi, 108,109. Teuderada sive Gotiza, 117, 118. Teuderada uxor Johannis, 125,126. Teuderus, 132. Teudice, 144. Teupaldus iudex, 21. Teutefredus iudex, 44, 108, 141. Teutefredus qm. Teutefredi iudicis, 108, 109. Teutefredus sive Ingo, 87, 88. Teuza uxor Oberti Vicecomitis, 101. Thedisius de Lavania, 50, 94, 200. Thedisius fil. Johannis, 118. Thodolgrimus iudex, 139. Thomas, 44. Thomas de S. Laurentio, notarius, 152. Thomas iudex, 16, 53, 54. Toderada filia Todevergae, 17, IR Toderada qm. Erizonis, 144, 145. Toderada qm. Johannis, 156. Totrada, 73. TJ Ugizo, 205. Ugo, 207 Ugo 'fil. Petri iudicis, 17, 18. Ugo fil. Saxi, 30. Ugo notarius, 101, 104. Ugolam, 173. Unadaldus, 165. Unfredus, 162. Urso, 99, 124, Urso qm. Liuprandi, 34. Y Vassallus, 207. Venerandus, 140. Veneriosus, 189, 190. Vida qm. Idonis, 194, 195. Vido, 106, 180, 185 , 211. Vido fil. Cunizonis, 144, 145. Vido marchio qm. Oberti, 172, 208. Vido praesbiter, 194. Vido qm. Oberti Vicecomitis, 116, 132. Vido qm. Rustici, 198. Villanus praesbiter, 207. Vincentius praesbiter, 207. Vitalis, 134, 154, 171, 176, 205. Vitalis qm. Martini, 175, 176. Vualpertus, 29, 96. Vualpitus, 31. Vuaracus iudex, qm, Silvestri, 30, 66 , 80 , 81, 89 , 90, 144 , 202. ( 235 ) Vudo, 34. Vuerardus iudex, 39. Vuinizo notarius, 148. w Wido. Vid. Vido. Wilielmus, 73, 92, 108, 112,149, 199, 205, 207, 215. Wilielmus Cassinensis notarius, 182. Wilielmus clericus, fil. Vidonis qm. Oberti, 116. Wilielmus de Monteccllo, consul iustitiae , 152. Wilielmus Ebriacus, 193. Wilielmus fil. Oberti qm. Miesi, 110. Wilielmus fil. Toderadae, 156. Wilielmus iudex, 118, 120. Wilielmus notarius, 176. Wilielmus qm. Ademperti, 169. Wilielmus qm. Lanfranci, 208,209. Wilielmus qm. Pauloni, 123, 124. Wilielmus Vicecomes, 144. Wilielmus vir Tebergae, 214. Winigisus iudex, 104. Winizo notarius, 128. Witerno notarius, 21, 28. Waracus. Vid. Vuaracus. z Zangulfus notarius, 69. | Zoblolus, 123. ■ ■ * * . ' INDICE DEI LUOGHI E DELLE COSE Agneli, pag. 37, 38. Alacosta, 190. Ala ecclesia, 190. Albarium, 14, 17, 30, 72, 82, 183, 192. Albinelli, sive Albinelli, 173, 174 Alegai ege, 194). Alpegisi, 34. Alpes, 26. Alpes S. Syli, 26. Alpexella, 40, 63. Alpis de Bossomal, 180. A Alpis Maxeria, 26, 200. Alpis quae nominatur Fossae, 200. Ancharanum, 19. Aqua zolae, 26. Arcogalum, 189. Arnevernasea, 40. Atrium monasterii S. Stephani, 201. Auriolum. Vid. Oriolum. Auvasioli, 37 , 38. Aznensasco, 159. B Balianum, 21. Bargiuna, 20. Baselheucia, 73 , 74 , 75. Basilica S. Jobannis Dominarum de Papia, 13, 158. Basilica S. Marcellini. Vid. Ecclesia. Basilica S. Nazarii de Albario , 27. Basilica S. Nicolai de Craviada, 208. Basilica S. Stephani. Vid. Monasterium. Bavali, 14, 31. Bavelime, 137. Bclenia, 55. Bergalli, 135, Besanium. Vid. Vallis Vesani. Blonna, 40. Bonaria, 155, 159. Bozaletum, 177. Bramella, 172, 174. ( 230 ) Briomti, 100, 161, 162. Brixen, 184. Brolium S. Ambrosii, 11. Burgus civitatis Januae, 159,209. Burgus novus Januae, 150. Burianum, 19. C Cadaplauma, 73, 141, 142, 184. Cagenzascum, 155. Caldum, 19. Calinianum, 43, 57, 58, 79, 153, 179. Calocium, 166, 169, 178. Camerii, 73, 179. Campora, 22, 23, 188, 189, 197. Campus de Porcili, 155, 159. Campus Domnicus, 60. Campus Felegosus, 15. Campus Longus, 14, 143. Campus Manziani, 102. Campus Mezanus, 163. Campus S. Marcellini, 150, 195. Campus Zuconi, 84, 155, 159. Canava, 174, Canetum, 31. Caneza, 194. Canonica S. Laurentii, 105, 143, 146. Capitulum Ecclesiae Januensis, 11. Cappella S. Cipriani, 13. 158. Cappella S. Margaritae Marassii, 134, 135. Cappella S. Martini Macinolae, 174. Cappella S. Michaelis de Calocio, 169, 178. Capriana, 20. Carascum, 13, 113, 149. Carmandinum, 117. Carrodanum, 150. Carsanetum. Vid. Garsanetum. Casa Auroni, 31. Casale, 20. Casale Bosonis, 37, 38. Casale de Luculi, 122. Casale Felectosum, 31. Casale Plunki, 155, 159. Casale Preda strecta. Vid. Preda strecta. Casale supranum, 122. Casalegum, 172. Casaligum, 174. Casamavari, 144. Castagnetum, 172. Castanetum maior, 194. Castellarium, 150. Castellum, 214. Castellum Quarigoti, 173. Castrum Almae, 19. Castrum Caliani, 19. Castrum Campagnatici, 19. Castrum Campianum, 19. Castrum Caprianae, 20. Castrum Carmadinum, 117. Castrum Carpini, 20. Castrum Celae, 215. Castrum Cininulae, 19. Castrum civitatis Januae, 180. Castrum de Aste, 170. Castrum Derthonae, 23. Castrum Gavi, 20. Castrum Grositi, 19. ( Castrum Milicianum, 19. Castrum Mitiani, 20. Castrum Montepici, 19. Castrum Placiani, 20. Castrum Radicofani, 19. Castrum S. Romuli, 176. Castrum Suveretum, 19. Castrum Tufuli, 20. Cavalixi, 194. Cavanna, 155, 159. Cavanutia, 172, 174. Cella, 15, 63. Cella ss. Victoris et Sabinae, 152. Ceula, 164. Cisinum, 61, 76 , 85, 155. Clavarum, 24, 25, 172, 173. Codoledum, 122. Cogullum, 162. Cornale, 190. Comitatus Alsatiensis, 50. Comitatus Castri, 19, 28. Comitatus Clusii, 19, 2S. Comitatus Januensis, 47, 101, 150, 154, 155, 158, 159. Comitatus Lucensis, 28. Comitatus Parmensis, 20 , 28. Comitatus Populoniensis, 19, 28. Comitatus Rosellensis, 19, 28. Comitatus Suanensis, 19, 28. Comitatus Terdonensis, 37. Comitatus Tuscanensis, 19. Comitatus Vintimiliensis, 175. Costa, 173. Costa Acoananasca, 33. Costa Albinelli, Ì74. 257 ) Costa Albinoti, 172, 174. Costa Begadina, 200. Costa de Gagio, 76. Costa de Prado, 24. Costa Discola, 26 , 200. Costa Mauri, 76. Craviada, 208. Cretum, 31. Crux (Strupa), 156. Cucinaeia, 20. Cupiole, 134. Curtis Aciani, 20. Curtis Alma, 19. Curtis Astiani, 19. Curtis Campelli, 19. Curtis Campiana, 19. Curtis Carpini, 20. Curtis Castelionis, 19. Curtis Cenenula, 19. Curtis Cerasoli,'19. Curtis Civitella, 19. Curtis de Fucania , 159. Curtis Genuensis, 13. Curtis Grositi, 19. Curtis Marenca, 22. Curtis Mediscana, 20. Curtis Miliciana, 19. Curtis Montepici, 19. Curtis Obbleti, 20. Curtis Placiani, 20. Curtis Roveriti, 20. Curtis Suvereti, 19. Curtis Tufuli, 20. Curtis Vici, 20. Dalacosta, 190. Dema (villa), 49. Derthona (civitas), 23, 162. D Domusculta, 16. Doniusculta Besanii, 204. Dovanum, 37, 3S. 1G' ( 258 ) Ecclesia Caliani, 19. Ecclesia Grositi, 19. Ecclesia Januensis, 78, 175. Ecclesia S. Ambrosii Mediolanensis, 82. Ecclesia S. Eufemiani de Gravelia, 200. Ecclesia S. Johannis Dominarum de Papia. Vid. Basilica. Ecclesia S. Laurentii Januae, 141. Ecclesia S. Marcellini Januae, 23, 24, 96, 172, 173, 174, 186. Ecclesia S. Margaritae Marassii. Vid. Cappella. Ecclesia S. Mariae de Castro Januae, 159, 168. Ecclesia S. Martini prope Januam, 70, 91, 204, 205. Ecclesia S. Martini de Palavanego, 193. Eccl. S. Michaelis (Moneliae?), 164. E Ecclesia S. Nazarii de Albario, 14, 36. Ecclesia S. Pancratii Januae, 152. Ecclesia S. Petri de Vico, 20. Ecclesia S. Stephani apud S. Romulum, 175, 176, 181. Ecclesia S. Stephani Januae. Vid. Monasterium. Ecclesia S. Syri Januae. Vid. Monasterium. Ecclesia S. Venerii de Tiro. Vid. Monasterium. Ecclesia S. Viti de Albario, 183. Ecclesia ss. Theodori et Salvatoris de Fasciolo, 205, 206, 207. Ecclesia ss. Victoris et Sabinae, 122, 150, 152. Ecclesia Terdonensis, 172. Ecclesia Tufuli, 20. Episcopatus Januensis, 167. Eserinum, 198. F Factori, 155, 159. Fagnanum, 166. Falexianum, 80. Farave, sive Varave, 209, 210. Fasciolum, 205 , 207. Felectule, 129. Felectum, 134. Fines Lavanienses, 194. Flumen Juventina, 61, 76. Flumen Lemoris, 74, 75. Flumen Padi, 37 , 40. Flumen prope ecclesiam S. Pancratii Januae, 152. Flumen prope ecclesiam S. Sabinae Januae, 122, Ì52. Flumen Tanaturbella, 77, 97. Flumen Umbro, 19. Flumen Vesani, 17, 27, 60, 83, 89, 108, 109, 123, 143, 146. Fontana, 155, 159. lontana Sperundei. 47. Fontanelle, 71. l’ossae, 26. Fossatus Aqualunga, 112. Fossatus Dalavenae, 26 , 200. Fossatus de la Cerexa, 177. Fossatus de Porcano, 180. Galianicum , 73. Gallianum, 29. Garsanetum, 14, 17, 68, 71, 72, 157. Gavium, 150. Gazium, 113. I Incisa, 155, 159. Insula, 107, 115. ( 259 ) Fossatus Levascus, 24, 25, 174. Fossatus qui pergit a Pompiana, 180. Fossatus Ruberscus, 76. Fossatus S. Sabinae. Vid. FJumen. G Glatianum, 19. Gralanicum, 209, 210. Granariolum, 16. Groppus de Pellerato, 174. Grimascum, 33, 34. Gulagrum, 20. Insula, Abbas vocata, apud S. Romulum, 175. Janua (civitas), 13, 22, 36, 51, 55, 58 , 61, 66 , 70 , 73 , 77, S0, 81, 84, 87, 88, 90, 95, 98, 104, 106, 109, 111, 113, 118, 119, 121, 124, 127, 18, 131, 142, 145 , 149, 150, 152, 158, 168, 171, 183, 185, 191, 193, 203, 204, 211. Juvus, 35, 63, 95. Juvus Gerexolae, 24 , 25, 174. Ladenna, 63. Lagoscuro, 109. Langascum, 35, 72, 113, 186 Lauretum, 174. Lavani (Strupa), 190. Lavania, 13, 158. Leia, 172. L Lesorti, 172, 174. Lisola, 174. Lomulinello, 195, 202. Lopino, 172. Lovaco, 173. Lovaria, 96. 173. Macinola, sive Maceuna, 23, 24, 25, 96, 172, 173, 174, 187. Maleolum, 31, 139. Manezanum, 209, 210. Marassi, 134. Marca Januensis, 194. Massa, 20. Massa minor, 20. Maurenzansi, 162. Mauriade, 15. Maxelasco, sive Maxenasco, 172, 174. Mitianum, 20, Monasterium S. Columbani de Bo-bio, 200. Monasterium S. Fructuosi de Capite montis, 32 , 33 , 34 , 37,39, 40, 46, 196. Monasterium S. Petri de Monteviride, 20 , 28. Monasterium S. Salvatoris Bashe-leuciae, 165. Monasterium S. Salvatoris Papiae, 74, 75. Monasterium S. Stephani Januae, 14, 15, 17 , 25 , 27 , 36 , 41, 50, 52 , 53 , 54 , 56 , 57 , 60 , 68 , 69, 71, 72 , 80 , 81, 82 , 86 , 87 , 89, 90 , 91, 92 , 93 , 94 , 95 , 97 , 98, 102, 103, 104, 105, 108, 109, 110, 114, 115, 116, 17, 118, 119, 120, 121, 123, 129, 130, 131, 132, 133, 134, 13o, 130, 136, 137, 138, 139, 110, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 47, 147, 148, 149, 153, 154, 157, 159, 163, 167, 168, 175, 1W, 177 178, 179, 180, 184, Ito, 191,’ 192, 193, 198, 199 , 202, 203, 205. Monasterium S. Syri Januae, 5 , 93, 98, 99, 122, 144, 150, 51, 152, 154, 156, 160, 162, 1«. 169, 170, 172, 173, 1'8. 1 ’ • 186, 189, 193, 195, 208, 209, 210- 214‘ - ^ Tiro Monasterium S. Venerii ^ 162, 164, 165, 182, 19/-Monelia, 150, 164. Mons Altus, 20. Mons Asenianus, 168. Mons Maurus, 99, 100. Mons Peraltus, 200. Mons Viridis, 20, 28. Montanici, 35, 63, 95. Montecellum, 19, 69, 194. Mortedum, 53 , 66, 126, 126 , 2--, 128,'140, 171, 1^2 , 202. Mugnanegasco, 155, 159. Murus civitatis Januae, 196. N Naboli (burgus), 67. ( 241 ) Ofronti, 190. Oliva, 190. Olmetum, 90, 173, 186. 0 Orbexella, 47. Oriolum, 131, 196, 190. Palavanego, 193. Palazese, sive Palacexe, 155, 159. Palodium, 20. Panegaz. . . , 31. Paparianum, sive Pavarianum, 51, 52, 110, 120. Paverium, 113. Pedemonte, 71, 80, 103. Pelium, 72, 73, 104, 210. Perogallo, 194. Platea S. Syri, 150. Plonke, 70, 113. Pociones episcopis atque archie-piscopis Januae attributae, 26. Ponte (locus) apud S. Romulum, 175. Porciana, 138, 159. Portus Delfini, 47. Portus Morini, 20. Pradellum, 129, 130 , 146. Prata Ova, 160, 161, 162. Pratum Larini, 149. Pratum Longum, 47. Pratum S. Martini, 87 , 89 , 91, 92, 94, 108, 117, 119, 132,136. 145. Preda strecta, 113, 155, 159. Purcile, 159. Q Quintum, 150. R Rapallum, 150, 159, 194. Recum, 209. Res Ecclesiae S. Ambrosii Mediolanensis, 82. Res Ecclesiae Januensis, 82, 138, 175. Res Ecclesiae S. Marcellini Januae, 23 , 24, 172, 173, 174, 186. Res monasterii S. Stephani, 146, 163, 180. Ricau, 35, 63, 95. Ripa Castri Januae, 201. ( 242 ) Riparolium, seu Rivariole, 15, 77, 07, 135. Rivus Levascus. Vid. Fossatus. Rivus Tacitus, 41, 142. Rivus Vernazola, 27. Rocca Campelli, 19. Rocca Cininule, 19. Roveretum, 190. Runcum, 172, 174. S Sale, 1G0, 161 ,"162. Sanctos Peregrinos (ad), locus, 27. Sanctus Ciprianus, 13, 158. S. Fructuosus de Capite montis, 49. S. Laurentius Bergalli, 135. S. Martinus, 41,110,115,116, 147. S. Mauricius Agauni, 32. S. Petrus Ametae, 101. S. Romulus, 175. S. Syrus Milianus, 124. Scarlinum, 19. Serra, 51, 166, 174, 178. Sextum, 59. Sigestrum, 13, 150. Silva (locus , 33. Solariolum, 155, 159. Spexa, 178. Staianum, 130, 146. Strupa, 73, 134, 156, 189, 190, 191, 197, 198. Stura, 31. Summaripa, 100. T Terarusa, 186. Terdona. Vid. Derthona. Terra Casa Novascia, 102. Terra Serrinasca, 139. Terra Val degodo, 167. Terricium, 122. Tocafero, 184. Tramuntana, 99, 172. Turris Amici Brusci, 202. Turris Caliani, 19. u Urba, 36. V Valauria, 186. Vallis (Strupa), 191. Vallis Brammosa, 26. Vallis Crosa, 163. Vallis Fugaciaria, 120. Vallis Lavania, 101. /* ( 243 ) Vallis Pulcifera, 17, 71, 113, 134, 159. Vallis Rapalli, 156. Vallis Ilio Sicco , 33. Vallis Vesani, 52, 60, 80, 8G, 91, 92 , 94, 102 , 103, 105, 112, 116, 134, 136, 143, 149, 205. Varave. Vid. Farave. Veroni, 35, 63. Vederaria, 155, 159. Zinestedum, 14, 174. Via Rapallina, 194. Vicus Belegnia, 113. Vicus Communis, 20. Vicus Molonia, 22. Vicus Piguli, 20. Vigo (Strupa), 191. Villa Luculi, 59, 122. Villaregia, 159. Vineale, seu Veniale, 24, 25,174- Zuminianum, 214, 215. ERRORI CORREZIONI Pag. 98 lin. ii 101 ' . 1U5 » u 10,8 I 2ST H> I C E DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Mokro , Commemorazione del senatore Antonio Caveri, già Presidente della Società...........l'ag. v Delgrano , Cartario Genovese........» I AVVERTENZA La Illustrazione del Registro Arcivescovile di Genova , che dee far seguito a questo Cariarlo, sarà immancabilmente distribuita con altro fascicolo nei primi mesi del prossimo anno 1871. Sono pure in via di essere pubblicali ; il fascicolo ni del v volume, il quale conterrà documenti marittimi desunti dagli Archivi di Genova e di Lisbona; ed il fascicolo i del volume vii, in continuazione del Codice diplomatico delle colonie lauro-liguri.. Per la distribuzione poi delle materie destinale a comporre i diversi volumi degli Atti, si veda il relativo Prospetto Ili novembre 1868, allegato al tomo vili. CARTARIO GENOVESE ED ILLUSTRAZIONE DEL REGISTRO ARCIVESCOVILE PEL CAV. LUIGI TOMMASO BELGRANO PARTE I. - FASCICOLO II. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI 1IDCCC1.XXI ILLUSTRAZIONE DEL REGISTRO ARCIVESCOVILE 17 INTRODUZIONE Compilazione del Registro e sue derivazioni. Il Registro della Curia Arcivescovile eli Genova appartiene -alla classe di quei Poliptici ecclesiastici di cui ben molti furono già pubblicati, specialmente in Francia e nella Germania, a sussidio grandissimo della Storia pei tempi ne' quali è più povera d’ogni altro genere di documenti. Esso presenta tutti i caratteri di un codice officiale, destinato a valere nei giudizi come titolo indiscutibile delle proprietà e dei diritti dell’Arcivescovato (*); e non pochi fra gli atti inseritivi sono perciò muniti della autenticazione de’ Consoli, i quali dichiarano che debbano avere autorità e vigore pari agli originali. La sua compilazione poi è dovuta all’ arcivescovo Siro II, che ne affidò l’impresa ad Alessandro economo (’) Leggiamo infatti che il Connine di San Remo essendosi ricusato a certo prestazioni in favore dell’Arcivescovo, fu costretto dai giudici a fare secundum quod continetur in quadam sententia et alia scriptura que in Registro eiusdem Archiepiscopi sunt descripta (Lih. Jur1. Gtfi; Reg. Archiep., pag. 123 e 3Ì9). ( 248 ) ed avvocato della Curia. 11 quale, secondo risulta dal Prologo, vi pose mano correndo il novembre 1143, essendo Consoli de’Placiti Ogerio Vento, Guglielmo Lusio, Ugone Giudice e Buonvassallo di Odone; ed insieme ai documenti della propria amministrazione ve ne accolse quanti altri si conteneano in un primitivo Cartolario dell'Arcivescovado ('): istrumenti pubblici, condizioni, fedeltà, locazioni, consuetudini, debiti delle città, dei castelli, delle chiese, delle ville, che è quanto dire tutte le congrue della Chiesa Genovese (-); benché ogni cosa vi si trovi senza ombra di ordinamento cronologico o razionale. Altri -però continuò in appresso, ed altri eziandio ridusse a compimento questo Codice; conciossiachè mentre la serie delle carte perviene sino all’anno 1180 (3), le notizie di data certa che nel Registro si hanno del predetto Alessandro giungono appena all’ottobre del 1149 (4). Inoltre il cenno particolare che vi si incontra degli acquisti da lui fatti nella Curia di Medolico, non offre indizio di sorta donde possa dedursi da parte sua una ulteriore prosecuzione dell’opera. Bensì è da notare l’ultimo periodo, laddove cosi scrive: Dedi filio Ansaldi de Gazio sol. XXX. prò terra conventu de castello quc (’) Reg., pag. 3. (!) Id., pag. 4. Circa i libelli cnfitemici è da notare la forinola Cimi Cum peto o Cum Cum petimus, da cui essi hanno sempre cominciamenlo; la quale formola è propria non solo di quelli del Registro, ma di quant’altri spettano per que’ tempi alla Liguria. Nella guisa medesima il Registro Ravennate, presso il Fantuzzi (Monum., voi. I, pag. 1-84), ha ben di frequente Petimus quam petimus. Anche la rubrica Unde supra, nel senso preciso in cui si adopera nel nostro Registro, vedesi in altri Cartolarti di chiese e monasteri. f5) Anzi vi ha un lodo del 1140, seguito dall’autenticazione de’ Consoli in data del 1G gennaio 1181 (Reg., pag. 394). (') Reg., pag. 87. ( 249 ) fuit de Gotiza, soggiungendovisi tosto: Et ego Obertus SidpJiur dedi. X. qui remanserunt ('). Ecco adunque il punto preciso a cui si arresta il compito di Alessandro; ed ecco in pari tempo quello donde altri prese a farsene continuatore (a. 1150 circa). Nemmeno Oberto Solf'ore ‘ concluse però il lavoro; conciossiacliè le sue memorie non vanno oltre al 1155, ed il Registro ci fornisce contezza di più economi o vicedomini a lui succeduti, come noi a luogo meglio opportuno non mancheremo di rilevare. Qui sorge intanto spontanea la domanda: se il Codice da noi stampato sia da considerare come l’originale, oppure come una semplice copia, od anche una compilazione rifatta sull’originale medesimo. Rispondiamo che giusta la pratica di que’ secoli, nei quali assai più facilmente che a’ d\ nostri poteano per molteplici casi andare smarriti i documenti, si eseguirono di questi più trascrizioni autentiche, benché talvolta variate nella disposizione degli atti; come è a dire del Liber Jurium di cui nel 1253 venia data commissione al notaio Nicolò da San Lorenzo, ordinandosene quindi, nel 1286, al notaio Rollan-dino di Riccardo un duplicato (2). Ora che il Registro da noi posseduto sia da riguardare appunto come un duplicato, abbiamo più argomenti che sembrano farcem? al tutto persuasi. Imperocché non è da porre in dimenticanza, che mentre il Registrimi Curiae ebbe principio nel 1143, correndo l’anno XIII dell’arcivescovato di Siro II (il quale tenne la sede lino al settembre 1103), di già nel nostro Codice, al foglio 13, s’incontra la forinola del giuramento di fedeltà prestato dai vassalli della (') Rerj., pag. 131-136. (’) Jurium I, pag. XV p col. 1182. ( 250 ) Curia all’eletto Ugoue della Volta (')• Poco appresso invece è' nuovamente parola di Siro, menzionandosi i nobili i quali decimas quas tenebant... domino Syro venerabili archiepiscopo refutaverunt (2); e cosi in tutto il volume la memoria e gli atti dei due Arcivescovi si avvicendano. Si noti infine, che mentre uno degli originarii compilatori ci vuole informati di un certo segno di convenzione a mo’ di stella, per lo cui mezzo potremmo speditamente rintracciare nel Registro alcuni libelli (3), questo segno poi si cercherebbe vanamente nel Codice stesso. Il Registro a noi pervenuto non è dunque-la primitiva compilazione di Alessandro e de’ suoi successori nell’amministrazione del patrimonio della Chiesa Genovese, sibbene una copia sincrona, eseguita cioè con distribuzione diversa dall’originale dopo il USO, al quale, secondo ci accadde già di osservare, spetta il documento più recente fra quelli che lo compongono. Nè il volume si fermò al ridetto anno per una interruzione qualsiasi, ma deliberatamente, non mancandovi nell'ultimo foglio, in pochi esametri, la. conclusione Tuttavia il disegno di radunare insieme gli atti della Chiesa non si arrestò a questo Codice, ma valse per lo meno a dar vita ad un secondo. Nel quale, oltre ad alcuni docu-•rnenti di epoche anteriori non inseriti nel primo, si contengono tutti quelli che furono emanati nell’interesse della Curia dagli ultimi anni dell’arcivescovato di Ugone predetto sino all’epoca di Forchetto Spinola, terminando propriamente colla concessione largita da questo Arcivescovo ai monaci basiliani d’Armenia, per l’erezione (’) Reg., pag. 26. Id., pag. 28. (*) Id., pag. 40o. (') Id., pag. 407. t ( 251 ) della loro chiesa di san Bartolomeo nella località di Mul tedo, che reca la data del G maggio 1308. Questo volume di ben 216 fogli membranacei, del formato di un in-4.°, serbasi di presente appo del eh. socio canonico Luigi Jacopo Grassi; il quale alla cortesia dello avercene data contezza e del consentircene lo esame, aggiunse pure la facoltà di desumerne quanto al nostro proposito reputammo opportuno (*). Ma tornando al Registro da noi pubblicato, notiamo come questo venisse guardato dalla Curia con assai gelosa custodia. Imperocché nella trascrizione della sentenza contro i Premartini di San Remo, che si ha nel Liber Jurium (2), è detto essere la medesima stata desunta ed esemplificata de Reistro Curie, per la ragione che l’arcivescovo Bonifacio trovandosi allora in San Remo e dovendo produrre in certa contesa quel lodo, avea supplicato ai Consoli di una copia autentica dello stesso. cum esset periculosum Reistrum illue defferri per mare propter maris tempestatem, sive per terram propter latrones et liomines malefactores. Nè il Codice da noi posseduto è la sola trascrizione che si conosca eseguita sul Registro originale; perchè quella parte che ha tratto ai placiti consolari forni materia di un Cartolario speciale, munito delle autenticazioni de’ notai Buonvassallo e Guglielmo di Colomba, e pervenuto egualmente fino a noi. Al quale Cartolario si accenna nei Monumenta Historiae Patnae, dove appunto diversi tra que’ lodi furono pubblicati (3), coir avvertenza (’) Tale Codice si compone ili molti quaderni di caratteri diverbi, rilegati insieme. I primi 46 fogli sono scritti a doppia colonna. (£) Jurium, U. I5-; Reg., pag. 380. f) Citarla rum voi. II. Altri documenti del Registrimi Curine furono pure stampati in questo medesimo tomo e nel Lìbrr Jurium; nè di ognuno di esM abbiamo noi tralasciato di rendere in acconcio luogo avvertito il lettore. ( 252 ) che i medesimi vennero estratti « da una copia membranacea sincrona comunicata alla R. Deputazione dall’avvocato Carlo Cuneo ». Oltrecchè un’altra parte di esso Registro, contenente gli atti che poteano in qualche modo riguardare ai Conti di Lavagna, fu pur compilata dall’e-conomo Alessandro, verisimilmente nel 1147; essendone fatto ricordo nella Genealogia della famiglia Scorza, edita in Milano ed in Napoli ne’principii del secolo XVII ('). Finalmente lo Schiaffino, negli Annali Ecclesiastici della Liguria (-), cita aneli’esso qualche cosa di simile, rammentando i Monumenti dell'’ Arcivescovato Genovese, presso Bernardo Castelletto (3), poeta non ispregevole del secolo XVI e raccoglitore appassionato d’antichità, cui lo Zabata dà lode di essere ne’ suoi ragionamenti « universale in tutte quelle belle parti che possono compiutamente onorare ogni spirito gentile » (*). Vicende del Registro. Il Registro Arcivescovile trovasi ricordato in più documenti e nella Cronaca del Beato Jacopo da Varazze; il quale afferma che a’suoi giorni si custodiva nell’Episcopio, e protesta averne desunte le notizie de’ Vescovi che da Teodolfo in poi governarono la Chiesa Geno-• (’) Da questa specie di estratto fu desunto il Breve di ricordo inserito nella detta Genealogia a pag. 37 (Reg., pag. 26iJ; ed il Podi trascrisse pure dal medesimo il documento da noi prodotto al num. XVI MV Appendice (Reg., pag. 437). Il qual documento più non si Iegg3 nel nostrò Codice, perchè scritto, senza fallo, in altro de’ fogli che andarono perduti. L’autore della Genealogia, parlando di tale estratto, notò inoltro.: Devenit autliographum in manus 1). Marci” Gentilis. (’) Mss. (5) Rrg., pag. 3o0. <•) Ved. Atti, IX. 155. \ ( 253 ) vese ('). Però la critica non avendo soccorso de’ suoi lumi allo scrittore, egli trovossi intricato in siffatto la-berinto, che nella serie de’ nostri Pastori derivò la più mostruosa confusione d’epoche, di fatti, di persone. Le traccie del prezioso volume ci rimangono quindi ignorate per circa tre secoli, finché il medesimo comparisce nelle mani di un privato: Luca Grimaldo, detto il Bianchirlo, uomo assai vago di radunare documenti di storia patria come si ha dal Cicala, il quale avverte che presso il medesimo serbavasi pure l’originale membranaceo del Breve Consolare del 1143 (2). Addi 4 giugno 1611 il Grimaldi consegnava poi il Codice al senatore Federico Federici, perchè dovesse porlo nell’Archivio della Repubblica; e ciò diceva una nota scritta di mano del Federici medesimo, forse sopra un foglietto a parte ed oggi smarrita, ma che fu letta ancora verso la metà del passato secolo dal Podi, e da lui registrata nelle sue Miscellanee in questi termini: f 1611, die sabbati 7 iunii. Ilabui hunc librum ab Ill.m Luca Grimaldo reponendum in Archivio Serenissimi Senatus (3). Tuttavia non pare che il Federici serbasse cosi di corto fede al mandato; anzi finché visse ritenne il codice presso di sè, e soltanto nel proprio testamento ordinò che con altri vetusti libri e scritture da lui raccolte fosse depositato in Archivio (4). Dove allo- (*) Ab isto autem Episcopo (Theodulpho) usque ad tempora nostra invenimus de omnibus Episcopis et Archiepiscopis annos et tempora quibus praefuerunt. Invenimus enim partim ista ex Registro quod in nostro Palatio conservatur, partim ex chronicis Communis Januae (Chron. Genuense, apud Muratori, S. /i. /., IX. 2S). (’) Monum. Hist. Patr.; Leges Municipales, pag. 235. (3) Miscellanee, Mss. delia Civico-Beriana, Reg. VII, pag. 27. (*) Testamento del Federici a rogito dol notaio Francesco Castellino, 1.° febbraio 1645 : « Di più esso magnifico Testatore ordina e vuole che subito seguita ( 254 ) gato infatti, fu più tarili consultato ampiamente dal Poeli. il quale trascrisse nelle sue Miscellanee la parti- la sua morte si consegni ad uno Cancelliere del Serenissimo Senato l’inventario delle scritture e libri fatto per mano propria di detto magnifico Testatore, acciò che nell'armario già fiuto e decretato dal dotto Serenissimo Senato si ripongano fedelmente tutte le dette scritture e libri che si contengono in detto inventario, riconosciuti alla presenza d’uno de’magnifici cancellieri e di uno o più de'figli di detto magnifico Testatore, e, se sia possibile, con l'assistenza almeno di uno dell'Illustrissimi Deputati alle Confine, il quale o li quali facendo chiuder detto armario con le tre chiavi fra sè differenti, le consegnino alla forma del decreto, (osservandone il contenuto, come esso magnifico Testatore umilmente no supplica il Serenissimo Senato), il cui tenore segue come in appresso ». Dux et Gubernatores Riipublicae Genuensis. III.ino Fi (lirico de Federicis coleghae nostro, ci vi erga Umpnbìicam studio-gissimo, qui etiam ab infinite aetate ut dignum aliquid nobilitate ac moribus suis ederet , scripturas plurimas haud parvi momenti per urbem Genuaeuc alibi sparsas non sine magno sumptu ac labore in unum collegit, et in hoc prudentiam ac diligentiam ita coniunxit ut ex Itis monhnentis testatum telil httiustnodi studia pro ornanda excolendaqui’ Republica, et pro eiusdem utilitate pa petuo profutura, Dicio inquam III.mu Pederico concedimus ut scriptttras praedictus in ea parte Archirii Ducalis Palatii Nostri quae nuper fuit nedifi-cata quandocumque ipso vivente, vel ex disposinone ultimae voluntatis, callo-tare et custodire valeat, eaque per inventarium recepta cum inscriptione fiuti seriem designante ponantur in armario ab aliis separato, cuius fores ferreis lagminibus tegantur,-tribusque clavibus muniantur, quarum una penes ipsum lll.nium Federicum, urwve ex cius haeredibus masculis per lineam masculinam iit pupilli a ni descendentibus, alia penes maiorem natu ex llt.mis ad cav sus finium pio tempore deputandis, et reliqua penes unum ex cancellariis Serenissimae tiri publicae sil mansura; ita lumen ut dicio Ill.mo Federico eiusqite ile-scendentibus in perpetuum ut supra numquam extraelio copiae cuiusvis a dictis scripturis sil interdicta, et ob id earum proprietas ac dominium ait ipsis , bdic ita non censentur. Et ita decretum per Serenissimum S’ natum ad calculus. Dat >m Genuae in Ducali PataliO, dic 2G i un ii I 635. Jo. Rapta Pastori Cane, et Secret. Ser.rnae Reip. Gen. L’elenco descrittivo de’ libri per (al modo lasciati dal Federici alla Repubblica va annego alla particola di testamento suddetta, e fu pubblicato in parte dall’Oli- ( 255 ) sostanziale del maggior numero degli atti onde è composto ('). Se non che a’ principii del secolo volgente fu con molta copia di documenti genovesi inviato per ordine di Napoleone a Parigi. Restituito quindi con tutti gli altri codici, nel 181(3, al Re di Sardegna, venne depositato negli Archivi di Corte in Torino; e finalmente, nel 185S, sulle istanze della Società Ligure di Storia Patria fu trasmesso a quelli di Governo in Genova, dove in seguito al ritorno non molto appresso effettuato (1SGG) di tutte le carte anzidette, riebbe la sua più naturale destinazione. La trascrizione di questo Codice venne poscia da me interamente eseguita fra gli anni 185S e 1860. Descrizione del Registro. Questo Codice è membranaceo, del formato di un in-quarto grande; tutto scritto da una sola mano, e di carattere gotico nitido e ben formato, senza alcun vizio o cancellatura. Le abbreviazioni vi sono frequenti, ma facili a decifrare; mancano i fregi e gli ornati, ad eccezione di un piccolo rabesco alla G iniziale del Prologo. Le lettere maiuscole sono spesso tracciate in rosso; vicri (Carte c cronache ecc., pag. 210). Ivi il Registro è cosi ricordalo: Quinterno fasciato di cartone con copie Pag. 51 o 483. (’) fi accennalo a pag. 298. ( 259 ) d’Ottone Brenno ('), nonché l’atto «li elezione dell’abate di san Siro Emiliano (2) ; i quali per formo leggeansi in altri dei fogli che andarono perduti. Rimarrebbe ora da esporre il piano giusta cui piglie-remo a svolgere il lavoro illustrativo del Codice; ma sopra ciò faremo di sbrigarci con parole brevissime. L’Illustrazione pertanto sarà distribuita in quattro» parti, e nel modo seguente: Parte I. Dei Vescovi e della Curia. Parte II. Delle chiese e delle decime. Parte III. Delle signorie, dei diritti e delle proprietà. Parte IV. Delle persone. II quale argomento, come importantissimo, per quello che ci avvisiamo, alla retta intelligenza dei primordi del Comune, verrà da noi chiarito anche col corredo di molte tavole genealogiche. Non mancheranno infine le aggiunte e correzioni, riferibili in ispecie al Vindice dei luoghi già pubblicato nel 18G4, come primo tentativo di un Dizionario Geografico della Liguria; e pel quale, non mancammo fin d’allora d’invocare il benevolo concorso degli studiosi. (') Se ne fa menziono a pag. 301. (’) Vedi la nota 1, a pag. 2'32. PARTE PRIMA DEI VESCOVI E DELLA CURIA CAPITOLO PRIMO Dei Vescovi Milanesi da Onorato a Giovanni Bono. Possessi e diritti della Chiesa Ambrosiana in Genova e nella Liguria orientale. Quando e per quali modi ne rimanesse priva. I. La Chiesa Genovese rilevò per lo spazio di molti secoli dal seggio episcopale di Milano: uno de’ più ragguardevoli d* Italia non solo, ma della Cattolicità: illustrato da santo Ambrogio, temuto da Teodosio il Grande, glorioso di avere coperti delle sue ali i trascorsi di santo Agostino (*). Però le relazioni delle due Chiese divennero piìi che mai strette e frequenti, e quasi gli interessi dell’ una si confusero con quelli dell' altra, in quel periodo di tempo che corre dall’ anno 569 al 645 circa. Il che è quanto dire dalla calata dei longobardi nel-l’Italia superiore alla conquista della Liguria marittima, la quale Rotari aggregò violentemente al suo regno (a. 642) togliendola alla dipendenza del Greco Impero. (’) Hauli.evu.le, Histone des Communes Lombardes, ete. ; voi. I, pag. 259. 18 ( 262 ) Ora egli è appunto dal periodo sovra indicato, comecché di gran lunga anteriore all’ epoca a cui rimontano gli atti del Registrimi Curiae ed in generale la serie dei documenti spettanti alla storia del nostro paese, che noi abbiamo stimato si dovessero pigliar le mosse alla presente Illustrazione ; conciossiachè non pochi fatti e diritti ai quali nel nostro Codice si accenna riguardano pure a’ Vescovi di Milano, ed anzi ripetono dal predetto periodo le origini loro, f Dappoiché i milanesi, per consiglio del loro vescovo Onorato ('), cessata ogni resistenza contro l’esercito de’longobardi, aprivano ad Alboino le porte della loro città, e questi, contro la data fede, l’abbandonava al saccheggio delle sue orde (2); quel venerando Pastore con molta parte del clero e con Teletta de’cittadini della desolata metropoli riparava in Genova, seguito in breve da Sodaldo vescovo d’Acqui, secondo il Biorci attesta di aver letto in una vetustissima pergamena (3). Ed è certo, come ben giudica il Trova, che il rifugio allora cercato nella nostra città da tanti insigni personaggi e da cospicue famiglie, e la stanza che per >non breve tratto vi ebbero quindi fermata quei nòbilissimi viri, secondo che trovansi ripetutamente nominati nelle lettere di papa Gregorio Magno (‘), valse grandemente a mantenere e corroborare presso di noi la romana civiltà, già da molte contrade quasi adatto sbandita, j (’) Il primo ad essere chiamato arcivescovo di Milano fu Tommaso nell'anno 777 (Ved. Gicuni, Mem. di Milano, voi. I, pag. 20). 0 Muratori, S. R. !., voi. I, par. I, pag. 134. (5) Sodatdus Ep. Acuen. lJ)ngob. perfidia territus Genuam confugit apnd-Iìnn... Archie. Medint. (Ved. Biotta, Antichità e prerogative d'Acqui-Stazielìa; voi. I, pag. 117). ( 2) fteg., pag. ,83, 169, 306, 420, 422; Cartario, pag. 82. Ved. anche a pag. 309 «iella presento Illustrazione. (*) Pag. cit. 109. (5) Reg., pag. iO. Il diligentissimo parroco Giannoni, ne’suoi additamenti al nostro Index locorum, consente con noi circa il non potersi dare una precisa indicazione della postura di questo monte. (4) Id., pag. 458. ( 274 ) guelfo (se è lecita una anticipazione ili questa parola) che si andava allora sviluppando nella miglior parte dei Comuni lombardi. Notiamo inoltre che la predetta bolla non è in sostanza fuorché la ripetizione di un’altra emanata già da papa Adriano IV, e che venne a sua volta confermata ancora da varii altri Pontefici: Celestino 111 nel 1193, Innocenzo III nel 1199 (') ed Onorio III nel 1-19 ('). Ma noi non potremmo da tutto ciò dedurre che una delle molte riprove, le quali ci chiariscono come gli uomini tanto più cercano puntellarsi con privilegi quanto più perdono dei loro possedimenti. E questa è la storia di tutti i tempi e di tutte le signorie; imperocché nel latto di quelle pievi, ben possiam dire che ogni ingerenza de’ successori di santo Ambrogio avea già da buona pezza cessato. Fors’ anche tra esse la prima a sluggir loro di mano, per cadere sotto la giurisdizione della Chiesa di Genova, era stata quella di Rapallo; e le relazioni commerciali e marittime che vediamo lino dagli esordi del secolo XII annodate fra genovesi e ra-pallini, forniscono di ciò una più che sufficiente ragione. Difatti notiamo nel Registro come il nostro vescovo Sigifredo, ricuperasse le decime onde fruivano in questa pieve i Cavaronchi, i Pevere, gli Avvocati, ecc. (’); e di Siro II appariamo poi come disponesse della generalità di esse decime, porzione delle quali i Cavaronchi e gli Avvocati aveano ricevute in feudo, mentre delle (') Reg-, pag. io9. O Ved. la bolla di quest’ultimo, in data di Hieti lt settembre, nell'opera di Piofro Mazzucchelli, intitolata Saggio storico-cntico sopra il rito ambrosiano, ecc. (Milano, Pirotta, 1828; pag. 310). Le frasi adoperate in questo documento non sono che una copia di quelle che si leggono nell’altro di papa Alessandro III; bi>n^i \i hanno molto e più gravi scorrezioni. (*) Keg , pag. M ( 275 ) rimanenti godeano allo stesso titolo i Conti di Lavagna, i Castello , i figli di Ogerio delle Isole e più altri Visconti (*). Al possesso di Reeco e di Camogli vediamo poi diretto come un primo assalto con un lodo consolare del 1145, nel quale l’Arcivescovo di Milano si dichiara obbligato a rilasciare ogui anno a quello di Genova 22 soldi e */* sovra la massa delle decime e delle pensioni che riscuoteva nel distretto delle pievi medesime (ì). Di Uscio non è verbo. Finalmente dei terreni mentovati più sopra, ci dà qualche lume un libello del 1012, da noi prodotto, laddove certo Milone riceve in locazione da Briberto abbate di santo Stefano alcune vigne con casa in Albaro, le quali diconsi tenute da questo monastero ex parie sancti Ambrosii Mediolanensis (3). Dal qual cenno potrebbesi per avventura dedurre che delle possessioni della Chiesa Milanese, site in più luoghi e però difficili ad essere amministrate convenientemente da quella Curia, si rendessero in progresso di tempo con-cessionarii i monaci dell’azidetto cenobio, con facoltà di sublocarle giusta i principii che regolavano allora F enfiteusi, e di che altrove ci converrà tenere particolare discorso. Or questo indizio, comecché lieve, ne porge eziandio il filo ad un’altra argomentazione. Già poc'anzi vedemmo come gli Avvocati avessero parte nel godimento delle decime di Rapallo; ma leggiamo pure che gli ascendenti di costoro, le cui memorie rimontano sino ai primi anni (') Reg., pag. «6. (') Id., pag. 83. (“) Cartario, pag. 82. ( 270 ) dopo il mille, esercitarono ereditariamente un tale ullicio (passato quindi a formare il cognome della loro famiglia) nell interesse del monastero precitato di santo Stefano. E siccome è noto d’altronde, che quando i monasteri non aveano sufficiente numero di lavoratori o capitale mobile bastante per la coltivazione de’ loro possedimenti, li assegnavano in benefìcio ai potenti ed avvocati da cui speravano o doveano essere difesi ('); così noi portiamo opinione che i beni suddetti della Chiesa Milanese, nel volgere del secolo XI, passassero per questa ragione dal monastero in discorso ai detti Avvocati, nei quali appunto li troviam tutti raccolti allo aprirsi del XlL E coi beni della Chiesa di Milano passò probabilmente negli Avvocati medesimi la tutela delle sue ragioni, e l’esercizio dei diritti provenienti dalle immunità, che per fermo non dovettero mancare nelle pievi sottoposte alla di lui giurisdizione: cumularono l’avvoca sia de monaci genovesi con quella dei prelati lombardi; e dalla carica derivò quindi'il nome stesso d’ avvocasia al complesso di que’beni e di quei diritti. Nè della percezione di cotesti diritti mancano al tutto le traccie, sebbene ci si rivelino negli sforzi fatti dal nostro Comune per annientarli: dal Comune, il quale dopo avere nelle remote contrade d’Oriente innalzato il nome genovese ad una sùbita e quasi non isperata grandezza, profittava di una breve sosta per isgomberarsi allo interno la via dalle feudali signorie e da ogni altra .specie di dominio che non fosse la sua; dal Comune, il quale, non disgiunti ancora gl’interessi della Chiesa da quelli dello Stato (problema si arduo che è l’incubo dell’età nostra), avea giurato di difendere non solo, ma Librario, Dilla schiavitù, ecc., voi. Il, pag. |«7 ( 277 ) di accrescere 1 onore, che è a dire i beni e i diritti, del proprio Arcivescovato ('). Il perchè Rolando Avvocato, avendo esatto dagli uomini di un quartiere di Recco il tributo di quattro spalle di carne (altra delle prestazioni le più consuete in quella età, come diremo in appresso), i Consoli del 1147 pronunciavano sentenza ch’ei dovesse restituire senz’altro quanto avea tolto, perchè quel quartiere non dipendeva già dalla Chiesa di Milano, da cui rilevava V avvocazia, ma dal Comune (2). Se non che Rolando, declinando a sua volta la competenza del Comune medesimo, si rifiutava dall’ottemperare al disposto di quella sentenza. Però i Consoli ne toglieano occasione per riaffermarla (1162); assolveano gli uomini dell’anzidetto quartiere da ogni vincolo verso Vavvocazia (indizio dunque che un qualche vincolo v’era), proclamando com’ essi costituissero una arimannia, o terra di liberi; ma concludeano il lodo essere cosi formulato nomine vindicte (3). Ecco intanto altri fatti. Rolando riscuoteva egualmente in Recco un diritto, a titolo di pedaggio; ma i Consoli, nel 1159, lo abolivano con più altre gravezze feudali (4). Finché ad un atto ben più esplicito di suprema signoria movea più tardi il Comune, quando per Recco medesima addiveniva alla creazione dei Consoli. Vero è che di ciò Lanfranco Avvocato si querelava altamente al podestà Spino da Soresina, intimandogli (1) Vedansì i primi articoli del Breve Consolare del 1143, nel volume Leges Municipales dei Montini. Historiae Patriae; e gli Statuii Genovesi (detti di Pera) oditi dal eli. avv. Vincenzo Promis nel voi. XI della Miscellanea di Storia Italiana, lib. I, cap. I. (*) Lib. Jurium Beip. Genuae, voi. I, col. 128. f) Id., I. 213. (') Id., I. 2Olì (9 ( 278 ) di desistere. Ma il Podestà richiamavasi al fatto (1223): avere, diceva, anche i suoi antecessori creati somiglianti officiali, e concludeva affermando il possesso di tutti i quartieri di Recco spettare ad essere veramente del Comune di Genova ('). Nè a questi moti, i quali più chiaramente ci si appalesano in Recco siccome centro e sede dell’avvocazia, in grazia della sua postura rispetto alle altre pievi, si tengono estranee quelle di Uscio e di Camogli. Con-ciossiachè lo stesso anno 1223 si trovano tutte aver lite con Giovanni Avvocato, in certa causa per la quale è data sentenza da un estero tribunale, quello certamente dell’Arcivescovo di Milano. Ma il Podestà di Genova decreta a sua volta, che il giudicato non abbia vigore alcuno perchè nocevole ai diritti del Comune (2). Lasciammo ultimi nelle nostre ricerche la chiesa di santo Ambrogio ed i beni siti in città. Diremo ora che i Vescovi Milanesi, forse dacché abbandonarono il soggiorno di Genova, commisero il governo dell'una e degli altri a preti o rettori, le consuetudini de’quali si trovano poscia accennate in un notissimo Breve del 1052, laddove è detto che mittebant libellos et (humabant et stabat (3). E ciò viene pur*confermato da un atto del del 29 marzo 1159, nel quale un prete Donato di santo Ambrogio, a nome di prete Oberto, che ne era il rettore, vendeva ad un maestro Berardo la metà di un edifìcio, che la chiesa prementovata possedeva in contiguità della porta, la quale era stata aperta non molto lungi dalla chiesa medesima, allorché i genovesi respingendo le mi- C) Lib. Jur., \. \tó. (*) Id., I. 700. (3) Rctj., pag. 313. ( 279 ) naccie del Barbarossa aveano munita la città di un nuovo cere li io di mura ('). Se non che, dovendo il Capitolo di san Lorenzo fare alla chiesa di sant’Ambrogio le tre processioni onde più sopra tenemmo ragionamento, accadde che verso il cadere del secolo XII si levàsse intorno a ciò questione, pretendendo il Capitolo di riceverne un correspettivo di venti soldi genovini, e protestando la Curia Milanese di doverne nove soltanto. Ma donde, chiederà taluno, questa pretesa? Per rispondere alla domanda occorre rifarci alquanto indietro, e rammentar qui ciò che abbiamo già detto relativamente alla partizione delle offerte raccolte nella circostanza delle processioni sum-mentovate. Delle quali, per fermo, nell’ istrumento dell’anno 700 sarà stata determinata appunto la quota devoluta al clero di Genova, la cui rappresentanza nel corso de’ secoli si concentrò poi nel Collegio Metropolitano. Or questa quota la Chiesa Milanese, e per essa quella di santo Ambrogio, avrà inteso pagarla nella somma stabilita senz’altro in esso istrumento, o più probabilmente ancora, a norma di un ulteriore accomodamento seguito verso la fine del secolo XI, quando la moneta scadde molto di prezzo, ed allorché i denari di Pavia, antica zecca de’ longobardi, ebbero corso grandissimo sì nella Lombardia e sì nella Liguria. Ora, per quello che in luogo più appropriato ci accadrà dover dire intorno a siffatto proposito, i denari pavesi si trovano valere esattamente il doppio de’ primitivi genovini. Il Capitolo di Milano avrà dunque voluto star fermo al pagamento dei nove soldi, senza darsi carico del mutamento avvenuto nei valori; il Capitolo Genovese al contrario avrà (') Chartarum, voi. II, col. 571. ( “280 ) riclamato che di siffatta mutazione si dovesse tenere nel suo interesse il debito conto. E poiché il denaro genovino avea nella seconda metà del secolo XII declinato già alcun* po’ anche dall’accennato valore primiero, così il Capitolo stesso in luogo di chiedere il doppio de’nove soldi, propose la anzidetta cifra di venti, ossia di una lira rotonda di genovini. Alla quale domanda poi non volendosi dalla Curia Milanese aderire, i canonici di san Lorenzo provvidero a rifarsene, sequestrando le pensioni o canoni che a quella derivavano dagli edifìzi del Brolio'. La causa fu allora portata dinanzi al Pontefice; il quale ne commise indi la decisione a Grimerio vescovo di Piacenza. E il giudicato fu questo: Paghi l’Arcivescovo di Milano, ogni anno nel giorno di santo Ambrogio, per modo di transazione, al Capitolo di Genova quindici soldi della moneta corrente in quest’ultima città; desista il Capitolo dall’intromettersi nella esazione delle pensioni del Brolio; e pel rimanente stieno ferme le disposizioni contenute nell’atto del 700 più volte ricordato. La quale sentenza, pronunciata il dì 27 febbraio 1200, ed accettata solennemente il 3 aprile dell’anno successivo dall’arcivescovo milanese Filippo da Lam-pugnano (‘), durò immutata lunga pezza dappoi. Difatti 0 II tenore di questa sentenza fu già pubblicato dal eh. Canchero (Il Duomo di Genova, ecc., pag. 297), il quale omise però l’atto d’accettazione che le fa seguito. Noi diamo qui la prima riveduta sul codice Privilegiorum B. dell’Archivio Capitolare di san Lorenzo (car. 2i) e ridotta a più esatta lezione; e produciamo del pari il secondo. Anno incarnationis domini nostri ilwsu dir isti millesimo ducentesimo, indi-cione quarta, die martis. tertio /calendas marlii. In 'placentia in camera domini episcopi, coram archipresbitero alberto de riuigocio. archiprrsbitero geranio de castelàcio. alberto de arcellis et fredentio sancti antonini canonicis, magistro ugone. guibello surdo, tealdo fistiano sancti antonini. iambo de porla. Jacob ( 5281 ) in certo codice del nostro Archivio Capitolare, che reca l’anno 1368, alla rubrica Census ecclesiarum, si legge: prepositus de Ugnano sindicus domini archiepiscopi mediolanensis. vice et nomine eiusdem archiepiscopi, et petrus comes de lauania canonicus pla-centinus sindicus domini prepositi et capituli sancti laurentii. se commiserunt in domino grimerio piacentino episcopo et comite per transactionem in eo quod diciet et precipiet de ornili lite et questione et causa quas inter se moue-bant et aiebant, seu mouere poterant, occasione vigiliti solidorum ianue quos idem propositus sancti laurentii cum capitulo petebat ab eodem archiepiscopo pro tribus processionibus quas ei omni anno, videlicet in festo sancti ambrosii et sanctorum geruasii et protasii et sancti andree facere debent idem prepositus et capitulum, dictus iacobus domini archiepiscopi sindicus dicebat quod tantum erant nouem soluti ianue. in cuius presentia ipsi ambo promiserunt attendere et obseruare et firmum et ratum habere et tenere id totum quod ipse dominus episcopus dicet et precipiet. si aliquis illorum contra hoc venerit vel confra-cerit vel noti attenderit promisit utriusque illorum ipsi domino episcopo dare nomine. pene vigiliti libras placentie. qua soluta ab illa parte que contra hoc venerit seniper firmum permaneat totum quod ipse dicet et ■precipiet. insuper dictus petrus vice et nomine iam dictorum prepositi et capituli fecit finem et refutationem ct pactum ile non petendo ipsi proposito iacobo. recipienti vice et nomine domini archiepiscopi, de eo toto quod ab eo petebant seu petere vel requirere possent ista occasione, excepto de eo quod ipse dominus episcopus dicet et precipiet. et promisit quod faciet iam dictum prepositum et capitulum huic toti consentire et firmare et similem promissionem facere sub , preilicta pena vigiliti librarum, et ipse prepositus iacob vice et nomine iam dicti prepositi et capituli ut ipsemet petrus ipsi fecerat. Quo ita facto et promisso et solemniter audito, idem dominus grimerius placentinus episcopus et comes, cui causa ista erat a summo pontifice delegata, talem inter cos fecit transactionem. qua dixit et precepit iacobo isto ut dominus archiepiscopus reddat et det annuatim in festo sancti ambrosii quindecim solidos ianue nunc currentium. itemque dkcit et precepit ipsi petro ut ipse prepositus et capitulum cessent ab inquietatione pensionimi domorum brolii sancti ambrosii, salvis omnibus aliis ordinationibus que continentur in instrumento facto ab ambrosio cancellario ambrosiane ecclesie secundum voluntatem et ordinationem quondan domini iohannis boni mediolanensis archiepiscopi, scripto in duitate ianue. cuius anni sunt anno domini fìCC. indictione X. regnate L. (Luitperto) rege, pridie idus madii. Ego gerardm raimundi notarius huic toti interfui et mandato iam dicti domini episcopi piacentini hanc cartam scripsi. In nomine domini amen. A imo a nati aitate domini nostri ihesu eluisti millesimo ducentesimo primo, tcrcio die mensis nprilis. indicione quarta..... Dominus philippus .... sancte mediolanensis ecclesie archiepiscopus dixit se ( 282 ) Domitius Archiepiscopus. Mediolanensis debet nobis an-nuatim pro censu solidos XV ((). Per questa guisa trovaronsi composte le differenze ecclesiastiche, allorché sorsero piti vive le contestazioni civili. Gli Arcivescovi di Milano, ben vedendo come la amministrazione del Brolio corresse grave pericolo tra le mani de’ sacerdoti rettori di santo Ambrogio, aveano trovato miglior consiglio quello di investirne gli Avvocati. In forza di ciò l’anno 1204 Giovanni Avvocato, producendo appunto l’atto della seguita investitura, ed allegando alcuni lodi i quali affermava a sè favorevoli, pretendeva inceppare la libera azione del Comune Genovese su quella parte della città, esercitare il mero e misto imperio sopra gli uomini che abitavano nel Brolio, e sentenziare di certi delitti che si diceano fra essi accaduti. Il Comune provava però a sua volta come già da lungo tempo la pienezza del suo dominio si fosse estesa eziandio all’anzidetta contrada; ed il Causidico del Podestà , accogliendone le ragioni, lo mandava assoluto dalle domande dell’ Avvocato (2). Da tutti questi fatti gli Arcivescovi di Milano poterono bene convincersi che l’epoca di ogni loro possesso vette ratam Imbeve transactionem quam fecerat dominus grimerius placcmnus episcopus et comes et in infrascripta causa a summo pontifice delegatus de discordia que vertebatur inter ipsum dominum archiepiscopum ex una parte et canonicos sancti laurentii ex alia, in qua causa ipse dominus archiepiscopus suum sin-dicurn kicol/um prepositum de legnano constituerat, el predidi canonici constituerant sindicwm pe!rum comitem de lauania canonicum placentinum. secundum quod continetur in instrumento dicte transactionis facto mcc. indictione quarta die muriis, ui kalendas martii. per geranlum de raimundo notarium. Actum in duitate mediolani. in caminata palatii ueteris prefati domini archiepiscopi..... Ego Ambrosius .. . notarius domini henrici regis ole (') Pocii, Miscellanee, inss.; Keg. III, pag. 62. (!) Lib. Jurium, I. 511. ( 283 ) nella Liguria marittima si affrettava al tramonto; anzi che il Comune ne avrebbe presto assorbiti i residui, qualora eglino indugiassero a spogliarsene con qualche utilità da sè stessi. Perciò appunto l’arcivescovo Enrico di Settala, col mezzo di Ugone di Settala, cimeliarca della Chiesa Ambrosiana, trattava non molto dopo la vendita di tutto il Brolio con Guglielmo di Rosenga priore di san Giovanni di Paverano in Bisagno, chiesa e convento di canonici regolari mortariensi, con Diotisalvi di Piazzalunga e parecchi altri cittadini od abitatori di Genova. Nei qifali tutti si ripartiva la proprietà degli edificii innalzati sulla terra in discorso ; o sia eh’ eglino stessi li avessero fatti costrurre, o sia che fossero stati loro trasmessi per diritto di successione dagli antichi livellarii di quelle aree. Il che era conforme precisamente alle disposizioni dei Brevi e Statuti genovesi de1 secoli XII e XIII ; i quali trattando delle ragioni competenti ai padroni del suolo ed ai superficiarii, stabilivano appunto che un edificio sul terreno altrui dovesse comperarsi dal padrone di questo, o viceversa il proprietario del suolo cedesse il medesimo al superficiario, giusta il prezzo che verrebbe determinato da pubblici estimatori ('). La vendita per la quale il procuratore anzidetto si impegnava di riportare 1’ assentimento del Papa, doveva poi effettuarsi entro due anni a contare dalla presente stipulazione, che reca la data del 27 novembre 1229 (-); (') Ved. Statuti Genovesi citati, nel voi. XI della Miscellanea di Storia Italiana, cap. 37. (a) 11 eli. comm. Canale assegna non giustamente quest’atto al 1239. L’egregio storico no desunse notizia dal Foliatium Notariorum (MS. della Civico-Beriana, voi. I, pag. 2i2 verso), onde egli od il benemerito P. Spotorno furono primi a rilevare l’immensa importanza per gli sludi (Ved. Canale, Nuova Storia ecc., voi. 1, pag. -107). Ecco poi 1’ atto por disteso, quale si legge nei primi fogli del quaderno XI ( 284 ) 'e la somma per cui si convenivano le parti era di lire duemila di Genova; delle quali i compratori dichiaravano intanto aver depositate cinquecento nelle mani di Vassallo Grugnino; a titolo di caparra e per guarentigia 'n>,a ^enom'naz‘one ^ probabile indizio clic la chiesa fu costrutta por .l' *)era'*^ d* un qualche reduco di Terra Santa; non già a’ tempi della sore roc‘a^a> ch° allora vi furono deposte alcun poco Io ceneri del Precur-'^*ru L|c*a, ma innanzi, iìacconta Ingolfo noi suo Itinerari a- '■ 06i), come nell’anno 1004 settemila to-d, m. ’ ' °^1 ac* una quarta parto, s’incamminarono alla volta c d' r. l'ni’ ,Meivescovi di Magonza odi Iìatisbona, i vescovi di Utrecht „• . rka’ c l’,w,0oue- Vc>'\ igitur accedente, status navium ianuen-Tti.pnni 1 >>i>t '/'W"y,S7 aPPlicuiL In tMaus cum sua mercimonia chrisliani rassrJi"* Pf,\Ct$ateS marili,msc(,,,^tassent, el sane,la luca similiter ado-Uscm inTeU,mU,*i """US ' >m et iacinti /lartibus procet- /" ìnmWis, tandem Brundusium appulimus. ( 501 ) della quindi di san Giovanni da che, in sul cadere del secolo XII, i cavalieri deir Ordine Gerosolimitano vi presero stanza e l’ebbero tutta rifabbricata. Così, nelle sue origini, a santa Marta, consorte di san Mario e madre de’ santi Audisace ed Abacum, era positivamente dedicata la chiesa che gli Umiliati fondarono nel 1228 sul Vaslato, dove ora grandeggia, quella dell’Annunziata ('), e passò quindi ad essere intitolata l’altra, già detta di san Germano, dell’ Acquasola. Ma in processo «li tempo il culto antico verso di quella santa si cangiò nell’altro di Marta sorella di Lazzaro e di Maddalena, cui la tradizione ascrive la istituzione di una comunità religiosa di femmine. E dicasi pure il medesimo a proposito di santo Antonino martire, comunemente stimato della Legione 'Febea, al cui nome furono dedicate in origine le chiese di Gasamavari in Bisagno e di Cesino in Polcevera. Se non che, la chiesa di Cesino essendo col tempo caduta nell’ amministrazione de’ frati agostiniani, questi, in luogo del prisco titolare, presero a festeggiare santo Antonino di Pamiers, martire aneli’esso, ma della loro regola. Del quale santo tuttodì fanno 1’ ufficio sotto il 5 settembre. Ma la chiesa, ne’ suoi monumenti pittorici, presenta ancora un misto di allusione ad entrambi. IV. Il primo Vescovo Genovese del quale si ha poi notizia dopo il periodo che diremo ambrosiano, egli è Gio- (') Ciò risulta da duo libri delle Litania;, o Rogationi, esistenti nolPArchivio Metropolitano, 1’ uno de’ quali ò del secolo XIV e l’altro più tardo un cent’anni all’ incirca. Perchè al punto dove la processione si trova ad entrare nella chiesa di santa Marta, viene suggerita 1’ orazione : Esaltili, Domine, populum tuum cinn sauriorum luorum Marii el Martha; libi patrocinio supplicanto» , elr. Debbo anche questo rilievo alla cortesia del. eh si", canonico Grassi. * ( 502 ) vanni I, il quale nell’anno G80 soscrissc, e non degli ultimi, al terzo Concilio Costantinopolitano ('); ed a Giovanni succedette quindi san Romolo, del cui Episcopato sembra al eh. Grassi che si abbia da porre la più probabile assegnazione tra la fine del secolo VII ed il principio del susseguente (2). Ma per tutto il resto di quel secolo, e per la prima metà del successivo, a noi mancano affatto i documenti; onde ci è forza rimanerci paghi a due nomi registrati dal Varagine, quelli cioè di Viatore e Dionigi. Vuole il detto cronista che Viatore cominciasse a sedere circa l’anno 732 (3), e riferisce sotto il di lui Vescovato la famosa traslazione delle reliquie di santo Agostino, dalla Sardegna a Pavia, accaduta per ordine di re Liutprando; il quale recatosi ad accoglierle in Genova, avrebbe quivi in loro onore fatta costrurre una chiesa ('*). Se non che il documento più antico da cui si facciano approdare in Genova le sacre spoglie è la pretesa lettera di Pietro Oldrado a Carlo Magno (J), che è quanto dire un documento non solo apocrifo, ma composto eia un ignorante (fi). Tuttavia un tale sbarco alla marina di Genova è da ritenersi, col Paganetti, grandemente probabile ('); nò riesce di poco peso un diploma del 1033, con cui l’imperatore Corrado conferma al ce- 0 lì non Romano, come ha 1’ Ughclli (voi.* IV, col. 841). Ved. Mansi, XI. 307. P) Atti, voi. IV, pag. xcix. (*) Nell'edizione del Muratori (S. II. !.. IX. 27) è 742; ma con ragione >1 Paganelli sospettò qui un errore della stampa, leggendosi ne’buon, codici mss. il 732 (4) Varagine , Chron. Gen.; loc. cit. (5) Presso il Baronio, Annui. Eccks., ann. 72/i. (°) Muratori , Annali; an. 707. (7) Paganeth, II. 151. ( 503 ) lcbre monastero pavese di san Pietro in Gioì d’oro ecclesiam que in honore sancti Augustini non longe a Ja-nuensi dottate constructa est ab ipso Liutprando ('). Ben so che il P. Spotorno non volle farsi mallevadore della sincerità di siffatto documento (2); ma so altresì che il riserbo di quel dottissimo è una legittima conseguenza di tutto il suo sistema che lo condusse a voler Genova libera onninamente da ogni dipendenza di re longobardi e d’imperatori tedeschi: sistema cui la moltiplicità delle prove ha oggi minate le basi, per modo che niuno vorrebbe più soscrivere al singolare giudizio, senza aver prima e a bello studio chiusi gli occhi alla luce del vero. D’altra parteche molti possedimenti avesse nella Liguria marittima il monastero di san Pietro in Cielo d’oro, fondato appunto dall’ anzidetto re Liutprando (3), troppi sono i documenti che valgono a rendercene indubbia fede. Anzi noi stessi abbiam recati alcuni diplomi i quali ci attestano come nella contrada medesima avesse pur beni un altro monastero pavese, cioè quello di san Giovanni Dominarum, la cui fondazione era dovuta alla regina Gundeberga ('*). Dionisius Episcopus . . . coepit circa annos Domini DGGLXXXVIII. Cosi il Varagine. Ma fra Dionisio e quel Pietro che venne primamente introdotto nella serie de’ nostri Pastori dal sullodato canonico Grassi (5), e che del-l’S63 fu con Egidulfo d’Albenga e Adelbcrto di Vado alla Sinodo Provinciale celebrata in Milano dall’arcivescovo (’) Muratori, Antiquit. Ital., I. 595. (s) Voci. Casalis, Dizionario ecc., VII. 493. (s) Kodolini, Notizie di rada, voi. I, pag. 181; Cartario, pag. 13 c 58. (‘) In., I. G7. (*) Catalogo di tutti i Sommi Pontefici, ecc. ( 504 ) Tallone ('), egli ò eerto da collocare un Vescovo intermedio. Leggendo noi pertanto nel precitato Varagine, troviamo notizia di Sigiberto cui egli assegna all’anno 86-1 (■); ma chi può fare a fidanza coi dati di quel cronista? I quali è oggimai chiarito come tutti procedano da una erronea supposizione circa gli inizi del Vescovato di san Siro, cui egli protrae fino al 570. Or come questo si è fatto risalire alle prime decadi del secolo VI, così gradatamente si anticipi quello di Sigiberto, e si verrà senza molta fatica a trovare che il suo nome giunge opportunissimo a colmar nella serie l’avvertita lacuna. Nò ad iscrivere Sigiberto come intermedio fra il Vescovato di Dionisio e quello di Pietro ci fanno difetto gli indizi. E primamente, perchè il Varagine stesso, pur attribuendo all’864 i principii di Sigiberto, riferisce poi circa i tempi di questo vescovo (circa tempora istius episcopi), la nota favola della papessa Giovanna ; e con ciò ne è indirettamente guida a farci risalire fino al-1’S55, cui gli scrittori assegnano appunto siffatta novella, ponendola tra la morte di papa Leone e 1’ avvenimento al soglio di Benedetto III. Secondariamente, perchè Pietro soscrive il terz’ultimo alFanzidetta Sinodo, e rivelando così coni’ ei fosse allora tra i suflraganei della Chiesa Milanese più * recentemente costituiti in dignità, induce la probabilità somma che dopo quell’atto, unico conosciuto del suo Vescovato, durasse in questo qualche tempo ancora, e clic si possa perciò direttamente annodare a (') Questa Sinodo fu pubblicata fra gli Opuscoli eruditi del P. Giuseppe Allegrala (Cremona, Manini, 1781 ; pag. 63); o poi da Federigo Maassen (Vienna, 1860) in un fascicoletto in-8.° (’) Cosi hanno i codici mss. da noi veduti, fiondo attinse coi lamento l’Ugholli; benché il Muratori abbia stampalo invece DCCCLXIX (S. lì. I., IX. 20). ( 5or, ) Sabbatino, la cui prima memoria si ha dell’ 870, per essere egli convenuto alla Sinodo «li Pavia a trattare della elezione di Carlo il Calvo all’Impero ('). Il che tutto ci evita di abbatterci a quello scoglio che sarebbe una rapida successione di tre Vescovi nel solo spazio di dodici anni (86-1-876). Notiamo ancora che dei due vescovi i quali soscris-sero dopo di Pietro, 1’ uno è Ragano d’ Acqui (2), ignoto all’Ughelli die a proposito di quella Diocesi manca di notizie dall’S44 all’877 (:ì), ma ricordato dal .Biorci (*); e l’altro è Antonio di Brescia, al quale troviamo che scrisse parecchie lettere Giovanni Vili nell’ 870, e di ■ cui inoltre si hanno più documenti fino all’ 898 (3). Frattanto pigliamo atto della considerazione a cui, sotto i Carolingi, vediamo levarsi la prima volta il Vescovo nostro pel suo concorso alla raunanza ticinese. Sabba-tino inoltre fu pure nell’877 ad una Sinodo celebrata in Ravenna da Giovanni Vili (°); il quale scrivea quindi di esso vescovo a Carlomanno, e nell’anno successivo, riparatosi in Genova per ovviare alle persecuzioni di di Lamberto conte di Spoleto, con lettere datate dalla nostra città annunziava a quel He il suo proposito di ritirarsi in Francia (7). Racconta la Leggenda di san Romolo, come i saraceni dopo avere distrutto, con la morte di Roderico, il regno dei visigoti in Ispagna (a. 711), invasero le coste di (’) Cartario Genovese, pag. 12. (*) Forse meglio Pagano. (s) Ughelli, VI. 32S. (*) Antichità occ. di Acqui, voi. 1 p%. 135. (*) Id., IV. 536. (°) Ved. Mansi, XVII, co). 342. % (7) Cartario, pag. 12. ( 300 ) Francia annidandosi a Frassineto, donde per circa due secoli travagliarono poscia il litboralo italiano. E fa appunto in una delle loro scorrerie che la villa Matuziana dove il santo Vescovo era morto in visita pastorale e giaceva sepolto, patì il più orribile saccheggiamento e lunga pezza rimase affatto deserta di abitatori ('). Sabbatino provvide quindi alla traslazione delle preziose reliquie, la quale così è narrata dalla Leggenda medesima, che si rivela di sincrono autore, abbenchè non si possa consentire con taluni che la vorrebbero anzi fattura di Sabbatino: Verum modernis temporibus Sabba-tinus ianuensis cathedra episcopali sublimatus . . . beati Viri corpus sarcophago erupto ... ad naves perducitur. Sicque cum hymnis et laudibus, prosperis navigantes velis, in Januensem urbem cuncti laetantes revertuntur. Pontifex itaque praefatus Sabbatinus .... epitaphium hexametris et pentametris versibus peregit, marmorique inscriptos, fronti arcae qua beati corpus Ronmli continetur imposuit (2). Ed il racconto è pur confermato dal vescovo Teodolfo in un diploma dell’anno 080 (3), laddove scrive, che beatum corpus episcopi Romuli .... dominus Sabatinus ianuensis episcopus religiosissime tractans inde (scilicet a Matutiana) abstulit, et in ecclesia beali Laurentii martiris sub altare posuit. Or eccoci finalmente a Raperto, il primo di cui si abbia lingua nel Registro della Curia-, benché il suo nome si trovi raccomandato ad un atto del DIO e non (’) Ciò forse dee riferirsi all’anno 8Gf>. Voi. Rossi, Storia ili San /ii’»»», pag. 92. (') UcnELLi, IV. 8i(). (*) Erroneamente nel Liber Jurium (voi. I, col 7) -i anticipa questo diploma al %3. ( 307 ) più ('). Fa meraviglia come il Varagine il quale impinguò la serie di Pastori non nostri, ed ebbe alle mani il Registro, lo abbia dimenticato. Non consta poi clic Raperto abbia avuto un successore innanzi di Teodolfo; nè il reputiamo gran fatto probabile, poco persuasi di quanto scrisse il Paganetti, che lo vuol morto nel 930, « perchè in tal anno ebbe Genova un generale orribile saccheggiamento da’ saraceni, li quali .. . tutti ne uccisero gli abitanti, fuor che le donne e i fanciulli clic seco trassero in servitù » (s). Nel quale racconto vi ha certo esagerazione. Se non che di Teodolfo abbiamo dati positivi per fissare il principio della sua dignità al 915; conciossiachè in un atto ben noto del 952 egli stesso dichiara l’anno settimo di Vescovato (3). Questo documento è però notevole anche sotto un altro aspetto, ed è quello del vedervisi indicato eziandio l’anno primo «lei regno’di Ottone in Italia, con tutto che, per concessione di questo medesimo Principe, continuassero a regnare Berengario II e Adelberto. Imperocché ciò dimostra come il Vescovo di Genova, al pari della maggioranza dei prelati italiani, seguitasse le parti della Casa di Sassonia, e quelle ad un tempo dell’ambizioso Manasse di Mantova, il quale alla discesa di Ottone in Italia si era fatto instaurare colla forza sulla .cattedra arcivescovile di Milano (l). Nel già citato diploma del 980 Teodolfo conta l’anno trigesimo terzo di episcopato (’); e ciò sempre più conferma quanto sopra abbiam detto circa il doversene ri- (') Ki'd-, pag. 139. (’) Paoanetti, Istoria Ecclesiastica ore., viti. 11. pag. 158. (s) Atti, 1. 281. (') IIaullf.yillk, Hist. etc., \ol 1, pag 259. ferire gii esordi al 945. Abbiamo pure di lui un documento del settembre 981 ('); ma dopo ne taciono affatto le carte, senza che fìa possibile conoscere se egli indi a poco morisse, od invece continuasse circa un triennio ancora nella sede. Certo egli è però che Giovanni II di lui successore non può farsi rimontare oltre al 9S4; perchè in un documento del 987 conta anni quattro e giorni dodici di Episcopato, se pure questi giorni (come opina con buone ragioni il eh. Grassi, al quale siffatta maniera di computo sembra giustamente inusitata) non debbono invece riferirsi al mese di giugno cui spetta il documento medesimo, di che l’originale è perduto (-). Una erronea tradizione fece poi (*) Iìeg., pag. 257. (2) Cartario, pag. 25. Lo stesso canonico Grassi ci comunica poi gentilmente il seguente nuovo libello di questo Vescovo, trascritto al foglio 122 verso del Codice continuativo del Registro di cui altrove abbiamo fatta memoria (pag. 250). Per disdetta la trascrizione essendo stata eseguita in uno spazio di pagina non sufficiente, rimase interrotta allorché questo venne a mancare. Ecco intanto quello che vi si leggo : LlBELLVS LEO.MS MONACHI f.T ABBATIS MONASTERII DE SANCTO FRVCTVOSO. DE REBVS POSITIS PORTVM DVLFINVM. t Cum cum peto defensoribus sacrosancte Januensis ecclesie ubi preest dominus Johannes episcopus, uti nobis leo monachus et Abbas dicti monasterii sancti fructuosi. Titulo condictionis locare nobis iubealis rebus iuris ecclesie sanrti fructuosi, que posite sunt in caput de monte prope porlo delfino, quique ad ipsam ecclesiam pertinent. Coherencias vero ab uno latere terra sancti ambrosii. ab alio latere terra similiter sancti ambrosii, de superiore capite terra sancti petri. de subtus finis littus maris. Iterum petimus terra iuris ecclesie veslre sancti Sgri que posite sunt in fundo e loco ubi nominatur Itupanico et plano vicanico. sorlicella de castaneto, et terra laboratorio,' in agono. que de iam ruminatis rebus perlinent, qui nominatur rupanico et plano. Id sunt casis, vineis, licetis, saletis. campis, siluis, pascuis, coitum et incoltum. et alios arbores fructiferos super se habente. et canneto qui, a predictis rebus pertinent, et terra (al/oratoria que super ipsos montes sunt de rupanico. fines vero de iam dialis rebus ab imo lutere costa de proprio (?) capranasco. de alio latere fine fossadiis de ( 309 ) questo Vescovo di quel casato de’Fiesclii che a’suoi giorni non era sorto ancora; ma il Registro lo dice figlio di Stabile farmelo della Chiesa Genovese nel luogo di Mo-lassana e ricorda eziandio come di esso Giovanni nascessero tre figli: Gandolfo, Oberto Cento soldi e Alda (*). Nella lettera con cui papa Gregorio V notifica gli atti della Sinodo celebrata in Pavia correndo l’anno 997, firma tra gli ultimi prelati Johannes Januensis Ecclesiae Episcopus (2); e del 1001 egli assiste nella medesima città di Pavia ad un placito di Ottone Protospatario e Conte del Sacro Palazzo (3). Ma il suo Vescovato si prolunga monte sancti ambrosii, de superiore capite alpeluco et aqua versante, de subte-riore capite fossadus qui nominatur miliarese. Tantum petimus nos iste mo-ruicus infra iamdictas fines quantum antea tenuit Martino cane famulo Sancii Sijri siue per suum acquistum vel pro quolibet ingenio, et postea tenuit Johannes archidiaconus per libellum, omnia et in omnibus plenum et vacuum, una cum exitu vel duulices earum. Item petimus nos seruo uno iuris ecclesie vestre nomine eis..... Quantunque l’atto sia privo di data, è opinione del eh. Grassi che debba collocarsi fra i più antichi del vescovo Giovanni (a. 984 circa), e spetti cosi al tempo nel quale l’autonomia proprietaria (direbbesi) non essendo ancor piena nel monastero di san Fruttuoso, era necessario no’suoi contratti l’intervento del Vescovo come signore eminente dei beni delle chiese. Le molte e cospicue donazioni che il detto monastero ebbe in seguito (Ved. Cartario, pag. 32, 37, 39, 44), fanno supporre condizioni diverse. D’altra parte i documenti da noi prodotti fra il 992 ed il 999 non fanno memoria di un abate Leone, ma sì di Bonifacio o Madelberto. Finalmente, quanto ad alcune fra lo località ricordate nell’atto, confessiamo di non trovarci molto sicuri nel fornirne una interpretazione. Rupanicoet Plano vicanico, por esempio sono di questo numero. Forse il primo è una scorrezione di Rapallo? e forse nel secondo deve riconoscersi il sito di Vignacca, presso le Piane, sopra Rapallo? Agono è l’odierna Ognio in Fontanabuona; nel Plano dovrebbero riscontrarsi la Piane già dette, o nel Mons sancti Ambrosii l’attuale parrocchia di Sunto Ambrogio del Forno in prossimità di Rapallo. (') Reg., pag. 405-06. (*) Pkutz, Afonum. Gemi. Ilistor., V. 694 (s) Cartario, pàg. 809. ( 510 ) almeno fino al giugno del 1019 ('); sicché conta ben trentaeinque anni di sede. L’anno stesso abbiamo poi notizia di Landolfo, per la donazione della basilica di san Marcellino da lui fatta al monastero di san Siro (2), e per avere egli assistito allora, insieme col Vescovo di Luni, alla pubblicazione di tre costituzioni fatta nella Dieta di Strasburgo da Enrico II imperatore (3). Ma non possiamo determinare quanto tempo serbasse la dignità; perchè l’ultimo documento che di lui ci parla è del maggio 1034 (4), mentre il primo atto di Corrado I che gli successe reca la data dell’ottobre 1036 (5). Pensiamo quindi che, a (1) Reg., pag. 218. (’) Id., pag. 433. (®) Cartario, pag. 114. {*) Reg., pag. 167. (5) ld., pag. 305. Ed ecco anche pel periodo in cui sedette questo Vescovo un nuovo documento, fornitoci dalla consueta liberalità del eh. Grassi, e desunto dal Codice precitato (fol. 439 verso), dove è trascritto ad imitazioni-deli’antico carattere coevo. La rubrica però è di mano più lecentc. L allo riguarda poi la vendita d’alcuni terreni livellari della Chiesa Genovese, il cui diritto perciò vedesi nel contesto del medesimo affermato. PRO CAMPO DE CASALIO ET ALIIS ET REBVS MVLASANE. In nomine domini dei et saluatori nostri ihesu christi. Cumradus gratta dei imperator augustus. Anno imperii eius deo propicio undecimo, mense lanuarius. indictione ... Manifesti sumns nos petrus presbiter filius quondam........e bottina filia quondam......Nos quidem impresentia testium accepissemus et accipimus a te martinus filius quondam petri arientum denarios bonos papienses solidos cen tum tantum utilitatibus nostris peraiendum. de quo predo quod accepimus a te vendimus tradimus atque refudamus tibi qui supra Martinus. oc sunt..... rebus nostris libellariis quas abere visi sumus in locis e fandas molazana. prado de cornale, campo desubtus. mansione albericus mait... campo decasalio. pusteno vel pro aliis ceteris locis e vocabolis ubicumque portio vel sorte inuenli fuerint tantum vineis castanetis roboretis saletis ficetis siluis campis pratis e pascuis omnia ex munibus plenum e vacuum qualiter superius legitur in integrum, una ( 511 ) modo di approssimazione, sia da ammettere ch’ei sedesse un tre lustri. E lo stesso periodo di tempo ci cum, exitis earum.....a presenti die in tua qui supra Martinus vel in eredibus tuis aut cui tu dederis vel abere statueris in potestate ex nostra qui supra peti us presbiter e boniza plenissima largietate......vel cuicumque volueritis salito censu ecclesie cuius est proprietas, et liceat te eumdeni libellum petire a nomine tuum vel cuiuscumque volueris, et si fieret quod non credimus nos qui supra petrus presbiter e boniza......si unquam in tempore nos vel nostris eredibus auersus suprascripte qui supra martinus vel auersus tuisque eredibus de suprascriptis casis e rebus qualiter superius legitur in integrum aiere aut causare quesierimus vel ab oni omine defensare non potuerimus, preter de ecclesia cuius est proprietas, tunc spondimus nos qui supra petrus presbiter e boniza vel nostris eredibus componere tibi qui supra martinus vel ut eredibus tuis aut cui dederis penarn dubii suprascriptis casis e rebus sicut pro tempore fuerint melioratis aut valuerint sub estimacione in consimilibus locis, quam vero cartam vendicionis me paginam auerardus notarius tradidit e scribere rogaui-mus. in qua subter confirmans testibusque obtuli roborandum. Actum loco mola-zana. feliciter. Signum m. manus suprascripta boniza que ane cartam vendicionis fieri rogaui et ariento acepi ut supra. t Petrus presbiter in ac carta vindicionis a me facta subscripsi e suprascripto ariento accepi. Signum m. m. m. m. m. manibus Johanni et iterum Johanni et tercio Johanni e mauro e giirardus rogati testes. Ego qui supra euerardus notarius sacri palatii subscripsi compleui e dedi. Ego oliuierus notarius transcripsi et exemplificaui hic ut supra ad instar et exemplum primitiae 'carte que inde facta fuit, nihil addito vel diminuto, exceptu forte littera vél figura litterarum vel que percipere non potui, sententia non mutata, hoc autem feci i ussu et auctoritate consulum placitorum bonifaciii quondam alberti de volta, boniuasalli barbeuarie. balduini de volta, ansaldi policini. qui laudiuerunt hanc eamdem vim haberi ut alia prima carta habebat et per omnia obtinere firmitatem, quod ideo fecerunt quoniam cum quedam mulieres mabilia et adalasia primam cartam haberent et ad curiam domini archiepiscopi pro censu ecclesie spectaret, et ille cartam suam archiepiscopo dare nollent, supplicauit consulibus ioannes barrilarius minister curie archiepiscopi ut exemplum in suo registro fieri facerent ut copiam inde habere curia posset. et consules annuentes supplicationibus suis, volentes etiam ut ius suum cuique xernetur illesum. ridentes hoc etiam fore utilitatis, ut supra preceperunt et lau-dauerunt. millesimo ducentesimo VII. indictione VIlli, mense augusti. ( 312 ) sembra che sia pur da assegnare a Corrado, il cui ultimo atto è del giugno 1051 ('). Stando poi ad alcune cronache, il Vescovato di Corrado andrebbe distinto da due fatti di molta rilevanza. Imperocché Lodovico Gavitelli, narrando le contese di t 7 Corrado II con Eriberto famosissimo arcivescovo di Milano, riferisce che questi venne per comando dell’Im-peradore fatto prigioniero eam praesulibus Genuense, Vercellense ac Piacentino (-); ed Oberto Cancelliere rammenta che i genovesi essendosi, nel 1049, impadroniti di Muzaito capo dei saraceni invasori della Sardegna, lo aveano per mezzo del loro Vescovo mandato in Germania ad Enrico III successore di Corrado anzidetto (3). Se non che la narrazione del Gavitelli è contrastata dai più attendibili scrittori milanesi, i quali citano invece Episcopos Cremonensem, Vercellensem, Placentinum (l) ; ed il racconto del Cancelliere deriva da una tradizione cui l’illustre Amari ha provata del tutto insussistente (5). Ricco assai di documenti egli è poi nel nostro Registro il vescovato di Oberto, che tenne dietro a Corrado, e comprende gli anni dal 1052 al 1078, o poco più oltre (6). Alcuni scrittori lo dicono dei Pevere; e benché sia certo che un tal cognome non risale oltre O Reg., pag. 2C0. O Cavitelli, Cremonenses Annales, apud Graevium, Thesaur. Àntiquit. Ital., voi. Ili, par. II, col. 1286. C) Ooerti Canceuami Annales, ad ami. 1166. (') Arnulpiii Ilistor. Mediai., lib. II, cap. XII, apud Muratori, S. II. /., IV. 17; I'I-amma, Manipulus florum, cap. XL, apud eumd., XI. 617. Notisi ancora che il Cavitelli anticipa di due anni il fatto, e cosi lo riporta sotto il 1035, mentre in realtà la prigionia d’Eriberto non ebbe luogo prima del 1037. (*) Ved Amari, Prime imprese defili italiani nel Mediterraneo, pag. Il {') lletj., pag, 4il o 325). ( 313 ) il Secolo XII, 1’asserzione però non è da confinare tra quelle che sono destituite di ogni buon fondamento; volendosi piuttosto considerare come l’eco di una tradizione alquanto confusa, la cui somma consiste nel rammentare la derivazione del nostro Vescovo dai Visconti. % I quali si ripartirono in più famiglie; e 1’una di esse appunto assunse poi quel cognome. Nel modo stesso parecchi storici ricordando la fondazione della chiesa di Nostra Donna delle Vigne, fatta da due Visconti nel 980, li appellano Oberto Spinola e Guido di Carman-dino,. benché sia certo che nè l’una nè l’altra di quelle distinzioni esistessero ancora. Che poi de’ Vescovadi si fossero di que’giorni impadroniti i più cospicui casati, e ne avessero costituito come un privilegio di loro speciale ragione, ce ne attesta la storia di tutta l’Italia superiore, e ne abbiamo esempi sincroni o quasi al nostro Oberto in Alrico vescovo d’Asti, fratello del marchese Odolrico Manfredo di Torino, ed in san Guido vescovo d’Acqui, cui il eh. Desimoni provò degli Alera-mici signori di quel Gomitato (1). Si noti anzi nel Cartario e fra le Tavole genealogiche dai noi compilate (-) quell’ Obertus subdiaconns filius qm. Ingoili, il quale in atto del 1018 interviene co’ suoi fratelli alla divisione de' beni fra essi, la vedova e la figlia di Oberto A isconte (’); e nuovamente si riguardi al medesimo Oberto che nel lOìl si professa diaconus de ordine sancte Genuensis Ecclesie, ed è liberale di alcuni poderi al monastero di san Siro (’‘). Si sa che i canonici diaconi erano eguali non solo (') Desimoni, Lettere sulle Marclw dell'Alla Italia, ecc.; Ved. Leltmi I. (’) Queste Tavole faranno seguilo e complemento alla Parte IV. C) Cartario, pag. 101. (4) Cliarlarum, voi. I, col. 531. ( 314 ) ai canonici preti, ma li superavano nelle cariche e nelle onorificenze; ed è noto che la elezione dei diaconi, e poi degli arcidiaconi a successori dei Vescovi, fu lunga pezza quasi consuetudinaria e di diritto. Per ciò appunto noi reputiamo si possa con buon fondamento considerare il detto Oberto suddiacono nel 1018, e poi diacono nel 1041, siccome una stessa persona con l’Oberto fatto Vescovo circa dieci anni più tardi, e pur sempre bene affetto al monastero summentovato. E tale ce lo dimostra per l’appunto il primo atto conosciuto del suo governo; conciossiachè venuto a composizione nel 1052 con tutta la massa delle famiglie riscontili, distinte allora nei tre rami precipui di Manesseno, di Carmandino e delle Isole, per le decime da esse dovute alla sua Chiesa, queste medesime decime donava egli al detto monastero f1). Il documento di tale composizione afferma inoltre che i Seniori, rappresentanti di quelle famiglie curri sint nobiles atque potentes, pro contentionibus quas cum antecessoribus nostris semper habuerant, num-quam illis suas decimas dederunt: indizio non dubbio, ripiglia il Desimoni, della lotta politica che ferveva da noi come altrove, da gran tempo, tra l’elemento feudale e l’ecclesiastico disputantisi il sopravvento; e indizio altresì « che in questa, o poco remota congiuntura, i Visconti amicandosi col Vescovo abbandonarono la parte politica del Marchese loro antico signore » (2), E la ragione di questo abbandono come di quella amicizia è palese. Con l’avvenimento di Oberto alla sede episcopale essi non aveano più di che temere dalla Chiesa, e ben poteano sagrificarle poche decime (*) , pag. 441. (’) Atti, voi. I, pag. 113. ( 315 ) per governarla a lor posta; mentre forti dell’appoggio del clero, ne avrebbero fatto come una leva potente a scuotere ogni ombra di vassallaggio. Nè il Vescovato uscì più se non che a brevi intervalli, dalle mani dei Visconti, anche buon tratto di tempo dopo di Oberto. Al quale rifacendoci ora di proposito, notiamo com’ ei soscrivesse in Roma, nel 1059, ad uno Statuto di papa Nicolò II circa l’elezione del Pontefice (‘); e come del 1074 gli fossero da Gregorio VII indirizzate lettere, con cui gli si commetteva di non consentire a che un cittadino genovese, di nome Ansaldo, cedendo alle istigazioni del proprio padre, si separasse dalla moglie falsamente accusata d’infedeltà (2). Nelle lettere stesse inti-mavasi pure ad Oberto di condursi a Roma ('praeterea volamus ut, quam citius possis, praesentiam tuam nobis exhibere studeas); e certo il motivo di una tale chiamata dovette derivare dalla necessità di ammonirlo, affinchè non si schierasse nel novero dei prelati che quel Grande sperimentava oppositori nella fierissima lotta che divampava tra la Chiesa e l’Impero. Se Oberto ottemperasse allo invito, noi non sappiamo; anzi inchineremmo a dubitarne, perchè verso la fine del medesimo anno 1074, avendo il Papa invitati ad' un Concilio i tre arcivescovi Tealdo, Ottone e Goffredo da Castiglione, i quali accanitamente si disputavano il Seggio di Milano (5), e con essi invitati pure i suffragane! di quella Chiesa, indirizzò le lettere a’vescovi Gregorio Vercellensi, Cuniberto Taurinensi, lngoni (’) Pf.htz, Mommi. Gemi. Ilistor., voi. IV, par. II, pag. 171-80. (') Vod. Epist. Gregorii VII, lib I, ep. 48; apud Mansi, Concit., XX, col. 99. (®) Tealdo, semplice suddiacono, era stato eletto di molo proprio dall’imperatore Enrico IV, e Goffredo era intruso nella sede per vilissimo mercimonio. Ottone invece parteggiava pel Papa, o meglio per la riforma del clero. ( 316 ) Astensi, Ogerio Eporediensi, Opizoni Laudensi, et cae-tens suffraganeis sanctae Mediolanensis Ecclesiae obe-dientibus Apostolicac Sedi ('). Si sa che i suffraganei i quali aveano consacrato Goffredo, od altrimenti sposate le parti di Tealdo, erano stati scomunicati; e però il non trovar qui fatta esplicita menzione di Oberto, ci sembra forte indizio per sospettare eh’ ei fosse appunto di quel numero. Ad ogni modo é certo che allorquando il Pontefice, nel Concilio di Laterano (1076), alla presenza di centodieci Vescovi, ebbe scomunicato Enrico IV, proclamandolo decaduto dall’Impero e dal Regno, tutti i Vescovi dell’Italia superiore, ad eccezione dei Patriarchi di Venezia e d’Aquileia, furono coinvolti nella scomunica (2). Nè in questa via indietreggiò punto il successore di Oberto, che fu Corrado II dei Mazzanelli o Manganelli (famiglia divenuta poi consolare), come ne lo attesta una importantissima bolla di papa Innocenzo II, data da Pisa il 1134 (3). Conciossiachè il suo primo atto ce lo rivela presente, nel giugno del 1080, alla Sinodo tenuta in Brixen, per ordine di Enrico suddetto, insieme con Tealdo prementovato, Corrado di Brescia, Ottone di Tortona, Guglielmo di Pavia, Guarnieri di Bobbio, e con più altri prelati italiani e tedeschi; dai quali Gregorio VII è dichiarato deposto dal Sommo Pontificato, eleggendosi in luogo di lui Guiberto di Ravenna, che prese il nome di Clemente III (l). Per tal guisa la scomunica lanciata nel 1076 non fu (') Epist. Greg. VII, lib. III., ep. 9; apud Mansi, XX. 194. C) Mansi, XX. 467 e segg.; Epist. cil., lib. Ili, num. 14 (ibid.); Voict, Ut st. de Grng. VII, voi. II, pag. 48. (5) Reg., pag. 449. (') I’eutz, Monum. Germ., voi IV, par. I, pag. 51-52. ( 317 ) punto ri vocata durante l’intero vescovato di Corrado; anzi si protrasse a quello di Ciriaco, succedutogli forse prima del 1090 ('); c, che è ben più, niuno de’ suffragane! della Chiesa Milanese erane stato ancora assoluto al-l’epoca del Concilio di Piacenza, nel 1095. Imperocché, dopo la celebrazione di questo, volendo Urbano II far consecrare Arnolfo o Arnoldo III di Porta orientate, che fino dal 1093 era stato eletto arcivescovo di Milano, dovette per quella circostanza derogare alla consuetudine la quale devolveva ai suffraganei il compimento della cerimonia, ed incaricarne invece l’Arcivescovo di Saltzbourg, nonché i Vescovi di Passavia e di Costanza (-). Di Ciriaco non abbiam documenti; salvo una lettera indirizzatagli da papa Urbano, a proposito di un tale che, mortagli la moglie, avea sposata una donna consanguinea della medesima; onde il Pontefice gli intimava, che se della consanguinità fosse risultato per deposizione giurata di due o tre testi, il matrimonio dovesse onninamente essere sciolto (3). La lettera non ha data; ma deve essere posteriore al 1095, per la ragione della scomunica la quale abbiam detto non ancora tolta in quell’anno. Tien dietro a Ciriaco Ogerio, il cui Vescovato, onde ci è testimonio la già ricordata bolla di papa Innocenzo, (l), non può avere avuto che una durata brevissima. Con-ciossiachè di lui non è verbo nella Cronichetta della prima Crociata, scritta da Gaffaro, dove pur si rammemora la predicazione di quella impresa seguita del (') L’ultimo alto di Corrado è del di’combre 1087. Ved Reg., pag. 112. (') IIaulleville , Hist. cit., voi. 1, pag. Zfl e 347; Giulini, Meni, eco, voi. Il, pag. 606. (*) Decretavi Gratiani, Pars II, Causa XXXV, quaestio VI, cap. 111. (*) Reg., pag. i i9. ( 318 ) 1097 in Genova, nella chiesa di san Siro, per opera dei Vescovi di Grenoble e d’Orange ('); e di quell’anno medesimo, per testimonienza del suddetto annalista, ebbe quindi luogo l’elezione di Airaldo. Che questi poi fosse de Guarachi, lo ha lasciato scritto il Varagine che ben poteva saperlo (2); ed io lo credo tanto più fermamente, se considero che quella famiglia rimonta al secolo X, e trovasi nel XII in consorzio con 1’ altra viscontile de’ Guerci, a proposito del possesso di parecchie decime della Chiesa. Ma di ciò a luogo meglio appropriato. Qui piuttosto dobbiamo soggiungere come, a partire da Airaldo, sparisca nella serie de’nostri Vescovi ogni ragionevole dubbiezza, mercè l’esatto ricordo che di essi ha lasciato il già mentovato cronista. Il quale così scrive: Tempore consecrationis domni Airaldi episcopi currebant anni Domini 1099, et postea vixit in episcopatu per annos 17 ; et quando mortuus fuit currebant anni Domini 1116; et hoc fuit in vigilia sancti Bartliolomei---- Sed post tempus electionis vixit per annos 19 in Ja-nuensi civitate. Item post mortem domni Air aldi episcopus Oto introivit, et vixit per tres annos; et per alios tres annos stetit civitas sine episcopo; et quando intravit anni Domini 1117, et quando mortuus fuit 1120. Item episcopus Sigifredus vixit in episcopatu per annos sex; et quando intravit currebant anni 1123, et quando mortuus fuit 1129 ; et civitas stetit absque episcopo per annum unum. Et archiepiscopus Syrus quando intravit 1130; et quando pallium et crucem suscepit in archi-episcopatum 1133 (3). (') Atti, I. 25. (’) Cliron. Gen, apud Muratori, IX. 31. (*) Pertz, Mon. Germ., XVIIJ. 39. ( 319 ) Innanzi di essere costituito nella dignità vescovile, Airaldo era stato Preposito della Congregazione dei canonici di Mortara ('); e questa circostanza lasciando credere eli’ egli medesimo introducesse un tale Ordine in Genova, ne induce ad accostarci al Pennotto, il quale appunto riferisce siffatta introduzione circa il 1100 (*). Per tal modo que’ sacerdoti Bellando e Pietro, i quali, secondo una carta da noi prodotta (3), accettarono in detto anno da Richizo prete e da più altri la rinunzia di ogni diritto sovra la chiesa de’ santi Salvatore e Teodoro presso il lido del mare (4), potrebbero riconoscersi come i procuratori della mentovata Congregazione. E si avverta che l’atto ebbe luogo con istraordinarie solennità, concorrendovi col vescovo Airaldo, gli abati di san Siro di Genova e di santo Andrea di Sestri, nonché varii fra’ più notabili cittadini. Oltre di ciò il documento medesimo serba memoria della consecrazione della chiesa, accaduta il dì 20 luglio del 1100, per opera dello stesso Vescovo e del Cardinale Portuense legato di papa Pasquale II. Perchè poi dalla nomina di Airaldo alla sua consecrazione corresse un biennio, il Paganetti ha creduto spiegarlo coll’ assenza del Metropolitano Milanese cui spettava il compiere alla cerimonia (3); il qual Metropolitano 1’ Ughelli ed il Puricelli fanno partire due volte per la Crociata di Terra Santa, cioè del 1090 e 1100. I docu- (') Ved. Rodolini, Notizie storiche di Pavia, voi III, pag. 257. (*) Pennottus, Generalis totius Ordinis clericorum canonicorum eie., pag. 329 e 449. (5) Cartario Genovese, pag. 205. (*) Questa chiesa cadde per forza di mine il dì 4 ottobre 1870, onde cedere il luogo ai Magazzeni Generali che ora si vanno costruendo. (s) Pac.anetti, /storia eccles., voi. II, pag. 176. ( 320 ) menti però affermando la presenza di Anselmo IV da Boiso in Milano sino alla metà del 1100, riducono quei viaggi ad uno soltanto; dal quale per. giunta 1’Arcivescovo non tornò più alla propria sede, essendo morto a Costantinopoli il 30 settembre dell’anno appresso (*). Tristano Calco afferma che Anseimo predetto .salpò in questa sua spedizione da Genova, con la flotta che quivi sferrò dal porto alle calende di agosto del 1100 (2); ma gli Annali di Gaffaro, che egli cita, noi dicono chiaramente ('1); e ad ogni modo la conseerazione di Airaldo, per la esplicita affermazione di Gaffaro, non potrebbe ritardarsi fino a quell’epoca. Gli Annali medesimi ci guidano però a indovinar meglio la causa dell’accennato ritardo, allorché ci dicono che gli anni 1098 e 1099 trascorsero per Genova pieni di tumulti e di cittadine discordie ('*). E siccome queste impedirono ai genovesi d’intendersi circa l’elezione dei Consoli, così è probabilissimo quanto sospettò già prima di noi il rimpianto collega avv. Francesco Ansaldo, che cioè essi non si trovassero allora nemmeno concordi circa l’eletto a tenere la sede episcopale. La supposizione da lui affacciata, che Genova non sia rimasta del tutto estranea alle grandi contese delle investiture ed allo scompiglio suscitato dovunque dai preti concubinarii, è ora confermata da quanto abbiamo innanzi rilevato, e lo sarà ognor più da quanto rileveremo ancora nel seguito di di questo lavoro. Del resto poi la bolla di papa Innocenzo II, più volte menzionata, lamenta aneli’essa come (fJ Saxjus, Op. cit., II, pag. 162; Giuuni, Meni. cit., voi. II, pag. 694 e 706. C1) Calchus, Itisi. Patr., lib. Ili, apud Gbaevium, Tlicsaur. Antiquit. Hai, voi. Il, par. I, col 207. (5) Ved. Atti, 1. U. (*) AUiìm\. 66. (521 ) da’ tempi del vescovo. Uberto alla ordinazione (e si noti che non si dice elezione) di Airaldo, la Chiesa Genovese fosse stata in mano di concubinarii o di barbari (alios procubitores, alios vero barbaros), e come molti de’suoi canonici, cedendo al peso delle oppressioni e dei mali, avessero dovuto esulare, e rimanersene lungamente lontani dalla città ('). Nè passò quindi tranquillo il vescovato di Airaldo. 11 quale rileviamo da Landolfo.giuniore, cronista contemporaneo, che fu presente alla consecrazione di Grossolano, già vescovo di Savona, allorché questi dopo la morte di Anseimo IV, che lo avea costituito suo Vicario, venne eletto a succedergli (-); ma che non tardò poi lungo tempo a chiarirglisi avversario. Onde Landolfo medesimo racconta come essendo Grossolano partito per Gerusalemme, lasciando a far le sue veci il vescovo Ar-derico di Lodi, alcuni illustri chierici milanesi i quali non volèano riconoscere 1’autorità di quell’Arcivescovo, % nel giugno del L110 si recarono in Genova, dove da Arderico di Carimate, primo e principale diacono della Chiesa Ambrosiana, furono presentati ad Airaldo. Et Episcopus ille (Airaldus), cosi prosegue il Cronista, licet foret Grossulano contrarius, ordinò allora Olrico vicedomino in ostiario, lettore, esorcista ed accolito, Gui- -done Fulcumanio suddiacono, Anseimo da Pusterla ed Enrico da Birago diaconi, Landolfo Garonia prete (3). In appresso Airaldo fu eziandio tra i più ardenti fautori di Giordano da Clivio, allorché all’aprirsi del 1112 la fazione contraria a Grossolano glielo oppose in Àrci- (') Reg., pag. 448. (*) Landulpui Junioris, Ilistor. Medìolail., cap. IU; apud Muratori, S. /?. /., v. 474. O La.ndui.piii, nis't. cit., cap. XVII, pag. 188; Giulini, Menu, IH. 12. * ( m ) vescovo, e rinnovò così nella Metropoli lombarda il deplorabile esempio di due Pastori contemporanei. Imperocché, segue il precitato autore, Landulphus Episcopus Astensis et Arialdus Januensis et Mamardus Tauri-nensis, non solum ad osuclandum venerunt (Jordanuni de Clivi), sed quasi ut ordinarent eum Episcopum in sequenti mense februario ad ipsum venerunt. Che se Landolfo d’Asti si mostrò poi titubante, Airaldo di Genova e Mamardo Torinese compirono risolutamente alla cerimonia della consecrazione ('). Lasciò anche memoria di sè il cancelliere d’Airaldo medesimo, che fu Sallustio, il quale abbiamo dallo Stella che scrisse la storia della traslazione di san Fruttuoso. Dove, parlando di Genova, così la apostrofa: Tu enivi illius (sancti) intervenientibus meritis, plurimarum civitatum effecta es domina, tu iam nonnullarun gentium imperatrix probaris esse praecipua (-). Di Ottone e di Sigifredo nulla abbiamo che meriti di essere particolarmente registrato in questo capitolo; ma ma quanto alla erezione della nostra Chiesa alla dignità di Arcivescovile, ci affrettiamo ad aggiungere come anche questo sia un fatto da considerarsi in relazione colla storia milanese. Difatti, correndo l’anno 1128, l’arcivescovo di Milano Anseimo da Pusterla (quel desso che vedemmo più sopra ordinato diacono dal nostro vescovo Airaldo) avea coronato Corrado III di Germania in Re d’Italia; e suscitate con tale atto contro dell’anzidetta città le ire di non poche fra quelle stesse terre, che, come Genova co’ suoi rinomati ingegneri meccanici (3), l’aveano soccorsa nella guerra di Como. (’) Landulpih, cap. XXI, pag 491-92. (*) Stella, Annal. Genuen., apud Muratori, XVII. 1141._ (’) Anonimi, Dr beilo et excidio urbis Comensis, apud Muratori ,S. lì. /., V. 452. ( 323 ) La qual guerra essendosi pur Tanno avanti conclusa col trionfo dei milanesi, aveva loro attribuita la egemonia di tutto il territorio lombardo, e reso manifesto come essi con 1’ esercizio della medesima divisassero sostituire sè stessi al potere reale. Abbracciarono quindi esse terre la causa di Lotario II re legittimo, il quale a sua volta appoggiò il papa Innocenzo II contro il pseudo-pontefice Anacleto II sostenuto invece da Corrado. La bufera scate-nossi fierissima fra le parti; ed in Milano stessa, dove i fautori d’Innocenzo e di Lotario non erano pochi, andò a colpire di preferenza l’arcivescovo Anseimo piuttosto debole che perverso. Il quale, in un pubblico parlamento (1133), videsi perciò accusato di eresia, di spergiuro, di di sacrilegio, e d’altri delitti cui non mettea bene specificare pubblicamente, ma di che sarebbonsi offerte le prove al cospetto di un tribunale composto .de’Vescovi suffraganei di Novara e d’ Alba di Monferrato. I Consoli di Milano, intromettendosi nella questione, dichiararono eli’essi medesimi, coll’assistenza di tutti i suffraganei, avrebbero investigata la causa; ed il Concilio Provinciale adunatosi quindi all’uopo, die’ sentenza che Anseimo era scaduto dall’Arcivescovato. Ma il Pontefice non si ristette perciò dal punire i milanesi; e così fu che sottrasse al loro Metropolitano il Seggio vescovile di Genova ('). Della famiglia di Siro II, nostro primo arcivescovo, non abbiamo lume di sorta; della sua carità e religione fanno amplissima fede gli Annali ; delle sollecitudini che usò nel tutelare i beni e le ragioni della sua Chiesa, è largo testimone il Registro, secondo quello che abbiamo già altrove accennato e dovremo ripetere ancora. Di (') Giulini, Meni., III. -212 e segg.; Hauueville| I. 390-400. ( p2* ) Ugone, che gli succedette nel 1163, sappiamo che fu dei Della Volta, e così appartiene a’Visconti, se (come noi proponiamo) quel casato e l’altro dei Gaschifellone si ammettano discesi da un medesimo stipite. Il Registro poi ce lo rivela zelantissimo non meno dei diritti della Chiesa, che degli onori dovuti alla persona del suo Pastore ('). Ma qui ci arrestiamo, giacché un elenco degli Arcivescovi ci condurrebbe troppo oltre i limiti del nostro còmpito. Raccogliendo piuttosto la somma delle esposte considerazioni concludiamo disponendo in calce i nomi e le epoche certe dei Vescovi genovesi, giusta le risultanze delle indagini praticate. VESCOVI DI GENOVA. Diogene: a. 381. San Valentino: fine del secolo IV o principii del V. San Salomone: prima della metà del secolo V. Pascasio: a. 451. Eusebio (?): a. 465. San Felice: verso la fine del secolo V. San Siro: prime decadi del secolo VI; morto dopo Fanno 523. # INTERRUZIONE PER LA RESIDENZA FATTA IN GENOVA dai Vescovi di Alilano dal 5G9 al C45 circa. Giovanni I: a. 680; e forse fino dal 645 circa. San Romolo: tra la fine del secolo VII ed i principii dell’Vili. (') In un rogito di Giovanni Scriba, del 17 agosto 1163, si ha memoria di Mariscoto nipote di Ugone, che era allora solamente arcidiacono (Chartarum, II, col. 869); e se ne ha pure notizia per un atto del 118.1, cui egli interviene come testimonio (Reg., pag. 461). ( 325 ) Viatore: dal 732? al 787? ^Dionisio: dal 788? alla metà circa del secolo Vili? Sigiberto: verso la metà del secolo Vili. Pietro: a. 863. Sabbatino: a. 876. 877. al 915? Raperto: a 916 al 944? Teodolfo: a. 945-981. Giovanni II: a. 984-1019. Landolfo: a. 1019-1034. Corrado I: a. 1036-1051. Oberto: a. 1052-1078. Corrado II: a. 1080-1087. Ciriaco: a 1090-1095 (circa). Ogerio: a. 1096-1097. Airaldo: eletto nel 1097, od anche al principio del 1098; consecrato nel 1099; morto il 23 agosto 1117. Ottone: a. 1117-1120. Sigifredo : a. 1123-1129. Siro II: a. 1130. Proclamato arcivescovo nel 1133. T CAPITOLO TERZO. Della Curia. La Difesa e i Difensori della Chiesa. (ìli Avvocati ed i Vicedomini. Due formole dei libelli enfiteulici. La gente dei Bulgaro. L’economo Alessandro ed i suoi successori. Uffizi domestici. La Corte. i I. La cura o difesa ( mundibiirdio), come si disse, del patrimonio de’sacri luoghi, fu sotto i longobardi affidata agli scarioni ed agli azionarii, e regolata da una legge di Astolfo ('). I primi che erano uomini d’armi, ossiano arimanni, doveano difendere le chiese da ogni attacco, per esse combattere in duello e per esse giurare; con-ciossiachè il giuramento, sebbene approvato per giusto dalla ragione, fosse per le disposizioni canoniche vietato al clero. Gli azionarii poi amministravano i beni non altrimenti che come fattori e causidici (2). Ma col volgere de’secoli, e col mutarsi della domi- • nazione longobarda in quella dei Carolingi, mutarono* anche siffatti nomi; per modo che in luogo degli sca- (’) Aisrapm, lex X. (■) Tiioya, Orila condizioni’ de’romani vinti da’ longobardi, § CLIX eCLXXIf. i ™ ) rioni entrarono gli avvocali, ed al posto degli azionarli i vicedomini. Si aggiunga che da’ tempi dei Carolingi in appresso, le proprietà delle Chiese aumentarono rapidamente; ed i Vescovi avendo allora conseguite amplissime immunità, e perciò estesi territorii liberi in gran parte dalla giurisdizione de’ Conti e degli altri ufficiali dell’ Impero, le attribuzioni della Difesa acquistarono una maggiore importanza; onde l’Avvocazia delle Chiese si vide ricercata allora anche da’principi, quando dalla potenza di esse speravano aumento alla propria ('). Gli avvocati, la cui nomina era fatta col concorso del Conte (2), giudicavano quindi in materia reale delle contestazioni che si elevavano fra gli uomini liberi ed i proprietari dei beni fondi; in materia personale delle relazioni giuridiche fra gli uomini non liberi ed i* loro signori ; e nelle cause riservate alla giurisdizione comitale, che è a dire nelle criminali di maggior momento, rappresentavano e difendevano dinanzi al tribunale del Conte le persone comprese nel territorio immune (:!). Tuttavia anche dopo le mutazioni accennate serba-rojisi lungamente in vigore le prische appellazioni della Difesa e dei Difensori, per la consueta ragione che i nomi sopravvivono sempre alle cose. Perciò appunto, e perchè le forinole derivate nel nostro Registro appartengono a tempi molto più remoti di quelli cui spettano gli atti che sovr’esse vennero modellati , noi troviamo nei documenti del Codice in discorso alternarsi la memoria della Defensio e dei Defensores sacrosanctae Ecclesiae Januensis in tutti i libelli enfiteutiei che \i (') Cibrahio, Della schiavitù e del servaggio, voi. II, pag. 286. (>) Capit. Aquisgran., a. 809, cap. 22, apud Balutium. (s) Ij’fj. Caroli M*, cap. 99, 102; apud Muratori, S. lì. /., toni. I, par. II. ( 328 ) sono inseriti, a partire dal 910 tino al 1148 (*). Intorno al quale anno però anche V antico formolario fu messo in disparte, sostituendosi nella introduzione degli atti di tale natura alle parole Peto defensoribus, o Defensionem, le altre che erano più consentanee alle mutate condizioni e più vere : Placuit atque convenit inter dominum Archiepiscopum etc. II. Chi poi si fossero gli avvocati della nostra Chiesa in tutto il periodo de'tempi sopra mentovati, noi non possiamo rilevarlo dai documenti ; non incontrandosi in essi altra memoria che quella di Azone suddiacono (a. 1006 e 1008), il quale fu vicedomino del vescovo Giovanni II (3). Tuttavia, quanto agli avvocati non si può disconoscere, comecché per notizie assai posteriori, che eglino si debbano ricercare negli ascendenti di quella gente che nel secolo XII cognominossi dei Bulgaro (3); conciossiachè ih tale famiglia precisamente vediamo derivate le prerogative che furono per più secoli destinate appunto a serbare il ricordo della Avvocatura, un tempo esercitata in favore delle Chiese matrici. Tra le quali prerogative certamente la più comune fu quella del condurre il palafreno dei nuovi Vescovi nella cerimonia del loro insediamento, e del riceverlo quindi dai medesimi in donativo (*). Di che al nostro proposito rende testimonianza Giorgio Stella, laddove, raccontando il solenne ingresso di Pileo De Marini (1401), scrive che ad ipsius habenas equi, et circum eum totum, peditus, ibant scientificus Andreas de Bulgaro medicinae doctor, (') Hnj; pag- 323, 33 i, 333. (’) Heg., pag. 429, 43.'). (’) Vedi le tavole genealogiche in seguito alla Parte IV. (*) lUruKviLu:, op. cit., voi. I, pag. 435; Muratori, Dislert. LXIff. C 329 ) aliique de sua stirpe de Bulgaro ianuenses, quibus a vetusto temporum hic in Archiepiscoporum susceptionem mos est, quibusve semper, dum novus Archiepiscopus sic ad sedem verendam deducitur, equum suum gratis elargitur, quando Basilicam maiorem ingreditur ('). Inoltre, come tutti gli avvocati delle Chiese ebbero in loro potere alcuni fra i beni delle medesime, così noi vediamo Ugone e Giovanni di Bulgaro essere, a questo titolo certamente, annoverati tra i vassalli dell’Arcivescovo (2); e poi i figli di esso Ugone ricevere da Siro II (1149) la investitura della decima che Anseimo de’Fol-coini avea restituita alla Chiesa (3). La qual decima verisimilmente è quella del porto di Genova, o del mare, cui nel 1241 Andrea ed Enrico qm. Marino, nonché i figli di Ugolino, e Bulgarino co’suoi fratelli, tutti di Bulgaro, dichiaravano la loro famiglia avere a titolo di feudo ricevuta in antico dall’Arcivescovado ('*). III. L’ufficio degli «yyoca?/necessariamente disparve col dileguarsi delle immunità, o quanto meno cessando essi dal rivestire allora la qualità di difensori insieme e di giudici, cessò con questa la ragione che agli ecclesiastici non avea consentito 1’ esercizio di una siffatta carica. D’ allora in poi il loro compitosi ristrinse a quello di semplici economi; e con tal nome precipuamente e qualche volta con questo e l’altro insieme di avvocati ce li indicano per l’appunto i documenti. Di più l'ufficio di economo e quello di vicedomino furono talvolta cumulati in una sola persona, e devoluti quasi «empre 0 Annal. Genuen., apud Muratori, XVIII. 1184. (J) Reg.. pag. 24, 299. (*) Id., pag. 119. (*) Id., pag. 674. Ved. anche le tavole genealogiche sopra citate. ( 3.10 ) a’canonici, preti o diaconi, ed anche suddiaconi. E ciò premesso riesce chiaro non solo, ma naturale, quanto dal nostro Registro si impara, che cioè avvocalo eri economo (')’di Siro II fosse il di lui suddiacono Alessandro (l), prevosto in pari tempo della collegiata di santa Maria di Castello (3), ed autore del Registro della Curia secondo che abbiamo già notato a suo luogo (4). Finalmente siccome l’ufficio dello economo risponde a quello che oggi ancora presso molti Capitoli si sostiene dai canonici camerarii o camerlenghi ; cosi noi stimiamo che il Camerarius Archiepiscopi, di cui nel citato Registro si fa cenno a proposito delle offerte dovute dalle chiese della città (3), non sia punto da ritenere una carica e persona diversa da quella dello economo, ma piuttosto un vocabolo derivato nel nostro Codice a significazione dell’ ufficio medesimo da quel vetusto Cartolano del-V Arcivescovato, il quale già sappiamo che Alessandro interamente rifuse nella sua compilazione (f>). Del citato Alessandro abbiamo memoria fino dal 2 ottobre 1140, per essere egli intervenuto quale testimonio alla investitura del Monte Laneno consentita da Siro II a Guglielmo figlio di CafFaro ('); e troviamo poi che del luglio 1142 fu presente del pari àlP istrumento onde lo stesso Arcivescovo diede in feudo a Gaffaro medesimo alcune porzioni dei molini di Noce e del Cerro (8). 0 Id., pag. 15, 366. (*) Id., pag. 298, 299. (*) Id., pag. 364. (*) Pag.. 247. (s) lìeg., pag. 6. (s) Cosi evidentemente I’ ecotiomo dell’arcivescovo di Milano ò. appunto chiamato camerario in un lodo dei nostri Consoli del 1145 (lieg., pag. 73). (7) lleg., pag. 298. (*) Id., pag. 299. ( 531 ) Se non che in entrambi questi atti Alessandro non si dichiara altrimenti che suddiacono dell’Arcivescovo; nè ad alcuna qualità si trova accoppiato quindi il nome di lui in altri documenti così del ridetto anno 1142 (') come del luglio e dell’agosto 1143 (2). Onde noi saremmo inchinati a credere ch’ei rivestisse la carica di economo solamente dopo quest’ultima data; nè però tardasse gran fatto, conciossiachè ci occorse già di avvertire come nel novembre del 1143 ponesse mano alla compilazione del Registro (3). Per tal guisa appena assunto all’ufficio, avrebbe impreso ad esercitarlo con tutta alacrità. Dicemmo egualmente come le notizie di Alessandro si arrestino all’ottobre del 1149 (4); e come sia da ritenere che a lui subentrasse Oberto Sulfure (5). Costui, appunto come Alessandro, comparisce dapprima nel Registro in qualità di semplice testimonio, o fra gli addetti alla Curia; ma ch’egli vi esercitasse quindi per qualche anno l’economato, o meglio 1’ ufficio di vicedomino, è certo per la convenzione da lui stipulata cogli uomini di Lavagna (G), non meno che per la memoria del placito ch’egli ebbe con Balduino, quando remansi apud Sanctum Romulum in vice domini Archiepiscopi (7). La più recente notizia di Oberto è poi quella che si rileva da un atto del giugno 1155 (s); nè dopo abbiamo altrimenti parola di economi o somiglianti of- .(') Id., pag. 152. (2) Ibid. C) Id., pag. 120, 277. (4) Id., pag. 3. (*) Ved. a pag. 2i8. (‘) Reg., pag. Si. o ld., pag. 397. • (*) ld., pag. 124. ( 332 ) fìciali fino al 1166; anzi gli istrumenti che spettano al periodo intermedio fra queste due date si vedono personalmente conclusi dagli arcivescovi Siro ed Ugone. Finché del 1166 noi ci abbattiamo in Anseimo canonico di san Lorenzo ((), il quale.dicendosi maestro parrebbe essere stato onorato nel Capitolo Metropolitano della dignità di magiscola, e variamente s’intitola economo, vicedomino, ministro e 'procuratore della Curia, nel cui interesse agisce continuatamente fino al 1173 (2). Circa tale anno però fra il detto Anseimo e l’Arcivescovo dovettero insorgere gravi dissidenze, ultimate poi nel 1176 con una dichiarazione per cui esso Anseimo, pur ritenuta la dignità di vicedomino, si dimetteva da ogni ingerimento nella amministrazione della Curia, per tutto il tempo dell’arcivescovato di Ugone (3). Due lodi del 1177 ed un terzo dell’anno successivo rammentano poi i procuratores domini Ugoms archiepiscopi (4); i quali in un placito del 1180 assumono invece il nome di nunzii (3). Se non che, questi vocaboli potrebbero essere intesi nel senso di legali rappresentanti in giudizio e nulla più (6), qualora in certa au- (') Id., pag. 30‘i. (*) Id., pag. 106. (*) Cod. membran. cit., presso il canonico Grassi, car. 6 recto: MCLXXVl (Ite X exeuntis decembria, hi nomine domini. Tam futuris quam presentibus sit notum quod querela que fuerat inter dominum Vgonem arcliiepiscopum et vi-cedominum Anselmum consensu utrimque partis, amicis mediantibus, hoc modo finem accepit. Ego anselmus viccdominus dimitto et relinquo vobis domino Vgoiii ianuensi archiepiscopo tempore vestro omnem administracionem Curie veste, et usum totius officii vice dominatus, et omne temporale benefitium. Hoc autem quod facio non sit mihi in preiudiciutn post decessum vestrum, retenta tamen mihi dignitate, viccdominatus. (*) tirg., pag. 110, 270, 396. Id., pag. 109. O II Collegio dei Procuratori data in Genova da tempo antichissimo; e si ha ( 353 ) tenticazione onde i Consoli dei Placiti, addi iti gen naio 1181, munirono un lodo che era stato emanato nel 1140, non si trovasse detto che questo era seguito supplicatione yconomorum Archiepiscopi ('). IV. Doveano poi rilevare dall 'economo i gastaldi, dei quali uno o più erano preposti alla diretta amministrazione dei beni situati fuori di città, e distribuiti per Curie od in altra maniera, come verremo notando a suo luogo; e forse anche erano posti sotto la sua dipendenza gli addetti al servizio personale del Vescovo. Fra questi ultimi il Registro nota un Girardo che al tempo degli arcivescovi Siro ed.Ugone tenne l’ufficio di dapifero (2)f ossia di sovrintendente al servizio delle mense: carica allora di non lieve riguardo, se si consideri che del 1177 papa Alessandro III mandò appunto un suo dapifero a pigliar possesso di Bertinoro (3). Viene appresso’ il canovario, così appellato da canova o magazzino, che è a dire il custode delle provvigioni di bocca e della cantina (4): ufficiale di gran considerazione, dacché trovo per più riscontri coni* ei godesse talvolta dei beni delle memoria di una specie dì accademia quivi tenuta il 6 dicembre <243 da no-tari e causidici, nella quale pronunciò un sermone il famoso Albertano da Brescia, che era allora assessore del podestà Emanuele de’ Maggi (Ved. Zaccaria , Excursus Litterarii, I. 133J. (’) Rig., pag. 395. Anche l’autenticazione dell’atto del 1037, da noi riferito a pag. 311 i ci rivela il nome di un nuovo amministratore dei beni della Curia ; il quale era nel 1207 un Giovanni Barrilaro. (’) ld., pag. 95, 350, 385. (*) Nardi, Bei Parroclù ecc., voi. Il, pag. 206. (4) Anche oggidi, presso i montanari, la cantina dicesi cantra. E della caneva del vino e dell’olio ò frequente memoria in un codice del secolo XVI, già del monastero di san Girolamo della Cervara, ed ora custodito nell' Archivio di San Giorgio. ( 334 ) Chiese col titolo onorifico di beneficio (feudo). Cosi i beni del Vescovo di Trento erano distribuiti per canove; e dell’805 il canovario della Chiesa di Bergamo era in pari tempo attore della medesima ('). In un libello del nostro vescovo Oberto, i locatarii di un molino si obbligano a consegnare al cannavano de donno Episcopo la quarta porzione del ricavo di esso molino (2); e del 1169 ho altresì memoria di Fazio canevario dell’arcivescovo Ugone (:t). Nel Registro incontriamo pure citato Ugone serviente (serviens) dell’ arcivescovo Siro (k), ed Oberto ortolano dell’arcivescovo Ugone (’)• V..Enumerati cosi gli uIlici diversi della ( una, è mestieri che ora da noi si vegga quali altre persone fossero comprese nella medesima, e più propriamente costituissero la Corte dei nostri Pastori. E queste persone erano p3r fermo tutti i loro vassalli, ossiano que nobili della città e del contado i quali teneano in leudo dalla Chiesa Genovese le decime, le pensioni, i terreni , i mo lini, ecc. (6), e doveano per ciò prestare ai A escovi mede simi il giuramento di fedeltà sicut bonus vassallus..... suo bono domino et vero (')• Fra i quali vassalli sono (!) Cibraiuo, Della schiavitù ecc., II. 161 e 223. (*) Reg., pag. 229. (*) Id. pag. 319. (*) Reg., pag. 393. (*), .Id. pag. 357. (‘) Le investiture erano regolate in conformità della Costituzione di Lo ano (Ved. Registro, pag. 155, 347) ; e quando i feudi si rendeano vacanti, sia per la morte del titolare o sia per altra cagione, si dicevano aperti. Cosi a pag. 3 > del Registro medesimo si legge: De apertis feodis vassallorum eti. (’> Questo giuramento oltre all’essere prestato dai vassalli nell’atto della investitura (Ved. Reg., pag. 115, 299, 269), si ripeteva ad ogni- nuovo Vescovo. ( 355 ) poi da ricordare come precipui i Signori di Palazzolo e di Sommaripa, che aveano grado di vessilliferi od alfieri, quei di Nassano, di Lavagna, di Mongiardino, ed il marchese Obizzo Malaspina ('). Or questi vassalli, il cui numero non fu scarso, dovettero in antico formare del pari il tribunale del Vescovo, presieduto dall’ avvocato, ed intervenirvi in qualità di assessorio di giudici; benché il Registro non serbando documenti di controversie dibattutesi nei tempi della piena immunità, ci tolga modo di poterne addurre un qualche esempio. Tuttavia neppur cessarono aifatto dopo che il Comune ebbe assorbita in sè stesso ogni altra giurisdizione di natura simile alla sua; ma piuttosto il loro ufficio si limitò a conoscere e decidere delle contese che poteano sorgere tra i vassalli ed i Vescovi, oppure tra vassalli e vassalli, nel qual caso giudicavano come^an; serbando intatto soltanto il primitivo ministero di giudici (-) nei luoghi di Geriana e San Remo, come quelli che fino all’uscire del secolo XIII furono sottoposti all’ assoluta signoria della Chiesa. E col procedere degli anni assunsero anche denominazioni diverse; perchè sotto di Sigilredo si cliia-rono buoni uomini, primo'in ordine fra loro essendo ancora un avvocato (Guilielmus Avocatus), e tal nome ritennero eziandio a’ tempi di Siro li, almeno fino al lio3 (f): mentre in appresso (1163) si dissero rettori e ordinatori della Curia ('*); ed infine sotto di Ugone usarono aper- Perciò nel Registro leggiamo la forinola di quello che venne prestato domino Vgoni clcclo in afeli iepiscopum (pag. 26). C) Rcg., pag. 21-26, 30-31. (*) Id., pag. 379, 380, 381. (“) ld„ pag. 27, ISS, 309, 324. (*) Id. pag. 34S, 316. ( 556 ) tamen te il titolo ben più proprio e significativo di Pari (<). alvolta eziandio cotesti giudici sostennero le parti di orbiti i, nè mancarono di far cenno, nei lodi pronunciati a essi in tale qualità, come la loro elezione fosse avvenuta pel concorde volere dei litiganti (2). Con queste notizie sulla Curia, noi chiudiamo intanto la prima parte del nostro lavoro, disponendoci a trattare nella seconda delle chiese e delle decime. Ma gioverà come preambolo uno studio sulla circoscrizione della Diocesi, opportuno, a quel che ci sembra, non solo, ma necessario. Conciossiachè se i limiti segnati alla giurisdizione della Chiesa Genovese furono più volte, ed anche di recente, delineati in carte topografiche; niuno scrittore al contrario si è mai occupato di ricercare di proposito le modificazioni che essa ebbe a subire nel corso dei secoli, e sopra tutto le cause d’onde quelle modificazioni medesime trassero origine. ( ) Id., pag. 300, 349. Vedasi pure il nome dei componenti la Curia a pagg. 120, 299 e 401. Fra gli addetti alla Curia sono poi da noverare egualmente quell’Al-bericus Canoe Archiepiscopi ed un Bonusvassallus Iìlancus canonicus, i quali intervengono come testimoni in più istrumenti (fìeg. pag. 107, 133, 264, 327, 347, 349, 359, 362). Oltre di che il detto Buonvassallo è identico con quel Bonusvassallus blarclis archiepiscopi che trovasi ricordato a pag. 353; essendo appunto la parola blarclis una cattiva lezione del cognome Blancus. Difatti nel più volte citato Codice presso il eh. Grassi (al quale debbo il pregio di questa avvertenza), fra i presenti ad un libello del 1168 è Bonusvassallus Iìlancus Archiepiscopi (fol. 29). Il quale in altro atto del 1172 è anche appellato Bonusvassallus Albus (fol. 43). (') Beg., pag. H6, 297, 362, 394. PARTE SECONDA DELLE CHIESE E DELLE DECIME CAPITOLO PRIMO Della circoscrizione della Diocesi. Come la Chiesa Genovese dovette in origine esercitare giurisdizione su tutta la Riviera occidentale; e come l’ebbe serbata' a lungo su alcune terre della medesima. L’Abbazia della Gallinaria è costituita dipendente da Genova. Confini del Vescovato a levante, e loro modificazioni. Por-tovenere e la Capraia. Le colonie di Bonifacio e di Pera. Limite settentrionale. La Pieve di Caranza. Gli acquisti territoriali del Comune di Genova oltre i Gioghi, precedono e cagionano l’ingerenza spirituale della sua Chiesa. Disegno di permutazioni fra questa e quella di Tortona. La prima però estende la propria giurisdizione ai danni della seconda. Riflessioni conclusionali. I. La Chiesa Genovese dovette ne? suoi esordi estendere la propria giurisdizione a tutta quanta la Liguria marittima occidentale; imperocché, volendoci tener fermi alle date certe, noi non troviamo notizia d’alcun Vescovo d’Al-benga innanzi l’anno 451 (*); nè le memorie di quelli di (') Quintius episcopus Ecclesiae Albigaunensis convenne in tale anno alla Sinodo di Milano. Ved. Mansi, VI. 144. ( 358 ) Ventimiglia e di Vado salgono ultre il 680 ('). Dopo la erezione di tali Sedi però, i suoi limiti si vennero accorciando lino a breve tratto dalla Metropoli; sicché il torrente Lerone, al di là di Arenzano, s’incontra nei più. antichi diplomi accennato come punto di divisione della Marca ed insieme del Vescovato di Genova (•). E tale dura inalterato anche a di nostri. Ciononpertanto, siccome la stessa Chiesa Genovese aveva da antichissimi tempi (e certo per donazioni di fedeli) acquistati beni allodiali nelle ville Matuziana e Geriana, e poscia eziandio in quella di Taggia; così parecchi secoli trascorsero ancora, prima che lo spirituale governo delle terre anzidetto uscisse dalle mani de’Vescovi di Genova per essere trasferito in quelle degli Albenganesi. Dalla Leggenda di san Siro impariamo che l’autorità de’ nostri Vescovi era in Matuziana rappresentata da un Corepiscopo; e, ben ponderate tutte le circostanze, Ci Johannes humilis episcopus Samiae Ecclesiae Vintimiliensis e Benedictus episcopus S'inctae Ecclesiae Vadensis soscrivono al Concilio Costantinopolitano di papa Agatone (Mansi, XI. 307). Si avverta che nel Mansi è scritto Valiiensis in luogo di Vadensis; ma erte quella parola non sia elio una cattiva lezione, né si possa qui intendere altrimenti clic per la Chiesa di Vado, lo ha provato il P. Spotorno nelle sue Notizie della Chiesa medesima (pag. 14). (') Cosi', per esempio, nel 1014 Enrico imperatore, a petizione del vescovo Adermanno, conferma hominibus . . . habitantibus in Marchia Saonensi . . ■ omnes res et proprietates a iugo maris usjue ad metas montes et est iuxta Ilumen lerone (Ved. Cordebo di San Quintino, Osservazioni critiche sopra alcuni particolari delle storie del Piemonte e della Liguria; nello Meni, dell Accud. delle Scienze di Torino, Serie II, voi. XIII, pag. 29). E cosi ancora in un Carme che tratta del governo di Beccario Boccaria, podestà di Savona nel 1-122, si legge che egli: Fines Urbis indagavit {Jui su ut Lero, juga, mare; Quos in sigillo notavit Ut gens possit memorare. (Ved Hocca, Pesi e misure antiche di Cenava, ecc., pag. 7'») ( 339 ) si rileva che quell’Ormisda presso cui fu mandato Siro medesimo come aiutatore e ministro, poscia che venne da san Felice ordinato diacono, è posteriore di circa un mezzo secolo alla memoria dei primi Vescovi d’Albenga('). Già notammo poi come san Romolo chiudesse la vita in Matuziana stessa, durante una visita pastorale; e soggiunge la sua Leggenda cli’ei fu sepolto nella cripta di san Siro, in arca thophea prope beatum Ormisdam : donde pi fi tardi Sabbatino levandone le reliquie, compieva un atto di vera giurisdizione (3). Ma la dipendenza delle terre sunnnentovate dalla Chiesa Genovese riafferma vasi certamente ognor più, dacché, essendo esse rimaste, per le incursioni saraceniche, affatto deserte d'abitatori, il vescovo Tcodolfo (979) vi stabiliva una colonia (4); mentre in appresso (1038) il Conte di Yentimiglia spogliavasi in favore de’ nostri Vescovi di ogni diritto signorile sulle medesime (5). Però collo spuntare delle, libertà comunali que’ terrazzani si mostrarono aneli’essi riluttanti cosi alla soggezione spirituale come al dominio de’ Vescovi Genovesi; onde leggiamo negli Annali di Gaffaro, che del 1130 i Consoli di Genova impresero contro i sanremaschi e gli altri abitatori della Riviera occidentale una spedizione, e li obbligarono a prestar giuramento di fedeltà a san Siro (che è a dire alla Chiesa) ed al popolo genovese. Cionondimeno il passaggio di San Remo, Ceriana e Taggia sotto la giurisdizione della Chiesa d’Albenga, se pure col fatto non si era già innanzi compiuto, non si può ri- (’) Ved. Parte 1, Cap. Il, pag. 289. (*) Veil. Ugiielli , IV. 840. (*) Rossi, Storia (Idla città di S PaS- 141 ( 540 ) tardare gran tempo oltre l’epoca testé accennata; e se ne ha in prova un atto del 1103, onde quel vescovo Odoardo investiva delle decime di tutte le dette ville Anseimo di Quaranta, stipite dei Signori della Lingueglia; rinnovando poi l’investitura il vescovo Roberto di lui successore in prò’ di Bonifacio figlio d’ Anseimo prenominato ('). Nè esse furono più sottratte alla Chiesa Albenga-nese fin presso a’ di nostri ; quando cioè, per bolla di papa Gregorio XVI del 20 giugno 1821, vennero incorporate alla Diocesi di Ventimiglia (2), Come a ristorarla in qualche modo di quelle perdite, Alessandro III, con bolla del 9 aprile 1161, sottoponeva alla Chiesa Genovese l’Abbazia di santa Maria e san Martino dell’isola Gallinaria, a un miglio circa lontana dal lido, fra Albenga ed Alassio (3); ed alla medesima la confermavano parecchi Pontefici di lui successori (4). Trovo eziandio che nel 1273 Arnaldo abate di quel monastero, in compagnia di tre monaci, giurava fedeltà all’ arcivescovo Gualtieri da Vezzano (■’); e del 1303, vendendo essi monaci alla città d’Albenga il borgo d’AlasSio, poneano per condizione che il contratto dovesse riportare l’assenso dell’Arcivescovo Genovese (6). Finché del 1473, morto l’abate Carlo del Carretto, ed avendo i monaci abbandonato il convento, la Santa Sede richiamò a sè stessa il possesso dell’Abbazia; e de’redditi e diritti della medesima costituì una Commenda, 0 Rossi, Storia di S. Remo, pag. 89; Storia d‘Albenga, pag. 97, 145. (’) Rullarti Romani Continuatio, toni. XIX, pag. 28; Uomae 1857. (’) Ughelli, IV. 868. (4) Rullar. Rom.; llonor. IH, num. IX, a. 1217. (*) Semema, Secoli cristiani, ecc., II. 463. (*) Id., II. m. ( 341 ) della quale Sisto IV investi pel primo il cardinale Gio. Battista Cibo (*) li. A levante invece i confini del nostro Vescovado durarono più fermi e quasi dissi inalterati; anzi furono norma a quelli del più tardo Gomitato. Imperocché giunsero l’uno e l’altro alla punta d’Anzo, nel moderno Mandamento di Levanto ; la quale punta dal mare in su si prolunga per un gran contrafforte trasversale fino all’Appennino, separando la Valle della Vara da quella dell’Entella. E il contrafforte in discorso, oggi denominato San Nicolò e Vasco, su cui le carte del medio evo ci attestano l’esistenza di uno Spedale (2), venne già in quei secoli stessi chiamato Pietra Corice o Pietra Crosa, e fu il limite di divisione della Riviera Orientale in due Vicariati. Onde il eh. Desimoni, che fu primo a segnalare come importante questo punto di topografia, rifletteva a buon diritto essere l’Anzo mirabilmente idoneo a servire di confine, e la sua posizione appena trovata giovar grandemente a chiarire la storia (3). A Levanto poi giunse in antico la Diocesi di Luni; e però sul territorio della medesima sorse l’Ab- (') Semema , Secoli cristiani ecc., II. 365. La Commenda durò fino al 1797; poi del 1845 ristabilitasi l’Abbazia, o meglio il suo titolo, ne fu investito il Vescovo d’Albenga. Il Giustiniani diceva già a’suoi giorni l’isola della Gallinaria disabitata e piena di conigli (Annali, I. 39); ed oggi non vi si scorgono più che i resti di'una torro e di una cisterna. Modernamente poi fu comperata dal sig. Leonardo Gastaldi di Portoinaurizio. (’) Nel Liber ceiisuum Romanae Ecclesiae compilato da Cencio Camerario, si nota: In Janucnsi Episcopali, .... Hospitale de Petrolicis (sic) All denarios (Ved. Muratori, Antiq. ltal. m. aevi, V. 762). Lo stesso Ospedale è pure mentovato nell’atto della imposta straordinaria levata sulle chiese e gli stabilimenti pii del nostro Arcivescovato da papa Urbano VI; il quale atto verrà da noi prodotto in appendice al presente capitolo. (5) Ved. Alti, voi. Ili, pag. 571. ìì ( m ) bazia dì licugnato, cui nel 11^33 papa Innocenzo fi elevò a sede episcopale, costituendola suffraganea della Metropolitana di Genova ('). Da un atto del 1519 si rileva come seguisse allora tra quel vescovo Filippo Salili e l’arcivescovo Giovanni Maria Sforza una permutazione di parecchie terre, previo l’assentimento del Papa cui appunto il Vescovo Brugnatense aveva rappresentate le difficoltà inseparabili dalla amministrazione di una Diocesi tutta posta ne’ monti ed assai sparpagliata (2). Fra i detti luoghi però è il più cospicuo quello di Castiglione; e certo farà meraviglia all’attento lettore il vederlo qui ricordato,fra i ceduti all'Arcivescovo di Genova, mentre (’) Lib. Jurium, I. 41. (*) I luoghi ceduti dallo Sforza al Sauli orano: locum sai.c!i Qv ilici, villam sancti Bartholomei (h‘ Genestra, locum Sigestri riparine orientalis Januae, villam sanctae Margaritae de Fossa Laneria (Luparia), villam sanctae Mariae de Nassio', villam sancti Laurentii de Arzeno, villam sancti Petri de Libiola, villam sane, i Joan-ms de Candiasco cum omnibus utribus et pertinentiis suis, nec non plebem sancii Stephani Pontis Sigestri cum ecclesia sancti Qv ilici et ecclesia sanctae Margaritae dictae plebi annexis, ecclesiam sancti Nicolai insulae Sigestri, et ecclesiam sive cappellani sanctae Mariae de Nazaret dictae ecclesiae sancti Nicolai unitam, tutti luoghi i quali erano soggetti al governo della Po iesteria di Sestri. A riscontro il Sauli cedeva allo Sforza: locum Ciislilioni cura tota valle ipsius loci, locum Castelli, locum Laci et locum Porceraschi, cum suis villis, territoriis, turibus et iurisdictionibus, nec non ecclesias infrascript s, videlicet plebem sancti Antonini de Castiliono cum capellis annexis, ecclesiam sancii Petri de Frascate cum ecclesiis annexis, ecclesiam sancti Martini de Ver va, ecclesiam sanctae Marine de Missa,.0, ecclesiam sancti Georgii de Castello cum ecclesia sancti Bartholomei de Chiama et aliis ecclesiis 8, car. 192. ComuniUis Bonifacii: Libre MDCCXXX. f MDLVIII die XXVI decembris. Magnifici domini protectores comperarum sancti georgii etc. mandano uni no tari sub presenti columna . . . verba infrascripta. videlicet. Nullajiat nouibu de dictis locis et libris, nec de, eorum prouentibus . . . tusi de voluntate e expresso consensu prediclorum . . . protectorum vel successorum eorum, attenta ( 5'i.> ) mantcneano fermo sino all’estinzione del loro celebre Banco ('). Non rimase però tronca assolutamente con queste provvidenze ogni cagione di futuri dissidii. Imperocché i Vescovi d’ Aiaccio si avvisarono (e ci sembra a tutto diritto), che il seguito accomodamento non li avesse spogliati deir esercizio di loro giurisdizione su quelle chiese che sorgeano nello spazio di territorio dichiarato immune quanto ai poderi degli uomini di Boilifazio. Ma gli Arcivescovi di Genova, oppugnando siffatte ragioni, spinsero tanto innanzi le pretese, da volere che il loro spirituale governo dovesse considerarsi esteso ad un modo colla giurisdizione del Commissario di Bonifazio, e cosi anche alle isole di santa Amanza, dei Lavezzi, dei Budelli e d’altre che sorgono prossime alle Bocche di quella terra. Nè la contesa fu mai risoluta; perchè la Corsica era vassalla della Repubblica Genovese più che non fosse parte del suo dominio; e come le sue civili magistrature non raramente giovarono a rifare il patrimonio d’ uomini cui lo sregolato vivere avea dissipata ogni fortuna, così i suoi beneficii ecclesiastici ed i suoi medesimi Vescovadi furono per lunghi secoli quasi esclusivo appannaggio di cherici genovesi, paghi d'ordinario a godersi sul continente le rendite spillate dalle chiese dell'isola. Il perchè si legge come ancora del 1750 l’arcivescovo fide fiicta bonifacinis de locis triginta obligatis reuerendo episcopo adiacensi. . . que loca per comunitatem bonifatii luwtenus soluta non fuerunt, et attenti* e!iam solutionibus factis reuerendis episcopis adiacii ctc. (’) Ln colonna in discorso fu poi liquidata nel 4834; e della rendita venne croato amministratore il Consolo di Francia prò tempore sedente in Genova (Car-Mario di Banco IV, car. 442). Al contrario quella de’ luoghi 30 a favore de’ Voscovi d’ Aiaccio corso la sorte di tanto altro fondazioni devolute a benefizio di chiose, monasteri ecc., o però non trapassò punto nei registri della liquidazione. ( 554 ) Giuseppe Maria Saporiti investisse al prevosto Assereto di N. S. delle Grazie di Genova la chiesa di santa Maria dei Budelli, ed impetrasse dalla Santa Sede a Cristoforo Salineri di Bonifazio l’abbazia della Trinità nel distretto di quel castello, essendo la bolla d'investitura a tale effetto spedita sine preiudicio partium ('). V. E noto che la regione di Pera fu assegnata ai genovesi per lóro stanza da Michele Paleologo, non molto dopo che questi, strettosi ad essi col celebre trattato di Ninfeo (2), ebbe acquistato l’Impero di Costantinopoli. Quanto all’esercizio della religione poi concedette loro di erigere proprie chiese, e consentì che nelle medesime provvedessero al culto divino secondo il rito romano e con proprio clero. 11 perchè gli atti nostri fanno menzione delle chiese di san Clemente e di san Francesco in quella terra, e molto più spesso ancora di quella di san Michele (3) Peyrae protector et patronus, come dice lo Stella ('*). Ed il Preposito della chiesa di san Michele, che certo fu la più antica, era appunto il Vicario Generale dell’ Arcivescovo di Genova nella colonia. Se non che i veneziani indispettirti di queste concessioni, e molto più sdegnati perchè Andronico II, figlio e successore di Michele, seguitasse le orme del padre nel favorire i genovesi, mandavano una loro flotta ad assaltare i possedimenti di questi ultimi (1296), e fra gli altri 0 Ved. Acinelli, Stalo presente ecc., pag. 177-78; Id., Storii di Corsica, MS. della Civico-Beriana, voi. I, pag. 103 e 183. (*) Lib. Jur., I. 1350. (*) Arch. Gov. Pandette Richeriane. (') Stella, Amai. col. 1113; IIeyd, Le colonie commerciali degli italiani ecc., I. 357. Le Pandette precitate ricordano in Calala la chiesa di santa Maria. ( 3'io ; Pera tuttavia sprovveduta di mura e ripari ('). I genovesi fuggirono a Costantinopoli; ma l’ammiraglio Ruggero Morosini devastò i dintorni e abbruciò gli edifizi della colonia, che però fu in seguito rifabbricata, levandosi ad estensione ed importanza maggiori (2). Nè in cotanto furore di distruzione venne risparmiata la chiesa di san Michele, cui l’arcivescovo Jacopo da Varagine avea tre anni avanti commessa alle cure di un prete Pagano di Caranza. Però avendo i genovesi risoluto di riparare al danno con altro tempio da erigere nelle circostanze dell’antico (e sì il fecero sollecitamente), l’Arcivescovo medesimo affrettavasi a sua volta a dichiarare anche sopra di questo la propria giurisdizione, e dell’ amministrazione dello stesso investiva per dieci anni un prete Aldebrando di Corvara (1297), coll’obbligo di un censo variabile da 50 a 30 lire a seconda dei casi preveduti nell’ apposito istrumento (ri). Ma qua- 0 Jacob, a Varagine, Chron., col. 56. Sequenti vero anno (1296), veneti . . . quamdam terram ianucnsium nomine Peram, quae erat iuxta Constantinopolim, omnino immunitam, destruxerunt. (2) Heyd, I. 338-41. C) Archivio Notarile: Notulario di Stefano di Corrado di Lavagna ed altri, dal 1292 al 1297, car. 82 verso e 83 recto. ^ In nomine domini amen. Cam ecclesia capelle sancti michielis depeyra prope constanti nopolim in imperio romanie. que ad mensam nostram spectabat, devastata et fonditus dirupta sit. et in dicto loco de peyra ianue aliqui non habitent. et propterea locatio facta per nos fratrem iacobum dei et apostolice sedis gra'ia ianuensem archiepiscoptm presbitero pagano de carancia capellano ecclesie , ianuensis de dicta capella iuxta tenorem instrumenti publici scripti manu sti-phani conradi de lauania notarii MCCLXXXXUl die XVI iulii finita sit seu ulterius non duret de iure, ut percepimus et cognouimus. prius habito super hoc consilio quampluriutn iurisperitorum. et ad nostram noticiam devenit quod ianuenses qui uti et conuersari intendunt mercandi causa et pro aliis diuersis negociis in imperio romanie intendunt vel in peyra vel aliquo seu aliquibus locis ipsius imperii de nouo construere ecclesiam aliquam ad quam acceuant et consuetudinem liabeant pro audiendis diuinis et percipiendis a rectore seu ( 5J)(ì ) lunque ne sieno stato poi lo cagioni, certo è che Allibrando non durò nel governo affidatogli per tutto lo spazio di tempo che fu stipulato; conciossiachò leg- administractore ipsius ecclesie de nono edificando ecclesiasticis sacra» entis, et edam edificauerint in constantinopoli. nos dictus frater iacobus dei ct apostolico sedis gratia ianuensis archipiscopus volentes diete ecclesie de nouo construende seu hedificande per iunuenses in peijra vel in aliquo seu aliquibus locis dicti imperii seu et edam edificate in const mtinopoli. et que ad nostram mensam spectare debet et spectat sicut dicta capella sancti micluuiis spectabat, prouidere de ca-pollano seu vicario usque ad annos decem proximos, conferimus tibi presbitero aldebrando de sarzana lunensis diocesis administrationem dicte ecclesie de nono edificande seu edificate ut supra seu vicarie ipsius, ct te capellanum seu vicarium nostrum in ecclesia predicta facimus, et tibi de ipsis prouidemus usque ad dictum tempus, committentes tibi curam et administrationem in spiritualibus et temporalibus ipsius ecclesie, ac te de prodictis presencialitor por annullivi nostrum inuestimus usque ad dictum tempus, reseruato nobis et successoribus nostris et palacio ianue annuo censu nobis et successoribus nostris annis singulis . ianue in palacio nostro in kalondis aprilis persoluendo secundum tenorem instrumenti qui statini post istud fiet manu notarii infrascripti. Actum ianue in palacio archiepiscopali, anno domincie natiuitatis MCCLXXXXVll. indicione nona, die XXII ianuarii. inter nonam et vesperas, presenlibus fratre pascale et fratre opecino petrela de ordine predicatorum. presbitero enrico clerico dicti palacii et conrado proposito ecclesie sancte marie magdalenc ianue. In nomine domini amen. Ego presbitor aldebrandus de sarzana lunensis diocesis capellanus siue vicarius institutus usque ad decem annos in ecclesia de nouo constructa in constantinopoli siue que de nouo construi debet per ianuenses in loco pegre siue in aliquo loco imperii romanie de qua institutione constat per instrumentum publicum scriptum manu mei stepliani notarii infrascripti modo paulo ante, confiteor vobis domino fratri iacobo dei et apostolice sedis gratia ianuensi archiepiscopo me vobis dare debere nomine census diete ecclesie ad mensam vestram pertinentis alteram ex quantitatibus infrascriptis quolibet anno durante tempore constitutionis de me facte in dicta ecclesia secundum formam dicti instrumenti, habita distinctione status et condictionis qui et que ei'unt inter comune et liomines ianue ex una parte et comune et homines lene-ciurum ex altera pro ut dicetur, quare promitto ct conuenio vobis dare ct soluere kalendis aprilis. duranto tamen tempore diete institutionis de me facte, libras triginta ianue nomine c nsus dicte ecclesie, et hoc quandiu conuenta duraverint mter dicta comunia seu liomines ilictorum coniunium. rei alias ianuenses ibi ( 357 ) giamo come del 1303 presbiter (xiiaìlerius de Vezano preposihts ecclesie sancii Michaelis de Peyra, et in dicto loco prò domino Archiepiscopo Januensi in spiritualibus vicanus generalis, intervenisse all’atto di delimitazione dei confini del luogo di Galata, cui il Greco Imperatore avea donato ai genovesi ('). La giurisdizione dei nostri Arcivescovi su Pera ci dà pure la ragione chiarissima del perchè negli Statuti onde il Comune di Genova provvide al reggimento di quella colonia, si trovi inserito il'capitolo delle costituzioni sinodali cui il ridetto Jacopo da Varagine aveva emanato rispetto ai chierici che deponeano l’abito ecclesiastico, e che fu confermato da Forchetto Spinola di lui successore (-). securi starent, in eum casum (sic) promitto et conuenio vobis dare et soluere vobis vel vestro nuncio seu palacio vestro in ciuitate ianue quolibet anno in kalendis aprilis predictis in vita mea et quandiu durauerit dictum tempus dicte institutionis de ine facte, et pax .seum treuga durauerit inter dieta comunia. libras quinquaginta ianue nomime census dicte ecclesie, que omnia et singula ut supra promitto et conuenio vobis stipulanti pro vobis et successoribus vestns al endere compiere et obseruare et in nullo contravenire, alioquin penam dupli de quanto et quociens contrafieret et non observaretur vobis nomine quo supra ■stipulanti dare promitto, ratis manentibus supradictis. pro quibus omnibus et singulis firmiter obseruandis vobis nomine quo supra pignori obligo omnia bona mea liabita et% habenda, et reficere dampna et expensas que propter ea fierent. Actum ianue in palacio archiepiscopali, anno dominice na iuitati.s MCCLAAAA1II. indicione nona, die AA'II ienuarii. inter nonam et vesperas, presentibus testibus fratre pascale et fratre opecino petrela de ordine predicatorvm. presbitero en-rico di caste II io no clerico dicti palacii. et conrado proposito ecclesie sancte mane magdalene ianue. Questi due istrumenti sono citati rial Montaldo nell operetta .Sacia Ligustici Coeli si/dera, pag. 66. (*) Lib. Jur. //, 438. 445. (’) Ved. Statuti Genovesi, ecc., pubblicati dal eli. Vincenzo Promis, pag. 213. Nella intestazione del dotto capitolo si nota che il medesimo in constitutionibus factis per bone memorie dominum fratrem Jacobum archiepiscopum ianuen-sem . . . reperitili’; ma poscia si afferma extractum . . . de actis publicis curie ( 51)8 ) \ i. Rientriamo ora nei limiti più ordinarii del nostro A escovato; e pigliando a trattare del suo confine settentrionale e longitudinale, notiamo come questo fosse posseduto in ispecie dai Malaspina, discendenti da Oberto primo marchese conosciuto della Liguria. Del resto subì aneli esso varii ondeggiamenti; e valicati assai da antico gli ultimi lembi del Comitato Genovese, inoltrossi in quello di Tortona, dove ebbe, prima d’ogni altra, la Pieve di Caranza. La quale Pieve è da ritenere come parte del cosi detto Patrimonio delle Alpi Cozie, i cui beni, secondo notò il prelodato Desimoni, « trovansi sempre avere lor sede principale ai margini, o al mare e ai promontorii, o lungo la spina dorsale appennina, o nei più lunghi e rilevati contrafforti che legano l’Appennino al mare » ('). Ora siccome di questi beni i Pontefici lurono usi di lasciar godere i Vescovi delle Diocesi propinque, impoverite dalle incursioni saraceniche (2), così noi stimiamo che da simile consuetudine appunto proceda la giurisdizione esercitata dai Vescovi Genovesi sulla Pieve anzidetta, nonché il godimento di alcune proprietà site in quelle vicinanze (3). Certo è che i più domini archiepiscopi ianue MGCLXXXVIIII. Ora qui vuoisi emendare un errore troppo manifesto, il quale, a nostro avviso, consiste tutto nello scambio «li una cifra; per modo che dove era scritto MCCLXXXXIIII il poro attento amanuense che vergò il codice di cui si giovò il eh. Promis lesso invece il millesimo sopra riferito. D’altronde è note che il Varagine non fu creato arcivescovo innanzi al 1292, e elio la riunione della Sinodo Provinciale fu uno degli atti che illustrarono i primi anni del suo prudente ed evangelico governo. (') Atti, III. 610. (*) Id., pag. 611. (5) Talvolta anche la concessione dei beni costituenti il detto Patrimonio fu di semplice usufrutto. Di che ci avvertono più terre e castella della Liguria occidentale, le quali godute per molti secoli dai Voscovali d’Albenga, di Noli e di Savona, furono poi noi 130;} da papa Urbano VI cedute alla Repubblica (Jurium, II. 1038. ( 559 ) vetusti documenti ci mostrano i nostri Vescovi in possesso di tali beni; e quei documenti si discostano ben poco dagli anni a cui la tradizione e i vaghi accenni di qualche cronista ascrivono le furibonde scorrerie de’ mussulmani nella Liguria marittima ('). (') Brg., pag. 387, 413,416,418,435.— « I Malaspina, prosegue il cav. De-simoni, possedevano una sterminata striscia di territorio lungo il dorso appen- nino ligure dall’estrema Lunigiana all’estremo Tortonese.....I frastagli che interrompono qua e là tale catena, o sono donazioni imperiali a vescovi e monasteri, o sono infeudazioni a vassalli, . . . i quali poi si emanciparono dai Marchesi e divennero Signori » (Atti, III. 613). Cosi il Vescovato di Bobbio, sottentrato al celebre monastero di san Colombano (a. 1014), sedea quivi sulla vasta ed alpestre solitudine, la quale separava non solo i Comitati di Genova, di Tortona e di Piacenza, ma faceva altresi una lunga punta a meriggio verso il mare, estendendo per tal guisa la propria giurisdizione a tutta la valle di Borzonasca (Id., 612). Ma a proposito di quel monastero dobbiamo notare come lo stesso fosse dai Carolingi arricchito di assai beni posti eziandio entro i confini del Vescovato di Genova; di che fanno fede più diplomi inseriti nell’ Ughelli, nel Rossetti e nel volume I Chartarum ; i quali sebbene alterati forse in quanto spetta alla forma, sono però veri nella sostanza. Coll’uno di essi, che è del 5 giugno 774, Carlo Magno comprende siffatti beni nei limiti seguenti: Incipiens ... de riuo de casa veteri ascendit per costam in summitate cuchari minoris super casalegri integra via. Per transuersum in cerasiolam ubi bauciola vocatur, quo terminus fixus est aqtte. inde descendente in capite ferratum usque ad mare. Ex alio quoque latere habens rimivi finalem descendentem-de monte lungo intrantem in mare. Vergit antem ab Itine finis a petra corice per summitatem coste in via publica-, ibique terminus stat. DescendiUjue per finem montis petroni per summam costam a valicula que noncupatur castanetum vilici. descendens in viarn que cducit ad petram corici iusta montem in nauasco. caditque in aliam viam publicam que vadit ad castellionem. indeque repricat se abisum iuxta montem inceruos insignitum cruce et per transuersum finem sancti michaelis exeuntem de flumine perturio ad fines montis arimannorum super obuetum que est via publica iuxta montem per canetum usque a pirum agres- stem (Chartarum, I. 22). Abbenchè l’insieme di questo documento sia molto intricato, se ne rileva però quanto basta per comprendere che i beni di cui si tratta si distendevano dalla Valle di Aveto al mare. Del resto, ove la Casa veteri potesse riscontrarsi nella moderna Chiesti fredda (di che non ci firemo mallevadori), il suo ii\o ( 3 Gl) ) Già osservammo altrove, come la Pieve di Caranza potesse rispondere al moderno Vicariato di Mongiar- sarobbo quollo che corro a ponente di quest’ ultima o chiamasi Rio Scanna-gallo. Che da Chiesa fredda si salga por costa a Casaroggio (Casalegri), ognun lo vode sol che guardi alla Carta ; ma il monto Cuccaro, o Zuccaro minore, più non si troya. Tuttavia il documonto è qui assai esplicito, indicandolo sopra Casareqgio; e noi abbiamo una riprova della sua esistenza nel monte delle Rocche dello Zucchero, il quale riesce a mezzogiorno del luogo stesso, e ci conduce a ritenerlo siccome il Cuccaro maggiore. Scendendo poi da Casareggio si incontra Cerisola (in Ceresiolam), da cui brovemonto dista verso levante il Colmo di Boccio (ubi Bauciola dicitur). E qui terminus fìxus est atjue: ossia noi torrente Gramizza, che scorre a settentrione di Boccio. Proseguendo poi la discesa, s’incontra il Capo Ferrala presso lo Starla; seguitando il quale, o continuando poscia per 1’ Entella, si giunge presso Chiavari al mare. Da un altro Iato i beni in questione veggensi limitati da un rivo finale, che ò nome generico di tutte le acque di confine, come già notò il eli. Desimoni (Atti, III. 613), ma che qui è da ritenere per quello elio discende dal prolungamento (Monte Longo) del Rondinara, appellato Costa finale, che è limite a mezzodi della pieve di Rovegno ed insieme del Vescovato di Tortona, o di cui perciò parleremo anche in appresso. Dirigesi quindi il confino stesso a Pietra corice (il monte san Nicolò già dotto più innanzi), donde salisce per costa fino all’incontro di una via pubblica; ridiscende pel monte da cui sgorga il torrente Petronia (il qual monte è oggi chiamato dello Cento Croci; ved. Reg., pag. 689), procede verso ponente a Valicala (l’attuale monte Varisella), o discende ancora un’ altra volta verso mezzodì ove è Massasco (Nuuasco). Dal quale punto dirigendo poi a levante, incontrasi Castiglione; e di bel nuovo riaccostandosi al monte san Nicolò, si scorge al disotto del medesimo i! monte del Corvo Imontem inceruos), non lungi dal quale, traversando a ponente, sorge la chiesa di san Michele di Mezema (per transversum finem sancti Micliarlis). Quanto al manie dejli Arimanni, la sua denominazione fu troppo comune in antico, e troppo mutata col volgere dei secoli, perchè noi possiamo affaticarci utilmente nel rintracciarlo (Ved. Carte dello Stato Maggiore, num. 68, 69,77). Con diploma poi del 972 (Ugiielli, IV. 972; Rossetti, Bobbio illustralo, I. 144), l’imperatore Ottone I conformava al monastero di Bobbio molte corti, ville e castella; fra le quali: medietatem curtis de Oramala (Oramala, in Val di Trebbia, presso i confini del già Ducato di Parma e Piacenza), cut lem (le Cluuereza, curtem de Nuceto) Clavarezza e Noceto, rettorie nel Vicariato di Vobbia), castrum de Oneto (Oneto, villaggio dell’antico Governo di Chiavari, nel Quartiere della Cappella di Valle Lavagna), . . . curtem de Turrigio (Tor-riglia), curtem de Carrello (Car e gli, o Carreggi, villaggio del Governo pre- ( 361 ) clino ('). Ma ora aggiungeremo che essa estendeva la propria giurisdizione anche alle diverse parrocchie che al presente compongono il A;icariato di Vobbia, il quale inlatti è d’assai più moderna costituzione ('). Imperocché l’ottimo collega nostro prof. Alessandro Wolf, grandemente benemerito degli studi riguardanti la topografia ecclesiastica delle Diocesi di Tortona e di Piacenza, ci fa cortesemente osservare che la vetusta chiesa pievana sarebbesi elevata propriamente un miglio al sud di Mon-giardino, e presso che sulla cima del giogo il quale divide le. acque della Sisola da quella della Vobbia, ossia ad un bel circa nella posizione medesima dove la Carta dello dolio, in Val di Sturla), .... curtem de Grauiliu (Graveg'.ia, sul torrente omonimo nella Valle sovra citala), villam que dicitur Barbegia (San Colombano di Bembeggi, sull’Entella), curtem . . . Vignalis ( Vignale nella Valle di Lavagna ), . . . villam que dicitur Carsascum ( Carasco, sulla sinistra del-I’Entella), villam de Rimgi (Romaggi, rettoria nel Vicariato di Leivi), villani que dicitur Omanalium (Canaualiiffn ?, Canevak, rettoria nel Vicariato di Ci-cagna), villam que dicitur Ripus (Reppia, sul Graveglia), villani (pie dicitur Capellona ( Cape rana, rettoria del Vicariato di Cliiavari), villam que dicitur Riuarolus (Riv troia, all’unione dei fiumi Lavagna e Sturla), villam que dicitur Themoso ( Temossi, rettoria nel Vicariato di Borzone), villam que dicitur Bu-tiguarihum (c nel Rossetti Butignanum; Agognarti a settentrione di Sopra la Croce?), villam que dicitur Super Crucem (villaggio in quel di Borzonasca, noto specialmente per le sue acque minerali), et ea que eidem monasterio pertinent in villa de Bronzano in finibus Lauanie (Borsone, giàt abbazia di cisterciensi ed oggi Vicariato , presso le origini dello Sturla). Tralascio altri atti, ccl accenno appena ad un nuovo diploma imperiale del 982, dove tra i confini longitudinali di altre proprietà di Bobbio si noverano il Graveglia e Fossa Lupara, non lungi da Sestri (Ughelli, IV. 974); ma soggiungo una notizia ctie ha per noi importanza maggiore, cipè che il monastero anzidetto avea pur beni nella città stessa di Genova (Veti. Chartarum I, 82, 88, 106; Ughelli, IV., 9(i6-67-69-7i>). (') Reg., pag. 682. (■) Nella lassa di papa Urbano VI, le chiese di questo Vicariato sono tuttavia sottoposte alla l'Icbs de Moniardino. ( 302 ) Stato Maggiore (') colloca le sorgenti del Rio Precunza. Il qual nome è certa*sincope di Pietra Caranza, come ce Io indicano le consimili denominazioni selvatiche desunte dall indole petrosa del terreno, per cui, ad esempio, di Pietra calante e Pietra bissar a, si fece nel nostro dialetto Precante e Prebiscèa (-). Di più il luogo dova, secondo la tradizione, sorgea la Pieve, è oggi ancora segnato da una croce; e le processioni della parrocchia di Mongiardino, al tempo delle rogazioni o d’altre festività, vi si recano sempre a commemorazione evidente dell’antica chiesa matrice. Che se poi dovessimo segnare un’epoca al trasferimento del pievato da Caranza a Mongiardino, questa a noi parrebbe da riconoscere verso i principii del secolo XIV, giacché in un atto def 1240 si ricorda tuttavia l’Arciprete de Curando, ed in altro del 1295 si nomina presbiter Rezanus de Carantia (3) mentre in due rogiti del 1322 e 1335 la nuova denominazione de Moniardino non sembra fatta ancora così ferma e generalo da avere onninamente preso il luogo dell’antica, ravvisandosi necessario l’associare in unó i due appellativi (4). Le parrocchie che compongono il Vicariato di Mongiardino s e quasi circondano l’arcipre-tura di san Giovanni Battista, sono quelle di Vergagni-Grattona, Cerendero e Salata, cui fanno seguito le altre di Arezzo, Clavarezza, Noceto, Vallenzona e Vobbia, (') Foglio 62. (*) Atti, III. 671, 689. (®) Cod. ms. presso il cIk Grassi, fol. 179 verso. Del prole Ilezano si ha poi notizia in atto del 27 gennaio I29ii, a rogito del notaro Jacopuccio di Be-donia (Archivio di questa Pieve), ovo si dice canonicus plebis de Redonia, et procurator totius Capituli diete plebis ( Da Memorie mss. del prof. Alessandro Wolf, sullo Pievi Piacentine). (‘) Ved. Rea., pag. 682. ( oG3 ) componenti il già detto Vicariato di quest* ultimo nome. Ma qui notiamo come tutto il gruppo di tali parrocchie sia stretto in giro da chiese tortonesi ; nè vada connesso al corpo della nostra Diocesi altrimenti che per una angusta lingua di terra, la quale si stende a ponente verso Isola del Cantone. VII. Ma all’infuori della Pieve di Caranza, il cui territorio durò lunga pezza affatto staccato dal corpo della Diocesi Genovese, rileviamo ancora col socio Wolf come il confine antico di essa Diocesi colla Tortonese corresse già lungo il ciglio di quella catena dell’Appennino che forma lo spartiacqua fra la Riviera Ligure ed il Bacino del Po. Il quale confine poi, dirigendosi da ponente a levante, giugneva sino alle falde del monte Penna, allo incontro della parrocchia di Sopra la Croce in prossimità delle sorgenti della Borzonasca, a cui per altra direzione mettea pur capo il Vescovato di Piacenza. (') Esaminando infatti le carte topografiche, non si tarda a scorgere il pendio settentrionale dell’ anzidetta catena distribuito in quattro pievi, le quali indubbiamente di-pendeano allora da Tortona; e sono quelle di Rovegno, Casella, Geta (-) e Silvano-Adorno (3). Cosi il Plebatus lioveniae è enunciato in un Breve di papa Innocenzo III del 1198 come uno dei punti di confine della Diocesi Tortonese; ed il Rondanaria, che allo stesso (') Risulta por documanti elio Santo Stefano d’ Aveto (oggi «oggetto al Vescovato di Bobbio) era ancora nel secolo XVI parrocchia tortonese. Cosi pure i luoghi di Alpepiana, Alpicolla, Allegrezze ed altri di \ al d’Aveto, già posseduti dal monastero di san Pietro in Ciel d’oro, vengono ascritti in più diplomi di questo al Comitato Tortonese. (’) Oggi Borgo de’ Pomari. (s) Silvano d’Orba, e più anticamente Prclio. ( 304 ) oggetto è pur nominato nel documento medesimo, è da credere non sia diverso dal monte Rondinara che si intontì a alle sorgenti delTAveto ('). Nò riuscirà fuor di pioposito 1 attribuire una qualche importanza alla denominazione di Costa finale, con cui tuttora si distingue il prolungamento di questo monte verso occidente: denominazione già ricordata in un diploma imperiale del 932, confermativo dei possedimenti che il monastero pa\ese di san Pietro in Ciel d’oro avea nel vicino vil-laggio d Alpepiana (-). Imperocché la Costa finale rammenta gli ad fmes, che, a proposito dei territorii municipali, si incontrano negli Itinerarii e nella Tavola 1 entingeriana. Siccome poi la Pieìve di Rovegno abbracciò fino al secolo X\ II anche Torriglia (3); ed anzi, giusta un verbale di visita pastorale del 1604 e gli atti del Si-nodo fortonese del 1614, si estese fino a Caorsi e Laccio; cosi tutto collima a far supporre chelimite fra questa Pieve e l’altra di Casella sia stato quel contrafforte, il quale, correndo da nord a sud, congiunge il monte Antola col monte Scoffèra, e divide la Valle della Trebbia da quella della Scrivia. i} Ved. Bottazzi, Monum. dell’ Archivio Capitolare di Tortona. ( ) Confi) mamus . . . Curtem que Atpeplana dicitur . . . descendente . . . in fluuìo Trebia, admontante per Jluuio ad Costam finalem, et exinde per summum iugum exiente in Cruce ferrea, comprehendente fines sancte Marie usque in fluiuo Auanto (Muratori, Antiquit. Ital. m. aevi, VI. 65). Anche Alpepiana, oggi dipendente dalla Chiesa di Bobbio, rilevò in antico da Tortona, •orne parte della Pieve di san Marziano di Ottone. Ma in appresso fu essa me-esima capo di «na Pieve, con dirilto però ai monaci di san Pietro in Ciel oro di nominarvi I arciprete, come risulta da un rogito del notaro Antonio nelli del 27 maggi,) 1332 nell Archivio della Curia Tortonese. Erano pure sog-g tc al Ve, ovato di lortona, giusta la Sinodo del 1614, le tre parrocchie di °'°’ Pr‘osa < Cabanne, oggi dipendenti da Bobbio; e secondo un verbale ' visite pastorale del 1366 lo era del pari la chiesa di Barbagelata (Ms. Wolf). ) D. qu^to fatto in Torriglia è tuttora molto viva la tradizione. ( 365 ) Scendendo quindi da questo contrafforte e procedendo verso occidente, si entra nel Pievato di Caselia, le chiese del quale onde si hanno più antiche notizie sono quelle di Savignone e Montobbio. Rispetto alla prima il Bot-tazzi cita una bolla di papa Marino, dell’883, dove il monastero di san Pietro di Savignone è dichiarato in Episcopatu Terdonensi (*); ed altre se ne hanno di Adriano IV (1157) e d’Alessandro III (1161), donde si evince la medesima cosa (2). Oltrecchè in più documenti Savignone comparisce anche civilmente soggetto a Tortona, a cui perciò i Signori di esso (1207 e 1210) prestano omaggio (3) ; ed una disposizione statutaria del 1329 proibisce loro di vendere, senza il consentimento del Consiglio di Tortona, i beni e pedaggi onde godono (4). Che poi Montobbio, il quale è oggi sottoposto alla Chiesa di Genova e capo di un Vicariato, abbia in antico rilevato da quella di Tortona, è fatto certo si dalle bolle ora dette di Adriano IV ed Alessandro III, e si dall’altra già prima citata d’Innocenzo III, dove è pur noverato come altro dei punti di estremo confine della Diocesi (r>). E quanto al suo passaggio nella dipendenza di Genova, la quale sino dal 1215 ne avea presi in protezione il Signore gli abitatori (6), esso avvenne forse nello stesso secolo XIII, ma certo dopo il 1232. Difatti , alla data del 31 maggio di tale anno si ha un rogito di Nicolò Beccaria, in forza del quale Opizzo di'Montobbio promettendo ad Ansaldo De Mari di ven- (l) Bottazzi, Antichità Tortonesi, pag. 22i; Ballar. Boni., I. 223. (*) Id. Op. cit., pag. 245; o Monuin. dell’ Archivio Capitolare di Tortona. (5) Cgsta, Chartarium Derthoncnsc, pag. 107 e 117. (*) ms. woir. (s) Bottazzi, Montini, cit. (*) Lib. Jur., I. oli. ( 3GG ) 'Itigli per lire 1150 di Genova la metà di quella villae e castello, pervenutagli a seguito di divisione fra lui c suo fiatello Oberto, dichiara che essa vendita compiendo cosi i beni allodiali come quelli che tiene in feudo fa escovo di Tortona, il cui assentimento s’impegna pei ciò di ottenere ('). Se non che due altri atti di non molto po^tei iori rammentano Pietro (1241,17 gennaio) ed Jacopo ~o4, 13 giugno) arcipreti Plebis de Montobio (2); e siccome a questa indicazione non segue l’altra della Diocesi, per costante consuetudine notata in simili documenti sempre c ic non trattisi della Genovese (3), così noi ne togliamo ai0omento a supporre che appunto nel breve spazio t i ascoi so dal 1235 al 1241 siasi operata la traslazione della detta Pieve dalla Chiesa di Tortona alla nostra. a cei to }Jfù chiare prove ne incontriamo' poi nel secolo successivo; perchè della Pieve di Montobbio è parola nel più volte citato riparto della Tassa di Urbano VI, nonché in certo rogito donde si ha lingua di un altro de’suoi arcipreti, che fu Giovanni di Lorando (4). "V III. Della Pieve di Geta incontriamo poi di riflesso nei patrii Annali le più antiche notizie. Conciossiachè i genovesi, poich’ebbero costituito il Comune, valicarono ben presto il giogo appennino (1121), impadronendosi delle O Archivio Notarile di Genova : Atti di Nicolò Beccaria. O Ibid. Notulario di Giovanni Vegio, ann. 1253-64 ; Id. di Angelino da Sestri, ann. 1268-69, ed altri anni diversi. (3) D'ratti in altri rogiti dalla stessa età : Ecclesiae plebis de Olono et plebi; de Vai zi Terdonensis Diocesis (Arch.Gov., Pandette Richeriane: Indice dei fo-gliazzi I e If, pag. 85 verso). (4) Archivio Capitolare di Tortona: Atto 30 maggio 1387, a rogito del notaio Giovanni di Vercelli, con cui Stefano di Malabaila, abate di san Marcano di Tortona, conferisce a prete Antonio di Lorando la chiesa di sant’0- ■ ato di loriiglia, imponentes presbitero Johanni de Lorando archipresbitero # ( 307 ) castella di Fiacone, Chiappino (sul monte omonimo), Mondasco e Pietra bissara, e di quella parte di Val di Scrivia la cui giogaia era appunto da siffatte castella coronata e difesa. In riva al fiume le ville di Ronco e di Carnpolungo, che poi si confuse con Isola del Cantone, erano sorte per fermo da brevissimo tempo (che i i loro nomi ce ne stanno mallevadori), e forse il Borgo che fu poi detto de’ Fornari (*) non era ancora composto. Quivi presso sorgea però la chiesa di santa Maria ; e fu essa die allora abbracciò sotto la giurisdizione di pie— liana tutti i luoghi testé nominati. E chiesa e Pieve, alle quali va oggi associato il nome del detto Borgo, venivano allora distinte col nome di Ceta, dalla propinqua montagna ora detta del Rivale (munte du Riva), per lo cui mezzo si accede in galleria alla villa già mentovata di Ronco. Se non che di essa Pieve, taciono affatto, plebis sancti Johannis de Montobio, Diocesis Januensis, quatinus nostri pari ' et auctoritate ipsum presbiterum Antonium inducat et ponat in possessionem corpora'em ipsius ecclesie t ini in spiritualibus quam in temporalibus (Ms. Wolf). Opina del resto il eh. Wolf die Montobbio, durante la sua dipendenza da Tortona, non fosse già Plebato, ma rilevasse invece da Casella; e si appoggia al fatto, che nella mentovata bolla del 1198 la qualifica di Pieve data a Ro-vegno ed a più altre chiese in essa ricordate, non è punto attribuita a Montobbio. Noi crediamo poi ch9 questa opinione si possa avvalorare eziandio con un altro fatto: quello cioè delle chiese di Pareto e Senarega, le solo che la Tassa del 1387 chiarisca sottoposte a Montobbio. Ora la somma scarsità delle dipendenze è certamente indizio della istituzione non antica di questa Pieve. (') Venne cosi chiamato, dacché questa famiglia ne ebbe la signoria, passata quindi negli Spinola, che dominarono anche a Busalla. Nel 1253 .Nicolò Spinola del qm. Guglielmo a nome suo e dei suoi fratelli, nonché da parte dei nipoti figli del qni. Andreolo Spinola, comperava da Giovanni marchese di Gavi del qm. Opiz-zone, sextam decimavi partem pro indiviso de Urrà seu tenuta que dicitur Agrumfolietum. prò qua sextaderinia parte dantur annuatium voi. AI pa- pienses.....item octavam partem decime siue iuris percipiendi fructus decime que co'lùjitur in Insula et Campolonfjo (bollila) io di Bai tolomeo Fornai i, ann. 1233. Ardi. Not.) ( 568 ) per testimonianza del Wòlf, le carte tortonesije però a noi sembra doversene argomentare che al dominio poetico abbia in siliatti luoghi tenuto dietro la giurisdizione del A escovo Genovese, eccettuata soltanto Pietra-ìssaia, la cui cappella di santa Croce troviamo che ri-velava ancora nel J614 da quello di Tortona, e facea parte della Pieve di Serravalle ('). . un documento del 1127 si ha poi indizio che tale giurisdizione già si estendeva lungo la Scrivia sino ai-accennata villa di Ronco. Imperocché, fra i Consoli ( i Teneva ed i Signori di Piobbeto (2) essendo nata contesa circa la percezione delle decime della montatola predetta, per ciò che riguardava il tenimento di onco, fu deciso che i genovesi pagherebbero a quei Signoii dieci lire di denari bruniti, e d’altre otto soddisfai ebbero al Vescovo di Tortona, dal quale i medesimi teneano verisimilmente queste decime in feudo. In appresso però tutte le decime di Ceta dividerebbonsi por metà; ed il Comune di Genova potrebbe disporne come toli piacesse meglio, senza che ulteriormente gli corresse onere alcuno (3). 0 Ms. Wolf. Oggi il Vicariato del Borgo-Fornari ha aggiunto alle chiese di so a e di Bonco, le altre di Vallecalda, Busalla, Rigoroso e Tegli. Ala Bussila (i*3 p161* ^’^en^ea tuttavia dal Vescovo di Tortona, facendo parto della Pieve 1 Casella (Ms. cit.), e lìigoroso era soggetto alla Prevostura di Voltaggio, alla pia e di presente spetta invece Fiacone. Vallecalda e Tegli sono poi, relativamente alle già dette, parrocchie di moderna istituzione ( ) 11 nome di Piobbeto (Pobleto, e nella stampa del Liber Jurium erronea-jiente P Ioni boto) si trova applicato nei documenti tortonesi del secolo XIV, ve- 1 dal eli. Wolf, ora a tutta la Valle della Borbera, ed ora soltanto ai dintorni noderrio Bori/lietto. I Signori di Piobbeto sono perciò identici coi più noti Rati-Opizzoni. Usn/lim \'"m’ *' 29‘ , n a*lr0 pronunciato da Guglielmo Pevere ed Oberto ma'e fi quali tennero il Consolato nel 1131; avea poi stabilito che la ( 569 ) IX. E notevole che questa divisione dovendo farsi a giudizio di arbitri, o periti della località, le parti dichiararono ne sceglierebbero due di Fiacone e due di Voltaggio. E circa il castello di quest’ultimo nome avvertiamo che sebbene il documento del 1387 già ricordato ci additi la sua chiesa come pievana, pure a’tempi onde noi ragioniamo è da stimare che essa fosse invece soggetta a quella di Gavi ('). Conciossiachè non vuoisi dimenticare che Voltaggio fe’ parte in antico di quel Marchesato, che ondeggiò un secolo fra Genova e Tortona, e dal marchese Alberto fu venduto a’genovesi nel 1121 (2). E siccome una bolla di Onorio III onde più sotto diremo, ci insegna che la Pieve summen-tovata aveva una estensione molto considerevole, cosi noi entriamo in sospetto che la medesima abbracciasse in origine la intera città giudiziaria, ossia tutto quanto sedicesima parte del raccolto di tutto il grosso bosco di Ceta, a iuuo in intus in Cela (cioè verso Genova), fosse dovuto al Comune, raccogliendolo per esso i castellani di Fiacone. Se non che di ciò mossero poi lite nel 1137 con più altri la figlia di Ottone Fornari, allegando che una tale sentenza era stata riconosciuta ingiusta e perciò annullata da quelli stessi che l’aveano pronunciata (Jurium, 1. o2). (*) La primitiva chiesa plebana di Gavi era intitolata a santa Maria, e sorgeva a ponente e un tre quarti d’ora distante da questo paese, in una penisola sulla sponda sinistra del Lemmo lungo la strada per cui si va a Castelletto d’Orba. Essa era tuttavia molto fiorente nel secolo XIV, perchè nella Tassa del 1387 figura tra quelle che avendo buona copia di rendite furono maggiormente colpite.*Ma nel 1582 era quasi già abbandonata; conciossiachè monsignor Francesco Bosio, vescovo di Novara e visitatore apostolico, disponeva: Altare maius solidum fiat, alia duo lateralia diruantur. Ecclesia semper chiusa retineatur, praeter certis diebus quibus populi devotione ad eam est concursus (ved. Synodi Diocesanae et provinciales etc. S. Genuensis Ecclesiae etc., pag. 213. Oggi poi di tale edificio rimangono appena le mura principali; ma i beni che lo circondano sono tuttavia proprietà della Mensa Parrocchiale, ed il luogo continua ad essere distinto col nome di Pieve. (’) Caffari Annales, a. 1121. ( 370 ) il Marchesato in discorso. 11 quale poi* non vi ha dubbio che nell’epoca sua migliore comprese tutto quel territorio che oggi si distribuisce nei tre Vicariati di Voltaggio, Gavi e Parodi; e forma l’insieme del Mandamento, che corre fino alla Bocchetta del Giogo cui sovrasta il Bricco Bastia, alla cima del quale si dà nome di monte Resta o delle Reste. E qui entra di bel nuovo in campo la bolla già mentovata di papa Innocenzo III (1198), la quale novera appunto come altro de’ confini del Vescovato di Tortona quell’ Ospedale di Resta, che il Desimoni rilevò già probabilmente esistito nel detto monte, presso la chiesa di san Gregorio di che apparisce tuttavia qualche traccia (‘). Trapassando il Lemmo, giungiamo intanto al Piota ed allo Stura, i cui paesi costituiscono la Pieve di Silvano, ultima delle succennate; la quale arrivava già sino a Ronciglione (Rossiglione) (2), ed oggidì fa parte del Vescovato di Acqui. Dalla Bocchetta del Giogo il Mandamento di Gavi procede quindi all’ incontro di quello di Voltri, confinale a sua volta con le terre del Gomitato e Vescovato Savonese per le acque già dette del Lerone. Or dunque, non trovandosi in potestà del Comune di Genova fuorché una breve porzione di quel territorio da cui la Pieve di Gavi doveva essere costituita, è naturale 'che Voltaggio e Fiacone (e con queste eziandio le castella di Chiappino e Mondasco, le quali non ci è noto nè pare probabile avessero cappelle particolari) continuassero tuttavia sotto la spirituale amministrazione del Vescovo di Tortona, da cui appunto rilevava essa Pieve. (’) Atti, III. 543-44. (*) Ms. Wolf. ( 371 ) Anzi ce ne avverte chiaramente un atto del 1130, laddove i Consoli di Genova ingiungono al suddetto marchese Alberto di .Gavi di non molestare homines civitatis Janue eorumque Episcopatus, et homines Vultabii, Fla-conis Montisque alti; i quali precisamente, per essere cosi a parte dichiarati, si vengono ad intendere affatto stranieri al Vescovato Genovese. Del castello poi di Montaldo, presso Arquata, donde ebbe origine la famiglia che diede con più altri soggetti valorosi anche un Doge alla Repubblica, narrano gli Annali che i genovesi s’impadronirono nel 1128; ma nell’atto precitato si afferma eh’ essi veramente ne possedeano soltanto la metà ('). ■Seguitando quindi le creste de’ monti, i genovesi comprarono Aimero, od Amèo (1141), castello oggi distrutto, al di sopra del villaggio di Garosio (2), ma la chiesa del quale si rammenta ancora nel 1387 (3); e poco stante (1148) vi aggiunsero Parodi (4). Strinsero in seguito coi Marchesi di Gavi più convenzioni ; e finalmente (1202-1204) acquistarono dai medesimi colla sede di quel potente Marchesato quanto altro di territorio era tuttavia rimasto nella loro signoria (5). Allora veramente fu il caso di mettere la circoscrizione politica in armonia coll’ecclesiastica; e cosi avvenne che il Comune Genovese e l’arcivescovo Ottone supplicarono indi a poco al Pontefice, perchè consentisse che fra le Chiese di Genova e di Tortona si scambiassero le pievi di Caranza e di Gavi (6). Siccome *(’) Jurium, I. 34. ' (3) Id., I. 73. (5) Ved. la Tassa di Urbano VI. (<) Id., I. 135. (5) Id., I. 482, 490, 519. (8) Reg., pag. 472. ( 572 ) però il Vescovato di Tortona, a motivo della estensione sopra accennata rispetto a Gavi, avrebbe risentita da questo scambio una diminuzione nelle, onoranze e nelle rendite, cosi i genovesi non mancarono di profferirsi al Papa come disposti a que’compensi che si fossero giudicati opportuni. Il perchè Onorio IH, con bolla del 7 dicembre 1217, commetteva all’Abate del li-glieto ed al Preposito de’ canonici mortariensi di ventilare il negozio, con facoltà, se lo stimassero, di dargli esecuzione. Però il cambio non ebbe luogo; o, per dire più giusto, i genovesi ritennero Caranza ed ebbero Gavi. Cosi la bolla rimase lettera morta; e ciò spiega forse la nota che il Podi lesse apposta di mano antica sul dorso di quella pergamena: Non est in Registro, nec est opus; volendosi con ciò indicare che il documento non si vedea trascritto nel Liber Jurium, nè facea d’uopo inserirvelo considerata l’inutilità a cui aveva approdato. X. Indagando poi le ragioni della non effettuata permutazione, tre sono quelle che si affacciano alla nostra mente. La prima è la guerra accesasi poco stante fra gli alessandrini e i tortonesi da una parte, e i genovesi dall’altra (1221), per lo acquisto che questi, di già padroni fino dal 1192 almeno di Pastorana e Tassarolo ('), fatto aveano di Capriata in virtù di piìi atti di compera o dedizione (■). La seconda la deduciamo dalle relazioni di vassallaggio e d’amicizia, che stringeano saldamente a Genova i Signori di Mongiardino; nel qual luogo, secondo il già detto, troviamo appunto la chiesa di san Giovanni Battista subentrata a quella di Caranza negli uflìcii e nelle preroga- (’l Jurium, l. 398. tive del Plebato. imperocché i detti Signori che fino dalle prime deche del secolo XII erano feudatari de’ nostri Arcivescovi («), e tali si professavano di bel nuovo con molta particolarità di circostanze nel 1240 (2), aveano oltre ciò, durante la guerra suaccennata, contratta lega col Comune Genovese ('). La terza ragione finalmente è la elevazione al soglio papale seguita, non molto dopo il ristabilimento della pace, nella persona di un cittadino genovese, Innocenzo IV dei Fieschi. Il quale volendo esaltare la costante devozione onde i nostri lo aveano assistito contro Federigo II di Svevia, e punire ad un tempo i tortonesi della loro adesione alle parti dell’ Impero, con bolla del 3 giugno 1248 sentenziava: che in tutti i castelli e in tutte le terre della Diocesi di Tortona e il Comune di Genova godeva il dominio, la sua Chiesa esercitar dovesse senz’altro la propria giurisdizione (l). (') tog-, pag- 26. (’) Cod. membran. cit., presso il canonico Grassi, fol. 179 verso, sotto il dì 5 dicembre 1240. In palacio domini Archiepiscopi Januensis. Coram magistro Petro de Guercino scriptore domini Pape. Gitili elmo archipresbitero de Camulio. Opizbne archipresbitero de Canai ciò. Sgmon de Montar ditto filius Assaliti de Moniardino accedens coram domino Johanne Archiepiscopo Janueiise postulavit ab eo inuestituram sui recti ed antiqui feudi quod ipse tenebat et sui antecessores soliti erant tenere u Curia Archiepiscopi Januensis in castro Moniardini et eius curia et districtu, offerens eidem sacramentum fidelitatis secundum quod vassallus domino suo iurare debet. Unde dictus dominus Archiepiscopus iustam petitionem dicti Si/monis admi tens. inuestiuit eumdem per anulum suum quem in manu habebat de omni feudo quod ipse et sui antecessores soliti erant tenere a Curia Archiepiscopatus Janue in dicto castro curia et districtu. C) Jurium, I. 7 49. (•) Questa bolla ci venne conservata nelle suo Miscellanee dal Poch (voi. V, . pag. 454) il quale notò averla trascritta da una copia membranacea autenticata nel 1271 da Corrado di Stefano da Lavagna, e serbata a’suoi giorni «presso il signor Aurelio Piaggio ». Noi la riferiamo, supplendo almeno in parte alle lacune clic vi s’incontrano. Innocen'ius episcopus scrutis sentorum dei venerabili fratri iohanni archiepiscopo immensi salutem et apostolicam benedictionem. Recti statera iudicu equo ( 374 ) Nè il decreto era senza precedenti, conciossiachè in simili » contingenze, e con atti di molto maggiore momento, tunc examine temperatur cum digita virtutibus premia ct congrua viciis stipendia recompensat. sic enim quibusque quod suum est ordine veddeute iustwia obsequiis videlicet gratiam et iniuriis talionem ad bonemerendum lentos promonet exempla mercedum et per nos in delicta interdum ab incentivo prune similitudinis metus cohibet ultionis, veniunt quippe in frequentem memoriam plura probate deuotionis obsequia per que dilecti filii potestas et comune ianuensium non sohm nobis dielnis istis sed et prodecessoribus nostris in necessitatibus preteritoruni temporum multipliciter placuerunt, et contra importune se ingerit peruersa insolencia potestatis et comunis terdonensis rebellandum lumini cum filiis tenebrarum qui post vestigia pre..........filii fnderici quondam imperatoris a ventre matris ecclesie ac consortio fidelium aberrantes deum contra se ac sedem apostolicam contemptu et iniuriis prouocant et sibi inde iram in die ire obdurata cordami malicia thesaurizant, in libra igitur equitatis appendentes merita utrorumque dignum ducimus ut de fructibus viarum suarum aliquid devoti pergvstent aliquid sencianl indeuoti. et quod male meritorum pena culpe detrhaitur benemeritis accrescat in retributionis avgumentum. inde est quod cum Udem potestas et comune ianua in nonnullis castris et locis diecesis terdonensis positis ultra iugum versus lombardiam in quibus terdonensis ecclesia iurisdictionem ecclesiasticam habere dignoscitur obtineant dominum temporale, nos volentes ut duitas terdonensis honoris sui quem intelligere non videtur aliqua portione mulctata discat ex confessione sua querere nomen dei. et duitas ianuensis ob devotionem suam honorum titulis decorata de apostolice sedis gratia manifestis reddatur certior argumentis, iurisdictionem spiritualem in eisdem castris et locis ad prodictam tordonensem ecclesiam de iure vel consuetudine pertinentem tibi et subcessoribus tuis usque ad nostre voluntatis beneplacitum duximus auctoritate presentimii committendam, statuentes ut iura episcopalia secundum legem utramque ex eis plene percipias et apostolice sedis fultus presidio oxequaris. contradictione venerabilis fratris nostri melchionis episcopi et ecclesie terdonensis aliquatenus non obstanto, nos enim eisdem super his promisso libi tenore concessis silendum imponentes si quas excommunicationis suspensionis vel interdicti sentencias memoratus episcopus seu ipsius arcliidiaconvs vel vicarius aut quicumque alii ec-etesie auctoritate predicle in castra et loca prefata vel ecclesias constituitis in illis aut personas ecclesiasticas siue seculam degentes ibidem quarumque occasione ferire presumpserint.eas decernimus penitus tum tenore, nulli ergo omnino hominum liceat hunc paginam nostro commissionis constitutionis ct imp sitionis infringere vel ei ausu temerario contraire, si quis autem hoc attempi,re presimipserit indignationem omnipotentis dei el beatorum pelei et pauli apostolorum eius se no-uerit incursurum. Datum lugdutii III nonas iunii. pantificatus nostri anno quinto ( 375 ) aveano adoperato in favore della Sede di Genova alcuni predecessori di quel Pontefice: Innocenzo II (1133) che sottraeva la Chiesa di Bobbio alla podestà di Ravenna ('); Alessandro III (11G1) che distaccava da Milano quella d’Albenga (2). Per tal guisa poi, oltre all’amplissima Pieve di Gavi, la Chiesa Genovese ebbe anche quella di Pastorana; e Capriata acquistò a sua volta una considerevolissima importanza, dopo che i nostri vi costrussero poderose fortificazioni e ne circondarono il borgo di fosso e di mura (1272). Che se più tardi essa venne rinunciata dal doge Tommaso di Campofregoso al Marchese di Monferrato (1418), passò quindi in potere dei Duchi di Mantova (15-15) e per ultimo nei Re di Sardegna (1708), prosegui tuttavia, quanto allo spirituale ad essere governata dalla Chiesa di Genova; la quale in vigore del Concordato concluso nel 1731 fra quel Re e la Santa Sede, costituì in Capriata un Vicario Generale avente giurisdizione sulla già detta villa di Pastorana e sul castello di Tas-sarolo. E cosi procedettero le cose fino al 1805; nel qual tempo il Vicariato in discorso fu unito alla Diocesi d'Acqui, donde passò più tardi (1817) a quella d’Alessandria (3). (') Rossetti, Bobbio illustralo, HI. 53. (*) UcnELLi, IV. 868. Però la bolla emanata a questo scopo rimase lungamente senza esecuzione; e fu soltanto a’tempi di papa Innocenzo 111, che il vescovo Enrico ricevette il metropolitano genovese Ottone nella sua cattedrale, e nelle mani di lui prestò il debito giuramento. Ved. Rossi, Storia d‘Albenga, pag. 147. C) Ved. Casalis, Dizionario ecc., art. Capriata, voi. IV, pag. 458-63; Aci-NEUi, Stato presente della Metropolitana di Genova (.MS.), pag. 132 e Tipo V. L’ ultimo riordinamento generale della Diocesi Genovese data dai tempi del cardinale arcivescovo Placido Tadini ; e fu sanzionato dal Sinodo celebrato nel settembre del >838. A senso del medesimo le parrocchie dell’ Archidiocesi sommavano in tutto a 30 4, di cui 259 erano ripartite in 48 vicariati (Ned. Synodus Dioecesana Gcnuensis etc., pag. 218 e segg ). ( 370 ) Compita la nostra peregrinazione alla ricerca dei limiti della Diocesi e delle loro mutazioni, concluderemo con un riflesso il quale sarà come una riprova delle cose toccate finora circa 1’ applicazione del principio inteso a concordare nel tracciamento di un solo confine la giurisdizione dei due poteri civile ed ecclesiastico. \ ogliam dire cioè che a questo principio, senza che venga eretto in assoluto sistema, deesi avere molto riguardo da chiunque scriva della storia de’nostri Comuni; potendo esso fornirci una giusta spiegazione di non pochi fra’documenti di quella età. Così, ad esempio, noi potremo con la scorta di questo principio intendere perchè un atto del 1149 gravasse di speciali balzelli tutti gli uomini qui non sunt eie Episcopatu Janue (e la parola Episcopatu è indizio che il documento fu redatto sovra il testo di un altro più antico) (‘); e troveremo chiara del pari una frase che s’incontra nella sentenza del 1204, già più innanzi ricordata (2), laddove si afferma che il Comune avea da pezza esercitata la propria giurisdizione sul Brolio di sant’ Ambrogio, perchè questo terreno era compreso intra confinia Archiepiscopatus (3). C) Jurium., I. I i3. (’) Ved. Parte I, Capitolo I, pag. 282. O Jurium, I. 511. APPENDICE A.Tj capitolo primo Atto di riparto della tassa straordinaria imposta sulle chiese c gli altri luoghi pii dell’Arcivescovato di Genova nel 1387. Lo studio al quale abbiamo indirizzate le nostre ricerche, sia riguardo all’argomento della circoscrizione della Diocesi trattato nel capitolo precedente, e sia rispetto alle chiese onde ci occuperemo nel successivo, ci ha latta rilevare la somma importanza di questo documento, nel quale esse chiese si trovano descritte e distribuite sotto le pievi rispettive. La tassa a cui il detto documento si riferisce, fu levata per ordine di papa Urbano VI; ed il suo prodotto venne destinato a benefìcio delle spese onde quel Pontefice, in conseguenza delle guerre e degli scismi, si trovava allora aggravato. Noi abbiamo stimato pertanto che all’uopo nostro gioverebbe non poco la sua integrale pubblicazione; e però qui lo produciamo come intramessa alle nostre disquisizioni. ( 578 ) Poniamo poi a riscontro del testo, quanto è delli* chiese e degli altri luoghi, la interpretazione volgare, sempre che ci sia riuscito di rinvenirla. Ma quantunque il medesimo sia stato trascritto dall’ originale nei rogiti di Antonio Foglietta (*•), dobbiamo confessare che non ci sembra al tutto scevro di mende. In1 christi nomine amen. Cura oliai clerus civitatis diocesis immensis tam exemptus quam non exemptus ad synodale concilium more solito congretaus coram reuerendo in cliristo patre et domino domino iacobo permissione divina archiepiscopo ianuensi. et de comuni utilitate cleri huiusmodi ciuitatis tractantes elegerint et ordinauerint venerabiles patres dominos emanuelem de disco episcopum foroiuliensem et ex dispensatione apostolica canonicum ianuensem. gasparum sancti fructuosi de capite montis et iohannem sancti benigni de capite fari monasteriorum abbates ianuensis diocesis ordinis sancti benedicti, et georgium de nonis priorem prioratus sancti theodori de suburbiis ianue ordinis sancti augustini mortariensis. ad inquirendum una cum prefato domino archiepiscopo diligenter omnes introitus fructus redditus et prouentus omnium ecclesiarum monasteriorum et aliarum quarumcumque ecclesiarum eorumque locorum ciuitatis et diocesis predictarum. et habita de ipsis plena et sufficienti informatione corrigendum et reformandum cum equitate taxam seu spendili^'galearum cieri huiusmodi ct aliorum. pro ut in instrumento inde confecto et rogato per me notarium infrascriptum mccclxxxv die xxvi aprilis continetur (5). et deinde a sede apostolica premissa faciendi licentiam oblinuerit. ut patet literis apo-stolicis. et post predicta iustis causis per sapientes cleri surrogati fuerint venerabiles viri domini dominicus de Hisco archidiaconus et raynerius de arborio canonicus ecclesie ianuensis. videlicet dominus dominicus loco dicti domini emanuelis et dominus raynerius loco pre- (') Archivio Notarile: Notulario di Antonio Foglietta per l’unno 1387, cario 446-152. (*) Si di questo atto come dell’altro del 10 febbraio 1387, ricordato alquanto appresso, noi non possiamo offerire alcun ragguaglio al lettore; perdili i roditi di Antonio Foglietta pel 1383 non esistono in Archivio; ed il Notularlo del 13>7, mancando del suo principio, non contiene alcun istrumento che sia anteriore al giorno 23 del mese citato. ( 379 ) fati domini archiepiscopi, denique prefati domini raynerius et dominicus gas par et iohannes maior pars dictorum quinque taxauerint •jKtimauerint et declarauerint ordinauerint et statuerint valores dictorum reddituum singulariter secundum quos solvi deberent collecte et impositiones occasione legatorum et nuntiorum sedis apostolice et quarumcumque aliarum impositionum et onerum imponendorum seu imponendarum dicto clero per sedem apostolicam vel per dominum archiepiscopum ianuensem. prout latius patet publico instrumento scripto manu mei antonii notarii infrascripti anno presenti die xvi februarii, et subsequenter per nonnullos ex dicto clero dicentes se gra-uatos ex huinsmodi taxatione extimatione declaratione et ordinatione ab huiusmodi taxatione extimatione declaratione et ordinatione ad sedem apostolicam extiterit apellatum. et iudices delegati ab eadem sede fuerint impetrati, et tandem clero huiusmodi post hec et propter grauamina asserta et appellationes huiusmodi more solito congregatis, cupientibus strepitus iudiciales effugere et anfractus litigiorum amputare et scandala summouere. clerus huiusmodi elegerit venerabiles patres dominos fratres iohannem sancti stepliani ianuensis ordinis sancti benedicti et iacobum sancti andree de sexto ianuensis diocesis ordinis cisterciensis monasteriorum abbates, et venerabiles viros dominos iohannem de sancto stephano canonicum ianuensem et fratrem petrum prepositum domus sancte marthe ianuensis ordinis humiliatorum. ad addendum et minuendum una cum prefatis dominis raynerio et dominico gasparo et iohanne ac georgio declarationi et ordinationi ut promittitur factis per dictos dominos raynerium et dominicum ga-sparum et iohannem de taxa seu spendio huiusmodi. et. taxam seu spendium predictum de nouo corrigendum et reformandum, et alia faciendum prout eis videretur, ut de huiusmodi electione constat publico instrumento scripto manus felisii de garibaldo notarii anno presenti die xxv iunii ('). liinc est quod in mei notarii et testium in-frascriptorum presentia prefati dominicus archidiaconus. iohannes sancti stephani iacobus sancti andree gaspar sancti fructuosi et iohannes sancti benigni monasteriorum abbates, iohannes de sancto stephano georgius et petrus una cum iamdicto domino raynerio vicario predicti domini archiepiscopi, visis et diligenter pensatis et ponderatis facultatibus et redditibus ecclesiarum monasteriorum et l1) Nessun rogito di questo notaio serbasi in Archivio. ( 580 ) aliorum locorum piorum quoqumque nomine censeantur non exemptorum et exemptorum ciuitatis et diocesis ianuensis predictarum. et attentis omnibus suprascriptis et bailia eis attributa pro bono et utilitate dicti cleri tam non exempti quam exempti, attendentes quod ea que comuniter omnibus prosunt preferenda sunt utilitati priuatorum. pro publica et comuni utilitate dicti cleri et omnium et singulorum de dicto clero, christi nomine inuocato et eius gloriosum nomen semper habendo pre oculis et in mente, et ad ipsius honorem et laudem, et totius celestis curie, addendo minuendo ac corrigendo et reformando, taxant estimant et declarant ac ordinant et statuunt valores dictorum reddituum singulariter, secundum quos valores et extimationes et quantitates que infra declarantur et subiiciuntur. de cetero solui debent collecte et impositiones occasione legatorum et nuntiorum sedis apostolice et quarumcumque aliarum impositionum et onerum de cetero imponendorum seu imponendarum dicto clero per sedem apostolicam vel per dominum archiepiscopum ianuensem cum sapientibus dicti cleri quocumque nomine et titulo censeantur, videlicet quod quodlibet monasterium ecclesia et locus pius quorum nomina inferius scribuntur soluat tantum pro quolibet centanario collectarum et onerum imponendorum quantum inferius declaratur et unumquodque eorum taxatum est et apparet, volentes declarantes et ordinantes ac firmiter statuentes una cum prefato domino vicario quod presens taxa et ordinatio correctio et reformatio debeat vim perpetue constitutionis habere ac perpetuam obtineat roboris firmitatem ex bailia qua ut supra funguntur et omni iure via modo et forma quibus melius et validius possunt, cassantes revocantes et anullantes et cassas irritas et nullas declarantes omnes et singulas taxas extimationes seu extima consuetudines seu statuta facta seu que facta dicerentur vel fuisse vel esse in predictis et pro predictis in prete-ritis temporibus usque ad istam diem, presenti tàxa et extimatione semper in suo robore permanente, insuper voluerunt una cum dicto domino vicario quod si prior et conuentus monasterii sancti ieronimi de ceruaria infra duos menses proxime venturos non approbauerint presenterà taxam. illa videlicet que tangit dictum monasterium, quod ubi in presenti taxa monasterium ipsum est in libra una ex nunc sit in libris duabus et solidis quinque. ( 581 ) Nomina autem huiusmodi capitulorum ecclesiarum monasteriorum et locorum aliorum sunt hec. Palae ium Archiepiscopale . . . Lib. 3. 15. » Capitulum Janue . . 4. 12. » Monasterium sancti Syri 3. 5. » Monasterium sancti Ste- phani . . . . 2. 15. » Eccclesia sancte Marie de Castello . . » 16. » Ecclesia sancti Donati . » 8. » Ecclesia sancte Marie de Vineis . . . 1. 18. 6 Monasterium sancti An- dree de Porta . . 2. 5. » Ecclesia sancti Ambroxii » 8. » Ecclesia sancti Siluestri » 5. » / Ecclesia s.c,i Saluatoris. » 3. » Ecclesia sancte Crucis . » 3. » Ecclesia sancti Nazarii. » 8. » > 2.6 Ecclesia sancti Marcelini » 4. » Ecclesia sancte Sabine . » 5. » Ecclesia sancti Vincentii » 2. G Mensa Arcivescovile di Genova. Capitolo Metropolitano di san Lorenzo. San Siro. Santo Stefano. Santa Maria di Castello. San Donato. Santa Maria delle Vigne. Sant’Andrea della Porta. Santi Andrea ed Ambrogio, ovvero il Gesù. Monastero di san Silvestro. San Salvatore. Santa Croce. Santa Maria delle Grazie. San Marco al Molo. Santi Cosma e Damiano. San Torpete. San Giorgio. San Pietro della Porta, o dei Banchi. San Paolo il vecchio, in Campetto. San Matteo dei D’Oria. Santa Maria Maddalena. San Luca. San Pancrazio. San Marcellino. Santa Sabina. San Vincenzo martire. ( 582 ) Ecclesia sancti Jacobi de Calignano . . Lib. » 3. G Ecclesia sancti Martini de Via » 1. » / Ecclesia sancti Nazarii I de Albario. » 3. » Ecclesia sancti Viti de Albario » » G Ecclesia sancte Marie de Quecio » 2. » Ecclesia sancte Marie de Vialata 2. 5. » Ecclesia sancti Bernardi » 1. 0 Ecclesia sancte Marie de Albario » 10. » Ecclesia sancti Johannis de Pauarano 1. 5. » Ecclesia sancte Marga- rite de Maraxio » 3. » Ecclesia sancti Antho- nini de Orpalacio » 5. » Ecclesia sancti Bartho- lomei de Staiano » 2. » Ecclesia sancti Michae- lis de Mermio . » 2. 0 Ecclesia sancti Juliani de Albario. » 4. » Ecclesia sancte Marie de Rocheta . » 3. » ( Ecclesia sancte Juste de Albario » » 6 Ecclesia sancti Luce de Albario » » G Ecclesia sancte Agnetis » 2. 6 Ecclesia sancti Systi . » 6. » Ecclesia sancti Anthonii 1. 10. » Ecclesia sancti Victoris » 15. » Ecclesia s. " Michaelis. » 11. » San Giacomo di Garignano. Santa Maria della Pace. San Nazaro d’ Albaro. San Vito d’ Albaro. Santa Maria Maddalena di Quezzi. Santa Maria in Vialata. San Bernardo di Monte Peraldo. Santa Maria del Prato in Albaro. San Giovanni Battista di Pave-rano. Santa Margherita di Marassi. Sant’Antonino di Casamavari. San Bartolomeo di Staglieno. San Michele di Montezignano. San Giuliano di Albaro. Santa Maria e Santa Margherita della Rocchetta, in Carignano. Santa Giusta d’ Albaro. San Luca d’ Albaro. Sant’Agnese di Genova. San Sisto a Prè. Sant’ Antonio abate, a Pré. San Vittore dello Scalo di Prè. San Michele di Fassolo. ( 385 ) Mona storili m snncti Thome . . Lib. 2. 10. » Ecclesia sancti Johannis de Imbergaria . . » 1. Q Ecclèsia sancti Teodori » 12. (} Monasterium sancti Benigni . . . . 1. » » Ecclesia sancte Marie de Priano . . Lib. » 8. » Ecclesia sancte Marie de Granarono. . . » 7. » v Ecclesia de Cassinelis . » ]Q. » \ Ecclesia sancti Johannis de Borbonoso . . » 2. » \ Monasterium de Beloui- dere . . . . » 12. » Monasterium s.’° Margarite de Granarolio. » 10. » Ecclesia sancti Lazari . » 7. » Ecclesia sancti Bartholomei de Costa . . » 1, » Ecclesia snncti Jacobi de Granarono. . . » 7. » San Tommaso. San Gio. Batta di Bregara, in Oregina. San Teodoro di Fassolo. San Benigno a Capo di Faro. Santa Maria e san Lorenzo di Priano, presso Sestri-Ponente ; e più comunemente : Virgo Potens. Santa Maria di Granarolo. Santa Maria delle Cassinelle. San Giovanni evangelista di Borbonoso ('), in San Pier d’Arena. Nostra Donna di Belvedere. San Rocco di Granarolo. San Lazzaro a Capo di Faro. San Bartolomeo di Promontorio. San Giacomo di Granarolo. Plebis de Jrchis . . » 3. » Ecclesia sancti Fructuosi de Bisanne. . . » 2. » X Ecclesia sancti Colsi de Sturla . . . » 1. » Pieve di San Martino d’ Albaro. San Fruttuoso di Terralba. Oratorio dei santi Nazaro e Celso di Sturla. y Plebis de Neruio . . » 3. » Pieve di san Siro di Nervi. (I) Questa chiesa fu cosi appellata dal nome del suo fondatore; giacché per atto di Guglielmo Cassinense del 21 settembre 1198, BorOonosus dat et ccdit et offcrt domino Bonefacio archiepiscopo et ecclesie sancti Laureimi fundum ad eUiflcandam ecclesiam in sancto Petro de Arena----in honore beati Johannis euangelistc, etc. (Cod. /1. Privileoiorum,-fol. 74: Archivio Capitolare della Metropolitana ). ( 384 ) Ecclesia sancti Johannis tle Quarto . . Lib. » 4. » Ecclesia sancte Marie de Quarto . . . » 2. » Ecclesia sancti Petri de Quinto . . . » 2. 0 Ecclesia sancte Marie de Boliascho . . . » 1. 6 Ecclesia sancti Illarii . » 2. 6 Ecclesia sancti Syri de Viganego . . . » 1. » Phebis de Saulo . . » 2. 6 Ecclesia sancte Margarite cum ecclesia san- cti Apolinaris . . » 3. » Ecclesia sancti Petri de Craueno » 1. , » Ecclesia de Caneua 2. » Ecclesia de Bossonengo » 1. G Plebis de Recho . » G. » Ecclesia sancte Marie de Muclio » 2. » Ecclesia sancti Martini de Polanesi » 1. 6 Ecclesia sancte Marga- rite de Testana. » 1. 6 Ecclesia sancti Petri de Auegno » 2. » Plebis de Camulio » « 5. » Ecclesia sancti Michae- lis de Rua. » 3. » Ecclesia sancti • Nicolai de Capite montis » 15. » Monasterium sancti Fru- ctuosi. 1. 15. » San Gio. Batta di Quarto al mare. Santa Maria di Castagna. San Pietro di Quinto al mare. Santa Maria di Bogliasco. Sant’ Ilario di Nervi. San Siro di Yiganego. Pieve di san Michele di Sori. Santa Margherita di Sori; santo Apollinare ivi. * San Pietro di Capreno. Santa Maria di Canepa. San Bartolomeo di Bussonengo. Pieve di san Gio. Batta di Recco. Santa Maria di Megli. San Martino di Polanesi. Santa Margherita di Testana. San Pietro di Avegno. Pieve di santa Maria di Camogli. San Michele di Ruta. San Nicolò di Capodi monte. San Fruttuoso di Capodimonte. ( 585 ) Plebis de Rappalo Lib. » 8. » Pieve de’ santi Gervasio e tasio di Rapallo. Ecclesia sancti Stephani » 4. G Santo Stefano di Rapallo. l__Ecclesia sancti Michaelis ■ » 4. G San Michele di Pagana. Ecclesia sancti Jacobi de San Giacomo di Corte. Castello » •» G Ecclesia sancte Marga- Santa Margherita Ligure, rite de Pissina . » » G Pescino. Ecclesia sancte Marie de Santa Maria di Nozarego. Nozaricho . » 2. » Ecclesia de Portulino . » 9 » San Martino di Portoflno. Ecclesia sancti Syri » 2. » San Siro di Rapallo. Ecclesia sancti Laurentii » 2. » San Lorenzo della Costa. Ecclesia sancti Maximi. » 3. » San Massimo di Rapallo. Ecclesia sancti Martini San Martino di Noceto. de Nuceto . » 2. » 1 Ecclesia sancte Marie de Santa Maria di Campo. Campo » 2. » Ecclesia sancti Petri de San Pietro di Novella. Noella » 2. » Ecclesia sancti Andree Sant’ Andrea di Foggia. de Foza » 2. » j Ecclesia de Axereto » 1. » San Quirico di Assereto. L_Pcclesia de Monte » 1. 6 San Maurizio di Monti. Ecclesia sancti Ambroxii » 2. » Sant’ Ambrogio di Rapallo. / Ecclesia sancti Martini San Martino di Zoagli. de Zoalio . » 2. » Ecclesia sancti Petri de San Pietro di Rovereto. Roboreto . » 1. G Monasterium sancti Je- San Girolamo della Cervara ronimi de Ceruaria . • 1. » » Plebs de Plicania. » 2. G Pieve di san Gio. Batta di cagna. Ecclesia sancti Michae- San Michele di Soggio. lis de Solio » 1. » Ecclesia sancti Ambroxii Sant’Ambrogio di Orerò. de Olento . » 2. » 580 ) Ecclesia sancti Vincentii de Fontebono . Lib. 1. 0 Ecclesia sancti Andree do Verzio . 1. G Ecclesia sancte Marga- rite de Moconoxi. . 1. G Ecclesia sancti Martini de Zonego . 1. » Ecclesia sancti Nicolai de Corelia. 1. G Ecclesia sancti Jacobi de Caneuata . 1. 6 Plebs do Lauania. 10. » Ecclesia sancti Petri de Stoperio . 1. » Ecclesia sancte Marie de Temussio . 1. G Ecclesia sancti Joliannis de Porcili . 1. » Ecclesia sancti Stepliani de Plecherio 1. » Ecclesia sancti Laurentii de Leuagio 2. » Ecclesia sancte Marie de Supercrucem 1. G Ecclesia sancti Syri de Fulca. » 6 Ecclesia sancti Johannis de Sumouico 1. » Ecclesia sancte Marga- rite de Collerato 1. » Ecclesia sancti Michae- lis de Vignolo . 1. G Ecclesia sancte Marie de Mezanico . 1. G Ecclesia sancti Colum- barii de Bombelio 1. » San Vincenzo di Faville, in Fon' tanabuona. Sant’Andrea di Verzi. Santa Margherita di Moconesi. San Martino di Sanega. San Nicolò di Coreglia. San Giacomo di Canevaie. Pieve di santo Stefano di Lavagna. San Pietro di Stibiveri. Santa Maria di Temossi. San Gio. Batta di Porcile. Santo Stefano di Cichero. San Lorenzo di Lcvaggi. Santa Maria del Prato, di Sopra la Croce. San Siro della Foce, detto volgarmente di Forca. San Gio. Batta di Sommovigo. Santa Margherita di Corerallo. • San Michele di Vignalo. Santa Maria di Mezzanego. San Colombano di Vignale. Ecclesia sancte Marie de Repia. . . Lib. » 1. G Ecclesia de Zerli . » 1. 6 Ecclesia de Auenio (A- cerio?) » 1. » Ecclesia de Sambuxeto. » 1. » Ecclesia santi Anthonii de Pontili . » 1. » Ecclesia sancte Marie de Neo . » 3. » Ecclesia sancti Nicolai de Palio » 1. 6 Ecclesia de Monte » 1. » Ecclesia de Monticello . » 1. G Ecclesia de Berclianecha » 1. G Ecclesia sancti Colum- bani de Costa . » 1. » Ecclesia sancte Julie . » 2. » Ecclesia de Bacezia » 3. » Ecclesia sancti Andree de Roboreto . . » 1. » Ecclesia de Maxena . » 2. » Ecclesia sancti Johannis de Clauaro. . . » 0. » Ecclesia de Leui. cum ecclesia de Curio . » 4. » Ecclesia sancti Michae- lis de Rio . . . » 3. » Ecclesia de Caperana. cum ecclesia sancte Margarite . . . » 2. » Ecclesia 'sancti Quirici de Riparolio . . » 1. » Ecclesia de Camporza- scho . . . . » 1. » Ecclesia de Certenullo. » 2. » Ecclesia sancti Petri de Clauaro • . . » 2. » Santa Maria di Reppia. San Pietro di Zerli. San Rocco di Acero (?). San Cipriano di Sambuceto. Sant’ Antonio di Pontori. Santa Maria di Nè. San Nicolò di Paggi. San Bernardo di Monteghirfo. Santa Maria di Monticelli. Sant’Antonino di Breccanecca. San Colombano della Costa. Santa Giulia di Centaura. Santa Maria e s. Biagio di Bacezza. Sant’Andrea di Rovereto. San Martino di Maxena. San Giovanni di Chiavari. San Lorenzo di Leivi e san Tommaso del Curio. San Michele di Ri. Santa Maria di Caperana; santa Margherita ivi. San Quirico di Rivarola. Santa Maria della Torre di Cam-posasco. Santa Maria di Certenoli. San Pietro di Chiavari. Ecclesia sancti Salua-toris veteris . Lib. » Ecclesia di Recrosso . » Ecclesia santi Raffini de Leui . . . . » Monasterium de Bro-xono . . . .1. Ecclesia de Cucurno . » Ecclesia de Grauelia . » Ecclesia de Carascho . » ( 588 ) Chiesa vecchia di san Salvatore di Lavagna. San Pietro di Recroso. San Ruflìno di Leivi. Abbazia di sant’Andrea di Bor-zone. San Lorenzo di Cogorno. Sant’ Eufemiano di Graveglia. San Marziano di Carasco. 1. » 1. » 7. » 2. » 4. » 1. » Plebs de Sigestro. . » 12. 6 r Ecclesia de Soriana . » Ecclesia sancti Quilici . » Ecclesia sancti Bartho-lomei de Zinestra . » Ecclesia sancte Margra-rite . . . . » Ecclesia sancti Petri de Libiolla . . . » Ecclesia de Nasso. . » Ecclesia de Statario . » Ecclesia sancti Laurentii de Arzeno . . . » Ecclesia sancti Martini de Bargono . . » Ecclesia sancti Johannis de Candeasco . . » Ecclesia sancti Michaelis de Candeasco . . » Ecclesia sancti Laurentii de Velazo . . *. » Ecclesia sancti Colum-hani de Noano . . » Ecclesia sancti Christo-fori de Loco . . » Ecclesia de Statarana . » 1. » 1. » 1. 6 1. 6 1. » 2. » 2. » 2. » 2. » 2. »’ 1. » 3. » 1. » Pieve di san Nicolò in Sestri a Levante Santa Maria di Soriana. San Quirico di Comuneglia. San Bartolomeo della Ginestra. Santa Margherita di Fossa Lupara. San Pietro di Libiola. San Michele di Masso. San Bartolomeo di Statale. San Lorenzo di Arzeno. San Martino di Bargone. San Giovanni di Candeasco. San Michele di Candeasco. San Lorenzo di Veriso, o Yerici. San Colombano di Noano. San Cristoforo di Loto. 1. » 1. » Santo Stefano di Salterana. » » >> »** —? Adrianì rie Trigaudl° ' . . JU sancti Martini di Montedomxmco . Plebs de Monella. p]ebs de Framura cum capella de Mesema . » Ecclesia de Castagnola, cam ecclesia Stcphani. et ecclesia sancte Margarite • » Ecclesia de Passano cum ecclesia sancti Petn. » Ecclesia de Zona cum ecclesia de Carro et ecclesia de Pauereto. * Ecclesia de Caroano su-prano et subtano. et ecclesia de Materana. » ( 58!) ) 2. » Santa Maria di Massasco. 4. » Priorato di santa Vittoria di Li-biola. Sant’ Adriano di Trigoso. 1. 5 San Martino di Montedomenico. 1. » 8. » Pieve di santa Croce di Moneglia. 8. » 2. » 1. » 2. » De Portu Veneris. Monasterium de Tiro . » 10. » Pieve di san Martino di Framura; san Michele di Mezema. San Lorenzo di Castagnola; santo Stefano di Ponte; santa Margherita di Ponte. Santa Maria di Passano ; san Pietro di Piazza (*). Santa Maria di Ziona; san Lorenzo di Carro; sant’Andrea di Pavareto. San Bartolomeo di Carrodano superiore ; santa Felicita di Carrodano inferiore ; san Gio. Battista di Mattarana. Portovenere. Monastero di san Venerio di Tino. chiesa, della quale serbasi appena la tradizione, ecco ciò u) Intorno a cjugoik» ^ > . t, Dietro Mezzaroli, rettore di Piazza, al chiar. sig. Cav. Girolamo Qpr]V6 !)• * le i/i V/ no già mio ottimo Professore di Storia e Geografìa ed ora Ispettore Da Passan°’delle CiViche Scuole di Genova. « In quel di Piazza, verso oriente, degnissimo immemorabili fu detto San Pietro, e tuttavia con tale vi ha un sito ciie 1)a C0nsiste in un casamento di molta capienza, che porge l’idea nome si a anzi corre voce tradizionale che vi fosse chiesa e con- di un antico coiivtu« * ...... . jj fatt0 è, che in detto luogo era eziandio un cimitero, esistendovi vento ■ • • • d| a spessissime, entro cui pochi anni or sono, facendosi tuttora un reoiuuv ^ , .. , , ,• „• f„rnno scoperti diversi depositi mortuari composti di durissima degli scavi, iuiouu r selce, e molti avanzi di spoglie mortali ». 20 ( 390 ) Ecclesia sancti PetriLib. » 3. » Ecclesia sancti Laurentii » 5. » Plebs de Vayra . » 0. » Ecclesia de Covario » 1. » Ecclesia de Scurtaboue. cum ecclesia sancti Bartholomei » 2. » Ecclesia sancti Martini de Zerega . » 1. G Ecclesia sancti Petri de Cumenelia . » 1. G Ecclesia sancti Christo- fori de Carizano » 1. » Ecclesia sancti Laurentii de Ossegnis » 1. G Ecclesia sancte Juste de Vessena » 1. » Ecclesia sancti Laurentii de Carencia » 1. » Ecclesia de sancto Petro » 1.» Plebs de Augusio. » 3. » Ecclesia de Nayrono . » 3. » Ecclesia sancti Martini de Tribonia » 2. » Ecclesia de Sturbulo . » 1. » Plebs de Bauaro . » 2. G Ecclesia sancti Dexide- rii » 1. » Ecclesia sancti Petri de Fontanegio. » 3. » Plebs de Bargalio. » 2. » Ecclesia de Tatio. » 1. » Ecclesia de Traxio » 1. » Ecclesia de Moranego . » 1. G San Pietro di Portovenere. San Lorenzo di Portovenere. Pieve di san Gio. Batta di Varese. Santa Maria di Capo di Vara. San Lorenzo di Scortabò ; san Bartolomeo di Cassego. San Martino di Zerega. San Pietro di Comuneglia. San Cristoforo di Cavezzano. San Lorenzo di Ossegna. Santa Giustina di Cesena. \ San Lorenzo di Caranza. San Pietro di Vara. Pieve di sant’Ambrogio di Uscio. San Maurizio di Neirone. San Martino di Tribogna. San Pietro di Sturla. Pieve di san Giorgio di Bavari. San Desiderio di Bavari. San Pietro di Fontanegli. Pieve di santa Maria di Barbagli. Santa Margherita di Tasso. Sant’Ambrogio di Traxo. San Colombano di Moranego. l ( 391 ) Ecclesia de Dauagna Lib. » 1. 6 San Pietro di Lavagna. Ecclesia de Rosso. .»1.6 Santo Stefano di Rosso. Ecclesia de Caruari . » 1. 6 Sant’Andrea di Calvari. Plebs do Montobio . » 4. Ecclesia sancti Laurentii de Pareto . . . » 2. » Ecclesia sancte Marie de Senarega . . . » 1. 6 Pieve di san Gio. Batta di Montobbio. San Lorenzo di Pareto. Santa Maria di Senaretra. Plebs de Murazana . » 4. » Ecclesia sancti Martini de Corsio . . . » 1. » Ecclesia sancte Marie de Murazana . . . » 1. » Ecclesia de Lugo . . » 1. » Ecclesia sancti Martini de Strupa . . . » 2. » Ecclesia sancti Damiani » 1. 6 Pieve di san Siro di Struppa. San Martino di Corsi. Santa Maria di Molassana. Sant’Eusebio di Montezignano. San Martino di Struppa. Ss. Cosma e Damiano di Struppa. Plebes cum suis capellis que sunt in parte occidentali. Plebs sancti Martini de Pieve di san Martino di San Pier Arena » 6. » d'Arena. Ecclesia sancti Jacobi San Giacomo di Corneliano. de Corniliano, . » 1. 6 Plebs de Vulturo . » A CO Pieve di sant’ Erasmo di Voltri. Ecclesia sancti Nazarii Santi Nazaro e Celso di Multedo. de Multedo » 2. » Ecclesia sancti Martiani » 1. » . Ecclesia sancti Martini San Martino di PeglL de Pelio . » 3. 6 Ecclesia sancti Ambi’oxii » 3. » Sant’Ambrogio di Voltri. Ecclesia sancti Nicolav. » 5. » San Nicolò ivi. Ecclesia sancti Eugenii Sant' Eugenio di Crevari. de Creuari. » 1. 6 ( 592 ) Ecclesia sancti Nazarii de Arenzano . Lib. » 5. »• Plebs de Borzoli . » 2. 6 Ecclesia sancti Johannis de Sesto . » 4. G Ecclesia sancti Ambroxii de Fegino . » 3. » Ecclesia de Coronato . » 18. » Plebs de Riparolio » 5. 6 Ecclesia de Murta » 2. » ^ Ecclesia de Braxilli » 2. » Ecclesia sancti Stephani de Fossato » 4. » -U=—Ecclesia de Garbo » 1. 6 Ecclesia de Zimignano. » 3. 6 Plebs de Celanexi. » 5. » Ecclesia de Parauanicho. » 3. » Ecclesia de Turbis » 2. » Ecclesia de Liuellato . » 3. » Plebs de Langascho » 5. » Ecclesia sancti Syri » 4. G Ecclesia de Issorella . » 4. G Ecclesia de Galaneto . » 3. » Prepositura de Vultabio » 5. » Ecclesia de Frasoneto . » 1. » Ecclesia de Montanexi. » 1. » Ecclesia de Amelio » 1. » Ecclesia de Riuolloso . » 1. » Ecclesia de Pratolongo subtano » 1. » Ecclesia de Pratolongo » 1. » suprano » » G Santi Nazaro e Celso d’Arenzam. Pieve di santo Stefano di Borzoli. San Gio. Batta di Sestri. Sant’Ambrogio di Feggino. Santa Maria di Coronata. Pieve di santa Maria di Rivarolo. Ss. Martino e Lorenzo di Murta. San Felice di Brasile. Santo Stefano delle Fosse, di Rivarolo. Santa Maria del Garbo. Santo Stefano di Zeniignano. Pieve di santa Maria di Ceranesi. San Martino di Paravanico. San Lorenzo di Torbi. San Bartolomeo di Livellato. Pieve di san Siro di Langasco. San Siro di Langasco (oratorio). Sant’Andrea d’Isoverde. San Michele di Galaneto. Prevostura di santa Maria di Voltaggio. Santa Maria di Frassinello (?). Santa Maria di Montanesi. San Martino di Amelio. Sant’Andrea di Rigoroso. San Salvatore di Pratolongo inferiore. Santa Maria di Pratolongo superiore. Plebs de Gauio . Lib. » 8. » Ecclesia sancti Jacobi . » 2. G Ecclesia de Castellato . » 1. » . Ecclesia de Tramuntana » ». G Vs^Ecclesia de Capriata . » 3. » Ecclesia de Montero- tundo. . . . » » G Ecclesia de Bosio. . » 1. G Monasterium santi Remigii de Palodio . » 8. » j-— Ecclesia sancti Vincencii » » G Plebs de Pastorana . » 2. » Ecclesia de Tassarollo. » 1. » Plebs de Seta . . » 4. » Ecclesia de Flacono . » 2. » Ecclesia de Runcho . » 3. » Ecclesia de Campolungo » 2. » Plebs de Moniardino . » 10. » Ecclesia de Valenzona . » 2. » Ecclesia sancte Marie de Nuceto . . . » 2. » Ecclesia de Yerganis . » 1. » Ecclesia sancti Clementis . . . » 2. G Ecclesia de Celenderio. » -1. G Ecclesia de Arecio . » 1. » Ecclesia de Montemagno » 1. » Plebs de Serra . . » 3. 6 Pieve di santa Maria di Gavi. San Giacomo di Gavi. Sant’Antonio di Castelletto. Santa Maria di Tramontana. San Pietro di Capriata. Santi Cosma e Damiano di Monterotondo. San Marziano di Bosio. San Remigio di Parodi. Sant’Innocenzo di Castelletto (*). Pieve di santa Maria di Pasto-rana. San Nicolò di Tassarolo. Pieve di Santa Maria del Borgo de’ Fornari. San Lorenzo di Fiacone. San Martino di Ronco. San Michele d’Isola del Cantone. Pieve di san Gio. Batta di Mongiardino. Santa Maria di Yallenzona. Santa Maria di Noceto. San Pietro di Vergagni. San Clemente di Gordina. San Ruffino di Cerendero. Ss. Cosma e Damiano di Arezzo. Santa Maria di Montemanno. Pieve di Santa Maria di Serra. (') Cosi credo spiegare 1’ ecclesia sancti VincentU\ dacché ndn ho notizia di alcuna che portasse questo titolo in quel di Gavi. Ecclesia de Isso . Lib. » Ecclesia de Voirata . » Ecclesia de Magnerri . » Ecclesia de Montanexi . » ( 394 ) 4. » Santa Maria di Isosecco, o Pedemonte. 1. 6 Santa Maria di Voiré. 1. » San Martino di Magnerri. 1. 6 Sant’Andrea di Montanesi. Ecclesia de Pauerio . » 4. » Ecclesia de Fumerri . » 1. 6 1_Plebs de sancto Cipriano » 2. 6 Ecclesia sancti Andree \^_ de Medolico . . » 1. 6 Ecclesia de Castrifellone. » 2. » Ecclesia de Cessino . » 4. » Ecclesia de Pontedecimo » 4. 6 Ecclesia sancti Blaxii de Serra . . . . » 3. 6 Ecclesia sancti Quilici . » 2. » Ecclesia de Carmedino . » 1. 6 Ecclesia de Muruallo . » 3. G Pieve di sant’ Ambrogio di Mignanego. Santa Maria di Paveto. San Fruttuoso di Fumeri. Pieve di san Cipriano. Sant’Andrea di Morego. San Michele di Castroflno. Sant’Antonino di Cesino. San Giacomo di Pontedecimo. San Biagio di Serra. San Quirico di Polcevera. San Pietro di Cremeno. Santa Margherita di Morigallo. Plebs de (sancto) Vrce- xino . . . . » 5. 6 Ecclesia de Comago . » 1. 6 Ecclesia de Cassanova . » 2. » Ecclesia de Pinu . . » 2. » Ecclesia de Marenzano. » 2. » Ecclesia de Oledo. . » L » Ecclesia sancte Marie de de Bonifacio . . » 7. » Pieve di sant’ Olcese. Santa Maria di Comago. Santa Margherita di Casanova. San Pietro di Pino. San Martino di Manesseno. San Lorenzo di Orerò. Santa Maria Maggiore di Bonifazio in Corsica. EXEMPTI. Ecclesia humiliatorum Santa Marta dell Acquasola, de Aquazolla . . » 15. » ( 395 ) Monasterium sancti Co- lumbani » 10. » Monasterium sancti Spi- ritus . 1. » » Ecclesia sancte Marie Cruciferorum » 11. » Monasterium sancte A- gate . » 18. » Monasterium de Rap- pallo . » 11. 6 Ecclesia Pontis Lauanie » 4. » Ecclesia sancti Saluato- ris . . . » 13. 0 Hospitale de Petra Co- lice . » » 6 Monasterium s.10 Marte. 1. 15. » Hospitale s.11 Johannis cum ecclesia s.,c Fidis. 2. 15. » Monasterium de Faxollo 1. 2. » Monasterium de Cella . » 10. » Monasterium sancti Se- pulcri 1. 2. » Monasterium sancti An- dree de Sexto . 2. 10. » Monasterium de Prato. » 8. » Monasterium de Mes- sema .... 1. 8. » Monasterium de Carbo- naria . » 10. » Monasterium de Proallo » 6. » Monasterium sancti Leonardi de Bissamne . » 3. » San Colombano di Piecapietra, in Genova. Santo Spirito in Genova. Santa Maria e i Diecimila Crocifìssi, nel Borgo di Bisagno. Sant’ Agata in Bisagno. Monastero di santa Maria di Valle Christi presso Rapallo. Santa Maria del Ponte di Lavagna. San Salvatore di Lavagna. Ospedale di Pietra-colice, o Vasco. SS. Annunciata del Guastato, in Genova. Ospedale di San Giovanni di Prè; santa Fede. San Benedetto di Fassolo. Santa Maria della Cella, in San Pier d’ Arena. Santo Sepolcro in San Pierd’A-rena. Badia di sant’Andrea di Sestri-Ponente. San Pietro di Prà. San Pietro di Vesima, fra Voltri ed Arenzano. San Barnaba di Carbonara. Santa Maria del Forale, o di Prevallo, Ira Voltaggio ed Ar-quata. San Leonardo di Carignano. \ Ecclesia sancti Jacobi de Clauaro . . Lib. » 4. » Monasterium sancti Bar-tholomei de Fossato. » 1. » Monasterium sancti Ni-colai de Jrchis . . » 8. » i Monasterium de Jubino. » 12. G | Monasterium sancti Petri de Costa . . 1. 2. » Monasterium sancti Bar-tholomei di Oliuella .1. » » Monasterium de Petra-minuta . . . » 8. » / Monasterium s.'lc Ellene (__ de Albario . . . » 4. » Monasterium sancte Marie de Calignano . » 10. » Monasterium sancti Ni-colay de Valleclara . » 15. » Monasterium cartussien- sium de Riparolio . 1. 5. » Monasterium s. Leonardi 1. 8. » Monasterium nouum de Jrchis . . . 1. 8. » Monasterium sancte Iva- taline de Luculo . 1. 9- » ^ Ecclesia de Gateluxiis . » 2. » — Ecclesia de Cibo . . » !• » ( 596 ) San Giacomo di Iiupinaro. San Bartolomeo del Fossato, presso San Pier d’Arena. Santa Chiara d’Albaro. Sarita Maria del Zerbino. San Pietro della Costa di Coronata. San Bartolomeo deH’Olivella, in Genova. Sante Maria di Pietraminuta, in Genova. Sant’Elena d’Albaro. San Bernardino di Carignano (<). San Nicoloso di Vallecliiara. San Bartolomeo di Rivarolo. San Leonardo di Prè. Ss. Giacomo e Filippo dell’ Acquasola. Santa Caterina di Luccoli. San Giacomo di Sestri a Ponente(2). Santa Maria del Quarteretto, in San Pier d’Arena (3); oggi del Sec.1'0 Quartiere (vulgo Coscia). (’) Già santa Maria di Consolazione. (*) Manetta figlia del qm. Nicolò Gattilusio lega nel suo testamento 200 lire, e vuole che debbasi responderi de prouentibus ... capcllano Qui tiuno est ct Pro tempore fuerit in capella seu ecclesia sancti Jacobi de Sexto fundata pei dominos de Gataluxils (Archivio di San Giorgio: Cartolario Oriyinalc B. delle Colonne, fol. 171). <*) Peretta del qm. Andrea Cibo lascia lire 100, perchè de prouentibus ... respondeatur ... capellano capclle institute seu fundate in sancto Petro Arene Januc per nobilem familiam seu alberyum de Cibo, sub vocabulo sancte Marie (Arch. cit., cartolarlo Oria. P. lf., car. 247). X ( 397 ) Ecclesia de Grimaldis Lib. » 1. G San Nicolò del Boschetto, in Polcevera (*). Hospitale de Riparolio. » 2. » Ospedale di san Biagio di Riva-rolo. Ecclesia sancti Antho- Sant’Antonio abate, vulgo san- nini de sancto Petro to Antonino, in San Pier d’A- arene .... » 1. » rena. Ecclesia de Grillis » 1. » ......(2) Ecclesia sancti Martini San Martino di Sestri-Ponente. de Sexto » 1. » Ecclesia de Pezagnis . » » 6 ......(3) Domus sancti Andree de ......0) Vercellis » 1. 6 Ecclesia de Ranucio » 1. » ......(5) Monasterium Seruorum » 4. » Santa Maria dei Servi, in Genova. Monasterium Herminio- San Bartolomeo degli Armeni, in rum . » 2. » Genova. Monasterium sancte Ma- Santa Maria del Carmine, in Ge- rie Carmelitarum » 5. » nova. (<) I Grimaldi fondarono questa chiesa nel 1311; ed un secolo appresso vi introdussero i benedettini della Congregazione di santa Giustina di Padova. (a) Negli atti di visita del Bosio si nota: Cappella villae domini Lucae Grilli, in Bisagno. (Ved. Synod. etc., pag. 178). (*) La nobile famiglia Pessagno possede al presente una chiesuola nella località di Panigaro, sopra Sestri-Ponente, intitolata a san Rocco; ma non può essere quella onde è caso in questo documento. Lasciando anche da banda la tradizione, la quale vuole fondata questa capella in sui principii del secolo XVI, durante l’infierire di una pestilenza; l’egregio socio march. Lorenzo Pessagno mi la sapere che la medesima appartenne alla famiglia Barilari, da cui l’acquistò, non prima del 1S55, la contessa Paola Mongiardino vedova di Stefano Pessagno. Mi nasce perciò dubbio se qui la lezione del documento sia esatta, e se per avventura non si debba leggere ecclesia de panzanis laddove il notaio scrisse pe-zagnis. Si sa che i figli del qm. Guglielmo Panzano fondarono nel 1229 la chiesa di san Francesco in Sestri-Ponente; e se ne ha documento in una lapide sincrona che vedesi tuttora murata in prossimità dell'ingresso alla chiesa medesima. (*) Dì questa casa che 1’ insigne Opera di sant’ Andrea di Vercelli possedeva tra noi, ho vanamente cercate notizie nella Storia del Mandelli, nei Cenni Storici del Mella e nelle Pandette Richerianc del nostro Archivio Governativo. Riuscirono pure infruttuose le indagini gentilmente istituite in Vercelli stessa dal cliiariss. socio canonico Giovanni Barberis fra le carte [di quell’Abbazia, oggi serbate presso la famiglia Olgiati. (») Forse la cappella dell’Annunciata, in San Pier d'Arena, fondata da un Ranuccio o Kaniei i Grimaldi. (\ed. Aginelh, Stato presente ecc., pag. 1*17). ( 598 ) Monasterium sancte Clare Santa Chiara di Chiavari, de Clauaro. . Lib. » 1G. » Monasterium seu eccle- ......(’) sia sancti.Eusebii . » 10. » Ecclesia de Brossonasca » » 6 San Bartolomeo di Borzonasca. Monasterium sancti Je-ronimi de Quarto . » 2. » San Girolamo di Quarto. De quibus omnibus prefati domini vicarius, archidiaconus. abbates. ........prior et prepositus mandauerunt confici publicum instrumentum per me notarium infrascriptum ad laudem unius sapientis et plurium si fuerit oportunum. Actum ianue in sacristia ecclesie ianuensis. anno a natiuitate domini m ccc lxxxvii. indictione decima, die secunda decembris, pre-sentibus presbiteris oberto de carrega sacrista, dominico de rap-pallo et michaele de bargalio capellanis dicte ecclesie ianuensis. tribus ad premissa vocatis et rogatis (2). (*) Forse invece di sancti Eusebii dovea qui scriversi sancti Eustachil. caso si tratterebbe del monastero di sant’Eustachio di chiavari, fonda o cardinale Guglielmo Fieschi nel 1253. (3) L’attento lettore potrebbe osservare che al lungo elenco delle chiese 11 rito in questo documento, manca quella di Pera; e da ciò desumere un in che tale colonia abbia cessato di essere sottoposta all Arcivescovado Genove molto prima del 1453, contrariamente a quello che noi ne abbiam detto a pag Constatiamo dunque uoi stessi la mancanza, e confessiamo di non saperne\e la ragione; ma qualunque essa sia, replichiamo subito che non è punto que sopra accennata. Imperocché nel Notulario dello stesso Antonio Foglietta (car verso) leggesi registrata una bolla di papa Urbano VI ad un Antonio Fazio, ne quale si ricorda terra de peyra ianuensis diocesis. . - ' INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO \ Belgrano, Illustrazione del Registro Arcivescovile di Genova. Introduziono.........Pag. 247 Parte Prima : Dei Vescovi e della Curia . . . . » 261 Parte Seconda : Delle Chiese e delle decime ...» 347 li seguito di questa Illustrazione è di già in pronto per essere pubblicato. Lo sono pure la continuazione del Codice Diplomatico delle Colonie tauro-liguri, ed una Collezione di Documenti ed estratti riguardanti l’influenza che esercitarono i genovesi sui progressi marittimi della Penisola Iberica. Frattanto sono in corso di stampa : Illustrazione dei Documenti ispano-liguri deli Archivio di Simanca s, già editi nel volume vii/ degli Alti. Documenti dell’ Archivio di S. E. il Principe D’ Oria , circa il processo istituito contro Scipione Fieschi in dipendenza della Congiura del 1547. - ATTI . • DEI L \ SOCIETÀ LIGURE 1)1 STORIA PATRIA VOLUME IL — PARTE I. - FASCICOLO III. • • « GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI SIDCCCLXXIll CAPITOLO SECONDO. Della elezione de’ Vescovi. Parrocchialità di Genova ed estensione della medesima. Chiese dipendenti. Erronea supposizione dell’antichissima parrocchialità di santa Maria di Castello. La Cattedrale e l’Episcopio. Digressione circa il trasferimento delle reliquie di san Siro. § I. — Quantunque l’assoluto difetto di documenti ci vieti di ricercare nei loro particolari le primitive costituzioni della Chiesa Genovese, non vuoisi però mettere in dubbio che l’elezione de’Vescovi sia seguita fra noi giusta le norme che si praticavano comunemente a quest’ uopo, e che più Concilii aveano solennemente approvate e sancite. Il seggio episcopale doveva perciò rimanere vacante il minor tempo che fosse stato possibile, ed in ogni caso non più di tre mesi; l’eletto voleasi tolto dai cardinali, ossiano canonici, della Chiesa vedovata (*), ed anzi quegli che tra’ medesimi venisse per integrità di costumi, vastità di scienza ed attitudini (') A questo proposito abbiamo da Arnolfo (Histor. Mediol., lib. I, cap. I e II, apud Muratori, S. R. I., IV. 8), che nel 925 il re Ugo di Borgogna, conoscendo priscam . . . loci consuetudinem, ... ut decedente Metropolitano (Mediolanense) quilibet urnis ex Maioris Ecclesiae praecipuis Cardinalibus, quos vocant ordinarios, succedere debeat . . . , huius rei gratia iuniorem filium in eadem Ecclesia tonsurari decrevit. Atti Soc. Lig. St. Patria. Voi. Il, Fari. I , Fase. IH. 17 ( m ) speciali riguardato il digniore, secondochè raccomandarono nelle loro epistole varii Pontefici. Prescrizioni santissime, ma che troppo di frequente, a cagione di torbidi, furono poste in oblìo. Difatti nei primi accenni che rispetto a questo argomento si trovano negli Annali di Gaffaro, leggiamo che dopo la morte di Ottone (1120) per . . . tres annos stetit civitas sine episcopo (f); e la lunga vacanza, rileva opportunamente il eh. Grassi, trova bene la sua ragione nelle fierissime vertenze che erano sorte poco prima fra il Comune di Pisa e quello di Genova, combattenti per l’onore ed i privilegi del rispettivo Episcopato, non meno che nella condotta dell’arcivescovo milanese Anseimo da Pusterla già altrove da noi ricordata (2). Quanto è poi della elezione de’ Vescovi, essa era dai sacri canoni demandata al clero ed al popolo; i quali, trattandosi di un suffraganeo, aveano obbligo di farne entro l’accennato spazio di tre mesi la presentazione o postulazione al Metropolitano, e, trattandosi di un Metropolitano, al Pontefice. Non facendola, scadeano per quella volta dal loro diritto; ed il Metropolitano od il Papa provvedeva da sè alla cattedra vacante. Abbiamo detto dal clero e dal popolo, ma non voglionsi intendere già quelli di tutta la Diocesi, bensì limitatamente i chierici e gli abitatori della città; i quali componeano insieme la civium universorum collectio, come esattamente si esprime, secondo a noi pare, il cronista Landolfo seniore (3). Così il nostro vescovo Oberto, par- (') Veci, a pag. 318. (*) Grassi, l Vescovi di Genova, all’ari. Airaldo; o ved. anche a pag. 322 del presente volume. (s) Landulphi Senioris Ilistor. Mediol., lib. IH, cap. II; apud Muhatohi, S. Il- 1-, IV. 9G. ( 405 ) landò della elezione di san Siro, nota che cuncta Plebs Januensis TJrltis unanimiter et consona voce sanctum ministrum Syrum in Sacerdotem subrogaverunt ('); e ci è buon testimone, se non altro, dell’uso vigente nei tempi in che egli scriveva. Nè, riflette il Nardi, poteva essere altrimenti; « considerando che chi avesse fatti venire i villani ed i preti rurali, i quali dipendevano dai potenti, i primi per colonia, i. secondi o per patronato o cappellania, . . . sarebbero stati inevitabili i partiti e le male arti, e indipendentemente da ciò ne sarebbe nata una strana confusione » (2). Cionondimeno se ristringendo nei soli preti ed abitanti della città il diritto di concorrere alle elezioni si menomarono i pericoli, questi per fermo non si scongiurarono affatto, in ispecie dopo le grandi contese che tennero si acerbamente divisi il Papato e l’impero. Del resto, lasciando anche da parte le dissidenze politiche, come mai sareb-besi potuta contenere una moltitudine sempre grande e per lo più indocile e capricciosa, senza che in mezzo ad essa si aprissero l’adito que’ brogli che in altro campo viziano pur oggi la espressione delle popolari elezioni? Fu dunque bene inteso e provvido il costume de’ tempi posteriori, quando la nomina de’ nostri Vescovi ebbe luogo per compromesso, in quella guisa medesima che troviamo essersi adoperato eziandio per le civili magistrature (3). Che se del tempo nel quale andò in vigore (') Dolland. , A età Sanctorum, sub die 29 iunii. (*) Nardi, Dei Parrochi, 11. 444. O Un atto del 1147 rammenta: electores consulum et electores electorum ( Jur., I. 131). E nei due Brevi delle Compagne del 1157 e 1161 si legge: Ego . . . non consiliabor cum aliqua persomi ut ego aut alter sim rei sit consul, nec elector consulum, neque electorum (Atti, 1. 158). ( m ) siffatto sistema a noi mancano gli indizi per discorrerne con sicurezza, vogliamo però osservare che a mezzo il secolo XI non doveva essere ancora introdotto , giacché il precitato vescovo Oberto ricorda senz’ altro il concorso alle elezioni di tutta la Plebs Januensis Urbis. Ma neppure si ha da credere posteriore gran fatto agli inizi del secolo XII, se si avverta che 1 annalista Gaffaro descrivendoci le cerimonie giusta le quali segui nel 1163 la nomina dell’arcivescovo Ugone, mostra parlarne come di pratiche non più nuove allora. Eadem vero die (cosi egli si esprime, e fu per avventura il 1.° di ottobre) slatini post humationem ipsius (Syri II), convenerunt clerici et religiosi viri, consides quoque et pars magna senatus, et de eligendo pontifice tractatum habentes, in unum spiritum convenerunt. Commissa est itaque electio abbatibus sancti Benigni, sancti Syri, sancti Ste-phani, prepositis sancte Marie de Vineis, sancti Donati, presbiter is Johanni de sancto Damiano, Vassallo sancte Marie de Castro, Oberto de sancto Ambrosio, canonicis quoque presbitero Ribaldo, magistro Anseimo et Dodoni subdiacono, qui omnes de electione ipsa in hunc modum iuraverunt: Sancti Spiritus adsit nobis gratia. Ego cum sociis mihi ad hoc assignatis, absque omni fraude et DOLO, NIHILUM OBSTANTE VEL PERSUADENTE AMORE VEL ODIO, TIMORE AUT SERVICIO ULLO , ELIGAM IN ArCIIIE-P1SCOPUM CIVITATIS HUIUS ILLAM PERSONAM QUAM MORIBUS ET SCIENTIA AD HOC CONVENIENTIOREM ET HONESTIOREM ET UTILIOREM COGNOSCAM, VEL SINE FRAUDE CREDAM, ITA TAMEN QUOD NOSTRE HUIUSMODI ELECTIONI PUBLICE ANNUERIT. Quo iuramento prestito, convenerunt iuxta altare beati Laurentii nominati electores, et prius m canonicos inspicientes eiusdem ecclesie, elegerunt in Archiepiscopuni dominum Ugonem, qui tunc archidiaconus erat; qw ( 405 ) eadem die a clero et populo in sede pontificali est feliciter constitutus (1). Nè in guisa dissimile avvenne la nomina del successore immediato di esso Ugone, descrittaci da Ottobono Scriba sotto l’anno 1188; e nè pure da tale disciplina si dipartirono gli elettori di Ottone alessandrino nel 1203 e di Giovanni da Gogorno nel 1239. Bensì in queste due ultime elezioni fu assai più esiguo il numero dei compromissari: manifesto segno che il Capitolo Metropolitano divisava ormai di ristringere in sè stesso quel dritto. Nè il farlo poteasi giudicare onninamente fuor di ragione; perchè col moltiplicarsi delle parrocchie in città, il clero secolare non era più tutto nella cattedrale; mentre l’intervento del regolare, secondo rileva il Nardi, non procedette mai da alcuna ragione assoluta, ma piuttosto da una speciale cortesia od anche da qualche privilegio particolare (2). Al Capitolo adunque nell’ una e nell’ altra delle ultime elezioni citate vedonsi riserbate, giusta siffatto principio, o la ingerenza esclusiva, o quanto meno la preponderanza. Conciossiachè alla nomina di Ottone concorrono soltanto il preposito e l’arcidiacono di san Lorenzo (3); e per quella del Oo-gorno electi fuerunt electores duo de Capitulo, videlicet dominus magister Hugo prepositus et presbiter Rollan-dus, et unus de omnibus aliis, scilicet abbas sancti Sijri, fuit electus per alios prelatos. Ma rispetto a quest’ ultimo il cronista diligente si affretta a soggiunger la clausola: salvo iure Capituli (4). Frattanto il sistema delle elezioni per compromesso (’) Caffari Annales, a. 1163. (*) Nardi, Op. cit. , II. ili. (3) Ogerii Panis Anmles, a. 1203. (') Bartii. Scridae Amales, a. 1239. ( 406 ) veniva a soggiacere, e quasi dissi a soccombere, a due colpi gravissimi; conciossiachè l’anno 1253 papa Innocenzo IV, forse perchè genovese, volle di sua spontaneità provvedere al governo della nostra Chiesa, dando al Cogorno un successore nella persona di Gualtieri da Vezzano. Poi, morto costui nel 1274 (26 settembre), essendo la città desolata da gravi torbidi e sottoposta ad interdetto, trascorse il tempo utile onde fruire, giusta le prescrizioni dei Concili del diritto di nomina; nè in seguito gli elettori si arresero allo invito di papa Gregorio X, il quale avea con lettere del 4 giugno 1275 ordinato loro di comparire al suo cospetto entro lo spazio di un mese, allo scopo di provvedere di concerto al seggio lungamente vedovato ('). Di questa guisa l’arcivescovado continuò a rimanere vacante infino a che Ottobono Fieschi, salito alla cattedra papale col nome (’) Queste lettere trovansi riferite dallo Schiaffino (Annali Ecclesiastici mss., ad ann. 1275) e dal Campi (Apologia di Gregorio X, pag. 468, num. 199, benché erroneamente sotto il 1274); e sono del tenore seguente. Gregorius episcopus etc. G. de Lavania magistro scholarum Januen etc. Ex impacato civitatis ianuensis statu in ordinatione Ecclesiae ad praesens Pastoris solatio destitutae non immerito discordiam formidantes, ac volentes imminentibus propter hoc ipsius Ecclesiae obviare dispendiis et animarum periculis providere , discretion' tuae per apostolica scripta mandamus quatenus Capitulo ipsius Januensis Ecclesiae et aliis qui in electione Januensis Archiepiscopi vocem habent, cum qua poteris celeritate dennneies, seu denunciati facias, quod infra mensem post denunciationem huiusmodi ad praesentiam nostram aliquos ex se ipsis cum sufficienti mandato ad celebrandam de assensu et ordinatione nostra electionem huiusmodi Archiepiscopi, una cum illis canonicis ianuensibus qui tunc fuerint ib/dem absque difficultate transmittant, eisque omnem aliam ordinationem districtius interdicas. Nos enim ordinationem huiusmodi Ecclesiae nostro arbitrio reservantes, decernimus ex nunc irritum et inane si secus de illa contigerit attemptari. Diem vero huiusmodi denunciationis et formam, et quicquid inde feceris nobis per tuas patentes litteras harum seriem continentes seu munimenta publica studeas fuleliter intimare. Datum Bcllicadri IV nonis iunii, Pontificatus nostri anno IV. ( 407 ) di Adriano V, nel breve tempo in cui provò quanto pesi il gran manto levò via l’interdetto, e seguendo l’esempio di suo zio Innocenzo IV, mandò a reggere la Chiesa nostra Bernardo da Parma (1276), il quale per dirla coll’annalista nec Comuni fuit nec populo gratisous ('). Cosicché, conclude il Paganetti « fecero più di novità su questo punto i due Pontefici genovesi, che gli stranieri » (2). Che se tosto, alla morte di Bernardo (1287), il Capitolo Metropolitano fece prova di richiamare in sè stesso la prerogativa della elezione ; la discordia de’ suoi membri , che si scissero in quattro partiti eleggendo ciascuno un campione, diede origine a tali scandali di cui niun fatto valse meglio a corroborare la intromissione assoluta de’ Papi. A cessare pertanto ogni contesa, Nicolò IV deputava Obizzo Fieschi all’amministrazione della Chiesa Genovese (1288); e dopo la costui morte eleggeva in arcivescovo Jacopo da Varagine (1292), come più tardi Bonifazio Vili nominava a succedergli il famoso ghibellino Porchetto Spinola (1299). Tuttavia si vuol riflettere come entrambe le elezioni, piuttosto che abrogare nettamente l’antica disciplina, fossero fatte in via di mera eccezione, ed avessero per causa le turbolenze che ogni di più infuriavano in Genova. Tanto è vero che la bolla di nomina dello Spinola afferma avvocata la stessa alla Santa Sede per questa volta, e con ciò viene a riconoscere implicitamente il diritto del Capitolo Genovese. Sane dudum Ecclesia Januensis per obitum bonae memoriae fratris Jacobi . . . Pastoris solido destituta, nos provisionem ipsius Ecclesiae hac vice (’) Ooeuti Stanconi etc. Annales, a. 1276. (*) Paganetti, II. 209. ( 408 ) dispositioni Sedis Apostolico duximus reservandam ('). Ditatti le due posteriori elezioni ebbero nuovamente luogo mercè l’opera di esso Capitolo; conciossiachè leggiamo nello Stella (1321) che, morto appena lo Spinola, a canonicis . . . Ecclesiae Januensis Bartholomeus de Regio, qui erat ex ipsis canonicis .... archiepiscopus fuit electus (-); e sappiamo del pari che dai canonici stessi (1336) fu nominato Goffredo Spinola (3). Se non che quest’ ultima elezione non potea più considerarsi legale,, dacché per bolla data in Avignone del 30 luglio 1322, papa Giovanni XXII rendendo più stabile il sistema che in via temporanea vedemmo adottato da alcuni suoi predecessori, avea riservato alla Santa Sede il provvedere non pure a’ Vescovadi, ma ad ogni altro benefizio che fosse d’ allora in poi rimasto vacante nel patriarcato d’Aquileia, e nelle archidiocesi di Milano, Ravenna, Genova e Pisa (4). Difatti Goffredo rinunciò (') Waddingus, Annales Minorum, a. 1299: Regestum. (*) Stella, Animi., col. 1045. — Il Paganetti (II. 230) non sa perchè Bartolomeo, « essendo straniero . . . , d’esser canonico di questa Cattedrale (di Genova) ottenesse *, parendogli senza fallo che a ciò dovesse ostare il Pri vilegio di papa Gregorio IX, il quale nell’anno 1238 avea conceduto quod canonici ianuenses non eligant canonicos nisi de civitate Januae. Cosi leggiamo infatti negli Annali di Bartolomeo Scriba (a. 1233); ma ogni difficoltà scompa risce, se il premesso non si disgiunga dalle parole che immediatamente gli fanno seguito e dicono: salva auctoritate Domini Papae. Dunque l elezione di Bario lomeo a canonico di Genova ebbe luogo verisimilmente per opera di un qualclto Pontefice. (*) Ughelli, IV. 889. (') Raynaldus, Annales, etc., a. 1322, § IV: In Patriarchatu Aquileiensi, nec non Mediolanensi, Ravennate, Januensi et Pisana Provinciis consistentes ecclesiae, quas et (/nae frequenter, pro ut experientia docuit, retroacti et hucusque continuata malitia temporis in earum provisionibus variis noscitur discriminibus subiecisse, nostrae mentis obtutibus occurrere; ac proplerea similibus in posterum obviare periculis, donec favente Domino, sublata procella ( 409 ) tosto ad ogni ragione derivante dalla nomina capitolare nelle mani di Benedetto XII; e questi mandò al governo della nostra Chiesa Dino di Radicofani trasfe-rendovelo dal Patriarcato di Grado. Vero è che la bolla in discorso allega siccome causa di tale riserva le gravi discordie che ad ogni elezione si concitavano, e limita quindi lo esercitarla donec......, sublata procella temporis irapacati, eisdem Ecclesiis et personis earum plena in eligendo securitas ministretur ; ma è vero altresì che questa disposizione non venne mai rivocata; per modo che le successive nomine degli Arcivescovi Genovesi furono tutte fatte dai Sommi Pontefici. « Forse altrimenti sarebbe ito V affare (concluderemo col Paganetti), se avesse nelle elezioni avuto parte col Capitolo il clero, e col clero il popolo tutto ... ; ma perchè prima del clero cessò il popolo, e poi dal Capitolo fu escluso il clero, cosi ora il Capitolo restò escluso dal Papa. Della mondana politica negli affari di Chiesa queste sono le solite conseguenze » (‘). § II. Venendo ora a trattare della consecrazione, rammentiamo come innanzi all’ erezione della nostra Chiesa in metropolitana, questa cerimonia spettasse di pieno diritto agli Arcivescovi Milanesi (3); e come essi vi potessero anche ottemperare col mezzo di delegati, ed temporis impacati, eisdem ecclesiis et personis earum piena in eligendo securitas ministretur, solicitis affectibus cupientes ; pi'ovisionem omnium patriarchalium, archiepiscopalium, episcopalium, et aliarum quarumlibet ecclesiarum . . . nunc ubicumque vacantium, et quae deinceps vacare contigerit, dispositioni et ordi-nationi nostrae et Sedis Apostolicae de fratrum nostrorum consilio usque ad eiusdem Sedis beneplacitum de apostolice potestatis plenitudine reservamus. (') Paganetti, II. 234. (*) Ved. a pag. 319; e Giumni, Mem., voi. I, pag. 421 , voi. II, pag. 43, 332. ( 410 ) * eziandio oltre i limiti segnati alla vastissima loro Ar-chidiocesi. Difatti allorché l’arcivescovo Anseimo IV disponevasi a partire per la Crociata, Grossolano eletto vescovo di Savona fu per ordine di lui consecrato in . Milano da Armanno di Brescia, Airaldo di Genova, Mainardo di Torino (•); e d’altra parte Villano successore di Armanno nella sede di Brescia venne consecrato dall’arcivescovo Giordano da Clivio (1116) in Roma. Una eccezione soltanto si vuol fare per quello che a noi con- (') Ved. a pag. 321; Landulpiii Junioris Ilistor. Mediolan., cap. XXX; Giuutn, II. 632. Quella nota di Caffaro sugli ultimi nostri Vescovi alla quale di già più volte dovemmo riferirci, ne fa sapere che Airaldo suaccennato ricevette la con-secrazione nel 1099 (ved. a pag. 318); che da quel punto visse 17 anni, e che mori nel 1116, correndo la vigilia di san Bartolomeo (23 agosto), in tercioanno consulatus Lamberti Guezi et sociorum, Se non che in queste due ultime indicazioni il eh. Grassi ha con F usata sua acutezza rilevato un grave equivoco che a noi era sfuggito, e che ora stimiamo importante il notare con le sue stesse parole. * Per sentire tutta la forza di questa dilucidazione (dice egli adunque), è bene aver sott’occhio il resto di quella nota che prosegue: sed post tempus electionis vixit per annos XVIIII in Jamensi civitate. Tutta questa forinola o fu gittata là di memoria da più di un mezzo secolo dal fatto, o fu malo rilevata da alcun appunto mal esteso preesistente. Conciossiachè non paia vero, che Airaldo morisse la vigilia citata, benché sia vero che ciò avvenisse nel terzo anno di quel Consolato. Un prezioso Kalendarium ms. pergameno del 1300, copia di lavoro anteriore, esistente nell’ Archivio del Capitolo della nostra Metropolitana, fra le note mortuarie ivi distribuite ai giorni debiti, sotto gli otto di novembre scrive: Obiit dominus Ayraldus Episcopus Januensis, testimonianza ben più attendibile che non possa ritenersi la mentovata nota. In essa... dev’essere corso un equivoco, attribuendo quella data alla morte, cho forse voleva esser riferita ad altro fatto, come sarebbe por un esempio, il dì dell’elezione ». Con questa opportunità avvertiamo puro di buon grado come lo stesso Grassi opini che al suddetto Airaldo, anziché a Ciriaco, debba essere diretta la lotterà di papa Urbano II altrove da noi citata ; e stimi del pari cho Airaldo non abbia appartenuto all’Ordine dei Mortariensi, benché sia da considerare autorevole fondatore della loro Canonica in Genova. Su questi due punti pertanto il eh. Autore dei Vescovi di Genova si discostorebbe da quello che noi abbiamo scritto a pag. 317 e 319. ( 411 ) cerne, ed è a proposito della consecrazione di Siro II. Il quale, siccome abbiamo da Gaffaro, electus fuit (episcopus) praesente papa lnnocentio qui tunc Januae erat; e poscia in eodem anno ab eodem Papa apud Sanctum Egidium (l) consecratas fuit (2). La bolla poi del 1133, con cui lo stesso papa Innocenzo II elevava la Chiesa di Genova alla dignità metropolitica, dovendo in tutto pareggiarla a quella di Pisa, disponeva ut Januensis Archiepiscopus, eo ordine quo et Pisamisì a solo Romano Pontifice consecretur ; non senza aggiungere quod si forte Pisanus Archiepiscopus a suis suffraganeis fuerit consecratus, Januensis quoque a suis nicliilominus similiter consecretur (3). Oltre di che nel modo stesso in cui Onorio II aveva, sino dal 1126, consentito a favore del Primate Pisano l’uso del cavallo nelle processioni, coll’ornamento di una bianca gualdrappa (4), cosi egualmente la bolla sopra detta il concedeva all’Arcivescovo Genovese, accompagnandovi eziandio il privilegio di farsi recare innanzi la croce per tutta la diocesi (provintia). Bensì Alessandro III, con altra bolla del 9 aprile 1161, modificava le riferite sanzioni, determinando ut Januensis Archiepiscopus a suffraganeis suis consecretur, pallium pontificale ad officii plenitudinem a Sede Apostolica recepturus; mentre alle già mentovate onoranze aggiungeva in perpetuo, a favore del-l’Arcivescovo stesso, la dignità di Legato transmarino (5). In dipendenza del privilegio alessandrino la consecrazione di Ugone e quella di Bonifazio avrebbe dovuto (*) Saint-Gilles in Provenza. (’) Caffari Annales, a. 1130. (*) Lib. Jurium , 1. 42. (*) Mattei , Ecclesiae Pisanae Histor., voi. I; Appendix, pag. 32. (l) Ughelli, IV. 867; Jurium, I. 307. \ ( 412 ) compiersi adunque per l’opera dei suffraganei; ma noi non abbiamo indizio alcuno che positivamente ce ne assicuri; nè ci persuade l’argomento allegato dal Paganetti rispetto ad Ugone medesimo, che cioè, « trovandosi il Papa in Francia, era l’accesso alla Curia Papale di troppo incomodo e pieno di rischi » ('). Lasciando stare l’esempio di Siro II, che precisamente nella Francia da papa Innocenzo ricevette la consecrazione, noi teniamo anzi che, anche dopo di aver soddisfatto altrimenti a questa cerimonia, nè l’uno nè l’altro dei menzionati Arcivescovi poteva esimersi dal presentarsi al Pontefice per ottenerne la grazia del pallio. Ottone poi era di già consecrato, perchè alla nostra Chiesa fu trasferito da quella di Bobbio; nè in seguito le memorie che abbiamo ci lasciano alcun dubbio ragionevole circa l’assoluto abbandono del privilegio in discorso. Giovanni di Cogorno ivitRornam ... et. . . prima, die fuit examinatus, secunda consecratus, et tertia die fuit gratiam pallii consequutus (2). Gualtieri da Vezzano e Bernardo da Parma, come eletti dal Papa, dovettero per fermo essere anche da lui consecrati; nè invero, per riguardo all’ ultimo di essi, ci lasciano supporre in guisa diversa i cronisti, laddove scrivono senz'altro che Januam veniens die VI septemhris, diademate et paramentis indutus, civitatem intravit... Sic autem incedens, Januen-sem est ingressus Ecclesiam, qua oratione completa exiens Archiepiscopale intravit Palatium (3). Da canto suo il Varagine scrive di sè medesimo, che per dominum Nicolaum papam quartum... Archiepiscopus est creatus\ (') Paganetti, II. 19-2. (*) Bartii. Scridae Annales, a. 1239. (*) Oberti Stanconi etc. Annales, a. 1276. I ( 413 ) qui quidem Papa ipsum per suas litteras ad suam praesentiam vocaverat, ut sibi consecrationis dignitatem impenderet et pallium sibi daret. Se non che, morto essendo Nicolò nel frattempo, il nostro Jacopo in octava Paschae (1292) per venerabilem virum patrem dominum Latinum Ostiensem fuit consecratus, et in ipsa die sive hebdomada palliatus (*). § III. Nei primi tempi del Cristianesimo il nome di ecclesia venne attribuito genericamente a tutti gli edifizi nei quali furono soliti di congregarsi i fedeli. Moltiplicatisi poi col volgere de’ secoli siffatti luoghi, s’introdussero più distinzioni; ed ecclesiae chiamaronsi quelle soltanto ove si celebravano i riti più solenni, che è a dire le cattedrali, mentre gli altri edifìci assunsero gli appellativi di basiliche, oratorii, cappelle, e somiglianti. Le cattedrali poi si dissero anche madri e matrici, pievi, battisteri, o chiese battesimali (2); e parrocchie talvolta si chiamarono eziandio le intere diocesi. Così una legge di Carlo Magno rammenta le ecclesiae et cappellae quae in una parrochia sunt (3) ; e così la citata bolla di papa Onorio II, del 1126, dà alla diocesi di Pisa il titolo di Pisana Parrochia (4). E siccome in antico i soli Vescovi, assistiti dal loro clero, amministravano il battesimo, e nelle città vescovili, secondo che dimostrò il Lupo, non furono prima del Mille istituite altre parrocchie all" infuori della Cattedrale (5), così il battistero quivi eretto (') Varagine, Chron. Gen., apud Muratori, S. R. 1., voi. IX, col. 53. (*) Lupus, De Parrochiis; Dissort. I, cap. VI. (5) Caroli M. Leges, apud Muratori, S. R. /., voi. I, par. II, pag. 133. (4) Mattei, Op. cit., voi. I; Appendix, pag. 32. (s) Lupus, Op. cit., Dissert. 11. ( m ) fu allora unico per tutta la Diocesi; mentre i parrochi delle campagne doveano condurre nel sabato santo ai Vescovi i loro parrocchiani battezzagli (*). Or, quanto a noi, conferma appieno l’una e l’altra di queste sentenze la bolla più volte ricordata di papa Innocenzo II (1134), laddove, riferendosi all’atto di donazione delle decime a san Siro, seguito per opera del vescovo Oberto nel 1052, afferma che di que’ giorni in Januensi Civitate ecclesia tantum beati Laurentii baptismatis erat (~). Il battistero poi era un «tempietto per lo più separato dalla Cattedrale, ma ad essa vicino; e così è del nostro di san Lorenzo, tuttora esistente sul lato sinistro del Duomo: le porte del quale battistero sappiamo che appunto nella citata solennità del sabato santo, lungo il secolo XII, custodiva il Gintraco donec Archiepiscopus et canonici veniant ad benedicendos fontes cum processione (3). E ciò naturalmente per impedire i disordini della folla che vi conveniva all’oggetto non solo di vedere, ma anche di essere battezzata; giacché molti allora tardavano a ricevere questo sacramento infino agli anni della vecchiaia (l). Il diploma del vescovo Teodolfo del 952, e più ancora un altro di Siro II del 1132, sono una ben chiara riprova delle cose suddette; e forse non furono mai bene spiegati perchè mai non vennero intesi in questo senso. Gonciossiachè tali atti ci mostrano appunto quanto estesa fosse, a così esprimerci, la parrocchialità di Genova, e ci conducono a riconoscere le modificazioni che questa (’) Nardi, I. 119. (’) Reg. Arciv., pag. 447. (*) Lib. Jurium, I. 78. (*) Nardi, I. 119, 122, 124. ( 415 ) parrocchialità medesima ebbe a subire intorno al primo terzo del secolo XII. Il diploma teodolfìano revocando certe concessioni fatte ad un prete Silvestro, per le quali si credeano vulnerati i diritti della Cattedrale (credentes nos... sanctam matrem Ecclesiam offendisse), attribuisce ad essa Cattedrale omnem decimationem ipsius Ecclesiae antiquitus pertinentem, per fines et colierentias designatas : foris muro civitatis Janua usque in fosato Aura Palatii ('), et flumen Vesano, et usque in fosato sancti Mi-chaelis (-), in usum et in sumptum clericorum ibidem assidue Deo militantium (3), che è quanto dire a beneficio del Collegio canonicale. A sua volta poi il diploma di Siro II reca a vantaggio dello stesso Collegio la donazione della decima de cunctis domnicatis que ipsi qui habitant et habitaverint in civitate Janua, et burgo et in castro fecerint. . .' per terminos a flumine Bisagni asque ad flumen Sturle, et desuper per stratam romeam usque ad mare (l). Oltre di che conferma ai canonici medesimi totam decimam de Calignano . .. (’) Questo fossato scorro ai piedi della collina sulla quale sorge la chiesa di sant’Antonino di Casamavari, e si scarica nel torrente Felino sul destro fianco del civico Cimitero di Staglieno. (*) Di Fassolo. 0 Atti, I. 279. (*) L’appellativo di strada romana, assai più comune nelle antiche carte di quello che d’ordinario si creda, e sempre adoperato per denotare una via di molta importanza, trova qui la sua applicazione in quella che da Genova saliva con uno de’ proprii rami a Molassana, quindi pel Greto a Montaggio, mentre por l’altro metteva alla Scoderà ed a Torriglia. Ma limitandoci a seguirne l’andamento pel solo tratto cho può giovare alle presenti ricerche, notiamo eh’essa strada dall’attuale cappella di san Rocco, ai piedi della salita che riesce alla chiesa di Molassana, attraversava il torrente Geriato e per l’antico abitato del-l’Olmo seguitava fin sotto alla Rocca, donde si protraeva direttamente a San Cottardo e al rivo inferiore della Cicala, fiancheggiando in molti punti ( 416 ) insimul cum tota decima de Ravecca, per terminos a flumine Besagni usque ad mare, et per viam que venit Besagno ante sanctam Martinum , et ante hospitale sancti Stephani usque ad portam civitatis, insimul cum tota Ravecca usque ad mare ('). A bene intendere questi documenti, conviene or dunque l’acquedotto romano del quale tuttor si vedono considerevoli traccio in prossimità della Rocca medesima. Lambendo poi essa strada la collina di Preli, che è forse il colle del Pradellum Staiani ricordato in atti del secolo XI e de’ successivi, cavalcava il torrente Figallo e proseguiva pel Prato fino alle Gavette: dal quale punto esiste anche al di d’oggi sino all’incontro del civico Cimitero ove coincide colla salita che giunge all’odierna parrocchiale di Staglieno. Doveva quindi la nostra via ripiegare a monte sino al torrente Veilino nello spazio ora occupato dal Cimitero suddetto, attraversare quel corso d’ acqua superiormente alla odierna Strada Provinciale, e così entrare nell’abitato di Caderiva donde tuttodì continua sino al torrente Chiapasso. Di qui inoltre biforcandosi, un tronco saliva allo Mino (Zerbino); l’altro percorrendo la collina di Moltedo, e quella occupata da’ terrapieni sotto il moderno bastione di Montesano, discendeva all’ Isola detta pur di Moltedo, e per la Braida (ampia distesa di territorio il cui nome a’ dì presenti si stringe come pallido ricordo alla via di Abrara) e il Prato di San Martino, or di Bisagno, metteva al mare nel luogo della attuale Foce del torrente, che in antico e per certi indizi che se ne hanno dai documenti, dovea scaricare le proprie acque buon tratto più a levante. Accenneremo ancora di passaggio che sulla mentovata collina di Moltedo fu eretto nel secolo XV l’insigne convento di santa Maria della Consolazione, demolito poscia per ordine pubblico nel 1681, ma di che tuttavia si scorgono alcuni avanzi a nord dell’odierno Gazometro; anzi che il luogo preciso su cui sorgeva il convento appellavasi ed anche al presente si appella Artoria, probabile significazione di alto la via, se si consideri come da’ contadini del Bisagno si denoti col nome di ria dto ogni tratto di strada che si elevi alcun poco sopra il letto delle acque. Per queste e per altre ricerche topografiche riguardanti la Valle del Bisagno, dobbiamo dichiarare che molto ci attenemmo alle copioso memorie adunate con isquisita diligenza dell’egregio amico nostro signor Francesco Podestà, ed alla bellissima carta topografica che egli ne ha delineata, iscrivendovi collo antiche denominazioni le moderno. La Società Ligure di Storia Patria, cui tale carta fu presentata, ha avuta opportunità d’apprezzare grandemente questo lavoro. (’) Ved. fìeg., pag. 444. Mettiamo in guardia il lettore contro il Varagine, il quale anticipa questa donazione fino a san Siro (Chron. Gemten., col. 25). ( 417 ) rifarsi col pensiero alla ristretta cerchia delle mura onde la città, appunto non molto prima del 952 era stata munita ('); e che non venne ampliata se non del 1155 per far fronte alle minacce del Barbarossa. Imperocché quelle mura tagliavano fuori della cinta tutti i luoghi superiormente accennati, precisamente come l’ultimo e massimo circuito ve ne lascia ancora una parte, che però sembra destinata ad essere prossimamente inclusa in una nuova delimitazione (2). Se però que’ luoghi non faceano parte della città, ben si consideravano membri della parrocchia ; e quindi i Vescovi faceano atto di loro piena autorità sui medesimi, donandone le decime al clero della chiesa parrocchiale. Che se ciò non basti, a noi non mancano per fermo altri argomenti, considerando come (’) Abbiamo più innanzi (pag. 271) riferito colle parole di Fredegario che Rotari (anno 641) distrutte le mura di Genova e d’altre città litoranee ligustiche, vicos has civitates nominare praecepit; cioè, manifestamente, fece divieto che le atterrate mura più si rialzassero; giacché la parola vicus è traduzione italica di burgus, che vale quanto domorum congregatio quae muro non clauditur (Liutprandi Ilistor., lib. Ili, cap. 12, apud Muratori, S. R. /., voi. II, par. I, pag. 4i>0). Nè le mura certamente erano rialzate ancora nello prime decadi del secolo X, se i saraceni poterono a più riprese agevolmente impadronirsi di Genova nel 918, 934 e 936. Anzi il Fiamma, derivando da antiche fonti la tradizione di quanto spetta alla prima invasione, dice chiaro che sarraceni . . . civitatem ianuensem nondum muratam sunt aggressi; homines et mulieres cum omnibus thesauris abducentes ad insulas maris, quas sarraceni . . . tunc possidebant. Sed ianuenses, resumptis viribus, insulas invaserunt; et mediola-nenses murum urbi cinxerunt satis parvum, cuius vestigia adhuc apparent. .. Ille autem murus qui nunc est, factus fuit temporis Federici Barbertibee (Galv. Flammae Chron. Maius, nella Miscellanea di Storia Italiana, voi. VII, pag. 578; LuMimoso, Comenti sulla Storia dei Genovesi, pag. 27 e segg.). (’) Mentre scriviamo sono infatti molto bene avviate, e con isperanza di esito favorevole, le trattative per annettere al Comune di Genova i Comuni suburbani di Stagliono, Marassi , San Fruttuoso, Foce, San Martino e San Francesco d’Albaro. L’annessione ricondurrebbe i limiti della civitas Januae precisamente a flumine Bisayni usque ad flumen Sturlae. Atti Soc. Lio. St. Patria, Voi. II, Pari. 1, Fase. III. 28 ( 418 ) le chiese delle città e dei borghi, della cui esistenza all’epoca della compilazione del Registro (1143) abbiamo documenti, sieno tassate a favore non d’altri che del Vescovo o de’ suoi canonici. Benché non lo essendo tutte ad un modo, conviene che qui se ne istituisca una distinzione. Poniamo pertanto in una prima classe quelle di esse chiese, che col procedere degli anni divennero parrocchiali, ed alcune delle quali nei tempi onde ci occupiamo già erano collegiate; ma in sostanza costituivano le basiliche, o, con voce meno antica, le cappelle: gli oratoHi insomma della città, che appunto, secondo la disciplina vigente a que’ giorni, dipendeano tutte dal Capitolo della Cattedrale ('). Imperocché il Vescovo ed i suoi canonici (come delegati di lui) erano i soli che rappresentavano e compievano l’odierno uffizio de’ parroci; essi soli andavano a celebrare negli oratorii predetti in occasione di festività o di funerali, e partecipavano così delle oblazioni che i fedeli recavano alle prime, come ai diritti che provenivano dai secondi (ì). Le chiese poi che il Registro ci rivela in siffatta condizione di dipendenza sono quelle di santa Maria di Castello, san Donato, san Giorgio e san Michele di Capo d’Arena (3). Che se il lettore chiedesse perchè noD vi (') Nardi, II. 300 e 411. (’) Nardi, II. 261, 301, 494. 0 Reg., pag. 6-8. Questa denominaziono di Arenasi adoperò manifestamente a significare un lungo tratto dol lido marino;'o senza fallo confinò a lovanto coi Prati (Prè), distendendosi a ponente fino all’odierna città di San Pier d’A-rena. Infatti il Borgo di San Tommaso, e le regioni di Fassolo o del Capo di Faro, nelle quali fu poi diviso questo spazio, recano in sò stesse la impronta di meno remote appellazioni, come quelle che procedono o dalla dedicazione di una chiesa, o dal fatto che una parto dell’yimia stessa fu ridotta a coltura, o finalmente dalla erezione di una torre a beneficio dei naviganti. ( 419 ) figurino eziandio le altre di san Damiano (') e di san Nazaro (2), mentre della prima occorre di già memoria in atti del 1049 (3), e della seconda si hanno riscontri non dubbi per documenti dell’ arcivescovato di Siro (4), noi dovremo confessare che tale mancanza , tuttoché di molto rilievo, non ci sembra spiegabile altrimenti se non col supporre che entrambe esse chiese sieno state erette a dignità di parrocchie dopo il 1132 bensì, ma innanzi il 1143. Però quanto alla sbggezione d’ogni cappella della città all’Arcivescovo ed al suo Capitolo, e^sa è pure di rimbalzo affermata ancora in un lodo del 1141, col quale i Consoli concedendo l’occupazione di un tratto di suolo pubblico in Sarzano, perchè vi si edificasse la chiesa che venne intitolata al Salvatore, pongono per patto : tribuant illi capellani qui steterint in illa ecclesia per unumquemque annum in natale domini denarium unum et candelam unam altari sancti Laurentii pro censu ; et insuper illa ecclesia sit óbediens et subiecta in perpetuum Archiepiscopo Ja-nuensi et canonicis sancti Laurentii quemadmodum sunt alie capello nostre civitatis (3). Se non che, taluno per avventura potrebbe ritorcere l’argomento, e gridarci che anche la chiesa di santa Maria di Castello dovea pur essere parrocchiale avanti (’) Ora dei ss. Cosma e Damiano. (*) Oggi comunemente di Nostra Donna delle Grazie. (3) Ved. CnAnTARUM II, col. 143; Vigna, La chiesa di santa Maria di Castello, pag. 463. (4) Judices delegati inter ecclesiam sancte Marie de Caskllo et ecclesiam sancti Nazarii et sancti Damiani, super controversia que inter eas vertebatur, .. . visa quoque sententia bone recordationis Syri ianuensis archiepiscopi super liis manifeste prolata, etc. (Vigna, Op. cit., pag. 476). 0 Lib. Jurium, I. 72. ( 420 ) il 1143, anzi prima del 1137, e che nondimeno figura nel Registro in quel modo che sopra abbiamo notato. Però se unica prova in favore degli avversari deve essere una bolla che dicesi emanata da papa Innocenzo II appunto nell’anno succitato del 1137, io non per questo vorrò darmi vinto. Gonciossiachè, pur non volendo qui suscitar dubbi sulla legittimità di quel titolo, che cosa mai esso ci afferma? che nella citata chiesa erano allora un Preposito ed un collegio canonicale: il che significa che santa Maria di Castello pareggiavasi alle chiese che abbiamo con essa enumerate e ad altre ancora di minore importanza, giacché quasi tutte le cappelle furono allora collegiate. Nè il Preposito avea cura d’anime, nè esercitava uffizi parrocchiali; era solamente il Capo della Canonica, e perciò, come talvolta ne’ bassi tempi venne appellato, il Prior canonicorum ('). Anzi la bolla che ci si vorrebbe opporre afferma di più: che santa Maria di Castello non era parrocchia davvero, e che tutta l’ingerenza ve l’aveano l’Arcivescovo ed il Capitolo del Duomo. Difatti : Archiepiscopus cum canonicis beati Laurentii et clericis civitatis... illue de more conveniant, et baptismi sacramentum ibidem ... peragant (ì). Imperocché rispetto alla solennità del sacro fonte, che il sabato santo si celebrava nel battistero contiguo alla Cattedrale, e nel sabato precedente la Pentecoste esegui vasi, come tuttora si eseguisce, a Castello, noi pensiamo che se tale cerimonia costituiva per una parte a favore di questa chiesa un privilegio sulle altre cappelle della città, per l’altra eziandio costituiva un diritto del Vescovo e del suo Capitolo di compiere quivi al inini- (’) Nardi, IF. 267, 360. (*) Vigna, Op. cit., pag. 468. ( 421 ) stero del Parroco. Oltre di che l’amministrazione del battesimo, conferita per tal guisa due volte all’ anno, soddisfaceva meglio alle occorrenze della popolazione indubbiamente e grandemente cresciuta. Donde poi l’accennato privilegio del fonte sortisse r origine , noi per fermo non ci faremo a indagare; bensì non ammetteremo quella dell’ antica cattedralità che per l’ordinario gli si attribuisce; conciossiachè tale origine derivi da una tradizione relativamente più moderna di quanto si crede. Forse ciò avveniva semplicemente per essere la chiesa di santa Maria posta nella più nobile ed importante parte di Genova, qual era il castello; ed inoltre per essere la più ampia non solo fra quante nel secolo XII si trovavano costituite nella dipendenza del Capitolo, ma fra tutte quelle, che eccettuato il Duomo, esisteano; dovendosi la costruzione della sua maggior nave ritenere non posteriore al 1100. Nè il fin qui detto è in contraddizione coll’ altra bolla dello stesso papa Innocenzo, del 1134, la quale riferendosi a fatti d’ alcun poco anteriori, allega qaod in Januensi Civitate ecclesia tantum beati Laurentii baptismatis erat (*) ; perchè qui la parola baptismalis ha certamente da intendersi nel senso di parrocchiale. Ed a Castello non era altri che il Capitolo di san Lorenzo quegli che battezzava. Alla seconda classe, giusta la nostra divisione, spettano poi le altre chiese cui i Vescovi aveano di già possedute in modo diretto ed assoluto, e delle quali si erano poscia espropriati in favore de’monaci, lasciando a costoro il godimento di ogni offerta, salvo un lieve tributo imposto per simbolo e ricognizione di signoria. (') Reg., pag. 4 i7. ( m ) Il tributo dovea prestarsi per lo più nella ricorrenza del Natale e della Pasqua; e le chiese che di esso troviamo gravate sono: santo Stefano degli Archi, donata a’ monaci benedettini prima del 972 come in seguito diremo; san Martino di Via, cappella campestre a levante di Genova, e forse appena ufficiata nel dì sacro al titolare, pel quale appunto si ordina la prestazione del tributo; san Siro, dove nel 1006 vennero introdotti gli stessi monaci; il santo Sepolcro di Capo d’Arena, ov’erano gli Spedalieri di san Giovanni Gerosolimitano; san Tommaso, al di qua della regione di Fassolo, monastero di benedettini vetustissimo anch’esso, ma del quale ci rimangono ignote le origini; e finalmente santo Stefano di Campofìorenzano in Polcevera, commessa nel 1139 alle cure della Congregazione Torinese di san Mauro (*). Oltre di che, non tardò molto a far passaggio a questa classe di chiese tributarie anche T altra già detta di san Michele, conciossiachè del 1145 veniva affidata alla Congregazione di san Rufo (2). Infine delle prestazioni dovute dalla cappella di san-t’Ambrogio già altrove abbiamo cercate le ragioni (3), ed a quelle rimandiamo ora il lettore. Se non che, a proposito della enumerazione che siamo fin qui venuti facendo delle nostre chiese urbane c suburbane, taluno potrebbe eziandio chiederci la ragione del silenzio sotto cui il Registro Arcivescovile, o totalmente, o quanto meno a proposito di tributi e prestazioni, si passa di alcune altre, delle quali nondimanco all’ epoca del Codice è bene accertata la esistenza. E 0 pag. 7-8, 29. (’) Reg., pag. 331. (5) Ved. a pag. 269 o scgg. ( 425 ) per vero l’atto del 1008, in vigore del quale il vescovo Giovanni II stabiliva i monaci benedettini nella chiesa dei santi Vittore e Sabina, recava a favore di esso Vescovo e de’ suoi successori 1’ obbligo di un tributo da prestarsi in Domo (‘), mentre un diploma del vescovo Corrado I (1036) il confermava. Sicché il non incontrare la chiesa stessa fra quelle che abbiamo sovra enunciate non trova per noi spiegazione plausibile, fuorché nel supporre una posteriore esenzione a noi non pervenuta. La troviamo invece rispetto alla basilica di san Marcellino nel borgo occidentale, ed alla chiesa di san Nazario in Albaro; chè 1’una rilevava dal monastero di san Siro, l’altra da quello di santo Stefano, senza che gli atti in forza de’ quali passarono a siffatte dipendenze riservassero punto alcuna prestazione in favore de’ Vescovi (2). E dicasi il medesimo della chiesa di san Pietro della Porta (oggi de’ Banchi), già rammentata in un diploma confermativo del 972 come soggetta al celebre monastero di Bobbio (3); indi passata sotto la giurisdizione del primo cenobio che la regola di san Benedetto ebbe in Genova, che è quanto dire il precitato di santo Stefano. Finché, molti anni dopo, si affrancò da tal soggezione nei modi rammentati da una epigrafe la quale tornerà opportuno il recare in calce (4). o Reg., pag. 432. (*) Reg., pag. 433 ; Cartario, pag. 27. (s) Ughelli, IV. 972; Rossetti, Bobbio illustrato, I. 144. (') Questa epigrafe già murata in e*sa chiesa, poi, a testimonianza dello Schiaffino (Annali ecclesiastici mss., a. 1125) serbata presso il Magistrato dei Padri del Comune, e st impata dal Paganetti (Istoria Ecclesiastica, voi. II, pag. 341), è cosi concepita : t Tempore domini sigi fri di episcopi, precepto et consilio eius, ecclesia hec deliberata fuit ab omni subtectione sancti stephani. prò delibera-tione cuius libras l cicini sancto steplmo tribuere, jicxxviiii. mense augusti, inditione v. ( m ) Similmente la chiesa di santa Margherita di Marassi dipendeva dal medesimo monastero di santo Stefano sino dal 1027 ('); e quella dei santi Genesio ed Alessandro in città rilevava senz’altro direttamente dai canonici di san Lorenzo, per virtù della incondizionata donazione loro fattane (1087) dal vescovo Corrado II (2). San Vittore di Prò era una cella del famoso monastero omonimo di Marsiglia, a cui la confermava una bolla di Urbano II del 5 aprile 1095 (3); san Teodoro a Fassolo (1100) e san Giovanni Battista di Paverano (1118), spettavano ai canonici lateranensi e dipendevano dalla Congregazione di santa Croce di Mortara (4); e le monache benedettine di santo Andrea della Porta (1109) non erano legate d’obblighi fuorché a santa Maria di Castello (J). A tutti poi è noto che san Benigno di Capo di Faro (1100 circa) e san Matteo dei D’ Oria (1125) dipendevano l’uno dall’ insigne monastero di Fruttuaria, e l’altro dal-l’Abbazia di san Fruttuoso di Capodimonte (6). San Benedetto a Fassolo (1129) apparteneva alle monache della Congregazione di Cistercio, con dipendenza dall’insigne (’) Cartario, pag. 134. C) Reg., pag. 442; Ughelli, IV. 846. (3) Ved. GuÉiunn, Cartulairc de S. Victor de Marscille, voi. II, pag. 269, car. num. 840. Apud Januam sancti Victoris cellam in proprio Massiliensi ce-nobii iure constructam etc. (') Ved. a pag. 205 o 219; Giscaiidi, Origine c successi ecc. delle chiese di Genova, ms. Gli anni che poniamo tra parentesi denotano l’epoca dello primo memorie di ciascuna dello chiese onde tocchiamo, non poro sempro quella di loro fondaziono. Di alcuno fra esse vedremo infatti nel capitolo successivo una ben maggioro antichità. (5) Ved. Vigna, L’antichissima Collegiata di santa Maria di Castello, ecc. pag. 84, 204. (") Ved. D’Oiua, La chiesa di san Matteo, pag. 7. •( 423 ) abbadia di sant’Andrea di Sestri (f) ; e santa Fede (1142) era di pertinenza dei cavalieri gerosolimitani del santo Sepolcro di Prè (2). Rimangono cosi solamente altre due chiese, e forse allora tuttavia semplici cappelle; vogliam dire santa Maria delle Vigne e san Pancrazio. Ma la prima (980) era di giuspatronato privato, comecché di fondazione di due Visconti genovesi (3) ; della seconda, ricordata in atti del 1019 e 1036 (4), si smarriscono quindi le traccie, finché ci ricomparisce molto più tardi sotto il patronato de’ Calvi, de’ Falamonica e dei Pallavicini. Tornando ora alla estensione attribuita, secondo le nostre argomentazioni, alla parrocchialità di Genova, diremo eh’ essa non ci deve sembrare inusitata per quei giorni. Una bolla di papa Innocenzo II, del 1133, conferma ai canonici della cattedrale di Novara i diritti procedenti dai funerali e le decime della città stessa, appunto perchè ivi non era sorta ancora alcun’ altra parrocchia (5) ; e il fatto di un’unica parrocchia si ri- (') Remondini (Angelo e Marcello), Il Sacro Ordine dei Cisterciensi in Liguria; nel Giornale degli Studiosi, voi. VI, pag. 201. Taluno potrebbe chiedere perchè da noi si taccia dell’altra chiesa di monaci cisterciensi cho fu santa Maria dello Zerbino. Rispondiamo che l’assegnazione che si fa de’ suoi inizi all’anno 1136 non ha base in documento veruno. Dicesi che a’ monaci predetti la concedesse Siro II ; ma il Registro che pur ci parla della donazione di altro chiese per opera di questo Arcivescovo, non no fa cenno; e lo Schiaflìno, più oculato forse d’altri antichi compilatori, si limita ad affermarne la origine incerta (Annali Ecclesiastici mss., ann. 1308). (’) Pergamena dell’Arch. Gov. (Abbazia di san Siro, mazzo II) : Cartula vendicionis quam facio ego albericus abbas tnonasterii sancii sgri ianuensium etc. tibi arnaldo vacc de terra. . . prope dietim monasterium in fossato de sancta fide etc. Millesimo cxlh mense madii indicione mi. Ved. inoltre Giscardi, Op. cit. (3) Ved. a pag. 313. (*) Reg., pag. 43i; Cartario, pag. 152. (s) Ughelli, IV. 706; Nardi, II. 300. ( /*2G ) scontra eziandio in Rimini del 1144 ('), in Pisa del 1153 (J), in Savona .del 1192 (3), e al dì d’oggi tuttavia in Brugnato (4). Ma meglio ancora a giudicare di siffatta estensione, la quale a mezzodì non aveva altro confine che il mare, ci condurrà un documento d’età assai posteriore a tutti i precitati, quello cioè della Tassa di Urbano VI (1386); additandoci esso le prime pievi a levante di Genova in quella che ora diciamo di San Martino d’Albaro, a ponente in quella di San Pier d’Arena, a tramontana nelle altre di Sant’ Olcese, e di Molassana o di Struppa. Mentre le chiese esistenti al di qua dei limiti delle pievi accennate costituiscono anche al dì d’oggi come un solo corpo con quelle della città; formando tuttavia parte del Collegio di Genova i parroci di Montezignano, di Staglieno, di Marassi, di Quezzi, di Casamavari e dei Diecimila Crocifissi in Bisagno, di san Bartolomeo in Promontorio. Anzi la stessa giurisdizione civile di Genova, serbavasi ancora nel secolo XII, per gran parte almeno, in armonia coll’ecclesiastica. Difatti il decreto del 1128 con cui si regola il servizio della guardia civitatis chiama fra gli altri a prestare questo servizio, od a sostenerne le spese, gli uomini di Moltedo fino ai Molini Binelli (forse di Campobinello nel torrente omonimo), di Casamavari e di Camporsone (luogo ora disabitato sopra una collina di Casamavari), di Staglieno e di Preli, tutti di qua dall’acqua del Bisagno; poi al di là dell’acqua medesima quelli di Lugo, or di Sant’Eusebio, di (') Ugitelli , li. 422. (’) Ved. Bolla di Anastasio IV nell’Ughelli, III. 305. C) Ved. Bolla di Celestino II, nell’Ughelli, IV. 735; Nardi, lì. 301. 310. (*) Ved. Semema, Secoli cristiani ecc., II. 161. ( 427 ) rincontro a Preli, di Terpi, di Merini, di Montezignano, di Ginestera, di Vegori (corrottamente Egoi\ di Quezzi di Rivara (forse Ria nel fossato di Quezzi) e di Marassi ; ricorda gli altri di Terralba (San Fruttuoso), di San Martino degli Archi, oggi d’Albaro, di Massasco e di Cerreto fra il torrente Sturla e l’odierna Via Nazionale; e finalmente quello di Promontorio (*). Più ancora i Brevi delle Compagne genovesi del 1157 e 1161, derivati al certo da altri più antichi, sembrano anch’essi non disdire una tale estensione di confini, laddove quei che ne giurano l’osservanza promettono di non offendere alcun uomo della Compagna dal torrente Bisagno a Capo di Faro e da Carbonara a Marassi, nisi prò communi utilitate civitatis (-). Del rimanente, se la costituzione delle pievi suddette di San Pier d’ Arena e San Martino d’Albaro, non può ritardarsi oltre l’anno 1143, per la ragione che di esse fa già memoria il Registro; lo scarso numero delle chiese che ne costituiscono le dipendenze è indizio manifesto della loro formazione recente. Difatti la pieve d’Albaro non potè sorgere, se non mercè una parziale sottrazione di quel terreno che il mentovato diploma vescovile del 1132 includeva ancora senza contrasto nel distretto parrocchiale di Genova con le riferite parole a flumine Bi-sagni usque ad flumen Sturle. Nè potè molto estendersi incalzata com’era da quella assai più antica di Nervi. § IV. La primitiva Cattedrale di Genova fu, senza alcun dubbio, quella intitolata a san Siro di Pavia, poscia ai dodici Apostoli, e finalmente al nostro vescovo (') Jurium, I. 33. (*) Atti, I. 4 80. ( m ) Siro I, secondo la genesi altrove accennata ('). Ma il tempo in cui la cattedralità venne da san Siro trasportata a san Lorenzo, opina il eh. Grassi, alla cui autorità amiamo anche qui deferire, è probabilmente assai più antico di quel che siasi finora stimato; abbenchè generalmente si assegni soltanto all’anno 985, od anche al 994 secondo un rogito notarile del 1451, nel quale siffatta data scorgesi manifestamente dedotta dalla Cronaca del Varagine (2). Conciossiachè, in via di fatto almeno, questa traslazione risale invece fino alla seconda metà del secolo IX, allorché il vescovo Sabbatino prescelse la chiesa di san Lorenzo per collocarvi il corpo di san Romolo, cui egli aveva trasportato con molta solennità da Matuziana (3). Chè non avrebbe per fermo eletto a stanza del prezioso deposito altro tempio, fuor di quello alla cui custodia si fosse trovato ei medesimo co’ suoi canonici. Si noti che Sabbatino era stato presente al Concilio tenutosi in Pavia 1’ anno 876 (4); e che questo Concilio, cui tosto fece eco il Pontigonense, avendo prescritto ai Vescovi di abitare presso le loro chiese (5), non si può credere che il nostro Prelato sì di corto mancasse dal conformarvisi. Or la permutazione di residenza si ascrisse invece ad un altro trasferimento, quello cioè delle reliquie di san Siro; sull’anno del quale gli scrittori non convengono. (') Ved. a pag. 299. (’) Ved. BANciiEno, Il Duomo di Genova ecc., pag. 280. C) Ved. a pag. 306. (') Cartario, pag. 12. (*) Ut episcopi in civitatibus suis proximum ecclcsiuc claustrum instituant, in quo ipsi cum cirro, secundum canonicam regulam Deo militent, et sacerdotes suos ad Iwc constringant vt ecclesias suas non derelinquant, et aliubi habitare praesumant. Vcd. Mansi, Condì, XI. 285. ( m ) Ma siccome questa traslazione ha, sotto varii aspetti, molta importanza pel nostro argomento, così noi soddisfaremo qui alla promessa enunciata buon tratto innanzi di discorrerne un poco ('). Diciamo adunque riciso che entrambe le date come sovra proposte, cioè quella del 985 e l’altra del 99-1, si hanno da ritenere al tutto erronee; perchè il diploma dell’imperatrice Adelaide, altrove da noi prodotto, ci dimostra ben chiaro come il corpo di san Siro esistesse ancora nella chiesa omonima correndo l’ottobre del 999. Ecclesiam beati Si/ri, in qua suum corpus quiescit foris prope civitatem ianuensem, così leggesi nella intitolazione sincrona posta in capo al diploma medesimo (2). E non pertanto la chiesa avea cessato indubbiamente dal-T essere governata dal Vescovo e dai canonici, per passare alle cure di un collegio di sacerdoti a beneplacito di esso Vescovo delegati, secondo il costume allora vigente. Il che è tanto vero, che sotto la data d’aprile dell' anno 1000 si ha una donazione ad Ambrogio e Pietro preti, et cecteripresbiteri (sic) qui mine in ecclesia sancti Syri ordinati su ni vel in fucturo ordinari debent (3). Ma cosa ancor più notevole è questa per fermo : che la traslazione delle reliquie non può essere accaduta neppure avanti il febbraio del 1006; conciossiachè anche nel diploma di tale data, con cui il vescovo Giovanni nel governo di detta chiesa sostituiva ai preti un collegio di benedettini, affermava d’ osservisi indotto pro reverentia ipsius sancii Si/ri confessoris cuius corpus humatum quiescit ibi (4). (') Ved. a pag. 300. (*) Reg., pag. 425. (5) Cartario, pag. Si. (4) Reg., pag. 428. ( 430 ) Adunque soltanto dopo la introduzione de’ monaci in san Siro, e la conseguente cessazione di ogni diretta ingerenza dei Vescovi nell’antica loro Cattedrale, furono quelle reliquie trasferite in san Lorenzo. La qual cosa a chi ben guardi, e voglia sceverare la verità dalle induzioni, si farà manifesta anche meglio avvertendo che il trasporto in discorso non mai a Giovanni II, ma a Landolfo successore di lui (1019-1034) venne costantemente attribuito. Difatti nello importantissimo verbale della ricognizione di quelle reliquie seguita l’anno 1451, si fa caso dell’ essersi rinvenuta per entro alla cassa una lamina plumbea in qua ab una parte legebatur tempore landvlphi episcopi, et in alia parte legebatur hic re-, qviescit, et aliud legi non potuit propter vetustatem plumbi. Vero è che l’atto fa memoria eziandio dell’essersi trovata in una pisside carta una membrana continens translationem factam de dicto corpore in ecclesiam sancti Laurentii,... cuius carte tenor talis est: « Quoniam iustum est et honestum ut de medio tollatur omne dubium, idcirco quo tempore corpus beatissimi Syri confessoris et episcopi ianuensis sublatum fuerit de basilica apostolorum que hodie sancti Syri monasterium nuncupatur breviter recollamus, et repositum in choro beati Laurentii ubi modo est interitus, siquidem tabida plumbea cum ipso corpore fuit recondita que extat usque in hodiernum diem, ex cuius serie legitur: mc reqviescit CORPVS BEATISSIMI SYRI IANVENSIS EPISCOPI TEMPORE LAN- dulfi episcopi, quo currebant anni Domini dcccc nonagesimo quarto » etc. ('). Ma si vorrà bene avvertire che mentre la lamina di piombo è un monumento sincrono alla traslazione, la pergamena che ne amplifica il rac- (') Ardi. N'ot. Fogliazzo degli atti di Andrea del Cairo poi 1 io I, num. 307. ( 431 ) conto e dallo stile e dalle altre circostanze apertamente si chiarisce fattura del beato Jacopo da Varagine. Il quale appunto alla presenza del Sinodo diocesano da lui convocato nel 1293 fece anch’esso un riconoscimento solenne del sacro deposito, e derivò in tale carta le erronee supposizioni cronologiche onde è pur troppo pieno zeppo il Clironicon Genuense. Nos etiam, dice egli in quest’ ultimo , illam capsam super altare sancti Laurentii deduci fecimus, et ibi nostris manibus inquirentes omnia ossa invenhiMS quae ad compositionem Immani corporis requiruntur ('). Sta dunque il fatto che Landolfo trasportò il corpo di san Siro, e ne discende per conseguenza che la traslazione non potè verificarsi prima del 1020 all’ incirca. Di più notiamo che dopo la concessione della vetusta Cattedrale ai benedettini (1006), questi presero a riedificarla, durando' il lavoro tuttavia nei primi anni del vescovato di Landolfo medesimo. Di che ci porgono documento un antichissimo Sermone per la festa di san Valentino, che constata il rinvenimento del corpo di esso santo, seguito appunto con tale occasione (-), nonché un atto del 1023 in vigore di cui Lamberto ed Oza giugali donano con parecchi beni fondi il valsente di cento soldi at fabricare ipsa ecclesia santi Syri (3). (') Chron. Gen., apud Muratori, S. R. /., IX. 5i. (') Senno in festo sancti Valentini, ex veteri ms. Cathedralis Genuensis (Bollano., Acta SS., Appendix ad diem 2 maii). § li. Huius talis ac tanti Valentini Praesulis... latuit mortalibus corpus, humatum intra sancti Syri eccle-s' ae sinum .... Cum igitur Domino omnium bonorum inventori placuisset..., dum memoratus (Johannes) ecclesiam sancti Syri in monasticae institutionis ordine ordinare cupcret, et populus dirutam ecclesiam iam in vielius restauraret ac fundamenta jaceret; reperuenint corpus sanctissimi Valentini... integrum vestibus ct corpore. C) Cartario, pag. 4 22. :( 432 ) Se non die le istituite ricerche sulla traslazione del coi po di san Siro ci muovono a completarle coll’aggiunta ili altre notizie. Già vedemmo come il Varagine, accennando alla ricognizione delle reliquie affermasse per lui rinvenute omnta ossa quae ad compositionem humani corporis requiruntur. Ma cattivo critico, egli era al certo Pc3oiore anatomico, comecché sia poco verisimile che Landolfo trasportando le dette reliquie in san Lorenzo ne privasse allatto i monaci di san Siro. Tenne però il Varagine 1 opposto giudizio ; talché, nella ferma credenza di a\ere intero nel Duomo il corpo del suo antecessore ('), lece divieto ai benedettini di esporre più oltre alla pubblica venerazione certe ossa ch’eglino vantavano del medesimo santo. Né acquietandosi costoro al di-ueto, nacque una lite che, passando per più vicende, si protrasse fin oltre alla metà del secolo XV, allorché per atti di Andrea del Cairo i giudici compromissarii, 1 li ottobre 1456, sentenziarono: le sacre ossa parte in san Lorenzo e parte in san Siro trovarsi effettivamente deposte; e soltanto la riunione loro costituire l’insieme del corpo di quel santo Pastore (*). Della quale ( ! Il flotto P. Spotorno nello suo Memorie istoriclie del Unito Jacopo da Vara-gint ''pag. 31. 32), scrivo elio quosti • ritrovò lutto lo ossa, elio a giudizio di periti si richiedevano all’intera formaziono di un corpo umano »; o però a scagionare il beato Arcivescovo soggiungo elio t restò ingannato dalla perizia di quelli, i quali giudicarono osservi nella Cassa di lui aperta tutto lo ossa cho a un corpo umano si richiedevano ». Ma il Varagino, eli# a proposito di quello rinvi nimenlo riferisco noi Chronicon parecchio minuto circostanze, tace nflaUo di periti anatomici, ed invoco ascrivo lutto a sò modesimo quello osarne, corno provano le parole nostris manibus inquirentes etc. (') Arch. Noi. Fogliazzo d'atti di Andrra del Cairo pol U56, num. 28< e 282. Cum lit et causa seu controversia verteretur et diu ventilata esset inter venerabiles viros dominos preposituni, canonicos et capitulum maioris Ecclesie Januensis ex una, et venerabilem patrem et religiosos viros dominum abbatem ( 453 ) sentenza però, cui rimase estraneo ogni concorso di periti^ non vorrò io certo farmi mallevadore ch’ella piuttosto di satisfare alla stretta verità, non fosse un pio trovato per tacitare le coscienze che il lunghissimo litigio avea scosse per avventura nella fede così rispetto all’uno come all’altro deposito. Ma rifacendoci al punto donde queste disquisizioni ci hanno buon tratto allontanati, e tornando così alla residenza episcopale in contiguità di san Lorenzo, avvertiamo che questa vedesi già ricordata esplicitamente da Giovanni IL in un diploma del 987, laddove prescrive a’ monaci di santo Stefano che il tributo loro imposto monachos et conventum monasterii sancii Siri ianuensis, ordinis sancti Benedicti parte altera , de ct saper co quod prefati domini prepositus canonici et capitulum dicte Ecclesie Januensis corpus beali Siri olim episcopi ianuensis in ecclesia predicta sancti Laurentii, in quadam videlicet capsia marmorea in quatuor columnis super altare maius esistente repositum, et reconditum fuisse et esse, et ibidem vetierabiliter requiescere prelendebant; et ex adverso prefati domini abbas et conventas dicti monasterii sancii Siri corpus predicium eiusdem beati Siri o’ìm episcopi ianuensis in ecclesia dicti monasterii sancti Siri reconditum, et repositum fuisse et esse, et non in dieta ecclesia sancti Laurentii, et in ipsa ecclesia moiuisterii sancti Siri dictum corpus venerabiliter requiescere etiam asserebant et pretendebant. Sit etiam quod illustris et excelsus domim:s dux ianuensium ei magnificum Consilium dominorum antianorum civitatis Januc cupientes huiusmodi liti et caose finem debitum imponi, ne tantus error in hac civitate Janue pullularet seu vigeret, causam ipsam de ipsorum plenitudine potestatis, ac de partium predictarum voluntate el'consensu, reverendo in Christo patri et domino domimi M itimeli de Germanis decretorum doctori, Dei et Apostolice Sedis gratia Episcopo Maranensi, tunc Januc commorante, audiendam , cognoscendam commisissent ; idetnque reverendus dominus Episcopus Maranensi s . . . diffinit icam pro dictis dominis proposito, canonicis et capitulo Ecclesie sancti Laurentii, ct contra dictos dominos abbatem et conventum mo-naslcrii sancti Siri sententiam promulgasse! ; et a dicta sententia pro parte dictorum dominorum abbatis et conventus monasterii sancti Siri ad sanctissimum dominum nostrum Papam et Sedem Apostolicam fuisset appellatus; et successive sanctissimus in Christo pater et dominus noster dominus Calistus divina providentia papa tertius causam appellationis huiusmodi reverendis panni Soc. Lio. St. Pati i a , Vul. H, Piri. I, Faic. III. 19 I ( 454 ) si debba in domo sancti Laurentii. . . nobis nostrisque successoì'ibus . . . persolvere ('). La quale prescrizione vedesi poscia usata pur da Landolfo nel 1024 (\n domino sancti Laurentii) a proposito di simile tributo imposto al monastero di san Siro di Struppa (2). Nè altrimenti che domus si nominarono allora comunemente gli Lpi-scopii; talché, papa Leone IX (1049 circa) deplorava, in certa lettera a quei di Osimo, perversam... et prorsus execrabilem quarumdam plebium consuetudinem..., ut videlicet, suo defuncto episcopo domum episcopi hostiliter invadant, facultas eius praedonum more diripiant ( ). tribus dominis sancti Andree de Borzono et sancte Marie deJubino, Januensis Diocesis, monasteriorum abbatibus, commisisset; questi, addi 12 luglio lioG, delegano a loro volta i Priori di san Teodoro di Fassolo e san Domenico. I qua i finalmente, correndo il giorno II ottobre stesso anno, pronunciano la loro deli nitiva sentenza cosi concepita: Visa .. . oculata fide, et per nos apeita diligente) inspecta quadam capsia lignea cipressi, existente in capsia mai mot ea in tri us (sic) columnis super altare maius sancti Laurentii, in qua repositum esse (licitili corpus sancti Siri; ac visis ac contrectatis et lectis scripturis, insti unientis, pisside cum carta, tabula marmorea et lamina plumbea, nec non ossibus e cinere ac insigne vestium in ea existentibus ; visis etiam in ecclesia sancti tri quadam alia capsia lignea in qua etiam dicitur esse dictum corpus sancii Su lamina plumbea, et ossibus et cinere ac terra in ea existentibus...... sen tentiamus____ quia per eas scripturas que conservata sunt iam pei longa tempora in quadam capsa super altare maius ecclesie sancti Lamentìi, et in quadam alia capsia in sacristia ecclesie sancti Siri, ac etiam per alias sciiplw®* conservatas et existentes in dictis ecclexiis extra capsas .. ., invenimus nu libi esse integrum corpus humanum, sed ossa que recondita sunt in capsa sancti Laurentii.. . esse in maiori et potiori parte..., et in tanta parte q>10 credamus non esse inconveniens dicere ibi esse corpus sancti Siri. Invenimus autem ossa que recondita sunt in capsa ecclesie sancti Siri. .. esse in l°nQe minori parte .. ., et in tali parva quantitate quod non debebat dici ibi csse corpus sancti Siri; sed bene credimus non esse inconveniens dicere ibi esse e corpore sancti Siri. (') Cartario, pag. 26. (*) Reg., pag. 437. (5) Mansi, Concil., XI. 1355. ( 435 ) Anzi da questo nome di Domus attribuito agli Episcopii sembra derivato l’uso di estendere lo stesso appellativo alle chiese cattedrali ('). Cosi leggesi che Udeberto vescovo di Padova convocò nel 955 il sinodo diocesano in Domo sanctae Mariae matris Ecclesiae (2): il qual modo di dire ci rammenta alcun poco il nome attribuito al nostro san Lorenzo dall’arcivescovo Siro in un diploma del 1145, con le parole ecclesia ianuensis aliarum mater ecclesiaruyn (3). Trovasi poi lo stesso Episcopio denominato per la prima volta, in un documento del vescovo Sigifredo spettante all’anno 1129, col più solenne vocabolo di palatium (4); al quale poi, verso il 1145, sorse pure contiguo un altro palatium fatto murare dair arcivescovo Siro ad honorem et utilitatem Communis Janue (5); e che essendo talvolta appellato nuovo (6) indusse per lunghissimo tempo nella erronea credenza che il vecchio correlativo si avesse da cercare in tutt’altra località, ossia, giusta una tradizione inveterata, sulle alture del Castello, e precisamente in quel Palacium Castri del quale per verità già più atti anteriori alle recenti pubblicazioni, ed in ispecie alle nostre, fornivano contezza a partire dal 1116 (7). Ora invece, per documenti additati dal eh. Grassi, la coesistenza di due palazzi archiepiscopali in prossimità del Duomo risulta evidente: anzi due carte del 1194 e 1195 ce li mostrano congiunti per mezzo di un pontile; (’) Nardi , II. 222. (’) Id., II. 57. (5) Ughelli, IV. 860. (4) Reg., pag. 27. (5) Reg., pag. 74. (s) Id., pag. 321. 323. 384. 392. (7) Bakchero, Il Duomo di Genova ecc., pag. 232. ( 436 ) X / leggendosi che furono rogate in pontili quod est inter duo (ovvero inter ambo) palatia Archiepiscopi ('). Infine altri atti si dicono seguiti in palatio veteri, per la sopravvenuta necessità di distinguerlo dal nuovo (3); e cosi, per esempio, un documento del 1182 si conclude con la forinola actum in solario palatii veteri (sic) Archiepiscopi (3). Nè questo medesimo vocabolo di solario è di lieve momento, per darci una idea dell’importanza dell’edificio; conciossiachè l’aver case cum solario, o secondo altrimenti dicevasi insolaritae, cioè di due piani, era segno di potenza e di nobiltà; per modo che in Ispa- gna, nelle varie gradazioni nobilesche, fu titolo di onore 1’ esser nobile de solar (4). Posta cosi in sodo la esistenza dei due palazzi di san Lorenzo, diciamo che il nuovo fu destinato a sede dei Consoli de’ Placiti, pagando il Comune all’Arcivescovo l’annua ed allora egregia pensione di cento soldi; e che tali magistrati vi si mantennero fermi sino al 1190, mentre da quest’ epoca pigliarono a risiedervi per tre mesi ogni anno soltanto (3). L’antico invece durò, qual fu in origine, abitazione consueta del Vescovo. Or d’ uopo è che diciam pure alcuna cosa del Palazzo (’) Grassi, I Vescovi di Genova, all’articolo Giovanni II ; Registro II Ardvesco- vile mss., car. 111 e 116. È questo il Codice già ricordato da noi a pag. 308, 310 ed altrove. (’) Grassi, loc. cit. (’) Registro II ms. cit., car. 43. (*) Cidrario, Della schiavitù ecc., II. 227. () Reg., pag. 74. Ottoboni Scribae Annales, a. 1190. Fuit enim per datores constitutum vt Consules ivstitiae qui vetusta et antiqua consuetudine solebant in Palatiis domini Archiepiscopi prò tribunali sedere . .., praedictam vetustam solemnem sedem relinquerent; et per tres menses... apud sanctam Mariam de Castello placita tenerent,... et per alios tres in Palatiis supra-dictis, etc. ( 437 ) di Castello. E qui è merito del eh. Grassi questo rilievo significativo, che cioè « nel Registro Arcivescovile stampato 140 volte esprimesi l’Episcopio in occasione d’atti governativi ed episcopali, e ciò sempre senza speciale determinazione di sito, mentre ivi stesso sole cinque volte si accenna ad un Palazzo del genovese Prelato, di cui si credette dovere indicare il sito colla giunta Castri, de Castro o simile » (*). Oltre di che, ripiglia il sullo-dato scrittore, se si consideri come di tale Palazzo e della presenza in esso del Diocesano, non occorra mai la memoria se non in quel periodo di tempo che spazia dal luglio al settembre; non tornerà fuor di proposito l’opinare che il medesimo, a cagione dell’elevata postura ed amenità del luogo, servisse precipuamente di soggiorno ricreativo nella stagione d’estate (2). (’) Grassi , loc. cit. Ann. 1142 : In camera palatii de Castro Januensis Archiepiscopi. Ann. 1145: In palacio Januensis Archiepiscopi in Castro. Ann. 1149: In Castro civitatis in Palacio. Ann. USO: In pontile Palacii de Castello. Prima dell’ottobre 1163: In Palacio Januensis Archiepiscopi in Castro {Reg., pag. 87. 419. 155. 299. 332). (*) Grassi, loc. cit. CAPITOLO TERZO. II Capitolo. Di alcune chiese proprie de’ Vescovi; e del conferimento di varie tra esse a monaci di san Benedetto. Considerazioni sulla derivazione del culto di varii santi e sulla intitolazione di parecchi templi ai medesimi. § I. Nei tempi più antichi il Vescovo ed il Capitolo costituirono un solo corpo, avente gli interessi medesimi; di guisa che noi vediamo esso Vescovo non solamente locare, a cagion d’esempio, le res ecclesiae sancti Syri, ma eziandio le res Canonicae sancti Laurentii ('). Perciò i canonici componeano il Senato del Vescovo stesso, con lui governavano la Diocesi ed amministravano il sacro patrimonio. Nella Cattedrale divideano a metà le offerte col Prelato, sempre che questi vi avesse celebrato il divino ufficio; e specialmente nelle solennità del Natale, della Circoncisione, dell’Epifania, della Pasqua, doli’A-scensione, della Pentecoste, d’Ognissanti; nella dedicazione della Chiesa (18 ottobre), nelle quattro festività maggiori della Beata Vergine, ed in altre precipue, nonché in tutti i giorni di sabbato e domenica (2). Oltre (') pag. 292, (*) Id., pag. 5. ( 439 ) di che nel giovedì santo il Vescovo dovea mangiare nella Canonica in compagnia di tutta la Curia (*). Or come le Cattedrali, fra le altre appellazioni, ebbero non infrequentemente quella di cardines, che è quanto dire principali o primarie; cosi cardinales, ed anche cardines o de cardine, si chiamarono i preti o chierici costituiti negli ordini diaconale e suddiaconale che mi-ministrarono al servizio delle medesime (2). Per ciò il vescovo Teodolfo commette nostro cardinali presbitero Bruningo di stender 1’ atto di concessione di Matuziana e Taggia (3) ; e lo sìqsso Bruningus presbiter decardine, nonché Gotefredus de cardine nostre Ecclesie sono quindi rammentati per somiglianti occorrenze (4) : donde si desume in essi la qualità di cancellieri della Chiesa Genovese. § II. Vedemmo già nel precedente capitolo come al nostro Vescovo spettasse la proprietà assoluta di molte chiese. Però fra esse quella di santo Stefano merita alcune considerazioni. Conciossiachè narrasi fosse edificata coll’attiguo cenobio dal vescovo Teodolfo, e poscia da lui donata ai monaci di san Benedetto, che vi si trasferirono da Bobbio. A questo vescovo dovette dunque attribuirsi la introduzione della monastica disciplina in Genova. Ma il eh. Grassi dubita che egli « si possa sicuramente riconoscere ... come primo fondatore , ammesso pure eh’ egli ne sia stato insignemente benemerito » (5). Ad (') Reg., pag. 6. (*) Lupus, De Parrochiis; Dissert. III. cap. 8. . (8) Jurium, I. col. 8. (*) Cartario, pag. 26 e 28. (s) Grassi , Op. cit., all’ art. Teodolfo. ( 440 ) ogni modo non può consentirsi coi nostri collettori di memorie ecclesiastiche, laddove, confidandosi nel Mabil-lonio il quale scrive sotto il 987 che Genuae tunc temporis extdbat . . . sancti Stephani monasterium a Teo-dulpho episcopo ante annos quatuordecim extructum ('), ne riportano gli inizi al 972 e non più. Perocché gli atti da noi prodotti nel Cartario ci additerebbero i monaci quivi residenti fino dal 965, se a quest’ anno potesse ascriversi con sicurezza una donazione loro fatta da Pietro Giudice e compagni (2). In ogni caso però una carta, la cui data del 969 è incontroversa, ci mostra il cenobio non solo abitato da monaci, ma, secondo che ne correva l’uso e la disciplina, eziandio da devote femmine, governate allora da una abbadessa di nome Sara, o Serra (3); le cui liberalità verso il cenobio medesimo venivano in seguito confermate dal vescovo Giovanni II, che a lei dava titolo di beata ('*). Nè i Vescovi successori di Teodolfo si mostrarono animati da zelo minore nell’onorare di privilegi i monaci di quella Regola, e nel favorirne lo sviluppo in Liguria. Di che abbiam valide testimonianze nelle numerose ed importanti concessioni di chiese ad essi fatte, e da noi più avanti enumerate. Di altre chiese che furono già nel dominio diretto dei Vescovi, o sulle quali, a dir meglio, esercitarono essi la (’) Mabjuon, Annales Ord. sancti Benedicti, IV. 36. (’) Cartario, pag. 14. ( ) Id., pag. 15. Anche la cella dei santi Vittoro o Savina divenne col tempo un monastero doppio. Del 1212 occorre memoria della priora Jacoba, per certa professione fatta in suq, mani da una suor Adelasia; o del 1443 si ha notizia dal priore Gabriele Cattaneo (Giscafidi, Origine e successi delle chiese di Genova, ecc. ms.). . (*) Cartario, pag. 25. ( Ul ) loro piena autorità, ci dà puro contezza il Registro a proposito della amministrazione dei poderi od immunità che erano particolari a ciascuna, e che talvolta venivano accresciuti da que’ prelati con atti di loro cortesia, tal altra conceduti a livello, insieme ai redditi eventuali delle chiese medesime, offerte, luminarie, e somiglianti ('). Nel quale ultimo caso l’ufficiar la chiesa ed il servire a Dio, rimanevano come un accessorio, « una specie d’onere confuso con altri oneri e dipendente dal possesso dei beni ». Nè era punto raro il caso nel quale il cappellano, compiuti i divini uffizi, uscisse a lavorare nei campi e nell’orto (2). Sono poi esse chiese le seguenti, cioè: quella di san Damiano di Struppa (3), il nuovo tempio di san Siro Emiliano (4), le plebanie di san Giorgio di Bavari (•“’) e di santa Maria di Bar-gagli (6), san Michele di Lavagna (7), e le cappelle di san Lorenzo nell’ anzidetto luogo di Bavari (8) e in quel di Levaggi (9), le altre di Soggio (,0), di Li-biola (u), di santa Giulia di Centaura (12), e san Martino di Vinelli (n). Alle quali tutte si aggiunga la chiesa pievana di san Siro di Nervi, eretta sui fondi della (’) Reg., pag. 399. (’) Cibbario , Della schiavitù, ecc., II. 179, 228. (5) Reg., pag. 173, 179, 182, 184. (') Id., pag. 437. (s) ld., pag. 400. (*) Id., pas. 288. (’) Id., pag. 284. (*) Id., pag. 287. O Id-, P g i pagherebbe annualmente cento lire di genovini, c aggiungerebbe cinquanta mine di sale (3). in i-an^° S* 110*;a ne^ Registro a proposito della decima il lscorso> può giovare a fornirci una qualche idea ^0ni^z^0n^ ^ commercio e della navigazione dei genovesi nella prima metà del secolo XII, nonché sui paesi aveano più frequenti relazioni con noi; tra i quali 0 pag. 27. 0 Ved. a pag. 399 /Z . ( ) Jurium, l. ^275 Dol zanesi, per esempio in r ^ ° umor‘ correan cosi anche altrove. I sar- e la dogana del salo elio" \ M0 a**a c**‘esa di ^un* il castello d’Amelia dl Canulla a papa Bonifazio ^|,0tl^vano antico. Ricorse il vescovo Antonio arcidiacono di Bergamo- il ’ ° (*Uest’ r*m‘so *a causa a Guidoco da Milano Vescovo il castello e la ’do'^ ^ Sent0,lz‘° dovessero i sarzanesi restituire al Posero; e nulla da essi far n ^ * COnc*arinatl> in pieno parlamento si op- nai voi. n, pag. qì a,l°' Semeiiu, Secoli cristiani della Ligur ( 467 ) vogliamo nominare 1’ Africa settentrionale e le isole Baleari. Troviam pure che i terrazzani di Portovenere e di Rapallo erano anch’essi già molto innanzi ne’ traffici; ed abbiam nota che in quest’ultima terra si teneva annualmente un mercato (‘). Cosi prete Oberto di Riva-rolo ed i suoi nipoti promettono di pagare la pensione di tre fondi in Lavagna singulis annis tempore mercati de Rapallo (-). (’) Reg., pag. 398. (’) Id., pag. 87. . : . - . , . ■ PARTE TERZA DELLE SIGNORIE, DEI DIRITTI E DELLE PROPRIETÀ CAPITOLO PRIMO Primi e certi acquisti di proprietà in Taggia. Probabili origini di quelle di San Romolo e di Ceriana. Queste ville si ripopolano dai coloni della Chiesa. Signoria dei Vescovi. Loro vassalli. Compagna. Consolato ed altre forme di governo. Uffici. Onoranze. Angherie. Beni allodiali. Gastaldi. Fazioni civili. Primi pericoli della signoria. Ricorsi dell’Arcivescovo al Papa; pratiche e sentenze dei dolegati papali. L’Arcivescovo rientra nell’esercizio dei propri diritti; ed in più guise ne fa sperimento. Però la parte che gli è contraria si risveglia; ed Jacopo da Yarazze vende la signoria. § I. Già notammo come le ville Ceriana, Matuziana e Taggia abbiano nelle piti antiche età rilevato, quanto allo spirituale, dalla Chiesa Genovese; e come in Matuziana, sita opportunamente alla marina e quasi ad ugual distanza dalle altre due ville, a’tempi di san Felice dimorasse il corepiscopo Ormisda (,). Il quale ci (’) Ved. a pag. 338. ( 470 ) converrà crederò non essere stato 1* unico che reggesse con tal dignità il governo delle terre anzidette; conciossiachè se la introduzione de’ corepiscopi nella Chiesa occidentale non rimonta oltre la metà del secolo V, si sa nondimeno che durò in vigore fino all’ ^ HI ('). In qual modo poi i nostri Vescovi acquistassero beni allodiali nelle accennate contrade, inizio e scala del loro principato civile, egli è da chiedersi appunto alle memorie che narrano del già detto corepiscopo e di san Siro inviatogli da san Felice siccome aiutatore nel- 1 esercizio del sacro ministero. Cum quo (Ilormisda) aliquamdiu commoratus, in Dei laudibus et servitio ambo persistentes, mirabilia ostenderunt super his qui infirmabantur. Inter quae Galionis Fisci Exactoris filiam beatus Synts orationibus suis a demonio liberavit. Cui stahm praefatus Galio curtem, quae Tabia nuncupatur, devotissime obtulit, subscripta cautione, positam luxta flumen Tabiae et littus maris, usque ad iuguni Alpium, cum massaricns et familiis utriusque sexus suo iuri pertinentibus, cum capella inibi aedificata in honorem beati Petri principis apostolorum ; quae curtis distat a Matutiana, quae nunc Saiicti Romuli dicitur, feremd-haria quatuor (3). Eccoci dunque fatti certi, quanto è almeno degli acquisti di Taggia. Ma non cosi chiara procederà la bisogna cercandosi di quelli delle altre ville; benché il ^ aragine ne dia merito egualmente a san Siro, facile com’egli è a derivare da questo suo illustre predecessore le più cospicue temporalità della Chiesa Genovese (3). Forse l’acquisto di proprietà in Matuziana o (l) Nardi- °P- cit., I. 431 passim. (’) Bolland., Ada Sanctor., sub 29 iunii. ( ) Varagine, Chron. Gcn., col. 23. ( 471 ) Ceriana si ha da ritenere alcun poco posteriore ; e forse anche non è da spregiare l’opinione del Paganetti e del Pira, i quali si avvisano che il Varagine abbia in tal guisa derivata la origine di essi beni, da che rinvenne come fossero donati a san Siro, senza poi avvertire che sotto di tal nome lungamente s’intese denotare la Chiesa di Genova (*). Bensì con maggiore apparenza di verità noi potremo a nostra volta pensare che le donazioni siensi rapidamente moltiplicate, poscia che i miracoli di san Romolo ottennero tanta celebrità da mutare nel nome di lui il romano appellativo di Matuziana, e crebbe il suo culto per l’accorrere dei devoti allaBauma, che è a dire all’eremo in cui aveva chiusi i suoi giorni. Ma, disertato il paese per le frequenti e disastrose scorrerie saraceniche, diceva il vescovo Teodolfo, res nostre Ecclesie vastate et depopulate et sine habitatore reliete sunt ecclesie in tabiensibus et matutianensibus finibus (2). Il perchè accedendo alle istanze direttegli da ben ventotto famiglie di famuli della sua Chiesa, con libello del marzo 979 concedeva loro tutti i beni della medesima posti in locas et fondas molacianas tramonte a turre telamone, canale castagnanico et pucio gurrino, pino paragallo, bialare, castalare, castelo de canusco seu in velaga, in montebugno. Ai quali beni si assegnavano per confini : de una parte..... fluvio armedana et de alio latere..... monte qui dicitur pin/3 ascendente in iuvo ct alpe que dicitur agonia, de subtus..... litus maris. Concedeva inoltre alle stesse famiglie altri beni in loco et fundas Tabia, seu in Luvignana, corte indominicata in domocolta que est posita prope fluvio Tabia, seu in Po- (')'Paganetti, I. 89; Piiu, Storia d‘ Oneglia, I. <67. (*) Jurium I, col. 7. ( 472 ) zana et in Pertuso, in Castelo de Canupomarcio... et in castagneto qui fuit domnicato Sancti Siri y in Caneto, in Buriana vel Colla Clemapa et Colici Clemura usque in Cipo usque in Bugnoni ; de subtus fine litus mai is ( ). Finalmente lo stesso vescovo Teodolfo emanava nel-1’anno successivo un diploma, in forza di cui riservata a sè la quarta parte deir usufrutto di tutti i beni, donava a’ suoi canonici le tre rimanenti, cum ecclesiis baptisìnalibus et decimis et redditibus omnibus ( )-^ Cosi da quelle ventotto famiglie di famuli sedenti nelle proprietà della Chiesa ripopolavansi le dette ville, men re (') Jurium, I. col. 4-5. Non è per fermo una facile impresa quella di rint^erat. sotto la scorza dei nomi testé riferiti, e forse non infrequentemente ^ le località che a’ medesimi possono corrispondere. Ad ogni modo \ °0,|an P^ varcisi, rimettendo ai più esperti non solo il completare, ma ezi reggere le nostre ricerche. nej Quanto è di San Remo pertanto, a noi sembra che nel Pino Pai agai o e B'ialare sieno da riscontrare le attuali borgate di Bragallo e di Buttilo v Triora; nel Castalare la Costa del Castellaro sopra il monte Bigione ( on bugno); nel Velaga il Verezzo, che ha sotto di sè le frazioni Ubaga e l ago^, e nel fluvio Armedana il torrente Arma, confine di San Remo coi paesi 1’ Arma e di Bussana. Quanto è di Taggia (Tabia) poi, riscontriamo nel Fot o Pozana il men vetusto Porsano, oggi Porseì ; e nel Pert uso il fossatum Pei tusii, nomo ora perduto, ma che secondo ci fa rilevare il nostro egregio socio avv. Antonio Filippi, si incontra in due documenti tabiesi dol 1217 o 1228, doveva indicare un torrente all’ ovest di Riva Ligure. 1 quali duo oc menti hanno tratto alla giurisdizione che il monastero genovese di santo Sio fano esercitò su Cipressa, Terzorio. o Porsano. Crediamo poi che il Buriana identico con la Terra di Poriana, che è nome di un cospicuo tenimento on occorre memoria frequente nei cadastri di Taggia del nostro Archivio Gover nativo (sec. XVII-Vili). Nella Colla Clemapa forse è da scorgere la Ciupi,a (Spinola e Bergonzi) presso lo sbocco della fiumara di Taggia, e nella Colla Cle mura il monte Colma a nord di Verezzo; finché proseguendo ad ascendere si si giunge al Cipo, ossia all’ attuale monte Ceppo, donde nasce 1 \Osentina influente del raggia. Di qui poi discendendo si tornerebbe al monto Bignone (Buglioni), già ricordato in quel di San Remo, e continuerobbesi infino al maro. (*) Jurium, I. col. 8. ( 473 ) da tali concessioni traeva origine la signoria politica della Chiesa medesima. Signoria però non ancor piena, da che essi beni tuttora diceansi posti in Comitatu Vigintimiliense; nè ancora estenrlentesi all’intero paese, ma limitata alle res che in tabiensibus et matutianen-sibus finibus... nostre Ecclesie subiacébant imperio (*). Che se poi, nel 1038, Corrado conte di Ventimiglia rinunziava a prò’ del vescovo Corrado I tutti i diritti e le regalie che su detti beni e ville gli compe-teano (2) ; forse il patrimonio della Chiesa neanche dopo siffatta rinuncia sottraevasi in tutto alla giurisdizione comitale. Tanto è vero che nelle posteriori contestazioni tra’Vescovi e canonici di Genova e gli uomini di San Romolo intervengono tuttavia a sentenziare i Conti, e non sempre per mera virtù d’arbitraggio (3). Il perchè F assoluta emancipazione della signoria episcopale, si ha più che altro, da ricercare nelle prime controversie de’ Conti suddetti col già potente Comune Genovese, ed ha base più larga nel fatto di quello che nel diritto. (') Jurium, I. col. 5 e 7. (’) lei. I. col. 9. Tra le località specificate in questo diploma, sono da ricordano* segnatamente il monte qui dicitur Puzegio, poscia borgata del Poggio in quel di San Remo, ed il Boscomalo o Boscomare. Avvertasi qui cho nei Documenti concernenti la causa delle quattro gabelle vertente tra l’Ecc.ma Camera e la Magnifica Comunità di San Remo, stampai i in Piaconza dal Giacopazzo noi 1731, o precisamente in una sentenza del 15 marzo 1361, si enuncia fra gli altri atti prodotti: instrumentum cuiusdam privilegii Conradi imperatoris super quibusdam terris et locis sancti Syri episcopi in terris VintimilU (pag. 11). Ved. anche Jurium, II. col. 688 o segg. Ma qui vi ha certo confusione tra due omonimi, e fu scambiato l’imperatore col Conto ; sicchò il privilegio onde è caso in questa nota dee ritenersi non altro che quello succitato del 1038. (5) Reg., pag. 442, 443. Ved. anche Poggi, Della sovranità di San Remo ecc., MS. doT Arch. Gov. ; voi. I. pag. 214, ( 474 ) § n. Comunque siasi i Vescovi, divenuti signori, non mancarono di procacciarsi a loro volta de’vassalli, consentendo in feudo alcune delle proprietà della Chiesa. I quali vassalli certo erano di condizione elevata, e forse anche scelti fra gli ufficiali mandati a reggere il dominio con titolo di viceconti od altro somigliante. Furono poi questi Martino prete, Paolo e Ricolfo; donde le tre discendenze dei Premartini, stati i più numerosi, dei Polengi e dei Riculfengi. I quali tutti, quanto era de’ feudi cui teneano ah antico dalla Chiesa, veniano esonerati dal pagamento di ogni dazio e diritto, a condizione di certi omaggi da prestarsi al Vescovo quando giungea nella terra come appresso diremo (*). Non tardarono però su questo argomento a sollevarsi questioni, pretendendo i Premartini di estendere la citata esenzione anche alle loro proprietà particolari, cui il Registro ci addita nel monte della Villa e nei beni un dì posseduti dagli uomini di Serrino (2). Se non che del 1123 usciva sentenza, con la quale siffatta immunità, rispetto ai Premartini veniva limitata a que’ beni solamente cui il prete Martino avea posseduti co’suoi quattro figli; e similmente, quanto era dq’Polengi e dei Riculfengi, & quegli altri che aveano rispettivamente posseduti gli stipiti loro (3). La quale sentenza, riguardo a’ Premartini, veniva poi confermata ancora dai giudici della Curia nel 1164, con dichiarazione che dal beneficio di cui (') Le origini di questi feudi devono bensi farsi risalirò al secolo XI; ma non occorre già anticiparle di tanto, come si avvisa il nostro ottimo amico cav. Rossi (Storia di San Remo, pag. 95), da farlo coincidere coi tempi ne’quali i Conti di Ventimiglia non aveano rinunciati ancora a favore de’ Vescovi i lor privilegi. O Reg., pag. 125-26. C) Jurium, I. 20. ( 475 ) sopra doveasi ritenere esclusa la loro discendenza femminile, o, come essa conferma diceva, le Premartine (‘). Ma la signoria episcopale non impedì punto a que’ terrazzani il godere delle franchezze comunali ; anzi pare che non fossero de’ più tardi a vantaggiarsene, se già un atto del 1110, riferendosi a circostanze alcun poco anteriori, fa esplicita memoria dei Consules Sancti Romuli. I quali, per esser difesi da quei di Genova contro la Canonica di san Lorenzo, e per avventura sperando anche di esserlo contro il dominio del Vescovo, venerunt Januam et cum iure iurando intraverunt in societate ianuensium (2), che è a dire giurarono la Compagna del nostro Comune. Però vane rimasero le speranze; chè i genovesi erano astretti anch’essi da giuramento a mantener V onore della Chiesa e del Vescovo, anzi ad accrescerlo (3). Troncossi perciò allora la causa (1124), con dar torto a’sanremaschi (4); i quali, a vendicarsene, (’) Reg., pag. 380 e 397. La discendenza dei Premartini esisteva ancora nel secolo XVI, e di essa è memoria in un capitolo speciale dello Statuto di San Romolo del 1565, che ha questa rubrica : De beneficio et privilegio Pre-ìfartinorum. Donde si scorge « che i Premartini partecipavano col Fisco ai proventi dello condanne sì civili che criminali, emanate contro i loro servi e domestici, e contro i casulani ed altra gente addetta al loro servigio ; che dessi avevano il diritto di aggregare al loro ordine, o per contratto dotale o per legato, altre persone di eguale condizione; che due di essi avevano autorità di far radunare il Consiglio, ed obbligarlo a deliberare sopra quanto esponevano, sotto pena di rimozione dall’ ufficio per chi avesse opposto rifiuto ; che il Consiglio era obbligalo ad eleggere ogni anno un sindaco fra i membri del corpo privilegato, e che allo eletto spettava di rappresentare e di difendere tutti i privilegi del corpo istesso. — La casta dei Premartini scompare colla soppressione delle libertà e dei privilegi del popolo sanremese fatta dal Governo Genovese nel 1753 ». Vcd. Rossi, Stona ili San Remo, pag. 185-86. (*) Jurium, I. 20. o' Ved. il Breve Consolare del 1143, nei Mommi. Ilist. Patriae, Leges Municipales, col. 241. (4) Jurium, I. 24. ( 47G ) cercarono staccarsi dalla fedeltà giurata quattordici anni indietro. Donde la spedizione armata dei genovesi nel 1130, altrove da noi accennata ('), ed il cui esito non poteva esser dubbio. Januenses ad Sanctum Romulum tenderunt, et turrem ibi edificaverunt ; et homines illius loci..... fidelitatem sancto Syro et populo ianuensi in perpetuum iurare fecerunt (2). Non so ben dire se dopo questa forzata sommessione gli abitanti di San Romolo continuarono, senza alcuna interruzione, ad avere i lor proprii Consoli; ma sarei quasi per inchinare al contrario parere, esaminando il Breve onde quel popolo si trasse a giurar la propria Compagna addi 26 giugno 1143. La quale nel detto Breve si stabilisce della durata di un quadriennio, mentre si giura poi non solamente per questo spazio preciso, ma eziandio per quello di circa due mesi che debbono ancora trascorrere innanzi l’epoca designata qual regolare cominciamento del primo anno. Il Breve offre inoltre parecchie analogie con quelli delle Compagne genovesi, sì nel prescrivere che debbano giurarlo quanti aveano varcati i quindici anni e non superati i settanta (■’),• e si nel tempo a cui si protrae (4); con questa differenza però che mentre in Genova Tanno della Compagna avea principio dalla Purificazione (2 febbraio), a San Romolo cominciava dall’ Assunzione (15 agosto). Cionondimeno noi non vorremo avventurarci a dedurre da questo esempio un criterio fisso; ben sapendo come il determinare la durata maggiore o minore della Compagna fosse cosa affatto arbitraria nell’atto costitutivo della mede- (’) Ved. a pag. 339. (’) Caffaiu Annales, ann. 1130. (*) Jurium, I. 755-57. (4) Ved. Atii, I. 194, ( ^77 ) sima; tanto è vero che un Breve del 1227 protrae appunto questa durata usque ad quinque annos (')• I Consoli invece, quattro di numero, e talvolta anche sei (*), doveano rinnovarsi annualmente ; e nominati dalla Compagna, otteneano dalla Curia del Vescovo la conferma ; non senza 1’ onere di un tributo da parte della Compagna elettrice, ad opportuna ricognizione della suprema potestà. L’ anno consolare poi decorreva naturalmente cogli stessi termini stabiliti per quelli della Compagna ; e questa ed i Consoli giuravan fra le altre cose di difendere e salvar V onore dell’Arcivescovo, della Canonica di san Lorenzo, di tutto il distretto signorile, et specialiter castrum Sa?icti Romuli et Ciliane (3). La Compagna inoltre non commetterebbe alcun furto maggiore di sei denari, nè alcun guasto od incendio se non per comando (per parabolam) dell’ Arcivescovo e dei Consoli ; non entrerebbe in alcuna congiura (rassa), nè costituirebbe altre Compagne senza il consentimento dell’Arcivescovo stesso. E di rimando i Consoli : Quicquid dominus Archiepiscopus de comunibus negociis ianuensium ?iobis prece-peril... adimplebimus (l). Non era però il Consolato una magistratura cosi assolutamente stabilita, da non potersi sostituire con quelle di un Podestà o di un Vicario; le quali era pur lecito lo abbandonare a loro volta per riprendere il governo de’ Consoli. Perciò allo scadere del tempo prefisso alla durata di ogni magistrato politico, l’Arcivescovo, se presente, oppure il suo nuncio, convocava il Consiglio per (') Jurium, I. 587. (’) Id., I. 75i. (’) Id., I. 587. Però in un documento posteriore (1225) l’anno consolaro si cominci.'» invece dalla festività di san Michele (Id., I. 755-57). (4) Reg., pag. 120-22. ( 478 ) intenderne la volontà. Bensì il costui voto non era deliberativo, perchè il Prelato rimanea poi sempre libero di dare a’ proprii sudditi un governo diverso da quello per cui si erano pronunciati; a condizione però che dovesse egli stesso pagare gli eletti col provento esclusivo di quella parte de’ bandi e delle condanne a lui riservata; cioè lire cento di salario al Podestà od al Vicario, e lire 50 al giudice del primo. Poteano tuttavolta i sanremaschi ottenerne anche licenza di eleggersi direttamente il Maestrato nel pubblico parlamento; ma allora, per riconoscere il diritto sovrano dell’Arcivescovo, doveano pagargli uno special tributo, che nel 1143 veniva fissato in sei lire (*). Questa consuetudine ci spiega poi abbastanza le frequenti mutazioni che si riscontrano nel sistema governativo di quelle terre; oltre di che dal vedere prescritti solamente gli stipendi devoluti al Podestà ed al Vicario, si deduce come gratuito fosse invece 1’ ufficio de’ Consoli. I quali infatti derivavano ogni loro compenso da’ proventi che gittava 1’ amministrazione della giustizia; promettendo però di non riscuotere mai oltre a dodici denari per ogni placito, salvo ad accrescere siffatta somma con quella parte delle penalità che loro avesse voluto rinunziare 1’ Arcivescovo (2). Il Podestà, come è noto, era un cavaliere, un uomo d’armi insomma e non di toga; perciò vediamo che a somiglianza di quanto adoperavasi ne’grandi Comuni, doveva avere il suo giudice pel disbrigo delle liti. 11 Vicario invece era uom di leggi; e perciò, non trovan-doglisi dato compagno alcuno nel governo, si capisce (') Reg., pag. 122. C) Id., pag. 121. ( 7*79 ) che in sè riuniva l’amministrazione politica e la giudiziaria. L’Arcivescovo intitolavasi comes et dominus Sancti Romuli (l)j, dominus et comes Celiane et hominum ipsius loci (2); e su entrambe le terre esercitava il mero e misto imperio. Vi costituiva conti, visconti, gastaldi (3), e vi creava giudici e notari (4), scegliendo i primi tra i suoi migliori vassalli (3). Nominava egualmente ogni anno, od approvava almeno, il cancelliere, i chiavigeri, i campàri, i falciatori (6). Il quale ultimo ufficio denota come F agricoltura fosse ben poco progredita in quelle contrade, lasciando supporre molta estensione di territorio tuttavia ingombra di sterpi. Difatti i Consoli di San Romolo del 1225 e quindi i Rettori del 1230 giuravano: nemora... universa de districtu Sancti Romuli cum sociis meis custodiri faciam secundum consuetum erat vel constitutum quod custodiri delent (7). I consiglieri (’) Jurium, I. 878. (’) Notulario di Bartolomeo Fornari, ann. 1250-51, car. 158 verso (Arch. Not.) (5) Jurium, I. 64. (') Id., II. 331 e segg. C) Reg., pag. 398. (') Rasperii Ieggesi nel Liber Jurium (II., 334. 336), e forse meglio rusparii : uomini incaricati di roncare negli agri incolti, svellendone i rovi ed i prunai; la facoltà di ordinare le quali cose era invero tra le signorili. Così per una bolla di Onorio III, del 1217, si confermano alla Chiesa di Albano i diritti di plateatico..., glandatico, hcrbatico, ruspatico, etc. (Ved. Ughelli, I. col. 258). C) Jurium, I. 757, 880. Anche a breve distanza da’ nostri giorni notava il Casalis (Dizionario ecc., XVIII. 681) che la terza parte della Provincia di San Homo era coperta di boschi o di selve. Il dott. Martini (Taggia ed i suoi dintorni, pag. 59) ricorda che i boschi di Taggia misurano tuttavia l’estensione di circa 2000 ettari; e riferisce cho nel secolo XVI l’Ordine Gerosolimitano si rivolse al Magistrato di quella terra, per averne legname acconcio alla costruzione delle suo flotte. Il che per avventura accadde fra il 1523 ed il 1529, allorché i cavalieri ebbero stanza in Nizza, dondo poi mossero per la nuova sede di Malta. ( 480 ) poteano bensì venir nominati dalle magistrature locali; ma 1’ Arcivescovo avea diritto di aggiungere agli eletti per cotal forma quelli che gli fosser piaciuti; giacché per questi officiali, appunto come in Genova ('), non avea vi limitazione di numero (2). Così era certo di procacciarsi a sua posta la maggioranza. In San Romolo infine aveva il diritto di un voto nella elezione del Preposito e dei canonici di san Siro (3). Qualunque officiale poi, assumendo la carica, dovea giurare piena fedeltà all’Arcivescovo. Il quale era pure in diritto di accrescere e sminuire, o, come propriamente diceasi, riformare i Capitoli della terra; anzi ciò era espresso in altro dei medesimi (4), perchè omnia statuta et capitula erant ad utilitatem domini Archiepiscopi (5). Laonde i Consoli (1225) giurando il loro stesso Breve, diceano dell’ Arcivescovo : in cuius potestate est et erit huic Brevi minuere, addere ; et si in hoc Brevi additum fuerit vel diminutum aliquid, de addito tenebor, de diminuto vero sim absolutus (G). E così all’ incirca ripeteano i magistrati di età posteriori (7). Se non che, mentre questi Consoli, obbligavansi a rendere giustizia prò ut nobis visum fuerit secundum leges romanas et capitula loci Sancti Romuli (8), i più antichi (1143) nei loro Brevi prometteano invece di amministrarla secun- (’) Ved. Atti, I. 214. (’} A San Romolo, in un Consiglio del 1223, so ne contano trenta (Jurium, I. 676). (*) Jurium, II. 331 e segg. (*) Id., II. 331-38. (*) Id., II. 336. (*) Id., I. 757. (’) Id., I. 880, 990, 995, 1015. (') Id., I. 755, 988, 994, 1014. ( 481 ) dum nostrum sensum (*). I)i che possiam giudicare che forse non prima del secolo XIII il Comune di San Remo avesse data opera alla formazione di un codice speciale di leggi, o, a dir più giusto, allora soltanto i nostri Arcivescovi provvedessero a dotamelo (2). § III. L’Arcivescovo si recava poi d’ordinario una volta all’anno in San Romolo; ma quando trattavasi di un Prelato di fresco eletto, tutti gli abitanti doveano muovere con istendardi ad incontrarlo, e giurargli aneli’ essi la fedeltà. Tal giuramento poteasi inoltre più e più volte rinnovare in processo di tempo, sempre ch’egli il volesse. Nell’occasione d’ogni altra gita finalmente, doveano solennizzarsi come festivi i primi tre giorni da quel dell’ arrivo, e nel medesimo spazio avea da te-nerglisi corte. Per otto giorni consecutivi doveva pure essere mantenuto a spese comuni in San Romolo, in vigore di consuetudini riferite in una sentenza pronunciata dai Pari della Curia nel 1171, e confermata nel 1220 (3). Dalla quale conferma appariamo poi molto bene come la somma dei precitati otto giorni andasse divisa. Difatti: nel dì dell’arrivo recipitur a gastaldionibus mane et sero, et dant ei secundum quod dies ille exigit, et secundum quod voluntas eius est, omnes expensas cibariorum, et hominibus et equitaturis. Nel secondo giorno faceano il somigliante i Premartini, nel terzo i Polengi, nel quarto i Riculfengi ; dal quinto al settimo toccava la volta della Comunità (totus vero populus Sancti Romuli tres dies continuos recipit eum)] nell’ottavo spet- (’) Rerj., pag. 119, 120. (’) Vcd. Rossi, Storia di San Remo, pag. 127. (5) Reg., pag. 349 ; Jur., I. 646-48. Atti Soc. Lio. St. Patria, Voi. Il, Pari. I, Fase. III. 3i ( 482 ) tava quest’ uflicio alla Collegiata di san Siro, i cui canonici inoltre doveano processionai meri te ricevere il Prelato. Finalmente ab liinc in antea quisque servit ci pro amore sicut cuique placet ('). Però, quanto ai tre dì posti a carico dei sanremaschi, erasi patteggiato coll’andar degli anni, clic se la Comunità, dietro il pàrere de’mae-strati di giustizia, avesse amato meglio di riscattarsene, sì lo avrebbe potuto pagando il correspettivo mercè una colletta di undici denari levata sopra ciascuno de’ Preniar-tiìii, e d’altri otto sopra ciascun clebitale, calcolandosi che getterebbe in complesso un trenta lire di genovini all’ incirca. Però simile accoglimento non doveasi ritener personale ; ma estensibile a’ nunzii che 1’ Arcivescovo avesse spediti come suoi rappresentanti (2). Gli uomini di Ceriana aveano aneli’essi l’obbligo di ricevere in tal guisa l’Arcivescovo od i suoi delegati per due giorni ogni anno, e di custodire anch’essi i placiti alla loro presenza (3). Ma in processo di tempo questi obblighi si mutarono nell’altro di un numero di procurazioni ('*) eguali a quelle dovute dal populus di san Romolo. Il che riscontro in un atto del 13 maggio 1225, nel quale i cerianesi in pubblico parlamento..... fuerunt confessi se debere dare... domino Ottoni Janue Archiepiscopo, cum semel in anno venerit personaliter, procu-racionem trium dierum, et ei facere curiam per tres dies tamquam domino suo (3). Ma anche questi tre dì sembrano (’) lìeg., pag. 123; Jurium, I. G17. (’) Jurium, II. 331 o segg. (*) ld., I. 189. C) Ciccasi propriamente procurazione il vitto cho si apprestava ai prelati allorché andavano in visita. Quando il Vescovo di Luni rocavasi in Amelia, la famiglia di Opizzino giudico doveva apparecchiargli il pranzo. Vod. Cimumo, Economia Pulilica, II. 107. O Jurium, I. 758. ( 483 ) col tempo essersi ristretti ad un solo; notandosi nell’atto di vendita del 1290 che detti uomini debebant dare (Archiepiscopo)... omni anno prò una procuratone circa libras octo (*). Il che rinviene alla spesa delle procurazioni di que’di San Romolo complessivamente valutate, come dicemmo poc’ anzi, a trenta lire incirca. Ma un altro obbligo pesava pure su quei di Geriana, eh’ io non veggo notato rispetto a’ sanremaschi ; voglio dire il diritto di viatico estimato a venti lire. Perchè il Comune, non avendovi potuto in certa circostanza soddisfare (1216), accusavasene debitore, e prometteva pagarlo entro lo spazio di un anno o poco più (1). Durante il soggiorno dell’Arcivescovo i magistrati cessavano dalle loro funzioni ; chè egli stesso, governava direttamente o col mezzo de’ propri vicarii ; udiva le querele, e col concorso della sua Curia dava sentenza. Onde i Consoli giurano (1225) : Sententias... per dominum Archiepiscopum vel eius curiam latas... firmas habebo et... cion sociis meis bona fide execucioni mandabo (3). Egualmente dalle sentenze di essi magistrati, la conoscenza de’ quali era limitata a contese di selve, pascoli e vigne (4), aveasi diritto di ricorrere all’Arcivescovo in appello, sempre che la causa del placito non fosse inferiore ai quaranta soldi (5), od ai venti come rimase determinato più tardi (G). A lui poscia erano riservate le cause di maggior momento : incesti, spergiuri, adulterii, omicidii, assalti, furti, rapine, tradimenti; salvo (') Jurium, II. 335. (’) Id., I. 580. (5) Id., I. 756. (*) IìfiQ., pag. 121. (s) Id., pag. 119; Jurium, I. 756. (*) Jurium, 1. 880, 989, 994, 1014. ( m ) a’Consoli od altri ufficiali, così lo immischiarsene per volontà di lui, come il farne eseguire le decisioni ed il riscuoter le pene ('). In ogni caso però tutti i beni de’condannati per alcuno dei detti crimini, cadeano in balia d'esso Arcivescovo; il quale poteva tenerli per sè, donarli alla propria Curia, ovvero anche rimetterli al condannato; ed al contrario potea bandire quest’esso da San Remo, oppur concedere che in siffatto luogo se ne pigliasse satisfazione (2). I Consoli obbligavansi quindi a far rispettare ed osservar la giustizia, così giurando: Forestatos... de toto districtu Sancti Romuli et posse, una cum sociis meis pro posse meo expellam, nec eos recipi seu habitare in posse Sancti Romuli concedam (3); et cuicumque tempore forestacionis forestatis auxilium vel consilium temporale prestaverit (l). Di tutte le condanne poi e de’ bandi per le cause onde conosceano gli altri magistrati, l’Arcivescovo levava un quarto (3), ridotto in appresso ad un quinto (G); lasciando le rimanenti porzioni al Podestà ed agli altri ufficiali della terra; ma la divisione dovea sempre seguire in tutta buona fede, alla presenza dei gastaldi o d’altri rappresentanti arcivescovili. Laonde i Consoli giuravano (1*225. 1230): Quicquid inde liabuero sine gastaldis non dividam (7) ; e nuovamente (1240) : Quintam partem omnium bannonum undecumque habitorum eidem domino Archiepiscopo vel suis nunciis bona fide tribuam (8). Più (’) Jurium, I. 736. (*) Id., II. 334 e segg. (*) Id., I. 736, 989, 993. (*) Id., I. 880. (*) lierj., pag. 421. (*) Jurium, n. 336. C) Id. 736, 880. (*) Id. I. 989. ( 485 ) tardi ancora Jacopo da Varazze avea disposto che il tutto si partisse a metà; et istud fecit quiade iure omnes condempnaciones debebant esse domini Archiepiscopi ; sed quod dimittebat Potestati et officialibus, hoc faciebat et facit de gratia ('). L’Arcivescovo avea pure il diritto eminentemente signorile della macceltatura\Q dai tenitori de’banchi ripeteva in segno di riconoscimento i lombi de’ maiali e le anche dei bovi. Riscoteva del pari il focatico, il terratico, lo scatico e 1’ abiatico (-), il fodro, il ripatico ed il pescatico. Il focatico s’ incontra nettamente determinato per gli uomini di Geriana in un quartino di avena per ciascun fuoco; non ommettendosi di notare che i fuochi de’ce-rianesi sommavano in tutto a centoquaranta (3). Il terratico, quanto è del frumento ed in genere de’ cereali, soleasi esigere per 1’ ordinario nella quantità di un moggio (4), od in quell’altra guisa che riputavasi equivalente alla quantità che se ne era seminata (5); mà a Geriana è stabilito in tre staia (c) del miglior grano per (s) Jurium, I. 989. (4) Id. I. '0. (s) Reg., pag. 452. A’ tempi suoi però il Giustiniani scrivea di Ceriana : t È luogo grosso, e vi sono alquanti dottori, e vi si manda da Genova il Podestà; fa da quaUroccntosettanta fuochi » (Annali, I. 26). (*) Il moggio era I’ antica unità di misura del frumento, di cui la mina (emina) ed il quartino erano rispettivamente la metà e la quarta parte. Le più antiche citazioni del moggio e della mina in documenti genovesi rimontano al-1’ ultimo trentennio del secolo X ; ma la capaciti loro per que’ tempi ci rimane ignota. 11 eh. cav. Rocca ha, rispetto al secolo XIII, alcuni esempi per giudicare che la mina era allora di 9 rubbi = libbre 225 = chilogr. 71,47400 = litri 91. 633,500 (Ved. Pesi e misure antiche di Genova e del Genovesato, pag. 94 e segg.). 0 Cnuumo, Della schiavitù e del servaggio, II. 184. (‘) Lo sUiio era la metà dol quartino, e perciò altrimenti diceasi quarta. Pieno di grano a raso risultava del peso di chilogr. 0,713, e della capacità di litri 0. 954 (Rocca, Op. cit., pag. 94, 109). , ( 48G ) ogni coppia di buoi, in due staia per ciascun bove col rispettivo lavoratore o manuale (bracerio), in uno staio per ogni semplice lavoratore. Poteasi però anche risolvere, se così fosse piaciuto all’Arcivescovo, in una sola, complessiva ed annua prestazione, la quale si fissava in cento mine ('). Del resto il terratico era pur dovuto de omnibus... arboribus que impediebant terram ad reddendum fructum exceptis cannavo et lino, porrisque et caulibus (3); ed infatti prescrivendosene a que’ di San Romolo il pagamento, non se ne dichiaravan liberi che pochi alberi ficorum et cetrorum, que solum in sepibus collocate,pocius sata defendunt quam terre reddere frùctus impediant (4). Lo scatico e 1’ alpiatico, ossiano i diritti di pascolo, esercitavansi non solamente nell’intervallo tra le messi e la seminagione, ma eziandio negli interi anni nei quali si lasciavano riposar le terre, di cui troppo facilmente si temeva d’esaurire le facoltà produttive. Ciò posto, si comprende perfettamente il passo mercè cui i nuovi coloni di San Romolo obbligandosi di rispondere al vescovo Teodolfo omni anno vino, ficas et oleum medietatem, soggiungono : et per unumquemque annum quando esca fuerit debemus vobis dare scaticum (:i). Perocché ciò risponde senz’ altro agli anni di riposo preaccennati. E 1’ esempio dura tuttodì con larghe proporzioni in molti luoghi, dove in conseguenza non esiste proprietà perfetta; come è il caso degli ademprivii della Sardegna e delle sile delle Calabrie, cui percò la legislazione italiana si (’) Jurium, I. 188. (*) Id., I. 27, 1412 ; II. 331 e segg. (s) Id., I. 170. C) Id., I. 27, 170. (s) Id., 1. 6. ( 487 ) è oia pioposta il bello e nobile compito di redimere alfine dalla prepotenza pastorale (*). 1 fodro, ossia l’obbligo di somministrare i foraggi a e cavalcature, risolveasi per gli uomini di Ceriana ne gravarne di uno staio d’avena per ogni fuoco (2). . nPatlcn equivale certamente al diritto d’approdo alla va di San Romolo; il pescatico alla tassa ond’era iniqua V a ^escao'-0ne de'fiumi e degli stagni che pure, sè ^ ° <^.1^an 1’Arcivescovo avea riservata a era§ bS° ^°n C°S1 ^er llomini di Geriana, cui ocito invece senza l’onere di alcun tributo {sine ed il re(^liu} ^ ^ar legna, il cacciare, il condur l’acqua arciv^6SCaie ^oyunclue > eccetto soltanto nella pescaia vescovile, [ cui limiti correvano a Passo Grifforum «sqice ad fossatum Colle Prace ('*). certi.11^111611-'6 ' Arciv^ovo riscuotea da San Romolo v y d°}lativi, i quali volendosi ridurre in numerario, iamo da un atto consigliare del 1223 apprezzati fra ^ento e le centocinquanta lire (3). dell’°AC^U^ei1^0 accenniamo clie cadeano nel patrimonio icivescovato le successioni vacanti, leggendosi nelle °nsuetudini confermate il 1156, che si quis sine lierede V^ortuus fuerit sine iudicio omnia sua revertantur ad uriam (G). E meglio ancora ciò si rileva da una sen-Cuza del 1254, mercè cui i giudici di essa Curia, a pe- ( ) Cmiuiuo, Della schiavitù e del servaggio, li. 19, 20. ( ) Jurium, l. 188_ ( ) Id., 11. 33| e OH, 1.188. ( J Id., I. 677. Obertus Falexanus dixit de datis domìni Archiepiscopi, qvod ’tpsc domiiius Archiepiscopus habeat a Comune bandi Romuli libras centum vi-gmtl- phìlippus de Galajìis de donis domini Archiepiscopi dixit de libris CL. nfussus Albavera dixit de donis domini Archiepiscopi de libris C. O ld., 1. 189. ( 488 ) tizione de’ gastaldi (naturali incaricati di vigilare agli interessi del signore), aggiudicano alla medesima i beni di Guglielmo Isoardo deceduto intestato e senza eredi necessari : prò ut de consuetudine est, et observatum est in Ciliana usque modo, diceano i gastaldi nella loro richiesta ; et secundum consuetudinem antiquam et approbatam, ripeteano i giudici nella loro pronuncia ('). Sembra bensì che l’esercizio di questo diritto non si rimanesse coir andar degli anni privo d’ostacoli; perchè nell’atto di vendita del 129G, meglio che enunciarsi chiaramente, si esprime con certa circospezione, leggendovisi quod de hereditatibus deffunctorum in Ciliana seruaretur prò ut liactenus est observatum (2). § IV. Facendoci ora a dire delle proprietà della Chiesa e dei diritti inerenti alle stesse, notiamo subito che il libello di Teodolfo del 979 ricordando fra queste una corte indonnicata, una domocolta ed un castagneto donmcato * in Taggia (3), conferma appieno e ribatte la verità della leggenda recata in principio del presente capitolo, laddove narra che Gallione curtem quae Tabia nuncupatur (beato Syro) devotissime obtulit. Or si sa che « curtis, corte, si chiamò in origine uno spazio di terreno rispianato (aia), avente annesso un orto od un verziere, cinto da uno o più lati di case rustiche, fra cui talvolta se ne alzava una civile, con stalla, porcile, polmento, e dagli altri lati di muro o siepe. È il rus romano, la nostra villa rusticana, che... i piemontesi ed i lombardi dicono fascina. A ciascuna corte o villa era annessa una (’) Jurium, I. 1207. O Id., II. 33G. (*) Id. ; I. 8. ( 489 ) quantità di terre più o men grande, di varia coltura, campi, prati, vigneti, oliveti, selve e boschi, più o meno distanti dall’ abitato. Talora la corte avea nella sua dipendenza laghi, fiumi, ponti, e più spesso forni e molini. L’aggrupparsi di varie corti o ville costituì il villaggio, che pigliò il nome della corte principale ». Così giustamente il Cibrario (1). Avvertasi però che noi non intendiamo già sostenere tale qual ci si mostra pe’documenti essere stata in origine la corte donata da Gallione. Forse la donazione di costui fu come il nucleo di successivi aggregamenti ; e ’l complesso di questi soltanto venne quindi a formar propriamente la corte, si^capace da includere varii massarizi e famiglie, sì importante da eri-gervisi una cappella, sì vasta da distendere i propri confini dalle giogaie de’monti alla fiumana del suo nome ed al mare. La leggenda anzi, a nostro avviso, ci descrive la corte qual era propriamente intorno al secolo XI. Quanto alle proprietà esistenti a San Romolo, conosciamo per 1’ esposto dianzi che il Vescovo avea del maggior numero di esse dato i tre quarti ai canonici di san Lorenzo. L’ altra parte avea pure assottigliata in vigore di concessioni feudali ; riserbandosi non più che un ottavo in tutto il raccolto del vino, ed un quattordicesimo per quello del grano, dell’ orzo ed in genere delle biade, e dei frutti (2). Di alcune terre della Chiesa aveano inoltre i rispettivi livellarii fatto omaggio alla capppella di santo Stefano eretta in San Romolo, secondo che in altra parte notammo (3), ed eziandio al monastero genovese sotto l’invocazione del protomartire, natural- (’) Della schiavitù e del servaggio, II. 225. (*) Jurium, I. 27. (5) Cul t irto, pag. 175; Reg., pag. 125-26. Voci, a pag. 416. ( 4-90 ) mente però in favore della suddetta cappèlla clic dal medesimo rilevava ('). E d’altri tenimenti aveanle pur fatta liberalità i Vescovi (-), clic è a dire di quel complesso di masserie che costituiva il tenimento chiamato la Barbadella. Se non che l’arcivescovo Gualtieri da Vezzano, disegnando trasformare il monastero e lo spedale annessi alla cappella in un palazzo di sua dimora (1258), donava in cambio di questo tenimento al monastero genovese la cappella di san Martino di Via in quel di Bisagno, e facea riaggiudicare alla propria Mensa (1264) tutti que' dritti che la Barbadella avea sino allora pagati ai monaci (3). Nè vuoisi già credere che innanzi di questo palazzo mancassero i nostri Prelati di una orrevol sede in San Romolo ; perchè alcune carte ci danno pur lingua di quel eli’essi vi aveano in contiguità della chiesa di san Pietro (4). Il nuovo poi fu recato a maggiore ampiezza, ed anche migliorato, da Bernardo da Parma successor di Gualtieri (3). La cappella, passata del pari agli Arci- (’) Cartario, pag. 137. Certo al monastero nostro avea donato tjuosta cappella un qualche Vescovo, e probabilmente Teodolfo, Giovanni II o Landolfo, elio furono i più benemeriti della regola di san Benedetto. In tal caso il diploma del vescovo d’AIbenga del 1125, da noi citato in nota al Cartario (pag. I7;i), ove provammo non potersi trattare di una vera donazione, perché la cappella ci si mostra per documenti già da più antica stagione in possesso del cenobio genovese, equivarrebbe piuttosto ad una ricognizione di tale possesso, od anche ad una conferma. Conferma invero opportuna, da elio appunto ai principii del secolo XII dee con molta probabilità assegnarsi il cominciamento dalla giurisdizione spirituale de’Vescovi albonganesi sulle torre di San Ilomolo, Ceriana o Taggia, come abbiano detto a pag. 339. (’) Cartario, pag. 175. (3) Jurium, I. 1412. (*) Id., II. 331 e segg. C) Varagine, Ckron. Gen., col. 51. Iste archiepiscopus (Bernardus)... circa res... Archiepiscopatus fuit mullum assiduus et intentus. Apud Sanctum Romulum palatium nubile per dominum Guallerium incoeptum ampliavit el melioravit. ( *91 ) vescovi, rimase nel loro dominio coll’ onere di farvi celebrare i divini uffizi da un cappellano ('). Noteremo ora noi con questa opportunità due circostanze. La prima che i monaci benedettini trasferirono allora da San Romolo a Genova il corpo di sant’ Am-pegli, cui i cittadini di Ventimiglia nel 1140 aveano ceduto in permutazione d’alquanti loro prigioni a’sanro-molesi (-) ; la seconda che nella accennata cappella di santo Stefano ebbe consuetudine di raunarsi il parlamento di quei terrazzani (3). Lo stesso Arcivescovo Gualtieri facea pure edificare in Ceriana la casa di giustizia e del parlamento; sul cui prospetto si apriva una loggia (l). Nè molto andava che il podestà Federigo da Vezzano, forse di lui congiunto, ne facea costrurre all’uopo stesso della giustizia un’altra in San Romolo (•’). (’) Jurium, II. 331 c segg. (s) Poiché se ne offre l’opportunità, piacerà veder qui ricordato che il codice della Vita di sant’Ampegli, qual fu stampata no’ Bollandisti sotto il 1 ! maggio, serbasi di presente nella Biblioteca della Missione Urbana di san Carlo in Genova. È membranaceo in-i.°, del secolo XIV, o forse anche della fine del XIII. (5) Rossi, Stona di Saii Remo, pag. 31. C) Jurium, I. 758. (5) Entrambe queste case esistono anche al di d’oggi, per testimonianza del eh. Rossi (pag. 109, 130); e sonvi murate le seguenti iscrizioni. Su quella di Ceriana : ìiniis gualtcrius iun. nrdjiqi. Ijoc opus Iccit fieri nn. m. et. Ini in. ì>cc tris bit xij. Su quella di San Romolo : •I' ; m : cc. Ux. tij factum foit Ijoc opus tempore bomini frcòcticì ile #e jano yotcstiitis saiuti ra muli anno ij rcjjtintnis sui. ( m ) Tornando ai beni patrimoniali della Chiesa, citeremo il tenimento dell’/so/a Buona, cui l’arcivescovo Siro II, nel 1155, concedeva a livello coll’obbligo d’erigervi un molino ('); un manso condotto da Pietro di Ruffino (*); e il Monte della Valle circa 1’ usufrutto del quale arse viva e lunga contesa fra gli uomini di San Romolo e di Ceriana (3). Siro nondimeno compose la vertenza per modo che, distribuito il monte in tre parti, l’una ritenne per sè, l’altra diede a’sanremaschi, 1’ultima a que’ di Ceriana (4). A’ sanremaschi poi la confermava lo stesso Arcivescovo, nel 1154, con una carta di locazione perpetua; ove è pur detto che la parte loro assegnata guardava verso Bussana ed il mare (5). Infine d’altre varie proprietà onde s’incontra cenno nel più volte citato documento di vendita del 1296, basterà la notizia che ne daremo nello specchietto posto a conclusione del presente capitolo. Ma importante sotto più di un aspetto è poi una nota, compilata verso il 1150, dei redditi che annualmente si riscuoteano dalla Curia di San Romolo, e che nel Registro si computano in due forme diverse, cioè secondo la moneta pattuita nelle carte originarie delle enfiteusi, e poscia secondo l’altra specie che allor doveasi effettivamente pagare. 11 primo di questi computi ascende a ventidue denari pavesi antichi, ripartiti Ira diciannove tenitori, livellarii e massari (°); il secondo (') Rei/., pag. 123. Vi ha pur memoria (pag. 397) di una casa tenuta, per parte della propria moglie, da certo Balduino; il quale conoscendola proprietà della Curia 1’ ebbe spontanoamonte rinunziata all’ Arcivescovo. (*) Reg., pag. 379. (5) Id., pag. 122. (4) Id., pag. 452. (5) Id., pag. 140-41. (6) Id., pag. 125. I ( 493 ) rileva ad 84 denari genovini, e ventiquattro sono i tenitori ('). Rispetto a Ceriana, segnaliamo del pari il Palazzo di residenza (-), ov’ era la caminata (3) per cui accedevasi al terrazzo (4). Un atto del 1216 annunzia quindi genericamente le possessioni del qm. Eliseo, cadute per avventura in proprietà della Curia per difetto di eredi del proprietario ; ma certamente considerevoli, se guardiamo che dalla metà di esse l’Arcivescovo ritraeva r annua pensione di dieci soldi (5). Rubaldo di Marchesia avea pure in locazione dalla Curia (1257) una terra ca-stagnativa, col divieto aliquem de arboribus ipsius castagneti incidere, e per converso coll’ obbligo si que sal-vatice ad inseriendum enserire (6). Tutti i beni dell’Arcivescovado poi, cosi in San Romolo come in Ceriana erano direttamente amministrati dai gastaldi, che godeano l’esenzione dalle gravezze e vegliavano ad ogni interesse dell’Arcivescovo. Il quale divideva con essi loro i proventi del fodro e del ripatico; e loro eziandio abbandonava il quinto di quel che gittava la parte riservatagli in tutti i casi di bandi e d’ altre condanne pecuniarie (7). Quanti gastaldi vi avessero in San Romolo non trovo ; ma il Registro fa memoria del gastaldo Donino, posto in Ceriana dall’economo Alessandro (8). Tre poi ne cornei Reg., pag. 126. (’) Juriim, II, 331 e segg. (5) Id., I. 1262. (4) Id., I. 1226. C) Id., I. 581. (6) Id., I. 1261. (7) Id., II. 331 e segg. (8) Reg., pag. 452. t ( m ) pariscono in certa sentenza del 1254 già ricordata ('). Gli obblighi e l’autorità loro si desumono, meglio che d’altra parte, da un atto del 1216, laddove un Oberto eletto per l’appunto all’ ufficio del gastaldato in Geriana promette di custodire tutti i diritti dell’Arcivescovo, di non entrare in alcun trattato contro i beni del medesimo, e nominatamente contro il castello se pur sapesse che da taluno si cospirasse per sottrarlo al dominio di lui, ma di sventare ogni macchina, e di dare all’Arcivescovo stesso i migliori consigli sempre che ne fosse richiesto (-). § V. Accennammo più sopra alle Compagne del 1143 e 1217 (?). Or come sospettammo che la prima fosse preceduta da cittadine discordie, cosi possiamo asserire che il fu la seconda; perchè innanzi il 1217 la popolazione di San Romolo si trovò scissa profondamente in due campi, l’uno dei quali tenea le parti dell’Arcivescovo , 1’ altro quelle del Comune di Genova (l). E già le cose erano procedute sì oltre, che l’arcivescovo, Ottone riducendosi nel novembre del 1216 a’ suoi possedimenti, credea per atto di prudenza declinar lo invito de’suoi partigiani che l’eccitavano ad entrare in San Romolo, e difilare invece a Ceriana. « Gli è impossibile a descriversi (cosi il Rossi) il male da cui trovò inondati quei miseri abitanti ; 1’ anarchia vi regnava con tutto il suo disordine e furore, ed il suo soggiorno colà non è ricordato che da sentenze di bando e confische (') Jurium, I. 1207. (’) Id., I. 581. (5) Ved. a pag. 487. (') La genesi di queste fazioni può vedersi minutamente descritta dal Rossi, nella Storiti citala, pag. M7 e segg. ( 495 ) di beni da lui pronunciate in pubblico parlamento contro malfattori ed assassini, fra cui troviamo mescolati chierici e preti » ('). Nè la stessa Compagna era stata propriamente giurata da tutto il populas Sancti Romuli, come pur si legge nel Breve del 1143 (2); ma soltanto da quelli fra gli liomines Sancti Romuli i quali obbedivano all’ appello diretto loro per Villielmum clericum missum sive nunciam domini ianuensium Archiepiscopi. Ed al giuramento erano intervenuti eziandio come testimoni i Consides qui tunc erant in Sancto Romulo, Octo Rafficota, An fossus Albavera, Raijmondus Granella et multi alii (3); i cui nomi rispondendo similmente ai partigiani dell’Arcive-scovo incontriamo ripetuti nell’altro giuramento, che il 15 maggio 1217 gli homines Sancii Romuli prestavano ad Oberto vescovo d’Albenga costituito dal Prelato genovese per suo Vicario nella detta contrada (4). Se non che le parti contendenti facean capo nel luglio ad un compromesso nella persona del Vescovo di Nebbio procuratore dell’arcivescovo Ottone, c di due nunci del Comune Genovese. I quali tutti riuscivano a concordare una tregua itsque ad adventum domini Archiepiscopi, et tantum plus quantum placeret domino nostro Archi-episcopo (5), o più chiaramente per totum tempus pote-statie domini Oberti Buccafolhs Quanto alla pace però non ci si venne nè allora nè poi, anche quando i pericoli e gli infortunii si aggravarono con egual peso C) Rossi, pag. 121. (-) Reg., pag. 122. C) Jurium, I. 587. (') Rossi, pag. 121 ; Jurium, I. 588, 591. (5) Jurium, I. 593. (6) Id., I. 595. Oberto Boccafolle era Podestà di Genova per tutto 1’ anno 1217. ( 49 G ) sulle due fazioni. Gonciossiachè l’anno 1221 il podestà Lotaringo di Martinengo trovandosi colle milizie genovesi a domar la ribellione di Ventimiglia, « andò... con gli amici e con i vassalli della Repubblica in San Remo per dare ordine all’esercito » ('); e scorazzando forse la soldatesca licenziosamente per le campagne, i terrazzani le mossero contro, e dello esercito ebbero feriti o morti parecchi. Il Podestà a vendicarsene, spedì messi con ordine di far dare il guasto ai beni dei sanromo-lesi, e massimamente di quelli che citati da lui in giudizio eransi tenuti contumaci. Parve all’ Arcivescovo che siffatto procedere equivalesse ad una flagrante infrazione de’suoi diritti signorili; e però cavalcando a San Romolo persuase agii abitanti che non dovessero punto arrendersi alle intimazioni di Lotaringo ; anzi aggiunse minaccia della scomunica per quanti, tenendo le parti del Comune Genovese, ardissero oprare il guasto intimato da’ messi del Martinengo. Il quale a sua volta accecato dallo sdegno, pose il sequestro su tutte le proprietà e le rendite dell’Arcivescovo, e mise quest’esso al bando. Ottone, richiamatosi di tanta offesa al Pontefice (2), e sottoposta la città di Genova ad interdetto, se ne partì ; nè tornò se non quando Lotaringo ebbe rassegnato 1’ ufficio, ed il costui successore, Spino di Soresina (1222), scese a piii miti consigli. Ottone rientrava in città, accompagnato dal Vescovo di Parma a dallo Abate di santa Maria del Tiglieto, delegati papali; e tosto ricuperate le proprie rendite-f), (’) Giustiniani, Annali, I. 323. (’) Jurium, I. 666. (5) MAncmsii Scmbae Annales, a. 1222. Postmodum vero Januam venientes venerabiles viri Parmensis Episcopus et Abbas de Thelicto, a Summo Pontifice super hoc indices delegati, ipsum Archiepiscopum Januam conduxerunt, devote ( «7 ) levava via I’ interdetto. Quanto poi a’ dissidii circa San Romolo, il Papa stesso avea confidato il carico di ricercarne le cause e di comporli al Vescovo di Tortona, al Preposito di san Martino di Gamundio e all’Arciprete di Libarna, or Serravalle-Scrivia ; i quali, convocate le parti, e udite loro ragioni, avrebbero data inappellabile la sentenza ('). Ma l’autorità del Pontefice non sarebbe bastata a tutelare l’Arcivescovo nei diritti di signore temporale cosi forte minacciati da un potente Comune. Ottone dunque invocava eziandio l’autorità dell’imperatore, e per ciò ricorreva all’Arcivescovo di Magdeburgo legato imperiale in Italia ; il quale commettevasi anch’esso d’ogni più ampia* facoltà nel Vescovo di Tortona (2). Recatosi quindi Ottone di bel nuovo in San Romolo, colla speranza di pacificar le discordie (22 febbraio 1223) convocava nella chiesa di san Siro il Parlamento ; e raccoltone il parere (3), nominava a podestà di que’ terrazzani Ansaldo Di Negro. Il quale bandiva tosto una tregua (13 aprile) da durare sino alla ventura solennità della Purificazione (4). Però tutte queste disposizioni non si accettavano che dalla sola fazione arcivescovile : la contraria, sovvenuta certamente di consiglio e d" opera dal Comune Genovese, tenevasi emancipata ormai da ogni vincolo d’obbedienza verso l’antico signore. Il et humiliter supplicantes, quod... idem Archiepiscopus haberet redditus suos tam maris quam terrae, secundum quod consueverat habere,, et id quod in Sancto Romulo videbatur habere. Quibus responderunt quod nullam violentiam inde passus fuerat pro Comuni, et ideo licitum esse ei redditus ipsos more solito capere et habere. (') Jurium, I. 666. C) Id., 1. 696. * (3) ld., I. 676. (4) 1(1., I. 678. Atti Soo. Lic. St. Patria. Voi. Il, Part. 1, Fise. 111. 32 ( /*98 ) che è tanto vero, clic il Vescovo d’Albenga avendo spedito un suo cappellano, e poscia anche il Preposilo di Ceriana, con lettere di citazione dei predetti delegati papali a San Romolo, e più precisamente a quelli che, in dispregio dei provvedimenti arcivescovili, seguitavano ad intitolarsi rettori della Comunità (qui se nominant rectores Sancti Romuli), niuno v’ebbe tra costoro che volesse riceverle, hi conseguenza del quale rifiuto, Pietro vescovo di Tortona valendosi dell’autorità confortagli dal legato imperiale, poneva gli uomini di San Romolo al bando dell’Impero ('). I delegati poi, riuniti a Tortona, constatata e proclamata di bel nuovo la contumacia de’sanromolesi, addì 5 giugno 1224 sentenziavano : Doversi l’Arcivescovo rimettere nell’antico e pieno possesso della terra e del castello di San Remo, riservato a que’terrazzani per lo spazio di un’anno il diritto di provvedersi in appello (2). Del qual diritto però non essendosi eglino approfittati, la sentenza venia resa definitiva con una susseguente pronuncia degli arbitri stessi pubblicata in Tortona il 19 settembre 1225 (-1). Sembra però che nel frattempo la parte arcivescovile si fosse un cotal poco rafforzata; perchè già nel 6 maggio 1224 Ottone eleggeva in San Ilomolo i consiglieri ('*); e più perchè nel novero di costoro s’incontra il nome di Ferro Mazzollo, già capo dei sedicenti rettori della terra, riluttanti, comc abbiam notato, nel 1223 alle intimazioni dei delegati pontificii' (5). Di più trovo che il 5 maggio 1225, ben cinquantaquattro cittadini, e con (’) Jurium, I. 695-97. (J) Id., I. 7-20-22. (3) Id., I. 768. (*) Id., I. 695-97. (5) Id., I. 718. ( 499 ) essi il detto Mazzollo, chiesero all’Arcivescovo di ricostituire in San Romolo il Consolato (!); e con ciò ne riconobbero apertamente il diritto sovrano. Di che Ottone approfittava, eleggendo nel dì seguente i Consoli in numero di sei (2); i quali immantinente gii giuravano fedeltà con un importantissimo Breve, obbligandosi fra le altre cose a sventare ogni congiura ed a far rispettare il contine dai forestati (3). La quale ultima circostanza ne fa conoscere che alla tranquillità non si era giunti se non col bando dei più accaniti e riottosi. § \ I. In tali termini, per avventura, duraron le cose fino all’anno 1230; quando il Magistrato consolare cedette il luogo a quattro officiali, deputati dallo stesso Arcivescovo a reggere il paese con titolo di Vicarii. I quali „ a lor volta, entrando in carica, ripeterono il giuramento fatto da’ Consoli nel 1225 (4). Or con siffatta forma di reggiménto, benché i 'S icarii non sempre dentro uno spazio determinato di tempo ed in egual numero si rinnovassero (J), si andò innanzi alcun tempo, sinché i medesimi furono sostituiti da un Podestà. Alcuna volta un solo Vicario abbracciava anche l’amministrazione di San Romolo e di Ceriana (G). (’) Jurium, I. 734. (2) Ibid. O Id., I. 7oi>-o7. (‘; Id., I. 878-80. C’) Noi 1240 furono sei; e la loro durata lasciavasì dall’Arcivescovo medesimo. ii sua balia (Jurium, I. 988-90). Ma non durarono oltre un anno, perchò nel 1241 vennero surrogati da Guglielmo Viceconte "(Id., I. 993-96). (°) Nel 1237 era unico Vicario di San Romolo e Ceriana Guglielmo arciprete di Camogli (Jvrium, 1. 974) ; il cui messo e procuratore, Rubaldo arciprete di Sant’ Oleoso, creava in Geriana cinque rettori. I quali iuravenmt regere terram Cilùme et populum universum secundum mandatum et preceplum predirti Guil- ( 500 ) Per tal modo, scrive il Rossi, gli Arcivescovi Genovesi poterono reintegrarsi negli antichi diritti ('); usandone quindi col rigore necessario a ben raffermarli. Cosi l’arcivescovo Giovanni (1241) condannava alla pena di venti lire, e in diletto alla confisca de’ beni, Rolando Rafficotta reo di avere abbandonato il confine di Venti-miglia(-); e multava in quattrocento lire Oberto Ascensio co’suoi colleglli (12-13—1-1), per ciò evidentemente che avean tenute le parti a lui contrarie (3). 11 quale Ascensio poi, nel fatto della ribellione dovea certo essere recidivo, da che già l’arcivescovo Ottone avealo sospeso dal ministero del notariato, propter auctoritatem et favorem et auxilium quocl videbatur prestare fratri suo Antonio in male faciendo (l); comecché poscia l’avesse reintegrato in ufficio (1221). e costituito eziandio cancelliere della Comunità di San Romolo (3). Infine lo stesso arcivescovo # Giovanni (1246) rendeva esecutoria una sentenza pronunciata nel 1230 dal suo predecessore, il quale avea colpiti di condanna pecuniaria i beni di certa Verdilia di Strata propter offensas el crimina (6). Opportunamente poi Innocenzo IV pontefice (1251) richiamandosi ancora ai casi disgustosi della podesteria di Lota-ringo Martinengo, e disapprovandoli un’ altra volta, benché ai genovesi ne rimettesse le colpe, rafforzava lielmi vicarii (ld. I. 97o). E nel 1213 il reggimento dei due paesi era un’altra volta riunito nella persona di Nicoloso canonico e vicedomino arcivescovile (ld., I. 1010-11); al quale nel 12io vediam finalmente succedere Oberto Dolla Croce dd., I. 1013-16). (’) Rossi, Storia di San Remo, pag. 128. • (*) Jurium, I. 1011. (s) Id., I. 1012-13. (4) Id., I. 661. (s) Id., I. 759. (“) Id., I. 1017. ( SOI ) sempre meglio, o credeva, la signoria temporale de nostri Prelati ('). 11 governo del Podestà ci si mostra per alcuni rogiti di Bartolomeo Fornari stabilito nel 1251 cosi in San Romolo come in' Geriana, e riunito nella persona di Lanfranco Uso limare. Lo stipendio annuo pel reggimento di San Romolo si determina in lire 170, di cui 20 a carico dell’Arcivescovo, e 150 a debito del Comune; per quel di Geriana si assegnano l’introito della biava spettante,al Palazzo Arcivescovile; oltre di che si aggiungono per entrambi tutti i proventi di giustizia (2). (’) Jurium, I. 1014. \S (*) Notulario di Bartolomeo Fornari, ann. 1250-51, car. 156 e 158 (Ardi., Not.). Cum Raymundus de Buzana et Wilielmus Bonaventura notarius sindici actores et procuratores Communis Sancti Romuli, ut continetur in carta procurationis facta per manum Octonis Aymeline notarii m.cc.li. mense octobris, nobis Johanni Archiepiscopo Januensi comiti et domino castrorum Sancti Romuli et Ciliane plurimum suplicassent ut Comuni dicti loci Sancti Romuli de bono et ydoneo potestate provideremus. Nos Joluumes archiepiscopus supradictus de prudencia et discretione vestra Lanfrance Ususmaris plurimum confidentes potestaciam et regimen dicti loci vobis concedimus cum iusticia et introitu iusticie eiusdem loci a festo sancti Andree proxime venturo usque ad tres annos, et ultra de camera nostra vobis solvemus et solvere promittimus libras vigiliti omni anno vobis lavantibus facere dicta regimina sicut alii rectores dicti loci Sancti Romuli iurare consueverunt secundum tenorem brevis quod iuravit Obertus de Cruce, et observare capitula dicti loci prout alii rectores observare teneri consueverant, non obstante capitulo quo prohibetur de regimine extrinseco non habendo et aliis capitulis contra predicta facientibus; quod capitulum et capitula contra predicta facenicia ex nunc cassamus et pronunciamus esse nulla et totam consilium et universitatem dicti loci a iuramento quo tenebantur illud capitulum seu capitula observare absolvimus in totum', et pronunciamus non teneri. Actum Janue in camera dicti Archiepiscopi die penultima octobris (l-.il) post vesperas. Testes Nicolosus canonicus Janue, Wilielmus et Enricus chiiii Palacii Janue et Bonifacius prepositus Sancti Romuli. Cum dominus Joliannes archiepiscopus Janue dominus et comes castri.....(gu.i?t<>) Sancti Romuli elegerit et constituerit atque ordinaverit te Lanfrance Ususmaris potestatem et rectorem castri hominum et tocius posse Sancti Romuli.... m ka-lendis decembris proxime venturis.... ut continetur in carta inde facta per mu- ( M2 ) Sembra però che alla elezione dell’ Usodimare guidassero interessi speciali a noi ignoti, anzi ch’ei medesimo brigasse la nomina. Conciossiachè, ponendovi patto indeclinabile quello di conseguire un tale ufficio, grati- num Bartholomei Fornarii notarii et ad universitatem sancti romuli pertineat.... feudum potest.itie et regiminis solvere quod enim esse debet omni summa lib-bramili a.. Janae. Idcirco nos Raymundus de Busana et Willielmus Bonaventura notarius sindici.... et procuratores.... universitatis hominum Sancti Romuli, nomine et vice predicte universitatis et comunitatis et pro ea, promittimus ^ et convenimus tibi dkto Lanfranco predictum salarium seu feudum librarum a Januc pro quolibet anno dare et solvere.... per lios terminos, videlicet a kalendis decembris proxime venturis usque ad menses tres libras i pro primo anno, et inde, ad alios menses tres alias libras l de eodem anno; et inde ad quuhtor menses alias libras i de eodem anno; et inde usque ad alios menses quinque pro secundo anno alias libras i. et inde ad alios menses tres alias libras i de eodem anno; et inde usque ad alios menses quatuor alias libras l pro eodem anno, et inde usque ad menses quinque pro tercio anno alias libras l Januc; et inde ad menses tres alias libras l pro eodem anno; et inde usque ad menses quatuor pro eodem anno alias libras i Januc.... Preterea nostro proprio nomine promittimus et convenimus tibi nos facturos et curaturos ita quod rectores et consiliarii communitatis ct universitatis Smcti Romuli in publico parlamento comprobabunt et rati/icabunt ea que superius pro ipsis universis tibi promisimus, et quod te tamquam potestatem et rectorem recipient et tenebunt usque ad dictam tempus, et quod instrumentum ratificationis et comprobationis solempni-ter factum tibi trademus a vigilia omnium sanctorum usque ad dies x proximos etc. (1231 30 ottobre). Nos Johannes archiepiscopus Januc, dominus et comes Celiane et hominum ipsius loci, damus et concedimus tibi Lanfranco Ususmaris potestatiam et regimen predica loci Celiane et hominum ipsius loci, et te in eiusdem loci et hominum potestatem eligimus et constituimus a kalendis decembris proxime futuris usque ad terminum per quem potestatem volumus te habere ; et tibi concedimus totum introitum ad nos seu ad Palarium Archiepiscopatus Janue pertinentem de biava que debebitur ipsi Palacio pro ipso et ipsis, nec non et iusticiam sive introitum iusticie dicti loci et hominum eiusdem loci; te turante facere dicta regimina et curare sicut alii redires dicti loci Celiane consueverunt iurare. Actum Janue in palacio Archiepiscopi, die ultima octobris (1251) in sero. Testes Palidims, Asclierius et, Jacobus minister de Fumerri et dominus Annantis vto-nacus sancti Bartholomei de. Fossato et Obertus canonicus plebis de Riparolio et Sgmon de Cucurno. ( 503 ) ricavasi gli uomini di San Romolo con un mutuo di lire G70, contentandosi di esserne redintegrato rateal-mente (per quel che ne sembra dal documento pervenutoci non senza gravi offese) nel triennio a cui la podesteria medesima doveva protrarsi ('). Ma certo più che nel salario sperava Lanfranco di lucrare sull' amministrazione. Difatti, nel 1253, forniva a Guglielmo Bonaventura ed Ottone Barleotto il capitale necessario per rendersi appaltatori della riscossione dello scatico ed al-piatico {erbatico etpascatico) in San Romolo, ed a tale uopo stipulava con essi loro una società in accomandita (2). (’) Notulario citato, loc. cit. Aos Raymundus de Buzana et Wilielmus Bonaventura notarius sindic' actores et pi obui atores communitatis et universitatis Sancti Romuli ut continetur in insti umento procure facto manu Octonis Aymeline notarii mccli mense oclo-biis, nomine et vice ipsius universitatis et pro ea, confitemur nos reccepisse mutuo giatis et prò amore a le Lanfranco Ususmaris libras sexcentas septuaginta Janue unde et pro quibus nomine et vice ipsius universitatis et pro ea pi omittimus dare et solvere libras .sexcentas septuaginta Janue per hos terminos, videlicet: a kalendis decembris proxime venturis usque ad tres menses libi as septuaginta quatuor, solidos octo et denarios undecim de primo anno; et indi ad alios menses tres de eodem unno alias libras septuaginta quatuor, solidos octo et denarios xi Janue; et inde ad alios menses quatuor de eodem anno alias libras septuaginta quatuor solidos octo et denarios xi Janue; et inde usque ad menses quinque proximos de secundo anno alias libras septuaginta quatuor solidos octo et denarios xi Janue; et inde usque ad alios menses tres de eodem anno alias libras septuaginta solidos octo et denarios xi Janue et deinde us-jue ad menses quinque de tercio anno.... II resto continua in capo al verso del foglio, elio è consunto. Succede quindi l’atto seguente. Aos Raimundus de Buzana et Wilielmus Bonaventura etc. promittimus et convenimus tibi Lanfranco Ususmaris quod si homines seu universitas hominum Sancti Romuli te tamquam rectorem et potestatem non habebunt et tenebunt, utque te in potestatem et rectorem prediate universitatis non recipient, secundum quod dominus Johannes Archiepiscopus Janue ipsam potestatiam et vectoriam tibi dedit..., nos reddemus et solvemus tibi illas libras sexcentas septuaginta Janue i/uas nobis mutuasti pro dicta universitate etc. (1231, 30 ottobre). (') Notulario di Bartolomeo Fornari, ann. 1233, car. 112 redo. Nos Wilielmus Bonaventura et Orto Barleotus de Sancto Romulo.... confi- ( 501 ) Pur le sorti non arrisero lungamente propizie al dominio arcivescovile ; cliè ogni signoria ecclesiastica volgeva ineluttabilmente al tramonto. Gualtieri da Vezzano, successore dell’ arcivescovo Giovanni, avendo fatti pubblicare in pieno Parlamento i nomi de’ suoi débitalì ('), ne scaturì un semenzaio di nuove liti, comecché concluse il più di frequente nel senso sfavorevole agli attori (-). D’ altronde Gualtieri svelava chiaro il disegno di non arrestarsi a met'i : e proclamava suo fermo proposito quello di far rivivere tutti gli antichi e disusati diritti. Ma il partito genovese, che mai non- si era estinto, non gliene diede forse il tempo ed il modo. Al che pure si opposero senza fallo le contese suscitatesi col (.omune di Genova, e terminate colla rinunzia dell’ Arcivescovo al diritto d’ esigere la decima del mare, secondo abbiamo notato a suo luogo (,:!); quindi l’avvicinarsi del Comune medesimo ai possessi della Mensa, mercè 1’ acquisto delle finitemi tibi Lanfranco Ususmaris nos recepisse ct habuisse a te in socieUite seu accomenda libras centum triginta tres Janue, de quibus.... confitemui emisse in troitum totius erbatici et pascatici tocius iurisditionis Sancti Romuli usque ad annos quatuor habendum et colligendum.... Item promittimus et convenimus tibi tradere et consignare.... quicjuid colligetur et percipietur de dicto introitu pusca tici et erbatici, et non in alteram personam transferre aliquo modo donec dc predictis libris centum triginta tribus Janue tibi fuerit integre satisfactum..., et quicjuid supererit et levabitur.... tibi duas partes dabimus.... et in nobis tei ciam partem lucri retinere debemus etc. (1253 , 17 maggio). (') Jurium, I. 1204, 1226, 1255, 1257. (*) Id., I. 1252, 1262, 1263, 1412. Anche gli uomini dell’Arma che posse-deano terre in San Romolo al di qua del torrente furono indotti da Gualtieri a dichiarargli debitali (Id., I. 1282). Nò, per vero dire, senza buona ragione; conciossiachè il torrente Arma trovasi appunto notato come altro de’confini dei beni della Chiesa onde è memoria noi libello del vescovo Teodolfo (Id., 1. col. 4->>). Oltre di che tale confino vedesi pure affermato da posteriori sentenze della Curia Archiepiscopale (Iteg., pag. 381). (’) Ved. a pag. 466. ( 50o ) time castella d’ Arma e di Bussana ('). I>a signoria poi de’ due Prelati che tennero dietro a Gualtieri è si povera d’atti, che eglino si direbbero quasi timorosi di aller-marla. Di Bernardo da Parma non abbiam che un decreto, dato in San Romolo addi 9 gennaio 1284, con cui ad un maestro Gandolfo da Portomaurizio è fatta facoltà di compellere al pagamento i suoi debitori per qualsiasi titolo salvo che per usure (2). Ad Obizzo Fieschi (I2b‘J circa) gli uomini di quelle terre si chiariscono apertamente ribelli, e si mostrano cosi arditi da dare il guasto alle proprietà della Mensa fin presso a distruggerle (3). E distruggon di fatto (1294) le signorili prerogative, vendendo all’ asta il diritto di esigere le gabelle riservate al supremo signore (4). Il perchè Jacopo da A aràzze, novello arcivescovo, avuto prima il consiglio del suo Capitolo, e quindi impetrate le opportune lacoltà dal Pontefice, che se ne rimetteva nei tre A escovi viciniori d’Albenga, di Ventimiglia e di Noli (■’), vendeva tutte le castella e terre, con ogni giurisdizione, privilegio e diritto inerente (8 gennaio 1297) ad Oberto D’Oria c Giorgio De Alari, pel prezzo di tredici mila lire ili ge-novini ; de’ quali riceveva diecimila in contante, e gli altri tremila nel valsente di due case in-Genova e di un orto con abitazioni in Bisagno (6). « Cosi avea termine, concluderemo col Rossi, la signoria degli Arcivescovi Genovesi..., della quale, cornee», h» % in tanta lontananza di tempi, sia diflìeile il poter portare (’) Jurium, I. 1310, 1313. C) ld., II. oG. (5) ld., 11. 328. C) Rossi, Storia di Sun Remo, pag. 131 ; ove cila un ras. d. casa Borea. (') Jurium, 11. 316, 328, 330. (*) Id., 11. 33 1- 42, 1238-65. ( 50G ) giudizio, cionullameno si può senza tenia d’esser contraddetti asseverare essere stata in generale paterna, benevola, non restandoci memoria, in così lunga serie di mitrati, di soprusi, angherie od atti di barbarie perpetrati contro di questi laboriosi abitanti, come pur troppo si commettevano in quei malaugurati giorni dai signorotti che dominavano nelle finitime valli della Nervia c della Roia » ('). (’) Rossi, Storia dì Sui Remo, pag. 133. Negli atti dalla vendita succennata riferendosi partitamenle alcuni tra i capi di rendita che l’Arcivescovo aveva in San Romolo, crediam bene di presentarne qui uno specchietto. Ai valori enunciali negli atti stessi aggiungiamo inoltre la corrispondenza in lire italiane, giusta i calcoli fornitici coll u»at, 102). Nel secolo XIII a Venezia i giocoliori erano così numerosi, che vi componevano una corporazione (Cecciietti, La vita dei veneziani, pag’ (') Vesme e Fossati, Vicende della proprietà in Italia ecc., nelle Memorie della R. Accademia delle scienze di Turino; voi. XXXIX, pag. 21)3. 0 Atti, 1. 280. ( 313 ) Se non che di tali doveri e diritti gli arimanni, ed i proletari segnatamente (qui proprium non habent), non curarono sempre l’osservanza e la custodia. « Sparsi per le campagne, scrive il Cibrario, datisi a coltivar le terre, cresciuti in quella virile indipendenza dell’aratro tanto favorevole alla propagazione della specie, grave loro parea il muoversi senza una causa poderosa ed urgente; parea lor grave il trasferirsi a proprie spese, lunge dalla famiglia e dai dolci campi, a militare o giudicare .... Avendo poi libera facoltà di disporre della terra arimannica, molti 1’aveano alienata, e non rimaneva loro d’arimanni altro che il nome; onde per vivere sollecitavano livelli o locazioni di terre dai grandi, e si piegavano talora per fame a condizioni mezzo servili » (l). Or questi riflessi trovano la loro applicazione in due livelli, mercè cui il vescovo Teodolfo locava agli esercitali di Bavari parecchi fondi siti nelle circostanze di detto luogo, cioè, come esprimevansi i chiedenti, quantum antea tenuit avius noster Thomas et barbano nostro Venerando Buca nigra (-) ; quantum Benedicto et Rotruda, aviones nostri per cartula donationis dedit ad genitores nostris Folperto et Jannasia (3). E nella generalità dei famuli son pure da noverare i preti ; di mezzo ai quali vuoisi avvertire come sullo scorcio del secolo X si chiariscano penetrate le dottrine onde i Nicolaiti misero poscia tanto scompiglio in Milano. Un frammento genealogico ci addita tra le famiglie dei famuli sedenti in quel di Molassana la discendenza del (’) Della schiavitù ecc., 11. 131. (*) Reg., pag. 161. (5) Id., pag. 162. Atti Soc. Lio. St. Patiua , Voi. II, H.irl. I, Fase. 111. ( «I* ) vescovo Giovanni II ('); e d’altra parte piti documenti ricordando i Premartini di San Remo (-), aggiungono chiaro come sotto questa denominazione si intendano illi qui descenderunt legittime a quatuor filiis presbiteri Martini (3). Altrove si rammentano Anselmiis presbiteri Petri de Ponte (4); fìlli de presbitero Venerioso, cioè Pietro e Giovanni (:i); Albertus presbiter cum filiis suis masculis, ed Johannes clericus cum filiis suis masculinis (fi); filii presbiteri Martini Rezani ('); filii Oberti clerici... et filii Adaldonis clerici (8). Non vogliam però ommot.tere il cenno di un Johannes presbiter una cum filiis suis adoptivis (9); ma il bisogno di tale spiegazione conferma che gli altri non si trovavano in questo caso. Del resto è ben naturale che procedessero in tal guisa le cose nel basso clero, quando della perniciosa scabbie del concubinato si mostrarono intinti i Pastori. Al quale proposito 0) Ved. a pag. 309 del presente volume. Or ecco la discendenza desunta dal Registro, pag. 41, 134, 403, 405-06, STABILE Giovanni Voacovo ___ _!__ j i I GANDor.ro Obkrto Cento Soldi Alda Buongiovanni Pi- j 1 i j | I ssk “dc a quella di Lavagna, sei a quella di San Pier d Arena ), venticinque all’altra di Medolico (3). Nei più antichi tempi dovettero però i livellai ii del a Chiesa trovarsi in assai minor numero; se non che questo si accresce di mano che si succedono le generazioni, e si moltiplicano le famiglie. Allora le antiche piopiietà si frazionano ; e di un podere già struttato integralmente dal padre, i figli chiedono per ciascuno una sorte o porzione ; poi d’ogni sorte i nipoti domandano una sor ti cella, i pronipoti una fetta, ed un quarto di fetta (), benché, come avviene il più di frequente dei feudi, le divisioni sieno non già pratiche ma ideali (’)• § IV. Scendendo ora alla enumerazione dei possessi, e primamente a quella dei beni rustici, notiamo come fra essi emergano i mansi, i quali costituirono infatti l’elemento precipuo della proprietà territoriale. Iroppo ci condurrebbe lontani dal nostro proposito il tiattaie qui della loro estensione, la quale d’ altronde lu assai varia, secondo avverti il Muratori, ma che dovette m ogni caso rispondere a questa condizione caiatteiistica. ut unus rusticus cum sua familia possit sustentai i Bens'i è da soggiungere come i mansi si dividessero demaniali o signorili (mansus dommeus o indonnite > ed anche semplicemente domnicatus) , beneficiai (‘) Reg., pag. 402-03. (3) Compreso Andrea Rufo di Voltri. Reg., p^a- ^67. (3) Reg., pag. 130-154. (») Ved.^DEsraoiu, Sulle Marche dell'Alta Italia ecc_, pag- 55, 57 in nota. (6) Muratori, Anticli. Estensi, par. 1, oap. 1, png- 37. ( 522 ) condizionati I primi erano amministrati direttamente dal proprietario, e per conto di lui coltivati da quelli tra i famuli che ne aveano l’obbligo; i secondi venivano conceduti a liberi uomini non sottomessi che a doveri di un ordine elevato, come la fedeltà inviolabile verso il signore, l’assistenza da prestargli in tempo di guerra, e somiglianti; gli ultimi erano invece consentiti ai villici, coll’onere di certi tributi e servizi personali onde ci cadrà in acconcio di tenere discorso. Il Registro, come in genere avviene dei Poliptici, non entra a proposito de’ mansi in troppo minuti particolari. Nondimeno fa ricordo del manso demaniale di Campodo-nico nel territorio di Molassana, e dei donnicati di san Michele di Boasi, e del mare nelle Curie di Lavagna e di Nervi, nonché dell’altro del Piano del Gazzo (‘). Rammenta del pari alcuni mansi beneficiarii onde aveano l’utile dominio i figli di Conone di Vezzano (2), ecc.; ma chiarisce poi come la più gran parte fossero condizionati. Non sarà inutile l’avvertire come a significazione del mansus vedasi promiscuamente adoperato nel nostro Codice l’appellativo di locus. Così per esempio, sotto la rubrica locus de Bazali si riferiscono le condizioni del mansus de Bazali (3) ; ed un lodo consolare attribuendo alTArcivescovo mansos duos nella villa di San Biagio, ricorda le coherentie istorum duorum locorum ('*). Similmente fu talvolta sinonimo di mansus il vocabolo masculus (”’), tal altra quello di mansio (fi), dalla 0 Bey., pag. 47, 52, 53, 54, 368. (’) Id., pag. 40. (5) Id., pag. 33. (') Id., pag. 80. (') Reg-, pag. 306. ( ) Cosi mansus de Carbone (pag. 41) o mansio Carbonis (pag. 342); tmn-sus... de Glaredo (pag. 36), e mansio... de Glareto (pag. 255). ( 523 ) casa cui abitavano i coltivatori, perciò detti manentes, mansores o mansuarii. De’ quali appunto è caso nel nostro Breve de’ Consoli del Comune pel 1143, laddove questi giurano: Si quis homo in servitio domini alicuius manens . arma portaverit, solidos XX ei tollemus ('). Cosi puie nelle convenzioni seguite del 1166 coi Conti di Lavagne, i Con soli promettono a costoro: Ad collectam non cogemus ... domnicatos manentes vestros, de eo solummodo quod ad vestras possessiones pertinet; de ceteris non intelligimus ( )• Presero inoltre i mansi il nome di curtis ; e certa mente le corti di Bazale, di Vigomorasso e di Ba\ari, onde è cenno in una bolla di Eugenio III (3)> sono una stessa cosa col mansus de Bazali testé citato e coi loci de Bavalì. . . . et de Vico rnolacio di cui parla il gistro (4). Difatti a proposito del locus de Bavali ( ) si rammenta la cella (oggi Sella di Bavari); ed è noto che con questo vocabolo soleano distinguersi le abitazioni dei mansi tributarii. Ma il vocabolo curtis ebbe anche il senso di villa, e cosi stimiamo debba intendersi della corte indonmeata, o demaniale, che trovasi posta sotto il castello di Molassana (6), nonché della corte d Iso in Polce'sera ( Isacurtis) nel cui recinto la Mensa possedeva pure un molino cui ^eneano in feudo i figli di Aldone chie rico (7). , Un altro ed assai piti ampio significato e pero da at- (') Alonum. Ilist. Pati., Leges Municipales, col. 216. (’) Jurium, 1. col. 2i6. (3) IU-g., pag. 193, 288, 291, 292, 306. (*) ld., pag. 45i. (s) ld., pag. 33. (fi) ld., pag. 249. (’) ld., pag. 24. ( un ) tribuire eziandio a questa parola; conciossiachè laddove la bolla succitata, confermando in genere alla Chiesa Genovese il dominio de’ suoi beni, rammenta le corti di Molassana, di Nervi, di Medolico, di San Pier d’Arena, e di San Michele di Lavagna, niun dubbio vi ha che tale denominazione sia qui da applicare propriamente alle già dette cinque Curie dominanti o subcentri di altrettanti gruppi de’ possessi episcopali. Nel Registro occorre pur frequente la memoria delle massariciae o massaricia, che molti autori contusero coi mansi, ma delle quali l’eruditissimo Lattes chiarisce invece la derivazione dalle massae, che è quanto dire « moltitudine di campi insieme riuniti in un grande latifondo » ('). Le massariciae adunque sarebbero le case ed i poderi il cui complesso costituiva le massae ; donde la denominazione latino-barbara di massarius e la volgare di massaro o massaio, per indicare il servo qui ordinatus est super alios in domo senioris sin, come lo definisce il Glossario Cavense all' Editto di Rotari (-), •e più tardi anche il libero agricoltore. Del resto il massaio « occupava un luogo distinto tra’ coltivatori —, come appare____dall’ incontrarsi ad ogni piè sospinto menzione di case e poderi, qui regitur dal massaio tale e tal altro » (3). Cosi l’imperatrice Aclllaide fa dono a san Fruttuoso di Capodimonte delle proprietà d’Arne-vernasca e di Alpicella, que nunc una ex ipsa reta esse videtur per Andreas et item quondam Andreas seu Matinus massarii liberis hominibus (l). Inoltre i massai, ge- / (') Lattes , Studi storici sopra il contratto d’enfiteusi ecc., pag. 215. Cj Monum. Ili st. Patriae, Leges Municipales, col. 229. (*) Lattes, Op. cit., pag. 217. (‘) Cartario, pag. 11. ♦ ( 52S ) natalmente, aveano un peculio e case lor proprie (‘); rispetto alle quali poteano per privilegio andare esenti dai pubblici aggravi. Il perchè nelle Consuetudini del 1056: Massarii vest.ri super vestris rebus residentes non débent dare aliquod foderellum, nec albergariam, nec ulluni datum, nec 'placitum, nec ad marcliiones, nec ad vice-comites neque ad aliquem illorum missum (2). Nota il precitato Lattes come il massaio abbia talvolta un nome proprio che termina in ulus o simile (3). E noi ne incontriam la prova nel nostro Codice, tuttoché d’età un po’ troppo tarda rispetto a questi riflessi, nel massari-cium Campoli consentito in locazione dal vescovo Landolfo, e nel massaricium quem tenuit Andreas Itolus confinante ad una terra data in livello dal vescovo Oberto (‘). Però non sempre e solanto a’ villici furono conceduti a sfruttare i massaricii, come afferma il Du Gange (J); trovando noi che 11’ ebbe eziandio a livello Tedisio di Lavagna co’ suoi figli (6). Il quale Tedisio fu tra i secondi militi del marchese Oberto e tra’ fautori del re Ardoino; e può considerarsi come il progenitore de’Conti di quella Valle (7). Se non che il Registro fa pur menzione di una cur-ticella; ed è quella di Libiola, di cui si legge che fu locata dal vescovo Landolfo cum cappella una constructa, cum casis, massariciis et omnibus rebus ad ipsa curti- (’) Lattes, Studi ecc., pag. 217. (’) Reg. pag. 312. (®) Lattes, Studi ecc., pag. 212. (') Reg., pag. 292, 306. (s) Glossar., IV, 313. (8) Reg., pag. 292. (7) Ved. gli Schizzi Genealogici cho formano il complemento della presente Illustraci one. ( 526 ) cella pertinentibus ('). Ora siffatte espressioni adoperate rispetto ad una corte minore, ci richiamano a quanto circa le corti in genere scrisse il Gibrario, laddove osserva appunto che « a ciascuna corte o villa era annessa una quantità di terre più o men grande, di varia coltura »; e conclude col mostrar derivato dalla corie principale di tutto il gruppo il nome del successivo villaggio, siccome già notammo colle ‘sue stesse parole a proposito della corte di Taggia (2). Imperocché, applicando le esposte considerazioni alla curticella di Libiola, la quale fra le sue attinenze contava pure una chiesa, che è senza fallo da cercare nel priorato di santa littoria, possiamo argomentare come dalla medesima derivasse il nome al villaggio. E della sua preminenza sulle terre circostanti abbiamo poi valida prova in questo fatto, che Libiola fu più tardi la sede di un Vicariato foraneo, estendendo la propria giurisdizione sulle parrocchie di Bargone, Gardeni, Loto e Sambuceto. Finalmente circa alla antichità della chiesa in discorso, non è privo d’importanza il riferire quanto lesse il Poggiali nel Registro di Ruffino monaco e camerlingo del monastero di san Savino in quel di Piacenza. Dove è scritto come intorno all’anno 1034, « trasferitosi da Genova a Piacenza Buonfìglio prete, verisimihnente genovese, insieme con Leida figliuola di Dodone, offerirono e donarono all’Abate e monistero di san Savino varii beni e poderi che possedeano in comune sul Genovesato, nella Valle Segeslina, cioè nei luoghi che oggidì Sestri di Levante e Libiola si appellano, come anche quanto tenevano ne’ villaggi di Sarzana (Soriana?), Calcinara, Lin- 0 Reg., pag. 292. O Ciuramo, Della schiavitù eoe., II. 226. Ved. a pag. 448. ( 327 ) gone, Coniolo, Movera (?), Monte di Bargone, Feno-gliata, Gardene ed altri sino al numero di ventiquattro, colla piccola chiesa dedicata a sant’ Andrea apostolo e a santi martiri Giorgio e Fruttuoso (') in Rovereto, luogo della stessa Valle; con questa condizione però, che dovesse esso Abate fondar di presente nella suddetta Valle Segestina una cella o un monistero che dir vogliasi, secondo la sua regola e professione, in cui abitassero continuamente quattro monaci, e le divine lodi vi celebrassero. Fu eseguita di li a non molto (soggiunge lo storico piacentino) la pia disposizione,.....con ivi fondarsi una cella sotto l’invocazione di santa Vittoria » (-). Difatti nello stesso Registro, sotto l’anno 1037, si legge : Privilegium Conradi (imperatoris) et con- ~ firmatio ecclesiae sanctae Victoriae constructae in Valle Sigestrina (3). I assando oltre , noi incontriamo eziandio fatto ricordo di tre domocolte (domus cultae), qualifica attribuita d’ordinario ad un fondo dominante con casa signorile, e dipendenze di molini, casolari (casae) e simili (l). La domocolta che sorgeva nel Borgo orientale della città, e si chiamava di san Vincenzo, in origine probabilmente da una cappellina e poi certo dalla chiesa ivi eretta in onore del celebre diacono e martire delle Spagne (’), abbracciava tutta quell’ampia zona di territorio (’) Cho il san Giorgio qui nominato sia il discepolo di san Fruttuoso, non è dubbio per quello cho intorno a ciò abbiamo detto a pag. 451. Ma ei non fu martire si come lo qualifica il Poggiali, scambiandolo col cappadoce. (5) Ved. Poggiali, Mem. storiche di Piacenza, voi. Ili, pag. 299, 301. (*) Reg., pag. 715. (*) CinnAiuo, Della schiavitù ecc., II. 139. (s) Questa chiesa non viene mai ricordata nel nostro Registro; ed è perciò eh’ io ristringo le suo origini a quelle di una semplice cappellina. Le prirue memorie certo della chiosa non vanno oltre la seconda metà del secolo XII. ( 528 ) che oggi corre dagli Archi di santo Stefano alla più vasta cinta murale, ad eccezione forse della Braida ('), rispóndente all’italiano Tiretto che vale quanto sterile (2). E certamente cosi per la propria estensione come per la sua partizione in più vigne e donnicati, nonché per la raol-tiplicità dei molini e delle case che v’ erano inclusi (3), risponde bene alla definizione che abbiamo recata. Non cosi le altre del mansus de Castaneis e di Molassana; le quali parrebbero non più che semplici terreni messi a vigne. Cosi di Rico de Castaneis e de’ suoi consorti si nota che colligunt 'perticas in nemore, et deferunt eas ad domumcultam, et putant ipsam vineam, et faciunt ea que necessaria sunt ipsi vinee (4); e però noi opiniamo che delle due domocolte di Molassana l’una sia da ricercare nella odierna vigna di san Siro di Struppa comunemente denominata la Dotta. Nè a quest’ ultima conghiettura dee muovere ostacolo l’apparente diversità della denominazione. Concios-siachè mentre da un lato più documenti ci chiariscono come fino al secolo XII l’appellativo di Molassana si estendesse al luogo anzidetto (stringendosi invece quello di Struppa alle soprastanti ville di San Damiano e Rifabbricata nel XVIII, fu demolita sugli esordi del XIX. — Un atto del 1059 (Reg., pag. 220) include la domusculta nella Valle di Bisagno fin Valle Yesano, ubi dicitur domoculta sancti Vincentii); ma ciò deriva da che il borgo orientalo, o di san Vincenzo, è di formazione alquanto più recente; onde non rare volte appellasi anche nuovo. L’unico borgo infatti che esistesse ne’ secoli anteriori all’XI era l’occidentale, appellato di san Tommaso dalla chiesa eretta in onoro di tale apostolo. (1) Al presente ne rimane la memoria nella intitolazione della Via di Brera ed anche Abrara, come abbiamo già notato a pag. 416. C) Ved. Lattes, Studi storici ecc., pag. 218 in nota. (z) Reg., pag. 102, 307, 308. (4) ld., pag. 35. ( 529 ) San Martino, cioè alla regione che riesce al di là del Rivo Torbido), dall’altro un atto di locazione del 1026 consentita dal vescovo Landolfo e dall’ abate Giovanni al monastero di san Siro eli Genova (') ci mostra la domocolta in discorso nel possesso dei benedettini di san Siro Emiliano, ai quali succedettero poi gli arcipreti. Ora siccome tale domocolta si dice posita insta ipsarn ecclc-siain sancti Sgri Emiliani, cosi appunto la Dotta sorge a tergo della odierna chiesa pievana, ed è tuttavia proprietà della medesima. Quanto poi facilmente nel corso de’ secoli siasi potuto mutare in siffatto appellativo quello di Domociclta (2), che nel volgare linguaggio fe-cesi anche Démecolta, ognuno di leggieri lo estima. L’altra delle accennate domocolte rimase invece in possesso del Vescovo , e forse era annessa al castello. Difatti in un libello del 1073 si chiedono in locazione al vescovo Oberto res iuris Ecclesie ... in Molaciana, a’ cui confini decernitur da una parte ... domocolta domni-cata (3) ; e parimente un documento del 1204 dicesi action Molaciane in democolta Archiepiscopi, sub arbore cerasie (;). Quanto alle vigne in generale, notiamo che un atto del 966 fa menzione di viti centenarie a Pontecurone (5), ed il Registro accenna in più luoghi ai maggioleti, os-siano piantagioni di maggiuoli, ed alle topie (6), che è a dire i pergolati. La voce topi a, presa in significato consimile , è di buon latino unitamente al suo derivato (’) Reg., pag. 440;-Chartanm, I. 452. (*) Por sincope e contrazione: rìomocta e docUx. (3) Reg., pag. 190. 0 ld., pag. 468. (5) Id., pag. 413. (°) Id., pag. 16 4, 264. Atti Soc. Lio. St. Patria. Voi. II, Pari. I, Fase. 1)1 35 ( 550 ) di topiarii onde occorre memoria anche in epigrafi, e col quale i romani vollero accennare ai giardinieri e villici per la cui opera si faceano le spalliere e i colonnati di vigna, di edera, di mirto, d’ acanto. Cosi Cicerone dando contezza al suo fratei Quinto delle costui ville in quel d’Arpino: Topiarium laudavi: ita omnia convestivit liedera, qua basim villae, qua intercolumnia ambulationis; ut denique illi palliati (cioè le effigie dei greci filosofi, ornati del palio, i cui busti ad erme si ergeano nelle ville) topiariam facere videantur, et hederam vendere (*). Ecosì Plinio a Calvisio Rufo: Inest... sumptus atriensium, topiariorum, etc. (2). Ma lasciando queste belle e classiche reminiscenze per rimetterci in via col barbarissimo linguaggio del nostro Codice, torniamo a rammentare la decima del vino che l’Arcivescovo riscuotea dalla villa di Begàto (3); e fra le diverse opere imposte ai dipendenti dalle Curie di San Pier d’ Arena e di Nervi, oltre quelle della vendemmia e dello schiacciare il mosto, avvertiamo le altre della imbottatura e del condurre il vino alla marina ('): indizio probabile che il succo spremuto dalle nostre uve esportavasi fin d’ allora per ragione di commercio (3). (') M. T. Ciceronis Opera, ed. Pomba; voi. XI, pag. 645, voi. XVI, pag. !>3i. Epist., Jib. Ili, num. I. (') C. Punii Secundi Epistolarum, ed. cit.; voi. I, pag. 199, lib. Ili, num. XIX. (5) Reg., pag. 12. Ved. a pag. 463. (*) Id., pag. 49, 52. (5) Non era forse destituito di pregio il vino di Quarto. Perciò in un rogito di Guglielmo Cassinense del 20 marzo 1190 si leggo: Ego Mobilia vxor qm. Opizonis Lecavelum accepi a vobis... nunciis Regis Francie libras X, nomine arre et pagamenti totius vini mei quod habeo in Quarto, et est XIII vegetes ad rationem de solidis-VII prò mezarolia (Arch. Not.). Nò vuoisi dimenticare che Filippo Augusto di Francia nell’ agosto doli’ anno suddetto imbarcossi in Genova per la terza Crociata (Ved. Otodoni Scmdae Annales, a. 1190). — Tra ( 351 ) § V. Di più altre specie di terreni abbiamo noi egualmente memoria: arimannie, sorti e sorticelle, isole ed isoielle, brolii, pastini, prati e terrae aprae ; oltrecchè i libelli enfìteutici cominciano generalmente con questa formola di petizione, od altra ben poco dissimile : campis, ficetis, cannetis, saletis , castanetis, olivetis, roboretis , silvis et pascuis. Delie arimannie, o terrae arimannoruni, se ne rammentano due: 1’una in contiguità del torrente Bisagno ('), l’altra presso il fiume di Lavagna (2). Oltre di che una terra arimannorum si designa quale confine di certi beni siti in Carasco, e donati dal marchese Alberto al monastero di santo Stefano nel 1033 (3). I documenti poi che accennano agli arimanni di Bavari, e che vennero da noi ricordati in principio di questo capitolo, ci inducono ora a considerare tutto il detto villaggio non altrimenti che una arimannia, o stazione d’uomini liberi; i cui terreni, in parte almeno, caddero nel patrimonio della Chiesa, per ciò che gli antichi proprietarii, stretti in povere condizioni e quindi bisognevoli di soccorso, ne rinunciarono verisimilmente il dominio diretto per ritenere 1’ utile ed assicurarsene il godimento. le mie schede poi concernenti a prezzi di merci desunti da rogiti notarili, scelgo gli esempi che seguono. A. 1232. Mezzarole 103 vino di Chiavari si vendono lire di Genova 30 sol. 18 1236. Id. 13 vino di Framura id. id. 4 » 11 1241. Id. 20 vino di Levanto id. id. 8 » — 1261. Id. 26 vino di Rapallo id. id. 6 » 10 Nei bassi tempi la mezarolia si compose di 96 pinte od amole, pari a litri 91. 480; nel 1606 fu portata a 160 pinte; ora è di litri 160 (Ved. Rocca, Pesi e misure antiche ecc., pag. 67, 70, 108). Per vegetes (ital. veggie) s’intendono genericamente le botti, senza determinazione di misura. (*) Reg., pag. 177. C) ld., pag. 274. O Chartarum, I. 501. » ( 532 ) Altri forse, più infelici ancora, caddero nella condizione di semplici aidii; ma della identità delle origini di questi e di quelli ci parla chiaro la comunanza dei possessi, rivelataci in quell’accordo del 1047, mercè cui gli arimanni promettono di non turbare il diritto dei famuli nella proprietà di una terza parte della chiesa pievana di san Giorgio di Bavari. Dai quali famuli ricevono a tale effetto il launechildo ('). Nè forse dissimil sorte dagli arimanni di questa villa era toccata a quei di Lavagna; dove i ricchi cresciuti in potenza e diventati signori, ebbero in commendazione i poveri e i deboli. De’ quali appunto è cenno nella convenzione del 1166 più innanzi ricordata, colla promessa de’ Consoli genovesi ad collectam non cogemus ... domnicatos arimannos (2). E lo stesso era inoltre avvenuto delle arimannie di Recco e di Gicagna. L’arimannia di Recco erasi commendata agli Arcivescovi di Milano, e per essi all’avvocazia loro rappresentante, coll’ obbligo di un tributo dal cui pagamento, per sola cagione politica al certo, mandaronla quindi esente i nostri Consoli siccome altrove dicemmo (3). Quelle di Cicagna si erano commesse nel protettorato mal fido dei Malaspina; ed a ben chiarire le condizioni di esse intende ancora il giuramento di fedeltà prestato all’ Arcivescovo ed al Comune di Genova dal marchese Obizzo, correndo il 23 ottobre 1168 (4). (1) Reg., pag. 399. (’j Jurium, I. 222. (5) Pag. 277. (‘) Jurium, I. 233. Ego ero contentus et quietus, et homines et vassallos meos contentos et quietos stare faciam in antiquo iure urimanniarum et coni-mendationum de plebei» Plecanie, sicut illiul soliti eramus habere ego Iel UH homines et vassalli mei a proximis triginta annis transactis retro; et lios vassallos et homines meos quos petieritis iurare faciam in ordinatione vestra exceptis comandis illis et arimamis quos speciali pactu et gratuita voluntate se ( 533 ) Le sorti (') significarono originariamente le quote delle possessioni romane onde si impadronirono i barbari invasori (hospites)\ e tali si dissero a motivo della divisione che se ne fece per sortizione (2). Erano in genere poderi formati di terreni di varia coltura e di molta estensione, come ce ne chiarisce il Cibrario con larga copia di dati dedotti da un prezioso inventaro del mu-nistero di santa Giulia di Brescia (3). La quantità dei terreni destinati a comporle dovette per altro essere assai varia; ma dall*ampiezza loro dipese che presso il coltivatore romano si accasassero una o più famiglie germaniche; talché gli abitanti di una medesima sors si dissero consortes (4). Cosi ancora dall’ economo Alessandro si chiamano consortes i discendenti di Maurone di Domocolta pili innanzi ricordati (3); i quali rilevavano dalla Curia siccome famuli per gran copia di beni che a’ tempi del vescovo Giovanni II (1019) composero appunto una sorte conceduta in enfiteusi al loro autore. Se non che la sorte nell' anno 1143 si sparti fra ’consorti, in quel modo che ci chiariscono i libelli di Guglielmo viihi marcliioni aut vassallis meis de aliquid dando vel faciendo obligasse constiterit in his triginta proximis transactis annis, de quibus sicut convenerunt habeam ego vel homines mei. Ita tamen liec dicta sunt quod ius artmanniarum vel commendationum in una tantum cuiusque domus persona consistat; nec occasione plurimi filiorum ad plures personas extendatur. Importa notaro che il marchese Obizzo mirava a sopprimere le franchigie di quegli arimanni; o che i genovesi, a difenderli dalle aggressioni armale del medesimo, aveano sino dal 1161 fatto erigere nella pieve di Cicagna il castello di Monto Leone. Ved. Oberti Cancellarii Annales, a. 1161. (’) Reg., pag. 52, 159. O Lattes, Studi ecc., pag. 175. (5) Cibrahio, Della schiavitù ecc., II. 76, 102, 230, 233 e segg. (*) Lattes, loc. cit. (s) Ved. a pag. 520. ( 534 ) 4 Custode e di Giovanni Langascino ('). Neanche si può supporre che la misura delle sorti fosse desunta (almeno con qualche frequenza) dalla rendita, malagevole a determinarsi, quando si consideri che le terre concedute a livello erano in genere poco e mal coltivate, e talora eziandio aifatto incolte (2). Il Registro però ci offre esempio di una sorticella, ossia piccola sorte, nel luogo di Bazale, la cui entità è determinata dalla misura; e dice che è super totum in circuitu perticas XX (3). Vi ebbero anzi anche le quarte, che è quanto dire la quarta porzione di tutto un podere; e cosi nel Registro medesimo si nota: Quarta una in Maxevaia ('*). Le isole ci appariscono il più di frequente come spazi di terra lambiti dalle acque, sui quali di già sorge oppure si pattuisce che venga costrutto un molino. Egli è in questo senso che il Registro ricorda quelle del Lago Dagonale, di Corsi, di san Siro nella Valle di Lavagna, ecc.; nonché Yisoiella di Molassana (5). La parola brolio già dicemmo che significò nei bassi tempi un terreno circondato da muri ed ornato di piante (c) e d’altri alberi fruttiferi, come scrive il Muratori (7), o forse anche d’ortaglie. Imperocché la regione della nostra città, che da più secoli ed oggi ancora si distingue coll’appellativo di Orti di santo Andrea (8), risponde all’antico brolio della vicina chiesa di santo Am- (’) Reg., pag. 215, 2I6. (J) Cimiamo, Della schiavitù ecc., II. 231. f) Reg., pag. 182. (•) Id., pag. 28!5. (5) Id., pag. 107, 360. (“) Ved. a pag. 270. (7) Anttrjuit. Hai., Dissert. XXI. (") Furono cosi detti dal titolo del vicino monastero, oggi tramutalo in carceri giudiziarie, come notammo a pag. 270. ( 533 ) brogio, proprietà che fu de’ Vescovi di Milano ('). Quei di Genova poi aveano un brolio a Molassana, e ne riscuo-teano la condizione di dodici denari all’ anno (2). Diceasi pastino il terreno che si volea dissodare e rifornire di nuova alberatura; nella quale condizione, dopo le tante calamità arrecate dai barbari alla industria agricola degli italiani, si trovarono per fermo la maggior parte de’ fondi, per modo che i pastinatori sembrarono a que’ dì meritevoli d’incoraggiamenti e favori. Le Consuetudini del 1056 recano infatti che i pastina-tori i quali risedeano sopra le terre de’ genovesi, tene-vansi immuni da ogni pubblico servizio (3); ed il Registro ricorda i pastini di Corsi, di Casalio, della Co-veiclata, del Prato, di Fontanegli e di Tasso, oltre quello del vescovo Ottone cbVera nei pressi di San Pier 1* A L i .arena, e venne certamente cosi denominato perchè tatto sotto il governo di quel Pastore, nelle prime decadi del secolo XII. -1 prati sono nel maggior numero demaniali; e s’incontrano più frequenti che altrove nella Curia di Molassana. Nè dissimili dai prati sono le terrae absae, od anche ^apsae e aprae, che è quanto dire fondi incolti o spogli, per contrapposto all’appellativo di coltivati o vestiti; e donde nullameno si esigeva la pensione, perocché vólti in modo precipuo all’ uso di pascoli (4). Cosi il vescovo Landolfo, locando gran copia di beni a Tedisio di Lavagna, apras (terras) in ista Ecclesia in sua reservavit potestate (5); e così figurativamente, nelle donazioni fatte (’) Ved. a pag. 270-85. (*) Rog., pag. 34. (*) Id., pag. 314. (‘) Du Cange, Glossar., I. 25, 339. O Reg., pag. 291. ( 536 ) al monastero di san Fruttuoso di Capodimonte, l’imperatrice Adelaide dice di sè medesima me exinde foris expuli... et àbsa sito feci ('), volendo accennare come siasi spogliata d’ ogni ingerenza nei beni donati. Noi non ci estenderemo in ulteriori particolari per quel che concerne ai campi e ad altri terreni, dei quali abbiamo derivata notizia generica dalle formole dei libelli. Solo noteremo fra i campi quello donnicato nel monte di Greto (2), un castagneto do unico a Molassana; più rovereti siti in ispecie nelle pertinenze di quella Curia (3), ed alquante ficaie si in questa (*) e si nell’altra di Medolico (3). Degli oliveti apparisce memoria co’ più antichi documenti; e vedesi che spesseggiavano in peculiar modo nelle Curie di Molassana, di Nervi e di Lavagna (c). Altrove si ha incidentalmente nota d’alberi di pesche e di ciliegie. Si ricordano pure alcuni orti: quelli di Buonmartino in Polcevera (7), di Lamberto ed Ansaldo Porco in Bisagno (8). A Medolico l’arcivescovo Siro si riserva la (') Cartario, pag. 40, 47. (’) Rc(j., pag. 146. H Id., pag. 106, 360. (*) Id., pag. 182, 231 (ficarium)] o pag. 176, 182, 231 (ficariolum). C) Id., pag. 135 (figarium Girardi Castaldi). (8) Già si avverti più innanzi corno a’benedettini si attribuisca l’introduzione degli olivi in quel di Taggia (ved. a pag. 4ì6). Non dirò eh’essi abbiano eziandio pei primi tolto a coltivarli in Genova; ma parmi benissimo di poter conghiet-turare che d’alberi silfatti eglino piantassero quel terreno che s’interponeva fra il loro monastero di santo Stefano dogli Archi ed il luogo su cui sorso poscia l’ospedale di Pammatone. II qualo torreno si disse por molti secoli dell’ 0//-vella, o mutossi poi nella via che or chiamiamo dal nome dell’ insigno Bartolomeo Bosco. C) Reg., pag. 137, 358. (') Id., pag. 276. ( 'òò7 ) quarta parte delle ortaglie (quartum de orlo) che nasceranno nel manso del Poggio (*); e nella villa di Begàto metà della decima dei porri (2). § VI. Ma insieme ai varii colti de’ quali finora abbiamo detto, occorre pure frequentissima la memoria dei casolari (casae), come quelli che sono invero il più naturale, anzi il necessario complemento di ogni fondo colonico. Gonsisteano questi in una cameruccia dove una famiglia d’agricoltori cucinava e dormiva; il fuoco vi si accendeva, come anche oggidì nei più rozzi abituri, di contro al muro o nel mezzo del pavimento; ed il fumo usciva per la porta o per gli spiragli del tetto (3). Più casolari aggruppati insieme, ed esistenti sopra un unico fondo, si diceano casali (casalia od anche ca-sales) (f). Il perchè Anastasio Bibliotecario scrive di papa Adriano I, che fecit atque constituit noviter domus cìdtas quatuor, 1’ una delle quali era distante quindici miglia circa da Roma, ubi plures fundos seu casales et massas emere et eidem domui cidtae addere visus est (J). Nel senso medesimo il Registro ha più libelli, pei quali si locano il casale de Podio in quel di Sestri a levante, quod (casale) dividitur in tres partes (6), ed il casale de Johanne Brazamonte (ossia già condotto da costui). Il qLiai casale, dicono i richiedenti, petimus plenum et vacuum in integrum.... hoc sunt casis, vi- (') Reg., pag. 318. (’) 1(3., pag. 12. (5) CmnAKio, Della schiavitù ecc., voi. II, pag. 227. (*) Casale: certus casarum numerus. Du Cange, voi. Il, png. 212. (5) Vod. Anastasii BiDMOTtiECAnu, De vitis Romanorum Pontificum, apud Mu-katoiu, S. R. voi. Ili, par. I, pag. 188. C) Rei/., pag. 90. ( 538 ) neis, ficetis, roboretis ('). Similmente con atto dell’aprile 1087, Alberto prete, Ingeza e Aidela donano al monastero di santo Stefano casale uno cum casa et sediminibus in loco Strupa ubi dicitur Vigo (2). Se non che a ben chiarirci della estensione di tal fatta casali, riesce più importante la locazione di quello di Communisi nella Curia di Molassana, consentita dal vescovo Teodolfo nel 972, a motivo dei confini che sono specificati nell’atto. Conciossiachè al detto casale si danno per limiti, fra gli altri, la Calliciola (Vacandola) nei boschi del Greto ed il fossato di Ri sino al Geriato nel quale s’ immette superiormente all’ odierno abitato di san Bernardo (3). Talvolta però anche il vocabolo di casale è sinonimo di un semplice casolare; ma forse men triste, a quanto sembrami, dei suddescritti, cui il Du Cange stima equivalenti a tugurii (4). E semplici casolari mi paiono precisamente i casali di Giovanni Scrizo e di Grimaldo, rammentati in altro libello del vescovo Teodolfo siccome limiti di una vigna nel luogo di san Siro (:i). § VII. Finalmente abbiamo esempi, nei quali a taluni fondi si trovano inerenti, come cose, delle famiglie servili (G). Vi si accenna nella leggenda di san Siro, laddove si rammemora la donazione più volte citata del questore Gallione, il quale al santo ministro curtem quae Tabia nuncupatur devotissime obtulit... cum massariciis et fa- (') Id., pag. 235. (’j Cartario, pag. 191. (5) Reg., pag. 223. (*) Du Cange, II. 212. (*) Reg., pag. 22i. (*) lil., pag. 288, 290, 329. é ( 539 ) miliis ulriusque sexus suo iuri perlinentibus ('); ma forse più che di veri servi qui trattasi ancora di liberi agricoltori, i quali presso i romani offrivansi volontariamente per essere immobilizzati sul fondo , e si diceano ascrittizi, quia solo adscribunt se (2). Trattasi invece di servi nel più assoluto e stretto senso della parola, in que’ libelli episcopali laddove si locano i servi e le ancelle della pieve di santa Maria di Bargagli (3), e della Chiesa Genovese a Gapodimonte, in Val di Lavagna e a Levaggi, in una col loro peculio (4) e coi figli nati e da nascere (3). Ma importante specialmente si è la locazione di quei di Bargagli, seguita 1’ anno 1001, perchè il Vescovo concede ai locatarii licentiam et potestatem.. . ipsis servis et ancillis cum filiis et filiabus vel nepotibus eorum, et cum omnes res et conquistimi illorum comprehendere et àisciplinare, et in servitium mittere (5) indizio ben chiaro che tali servi non erano della specie degli ascrittizi ; ma che sovr’ essi e sul loro peculio competeva al padrone il più illimitato diritto di proprietà. Quanto è della facoltà di spedirli in servizio, essa ripetesi ancora in posteriori libelli del 1031 e 1078 ('); ma vi si tace dell’ assoluta padronanza sul peculio. Il che (’) Bolland. , 29 iunii. (’) Cibramo, Della schiavitù ecc., 11. 56. (5) Reg., pag. 288. (*) Conquistimi nelle nostre carte, ed anche nelle lombarde, ove pur leggesi aquistum ed aquistallum. Ved. Monum. Hist. Patriae, Cod. Dipi. Longobardiae: Glossarium. (s) Reg., pag. 290, 329; e ved. pure a pag. 309 del presente volume. Nel Cartario (pag. G71 ho anche prodotto un atto di vendita di una serva (ancilla) di nome Erchentruda e di nazione burgundica, rogato nel borgo di Noli addi 9 luglio 1005. È detta non fura, non fugitiva, neque cadiva, set mente et corpore sana; e se no paga il prozzo in 18 soldi d’argento. (*) Reg., pag. 288. (7) ld., pag. 290. ( 540 ) a sua volta è indizio di una modificazione sopravvenuta, ed espressa per 1’ appunto nelle Consuetudini del 1056 più volte citate: Servi... ecclesiarum et servi regis el comitis vendebant et donabant res suas pro'prietarias et libellarias cui volebant; et stabat eorum venditio et donario insta vestram consuetudinem ('). Di un ultima specie di servi incontrammo poi già memoria nel capitolo precedente (2), laddove 1’ Arcivescovo impone agli uomini di Ceriana (1156) prò bove cum bracerio duos sestarios (de meliori frumento), unus bracerius unus sestarius (3). Perchè la denominazione di bracerii al certo si identifica con quella dei bracenti onde è caso, per esempio, negli Statuti di Piacenza, e che, a dirla col Du Cange, vale quanto agricola qui brachiis terram laborat ('*), o come noi diciamo più genericamente manuale. Leandro Alberti di rincalzo appella bracenti gli agricoltori schiavi, che non servivano « se non con la vita sola », e racconta che nel 1283 dalla Repubblica di Bologna vennero tutti « tatti liberi e costituiti lavoratori, detti in lingua nostra fumanti (3) ». Del resto se gli esempi di famiglie agricole stretta-mente servili s’incontrano rarissimi nel Registro, dee certo ascriversene il motivo a ciò che i suoi atti non vantano bastevole antichità di date per chiarire con maggiore ampiezza questo argomento. {') Reg-, pag. 312. (*) Pag. /*86. (5) Jurium, I. 189. (4) Du Cange, Glossar., agli articoli Bhacentus o Braczalis. Ivi Statui. Placent., lib. V, fol. 66: Quilibet bracentus non laboruns cum bestiis possit tenere porcos duos tantum pro carnibus. C) Alberti, Ilistorie di Bologna, deca I. ( 541 ) § Vili. Due altre specie di proprietà fondiarie spettano eziandio alla Chiesa Genovese; cioè parecchi monti, ed il Piano di Castelletto nella nostra città. Fra i monti il Crete, che è certo il più importante, era stato locato in antico agli uomini d’Aggio; ma del 1191 l’arcivescovo Bonifazio lo concedeva in enfiteusi ad Amerigo di Molassana e compagni, per l’annua pensione di otto lire ed alle condizioni appunto sicut solili erant tenere homines de Aio ('). Tornò quindi per successive locazioni a quelli di Aggio; e di due fra costoro è memoria in più manualetti della Curia che spettano allo scorcio del secolo XIV (2). Ma lo riebbero ancora cogli uomini d’ Aggio alcuni villici di Molassana e di San Siro di Struppa ; e mediante affrancamento se ne resero proprietarii assoluti. Trovaronsi però contrastato il possesso da que’ di Montoggio ; i quali proposte lor querele a’ magistrati della Repubblica, furon cagione si cominciasse nel 1735 un litigio, che passò per molti stadii e sub'i molte fasi, che rivelò spesso le incertezze in cui si avvolgono periti e giudici per mancanza di chiari ed incontrastabili documenti, e che anche a dì nostri è ben lontano da un decisivo componimento. Allegavano e tuttodì sostengono gli uomini di Montoggio come la proprietà della Mensa, e quindi de’ suoi aventi diritto, si stringesse a quella parte del Greto che forma il versante del Bisagno, e che fu già compresa nella Podesteria di questo nome. Però se si guardi (’) Iicg., pag. 4G5. C) Manuale fructuum, reddituum et pensionum Paludi Archiepiscopalis Ja-nuensis, ann. 1382. In Mulazana: Antonius Gambarus et Obertus Clericus pro monte Creti (debent; libras XX, caponos II. Nei Manuali dol 1384-86-87-88, gli stessi onfiteuti pagano invece lire 21 senz’altro (Archivio delle Compero di san Giorgio). ( 542 ) alle diverse località del monte che vedonsi ricordate in quattro libelli del Registro, parrà evidente come siffatta allegazione manchi di buono e solido fondamento. Difatti V Alpe accennata nel libello del 1004 (') si innalza al nord dei Piani di Creto i quali di già appartengono al- 1 opposto versante che diremo della Seri via, e lievemente declina quindi verso i Piani medesimi cui le battaglie austro-francesi del 1S00 diedero nella storia singoiar nominanza. La via que pergit a Foniamo, mentovata nel libello del 1062 (J), è quella che spiccandosi dalla Fontana, la quale zampilla in prossimità de Piani, li attraversa per condursi in vicinanza del- 1 abitato. La via pergens pro costa usque in Fossa, di cui nella concessione enfiteutica del 10G1 (3), è poi quel- 1 altra che riesce per la costiera nella Fossa presso la detta Fontana; e finalmente la via pergens a via nova, indicata nella locazione del 1010 (l), è forse il sentiere che da quest’ ultima strada volge verso Stassi, che è denominazione di una parte del monte. Inoltre nel libello di Madelberto e Giovanni (3), tra i limiti dei possessi 'escovili nel Greto, si cita Vaqua versante ct dcscen- () Reg., pag. I io. Avvertasi però di non confondere quest’ Alpe di Creto con I Alpe Sisa, la quale è meno elevata, ed in qualche documento nonchf nel linguaggio vivente si dico anche Monte Homo. L’Alpe di Creto, dal versante del Bisagno, sovrasta ui Piani di Prato Casalino (il Cosatile di cui pa_. -il del Registro)-, e da essa nasce il Rivo detto d'Arpe, donde si ori„ina il torrente del Geriato. La costiera AtM Alpe, scendendo verso mezzogiorno, limita ad oriente i Piani od il monle di Creto; e ad occidente 8i estende alla località della Ringhiera sila nolla Valle del Geriato, e della 'uolsi cercaro nel Registro sotto l’appellativo di Brucctum o Bruxetut» (pagine 190—91). O tieg., pag. 28.1. (*) Id., pag. («s. (*) ld., pag. 2o4. (s) Id., pag. 247. ( 543 ) lenti- usque in rio Lrtctodona, ossia l’acqua Laitona la quale lia principio nella Fossa dove scaturisce la Fontana. Finalmente l’ arcivescovo Bonifazio nell’anzidetta locazione (lei 1191, accenando al montem de Creti ab Aqua frigida versus Aium, sembra indicare nettamente i due punti estremi entro cui si comprendono i beni della sua Curia. Glie se cosi è, apparirà per fermo quanto giusta fosse la dichiarazione che troviamo inserita in un lodo pronunciato ila tre giudici compromissarii nella vertenza lino dall' anno 173G, e dal sacerdote Francesco Maria Deivecchio, altro di essi giudici, espressa con queste parole: < Che circa detto monte di Greto, il termine divisorio del territorio spettante agli uomini d’Aggio ed-altri particolari in forza delle investiture della Mensa Archiepiscopale sii e s’intenda essere V Acqua fredda, ossia il fossato della medesima, in guisa che tutto quello resta verso Aggio spetti e spettar debba a detti uomini d’Aggio ed altri particolari, e quello resta da detta Acquafredda verso Montobbio spetti o spettar debba o alle Comunità di detto luogo di Montoggio, o altri particolari che vi potessero o possono aver interesse » ('). Certo il Deivecchio, per essere cosi esatto e riciso, ebbe contezza dei documenti da noi posti in luce, e forse di più altri men remoti d’ età. Dal che tutto poi deduciamo ancora sì la giustezza della denominazione à’isola del Vescovo, con la quale tuttavia chiamasi talvolta da contadini di Molassana Finterò monte di Greto, e sì un altro criterio; Che cioè inferiormente all’ Acquafredda, laddove la Laitona si congiunge al rivo di Sangiiineto per versarsi poi (’) Per gli uomini d" Aggio contro la Comunità di Montaggio, Informativa; Genova, Ferrando, <851; pag. 7. L’Informativa ò soscritta dagli avvocati Tito Orsini o Michele Giuseppe Morchio. ( 544 •) nella Scrivia, l'Arcivescovato Genovese in una coll’estremo confine delle sue proprietà dovea trovare pur quello della sua spirituale giurisdizione col Vescovato di Tortona, a cui siamo ormai fatti certi che sino al 12-18 rimase soggetta la chiesa di Montobbio ('). Gli altri monti poi di proprietà della Chiesa erano: il Lanerio nella Curia di Medolico, tenuto in feudo da Guglielmo Pezullo figlio di Caffaro (*), ed il Sant’Ambrogio nell’A Ita Vara (3), infeudato ai Signori di Vez-zano (l). Il monte Toscano (s) e quelli di Tasso (6) e Tassorello (7), messi in parte a coltivazione, fruttavano all’ Arcivescovo pensioni e diritti diversi. Per ultimo quei di Cornale e di Roccatagliata, il cui possesso però limita vasi ad una metà, vernano solennemente confermati alla nostra Mensa da lodi consolari, nonché dalla già mentovata bolla d’Eugenio III (8). Del Piano di Castelletto, ossia del vertice di esso, chè il poggio soprano apparisce proprio del Comune e già innanzi al 1101 vi sorgeva una torre in difesa della città (°), si afferma per documenti come da uno de’ nostri Vescovi fosse donato al monastero di san Siro. Alcuni scrittori nominano anzi Landolfo, ed assegnano siffatta (') Ved. a pag. 365, 373, 519. (*) Rtg-, pag. 32. (*) Ved. a pag. 273. (*) lirg., pag. iO. . C) ld., pag. 284, 318, 368. (*) ld., pag. 8 i, 85, 115, 159, 367, 368. C) ld., pag 8i, 273, 271, 288. (’j ld., pag. 100, 105, ioi. (•) Ved. il Breve della Compagna dol 1161, noi voi. I. dogli Atti, pag. 177 : Ego eum audiero campanatu sonantem pro parlamento ... usque ad turrim Catirile ti ctc. Quantunque poi la denominarono di Castelletto sia manifestamente derivata dalla orazione su questo poggio di un propugnacolo militaro, sarei però •( ) liberalità all’anno 1030 ('). Questo però noi non conosciamo di certo; e nè pure, a dir giusto, possiamo ammettere che la donazione si estendesse a tutto il vertice, da che una porzione dovette rimanere in proprietà della Chiesa, se l’arcivescovo Siro ne fece locazione alla famiglia dei Pevere (*); i quali, a breve distanza, per avventura, ne acquistarono anche l’assoluto dominio (3). Il fatto è che sovra di questa murarono una lor casa, della quale troviamo memoria in certa bolla di papa Innocenzo III, laddove, approvando la delimitazione dei confini segnati dall’ arcivescovo Ugone alla nuova parrocchia di santa Maria delle Vigne, ricorda la via a domo Piperum usque ad domum Donati pictoris de Castellcto (l). Ad ogni modo poi il godimento di quel fondo fu in progresso cagione di lunghe querele. Conciossiachè già per due Consolati avanti quello del 1145, il Comune avea con ripetute sentenze aggiudicato a sè stesso l’intero Piano; finché in detto anno, rivocate ad istanza dell’ Abate e de’ monaci queste decisioni, proclamava, mediante il compenso di (30 lire, la legittimità dei loro diritti, fissando inoltre la estensione del possesso ad ottanta tavole di ter- iT avviso, rispetto alla torre, cho la sua edificazione appartenesse alla cinta muralo elio venne impresa nel 1li>7. Difatti nel Breve di quest’anno non parlasi di essa, ma soltanto si dice: Si ero in civitate ... et inde usijue ad Ca-stelletum etc. (Atti, loc. cit.) (') Vod. Acinelli, Liguria Sacra, Ms., I. 332; Paganetti, Storia ecclesiastica, II. 1G9. O Reg-, pag- 31. (*) Per atto del gennaio 1139 Guglielmo Povero qm. Lanfranco vendo al Comune una terra della misura di sei tavole, posta infra burgum civitatis Janue, alla quale confinano a duabus partibus via publica, ab alia trexenda, a quarta (terra?) tnci Guillettili (Jurium, I. «9). Forse questa terra era sita aneli’essa nella località di Castelletto; la quale appunto innanzi la costruzione delle mura del 11.77, trovavasi cotnprosa infra burgum civitatis. (') Halijtics, Epistolae Innocentii III, voi II, lib. XVI, pag. 790. Arti Soc. LlO. St. Patria. Voi. Il, fari. I, Fa»c. 111. 36 \ ( iUG ) reno cinto da muri a secco (maceriae), con facoltà al monastero di praticarvi degli orti e di erigervi delle abitazioni ('). So non che le liti si rinnovarono un secolo più tardi, quando cioè Guglielmo Boccanegra governando col nome di Capitano del Popolo perfidiava a tirannide, e già da pezza il vento spirava non favorevole ai possedimenti e privilegi ecclesiastici. Nè quel piato ebbe fine, se non allora che i monaci di san Siro abbandonarono ogni ragione (1201), acquietandosi alla semplice rifusione della somma che i loro antecessori aveano sborsata, come sopra si è detto (2). § IX. Anche in città, se togliamo l’Episcopio e gli altri palazzi di residenza altrove ricordati (-1), le proprietà della Chiesa dovettero in origine constare quasi in modo assoluto di terreni, situati per la maggior parte nei pressi cosi dell’antica come della nuova Cattedrale. Però già innanzi al XII secolo aveano questi ceduto il luogo a parecchie costruzioni, rese via via necessarie dal moltiplicarsi della popolazione, dal risorgere de’ suoi traffici, dallo estendersi de’ suoi rapporti, in una parola dal-P alba di una nuova vita politica e civile. Due atti del 1070 e 1071 contengono locazioni di terre per una tavola e per tre quarti di tavola nel Borgo, che è a dire l’occidentale vicin di san Siro: manifesto indizio di aree destinate a civili edifizi, alle quali si danno per confini una tregenda (distacco) ed uno stillicidio (4). Si noti inoltre che’mentre il libello del 1070 è consentito a Mauro e Bonasa giugali, la rubrica (’) Jurium, I. 99. (’) Id., I. 1343. (3) Ved. a pag. 433-37. 0 Reg-, png. 289, 3S3. ( 547 ) ci avverte come questo pervenisse poscia in Rolando o Rainaldo di Stella; perchè tale circostanza si collega a un documento del 1148 mercè cui l’Arcivescovo loca domum imam .... in burgo civitatis. ..., cui coheret.. . domus filiorum rjm. Rainaldi de Stella ('). Similmente all’ intorno del san Lorenzo, formando quasi una concatenazione e fronteggiando la pubblica via, erano state erette sopra i fondi dell’Episcopio le abi- tazioni colla torre dei Porcelli, la casa di Oberto Torre, g| . e quelle dei famuli Oberto Oliva, Anseimo di Gotizone, Balbo, Guglielmo Custode, Giovanni Langascino, ed altri 1 ancora (-). ■ ' - § X. Le questioni di possesso, fino al Mille o poco più oltre, si decisero col duello ; benché si combattesse giusta le modificazioni introdotte dalle leggi di Carlo Magno, di Ludovico Pio e di Lotario I; i quali, non potendo abolirlo propter consuetudinem come già dicea Liutprando (3), si erano però studiati di temperarne almeno le conseguenze, ordinando che i duellanti non usassero altre armi fuorché il bastone e lo scudo (l). Cosi in un placito del 971, Vivenzio avvocato dei preti addetti alla chiesa dei santi Faustino e Giovita di Verona dice: Ecce me paratum cum evangelia et scuto et fuste eadem punna fa- (') Reg., pag. 338. (*) Ved. nel Registro I’ elenco delle pensioni a pag. 31 e 364, nonché il libello di Manfredo di Oliva a pag. 33 4. L)i una Ira le case in discorso accennasi pure la misura (forse della fronte) in un terzo di tavola (pag. 40 4), il che rinviene a poco più di quattro moiri. C) Incerti sumus de iudicio Dei, et multos audivimus per pugnam sine iit-stitia causati suam perdere; sed propter consuitutinm gentis nostre langobar-dorum legem ipsani velare non possumus. — Mommi. Hist. Patriae; Leges Municipales, Edictum Liutprandi, volumen XII, cap. II (CXV1II), coi. 135. (*) Muratori, Antiquit. ltal., Disseri. XXXVIII. m i ( US ) ciendum ('); e così in un documento del 1006 Godono avvocato del monastero di santo Stefano, comparso in laubia solarti domiti Episcopio Sancte Januensis Ecclesie, alla presenza del vescovo Giovanni II, de’giudici e dei buoni uomini, si protestava paratus ... cum fuste et sculo seu evangelia ad iurandum et pugna faciendum, per sostenere contro Eldeprando figliuolo di Alguda la verità della donazione di una terra fatta da costei al detto monastero sin dall’ottobre 996. Sed ipse Eldeprando, soggiunge l’atto, ibi non venit. . . . nec secum cumdem Godo avocato iam dicto monasterio non coniunsit, et taliter separaverunt se inde (3). Sembra però che anche questo modo di prova, si lasciasse cadere indi a poco in disuso, perchè le Consuetudini (1056) affermano: De prediis vero si orta * erat contentio inter vos et foricos homines, inter vos non morabatur ulla pugna (3). Rimase bensì il duello in vigore come mezzo di purgazione nei giudizi penali, edjanzi fu espressamente sancito nella nostra legislazione. Così nella lettera di Gregorio VII da me citata altrove (l), il Papa scrive al vescovo Oberto come il padre di Ansaldo si opponga a che questi iudicium purgationis eius, quod ipsa (cioè la moglie d’Ansaldo medesimo) valde desiderat, pro discutienda veritate suscipiat (5). Il che è conforme al disposto dalle leggi di Rotari: Si quis alium de uxorem crimen miserit quod cum ea fornicassit, leciat ei cui crimen mittitur aut per sagramentum aut per pugnam se purificare ; et si provatimi fuerit, animae incurrat (') Moratori, Antichità Estensi, par. I, capo XVI, pag. 152. (’) Atti, I. 222, 642. (5) Reg., pag. 312. (‘) Ved. a pag. 315. (s) Epistolae Grcgorii VII, lil>. I, op. 45. apud Mansi, Conci!., XX, coi. 99. ( 549 ) periculum (*). Così il Breve Consolare del 1143 dispone: Si homicidium occultum fuerit factum in homine nostre Compange,.... (et) Me cui crimen opponitur per bata-liam se defendere noluerit, tamquam de homicidio palam facto penaìit sustineat. Si vero Me qui incriminatus fuerit mundus de ea pugna exierit, ille qui crimen obiecitpenam Iwmicidiipaciatur (*). E di rimpatto lo Statuto dispone : Si homicidium occultum fuerit factum..., et aliquis alieni homini.... crimen illud obicere voluerit . . . , bataliam inde fieri faciam per ipsas principales personas vel campioncm sicut ad honorem civitatis Janue et utilitatem, mihi vedebitur (3). Nè a corroborare siffatta sanzione mancano le prove; chè gli annalisti han memoria di due combattimenti avvenuti sulla piazza di Sarzano (1232 e 1235), e conclusi pur troppo col supplizio della parte rimasta soccombente (l). Le Consuetudini ed il Breve precitati sanzionavano poi la prescrizione trentennaria a guarentigia d’ogni possesso. Le prime riconoscono infatti che deprediis... vel de aliis querimoniis talis fuit consuetudo, ut ille qui investitus erat per triginta annos, quinto se iurabat quod res ipsas per triginta annos possessas habebat (5). E nel Breve così giurano i Consoli): Feudum quod tenetur (') ItoTriAnis lex CCXAIII, coi. 52. (*) Monum. Ilist. Patriae, Leges Munkipaks, coi. 243. (’) Statuti Genovesi ecc., pubblicati da V. Promis, pag. 152. (') [ÌAimioLoMAEi Senni Aii Annales, a. 1232, 1235. — Tralasciamo il ricordo delle disfido lancialo noi 11G9, o poscia non seguito per l'intromissione dell’Arcivescovo, giacché queste si originavano dalle fazioni civili. OberU» Cancelliere le accenna raccontando come i Consoli, omnibus inter eos qimstionibus pari ratione disputatis . . . , cognoverunt sex bella vel duella campestria inter cires maiores iure occurrere. ~'ìtTTleg~ pag. 313. ( 550 ) in nostra civitate quiete per XXX annos adiuvabimus illas qui tenent racionabiliter tenere illnd ('). Nè la promessa era vana; cliè appunto gli stessi Consoli i quali aveano cosi giurato, aggiudicavano poi a Siro II la proprietà del goreto eli San Pier d’ Arena, quoniam inter dompnum Archìepiscopum et eiuspredecessores hanc terram totam... possederant quiete per suam per annos quadraginta et per triginta (-). Il che si accorda colla legge antipenultima del libro VII nel Codice di Giustiniano (3); sul cui disposto vediamo pure fondarsi più tardi altri Consoli, nel lodo pronunciato il 1150 contro Sibilia e Rainaldo Gobbo circa il possesso della terra di JNervi ('’). Di più gli stessi Consoli de’ quali è detto nel Breve testé ricordato, tenevan modo affinchè somigliante eccezione non potesse in altro litigio sollevarsi in pregiudizio della Chiesa. Ma poscia che si trovavano già in sull’ uscire di carica, ed una savia disposizione, successivamente derivata in più Brevi e Statuti, interdiceva il proferir sentenze definitive negli ultimi giorni del loro ufficio (*); Iimitavansi eglino a chiamare in giudizio parecchi tenitori dei beni posti nella Domocolta di san Vincenzo, e col lodo intitolato de interruptione possessionis de Lomocolta accertavano la litis pendenza, rimettendo il deciderla ai successori (c). Il divieto accennato non era però cosi assoluto, da non ammettere che i magistrati se ne discostassero per (’; Ij’ijps Municipales, col. 242. 0 He(j., pag. 71. C) l'J., pag. 37j. (‘) Id., pag. 340. (s) Statuti Genovesi odili da V. Promis, lib. J. cap. I. pag. 18. Ili fra illos ilirs decem qui crunl circa lineili mei consulatus alicuius placiti sententiam nullam dabo di/finitivam nisi forte licentia utrimque partis. (") lier/., pag. 71. ( 551 ) consentimento delle parti. E certo per l’adesione di queste fu pronunciata da’ Consoli la sentenza definitiva circa il ruolino di Morigallo, che reca la data del 29 gennaio 1106, e precede cos'i di quattro'giorni appena il nuovo Consolato (*). Occorrendo poi ne’possessi una qualche divisione reale, e sul modo della quale le parti non si accordassero, questa facevasi col ministero dei pubblici estimatori, secondo ce ne porge un notevole esempio la spartizione d’alcuni fondi posti in Medolico fra l’Arcivescovo e gli Avvocati (-). La divisione si stabiliva mercè l’apposizione dei termini; quindi traevasi norma dal sorteggio per assegnare le parti. Quibus (rebus) divisis, cosi leggesi nell’atto di tale partizione , Alexander hyconomus Advocatis et Turche (filio qm. Bonivassalli de Advocato) hanc divisionem nuntiavit; et Consules per eorum executorem ipsis brevia divisionum miserunt, clausisque litteris alteram partium capi iubentes. Qui viso executore et brevibus, ceperunt unum: hoc in quo hec pars continebatur Arhiepiscopo dimisso (3). I Consoli in ultimo ratificavano col proprio lodo la divisione. E ciò rinviene eziandio alle posteriori disposizioni statutarie: Si quis ...ad meuni consulatum pertinens reclamacionem fecerit super aliquem alium ..., qui nolit partiri aliquod immobile quod simul comune habeant, non obstante temporis prescriptione, ego publice extimatoribus precipiam ut diligenter bona fule illud dividant, ct eo diviso sortes utrique parti super imponant nisi de accipiendis partibus inter se concordaverint, et partes firmas habebo, et laudem fleri faciam si pars (') Reg., pag. 302. (’) Id., pag. 78, 86 (*) Id., pag. 86. ( 5Ì>2 ) vel partes ante me postulaverint. Soggiungeva inoltre lo Statuto quest’altra prescrizione di somma equità: In divisione semper dari faciam iuxta illum qui proprium habet continguum (sic) rei vel terre de qua fit divisio habuerit sine fraude ante per annum quam divisio postuletur ('). Leggo pure che le pensioni dei fondi si determinavano alcuna volta dagli estimatori medesimi (’2); e che i prezzi di vendita doveano eziandio concordarsi per apreciatum estimatorum ianuensium (■1). Infine trovo che gli stessi istrumenti di vendita firmavansi a guarentigia maggiore, in un colle parti e co’ testimoni, dai sovra detti estimatori (4). Cosi egualmente soleasi intimare la sospensione d ogni opera tendente a mutare l’aspetto di un fondo, sempre che vertissero contestazioni intorno al medesimo. Perciò Guido di Lodi avendo impresi nella terra dell’ Arcivescovo in San Pier d’Arena certi lavori per deviazione e condotta dell’acqua della Polcevera all’uopo di un suo mulino, ne illud faceret sibi denunciatimi (luit) in principio laborationis (5). L’immissione in possesso a seguito di giudicato faceasi col mezzo dei guardatori; e così leggesi che i Consoli missum domini Archiepiscopi prò eo per Malcavalcam guardatorem in possessionem supra nominatarum terra-rum . . . miserunt, che è a dire d’alcune terre su quel di Nervi (u). (’) Statuti Genovesi ecc., editi da V. Promis, lib. II, cap. XXIII, pag- 37. (’) Id., pag. 347. (‘) Id., pag. ICO, 215, 217. (*) Id. pag. 98. (‘) Id., pag. 415, 418, 435, 437. * (') Reg., pag. 94. Ivi, a pag. 470, ^comparisco puro qual testimonio Amicus guardalor. Nel Breve replicatamcnto citato del 1143, si leggo: Nulli guardatori dabimus ( 553 ) Como poi degli estimatori pubblici e dei guardatori, così nel Registro è anche memoria dei testatores publici (!) P ufficio de’ quali venne introdotto nel 1125, secondo ci attesta Caffaro con le parole: In ipso Consulatu publici testes qui se scribunt in laudibus et in contractibus ( o più precisamente ancora, come leggo altrove, qui contractus et testamenta atque decreta manu notarii scrijpta, que legaliter fieri posse conspicerent, eorum subscriptionibus firmarent) primitus inventi fuerunt (2). L’importanza di questa istituzione non isfuggì punto al Gibrario ed al Canale; e certo è notevolissima qualor si pensi alla somma penuria che allor vi aveva di chi sapesse scrivere il proprio nome. Ma per ciò precisamente non sembrami che siasi così di corto osservata. Io veggo che nelle pergamene de’ nostri monasteri di santo Stefano e di san Siro (3) si continuano anche dopo del 1125 i signa manuum dei testimoni; e veggo bene che questi segni per la identità di loro forma sono tutti delineati dal notaio estensore dei documenti (4). D’altra parte rifletto che de communibus rebus per mensem nisi solidos V (Leges Muncipales, col. 2i8,); ed il dotto Raggio no’ commenti si avvisa che i guardatores fossero « guardie e quasi littori a servizio del Comune e dei magistrati », concludendo che il loro mestiere non dovea tenersi punto a vile (Id., col. 275). Bartolomeo Scriba (Annales, a. 1235^ racconta che mentre il podestà Spino di Soresina si ostinava nel voler contro l’opinione popolare giustiziali alcuni malfattori, mulieres ceperunt proi-cere lapides et impellere guardatores. (’) Reg., pag. » ' di moneta bruna . . » 12 == ) 24 » » bruneto (preso nel senso di metà del bruno . » 06 <= » 12 » » genovino del 1140 . . » 08 = » 16 » » » del 1169 . . » 077,0 = » 15 » I numismatici, probabilmente, troveranno superiore all’effettivo il suindicato ( 600 ) peso dello monoto. Ciò è vero se essi misurano tale peso sopra un certo numero di nummi in generale poco conservati. Ma qui si ó tenuto conto di tutti gli elementi, l’esposizione dei quali non entra nei limiti di questo lavoro; bensì forma parte di quello che il lodato cav. Desimoni ha impreso circa le monete genovesi, o di cui affrettiamo col più vivo desiderio la comparsa negli Alti. Non è necessario avvertire che si sono trascurate le frazioni di centesimo, trattandosi di valori approssimativi. Il valore in lire italiane fu dedotto dal contenuto dell’argento fino in ciascun denaro, ragguaglialo secondo l’odierna tariffa a 222 millesimi di lira per ogni grammo. i nsr id i g e DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Belghano. Seguito della Illustrazione del Registro Arcivescovile di Genova. Parte Seconda (continuazione) : Delle chiese e delle decime. . Pag. 402 Parte Terza: Delle signorie, dei diritti e delle proprietà . . # 409 *v ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA APPENDICE ALLA PARTE I. DEL VOLUME II. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE' SORDO-MUTI MDCCCLXXIll ATTI « DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA __- - - ■ a r t i DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA APPENDICE ALLA PARTE I. DEL VOLUME IL GEMOVA TIP. DEL R. 1. DE’ SORDO-MUTI MDCCCLXXII1. * '-■V. ■ . ' DI GENOVA PEL SOCIO L. T. BELGRANO / Spiegazione di alcune fra le citazioni che in forma abbreviata s incontrano in queste Tavole genealogiche. » Ab. — Abcccdario delle famiglie stabilite in Genova prima del 1500 (di Federico Federici); Ms. sec. xvn della Biblioteca della Missione Urbana. Cicala, Memorie mss. — Memorie duella città di Genova e di tutto il suo dominio ecc., raccolte da G. B. Cicala qm. Giulio; Ms. originale sec. xvii , della Biblioteca dell’avv. Giorgio Ambrogio Mollino, in Genova. Cybo-Recco. — Joannis Cybo Recci Genuensium .Historiarum, Liber etc.; Ms. sec. xvi della Biblioteca Universitaria di Genova. Costa. — Chartarium Dertonense primum editum e codice Regiae 1 aurinensis Bibliothecae ab Ludovico Costa; Torino, 1814. G. S. — Genealogia familiae Scortiae Comitum Lavaniae perantiqua, ex actis Antonii Rochae notarii genuensis anno Domini mdciiii , die xvm decembris ; Milano, 1609. Heyd. — Le colonie commerciali degli italiani in Oriente nel medio evo, Dissertazioni del prof. Guglielmo Heyd; Venezia, 1866-68. Hopf. — Famiglia Grimaldi; articolo storico del prof. Carlo Hopl inscritto nell’ Enciclopedia generale delle scienze ed arti (Lipsia, Brockhaus), Sezione XCI. Pasqua. — Antiqua monumenta Comitum Lavaniae habita a Juhn Pasqua vetustate exesa; Cod. ms. sec. xvn della predetta Biblioteca Universitaria. ^ — Questo segno si adopera in tutti i casi nei quali una discendenza non è certa per documenti, ma si stima probabile. CONTI DI LAVAGNA LD ALTRI SIGNORI ESTERN. I CONTI DI LAVAGNA. ANSALDUS. Mortuus fuit in expeditione Mezaneghi (Pasqua, car. 35). TEDISIUS DE LAVANIA filius Ansaldi. Nutritus Vezani, et inde, habuit uxorem (Pasqua, loc. cit.). 99!). Ottone ni imperatore conferma alla Chiesa di Vercelli praedia Tliedixii de Lavagna (Cartario, pag. 80). 1011. Arrigo u conferma alla stessa Chiesa praedia... filiorum Tedisi (Id., pag. 94). 1131. Riceve in locazione dal vescovo Landolfo i beni della Chiesa Genovese, sicut antea detinet qm. Ansatdus qenitot' meus (lien , pag. 290). OBERTUS. (Pasqua, loc. cit.) 1077. Il marchese Adalberto del qm. Obiz/.o prò ad monasterium sanctorum Eufemianì et Justi Teudici Comitis (Muratori , Antich. Estensi, 1096. Già morto. I TAGANUS filius qm. Oberti. 1096. Rinuncia al monastero di san Colombano di Bobbio ogni sua ragione sulla chiesa di sant’Eufemiano di Gravc-glia (Chartar. i, 719). i i ì MARTINUS VENCIGENTE. OBERTINUS DE PAGANO C1RAHDUS SCOIITIA. (G. S.) sive (Ramo degli Scorza) Obertus Blancus. (Vedi Tavola ixj (Ramo dei Bianchi) fVedl Tavola VJ \ TAVOLA I. I I ALUEnTUS. RL'BALDbS. (Pasqua, loc. cit.) (Pasqua, loc. cit.) filivs qm. Tcvdtni (Chartar. I, 719). mette di non molestare I’Abbate di san Colombano di Bobbio de omnibus rebus illis quae pertinent ninni (de Gravelia)..., si cuti obvenerunt per cartulam seu investituram ex parte de lieredibus qm. par. 1, pag. 231). I 1096. Rinuncia al monastero di san Co- GiRARDUS lombano di Bobbio ogni sua ragione lilius qm. AiDcru. suUa c[,jesa sant’Eufemiano di Gra- CVedi Tavola ilj veglia (Chartar. i, 719). (Vedi Tavola IV) CONTI DI LAVAGNA. 1096. Rinuncia a I ARMANNUS si ve Armaninusfil us comitis Girardi de Lavanena. 1124. Alleato dei marchesi Malaspina, e perciò compreso nella pace stipulata in Lucca fra costoro ed il Vescovo di Luni (Chartar. ii, 208). 1128. Immune dalle pubbliche gravezze (Jur. t, 31). 1131. Testimonio (Rancherò, Duomo, pag. 237). I ARMANINL’S filius Armanni. 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 58, 59;. 1145. Gli si ripete l’intimazione (Id., i, 106). 1166. Immune dalle pubbliche gravezze (ld. i, 222). GIRAKDUS qm. Alberti qm. Tedisii qm. Ansaldi. monastero di san Colombano di Bobbio ogni sua ragione sulla chiesa di UGOL1NUS lìlius comitis Girardi de Lavangna. 1124. Alleato de’ Malaspina, e compreso nella pace come il fratello Armanno (Chartar. n, 208). ■1128. Immune dalle gravezze pubbliche (Jur. i, 31). 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale g|j intimano 1’ osservanza dei patti (Jur. i, 58, 59). 1138, agosto. Terra Ugolini Lavarne nsis Comitis, non multami longe a civitate Janna, rammentata in un libello enfiteutico del monastero di santo Stefano (Pergamena dell’ Arch. Gov.; Abbazia di santo Stefano, mazzo ii). I UGO SICCUS. (G. s.) 1174. Testimonio agli atti di concordia stipulati fra il marchese Gbizzo Malaspina ed il Comune di Tortona (Costa, pag. 14, 17).' 1199. Testimonio al giuramento di fedeltà prestato dai marchesi Malaspina al Comune di Genova (Jur. i, 434). 1203. Vende al Comune le terre che possedè sotto Cogorno, nei luoghi appellati Fabrica, Fravega ed Uliveto. Poi ne riceve la investitura; ma rinuncia ad ogni suo diritto sul feudo di 40 lire che il Comune stesso deve ai Conti di Lavagna (Jur. i, S04, 505, 507). 1211, 27 luglio. Obertus Bobiensis Episcopus constituit Meliorem ' archiprcsbitcrvm plebis de Zavatarello actorem... in cama quae vertit inter iam dictum Episcopum ab una parte, et inter Ugo-nem Siccum, Gerardum Ravaschcrivm, Gerardum Penellum, Andream Scortiam ftlium Gerardi Angelerii, et Enricum filium Rubaldi Cardinalis, qm. Comites Lacanie, ex altera. (Liber diversorum notarion m, ann. 1211 in 27. Arch. Not.). 1212. Testimonio all’atto di lega conclusa tra i marchesi Malaspina cd i Comuni di Milano e di Piacenza (Chartar. n, 1273). I ALBERTUS. 1212. Testimonio come sopra (Ibid.). I UGO siccus. Barberina uxor. 1259. Rammentato in alto dei 15 gennaio, a rogito di Matteo de Prione (Arch. Not.). 1273. Addi 30 novembre costituisce un procuratore alle liti che ha con Nicolò Conte di Rapallo, a motivo dell’antefatto di Barberina moglie di esso Ugo. (Liber diversorum notariorum. Arch. Not.) TAVOLA II. (Seguito dalla Tav. IJ sanl’Eufemiano di Graveglia (Chartar. 1, 719). I l MUSSUS. ODDO frater Armanni. 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 58, 59). 1145. Ripetesj la detta intimazione (ld., i, 106;. ■1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (ld. i, 196). ANDREAS filius qm. Oddonis comitis. 1208. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 530). 1213-14. Ricordato in alti del notaro Tealdo da Sestri (Ab.). __|_ I I ALBERTUS UGO DF. SANCTO SALVATORE fìlius qm. Andreae Comitis Lavaniae. lilius Andreae Comitis Lavaniae. 4251,21 agosto. Nei rogiti di Matteo 1251, 26 agosto. Nei rogiti di Lìar- del Prione (Ardi. Not.). tolomeo Fornari (Ardi. Noi.) (Rami dei Ravascliieri, Della Torre, e Pendìi). /'Vedi Tav. lllj. CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI RAVASC IIIERI. DELLA TORRE E PENELLI. I BELTRAMES praesbitcr de Turri. 1137. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i, 197). '1166. Giura fedeltà al Comune, dal quale è fatto esente dai pubblici aggravii (Jur. i, 220, 222). __I I GERARDUS RAVASCIIERII'S. 19.11, 27 luglio. In lite col Vescovo di Bobbio (F. Tai. 11; § ugo siccus). I RUFFINUS DE TURRI Bellrami (GIS.) RUBALDUS. (G. S) 1229. In alto del notaro Gianuino I i i FULCHINUS GUIDO. filius qm. Gerardi (G.S.) Ravaschcrii Comitis Lavaniae. 17 settembre, a rogito del Prione (Arch. Noi.). BELTRAMES. (G. S.) del I TEALDUS sive TEBALDUS fìlìus Berlrami comitis. 1143. Vassallo dell’ Arcivescovo (Reg., pag. 26.) 1174. Testimonio agli atti di concordia fra il marchese Obizzo Malaspina ed i Tortonesi (Costa, pag. 14, 17). 1184. Presta giuramento di fedeltà al Connine di Piacenza, nel borgo di Val di Taro (Poggiali, iv. 354). 1190. Giura le convenzioni con I HENR1CIS DE TURRI frater Tcdaldi. 1143. Vassallo dell’ Arcivescovo (Reg., pag. 26). 1190. Giura le convenzioni con Genova (Jur. i, 357). . 1 JOnANNÉS Genova (Jur. 1, 357). filius qm. Fulconis Ravascherii. 1253, 5 giugno. In atti del notaio Bartolomeo Fornari (Ardi. Not.). 1259, 3 febbraio. Id. del notaro Matteo del Prione (Ibid.). 1 I ARMANNDS OGLERIUS filius qm. Tealdi Comitis Lavaniae. frater 1184, 18 marzo e 20 luglio. Ne’rogiti del notaio Lanfranco Armanni. (Arch. Not.). 1203,20 gen- 1203. Unitamente alla propria moglie Agnese vende al Comu- naio.,Ne’ro-ne di Genova la terra di Oliveto sotto Cogorno, e la ripiglia giti del nota-a titolo d’investitura. Indi rinuncia al diritto di partecipa- io Lanfranco zione che gli compete sul feudo di 40 lire dovuto da esso (Ardi. Not.). Comune ai Conti di Lavagna {Jur. i, 505, 506, 507). 1215, 2 luglio. Ne’ rogiti del predetto notaio Lanfranco: Armannus Comes de Lavania ■promittit Bartholomeo Osbergerio quod non accipiet de pedagio de Carana ultra solidos duos pro unoquoque osbergio (Arch. Not.). I i OPIZO RUFINUS filius qm. frater Tealdi comitis. Opizonis. 1223, 13 dicembre. Nei. rogiti del notaio Federico da Sestri (Arch. Not.). TAVOLA III. CSeguito dalla Tav. 11J MUSSUS uni Girardi qm! Alberii qm. Tedisii «ini. Ansaldi. 1 ‘ (G. S.). I _ I ALBERTUS PENELLUS frater Bellraini. 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i, 196). 1166. Giura fedeltà al Comune, ed 6 fatto esente dalle gravezze (Id. i., 220, 222). 1170-71. Collegato ai figli di Gerardo Scorza, si impadronisce del castello di Frascaro ai danni dei Signori di Passano; quindi il rilascia per le intimazioni fattegli dai Consoli di Genova (Cancelliere). I I BERENGARirS DE TI'RRI Comes Lavaniae. 1 U7. Riceve in locazione dall’ Arcivescovo una parte delle decime della pieve di Cicagna. (Reg., pag. 322). I RAIMUNDUS filius Alberti Penelli. Il «4. Ricordato in atto del 20 giugno a rogito del notaio Lanfranco (Arch. Not.). I CERARDUS PENELLITS. 1211. In lite col Vescovo di Bobbio (Ved. Tav. II; § UGO SICCUS). 1213. Sue terre a Sestri di Levante, menzionate in atti di Tealdo da Sestri (Ab.). i I I JOnANNES 0GER1US OTTO COMES penellus. penellus. qm. Alberti. 1234. Fondala 1200. lìicor- 1200. In atto chiesa di s.'“ dato in atto del not. Cas- Maria di Chia- del noi. Gu- sinense (Ab.). vari (Ali.). glielmo Cassinense (Ab.). I DOTIKUS sive SuperciusBotinus vel Supertius de Turri. Scarmondia uxor. I I57. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 197). I 167. Ricordato in sentenza d’ arbitraggio fra i Sig.ri della Torre e di Cogorno da una parte, ed i mercanti lucchesi dall’ altra (Arch. Gov., Materie politiche, mazzo i). BALDUINIS DE TI'RRI. 1190, Il febbraio. Per alto a rogito del notaio Lanfranco, Scarmondia mater Baldvini filii Bo-tini de Turre emil locum vnum in Levi (Arch. Not.). 1229, 20 novembre. Ego Johannes Rubeus de Volta... confiteor tibi Balduino de Turri filio qm. Butini de Turre, qui stas Lavaniae.... habuisse integram solutionem totius debiti etc. - Atto del notaio Federico da Sestri (Arch. Not.). I BUT1NUS 1231, 12 giugno. Nei rogiti di Gio. Enrico Della Porta : Bal-dninus de Turre et Butinus eihs filius (Ardi. Not.). CONTI DI LAVAGNA. RUBALDUS • qm. Tedisii qm. Ansaldi. I TEUDICIUS, sive TEDIX1NUS filius Rubaldi Comitis. M45. Giura la Compagna e l’abitacolo di Genova (Jur. «, HI). 1135. Si confessa debitore di Lanfranco Galletta per merci ricevute (Cliartar. n , 293). 1 ALBERTUS RAPALL1NUS lìlius Tedixii Rubaldi Comitis. Anna uxor. 1211. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 330). 1211, |2 febbraio. Ego Anna uxor Alberti Rapailini /ilii qm. Tedisii Comitis de La-vania, consentio venditioni ...de una petia terrae quae est in plebeio Rapalti (Liber diversorum notariorum, ann. 1211 in 27. Arch. Not.). I AMBROSIUS COMES lìlius Alberti Rapallini. 1199. Ricordato in alto di quest’anno (Ab.). 1207. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 530). 1228. Ambrosius ... Comes de Rapallo... interfectus fuit quodam sero occulte in hospitio Pliilippi macellaloris, prope Macellum de Modulo (Caffaro). i ALBERTUS qm. Ambroxii Comitis de Rapallo. 1250, 13 aprile. Ne’ rogiti di Giovanni Vcgio fArcli. Not.). 1 HENR1CUS. (G. S.) 4'134. Già morto in quest’anno. 1 RUBALDUS qm. Henrici nepos Opizonis Comitis. 1134. Interviene ad un contratto stipulato in Lavagna (Ab.). I RUFFINUS. (Pasqua, car. 35.) 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. I, 58, 59). 1145. Gli si ripete l’intimazione (ld. i, 106). 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (ld. i, '196). 1160. Creditore di Guglielmo Burono (Cliartar n 632). 1166. Immune dalle gravezze (Jur. i, 222). 1173. Già ribelle dei genovesi ed in lega coi Ma-laspina, come pure lo erano i suoi figli (Id. i, 281). 1177. Già morto. I I UGO FLISCUS. (Ramo dei Ficschi) (Vedi Tav. X) I I TED1SIUS. GERARDUS. (Pasqua, car. 35). I IIIBLETUS. Episcopus Albenga-nensis. (Pasqua, loc. cit.). I OP1ZO. 1 I 7 8. Canonico della Cattedrale di Panna; a nome del cui Capitolo sporge ricorso al cardinale Labo-rante oli Santa Maria in Portico, legato pontificio (Affò, ii, 268, 384). 1195. Eletto vescovo di Parma (Id. ni, 119). 1224. Muore il 22 maggio; ed è sepolto nel coro di quella Cattedrale (lhid.). Fra’Sa-limbene dice di lui: Fuit pulcher homo, et honesta persona, ut dicunt; etbarbanus fuit domini Innocen-tiipapae quarti. TAVOLA IV. ('Segitito dalla Tav. lj ----I ALBERTUS. 1128. Immune dulie gravezze pubbliche in Genova (Jur. i, 31). 1166. Giura fedeltà al Comune (Id. i, 220). I l nUBALDIJS CARDINALIS. I l38. 45. 1 Consoli di Genova gli intimano 1’ osservanza dei patti (Jur. i, 59, 1 uG). ■I |SS. Si professa debitore di Lanfranco Galletta (Citar -tur. li, 293). M57. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i, 196). HENRICUS filius Rubaldi Cardinalis. 1211. In lite col Vcscovo^di Bobbio, ("Vedi Tav. II : uao siccus^. OPIZO frater Ribaldi. 1138-45. I Consoli gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 59, 106). 1150.52. Testimonio (ld. i, 148, 161, 163). OPICIUS frater Alberti. 1128. Immune dalle gravezze pubbliche (Jur. i, 31). 1134. Interviene ad un contratto stipulato in Lavagna (Ab.). 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 58, 59). ALBERTUS. archidiaco— nus Parmae. I2II.Morto in questo anno (Affò, iii,1 I). ! MANFREDIIS COMES. 1156. Testimonio; e detto canonicus sancti Laurentii (Chartar. n, 359). 1158. Testimonio, e qualificato come sopra (ld. il, 462). M63. Cardinale diacono di san Giorgio in Velabro. 1166. Legalo di papa Alessandro in al Re di Sicilia (Ciacconio, i, 1084). 1173. Cardinale prete del titolo di santa Cecilia. 1176. Vescovo di Palestrina. 1177. Addì 1.° agosto, in Venezia., in praesentia ... domini Manfredi de Lavagna et aliorum cardinalium multorum, il conte Enrico Dietz giura sull’anima di Federigo Barbarossa l’osservanza della tregua fra l’Imperatore ed i lombardi (Pertz, Legum, voi. ii, pag. 156). 1177, ottobre. Manfredus Praenestinus Episcopus apud Anagniam diem clausit extremum (Romuald. Salermtan., col. 240). I ARDUINIS fraler Manfredi. 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i, 196). 1166. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 220). I benedictus frater Arduini. 1155. Test mo-nio (Chartar. ii, 300). CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI BIANCHI. I OBERTINUS DE PAGANO sive Obortus Blaricus. qm. Pagani qm. Obcrti qm. Te-disii qm. Ansatili. 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova ; i Consoli del quale gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 58, 59). 1143. Vassallo dell’Arcivescovo (Reg., pag. 26). 1145. 1 Consoli rinnovano la intimazione di cui sopra (Jur i, 106). I UGO BLANCUS qm. Martini. 1212-13. Ne’ rogiti di Tealdo da Sestri (Ab.). I MARTINUS BLANCUS. 1138. Giura fedeltà al Comune di Genova; i Consoli del quale gli intimano 1’ osservanza dei patti (Jur. 1, 58, 59). 1145. Rinnovasi l’intimazione (Id., i, 106). 1155. Testimonio (Cliartar. n, 300). 1156.57. 1 Consoli di Genova lo assumono in protezione; ed egli giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i, 193, 195). 1157. È in disaccordo coi Signori di quella terra (ld. i, 197). — Insieme col fratello Enrico manomette un servo (Cliartar. ii, 446). 1166. Giura fedeltà al Comune; ed è fatto esente dalle gravezze pubbliche (Jur. i, 220, 222). __I___ I 1 PAGANUS. (Ramo dei Signori di Cogorno). CVedi Tavola VI) I MORANDUS lìlius Martini Comitis. 1188. Giura le convezioni con Genova (Jur. i, 347). HENRICl'S BLANCUS qm. Martini. 1212. In Tealdo da Sestri (Ab.). TAVOLA V. (Seguito dalla Tav. 11 I HF.NRICCS BLANCUS. 1145. I Consoli gli intimano l’osservanza dei patti (Jur. i, 106). 1156.57. Ne assumono la protezione; ed egli giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (ld. i, 193, 195). 1157. È in discordia coi signori di quella terra (Id. i, 197). — Col fratello Martino concorre alla manomissione di un servo (Cliarlar. ii, 446). 1160. Testimonio (Id. li, 688). 1166. Immune dalle gravezze (Jur. i, 222). 1171. Giura nuovi accordi con Genova (ld. i, 259). _!_ i i L'GO HENRICIS. sive Ugolinus. (G. S.) Rosa uxor. 1193. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 409). 1225, 12 aprile. Per atto rogato da Federico di Se-stri, Ugo filius Henrici Blanci Comitis Lavaniae, et eius uxor Rosa, vendunt terram (Arch. Not.). CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI SIGNORI DI COGORNO. I GANDBLPHUS DE CUCURNO. 1130. Paga terratico al monastero di san Siro di Genova , per beni posti in Lavagna (mb.). 1 FILII GANDl’LPHI DE CUCURNO. (Reg., pag. 26S) PAGANUS qm. Obertini Blanei qm. Pagani qm. Oberti qm. Tedisii qm. Ansaldi. _ * l C0NRADUS DE CUCURNO. 1145. Dona il castello di Ca-losso a! Comune, e giura la Compagna di Genova (Jur. i, 108, III). I CONRADUS lìlius Conradi de Cucurno. 1128. Immune dalle gravezze pubbliche (Jur. i, 31). 1148. Dona il castello di Ca-losso, e giura, la Compagna come sopra (Id. i, 108, MI). 1156. Giura fedeltà al Comune (III. i, 192). 1160. Insieme con Maulovrea vende la metà di una terra in Maggiolo (Cluxrtar. n, 712; e Tav. XVI). I MATULUS DE CUCURNO. I l'ILII MATULI DE CUCURNO. (Reg., pag. 265) TAVOLA VI. (Seguito dalla Tav. V) I JORDANUS DE I HENRICUS filius .lordimi de Cucurno. M56. Giura fedeltà al Comune (Jur. I, '192). CUCURNO. 1 FILII JORDANI DE CUCURNO. '1145. Donano insieme col padre loro il castello di Ca-losso al Comune di Genova (Jur. i, 108). JOHANNES DE CUCURNO s.ve .Iohannes Biccus de Levagi. (Ramo dei Signori di Levaggi). (Vedi Tavola Vllj I CAVARUNCUS. (Ramo dei Cavaronchi) (Vedi Tavola Vili) CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI SIGNORI DI LEVAGGI, LEIVI E ZERLI. TAVOLA VII. CSegvito dalla Tac. Vlj I GERARDUS DE GROPO filius Johannis Bicei de Levagi. 1145. Kiceve co’ suoi consoni dal Comune di Genova la investitura del castello di Levaggi (Jur. i, 104). 1138. Testimonio (Chartar. ii. 542). JOHANNES DE CUCURNO sive Johannes Biccus de Levagi gener Servidei de Verzili. {Reg., pag. 399) 1128. Immune dalle gravezze pubbliche (Jur i, 31). IUS. 1 Consoli aggiudicano all’Arcivescovo la parte che egli possiede nelle decime della pieve di Cicagna (Reg., pag. 93). 1159. Riceve dall’ arcivescovo Siro la investitura di una parte delle decime di Bem-beggi ecc. (Id., pag. 399). 1161. Già morto (Chartar. li, 732). I LECALOSSL'S sive Obertus Lecalossus. 1145. Giura la Compagna e l’abitacolo di Genova (Jur. i, 111). 1161. È in lite col fratello Guilienzone per la decima di Carro, quam pater eorum tenere consueverat et ipsi postea (Chartar. il, 731). 1167. Ricordalo in sentenza arbitrale dei Consoli di Genova, con cui si determina il pedaggio clic i Signori di Cogorno ed i loro consorti debbono riscuotere dai mercanti lucchesi (Arch. Gov.; Materie politiche, mazzo ì). SELVERATUS DE LEVALLI. 1147. Testimonio (Reg., pag. 322). I GUIENZON vel Gunenzon de Cucurno filius Johannis Bicci. 1156. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur., i, 191). 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Id. i, 195). 1161. In lite col fratello Lecalosso per la decima di Carro (Chartar. il, 731). — Conferma a suo zio Guglielmo Burono la donazione fattagli del proprio servo Gior-danino (ld. n, 791). I MERLO DE LEIVI. 1147. Già morto. I I I DODO FRATES DODONIS. filius qm. Merloni de Leivi. 1147. Ricevono in locazione dall’arcivescovo Siro una parte delle decime di Bcmbeggi (Reg., pag. 322). I GAIDALDUS DE SELVERATO. 1167. Ricordato in sentenza arbitrale dei Consoli di Genova (Ardi. Gov.). I GUILIELMUS DE SEVERATO. 11... Livellario della Chiesa Genovese (Reg., pag. 55). 1167. In sentenza arbitrale de’ Consoli di Genova (Arch. Gov.). I ANSALDUS DE LEIVI sive de Cazukinasca, vel Caciscenasco. 1146. Riceve in locazione dall’arcivescovo Siro una parte delle decime di Rumaggi e Bembeggi (Reg., pag. 320). 1147. Tutore de’suoi nipoti, figli del qm. Merlone (ld., pag. 322). 1158. Già morto. I ASTULSUS qm. Ansaldi de Levi. 1158. Assiste ad un atto di vendita di alcune terre poste nella pieve di Leivi (Chartar. ii, 479). GANDILPHUS DE LEVACI. 1145. Già morto. GU1N1NGU1SIUS DE ZERLI filius qm. Gandulfi de Levagi. 1145. Dona il poggio di Levagi, chiamato Ronco, al Comune di Genova, perchè questo vi edifichi il castello ed il borgo. Quindi gli giura fedeltà (Jur. i, 102, 103). ANSELMUS filius Guininguisii de Zerli. 1160. Riceve in locazione dall’arcivescovo Siro una parte delle decime della pieve di Vara (Reg., pag. 351). I l * CONRADUS GUIRARDINUS AIRALDIM’S DE ZERLI. DE ZERLI. DE ZERLI. 1145. Giurano fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 103). s CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI CAVARONO HI. I RUBALDUS CAVABUNCUS 1123 circa. Ila parte nella decima della pieve di Rapallo, che poi rifluncia al vescovo Sigifredo (Reg., pag. 13;. 11-43. Partecipa eziandio nelle decime di Pe-scino e di Bargagli (ld., pag. 17, 19). 1143. Tributario dell’Arcivescovo (ld., pag. JONATHAS CAVARUNCUS. Adalasia uxor. 1183. Console dei Piacili. 1191, 2 gennaio. Ne’ rogiti di Guglielmo Cassinense (Arch. Not.). » 25 settembre. Negli atti dello stesso notaio: Paganus de Volta fatetur se portare in accomenda... de rebus... Jonathae Ca-varunci et Adalaxiae uxoris dicti qm. Jonathae, etc. (Arch. Not.). _l_ l I Rl'BALDUS. l'GOLINUS. 1192, lo aprile. Negli atti del precitato Guglielmo Cassinense : Rubaldus Cavaruncus et Ugolinus eius frater, pro mercede animae patris sui, liberant et francalit Ravennam ancillam suam et ventrem eius (Arch. Not.). CAVARUNCUS qm. Pagani? qm. Obertini Blanci qm. Pagani qm. Oberli qm. Tedisii qm. Ansaldi. 1130. Testimonio ad un atto concernente i Conti di Lavagna (Ab.). II... Paga pensione all’Arcivescovo di Genova (Reg., pag. 265). 1145. Dona il- castello di Calosso al Comune, e ne giura la Compagna (Jur. i, 108—11 j. 1161. Terra Cavarunchi... prope Sigestri... prope Yenagium (Cliartar n, 790). 1162. Terra Cavarunchi, nella valle di Rapallo (ld. il, 797j. 1163. Morto forse in quest’ anno, od anche avanti la fine del precedente. I WILIELMUS CAVARUNCUS. Beldies uxor. 1156.57. Testimonio (Cliartar. il, 336, 391). 1160. Filippo di Lamberto e Rodoano del Moro promcltono rilevarlo da qualsiasi danno fosse per derivargli in conseguenza di certa vendila loro fatta di una terra in Rapallo (ld. n, 655). 1160. 62. 64. 68. 71. 74. 76. 79. Console dei Placiti. 1 161. Pubblico testimonio (Jur. i, 206). 1164. Testimonio (Cliartar. n, 917, 918). 1184, 1.° settembre. Ne’ rogiti del notaio Lanfranco : Testamentum Wilielmi Cavarunci. Mandat sepeliri in cimiterio sanctae Mariae de Castello. Nominat Beldiem uxorem suam. Dotat Alaxinam filiam suam... Haeredes instituit Philippum, Oglermn, Baiamontinum, Raimundinum el Andriolum filios suos (Ar-chiv. Not.; Vigna, Collegiata di S. M. di Castello, pag. 147). TAVOLA Vili. /'Seguito dalla Tav. ITJ I OBERI US CAVARUNCUS. 1145. Giura la Compagna e 1’ abitacolo di Genova, nonché la pace coi Signori di Lagncto (Jur. i, MO-Mj. •1161. Arbitro nella lite tra i fratelli Guilienzone e Le-calosso per la decima di Carro (Cliartar. u, 731 ; e Tav. vii). ANDREAS qm. Cavarunchi. 1163. Confessa le doti di sua moglie Adalasia figlia di Alberto Calligepa.lii (Cliar-tar. il, 861, 86-i). I CGEniUS CAVARUNCUS. 1153. « Ricordato in cartina » (Ab.). I GISELBERTUS qm. Ogerii Cavarunci. Attilia uxor. 1156. Giura le convenzioni di Genova col Re di Sicilia (Atti, i, 296). Il63. Attilia di lui vedova vende alcuni beni siti in Genova (Cliartar. n, 866). I OGERIUS CAVARUNCUS. 1188. Giura la pace tra Genova e Pisa (Atti, I, 370). CONTI DI LAVAGNA RAMO DEGLI SCORZA. I SCORSUS filius Girardi qm. Girardi. 1201, 15 gennaio. Ne’ rogiti del notaio Guglielmo Cassinense (Ardi. Not.). I CAGNOLUS filius Girardi Scorliac. 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. i. 190). 1171. Giura fedeltà al Comune (Ab.). SCORTIUS (G. S.) I I OBERTUS CLERICUS. ANDREAS (G. S.) filius Gerardi Angelerii. 1211. In lite eoi Vescovo di Bobbio. (Vedi Tav. ii ; § UGO SICCUS). I JOHANNES DE SCORZA. (G. S.) 1197. Giura pei marchesi Malaspina la pace stipulata fra questi ed il Comune di Tortona (Costa, pag. 62). I conradus sive Conradinus. 1250, 21 aprile. Ne’ rogiti di Giovanni Vegio: Conradus filius qm. Mussi Comitis Lavaniae, canonicus sancti Donati, et nepos domini G. (Guillielmi) praepositi Januae, constituit procuratorem ad recipiendum ... possessionem canonicatus et beneficii Ecclesiae Bericensis, secundum tenorem litterarum domini Papae missarum ad Archiepiscopum Tircnsem (Arch. Not.). TAVOLA IX. /'Seguito (falla Tar. ìj GIRARDUS SCORTI A qin. Pagani qm. Oberli qm. Tedisii qm. Ansaldi. 1138. Giura fedeltà ai Comune di Genova (Jur. i, 58). 1143. Vassallo dell’ Arcivescovo (Reg., pag. 26). 1145. I Consoli gli intimano l’osservanza dei patti giurati (Jur. i, 106). 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Jur. 1, 196). I Ml'SSUS lìlius Girardi Scortiae, frater Girardi. 1171. Giura fedeltà al Comune (G. S.). I CONTARDLS filius qm. Mussi. 1211, 27 luglio. Obertus Bobiensis Episcopus constituit Meliorem archipraesbitertun plebis de Za-vatarello... suum certum nuncium ... ad dandum terminum Contardo filio qm. Mussi et hominibus de Carpiniciono ut se repraesentent... ante Consules Junvac civium et foritanorum (Liber diversorum notariorum ami. 1211 in 27. Arch. Not.). GIRARDCS ANGELERIl'S lìlius Scorliae. 1157. Giura la Compagna ed il Consolalo di Lavagna (Jur. i, 196). 1171. Giura fedeltà al Comune (G. S.). 1203. In lite con Ardoino di Rolando Da Passano (Vedi Tavola xiv). I iiussus. 1199. Giura fedeltà al Comune di Genova (G. S.). I GUIDO ANGELERIl’S filius qm. Gerardi frater Mussi. 1176. Giura fedeltà al-l’Arcivescovo in Lavagna (Ab.). SCORSUS. (G. S.). 1251, 8 giugno. Nei rogiti di fiartolomeo Fornari (Ardi. Not ). I ANGELINUS. 1254, 2 giugno. Negli alti di Bartolomeo Fornari, i canonici di san Donato recipiunt Angelinum scolamn fratrem Conradini filli qm. Mussi Comitis Lavaniae in fratrem et canonicum, in observatione litterarum domini papae Innocentii, attenta resignatione dicti canonicatus facta a dicto Conradino (Arch. Not.). MARTINUS. (G. S.) MANFREDIS. (G. S.) CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI FIESCHI. UGO FLISCUS qm. Ruflìni qm. Alberti qm. Rubuhli qm. Tedisii qm. Ansakli. 14Sa. Mallevadore di Tedisio di Lavagna figlio di Rubaldo qm. Tedisio, e di Rubaldo Cardinale (Chartar. n, 294). 1177. 1181. Ne’ rogiti del notaio Calligepalii, ove è detto figlio di Rullino (Ab.). 1199. Testimonio al giuramento di fedeltà prestato dai marchesi Malaspina al Comune di Genova (Jur. i, 434). 1200. Testimonio al trattalo d’alleanza di Milano, di Piacenza e dei marchesi Malaspina contro Pavia (Chartar. n, 1209). 1201. Vende un mulino in Sestri (Ab.). 1214. Già morto. _ l I S1NIBALDUS deinde Innocentius papa IV. m. 7 dìcemb. 1254. I RUBALDUS canonicus, deinde Praepositus Januensis Ecclesiae (Pasqua,car. 35). 1214, 8 marzo. Nei rogiti del notaio Lanfranco si ricordano: Rubaldus canonicus sancti Laurentii et Opizo fratres, piti ani. Ugònis de Flisco Comitis Lavaniae (Archiv. Not.). I I TED1SIUS. RUFFINUS CV. Tavola x\j Abbas sancti Fructuosi. 1212, 25 novembre: Ego Ruffmus abbas monasterii sancti Fructuosi de Capite montis . .. promitto eie. (Liber diversorum notariorum ami. 1211 in 27. Arch. Not.). UGO. (Pasqua, car. 35) I TED1SIUS. 1249. Altro degli otto nobili del Comune (Bart. Scriba). 1251. Consigliere del Comune (Jur. i, 1051). 1252, 21 agosto. In Giovanni Vegio: Nos Wilielmus Mallonus ctc. vendimus tibi Tedisio de Flisco, Corniti Lavaniae, quamdam turrim quae est Januae in Platealonga (Arch. Not.). 1262. Procuratore dei genovesi a comporre la pace col re Carlo d’Angiò (Jur. i, 1402, 1411). 1266. Ambasciatore allo stesso Re ed al Papa (Marin. de Marino etc.). TAVOLA X. (Seguito dalla Tav. IV) ~ I I ALBERTUS. OPIZO. 1211, 27 luglio. Obertus Bobiensis Episcopus constituit Meliorem archipraesbiterum plebis de Zavata-rello ... suum certum nuncium ... ad dandum terminum Alberto et Opizoni de Flisco ... et hominibus de Carpiniciono ... ut se repraesentent ante Consules Januae civium et foritanorum (Liber diversorum notariorum ann. 1211 in 27. Ardi. Noi.). I MATHEUS Sive MACIA naturalis (Pasqua, car. 35). Denestagia uxor. 1250, 15 marzo. Negli alti di Giovanni Vegio: Ego Gaialdus Judex iuro vobis domino Maciae de Flisco, Comiti Lavaniae, recipienti nomine dominae Benestagiae uxoris vestrae, veram et puram fidelitatem... Et ego praedictus Macia, nomine dictae uxoris meae, investio te dictum Gaialdum de feudo quod pater tuus tenebat ab heredibus qm. Paschalis de Turre et ab aliis dominis de Turre ... in valle Solexeti..., ad Furcam, ... in plano Coreliae, etc. (Arch. Not.). 4254, 11 maggio. Ne’ rogiti di Bartolomeo Fornari : Macia de Flisco Comes Lavaniae vendit... ternis de Surlana in territorio Sigestri (Arch. Not.). 1270. Prigione degli uomini di Gravago e d’altri piacentini (Anonymi, Cliron. Plac., ediz. 1859, pag. 279). JACOBUS. Bellavia uxor. 1244. Va a Civitavecchia, e ne leva segretamente il papa Innocenzo iv (Bart. Scriba.). 1248, 6 aprile e 26 agosto, ne’ rogiti di Parodino da Sestri. Acquista beni in Seslri e nella Costa di Lavagna (Arch. Not.). 1251. Consigliere del Comune (Jur. i, 1050). 1253, 6 ottobre. Negli atli di detto Parodino: Jacobus de Flisco, Comes Lavaniae, promittit Bunfredo de Sena quod faciet et curabit quod Opizo de Flisco pater dicti Jacobi concedet dicto Bunfredo ... facere fieri in territorio et terris stiis de Savignono facere laborari et fabricari miliarenses bonos et iustos (Arch. Not.). 1292, 13 dicembre. Domina Bellavia uxor qm.Domini Jacobi de Flisco,... et Per-cival de Flisco, locant domum. (Liber diversorum notariorum. Arch. Not.). I GIILLIELMIS. 1244. Da papa Innocenzo lv creato cardinale diacono del titolo di sani’ Eustachio. Indi legato apostolico nel Patrimonio di s. Pietro,a Bologna e nel Kcguo di Sicilia. 1256. .Muore in Koma, ed è quivi sepolto nella chiesa di san Lorenzo fuori le mura (Ciaccon., ii, 128;. I OPIC1NUS. 1255, 6 febbraio. In Giovanni Vegio : Ego Jacobus de Flisco Comes Lavaniae confiteor me habuisse, nomine Opicini fila mei canonici genuensis, marcas 98ster-lingorum (Arch. Not.). i PERCIVAL. 1292, 43 dicembre. (Vedi sopra). GU1LL1ELMUS Praepositus Januae. 1250, 24 aprile. Nei rogiti di Giovanni Vegio. (Vedi Tav. IX; § Conradus qm. Mussi). 1253, 21 dicembre. Per alto rogato da Parodino da Seslri , dominus Gnillielmus Praepositus Januae .... consignavit domino Jacobo de Flisco, nomine Opizonis patris suis, parecchi arredi preziosi di proprietà del papa Innocenzo iv (Arch. Not.). CONTI DI LAVAGNA RAMO DEI FIESCHT, OCTOBONUS deinde Hadrianus papa V. m. 16 agosto 1276. TEDISIUS DE FLISCO qm. Ugonis qm. lìullìni qm. Alberti qm. Rubaldi qm. Tcdisii qm. Ansaldi. Simona uxor. 1213. Negli atti di Tealdo da Sestri (Ab.). 1231. Ambasciatore alla Dieia imperiale (Bart, Scriba). 1248. Già morto. I l UGO leggista e giudice. , 1231, 21 luglio. Nei rogiti di Gio. Enrico della Porta: Ego Ugo de Flisco iudex vendo tibi Johanni Rubeo de Volta... introitus quos annuatim debent mihi homines... tenitores de meis terris et iu-ribus... in plebatu Lavaniae (Ar-cliiv. Not.). 1232. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 530). 1243. Arbitro fra i Signori di Co-gorno (Ab.). •1244. Va a Civitavecchia, e ne leva segretamente papa Innocenzo iv suo zio (Bart. Scriba). 4245. Ambasciatore al Concilio di • Lione (ibid.). 1247. Console dei Placiti. 1218, 4 aprile e 2 luglio, ne’ rogiti di Bartolomeo Fornari. Acquista poderi nel borgo di Chiavari, e nel luogo di San Salvatore (Arch. Not.). 4249. Ambasciatore a Fernando iii re di Castiglia (Bart. Scriba). 1254. Consigliere del Comune (Jur. i, 1050). 1254. 58. Legato dei genovesi a comporre le differenze coi pisani e coi veneti (ld. i, 1196, 4 198, 1271). 1270. Gli Spinola, i D’Oria, i Della Volta, ed altri cittadini di Genova, combattendo i Grimaldi ed i Fieschi, iverunt ad domum domini Jacobi de Fisc,o, ...et posito igne, per vim coeperunt ipsum et obedivit eorum praeceptis (Anonymi , Chron. Placent., ed. 1859, pag. 287). I ALBERTUS. 1232, 30 settembre. Testimonio ad un rogito del notaio Salomone (Arch. Noi.). 1244. Va a Civitavecchia, e ne leva segretamente papa Innocenzo iv (Bart. Scriba). 4248. Spedisce soccorsi a Parma, contro l’imperatore Federigo ii (Anonymi, Cliron. Parmense, ed. 4 858, pag. 20). » 4 febbraio. Negli atti di Parodino da Sestri: Albertus de Flisco, Comes de Lucania, dal in feudum Tignoso de Lagneto... et haeredibus suis terras, ..., salvo tamen quod filiae et descendentes dicti Tignosi... debeant maritari de consensu dicti Alberti vel haeredum suorum (Arch. Not.). 1250, 22 marzo. Nei rogiti di Giovanni Vegio-: Viro nobili domino Conrado Malaspina Albertus de Flisco, Comes Lavaniae, salutem et amorem. Nobilitatis Vestrae litteras recepi, quibus placebat Vobis permittere bestias meas pascere in Valle Trebiae et in aliis partibus vestris, si Vobis mandarem publicum instrumentum quod hoc vellem recipere a Vobis per gratiam et amorem, et non pro iure aliquo acquirendo. Unde praesens instrumentum Vestrae Nobilitati transmitto, etc. (Arch. Not.). 4254. Consigliere del Comune (Jur. i, 1050). 1270. Prigione degli uomini di Gra-vago e di altri piacentini (Anonymi, Chron. Placentinum, ed. 1859, pag. 279). 1273. Si ribella al Comune di Genova (Id., pag. 303). TAVOLA XI. (Seguito dalla Tav. X) MCOLOSIUS. 1248, 20 giugno. Nei rogiti di Giovanni Vegio: Nicolaus de Grimaldi s fatetur habuisse a Simona de Flisco, comitissa, uxore qm. 'fedisti de Flisco Comitis Lavaniae, nomi ne Nicolosii /ilii dictae Simonae..., pro dotibus Caracosae filiae dictae Simonae vxoris Bonifacii filii dicti Nicolai de Grimaldis libras 450 Januae, quas dictus qm. Tedisius pater dictae Caracosae ei legavit in suo testamento (Arch. Not ). ,1273. Si ribella al Comune di Genova (Anonymi, Chron. Plac., ed. 4859, pag. 303). 1276, 24 novembre. Vende al Comune di Genova terciam partem iurisdictionis Vezani, et villarum et locorum et plebium et omnium pertinentium ad dictum Vezanum et districtum Vezani; item in podio Vezani casamento dicti domini Nicolai, sive situm casamentorum eius; item castrum novum Vezani quod est in Cogomora quasi totum aedificatum super terram ipsius. Di più vende allo stesso Comune rara... quae quondam venerabilis pater dominus Octobonus, cum erat diaconus cardinalis, seu postquam promotus fuit ad apicem dignitatis papulis, habebat in Tivegna, Castiliono et Bracellis villis ..., et demum omnia et singula .., quae dictus quomlam venerabilis pater dominus Octobonus liabuit... infra hos confines , videlicet a Petracolice et Lagneto vsque Sarzanam, et a Goano et Fude-mucre (correggi Fuce Macrae) usque mare (Jur. i, 1440-41). FREDERICUS. (Pasqua, car. 35) l CARACOSA uxor Bonifacii de Grimaldis. 1248, 20 giugno. Negli atti di Giovanni Vegio (Arch. Not.). SIGNORI DI TERZI. TAVOLA XII. SELVERADUS. 1034. Riceve in locazione dal vescovo Landolfo i beni della chiesa di san Michele di Lavagna nella villa di Soggio, e la cappella di quest'ultimo luogo (Reg., pag.283). I FILII MASCULINI SELVERADI. I03i. Ricevono insieme col padre la detta locazione (Reg., pag. 283). ■* ALDEVRANDUS. IO... Avea beni e decime della Chiesa di Genova in Levaggi, Monteghirfi, Cicagna, Sanguineto, Rapallo, ecc. (Reg., pag. 285). I CONRADUS MERDEVENTEU DE VERZILI. 1059. Riceve dal vescovo Oberto la conferma dei suddetti beni e decime (loc. cit.). I OTTO. (Reg., pag. 286) I TEDISIUS. (Reg., pag. 286) GANDULPHUS sive Gandulphus de Lavagna. (Reg., pag. 286) 1059. Testimonio (Cartario, pag. 165). 1077. ld. alla donazione di un manso fatta dal Marchese Alberto al monastero di san Venerio di Tiro (Muratori, An-tich. Estensi, par. i, cap. xxv, p. 242; Cartario, p. 182). CONRADl'S DE VERZILI. nella pieve di Rapallo (Reg., pag. ■I059 (ld., pag. 286). 43). I I opizo strusiolus sive strusidus amedeus de verzili. vel de Castro Bernardi. 41... 11 vescovo Sigifredo ricupera la decima che Opizzo Strusiolo ed - i suoi consorti possedeano 4 432. L’arcivescovo Siro conferma ai suddetti Opizzo, Amedeo e Corrado il libello cnlìteutico del 1143. Gli stessi hanno parte nelle decime della pieve di Cicagna (ld., pag. 19). 1148. Opizzo e Corrado sono testimoni ad un libello enfitentico (ld., pag. 337). . 4454. L’arcivescovo Siro concede in enfiteusi a Folco di Pignolo, o Vignolo, le terre che i tre figli di Tedisio possedeano in consorzio con Enrico di Borzone a Rovereto ed in altri luoghi della \ alle di Lavagna (ld. pag. 88). I LANFRANCUS de lo Castello. 11... Paga pensione alla Chiesa di Genova (Reg., p. 266, 399). I RAINALDUS filius Lanfranci de lo Castello. 1159, Riceve dall’arcivescovo Siro la invest.tura di tre quarti delle decime di Berneggi, Vignale, Rumagli e Certenoli (Reg., pag. 399). I * I PETRUS DE SOLIO sive de Verzili. 44... Possiede beni della Chiesa a Soggio, Canevaie, ecc., in virtù del 4143. Pietro e Servidio partecipano nelle decime della pieve di Cicagna 1146. Lo» stesso Pietro riceve in locazione la decima di Monte Toscano 1153. 1 Consoli di Genova aggiudicano all’Arcivescovo i beni che Pietro buona in virtù di un libello conceduto ad Amedeo loro padre (Id., I SF.RVUSDEI de Verzili. libello consentito a Selverado (Reg., pag. 283). (Reg., pag. 49). (Reg., pag. 4 4, 348, 368). e Servidio teneano in Vcrzi e nella Fonlana-pag. 93). I GUIL1ELMUS DE VERZILI. 4 148. 1 Consoli aggiudicano al-I’Arcivescovo quella parte di decima della pieve di Cicagna che possedono il dello Guglielmo ed i figli di Vassallo di Verzi (Reg., pag. 93;. I VASSALLUS DE VERZILI. I FILII VASSALLI DE VERZa, (Reg., pag. 93;. I PRAESB1TER BARTII0L0MEUS de Plicamo (Reg. pag. 283). 4 4 46. Rappresenta il proprio padre nell’ allo di locazione della decima di Monte Toscano (ld., pag. 318). I ALINERIUS DE PLICANIO. 148.1 Consoli sentenziano di spettanza dell’Arcivescovo la parie che detto Alinerio possedè nelle decime della pieve di Cicagna (Reg., pag. 93). GU1LIELMUS DE PLICANIO. I FILII GUILIELMI DE PLICANIO. 4148. I Consoli attribuiscono all’Arcivescovo la parte che i detti figli di Guglielmo tengono nelle decime della pieve di Cicagna (Reg., pag. 93). I FILIA SERVIDEI uxor Johannis Bechi. (Vedi Tavola VIIJ. * ANSELMUS frater Guilielmi de Plicanio. 4 143. Ha parte nelle decime della pieve di Cicagna (Reg., pag. 4 9). SIGNORI DI PASSANO. santa Maria OBERTUS Ita uxor? 1002? Fondano la chiesa di di Passano. % 1IENRICUS DE TASSIANO. 1050. 1077. Testimonio (Cartario na.. '102, 4 82). ' * GUIDO DE PAXANO. (V. Tav. xtrj I RUSTICUS DE PASSIANO. 4 432. Dal Comune di Genova riceve in feudo il castello e la corte di Frascaro (Jur. i, 40). 4 440. Giura fedeltà allo stesso Comune (ld. i, 90). 1448. Fa pace coi Signori di Lagneto (ld. i, 4 4 0-4 4). I I F1LII RUSTICI DA PAXIANO. 14 48. Fermano la pace coi Signori di Nasci e di Lagneto (Jur. i, 109). I CORVETUS lìlius qm. lUistici de Paxano. 4187.Ricordato nel giuramento di fedeltà prestato dai suoi consanguinei al Comune di Genova (Jur. i, 201). 1163. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano (Cliartar. il, 874). 4 471. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Frascarino, e gli giura fedeltà (Jur. i, 262-63). I filii ItOLANDI DE PAXANO. 1139. Ricevono in donazione sei tavole di terreno nella Domocolta di Genova (Jur. j, 60). 4148. Fanno pace coi Signori di Nasci e di Lagneto (Id. i, 109). I ALINERIUS DE CASTRO PASSIANO. 1094. Testimonio (Cartario, pag. 197). 1145. Ferma la pace coi Signori di Lagneto (Jur. i, 110-41). 1147. Sua casa nell’ isola di Sestri rammentata in un lodo consolare (Reg., pag. 79). I RJC1US lìlius Alinerii de Paxano. 1157. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 201). 1171. Gli rimelte le castella di Frascaro e Frascarino, e di bel nuovo gli giura fedeltà (Id. i, 262-63). I ALINERIUS filius Ricii de Paxano. 1157. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 201). 1163. Costituisce procuratore Oltone Giudice di Milano (Cliartar. n, 874). 1464. Confessa un suo debito (Id. ii, 928). 1181. Ricordato ne’ rogiti del notaio Calligepalii (Ab.). 1218. ld. in quelli di Tealdo da Seslri (Ibid.). 1229. 30. Palleggia cogli uomini di Castelnuovo, Passano, Carrodano, Malarana e Levante (Jur. i, 864. .74. 76). A> DREAS filius Alinerii de Paxano. 1229.30. Patteggia come sopra. 1237, 13 febbraio. Pronuncia una sentenza registrata negli atti di Giovanni Vegio (Arch. Noi.). 11)0 filius qm. Corvi. 1216, 13 settembre. Ne’ rogiti del notaio Lanfranco: Ido ile Paxano filius qm. Corvi investivit nomine recti feudi Bonum usum de Levanto... tertiae partis totius possessionis quam qm. Airaldus pater didi Boni usi possidebat in territorio Levanti (Arch. Not.). i ALBERTUS PROVINCIALIS filius qm. Corvi. 1229. 30. Patteggia cogli uomini di Castelnuovo, Passano, Carrodano , Matarana e Levanto (Jur. i, 864, 74, 76). 1237, 13 febbraio. Unitamente ad Andrea di Alinerio, suo nipote, pronuncia una sentenza registrata negli atti di Giovanni Vegio (Arch. Not.). GUII.LIELMUS filius Alberti Provincialis. 1229-30. Patteggia come sopra. TAVOLA XIII. ----I I10LANDUS DE PASSIAMO. 132. Infeudalo del casti Ilo c della corte di Frascaro (Jur. i, 40). i TEDISH'S DE PASSIANO. 1145. Fa pace coi Signori di Lapnelo (Jur. i, 110-11). HOi. Dona ad Òberlino, suo figlio emancipato, tulli i diritti che ha sul feudo dell’Abate di Mezzano, quoti (feudum) aias incus (egli dice) habere consueverat (Chartar. u, 938). OBERTINUS. 1164. Riceve la donazione summenlovala. 1171. Già morto. i ROLLANDINt'S filius qm. Oberti de Paxano. 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Frasca-rino, e gli giura fedeltà (Jur. i, 262-63). 1181. 83. Ne’ rogiti del notaio Calligepalii (Ab.). 1223. ld. in quelli d’Jacopo Tarabdrlo (lbid.). -*• ORDOLAFUS. 1163. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano (Chartar. n, 874). 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Fra-scarino; e gli giura fedeltà (Jur. i, 2G2, 263). * ALINERIUS. 1157. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 201). I GUIDO I SALADINUS qm. qm. Oraolafi. Ordolali. 1225. Negli alti del notaio Pietro Ruffo (Ab.). STULTUS. 1157. Ricordalo nel giuramento di fedeltà prestato da alcuni suoi consanguinei al Comune (Jur. i, 201). 1163. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano (Chartar. il, 874). 1164. Testimonio (Id. li, 938). 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Frasca-rino, e gli giura fedeltà (Jur. i, 262, 263). I • RUBÀLDUS filius Stulti. 1171. Rimette le castella e giura come sopra (lbid.). * DELFINUS. 1163. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano ( Chartar. il, 874). 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro c Frascar.no; e gli giura fedeltà (Jur. i, 262, 263). 1181. 83. Ne’ rogiti del notaio Calligepalii (Ab.). I I OBERTUS filius Dalfini. 1212. Privilegiato di immunità dal Comune (Jur.ì, 562). 1215. Ne’ rogiti di Tealdo da Sestri (,16.). i RUBÀLDUS de Dallìno de Paxano. 1236, 5 febbraio. Negli alti di liuon-vassallo di Cassimi fAr-cliiv. Not.). SIGNORI DI PASSANO. TAVOLA XIV. (Seguito dalla Tav. XIII) I WILIELMUS filius Rubaldi de Passiano. 11 i3. Sua moglie, figlia di AiiOso di Sal'no , ha parte n.Ue decime della pieve di Castiglione , le quali ebbe in dote dal padre (Reg., pag. 22). I ARDOINUS filius Rollaudi qm. Oberti. 1203, 15 settembre. Ne’ rogiti di Guglielmo Cassinense: Ardvinus filius Rotandi de Paxano adit Oberto Mallono iura quae habet contra Gerardum Angclerium, Comitem Lavaniae, occasione librarum centum antefatti quas Confissa filia qm. Martini de Guastavino (’) uxor dicti Ardami ei donavit (Arch. Not.). 1229. 30. Palleggia come sopra. (*) Dei Signori di Nasci (Vedi Tav. XVI). RUBALDUS filius Guidonis de Paxano. I Ili. Giura fedeltà al Comune per le castella di Rivarolo e di l’ra-scaro (Jur. i, 91). 1 Ho. Fa pace coi Signori di Lagneto (Id. i, 110-11). 4157. Giura nuovamente fedeltà al Comune (ld. i, 201). I ROLLANDUS filius Ribaldi de Paxano frater Oberti. 1137. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 201). Il03. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano (Cliartar. n, 874). 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Frascarino, giurandogli nuovamente fedeltà (Jur. i, 202-63). guido de paxano qm. Ilenrici qm. Oberli? (Jur. i, 00, 91) i LANCEA filius Rollandi qm. Oberti. 4 229.30. Patteggia come sopra. 1241, 18 giugno. Ne’ rogiti del notaio Saio-mone : Ego Jacobus Mussus facio finem vobis Lanceae filio qm. Rolandi de Passano et Rolandino filio qm. Loreti de Passano , recipientibus pro vobis et pro fratribus vestris, excepto pro Arduino filio qm. Rolandi, de omni eo et toto etc. (Ar-chiv. Not.). I FILII GUIDONIS DE PAXANO. 1139. 1 Consoli di Genova donano loro sci tavole di terreno nella Domocolla (Jur. i, 60). I OBERTUS fratrer Strambi et Rollandi. 1144. Giura fedeltà al Comune (Jur. ì, 90). 1145. Ferma la pace coi Signori di Lagneto, e giura l’abitacolo di Genova (ld. i, 110-11). 1157. Ricordato nel giuramento di suo fratello Strambo (ld. i, 201). 1171. Rimette al Comune le castella di Frascaro e Frascarino, ecc. (Id. i, 262, 263). I ROLLANDUS filius qm. Oberti de Paxano. 1229. 30. Patteggia cogli uomini di Caslel-nuovo, Passano, Carrodano, Matarana e Levanto (Jur. i, 864, 74, 76). I LORUS sive Loretus. filius Rollandi qm. Oberti. 1229. 30 Patteggia come sopra. 1241. Già morto. I 1 ROLAND1NUS filius qm. Loreti. 1241, 18 giugno. Nei rogiti del notaio Salomone (Arch. Not.). I CONBADINUS qm. Lauri de Paxano. 1247. Procuratore dei suoi consanguinei, patteggia cogli uomini di Levanto (Jur. i, 1028). STRAMBUS sive Strabonus. 1143. Partecipa nella decima della pieve di Lavagna (Reg, pag. 18). 1144. 57. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. i, 90, 201)., 1145. Giura la pace coi Signori di Lagneto, e l’abitacolo di Genova (ld. ì, 110-11). 1163. Costituisce procuratore Ottone Giudice di Milano (Cliartar. n, 874). I MASCAIONUS vel Montanarius. filius Rollandi qm. Oberti. •1229. 30. Palleggia come sopra. SIGNORI DI LAGNETO. GANDULPHUS DE LAGNETO. 1143. Ila parte nelle decime della pieve di Seslri a levante (Reg., pag. 48). I I 0GLER1US DE LAGNETO. 4145. Giura la pace coi Signori di Passano e di Nasci ; la Compagna e I’ a-bitacolo di Genova (Jur. i, 109). I GANDULPHUS SÌVe GANDULPHINUS DE LAGNETO. 1456. Giura fedeltà al Comune (Jur. i, 4 92). 4472. Alleato di Genova contro i Malaspina (Id. i, 272). G1RARDUS (Jur. i, 550). - I UGO DE LAGNETO. Giura fedeltà al Comune di Genova. (Jur. i, 492). I ALBERTUS. 1143. Ila parte nelle decime delle pievi di Vara, Moneglia e Castiglione (Reg., pag. 18, 19, 22). 1145. Giura la pace come suo padre (Jur. i, 109). I I ’ l GIRARDUS FRATER filius Alberti Girardi. di Lagneto. 1214. Stipulano l i pace con Genova (Jur. i, 570, 572). GU1RARDINUS filius qm. Guirar-di de Lagneto lìlii qm. Alberti de Lagneto. 1262, 18 aprile. Nei rogiti di Tealdo da Seslri (Archiv. Noi.). I RUFUS. I I lo. Fa lo stesso giuramento di suo padre (Jur. i, 109). I OGERINUS. (Jur. i, 550). I UENRICUS. (ibid.) I TEDISIUS. 4143. Ha parte nelle decime delle pievi di Vara e Castiglione (Reg., pag. 18, 22). 4 472. Alleato di Genova contro i Malaspina (Jur. i, 272). I l ALBERTINUS TRES FRATRES Tedixii. AL1IERTINI TEDIXII. (Jur. i, 550) (Jur. i, 550) TAVOLA XV. I MERLO DE LAGNETO. 1145. I Signori di Passano pro-mellonodi mantenere la pace con lui (Jur. i, 110-11). I GL'lLLIELMl'S DE LAGNETO. 1143. Ila parte nelle decime della pieve di Sestri (Reg., pag. 18). 1145. Giura la pace coi Signori di Passano e di Nasci; l’abitacolo e la Compagna di Genova (Jur. i, 109). I . ABMANNUS DE LAGNETO. (Jur. I, 405) I Gl'ASTAPANIS. 1145. Giura come suo padre ; e dai Signori di Passano riceve promessa di serbar la pace con lui (Jur. i, 109, 110-11). I CALVUS frater Guastapanis. 1145. Fa lo stesso giuramento e riceve la promessa medesima di Guaslapane (Jur. i, 109,110, 111). I Gl'lLLIELMUS DE LAGNETO filius qm. Armanni de Lagneto. 1201. Stringe alleanza col Comune di Genova (Jur. i, 465). I ALBERTUS 1224, l.° agosto. Negli atti di Federigo da Sestri: Albertus de Lagneto qm. Armanni, nomme suo et nomine Beltra-mis fratris sui e-viit 'terram (Arch. Noi.). I DELTRAMES 1252, 27 aprile. Ne’ rogiti di Bartolomeo Fornari: Per-cival Aurine donnt Ber-tramo de Lagneto domos cum vacueto, quae sunt in contrata Susiliae (Ar-cliiv. Noi.). I254, 13 maggio. Negli atti dello stesso: Joliannina /ilia qm. Bartolomei Por-celli, et nunc v.ror Bel-trami de Lagneto (Ardi. Noi. ). I RAINERIUS frater Armanni. (Jur. i, 550) Druda uxor. 1172. Alleato di Genova contro i Malaspina (Jur. i, 272.. 1191. Già morto. 1226, 4 marzo. Nei rogiti Federigo da Seslri: Domus doni irne Drudae uxoris qm. Rainerii de Lagneto (Arch. Not.). I ODDO sive Oddolinus filius qm. Rainerii de Lagnelo. 1191, 30 settembre. Nei rogiti di Guglielmo Cassinense (Arch. Not.). 1224. Già morto. I DALDUINUS. 1224, 1.” novembre. Nei rogiti di Federigo da Sestri: Bal-duinus de Lagneto filius qm. Oddonis de Lagneto dat in alodium... petiam unum terrae... Promittit facere firmare dictam (scripturam)... a Rainerio, Muro et Armanno fratribus suis (Arch. Noi.). I RAINERIUS. Vulpis uxor. 1224. Nei rogiti di Federigo da Sestri (Ab.). 1240, 45 febbraio. Negli alti di Gio. Enrico della Porla: Ego Franci-scus Comes de Bardi vendo tibi Vulpi uxori Rainerii de Lagnelo terram... in Albario (Ardi. Not.). 1247, 3 luglio. In notaio Lanfranco od altri: Ruynerius de Lagneto constituit procuratorem ... ini exigendum a Communi Januae pecunias sibi debitas d?paga sua. occasione... custodiae castri La-gneti (lbid.). I i MUXUS. ARMANNUS. 1224. Nei rogiti di Federigo da Sestri (Archiv. Not.). SIGNORI DI NASCI. CONRADUS. 1012. llicevc in locazione dal vescovo Giovanni i beni della Chiesa in Vinelli, Sestri, ecc. (Reg., pag. 29-4). TAVOLA XVI. I GUINENGU1S1US sive Guininguisius de Nasci. ( Jur. i, 109) I05-4. Riceve in locazione dal vescovo Oberto i beni della Chiesa in Nasci, Statale, ecc. (Reg., pag. 295). Gl'IDO DE NASCI sive de Serra. 11 -i3. Ila parte nelle decime della pieve di Moneglia (Reg., pag. 18). Ilio. Giura la Compagna del Comune e 1’ abitacolo della città di Genova, nonché la pace coi Signori di Lagneto (Jur. i, 110-11). i i noMODEUS BONUS JOHANNES tilius qm. Guidonis. filius qm. Guidonis. 1118. Dall’ arcivescovo Siro sono investiti delle decime di Rumaggi e di Bembeggi (Reg., pag. 323. I AL1NERIUS DE NASCI. 1145. Fa lo stesso giuramento di Guido (Jur. i, 110-11). I OBERTUS DE NASCI sive Obertus Castagna. 1145. Giura come i suoi fratelli (Jur. i, 110-11). 1156. Giura fedeltà al Comune, che lo riceve in protezione (Jur. i, 191-93). I HENRICUS RUSSUS sive Rubeus de Cucurno. 1160. Testimonio — Ha dei diritti sopra una terra in Maggiolo; metà della quale è venduta da Corrado di Cogorno c da Maulovrea (Charter. il, 688, 712). 1164. Col fratello Maulovrea compra alcune terre nel luogo di Strada (Id. il, 929). BALDUINUS. Juleta uxor. 1213, 17 aprile. Nos Enricus Rubeus ile Cucurno et Balduinus, pater et filius, confitemur habuisse ... libras octuaginta ... pro dote Juletae (filiae Opizonis de Castello) nu-“* rus mei Enrici et uxoris mei Baldi, ini (Liber diversorum notariorum ann. Ì211 m 27. Arch. Not.). I GUASTA VINUS. 1143. Ila parte nelle decime delle pievi di Moneglia e Castiglione (Reg., pag. 18, 22). 11-45. Giura fedeltà al Comune4di Genova (Jur. i, 103). 1156. Si sottomette alla giurisdizione del medesimo (Id. I, 191). I MARTINUS. I CONTISSA filia qm. Martini de Guastavino uxor Ardoini filii Rollandi da Paxano. 1203, 15 settembre. Nei rogiti di Guglielmo Cassinense (Vcd. Tav. ix, § gerardus ange-lerius e Tav. xiv, § arduinls). HUGO DE NASCI. I RUBALDUS sive RUBALDINUS nepos Guidonis de Nasci. 1143. Ha parte nelle decime della pieve di Moneglia; e terre della Chiesa di Genova nella Curia di San Quirico(/tefif.,pag.18,382). 1145. Giura la Compagna e l’abitacolo di Genova; e la pace coi Signori di Lagneto (Jur. i, 110-11). I FILII HUGON1S UE NASCI. 1151. Hanno terre della Chiesa nella Curia di San Qui-rico; le quali sono aggiudicate all’Arcivescovo (Reg., pag. 89). Gl'ILIA DE NASCI. 11... Ila beni della Chiesa di Genova, alla quale paga pensione (Reg., pag. 55). I CAPUT VIDEI. 11i3. Ila parte nelle decime delle pievi di Moneglia e Castiglione (Reg., pag. 18. 22). 1145. Giura fedeltà al Comune di Genova (Jur. 1, 103). 1151. Ila terre nella Curia di San Quirico; le quali sono aggiudicate all’Arcivescovo (Reg., pag. 89). 1161. Già morto (Cliartar. n, 790). I I GIRARDUS ' filius Capitis Videi. 1156. Si sotto-inette alla giurisdizione del Comune di Genova (Jur. i, 192). I ermelina filia qm. Capitis Videi. Il64. Vende una terra in Sestri (Cliartar. n, 922). I MALOVER sive Guilielmus Maulovrea de Cugurno. 1156. Giura fedeltà al Comune di Genova, dal quale è preso in protezione (Jur. i. 191-93). 1157. Giura la Compagna ed il Consolalo di Lavagna (ld. ì, 195). 1159. Manomette la propria serva Alvarda (Churtur. n, 577). 1160. Testimonio — Insieme a Corrado di Cogorno vende la metà di una ti rra sita in Maggiolo (ld. li, 688, 712). 1164. Insimic ad Enrico suo fratello compra torre nel luogo di Strada (ld. li, 929). 1167. Ricordalo nella sentenza d’arbitramene dei Consoli di Genova, colla quale si determina il pedaggio che i mercanti lucchesi dovranno pagare ai Signori di Cogorno e loro consoni (Arch. Gov.; Materie politiche, mazzo i). 1172. Unitamente ai proprii figli id alla moglie di suo n potè è condannato a rifondere i danni arrecali al casato dei IMetti, per una terra ili Lavagna e per altra detta Filorana o Fio-rana (Reg., pag. 384; Jur. i, 103; Cliartar. n, 1037). 1173. In lega eoi marchesi Malaspina, e ribelle di Genova (Jur. i, 281 ). I FILII W1L1ELMI MAULOVREAE DE CUGORNO. 1173. In lega coi Malaspina, e ribelli di Genova (Jur. i, 281). SIGNORI DI SALINO. i ANFOSSUS DE SALINO. 1143. Partecipa nelle decime delle pievi di Vara e di Castiglione {Reg., pag. 18, 22). I FILIA ANFOSSI DE SALINO. Sposò Guglielmo figlio di Rubaldo di Passano; ed ebbe in dote dal padre la parte clic questi aveva nelle decime della pieve di Castiglione {Reg., pag. 22; c Tav. XIV, § wilielmus). I nUBALDUS DF. SALINO. ■I43. Ha parte nelle decime delle pievi di Vara e Castiglione (Reg., pag. 18. 22). OPIZO DE SALINO. 4145. Giura fedeltà al Comune pel castello di Sestri (Jur. i, ,|03) _*__ i " ~ MALUSFILIASTEB sive Bonus Johannes Malusfiliaster de Salino. 1143. Ha parte nelle decime della pieve di Vara (Reg., pag. 18). TAVOLA XVII. I • I VETULUS DE SALINO FRATRES SiVC VETULI DE SALINO. Petrus Vcgius. 1143. Partecipino nelle decime della 1143. Ha parte nelle decime della pieve di Vara pieve di Vara {Ileg., pag. 18). (Reg., pag. 18;. 1156. Giura fedeltà al Comune di Genova, che 10 assume in protezione [Jur. i, 191-93). 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (ld. i, 195). 1.176. Per sentenza dei Consoli di Genova, è aggiudicata all’ Arcivescovo quella parte onde 11 detto Pietro fruiva nelle decime delle pievi di Vara, Sestri, Moneglia e Castiglione (Reg., pag. 109). SIGNORI DI VEZZANO. BERENGARIUS DE VEZANO. 1059. Testimonio (Cartario, pag. I65i _ I GR1MALDUS DE VEZANO. 1139. Vende al Comune di Genova la metà del territorio di Portovenere (Jur. i, 62). __i__ I I CtllSCABDt’S. BERENGARIUS. 1139. Concorrono alla suddetta vendita (loc. cit.). i i CAZAGUERRA robertus. filius qm. Cononis de Vezano. Sibilia uxor. 1146. I Consoli di Genova aggiudicano all’Arcivescovo le terre che il detto Cacciagucrra possedeva per parte della propria moglie in Benestai (Reg., pag. 94). 1147. Nos Cazaguerra et Robertus, et Lambertus, et Capherius per muni Januae ... totum quoti Colia de Vezano liubuit in insula quinque quas in nobis retinemus (Jur. i, 129). 1156. Il detto Cacciaguerra giura fedeltà allo stesso Comune, dal quale è ricevuto in protezione (Jur. i, 191-93). 1157. Giura la Compagna ed il Consolato di Lavagna (Id. i, 195). 1158. Vende una terra di sua moglie Sibilia, posta in Cogorno (Chartar. li, 497). 1160. Commette a Lamberto Usodimare ed altri 1’ amministrazione dell’ eredità lasciata da suo fratello Lamberto in favore del figlio Coneta (Id. il, 688). 1165. 1 Consoli lo dichiarano decaduto da ogni diritto sugli uomini di Massasco (Reg., pag. TAVOLA XVIII. I CONO DE VEZANO. 1096. Forse lo slesso clic Cono, altro de’ testimoni intervenuti all’atto con cui liulialdo, Pagano e Gi-rardo di Lavagna rinunciano al monastero di san Colombano di Bobbio ogni loro ragione sulla chiesa di sant’ Eufemiano di Graveglia (Cliartar. i, 719). 4 146. Già morto (Reg., pag. 9i). i LAMBERTl'S. I CAPIIER1US. I FRATRES antedietorum. nos et fratres nostros Sigestri, excepta sex 1156. Il detto Lamberto giura fedeltà alComune,dalquale è ricevuto in protezione ( Jur. i, 191-93). I CONETA 1160. Orfano del padre , e minorenne (Cliartar. ir, 688). nominative vendimus Co-ta porcione et domibus l MATILDA filia CononedeVezano. 1143. Partecipa nelle decime della pieve di Castiglione [Reg., pag. 22). I IGOLINUS de donna Matelda. 1203. È in lite col Vescovo di Luni (Muratori, Antich. Estensi, par. i, cap. xix, pag. 182). I I * maria moglie del marchese Ob.zzo Malaspina fLiTTA, Funi, ila-laspina, tav. i). GUIDO DE VEZANO filius qm. Ugolini. GUILIELHUS frater Guidonis de Vezano. 1277, 5 novembre. Vendono al Comune di Genova quartam partem et dimidiam quintae partis unius quintae partis et sextam partem alterius quintae partis totius segnoriae castri Vezani (Jur. i, 1160). VISCONTI E LORO CONSORTI o SIGNORI INTERNI VISCONTI. YDO VICECOMES. 952. Vinea quae tenet Ydo Vìcecomes, fuori le mura ili Genova, presso la basilica di san Siro (Atti, 1, 280). OBERTUS VICECOMES de civitate Genoa. Ramo di Carmandino (Vedi Tavola, XX) TAVOLA XIX. MIGESIUS. Ramo delle Isole ( Vedi Tavola XXVII) * OBERTUS DE MANECIANO. Ilamo di Manesseno ( Vedi Tavola XXIX) VISCONTI RAMO DI CARMANDINO, OBERTUS VICECOMES de civitate Genoa qui. Ydonis. l enza uxor (Cartario, pag. 101). 978. Acquista beni nel territorio di Yicomolonia , luogo detto Gampora, in quel di Tortona; confinanti da due lati cogli immobili che già vi possedè (Cattarlo, pag. 22). 1003. 12. 14. 18. 19. Terra de heredes qm. Oberti Vice comitis, in Bisagno ( ld., pag. CO, 86, 108, 112). ____ ! ! . I W1DO vel INDO INGELFREDUS VICECOMITIS. qm. Oberti Vicecomitis 1001. Testimonio (Cartario, pag. 59). Gilberga uxor. 980. Fonda la chiesa di Nostra Signora delle Vigne (lllustrazpag. 313). 1020. Insieme alla moglie Gilberga, dona al monastero di santo Stefano alcuni beni siti nel luogo di san Martino. — L’ istrumento dicesi actum infra castro Carmadino (Cartario, pag. 116). 10-6. Vende allo stesso monastero un pastino nel Prato di san Martino. — Actum castro Carmandimtm (Cliartar. i, 450; Cartario, pag. 132). Il I I I DODO. OBERTUS. GANDULPHUS WILIELMUS ALBERTUS. sive Gandulphus de Ripa. clericus. 1020. Concorrono coi propri genitori alla donazione fatta al monastero di santo Stefano (Cartario, pag. 116). (Vedi Tavola xxii). 1026. Concorre alla ven- dita di un pastino, fatta da suo padre (Cliartar. i, 450; Cartario, pag. 132). TAVOLA XX. {Seguito dalla Tav. XIX) I OBERTUS VICECOMES filius Oberti Viccomitis. 4039. Assiste ad un piacilo tenuto in Genova dal Marchese Alberto (Chartar. i, 527; Cartario, pag. 154). 1060? Già livellario della Chiesa per ccrli beni nella Valle di Bavari, poscia rinunciati al vescovo Giovanni (Reg., ^ag. 165, 495). I ANNA filia qm. Oberti Vicomes. '1018. Le 6 rilasciata metà dei beni che i genitori di lei posse-dono nel Comitato di Genova e nella Valle di Lavagna (Cartario, pag. 101). %- WILIELMUS VICECOMES I GANDULPHUS VICECOMES filius qm. Wiliclmi. ( Vedi Tavola XXI) I * DENZO INGO, seu Berizo. ( redi Tavola XXIV) 1026. Concorre alla vendita del pastino fatta da suo padre (Chartar. i, 450; Cartario, pag. 132). VISCONTI RAMO DI CARMANDINO. MERLUS qm. Gandulphi. 1104, luglio. Contendo fuit inter dominum Johannem abbatem sancii Fructuosi et filios Gandulfi Rustico de Erizo, et alio Guidone Spinula, et Idone de Carmandino. Qui... laudaverunt praedictos San Fruttuoso, car. 8 redo). 1143. Vassallo dell’Arcivescovo (Reg., pag. 2S). M io. Testimonio (Id., pag. 355). 1149. Gli ò riconosciuto il diritto di condur 1’ acqua ad un molino in bisagno (ld., pag. 3641. _' I l MERLUS DE PALAZOLO sive Merlo Vicecomes consanguineus Ottoboni Vicccomitis. (Reg., pag. 339) 143. Partecipa nelle decime della pieve di Sori e della cappella di san Damiano di Struppa; ed è vassallo dell’Arcivescovo (Reg., pag. 16, 20, 24). I57. Giura le convenzioni col Re di Sicilia (Atti, i, 298). I ALBERTUS VICECOMES de Palazolo. 1143. Partecipa nelle decime della pieve di Sori, ed in quelle di san Damiano di Struppa,,Traso soprano, Serreto, Feleto e Ce-vasco; ed fe vassallo dell’Arcivescovo (Reg., pag. 16, 19, 20, 24, 31). 1144. Testimonio (Id., pag. 116). 1158. Già morto (Chartar. / /T 1 _ 1 f - T T ^ „ .1 I I I I ! Tap I ì m nniA ( I. 1164. Gandolfo Usodimare è ucciso nelle discordie civili (Cancelliere). 1162. Testimonio (Chartar. il, 815). 1164. Ricordato nell’atto di liquidazione della societii commerciale fra Ualdizzone Usodimare ed Oberto Lucense (Id. il, 970). VISCONTI RAMO DELLE ISOLE. TAVOLA XXVII. (Seguito dalla Tav. XIX) MIGESIUS i|iii. Ydonis Vicecomitis. 1003. <14. 19. 29. Terra de eredes qm. ... Miesi in Bisagno (Cartario, pag. 60, 92, 112, 141). I I INGO filius qm. Miesi. Richilda filia qm. Arnaldi uxor. 1019. I detti Coniugi donano al monastero di santo Stefano una terra nel luogo di San Martino fuori le mura di Genova. — L’istrumento dicesi actum in loco Isolae (Cartario, pag. 114). 1026. Testimonio (ld., pag. 132). I I ARNALDUS. ALRICUS. 1019. Prestano consenso alla propria madre nell’atto di donazione sovra citato (Cartario, pag. 114). 1086. Terra... de eredes qm. Ingonis, nel luogo di Struppa (Id., pag. 190). I ERIBERTUS subdiaconus de Ordine Sanctae Januensis Ecclesiae filius qm. Miesi. 1014. Dona al monastero di santo Stefano la dodicesima parte di una terra nel Prato di San Martino (Cartario, pag. 90). 1018. Dona allo stesso una terra con vigna, presso la porta soprana in contiguità del muro di Genova.—Actum in loco ubi Insula dicitur (ld., pag. 106). I OBERTUS • filius qm. Miexi. Anna filia qm. Eboni uxor. 1019. I coniugi sopra detti fanno liberalità al monastero di santo Stefano di una terra con case nel luogo di San Martino. — Actum Insolae (Cartario, pag. 110; Cliartar. i, 426). i “ ’ i wilielmus ebo. filius qm. Oberti. 1019. Concorrono alla donazione fatta dai loro genitori (Cartario, pag. 110; Cliartar. i, 426). 1044. Interviene al placito tenuto dai marchesi Alberto ed Azzo 1071 .Terra Eboni, nella Valle di Rapallo (Atti, i, 323). in Camerli (Car- -#■ tario, pag. 1/9). OGLERIUS VICECOMES. 1034. Testimonio (Cartario, pag. 143). 1044. Interviene al placito sovra citato (Atti, i, 323). * OGLERIUS filius qm. item Oglerii. Berlenda filia qm. Amalberti uxor. 1071. Donano al monastero di san Siro parecchi beni, eia cappella di san Michele in Calosso (Cartario, pag. 178; Cliartar. ì, 628). BENZO. 1071. Concorre alla precitata donazione (Ibid.). OGLERIUS DE INSULIS. ( Vedi Tavola XXVIII) VISCONTI RAMO DELLE ISOLE. I OBERTUS DE INSULA. 14 43. I filii Oglerii de Insula Cesino, Langasco ; e sono I 143. 45. 64. Testimonio (Jur. i, 84; Reg., pag. 393; Cliartar. il, 981). 1153. Domus filiorum quon 1156. 57. Vende beni di sua proprietà nella pieve di Bargagli e nella regione di Fassolo (Cliartar. u, 365, 409). 1161. Contrae società di commercio (Id. il, 784). 1163 circa. Rinunzia le decime all’ Arcivescovo (Reg., pag. 29). I WILIELMUS OBEHTI DE INSULA. 1163 circa. Rinunzia la decima all’ Arcivescovo (Reg., pag. 29). 1163. Testimonio (Cliartar. u, 983). F " I OGLERONUS OGERIUS. sive Oionus. 1160. 63. Testimonio (Cliartar. ii, 688; Reg., pag. 346). 1171. Pari della Curia Arcivescovile (Reg., pag. 349). 1176. 78. Console dei Placiti. 1197. Ogleronus de Insulis et Ogerius et Jacomus filii qm. Oliverii phani de Porta mediam fitam quam videntur habere... in molen (Atti, i, 401). I OLIVERIUS. TAVOLA XXVIII. (Seguito dalla Tav. XXVII) OGLERIUS DE INSULIS qm. Benzonis qm. Oglcrii qm. item Oglcrii qm. Wilielmi qm. Oberti qm. Migcsii qm. Ydonis? 1123. Testimonio (Reg., pag. 58). 1139. Paga tcrratico all’Arcivescovo (Ab.). 1143 Vassallo dello stesso (Reg., pag. 31). 1155. Già morto (Cliartar. li, 288). I FILII 0GLEHII DE INSULA. partecipano nelle decime di Nozarego, San Cipriano, vassalli dell’Arcivescovo (Reg., pag. 17, 22, 23, 25). dam Oglerii de Insola (Chartar. ii, 288). i OTIIO. 1156. 58. Testimonio (Chartar. lì, 354, 537). I JAC0MUS. de Insulis... vendunt domino abati Guidoni monasterii sancti Stedino inferiori de Insola, posito superius a ponte lapideo de Bisamni VISCONTI RAMO DI MANESSENO SPINOLA. MEDICI. OBERTUS SPINULA. Sibilia Ingonis de Volta uxor. GUIDO Guidonis Spinulae, vassalli dell’Arcivescovo; al 1143. 1 figli di Guido Spinola si annoverano Ira i va le decime (Reg., pag. 25, 28, 31). ■1143.45. Testimonio (Jur. i, 84; Reg., pag. 355). 1144. Console dei Placiti. 1149. 54. 57. 61. 63. 67. 72. 88. Console del Comune. 1156. Dona l’antefatto a sua moglie (Cliartar., n, 351). 1157. 58. 60. 61. Contrae società di commercio (ld. li, 396, 418, 519, 612, 667, 727). 1158. Ego Richelda Albertoni Ricii promitto tibi Oberto Spinulae, existenti pro Alda consanguinea tua, quod... ego remittam ei... possessionem de . domo eius, etc. (ld. ii, 464). » Ambasciatore a Federigo Barbarossa (Caffap.o). 1160. Id. a Lupo re di Spagna (Ibid.). » Riceve una donazione da Alda qm. Amico Peli— pario (Cliartar. ii, 636). 1161. Obertus Spinola locavit... partem suam introitus ripae et portae et macellorum et grani... pro libris sex, quas... conductores inde sibi annua-tim promiserunt, nisi imperator interim stratas vetaret (Cliartar. ii, 728). » Contrae un mutuo pel Comune (Id. ii, 796). 1162. È di bel nuovo spedito al Barbarossa (Caffaiìo). i Paga un decennio delle pensioni che deve all’ Arcivescovo per le sue case (Reg., pag. 32). 1163. Castanetum Oberti Spinulae, in Coronata (Cliartar. n, 871). 1164. Assume sopra di sè un debito contratto dal qm. Ansaldo suo fratello (Id. ii, 934-35). 1173. Consigliere del Comune (Jur. i, 278). 1174. Giura la pace fra Genova ed i marchesi Malaspina (ld. i, 292). 1188. Insieme ad Oberto Grimaldi fonda la chiesa di san Luca (Atti, i, 386). 1157. 60. Testimonio (Cliartar. ii, 400, 402, 614). I CONRADINA moglie di Oberto Grimaldi (Vedi Tavola XLVI). TAVOLA XXIX. ANSALDUS SPINULA. quale poscia rinunziano M50. 56. 61. Testimonio (Jur. i, '148; Chartar. il, 347, 728). 1158. Contrae società di commercio ( Chartar. ii, 495). 4 460. Riceve una donazione da Alda del qm. Amico Pelipario (ld., li, 636). 1164. Ejo Obertus Spinula do... potestatem ... requirendi ...de rebus quae fuerunt qm. fratris mei Ansa/di, etc. (Id. ii, 937). (,Seguito dalla Tav. XIX) OBERTUS DE MANECIANO qm. Ydonis Vicecomitis. 980. Fonda la chiesa di Nostra Donna delle Vigne (lUustraz., pag. 313). BELUS DE VICECOMITE ? (Cybo-Recco, car. 15 verso) I GUIDO VICECOMES sive Guido Spinula. 1102-5. 10-13. 20-21. Console del Comune. 1117. 19. Testimonio (Reg., pag. 97; Rancherò, pag. 229). 1.... Deve pensione al Vescovo pel feudo, che dopo la di lui morte è dichiarato vacante od aperto (Reg., pag. 365, 368). PRIMUS DE CASTRO. (Vedi Tavola XXX). I WILIELMUS VICECOMES. AMIGONUS BRUSCUS. ( Vedi Tavola XXXI). GUILIELMUS EMBRIACUS (Vedi Tavola XXXtl). I LAMBERTUS Wilielmi de Vicecomite sive Lamberlus Medicus. 1098. Fa parte della prima spedizione de’crociati; e si annovera tra i buoni uomini di Genova nella convenzione stipulala con Boemondo d’Antiochia (Ughelli, iv, 847). 1100. Testimonio (Cartario, pag. 211). 1143. Livellario della Chiesa per la decima delle navi (Req., pag. 27). 1457. Giura le convenzioni col Re di Sicilia (Atti, i, 295). BONUSVASSALLUS DE CASTRO sive de Lamherlo Medico. 44 55. Console dei Placiti. 4157. Giura le convenzioni predelle (Atti, i, 294). 1158. 62. 64. Console dei Placiti. 1180. Già morto (Ab.). ★ ALI NERIUS. ( Vedi Tav. XXXIII). I FRATRES LAMBERTI MEDICI. 1143. Partecipano nella decima del mare (Reg., pag. 27). VISCONTI RAMO DI MANESSENO CASTELLO. PRIMUS DE CASTRO qm. Guidonis qm. Beli qm. Oberii qm. Ydonis Vicecomitis. Guilia de .Castro seu de Castello uxor. 1098. Parte per la Crociata insieme al fratello Guglielmo Embriaco, e trovasi al-1’assedio di Gerusalemme (Atti i 3=) 33). ’ •1122. Console del Comune. 1129. È in lite col Vescovo per'la decima delle navi (Reg., pag. 27). i ~ MERULUS DE CASTRO sive de Castello. 1143. Partecipa nelle decime di Rapallo, Panesi, Molassana, San Martino di Struppa, San Damiano, Corsi, Langasco, e delle navi. Indi le rinunzia all’Arcivescovo, del quale è vassallo e vessillifero (Reg., pag. 16, 19, 20, 23, 24, 27, 29, 30). 1144. Arbitro in un litigio fra I’Arcivescovo ed i Porcelli (ld., pag. 116). 1146. Livellario della Chiesa, per beni posti a Bargagli (ld., pag. 390). 11... e USO. Testimonio (ld., pag. 309, 339, 367). 1157. Terra prope Guzum in Sexto, qmm qm. Merlo de Castro... dedit ad tercium pastenum (Cliartar. n , 436). i BALDOINUS DE CASTRO. 1143. Partecipano nelle, decime della pieve di Bargagli; Agli di Guglielmo Arnaldo (Reg., pag. 19, 287). » Testimonio. (Reg., pag. 115, 277). 1147. Console del Comune. 1155. Guarentisce ad Alinerio del qm. Guglielmo della Porla il diritto di prelazione, qualora si addivenisse alla vendita di una casa posseduta dai figli di esso Alinerio (Cliartar. n, 289; Vedi Tavola XXXIII). BONUSVASSALLUS de Primo de Castello. 1149. Presta denaro al Comune (Jur. i, 139). 1156. Consules... laudaverunt quod nisi Bonusvassallus de Primo solverit Rogerio Marabotì et Wi-lielmo Jonathae libras sex, ... isti habeant duplum in bonis eius (Cliartar. li, 323; Vedi Tav. XXXIV). TAVOLA. XXX. (Seguito dalla Tav. XXIX: \ VILLANUS DE CASTRO. 1149. Presta denaro al Comune (Jur i, 139). GUILIELMUS Villani de Castro. 1188. Giura la pace di Genova con Pisa (Atti, i, 369). i MARINUS DE CASTRO. . Soloste uxor. e quivi stesso hanno beni della Chiesa in comune coi 1142. 48. Testimonio (Reg., pag. 116, 298). 1157. Contrae società di commercio (Citar-tar. ii, 442). 1158. Insieme alla propria moglie Soloste contratta un mutuo. — Rinuncia alle azioni che gli competono contro de’ figli di Pietro Clerico (ld. n, 476, 484). v VISCONTI RAMO DI MANESSENO BRISCO. I GUILIELMUS ARNALDUS. I 143. Livellarii della Chiesa in consorzio coi Castello 1146. Enfiteuta, da parte della propria moglie, zia di Merlo di Castello, dei beni della Mensa a Bargagli (Reg., pag. 390). 1148. Investito dall’Arcivescovo di altri beni posti in Vallebuona, nel monte di Tasso, ecc. (ld., pag. 115). I FILII W1LIELMI ARNALDI. 11... Livellarii della Chiesa, per beni nella pieve di Bargagli, in consorzio coi Castello (Reg., pag. 287). AMICUS sive AM1G0NUS BRUSCUS qm. Guidonis qm. Beli qm. Oberti qm. Vdonis Viceeomitis. 1098. Interviene all’ atto di rinuncia di un molino al monastero di santo Stefano; ed è in tal documento appellato civitatis consul (Atti, 1, 67, 206). » Turris ■praedicti Amici Brusci sita in Castri ripa (Id., i, 67). 1104. Testimonio (Cod. A. di san Fruttuoso, car. 8 recto). I l IIENR1CUS. per la decima delle navi (Reg., pag. 27). VISCONTI RAMO DI MANESSENO EMBRIACI. GUILIELMUS EMBRIACUS qm. Guidonis qm. Beli qm. Oberti qm. Ydonis Vicecomitis. 1088. Testimonio (Cartario, pag. 193). 4098. Parte con due galee per la Crociata e sbarca a Gioppe (Atti, i, 32). 1099. Sovrintende alla costruzione delle macchine destinate all’espugnazione di Gerusalemme, della quale s’impadronisce; poi torna a Genova (Caffaw)). 1100. Ne riparte ed approda a Laodicea dove sverna (ld.). 4 401. Espugna Assur e Cesarea; quindi si restituisce alla patria (Id.). 4 102—06. Console del Comune. I 109. Dal Conte Beltrame di Saint—Gilles riceve la concessione di Gibelletto (Jur. i, 48). 4 440. È presente alla querela del Vescovo di Genova contro gli uomini di San Romolo (ld. i, 49). 4 111. Testimonio (Atti, i, 239). _I__ I NICOLA. 1 4 2 7. Testimonio (Jur., ì, 30). 4147. Già morto (Heyd, i, 274). TAVOLA XXXII. eseguito dalla Tav. XXIX) I IIUGO. 1107. Capitano, insieme ad Arnaldo Corso, di settanta salee genovesi, espugna varie città di Soria (Caffaro). 1109. Lasciato alla custodia di Gibellelto (Atti, i, 41). 1135. Morto prima di quest’ anno (Rozière, Cartulaire du Saint Sepulcre, pag. 189; Heyd, i, 252). VISCONTI RAMO DI MANESSENO ALINERII. ! GUIDO QM. ALINERII canonicus S. Crucis Mortaricnsis. (Cliartar. n, 288-89) ALINER1US qm. Wiliclmi? qm. Guidonis qm. Beli qm. Oberti qm. Ydonis Vicecomitis. . . __ WILIELMUS DE ALINERIO. (Vecli Tavola XXXIV) TAVOLA XXXIII. (.Seguito dalla Tav. XXIX) I ENRICUS ALINERII. 1143. Rinunzia all’Arcivescovo la partecipazione che ha nelle decime della Chiesa (Reg., pag. 29). 11 SS. Già morto (Cliartar. li, 288-89). I i BALDUINUS. WJLIELMUS. 11 SS. Ego Guido qm. Alinerii, dono nepotibus meis Balduino et Wilielmo, filiis qm. Enrici Alinerii fratris mei, mille soldatas in domo mea quam habeo in Porta; cui coheret ab una parte... domus filiorum qm. Jordanis de Porta. — Ego Balduinus de Castro promitto tibi Alinerio filio qm. Wilielmi de Almerio quod si domus quas mei nepotes, Balduinus videlicet et Wilielmus filii qm. Henrici de Alinerio, habuerant ...ab Vuidone Alinerii sanctae Crucis Morta-riensis ecclesiae canonico, patruo suo, etc., vendere debuerint etc., vendentur vobis et fratri vestro Marchioni (Chartar. n, 288-89). VISCONTI RAMO DI MANESSENO MARABOTTI E DELLA PORTA. I MARABOTUS. 4129. Altro dei buoni uomini della Curia Vescovile (Reg., pag. 27). 4143. Livellario della Chiesa per un manso in San Pier d’Arena. — Rinunzia le decime all’Arcivescovo (ld., pag. 29, 391). 1144. Testimonio (ld., pag. 116). 1164. Dichiarasi debitore di Piccamiglio ( Cliartar. n, 947). ROGERIUS DE MARABOTO. 1 \ 43. La Casa di Marabotto (Domus Maraboti), o più chiaramente il costui figlio (filius Maraboti), partecipa nelle decime delle pievi di Ceranesi e di Sant’Olcese; le quali ultime però rinunzia all’A rei vescovo (Reg., pag. 20, 22). 1156. I Consoli condannano Primo da Castello a pagargli una somma di denaro (Cliartar. n , 323 ; Vedi Tavola XXX). 1157. 60. Testimonio (Cliartar. il, 407, 652, 633, 718). 1159. Altro de’ fideiussori di Guglielmo Guercio, pel patrimonio che la costei nipote Dandala recherà in dote a Rubaldo di Gionala della Porta (Chartar. ir, 579). BALDUS TIGNA. (Vedi Tavola XXXV) I ALINERIUS filius qm. Wilielmi de Alinerio (Chartar. ii, 289) sive Alinerius de Porla. 1129. 39. Paga decime e ter-ratico alla Chiesa (Ab.). 1158. Terra Alinerii de Porta et fratrum (Chartar. n, 481). I I i l WILIELMUS VICECOMES OLRICUS. MARCHIO. ile Porta Carcnzona filia W.mi Suzopli sive uxor. Wilielmus Alinerii de Porla. 1143. Filii Alinerii de Porta, sive Domus A linerii/partecipano noie decime della pieve di Ceranesi e di Sant’ Olcese. — Guglielmo ed 01-rico , rinunziano a quest’ ultime. — Alius vero filius nondum refutavit. — Inoltre sono tutti vassalli dell’Arcivescovo (Rea. »ae " 22, 25). 1163. Manomette il proprio 1160. Dona l’antifatto alla servo (Cliartar. ii, 910). propria moglie, e rilascia 1164. 70. Testimonio (Id. quitanza delle costei doti ii, 960; Reg., 264, 347). allo suocero (Cliartar. ii, 778, 789). 1164. Testimonio (Id. ii, 987). 1188. Giura la pace con Pisa (Atti, i, 372). TAVOLA XXXIV. (Seguito dalla Tav. XXXIII) WILIELMUS DE ALINERIO qm. Wilielmi? qm. Guidonis qm. Beli qm. Oberti qm. Ydonis Vicecomitis. 1155. Già morto (Cliartar. n, 289). MARCHIO frater Alinerii qm. Wilielmi de Alinerio. (Chartar. », 289) l JORDANUS DE PORTA. 1135. 48. Console dei Placiti. 1139. Paga terratico alla Chiesa (Ab.). 1143. Partecipa nelle decime della pieve di Sant’Olcese, le quali poscia rinunzia all’Arcivescovo, di cui è vassallo (Reg., pag. 20, 25, 29). 1144. Testimonio (Reg., pag. 116). 1155. Già morto (Chartar. ii, 288). i i BALDEZON JORDANI DE PORTA. WILIELMUS JORDANI DE PORTA. 1143. Domus Jordanis partecipa nelle decime della pieve di Ceranesi (Reg., pag. 22). 1155. Domus filiorum qm. Jordanis de Porta, in Genova (Cliartar. ii, 288). 1163. Testimonio (Citar- 1164. Testimonio (Cliar- tar. ii, 891). tar. n, 960). JONATHAS. (Vedi Tavola XXXV) VISCONTI RAMO DI MANESSENO DELLA PORTA F. DE MARINI. I BALDUS TIGNA sive Baltlus frater Maraboti. 1143. Feudatario dell’Arcivescovo (Reg., pag. 366). 1160. Testimonio (Chartar. n, 647). _I_ ■ * MARINUS DE PORTA. GUISCARDUS. 1125. Concorre all’impresa di Piombino contro i pisani (Caffaro). 1130. 41. 46. 48. Console dei Placiti. 1143. Domut Baldi Tigni le, e più esattamente filii Baldi Tignae, partecipano nelle decime delle pievi di Ceranesi e di Sant’ Oleose ; le quali ultime poi rinunziano all’ Arcivescovo, di cui sono vassalli (Reg., pag. 20, 22, 25, 29). » Partecipa nelle decime della pieve di Bargagli (Reg., pag. 19). II... Testimonio 1146, ottobre. Consules... laudaverunt quod mo- (Reg.,pag.309). nasterium sancti Stephani deinde habeat et possideat sine contradidone Marini de Porta... locum de Cella ... et Melari et Pomario ac Terricio...; quia cognoverunt... monasterium possedisse praefatas terras quiete ...; immo ab praedecessoribus a quibus Marinus sibi devenisse profitebatur monasterio oblatas fuisse (Pergamene di santo Stefano, mazzo it ; Arch. Gov.). 4148. Testimonio (Reg., pag. 116). 1157. Giura le convenzioni col Re di Sicilia (Atti, i, 298). 1158. Terra Marini de Porta, in Seslri di Ponente (Chartar. il, 499). 1159. Testimonio (ld. il, 606). ! I BERTRAMUS DE MARINO. LAMBERTUS DE MARINO. 1157. Giura le convenzioni col Carabona uxor. Re di Sicilia (Atti, i, 294).' |(Chartar. ii, 744 ) » Consigliere del Comune (Jur., 1149. Partecipa nella società cessionaria d’ alcuni introiti spettanti al i, 198). Comune (Jur. i, 141). 1159. Testimonio (Chartar. ii, 1157. Giura le convenzioni col Re di Sicilia (Atti, i, 298). 594). » I’a una permutazione di terreno con Lanfranco Bocca (Chartar. n, 397). 1161. Contrae società di com- 1158. 61. Testimonio (ld. ii, 460, 783). mercio (ld. ii, 776). 1160. Suo testamento (Id. ii, 711). 1162. Ambasciatore a Federigo 1163. Compra alcune lerre (ld. ii, 935). Barbarossa (Caffaro). I I W1L1ELMUS LAMBERTI DE MARINO. RIBALDUS. 1160. Ricordati, insieme alla loro madre, nel testamento paterno (Chartar. n, 711). 1161. Testimonio (Id. il, 783). Il67. Arbitro nelle contese fra Genova e Pisa (Cancelliere). TAVOLA XXXV. (Seguito dalla Tav. XXXIV) WILIELMUS DE ALINERIO. qm. Wilielmi? qm. Guidonis qm. Beli qm. Olierti qm. Ydonis Vicecomitis. ( Vedi Tavola XXXIV) I JONATIIAS frater Jordani de Porta. 143. Vassallo dell’ Arcivescovo (Reg., pag. 25). 1156. Giù morto (Cliartar. u, 359). I l WILIELMUS JONATHAE. 1156. I Consoli condannali! Buonvassallo di Primo di Castello a pagargli una somma di denaro (Chartar. ii , 323. Vedi Tavola XXX). I RIBALDUS CENATI1AE de Porta sive qm. Jonathae de Porla. Dandala neptis W.mi Guercii uxor. ■1156. Testimonio (Cliartar. ii , 356, 59). 1159. Dona l'antifatto alla propria sposa ( ld. n, 579). 1195. Console dei Placiti, i OBERTl'S DE DANDALA. 1210-13. Console dei Placiti. I I I MALERBA DE PORTA. BUCUT1US DE PORTA. JONATnAS DE PORTA. 1198. Vendono al monastero di santo Stefano porzione di un loro molino nell’isola di Moltedo in Bisagno (Alti, i, 343). I WILIELMUS DE MARINO. 1157. Consigliere del Comune, giura le convenzioni col Re di Sicilia (Atti, i, 294). 1159. Console dei Placiti. 1161. Pubblico testimonio (Jur. i, 207). SIGNORI DI GASGHIFELLONE CAFFARO. I CAFFARUS. 1081. Sua nascita. 1100, 20 luglio. Sottoscrive all’istrumento di cui sopra, in favore della chiesa di san Teodoro. j Parte alla volta di Cesarea; e tornatone comincia a scrivere gli Annali della patria. 1111. Ricordato nel decreto consolare, che stabil.sce doversi pagare al monastero di san Siro la decima della eredità di Rustico di Cascliifellone {Atti, i, 239). 1112. Ambasciatore del Comune a Roma, stipula coi fedeli di papa Callisto ii il compenso che loro verrà conceduto se favoriranno i Genovesi a detrimento dei Pisani, nella contesa della giurisdizione spirituale sull’ isola di Corsica (Pertz, Monum. Gemi. Ilist., xvm, 336). 1122. 25. 27. 41. 49. Console del Comune. 1123. Interviene al Concilio di Laterano; e reduce in patria espone all’adunato Parlamento le deliberazioni che vi si presero circa la giurisdizione di Corsica (Annali). — Testimonio (Reg., pag. 58). 1125. Capitano di sette galere, espugna Piombino; e ne conduce a Genova prigionieri gli abitanti (Annali). 1127. Ambasciatore a Raimondo Berengario m conte di Barcellona, si conviene col medesimo circa i dazi da'pagarsi dalle navi genovesi nell’approdare ai dominii del detto Conte (Capmany, Memorias Historicas sobre la marina, comercio y artes de Barcellona, voi. ìv, pag. 3). 1130. Console dei Placiti. 1134. Ricordato in bolla di papa Innocenzo ii (Reg., pag. 445). 1142. Riceve dall’ arcivescovo-Siro la investitura di alcune parti dei molini di Noce e del Cerro (Reg., pag. 299). — Testimonio (ld., pag. 152). 1143. Fa parte della Curia dell’arcivescovo Siro; e si annovera tra i vassalli del medesimo. — Partecipa nella decima della pieve di Bavari, ma poi la rinunzia (Reg., pag. 13, 20, 25, 28, 120). — Arbitro fra l’Arcivescovo ed altri (Ab). 1146. Conquista Minorca, ed assalisce Almeria, facendovi grosso bottino (Annali). 1150. Testimonio (Jur. i, 146). 1152. Presenta gli Annali patrii ai Consoli maggiori; i quali ordinano allo scrivano Guglielmo di Colomba di registrare nel Cartolario del Comune il libro composto da Caffaro (Proemio agli Annali). 1153. Prosegue a comporre gli Annali, come si ha dagli stessi. 1154. Ambasciatore a Federigo Burbarossa in Roncaglia (Annali). 1158. Gli è aggiudicato il poggio di Pontedecimo, confinante da una parte colla strada di Genova e da altra banda colla casa di esso Caffaro (Reg., pag. 297). 11-59. Testimonio (Chartar. ii, 610). 1160. Compra da Simone D’Oria due pezze di terra, una vigna ed un oliveto, nel luogo detto Sopra san Siro fuori le mura di Genova (Id. ii, 709). 1161. Rappresenta in un contratto la propria figlia Aimelina (Id. ii, 769). 1162. Interviene ad una dichiarazione con la quale Ansaldo di Caffaro confessa spettare a Marchio Della Volta la metà di una somma di denaro commessa, per cagione di traffico, ad Ottone di Caffaro. — Lo stesso Marchio Della Volta promette a Caffaro che darà ai fratelli del suddetto Ansaldo la metà di quanto ricupererà del denaro, che nella precedente estate era stato recato a Costantinopoli dal medesimo Ansaldo (Id. n, 836, 837). 4163. Testimonio (Id., 854). — Tralascia di scrivere gli Annali. 1164. 1 Consoli di Genova, ad istanza di Caffaro, fanno trascrivere l’istrumento di locazione della decima di Bargagli, conceduta dall’Arcivescovo al figlio di lui (Reg., pag. 299). 1166. Caffarus .. ■ tam aetate quam scientia maturus, ... anno eiusdem aetatis octuagesimo sexto sanae mentis occubuit; ante cuius transitum per triennium tanti laboris (scilicet Annalium) cura ulla non tetigit (Cancelliere, Proemio agli Annali). (Vedi Tavola XXXVII). TAVOLA XXXVI. RUSTICUS DE CASCHIFELLONE. Guilia de Volta uxor. 1100, 20 luglio. Forse quello stesso Rusticus clic insieme a Cafl'aro soscrive all’ atto di rinunzia del prete Richezo ed altri in favore della chiesa di san Teodoro a Fassolo (Cartario, pag. 207). 1111. Già morto. ___I__ i OBERTUS. 1111. Ricordato in decreto consolare (Atti, i, 239). 1117. Testimonio (Reg., pag. 36). 1126. ld. in favore del monastero di san Siro, per le decime dovute al medesimo dai Carmandino (Cicala, Memorie mss.). 1133. 35. Console dei Placiti. 1134. Ricordato nella bolla di papa Innocenzo n (Reg., pag. 445). I JOIIANNES. 1143. Vassallo dell’Arcivescovo (Reg., pag. 25). I GU1SCARDUS. 1111. Ricordato in decreto consolare (Atti, i, 239). 1117.23. Testimonio (Reg., pag. 57, 58). I I26. ld. in favore del monastero, di san Siro, per le decime dovute al medesimo dai Carmandino (Cicala , Memorie mss.). 1128. 29. 40. 45. Console del Comune. 1132. 36. Testimonio (Reg., 287; Ab.). 1134. Ricordato nella bolla di papa Innocenzo n (ld., pag. 445). 1141. Riceve dal Comune la facoltà di battere moneta (Jur. i, 77). 1143. Vassallo dell’Arcivescovo, al quale rinunzia le decime di San Pier d’Arena e di Bavari (Reg., pag. 20, 21, 25, 29). * GUILIELMUS 1188. Giura sani (Atti l DE GUISCARDO. la pace coi Pi-I, 371). I IDO GUISCARDI. Bratrix uxor. 1160. Vedono una terra in Camogli (Chartar. il, 658). SIGNORI DI CASCHIFELLONE CAFFARO E PEZULLO. CAFFABUS qm. Rustici de Caschifellonc. (Vedi Tavola XXXYIj Ab ). 328). OTTO DE CAFFAKO. 1 139. Paga decima all’Arcivescovo pei molini della Chiesa ( 1138. Console dei Placiti. — Testimonio (Chartar. n, 1103. Testimonio (ld. ii, 907). 1166. Console del Comune. — Procura co’ suoi colleglli la continuazione degli Annali del proprio padre. — Capitano di quattro galere, armate a guardia delle coste di ponente contro i Pisani (Cancelliere). 1167. Altro degli arbitri deputati dai Genovesi a comporre le vertenze coi Pisani (ld.). 4169. 71. 74. Console del Comune— Spedito a Lavagna.— Capitano di sei galere contro i Pisani. — Contratta un muoio pel Comune (ld.; Atti, i, 337). 1170. Ambasciatore al Re di Marocco (Cancelliere). M74. Capitano di quattro galee, conduce in Sardegna il re Barisone (ld.). 1173. Annoveralo fra i senatori (senatores) o consiglieri, che intervengono alla convenzione stipulata con Guglielmo marchese di Massa (Jur. i, 277). 1182. Testimonio (Jur. i, 320). -11... Vende all’arcivescovo Ugone parecchie parti di molini; riceve in feudo una pezza di terra, e presta giuramento di fedeltà (Rei/., pag. 137). IIENRICUS. 4 3 6. Testimonio ad un istrumcnto rogato in Tortona [Ab.). MONTANARIUS. I 3 8. Testimonio (Ab.). I AIDELA uxor Oberti Guaraci. ( Pedi Tav. xi). I I OTTO DE CAFFARO. 4 162. Ansaldo di Caflaro gli affida bisanti 348, perchè ii traffichi (Cliartar. il, 836). 1163. 64. Testimonio (Id. il, 907, 944). 116i. Confessa avere ricevuta da Giuseppe ebreo una somma di denaro (ld. il, 987). 4 202. Ricordato in atti del notaro Guglielmo Cassinense (Ab.). NICOLAUS OTTONIS DE CAFFARO. 4201. Testimonio in atti di Guglielmo Cassinense (Ab.). MARINUS DE CAFFARO. 1160. 61 63. Testimonio (Chartar. n, 621, 771, 887, 904, 907). I ANSALDUS DE CAFFARO. 1138. Testimonio (Chartar. ir, 544). 1157. Marchio Della Volta promette di rimborsarlo della metà delle spese occorrenti pel traffico di una somma di bisanti ricevuti dall’ Imperatore di Costantinopoli (Id. n, 836-37). 1162. Alla presenza e coll’autorità del proprio avo Caflaro, confessa che metà dei 348 bisanti affidati a suo fratello Ottone sono del predetto Marchio Della Volta (ld., 836). TAVOLA XXXVII. {Seguito dalla Tavola XXXVI I AIMELINA. 1161. Pone lire venti in una società ili commercio (Chartar. il, 769). I GUILIELMUS PEZULLUS. 1137. 42. Console dei Placiti. 41 41. Riceve dal Comune facoltà di battere moneta (Jur., i, 77). 4142. Riceve in locazione dall’arcivescovo Siro la decima di Bargagli, e la terra di Monte Lanerio (Reg., pag. 298). I I43. Partecipa nella decima della pieve di Bargagli, clic poscia rinunzia (Reg., pag. 15, 19, 28). 4 145. Testimonio. — Arbitro fra l’arcivescovo Siro e l’Arciprele di San Cipriano (ld., pag. 4 4 8, 392). & bonifatius. 44 27. Prigioniero in Barcellona (Cicala, Memorie mss.). RODULFUS DE CAFARO. 4 4 24. Testimonio (Jur. i, 27). I OTTO PEZULLUS. 1163. 64. Testimonio (Chartar. n, 845, 980). 173. 74. Consigliere del Comune (Jur. i, 278, 292). 179. Fa sicurtà ad Ottone di Caffaro (Ab.). 180. 83. 85. 1202. 06. 08. 10. Console dei-Piacili. Pubblico testimonio (Jur. i, 315) 182. Testimonio (Jur. i, 320). 188. Giura la pace coi Pisani (Atti, i, 371). i 192. Sottoscritto ad un alto di autenticazione fatto da Marino scrivano (Reg., pag. 381). 95. 97. 99. 4 202. 03. Testimonio (Ab.). I OBERTUS PEZUDUS. 1160. 63. Testimonio (Chartar. n , 709, 855, 873). 1163. Compra merci ed una terra in Genova. — Mallevadore di Oberlo di Carmandino (ld. n 881,883, 897, 904). 1164 Rubaldo Serafia si dichiara mallevadore di Oberto Pczudo verso Marchio Della Volta (ld. n, 913). 1191. Ricordato in una pergamena (Ab.). SIGNORI DELLA VOLTA. MERLO DE VOLTA. 1104. Già morto (Reg., pag. 268,392, I PAGANUS. 1099-1101. Console del Comune. 1104. Ha in consorzio col vescovo Airaldo il molino della Polcevera (Reg., pag. 268, 392). I BENENCASA I INGO. 1104. Hanno in consorzio col vescovo Airaldo il molino della Polcevera in s™ n- (ini! 'T'nelimnnin /Arch 1 1 39. fìnnsnlo /tj'i Pinzili 105. Testimonio (Arch Gov. ; Pergamene di santo Stefano, mazzo ii). 1134. 39. Console dei Placiti. I WILIELMUS DE VOLTA. 4123. 27. 30. 39. 41. 43. Console del Comune. 1141. Testimonio (Chartar. ii, 239). 1142. Sua terra nel monte Lanerio (Reg., pag. 298) 11-53. Vassallo dell’Arcivescovo; al quale rinunzia le decime (ld., pag. 24, 29). 1155. Riceve una confessione di debito da Ribaldo del Bagno (Chartar. n, 302j. 1157. Già morto (ld. li, 427). I INGO DE VOLTA lilius qm. Wilielmi de Volta. Guilia uxor. 4156. Fa procura ne’ suoi figli Marchio e Guglielmo perchè maritino la loro sorella con Oberto Spinola (Chartar. n, 350). 1157. Insieme alla propria moglie contrae un mutuo da Merlone Guaraeo. — Vende parte de’ suoi beni ai detti Marchio e Guglielmo (Id. n, 446, 452). 1158. Acquista beni in Voltri (Id. n, 512). 1160. Contrae società di commercio col proprio figlio Guglielmo e con Guglielmo Burono (ld. n, 656, 69u). 1163. Si assoggetta alla penale di 300 lire, da pagarsi nel caso in cui suo nipote, figlio di Guglielmo, non isposi la figlia di Ardizzone Piccamiglio (ld. il, 845). ( MARCHIO. 4456. Procuratore del proprio padre. — Sua casa in Genova (Chartar. n, 350, 351). 4 457. Console dei Placiti. — Acquista beni da suo padre. — Contrae società di commercio (Id. ii, 418, 452). 4 458. Compra altri beni: — Vende merci. — Contrae società (Id. li, 468, 486, 491). 4 459. Dichiara il capitale che ha impiegato nella società stipulata con Guglielmo Trallando (Id. ii, 584). 4460. Consente due mutui; e contrae nuove società (Id. ii, 624, 624, 654). 4 4 6 '. Console del Comune. — Acquista una casa in mercato prope sanctum Torpetam (Id. ii, 757). 4162. Ambasciatore a Federigo Barbarossa (Caffaro). — Consente un mutuo al Comune di Genova; ed ha crediti verso l’imperatore di Costantinopoli (Chartar. ii, 796, 836). 1164. Console del Comune. — Acquista beni in Massasco (Id. ii , 920). — Mense... septembri inauditum scelus et mira audatia contigit, videlicet quod Marchio de Volta, qui tunc temporis Consulatum regebat, vir utique laudabilis et honestae vitae, a quibusdam vilissimis personis et pauperibus fuit tempore vindemiarum occisus in villa, qua tamquam vir consularis stabat securus, non existimans aliquem sibi in-sultum facere debere (Cancelliere). i FREDENZONUS Ingonis de Volta. 1458. 60. 6t. 64. Testimonio (Chartar. n, 542, 710, 782, 976). TAVOLA XXXVIII. I I UBERTUS. CUNIZO 1-Arena (Reg., pag- 268,392). sive Curradus de. \ olla. ( Vedi Tavola XXXIX) I I SIBiLIA WILIELMUS DE VOLTA uxor Oberli Spinulae. sive Wilielmus Cassicius. ( Vedi Tavola XXIX). 1156. Procuratore del proprio padre (Chartar. n, 350). 1157. Loca beni in Assereccio, unitamente a Lanfranco Pevere; rd altri ne acquista da suo padre. — Entra in società di commercio con Rinaldo Albissola (Chartar. ii, 437, 445, 452. Vedi anche Tavola XXII). 1 158. Confessa un debito per compra di merci (Chartar. it, 534). 1159. 61. Testimonio (Id. n, 565, 782). -I ICO. Contrae società di commercio (Id. ii, 690). 1163. Ripete per proprio conto la promessa fatta da suo padre circa il maritaggio della figlia di Ardizzone Piccamiglio (ld. ii, 907). 1164. Per alti del 22 gennaio e 9 maggio Interviene alla manomissione di uno schiavo, e contratta un mutuo. Ma in documento del 7 agosto dicesi già morto (Id. il, 974). I INGO Wilielmi de Volta. 1157. Giura le convenzioni eoi Re di Sicilia (Atti, i, 299). 1163. È assente da Genova, e promesso sposo della figlia di Ardizzone Piccamiglio (Chartar. n, 845). 1172. Testimonio (ld. ii, 1039). 1188. 1206. Console dei Placiti. SIGNORI DELLA TOLTA FRESIA E BURONO. INGO DE VOLTA. 11 il. Appaltatore della Zecca di Genova (Jur. i, 78). 11 43. Partecipa nelle decime delle cappelle di Lugo e di Corsi; clic poi rinunzia all’ Arcivescovo, del quale è vassallo (Reg., pag. 20, 24, 29). 1147. Console dei Placiti; ed altro dei comandanti ila spedizione d’Almeria (Caffaro). 1148. 50. Testimonio (Reg., pag. 116; Jur. i, 147). 1152. Compra dal Comune la gabella del sale (Jur. i, 160). I l 57. Consigliere del Comune. — Giura le convenzioni col Ile di Sicilia (Atti, i, 294, 300). I l 58. Console del Comune. — Sua casa in Genova (Chartar. il, 497). 1162. Console del Comune per la seconda volta. — Ambasciatore a Federigo Barbarossa (Caffaro). 1165. Consules rei pubblicae curam gerentes... domus et turres Ingonis de Volta et Amiconis, quas in umbilico civitatis obtinebant, et quae liti discordiaeque satis praestabant fomentum, acceperunt (Cancelliere) (’). 1170. Sua terra in Bisagno (Reg., pag. 111). i INGO DE FRESIA filius Ingonis de Volta. (Atti, i, 347) 1170. È in consorzio coll’Arcivescovo per la costruzione dei molini del Bisagno (Reg , pag. 110). 1172 Testimonio (Chartar. n, 1032). 1173. 75. 82. 88. Console del Comune. » Comanda 1’ esercito genovese nella Riviera orientale, ed innalza il castello di Villafranca (Cancelliere). 1190. Possedè una casa con torre, indivisa con Guglielmo del qm. Guglielmo Burono. CUNIZO sive Curradus de Volta qm. Merlonis (Reg-, pag. 30, 266) t1) Il Giustiniani, che registra il fatto traducendo il testo di Oberto Cancelliere, aggiunge :« ed assicurarono le persone loro » (Annali, i, 219). In quel testo però le parole ipsis factis securioribus appartengono al periodo successivo, e si riferiscono ai Consoli, come ognuno può facilmente verificare. I JORDANUS. 1137. Testimonio (Chartar. n, 226). 1158. Già morto (ld. il, 558). I DONNA PRASMA moglie di Nicola Pelle ed erede del proprio padre ( Chartar. n, 558-59). I ALBERTUS. 1158. Vende la quarta parte di alcune case dei Volta in Genova (Chartar u 558). 1 BONIFACIUS qm. Alberti de Volta 1201. 03. 05. 07. Console dei Phciii. WILIELMUS Wilielmi Buroni. •lacoba uxor. 1160. Testimonio (Cliartar. n, 707). 1182. Console dei Placiti. 1190, 2 marzo. Negli atti del notaio Lanfranco: Ego Marche èia, uxor olivi Angc-lerii filii Lombardi de Mari accepi u Wilielmo Burono viro tuo, Jacoba, libras quinquaginta quae sunt pro praetio unius ‘pedis et medii in una domo cum turri posita Januae iuxta mare indivisa cavi Wilielmo Burono el Ingoile de Flexa (Arch. Not.). 1192. 94. Console del Comune. TAVOLA XXXIX. (Segi'lto dalla Tav. XXXVIII WILIELMUS BUR0NUS. Alda Alia Wilielmi Stanconi uxor. 4 137. 48. 56. 62. Console del Comune. 4143. Partecipa nelle decime dille cappelle di Lugo odi Corsi. Poi le rinunzia all’Arcivescovo, del quale è vassallo (Reg., pag. 20, 24, 29). 1156-58. Compra beni in Fonlaneggi (Cliartar. li, 336, 341, 422, 557). 1456-61. Contrae varie società di commercio (ld. ii, 349, 339, 500, 528, 672, 696, 720 , 775). 1157. Consigliere del Comune. — Sua moglie Alda gli fa nel proprio testamento il legato di 100 lire (Jur. i, 198 ; Chartar. il, 378-79). 1158. Unitamente a Marino di Castello rinuncia alle azioni che gli competono sui figli di Pietro Clerico. — Vende la quarta parte di alcune case dei Volta in Genova (Id. n, 484, 558). 1460. Ad una delle proprie figlie, moglie di Lanfranco Picca-miglio, assegna in dote una casa posta nel mercato di Genova. — Quindi, essendo essa morta nell’ anno medesimo, ne riceve la restituzione (Id. n, 666, 747). 4161. Arbitro, insieme ad Oberto Cavaronco, tra Guilienzone e Leccalosso di Levaggi suoi nipoti. — Vende una terra a Capo d’ Arena, sotto la chiesa di san Michele. — Dal predetto Guilienzone riceve in dono il costui servo Giordanino (ld. ii, 731, 785, 791. Vedi anche Tavola VII). 1162. Ambasciatore a Federigo Barbarossa (Caffaro). — Vende i beni che possede nella villa di Trasta (?) (5). — È procuratore della chiesa di san Giovanni di Paverano (Chartar. n, 836, 838, 849). 1164. Testimonio (Id. li, 985). 1170. Eletto a comporre le discordie cittadine (Cancelliere). OTO BUR0NUS. PRIMUS DE BURONIS. MARIETA. 1158. Testimonio (Cliar- 1158. Testimonio (Char- (Chartar. n, 379) soror Marietae. (Chartar. n, 379) tar. ii, 505). tar. ii, 533). (a) Il testo a stampa ha in villa Transtri ; e questa lezione ho io pure accertata nel Notulario originale di Giovanni Scriba. GUARACHI. % AYRALDUS GL'ARACI!S Episcopus Genuensis. 1097. Eletto. 1099. Consecrato. 1116. Morto (Illustrasi., pag. 318, 410). SILVESTER. (Cartario, pag. 89' I VUARAZO seu NVaraco vel Waracus Juilex qm. Silvestri. Adalguda filia qm. Daginzo uxor. 993.1004? 1006.1011. Testimonio (Cartario, pag. 36, 66, 80; Atti, l, 223). 1112. Terra (de) Vuaraco Judex, in Disagilo (Cartario, pag. 81). 1013. Insieme colla moglie Adalguda fa donazioni! al monastero di santo Stefano della terza parte di un isola nel Prato di San Martino (ld., pag. 89). 1030. Già morto (ld., pag. 144; Chartar. i, 486). I l - I PHILIPPUS GUARACUS. MERLO. ( Vedi Tavola XLI) I LAMBERTL'S lìlius qm. Merloni. 1094. Sua terra ricordala in atlo di quest’anno (Cartario, pag. 196). * * <31 CONRADUS GUARACUS. 1.... Vassallo del Vescovo (Reg., pag. 364). Gémerlo GUARACUS. Druda uxor. 1129. È in lite col Vescovo per la decima delle navi (Reg., pag. 27). 1130. 56. 37. 88. 64. Testimonio (Jur. i, 147; Cliartar. li, 338, 373, 460, 909). 1137. Vende merci (Chartar. n, 378). 1138. Acquista due pezze di terra in Àl-baro (Id. n, 503). 1159. Consente un mutuo (Id. ii, 588). 1160. Riceve lire 25 sui beni extradotali di Druda sua moglie (Id. n, 644). 1161. Testamento di detta Druda, la quale dispone : viro meo Merloni Guantai indico libras vigiliti (Id. li, 745). 1163. Concede parte de’ suoi beni in enfiteusi (Id. ii, 853). 1170. Druda succitata è in consorzio col-l’Arcivescovo per la costruzione dei molini di Bisagno (Reg., pag. 110). _i_ l I BERTA PETRUS (Reg., pag. 110-11). Merloni Guaraclii. 1160. Testimonio (Cliartar. ii, 669). TAVOLA XL. I OFFICIA qm. Guaraclii uxor CandiiIplii Vicecomitis qm. Wiliclmi. ( Vedi Tavola XXX ■ ALBERTUS DE VUARACO sive Alberlus Guaracus. 1099. Terra Alberti de Vuaraco, in Bisagno (Cartai'., pag. 202). M-l6. <17. 23. Testimonio (Baccherò, Duomo, pag. 229; Reg., pag. 37, 38). 1129. Alli’o dei buoni uomini della Curia Vescovile (Reg., pag. 27) FILII ALBERTI GIURACI. ■I43. Partecipano nelle decime delle pievi di Sori, Nervi ed Ercole (Reg., pag. 16). ROLANDL'S GUARACUS. M37. Giura le convenzioni col He di Sicilia (Atti, i, 236). 1158. 63. 64. Testimonio (Cliartar. ii, 466, 869, 919). 1169. 77. Console dei Placiti. 1171. Pari della Curia Arcivescovile (Reg., pag. 349). BONUSVASSALLUS GUARACUS. I 124. Testimonio (Jur. i, 28). _I_ l I ALCHERIUS GUARACUS. FILII 1139. Testimonio (Jur. i, 67). bonivassalli giuraci. M 43. Partecipa unitamente ai proprii fratelli nelle decime delle pievi di Sori, Nervi ed Ercole. - Tanten ipse Alcherius refutavit (Reg., pag. 16, 29). *_ * * OBERTUS GUARACUS. GRATIANUS Gl’ARACUS. Aidela filia Capitari uxor. 1143. I figli di Alcherio Guaraeo partecipano nelle decime sovra dette (Reg., pag. 16). » Testimonio (Reg-, pag. 1143. Rinunzia le decime 29). stesse (Reg., pag. 29). 1156. 59. Insieme colla propria moglie, concede , FÀLIA GRATIAtjj‘ , a livello, e poscia vende 11 i3‘ h !)rc/s„enle alla di'a ad Ogerio Scriba una rlnunzla (lte0-> l>afc'* 29)-terra presso Li chiesa di san Lorenzo (Cliartar. ii, 325, 610-11. Vedi Tavola XXXV11). 1 157. 60. 61. Testimonio (ld. il, 382, 644, 749). GUERCI. ■WILIELMUS ANFOSSUS GUEHCIUS. 1123. 50. 02. Testimonio (Reg., pag. 58; Jur. i, 117; Cliurtar. a, 815). 1129. Pari della Curia Vescovile (Reg., pag. 27). 1143. Partecipa nelle decime delle pievi di Bargagli e San Pier d’ Arena , e della cappella di Orerò; per lo che si connumera tra i vassalli dell’ Arcivescovo (ld., pag. 13, 21, 25). 1149. Impresta denaro al Comune (Jur. i, 130; Atti, i, 274). 1157. Giura le convenzioni col Re di Sicilia. — Acquista m rei, c le rivende. — Cane-tum Ali fossi Guercii, in Sèstri di Ponente (Atti, i, 297; Cliartar. n, 433, 455-56). I I ino frater Guilielmi Gncrcii. 1123. Testimonio (Rea.. Pag. 58). ii, 815). 1166. Rappresenta il proprio fratello Tanto in un giudizio coutro l’Arcivescovo (Reg., pag. 302). 1188. Giura la pace con Pisa (Alti, i, 379). I 193. Console del Connine. ANFOSSUS S1MPANTUS. Dandala uxor. 1143. I Consoli aggiudicano all’ Arcivescovo le decime che i detti coniugi posse-deano nelle pievi di Bargagli (Reg., pag. 68). i j- GUILIELMUS GUERCIUS TANTUS sive sjve Wilielmus Anfossi Guercii. Tantus Gucrcius. 11G9. lutti i figli di Guglielmo Anfosso Guercio sono coinproprietarii del molino di Morigallo, pel quale stipulano accordi coll’ Arcivescovo (Reg., pag. 362). 1162. Testimonio (Chartar. 1160. Testimonio. — Promette rilevare da ogni danno eventuale i propri mallevadori Lanfranco degli Alberici ed Ansaldo Cicala. — Vende i beni che insieme col fratello Guglielmo possede in Camogli (Cluirtar. ii, 652, 653, 718, 721). 1161. Contratta un mutuo (Id. n, 779). 1163. Testimonio (ld. li, 883). 1164. Contratta un altro mutuo (ld. u , 977) (’). 1166. I Consoli assolvono l’Arcivescovo dalle pretese di esso Tanto , il quale volea distrutto il nuovo molino di Morigallo (Reg., pag. 302). DANDALA nipote di Guglielmo Guercio e moglie di Rubaldo di Gionata Della Porla. (Cliartar. ii, 579; -Vedi Tav. XXXV) (•) Per questo gli resta mallevadore verso Ingone banchiere un Alinerio Della Porla; il quale per6 non vuoisi confondere col suo omonimo onde è cenno nella Tavola XXXII). TAVOLA XLI. (Seguito dulia Tav. XL) PHILIPPUS GUARACUS Waruchi, qm. Silvestri. qm {Reg., pag 3C2) LAMDEHTUS GUERCIUS GUARACUS barbanus filiorum Wilielmi Anfossi. (Reg., pag. 362) 1143. Partecipa nelle decime delle pievi di Nervi e di Ercole (Reg., pag. 16). 1155. 59. 60. 61. 64. Testimonio-(Chartar. il, 295, 299, 588, 614, 669, 767, 939). 1157. Giura le convenzioni col He di Sicilia (Atti, i, 295). 1158. Consente un mutuo a Marchio Della Volta. — Assiste, come propinquo, ad un atto di vendita~ fatta da Adelasia moglie d’Ogerio Curto (Cliartar. ii, 476, 504). 1159. Contrae un mutuo (Id. il, 605). 1160. 63. Stipula società di commercio (Id. il, 605, 703). 1162. Riceve un deposito di mercanzie (Id. ii, 811). I niBALDUS filius Lamberti Guercii. 1156. 60. 61. Testimonio (Cliartar. ii, 431, 635, 639, 745). CARUS Gl'ERCIUS. 11 ... Livellario della Chiesa per certi terreni , i quali a sua volta concede al monastero di santo Stefano (Reg., pag. 125, 1 26). I RIBALDUS frater Lamberti Guercii. (Chartar. ii, 295) 1155. 58. Acquista merci. -Testimonio ( Chartar. ii , 295, 299, 525). I DONUSVASSALLUS Ribaldi Guercii. 1156. Testimonio (Chartar. 365). * OTTO Gl'ERCIUS iudex. 1 142. 45. Si. Console dei Placiti. 1158. Ambasciatore a Federigo Barbarossa (Caffaro). BULGARI AVVOCATI DELLA CHIESA DI GENOVA. I UGO DE BULGARO. 1141. Appaltatore della Zecca (Jur. i, 78). 1142. Testimonio Beg., (pag. 299). 1143. Vassallo, e membro della Curia dell’Arcivescovo (ld., pag. 24, 120). 1149. Giù morto (ld., pag. 119). NICOLA. 1 GANDULPHUS. mahtinus. 11 I FRATRES NICOLAI ET GANDUI.PIII DE BULGARO. 49. L’arcivescovo Siro concede in locazione a Nicola, Gandolfo c loro fratelli (vobis vestrisque fratribus filiis qm. Ugonis de Bulgaro) la decima che il figlio del qm. Ansaldo de’ l’olcoini (cioè verisimilmente la decima del mare) aveva restituita alla Chiesa