ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Volume LVII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1917 AL 1929 PER IL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO POGGI GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIOURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXXX - ' ì LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1917 AL 1929 ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Volume LVII LA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1917 AL 1929 PER IL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO POGGI G E N OVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXXX Ciascun autore degli scritti pubblicati negli Atti della Società Ligure di Storia Patria è unico garante delle produzioni e opinioni esposte in essi scritti. Proprietà letteraria riservata Scuola Tipografica 4 D. Bosco » - Oenova-Sampierdarena Al Comm. Nob* LUIGI VOLPICELLA j* jt j* Egregio Jlmico, II compianto consocio avv. Gaetano Poggi, che fu anche per qualche tempo nominalmente vicepresidente della Società Ligure di Storia Patria sebbene si rifiutasse di esercitarne F ufficio, mi diceva un giorno che egli non era amico delle Relazioni intorno all opera della nostra Società, e che non vedeva con favore che queste occupassero i volumi degli Atti, i quali dovevano per sua opinione essere esclusivamente assegnati alle memorie storiche. Questa è altresì l'opinione di parecchi altri consoci. Io credo invece che di tanto in tanto giovi riandare il passato, sia pure di una società di cultura e di studj come la nostra; poiché il passato, secondo lasciò scritto l’illustre zio di Lei, Giacinto de Sivo — autore eloquente e coraggioso della Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861 — « il passato è quello che avverrà. Perchè siccome in natura » — argomentava egli — « tornan le piante e gli animali stessi riprodotti dal seme primiero, così nell’ordine morale, sendo lina l’indole umana, si rinnovellano l’opere ne* tempi, benché con altri riscontri d’eventi ». vin Società Ligure di Storia Patria La storiografia, che è la rappresentazione del passato fatta per lo più conforme i criterj e le idee di quelli che la scrivono, nonostante i propositi e le affermazioni di spregiudicatezza da parte di costoro, non deve prediligere alcuni fatti e trascurarne alcuni altri, e tanto meno porre al bando tatto ciò che non risplende agli occhi della moltitudine e non risuona alle orecchie del volgo. Essa è uno dei rami imperituri della letteratura non predestinato a seccarsi giammai finche duri la civiltà e malgrado tutte le immaginabili ed anche non supponibili trasformazioni di questa. Poiché il ricordo del passato non è solamente, come dicevo testé colle parole del De Sivo, un anticipazione o un precorrimelo sotto certi rispetti dell’avvenire, ma è altresì una necessità dello sviluppo o, comunque, del manifestarsi d’ila vita sociale, nonché un bisogno dello spirito. Molti altri rami della rappresentazione letteraria della vita materiale e spirituale degli uomini sono periti col perire delle attività che essi riflettevano, come, per esempio, la maggior parte delle speculazioni teologiche delle varie religioni, della astrologia, delle scienze cosidette occulte, ecc., e molti periranno col progresso civile, come tante disquisizioni ed esposizioni della giurisprudenza, quando saranno scomparsi gli istituti cui hanno dato luogo certe peculiari forme della proprietà privata, del commercio, ecc.; come le scritture riguardanti tutte le preparazioni, operazioni e risultamenti della guerra, quando l attuale civiltà, che è ancora un prolungamento di quella dei cavernicoli, avrà lasciato posto a qualche cosa di più spirituale e di più umano. Ma la letteratura storica rimarrà; anzi, quel tanto che in forma sintetica potrà esseie conservato dei rami letterari votati alla scomparsa, diverrà storia. Molte notizie date in questo volume sembreranno assoluta- . mente superflue o di assai poco momento, e come tali non degne Prefazione IX di essere ricordate; ma io penso invece che esse potranno interessare i venturi. Tanti particolari che ora appaiono inutili ai testimoni degli avvenimenti, potranno invece essere utili ed anche necessari agli assenti ed ai lontani. Come i diamanti sepolti nelle viscere della terra acquistano valore solamente quando sono estratti e portati alla luce del sole, così certe idee e certe informazioni nascoste in vecchie scritture e passate inosservate ai contemporanei di coloro che le espressero sono apprezzate solamente quando vengono ad avere un’azione nella scena del mondo. E soltanto allora si ricercano affannosamente notizie intorno alla loro origine ed ai loro autori. Tanti storici saltano le minuzie; ma anche le minuzie c’ interessano, diceva giustamente il Carducci. Parimente le intenzioni, i progetti non eseguiti, gli scambi di idee, le pubblicazioni non fatte offrono, oltreché indicazioni e notizie che possono avere un interesse attuale, anche addentellati per costruzioni future. Ai fatti precedono sempre le idee. Inoltre, la presente relazione, attraverso il racconto dell’opera compiuta dalla Società Ligure di Storia Patria, rispecchia in molti punti il movimento della cultura genovese in questi ultimi anni. Non è una relazione brillante e sonora, perchè i fatti e le cose di cui si occupa non sono nè luminosi nè sonanti. Essa è inoltre ineguale, in alcuni punti abbondante ed in altri insufficiente : non è poi completa. Parecchie cose ho trascurate, quella in ispecie dei rapporti scientifici e culturali intervenuti fra la nostra Società, principalmente per mezzo del suo segretario, e studiosi italiani e stranieri; mentre avevo a mia disposizione un materiale non scarso e non privo d'interesse circa tali rapporti. Ma urgeva oramai condurre in porto quest’opera, che vagava in altomare da troppo tempo. Col presente scritto introduttivo io la indirizzo e la dedico X Società Ligure di Storia Patria a Lei, perchè di Lei, delle geniali iniziative, dei fecondi avviamenti, degli utili ammaestramenti da Lei impressi ed elargiti a questa Società essa è in gran parte tessuta. Queste mie parole non sotto frutto di adulazione, di cui io non mi reputo capace, ma riflettono il comune sentimento di tutti coloro che hanno lavorato e collaborato con Lei alla direzione ed all'amministrazione del nostro Istituto. Molto più autorevoli ed efficaci di esse, io voglio qui riferire quelle che a Lei rivolgeva il 24 ottobre 1929 nella seduta di commiato del Consiglio direttivo Tallora vicepresidente ed ora presidente effettivo, il chiaro prof. avv. Enrico Bensa. « Consentite » — così egli favellava in riscontro delle parole di congedo da Lei pronunziate in quella seduta — « Consentite, carissimi colleghi, ch'io invochi la mia anzianità (sono divenuto socio nel /865) per arrogarmi l'onore di rispondere a nome vostro ed anche a nome di tutti i soci alle amorevoli parole che ci ha rivolte il nostro Presidente, e che io gli presenti a nome di tutti l'espressione dei nostri sentimenti di rammarico per la sua partenza e di gratitudine per quanto egli ha fatto a prò della Società. Voi, comm. Volpicella, non ligure di nascita, avete curato gli interessi così scientifici come materiali della Società con un affetto che non avrebbe potuto essere maggiore per parte di nessuno di noi; avete colta ogni occasione per mettere in evidenza la importanza delle nostre pubblicazioni (ricordo il IX Congresso geografico italiano tenuto in Genova nel 1924), avete spinto la vostra abnegazione fino a copiare a mano interi manoscritti: gli scienziati che hanno onorato della loro visita la nostra sede li avete accolti con signorilità veramente patrizia. Ma un titolo di benemerenza pel vostro nome, a cui non possono aspirare i predecessori e noi potranno i successori vostri, è l’aver Prefazione XI escogitato quelle provvide riforme dello Statato che hanno dato un sicuro fondamento alla vita della Società. L istituzione dei soci vitalizi, che ha già fruttificato un capitale non indifferente che va ogni giorno aumentando, è la più efficace garanzia del nostro avvenire. Per tutte queste ragioni io vi proclamo benemerito e ve ne attesto a nome di noi tutti la più viva riconoscenza. Siate certo che le nostre •simpatie vi accompagnano nella nobilissima regione che vi ha dato i natali, dove il nome della vostra famiglia è noto per insigni benemerenze scientifiche a prò della patria italiana A queste attestazioni del Bensa io non voglio e non debbo man care di aggiungere che Ella, chiarissimo commendatore, benché lontano da noi si è assunto volontariamente il compito della pubblicazione ed illustrazione negli Atti sociali di un numeroso gruppo di documenti sugli schiavi in Genova dal segolo XIIal secolo XVII, raccolti dal compianto marchese Marcello Staglieno e da lui lasciati in retaggio alla nostra Società. Con quella diligente premura che tutti le riconoscono, Ella ha trascritto prima di lasciar Genova i predetti documenti; e non v’ha dubbio che essi troveranno presto degna sede nei nostri volumi sotto il titolo di Codice della schiavitù da Lei già designato. Nè voglio in ultimo tralasciare il caldo saluto e i augurio verace che il modesto estensore di queste memorie sociali rivolge, nella sua qualità di segretario, all’antico e indimenticabile Presidente col quale ha passato in un cordiale sodalizio di lavoro proficuo uno dei più fecondi periodi di vita della Società Ligure di Storia Patria. Il suo affez.mo amico Francesco Poggi Genova, il 31 gennaio 1931. STATUTO DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA !l|l li!111'*11111''ll'lUl'l II III II llillllilllllllll 1,1 III, llllll II liillll il llllllltitllllitl INI II liilllliilllllllli, ||||,|| IH llllijlllfillllllllijlli ^llllllllijlli, dU llllijjllijllllllliijlli, ,|||| llli^llli,] ini ww^w^^llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll* VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D’ITALIA Visto lo Statuto della Società Ligure di Storia Patria, approvato con R. Decreto 10 luglio 1898, N. 229 (parte supplementare); Vista la domanda in data 23 febbraio 1924, con la quale il Presidente della Società suddetta chiede che lo Statuto sia modificato in conformità dello schema approvato dall’Assemblea generale dei Soci nell’adunanza del 9 giugno 1923; Sentito il Consiglio di Stato; Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione; Abbiamo decretato e decretiamo: Art. 1. \ E abrogato lo Statuto della Società Ligure di Storia Patria, approvato con R. Decreto 10 luglio 1898, N. 229 (parte supplementare). 4 Società Ligure di Storia Patria Art. 2. È approvato lo Statuto della Società Ligure di Storia Patria annesso al presente decreto e firmato, d’ordine Nostro, dal Ministro proponente. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma addì 18 novembre 1926. Firmato: Vittorio Emanuele. Controfirmato: Fedele. STATUTO della Società Ligure di Storia Patria j* s TITOLO PRIMO SCOPO DELLA SOCIETÀ Art. 1. La Società Ligure di Storia Patria ha per suo fine costante l’indagine delle memorie di Genova, del suo territorio e dei suoi antichi dominii: si propone perciò di considerare attentamente le testimonianze del passato che a quell’oggetto si riferiscono; curando la conservazione e la illustrazione dei monumenti d’ogni tempo più lontano; mettendo in luce le vecchie cronache, onde riceve maggior lume e sicurezza di prove la storica verità; traendo dagli archivi pubblici e privati quei tesori di patria erudizione che vi giacciono ancora inesplorati o negletti; dando insomma, quanto più le venga fatto, incitamento allo studio d’ogni notizia civile ed economica, religiosa, letteraria ed artistica, così del popolo nostro come d’altri d’Italia, o di terre lontane, che con esso abbiano avuto attinenza o relazione. a Società Ligure di Storia Patria TITOLO SECONDO DEI SOCI Art. 2._ La Società è composta di cultori ed amatori delle discipline storiche. I Soci si ripartiscono nelle seguenti quattro categorie: I. Soci effettivi vitalizi, inscritti nell’albo sociale perla durata della loro vita mercè il versamento irrevocabile di L. 500. Tale somma resterà parte integrante e intangibile del patrimonio sociale; II. Soci effettivi annuali, che concorrono nelle spese sociali mercè l’annua contribuzione di L. 30; III. Soci onorari, inscritti di ufficio nell’albo sociale per merito delle loro opere o benemerenze: il loro numero complessivo non può superare quello di 10; IV. Soci corrispondenti, inscritti dopo la loro accettazione nell’albo sociale, perchè, dimorando fuori del Comune di Genova, possano corrispondere col Consiglio direttivo e collaborare nell’opera della Società: il loro numero complessivo non può superare quello di 15. Art. 3. Per essere ammesso in qualità di socio effettivo occorre essere proposto da due soci effettivi ed accettato dal Consiglio della Società. Art. 4. L’anno sociale corrisponde all’anno civile: quindi il pagamento della quota annua s’intende fatto per l’anno in corso. Tuttavia il nuovo socio proposto durante il 4° trimestre delFanno, può essere accettato con decorrenza dal primo giorno del seguente gennaio. Statuto 7 Art. 5. Al socio, che senza giustificati motivi non paga la sua quota entro l’anno, resta sospesa la facoltà di esercitare i diritti sociali. Dopo due anni consecutivi di inadempienza egli cessa di appartenere alla Società. Art. 6. I soli soci effettivi hanno diritto di partecipare a tutti i lavori dell’istituto, di essere eletti Uffiziali della Società, di intervenire con voto deliberativo nelle Assemblee ordinarie e straordinarie, di prendere parte a tutte le pubbliche letture o conferenze che possono venire deliberate dalla Società. Essi hanno inoltre diritto ad un esemplare di tutte le pubblicazioni dell’istituto, e ad essi compete il libero ingresso nella biblioteca nelle ore e nei modi che saranno stabiliti dal Consiglio direttivo. Gli Istituti iscritti come soci effettivi saranno a tali effetti rappresentati dal loro Presidente o da altro speciale incaricato. Art. 7. I soci onorari e corrispondenti godono degli stessi diritti dei soci effettivi, ma non hanno voto deliberativo nelle adunanze nè possono coprire le cariche di cui all’Art. 9. Art. 8. I soci onorari e corrispondenti sono nominati dall’Assemblea su proposta del Consiglio direttivo. Il socio effettivo che volesse proporre qualche socio onorario o corrispondente dovrà presentare la proposta al Consiglio direttivo, il quale delibererà sulla convenienza o meno di portare la proposta in Assemblea. 8 Società Ligure di Storia Patria TITOLO TERZO UFFICI DELLA SOCIETÀ ED AMMINISTRAZIONE A) Consiglio direttivo Art. 9. La Direzione della Società è affidata ad un Consiglio direttivo composto: 1° di un Presidente; 2° di due Vice-Presidenti; 3° di dodici Consiglieri. Art. 10. II Consiglio direttivo nella sua prima adunanza elegge: 1° un Segretario; 2° un Delegato alla contabilità; 3° un Tesoriere; 4° un Bibliotecario; i quali tutti dovranno essere scelti in seno del Consiglio direttivo, tranne, quando opportunità si presenti, il Tesoriere, il quale potrà essere scelto fuori del Consiglio, tra i soci effettivi, nel qual caso sarà convocato alle riunioni del Consiglio stesso, ma non avrà voto deliberativo. Il Consigliere, che non intervenga, senza essersene giustificato, in sei adunanze consigliari consecutive, decade di diritto dalla carica. Statuto 9 B) Presidenza Art. 11. Il Presidente, e in sua assenza chi legalmente fa le sue veci, rappresenta moralmente e giuridicamente la Società, sta in suo nome in giudizio, conchiude le convenzioni che la riguardano, firma il carteggio e i mandati, convoca e dirige le adunanze secondo le norme consuete delle Assemblee deliberanti, cura il buon andamento della Società e provvede alla compilazione dell’annuo rendiconto morale. Il Presidente amministra i fondi della Società a tenore del bilancio preventivo approvato dall’Assemblea generale, e dispone delle somme stanziate per le spese casuali. Occorrendo qualche spesa straordinaria superiore alle lire cinquecento, deve preventivamente ottenere l’approvazione del Consiglio direttivo. Questo poi coadiuva il Presidente nel disbrigo delle sue funzioni. Commissioni speciali potranno per altro essere nominate dal Presidente allo scopo di studiare e di riferire su pratiche relative alla Società: la presidenza di tali commissioni spetterà sempre a lui. Il Presidente potrà stabilire norme regolamentari circa il servizio interno della Società, specie per ciò che si riferisce al locale e alla biblioteca. C) Segreteria Art. 12. Il Segretario provvede al disbrigo del carteggio, sotto la firma e la responsabilità del Presidente, redige i verbali delle adunanze dell’Assemblea e del Consiglio direttivo, e cura la stampa delle pubblicazioni sociali. Egli potrà, previo accordo col Presidente, scegliersi uno o più Vice-Segretarii e farsi da essi supplire. 10 Società Ligure di Storia Patria Art. 13. La Segreteria dovrà ordinare le sue carte sotto i titoli seguenti: 1° Movimento dei soci; 2° Stampe e moduli di cancelleria; 3° Resoconti dell’Assemblea generale e delle riunioni del Consiglio. Art. 14. Saranno tenuti dalla Segreteria i seguenti registri: 1° Protocollo; 2° Verbali deli’Assemblea generale; 3° Verbali delle riunioni consigliar!-. D) Gestione finanziaria Art. 15. Il Delegato alla contabilità cura il regolare andamento della gestione finanziaria e specialmente la tenuta dei seguenti libri: 1° Libro mastro, intestato agli articoli del bilancio; 2° Registro dei mandati di pagamento; 3° Libro inventario. Art. 16. Il Delegato alla contabilità, d’intesa col Presidente, curerà la compilazione dei bilanci annuali e li sottoporrà all’approvazione del Consiglio direttivo prima di presentarli all’Assemblea. Il bilancio preventivo sarà da lui presentato nella prima adunanza ordinaria di Statuto 11 dicembre; entro i primi due mesi dell’anno dovrà preparare il bilancio consuntivo, che sarà presentato nell’adunanza ordinaria dell’aprile all’Assemblea insieme con la relazione dei Revisori dei conti. Art. 17. Il Delegato alla contabilità rilascia i mandati di pagamento, che porteranno la sua firma insieme a quella del Presidente e saranno consegnati al titolare per la relativa quietanza. Quando il Delegato alla contabilità dovesse assentarsi o non potesse per altro motivo compiere il suo uffizio, il Consiglio direttivo nominerà nel suo seno un temporaneo supplente, delegandogli anche la firma dei mandati. Art. 18. Il Tesoriere riscuote i diversi proventi della Società. Egli poi sottoscriverà le ricevute delle quote pagate dai soci; queste saranno staccate dal libro a matrice e avranno data e numero progressivo che si ripeterà ogni anno. Art. 19. Il Tesoriere eseguirà i pagamenti di cui con regolare mandato riceverà l’invito dal Delegato alla contabilità. Egli poi curerà la tenuta dei seguenti libri: 1° Registro a matrice delle bollette di ricevuta delle quote sociali; 2° Giornale di cassa. Art. 20. L’esazione delle quote sociali e di qualsiasi altro provento si fa per cura e sotto la responsabilità del Tesoriere. 12 Società Ligure di Storia Patria Art. 21. I Revisori dei conti, eletti ogni anno dall’Assemblea nella prima adunanza ordinaria di dicembre, esamineranno il bilancio consuntivo specie nei rapporti col suo preventivo, estendendo anche, ove lo reputino opportuno, le loro indagini ai libri del Delegato alla contabilità, a quelli del Tesoriere e a tutte quelle carte e documenti giustificativi che al bilancio si riferiscono. Essi faranno la loro relazione alPAssemblea contemporaneamente alla presentazione del bilancio consuntivo. Art. 22. In caso di liti, l’autorizzazione a promuovere un giudizio o a sostenerlo nell’interesse e in nome della Società dovrà essere data al Presidente dal Consiglio direttivo, salvo caso di urgenza. Il Consiglio dovrà sottoporre all’Assemblea la pratica nel più breve tempo possibile. E) Biblioteca Art. 23. La cura della biblioteca è affidata al Consigliere eletto bibliotecario a norma dell’Art. 10 dello Statuto. Egli ne cura la conservazione e il buon andamento, e provvede affinchè siano esattamente tenuti a disposizione dei soci un catalogo delle opere che la compongono ed un elenco dei giornali e delle riviste. Potrà il Bibliotecario farsi coadiuvare da uno o più soci effettivi, nominati sulla sua proposta dal Consiglio della Società e ad essi anche delegare i suoi poteri, ma sempre sotto la sua responsabilità. Statuto 13 Art. 24. Il Bibliotecario dovrà mettere man mano a catalogo i nuovi acquisti della biblioteca sociale e i doni da essa ricevuti, con indicazione, per questi ultimi, del nome dei donatori. Art. 25. Il Bibliotecario potrà rilasciare ai soci libri e riviste in prestito a domicilio. Non potranno però asportarsi: 1° Le opere per le quali non sia ancor trascorso un mese dal giorno in cui entrarono in biblioteca; 2° Dizionari ed enciclopedie, atlanti, carte geografiche e simili; 3° I manoscritti; 4° Le opere a qualsivoglia titolo preziose e le edizioni esaurite o rare; 5° Le opere che occorrono ai bisogni d’ufficio e di redazione o siano di uso più frequente; 6° Le opere lasciate in deposito. Tuttavia su questi punti il Consiglio direttivo potrà, quando lo ritenga opportuno, permettere maggior larghezza, ma sempre sotto la sua responsabilità. Art. 26. I non soci avranno libero ingresso in biblioteca, purché muniti di uno speciale permesso del Presidente della Società; ma non potranno togliere opere in prestito. 14 Società Ligure di Storia Patria Art. 27. Il socio che prende un’opera in prestito rilascia ricevuta in un apposito registro, nel quale sarà poi fatto cenno della restituzione dall’impiegato nelle cui mani viene effettuata. Il socio che non può recarsi personalmente alla biblioteca deve far consegnare la ricevuta all’atto del ritiro del prestito. Chi ha preso a prestito un’opera ne è responsabile, sia per lo smarrimento, come per i guasti arrecati. Art. 28. La durata del prestito è determinata caso per caso e viene scritta sul registro dei prestiti. Il termine però può essere rinnovato quando non vi siano precedenti richieste. Il Bibliotecario, previo concerto col Presidente, avrà per altro facoltà di ordinare, in qualunque tempo, la restituzione delle opere date in prestito. Art. 29. Non si potranno avere in prestito più di due opere contemporaneamente. Art. 30. I soci che asportano libri senza essersi uniformati alle sopra indicate disposizioni, o che li tengono oltre i termini prefissi, e, sollecitati ad effettuarne la restituzione, non la eseguiscono, cessano di godere del diritto concesso dalI’Art. 25. II Bibliotecario poi informerà il Consiglio direttivo delle infrazioni alle disposizioni precedenti e proporrà acconci provvedimenti. Statuto 15 TITOLO QUARTO DELLE ELEZIONI Art. 31. Gli Uffiziali della Società si eleggono in Assemblea tra i soci effettivi per schede segrete. È vietata l’elezione per acclamazione. Art. 32. Il Presidente, i due Vice-Presidenti e i Consiglieri restano in carica per un triennio; essi sono rieleggibili. Terminato il triennio, avranno luogo le elezioni. Art. 33. Le elezioni di cui all’articolo precedente si effettuano con votazioni distinte, nell’ordine seguente: 1° Presidente; 2° Vice-Presidenti; 3° Consiglieri. A parità di voti rimane eletto il socio più anziano di età. Art. 34. In caso di vacanza, l’Assemblea nella sua prima riunione dovrà provvedere a sostituire l’uffiziale venuto a mancare; e ad esso il nuovo eletto subentrerà interamente, agli effetti della scadenza. In caso di vacanza di otto posti nel Consiglio direttivo, l’Assemblea procederà alla elezione generale di un nuovo Consiglio; questo funzionerà per l’anno già in corso, e inoltre per il triennio successivo a norma dell’Art. 32. 16 Società Ligure di Storia Patria TITOLO QUINTO DELLE ADUNANZE DELLA SOCIETÀ Art. 35. Nell’Assemblea generale della Società hanno voto i soli soci effettivi. Art. 36. Le adunanze dell’Assemblea sono ordinarie e straordinarie. Art. 37. Le adunanze ordinarie sono: 1° Una nel mese di dicembre d’ogni anno nella quale il Presidente presenta il rendiconto morale della gestione dell’anno in corso, poi si procede alle elezioni quando occorrono, quindi si discute il bilancio preventivo e si nominano tre Revisori dei conti; 2° Una nel mese di aprile per sentire la relazione dei Revisori dei conti, ed approvare o meno il bilancio consuntivo. Art. 38. Le straordinarie sono: 10 Quando il Presidente ritenga opportuno di convocare i soci per comunicare loro qualche pratica di particolare importanza o per invitarli a qualsivoglia deliberazione di massima o di provvedimento che possa occorrere; 2° Quando almeno venti soci effettivi ne facciano formale richiesta indicandone lo scopo. Statuto 17 Art. 39. Potranno poi essere indette dal Presidente adunanze speciali per conferenze, da tenersi nei locali della Società o in altri locali cittadini, od anche per gite a scopo scientifico od artistico. A queste adunanze speciali potranno partecipare, per invito del Presidente, anche persone estranee alla Società. Art. 40. I soci effettivi saranno convocati a domicilio con un avviso contenente l’ordine delle materie da trattarsi, almeno tre giorni prima. L’Assemblea in tal modo convocata potrà validamente deliberare qualunque sia il numero dei soci intervenuti. Art. 41. Le deliberazioni saranno valide se prese ad assoluta maggioranza di voti. Quando però si trattasse di modificare il presente statuto, l’Assemblea, per deliberare validamente, dovrà essere composta della maggioranza assoluta dei soci effettivi: mancando questo numero dovrà farsi una seconda convocazione; ed allora soltanto la deliberazione sarà valida, qualunque sia il numero dei soci intervenuti. Art. 42. Non potrà portarsi a deliberazione una pratica non iscritta all’ordine del giorno comunicato al socio nell’avviso di convocazione. 18 Società Ligure di Storia Patria Art. 43. In principio di ogni adunanza, verrà data lettura del processo verbale della precedente, che sarà sottoposto all’approvazione della Assemblea. Art. 44. Le votazioni si fanno generalmente per alzata e seduta o per appello nominale, si fanno tuttavia per scrutinio segreto quando si tratti di affari personali. Art. 45. Le norme stabilite nei cinque articoli precedenti si applicano pure alle riunioni del Consiglio direttivo, salvo per queste, ove sorga necessità, la convocazione d’urgenza. TITOLO SESTO DEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ Art. 46. Il Consiglio direttivo provvede alla regolare pubblicazione degli Atti della Società. Tali Atti saranno di tre specie; cioè: a) Atti contenenti monografie e documenti sulla Storia Ligure dagli inizi fino ai tempi moderni, escluso l’ultimo cinquantennio e non compresi gli avvenimenti del Risorgimento Nazionale; b) Atti, serie del Risorgimento, contenenti monografie e documenti concernenti il Risorgimento Nazionale fino a 50 anni addietro, con particolare riguardo alla Liguria; c) Bollettini sociali, periodici, contenenti le notizie del movimento dei soci e dell’azione della Società. Statuto 19 Art. 47. Quando un socio effettivo vorrà pubblicare qualche sua memoria storica, il lavoro dovrà essere esaminato dal Consiglio direttivo, il quale deciderà sulla sua inserzione negli Atti della Società. Tale esame può essere delegato dal Consiglio a uno dei suoi membri, che ne farà poi relazione orale al Consiglio stesso, o anche a un socio fuori del Consiglio, che ne darà relazione scritta. Art. 48. Gli autori degli scritti editi dalla Società conservano i diritti loro consentiti dalla legge. Art. 49. Tutte le opere di carattere collettivo e quanto non sia lavoro speciale di alcun socio, restano in proprietà dell’istituto, che solo ha il diritto di pubblicarle. Art. 50. Gli autori delle memorie inserite negli Atti della Società riceveranno un certo numero di esemplari dei loro scritti, a giudizio del Consiglio direttivo. 20 Società Ligure di Storia Patria TITOLO SETTIMO DEL PATRIMONIO E DEI PROVENTI DELLA SOCIETÀ Art. 51. Il patrimonio sociale consta dei mobili ed oggetti di proprietà della Società, dei libri e delle carte della sua biblioteca e del danaro capitalizzato. Quest’ultimo a sua volta consta dei seguenti due cespiti: a) Capitale versato dai soci vitalizi; il quale è di sua natura intangibile ed inalienabile, finché esisterà la Società; b) Capitale di riserva, costituito da quelle donazioni, legati, oblazioni, offerte, nonché da quelle economie e superi eventuali che vengano, su proposta del Consiglio direttivo, destinate dall’Assemblea dei soci ad essere capitalizzate; per tal modo il capitale di riserva può essere, su proposta del Consiglio, o accresciuto per cavarne reddito utile ai fini sociali, o diminuito per sopperire ad eventuali bisogni della Società. Art. 52. I proventi sociali sono costituiti dai seguenti introiti: a) Rendita del capitale intangibile dei fondi vitalizi; b) Rendita del capitale di riserva; c) Annue contribuzioni dei soci effettivi annuali; d) Sussidi eventuali concessi da Istituti o da privati; e) Vendita dei volumi editi dalla Società. 21 TITOLO OTTAVO DELLA DESTINAZIONE DEL PATRIMONIO SOCIALE NEL CASO DI SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ Art. 53. Il patrimonio della Società è vincolato al conseguimento degli scopi per cui la Società è stata costituita. Nell’evento in cui la Società venisse in qualunque tempo e per qualunque causa ad essere disciolta o ad estinguersi, il patrimonio suddetto, comunque consistente in libri, cimelii, oggetti, capitali od altro, s’intende di pieno diritto trasferito nel Comune di Genova, perchè sia destinato al conseguimento dei fini di illustrazione e di conservazione delle memorie patrie, nonché ad incremento ed incoraggiamento degli studi alle stesse attinenti. Visto d'ordine di Sua Maestà it Re: il Ministro della Pubblica Istruzione Firmato: Fedele. ALBO ACCADEMICO A L 15 MARZO 1929 CONSIGLIO DIRETTIVO jt & PRESIDENTE ONORARIO Imperiale di Sant’Anqelo Marchese Cesare, Patrizio genovese; Dottore in giurisprudenza; Delegato della Società Ligure di Storia Patria presso l’istituto Storico Italiano; Socio effettivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia (1898); Socio onorario della Società Ligustica di scienze e lettere (1924); Socio effettivo del-l’Ateneo Veneto; ex-Deputato al Parlamento Italiano; Decorato della medaglia d’Argento dei benemeriti della salute pubblica (1884); fregiato del distintivo delle fatiche di guerra (1915-18); Decorato della medaglia di bronzo al valor militare (Decr. L. 17 giugno 1917); Decorato della Croce al merito di guerra (Ord. del giorno del Capo di S. M. della R. Marina, 23 novembre 1919); Decorato della medaglia di volontario di guerra (1924); Comm. dei SS. Maurizio e Lazzaro, e della Corona d’Italia. — Palazzo dell’Ambasciatore, S. Trovaso, Venezia. (21 giugno 1885, 9 gennaio 1921) (1). PRESIDENTE EFFETTIVO Volpicella Nob. Luigi, Patrizio Giovinazzese; Dottore in giurisprudenza; Commendatore Mauriziano, Commendatore della Corona d’Italia; Soprintendente del R. Archivio di Stato in Genova; Membro della Commissione Araldica Ligure, della Regia Deputazione Toscana di Storia Patria, della Società Napoletana di Storia Patria, della R. Accademia Lucchese di scienze e lettere, della Società Ligustica di scienze e lettere; Accademico di merito delPAccademia Ligustica di Belle Arti. — Via Tommaso Reggio 14, Genova (109). (12 dicembre 1918, 20 gennaio 1923) (1) La data che precede è quella della prima ammissione a socio, la data che segue è quella della elezione alla carica. 26 Società Ligure di Storia Patria VICE PRESIDENTI Bensa Enrico, Dottore in giurisprudenza; Avvocato; già Professore e Direttore del R. Istituto Superiore di scienze economiche e commerciali; Vice Presidente della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Membro della Commissione Reale per la riforma dei Codici; Vice Presidente dell’Associazione Italiana di diritto marittimo; Membro del Bureau permanent du Comité maritime international; Consigliere della International Law Association; Membro della Società Ligustica di scienze e lettere; Presidente della Commissione per la conservazione dei monumenti della provincia di Genova; Grand’Ufficiale della Corona d’Italia. — Piazza Bùgnole 1 10, Genova (quar. post. 102). , (28 maggio 1865, 20 gennaio 1923) (1) Costa Francesco Domenico, Commendatore della Corona d’Italia; Cavaliere ufficiale mauriziano; già Presidente ed ora Consigliere delPAccademia Ligustica di Belle Arti. — Passo dello Zerbino, 2, Genova (103). (17 luglio 1896, 10 gennaio 1926) CONSIGLIERI Bignone Prof. Santo Filippo, Dottore in lettere, filosofia e giurisprudenza; Bibliotecario Capo della Bibl. Civica Berio; Accademico di merito dell’Ac-cademia Ligustica di Belle Arti. — Piazza De Ferrari 41, Genova (101). (1° dicembre 1928,15 dicembre 1928) Campora Giovanni, Professore di Storia dell’arte nell’Accademia Ligustica di Belle Arti e nelle Scuole comunali Regina Margherita e Duchessa di Galliera; Accademico di merito e Presidente di detta Accademia; Membro della Commissione d’arte sacra nella Curia arcivescovile; Ispettore degli scavi e monumenti nel Circondario di Genova; Cav. Uff. della Corona d’Italia. — Via Acquarone 44-12 A, Genova (104). (21 giugno 1885, 2 febbraio 1896) (1) Il Prof. Enrico Bensa dopo il 1908 diede le dimissioni da socio, e restò per parecchi anni fuori del seno della Società; vi fu poi, a sua domanda, nuovamente ammesso con deliberazione del Consiglio direttivo in data 4 luglio 1921. Albo Accademico 27 Doria dei Marchesi Gian Carlo, dei Conti di Montaldeo, Patrizio genovese; Dottore in giurisprudenza; Membro della Commissione araldica ligure; Decorato di Croce al merito di guerra (Ord. del giorno n. 16 addì 26 nov. 1918 del XXX Corpo d’Armata). — Via Peschiera 10, Genova (102). (19 febbraio 1919, IO gennaio 1926). Giordano Avv- Ludovico, Libero Docente in filosofia del diritto nell’Uni-versità di Genova. — Corso Solferino 16, Genova (103). (11 dicembre 1914, 9 gennaio 1921) Marengo Avv. Emilio, Direttore dell’Archivio di Stato di Genova; Prof, di paleografia, diplomatica e dottrina archivistica presso il medesimo Archivio; Segretario della Commissione araldica ligure; Socio effettivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti; Membro della Commissione per la raccolta di materiali per il Museo di Castel Sant’Angelo in Roma; Socio corrispondente della Società Ligustica di scienze e lettere; Membro del Commissariato diocesano genovese per i documenti custoditi dal Clero; Cavaliere Mauriziano; Cav. Uff. della Corona d’Italia. — Via Cesare Cabella 14, Genova (103). (3 dicembre 1897, 30 dicembre 1917) Morgavi Avv. Giuseppe. — Via Balbi 21, Genova (107). (11 gennaio 1913, 2 marzo 1919) Poggi Prof. Francesco, Dottore in matematica; già Ordinario di matematica e fisica nel R. Liceo Ginnasio Cristoforo Colombo in Genova; Socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, e della « Sociedad Geografica de Lima » — Via Ambrogio Spinola 3 A-13, Genova (105). (1° febbraio 1904, 15 gennaio 1911) Puccio Prefumo Conte Francesco, Dottore in giurisprudenza; Grand’Ufficiale della Corona d’Italia. — Via Goffredo Mameli 37, Genova (103). (21 gennaio 1898, 10 gennaio 1926) Sauli Scassi Marchese Onofrio, Patrizio genovese; Dottore in giurisprudenza; Membro della Commissione araldica ligure — Via Felice Romani 8, Genova (102). (2 febbraio 1896, 26 dicembre 1915) 28 Società Ligure di Storia Patria Schiaffini Prof. Alfredo, Dottore in lettere; Titolare della Cattedra di glottologia classica e romanza nella R. Università di Genova; Socio corrispondente della R. Deputazione toscana di Storia Patria e della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Membro effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere. — Piazzetta Cattaneo 26-6, Genova (111). (27 ottobre 1928, 15 dicembre 1928) Spinola Marchese Paolo Alerame, Patrizio genovese; Accademico promotore dell’Accademia Ligustica di Belle Arti; Membro della Commissione araldica ligure; Commendatore della Corona d’Italia. — Via Cornelia 1, Genova (118). (23 febbraio 1896, 14 febbraio 1897) Staffetti Conte Luigi, Dottore in lettere; Libero docente di Storia moderna nella R. Università di Torino; già Provveditore agli studj in Campobasso, Siena, Bari e Torino; ora Preside del R. Liceo Ginnasio Andrea Doria in Genova; Membro effettivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Membro emerito della R. Deputazione di Storia Patria Modenese e di quella Parmense; Presidente della R. Accademia dei « Rinnovati » in Massa; Socio del-l’Accademia di Belle Arti di Carrara; Socio corrispondente della Società Ligustica di scienze e lettere; Commendatore della Corona d’Italia; Cavaliere Mauriziano. — Stradone di S. Agostino, Genova (111). (24 maggio 1902, 3 gennaio 1904) (1) (1) Il conte Luigi Staffetti, mentre era professore di Storia nel R. Liceo Doria in Genova, fu socio effettivo della nostra Società dal 1902 e consigliere dal 1904 al 1911 con l’ufficio di delegato alla biblioteca. Trasferito da Genova per effetto della sua promozione a provveditore agli studj, venne dall'Assemblea generale del 30 giugno 1912 nominato socio corrispondente. Ricondotto poi nel 1923 a Genova come preside del R. Liceo Ginnasio Doria, riprese la qualità di socio effettivo con nuova ammissione deliberata dal Consiglio direttivo nella seduta dell’8 novembre di esso anno, fu quindi nuovamente eletto membro dello stesso Consiglio per voto dall’Assemblea generale del 27 dicembre 1923 e successivamente rieletto nelle votazioni generali dei 10 gennaio 1926 e 15 dicembre 1928. Gli altri consiglieri sono rimasti e si trovano in carica senza interruzione dalla loro prima nomina, sempre riconfermati nelle successive elezioni. Albo Accademico 29 DELEGATI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO SCELTI NEL SENO DI ESSO (ART. 10 DELLO STATUTO SOCIALE) Poooi Prof. Francesco, Segretario generale. Puccio Prefumo Conte Francesco, Delegato alla contabilità. Spinola Marchese Paolo Alerame, Tesoriere. Marengo Avv. Emilio, Bibliotecario. jt jt jt SOCI ONORARI <& J* Boselli Paolo, Cavaliere dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata e del-l’Ordine del Merito civile di Savoia; Senatore del Regno; Primo Segretario di S. M. per l’Ordine Mauriziano e Cancelliere dell’Ordine della Corona d’Italia; già Professore nella R. Università di Roma; Professore Onorario della R. Università di Bologna; Dottore aggregato alla Facoltà di giurisprudenza della R. Università di Genova; Presidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Presidente del R. Istituto Storico Italiano; Presidente del Consiglio e della Giunta degli Archivi di Stato; Presidente del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento; Presidente della Società Nazionale « Dante Alighieri »; Presidente della Società di Storia Patria di Savona, Presidente Onorario della Società di Storia Patria degli Abruzzi in Aquila, Vice-Presidente del Consorzio Nazionale Italiano; Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle scienze di Torino, della R. Accademia della Crusca, della R. Accademia di S. Luca; Socio onorario dell’ Accademia di Massa e dell’ Accademia Cosentina; Socio ordinario della R. Accademia di agricoltura di Torino; Socio Corrispondente dell’Accademia dei Georgòfili, della R. Deputazione di Storia Patria della Toscana, della R. Accademia delle scienze di Bologna, del Regio Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti; della R. Accademia di scienze e lettere di Modena, dell’ Ateneo Bresciano, dell’ Accademia Dafnica di Acireale; Gran Cordone degli Ordini dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia, della Légion d’Onore di Francia, del Sole Levante del Giappone, dell’Ordine del Cristo di Portogallo, dell’Ordine di Danilo del Montenegro, al Merito della Croce Rossa; Grand’Ufficiale dell’Ordine di Leopoldo del Belgio, ecc. ecc. — Piazza Maria Teresa 3, Torino. (2 maggio 1896) 31 Costa Comm. Francesco Domenico (del Consiglio direttivo). (26 dicembre 1915) (1) Rossetti Prof. Carlo, Capitano di Vascello (dim.); già Capo Gabinetto del Sottosegretario di Stato per le Colonie; Uff. Mauriziano, Comm. della Corona d’Italia, Decorato di Croce al merito di guerra, ecc. (30 aprile 1916) (1) Il Comm. Francesco Domenico Costa venne eletto, per particolari sue benemerenze verso la Società Ligure di Storia Patria, al grado di socio onorario dall’Assemblea generale ordinaria del 26 dicembre 1915; ma egli, ciò nondimeno, volle continuare a versare la sua contribuzione come socio effettivo, e fu poi uno dei primi ad iscriversi alla nuova categoria dei soci vitalizi. « SOCI corrispondenti Jt Bràtianu Giorgio I., Prof. dell’Università di Jassy — Str. Coroi 4, Jassy <27 dicembre 1924) Byrne H. Eugenio, Professore delPUniversità di Wisconsin — Madison, Wisconsin (U. S. A-). . (27 dicembre 1924) Cogo Gaetano, Dottore in lettere; già Provveditore agli Studi; Ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione; Libero docente di storia moderna nella R. Università di Napoli; Socio corrispondente esterno della R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie; Socio corrispondente dell Accademia Veneto-Trentino-ltaliana in Padova; Uff. Mauriziano, Grand Uff. della Corona d’Italia — Ministero dell’istruzione, Roma. . (3 gennaio 1904) Cuneo-Vidal Romolo, « Individuo de numero del Instituto Historico del Perù »; Accademico corrispondente della « Reai Academia Espanola de la Historia »; Accademico corrispondente della « Reai Academia Hispano Americana de Cadiz »; Socio corrispondente dello « Ateneo Hispano Americano de Buenos Aires »; Socio corrispondente della « Junta de Historia Nacional de Montevideo »; Socio corrispondente del « Centro de Cultura Valen-ciana de Valencia »; « Individuo de la Sociedad Bolivariana del Perù »; Membro del « Directorio de la Sociedad geografica del Perù »; Socio corrispondente della « Sociedad geografica de La Paz » (Bolivia); Commendatore delFOrdine del Sol del Perù, Commendatore della Corona d’Italia, ecc. — 205, Paseo Colon, Lima (Perù). (17 dicembre 1927) 33 De La Roncière Carlo, « Conservateur du département des imprimés » della Biblioteca Nazionale di Parigi- — Bibliothèque Nationale, Paris. (15 gennaio 1927) Gandoglia Prof. Comm. Bernardo. — Noli. (9 gennaio 1921) Gasparolo Sac. Canonico Prof. Francesco, Dottore in teologia, filosofia, paleografia e leggi; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Direttore della Rivista di Storia, Arte e Archeologia per la Provincia di Alessandria. — Alessandria. (2 maggio 1896) Hasluck F.W. (King’s College Cambridge), della Scuola Britannica di Atene (15 febbraio 1914) Lanza Pietro, Principe di Scalea, dei Principi di Trabia; Ministro di Stato; Senatore del Regno; Cavaliere di Gran Croce, ecc. — Palermo. (17 aprile 1898) Livi Giovanni, già Soprintendente del R. Archivio di Stato di Bologna; Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Romagne; Socio corrispondente delle RR. Deputazioni Toscana e Modenese di Storia Patria, e dell’Ateneo di Brescia; Membro della Commissione Provinciale per la conservazione dei monumenti, ecc.; Comm. della Corona d’Italia e dei SS. Maurizio e Lazzaro. — Bologna. (2 maggio 1896) Manfroni Camillo, Dott. in lettere, Prof, di Storia moderna nella R. Università di Roma; Membro effettivo del R Istituto Veneto di Scienze e lettere, della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, della R. Deputazione Toscana di Storia Patria, della R. Accademia di scienze e lettere di Padova; Socio onorario della R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie; Socio corrispondente della R. Società Romana, dell’Ateneo Veneto, deH’Accademia letteraria di Leyda, della R. Accademia de la historia di Madrid; Decorato di medaglia d’oro di prima classe dei benemeriti delle scienze navali; Comm. Mauriziano e della Corona d’Italia; Senatore del Regno. — Via Po 162, Roma. (9 gennaio 1910) 34 Società Ligure di Storia Patria Pandiani Dott. Emilio, Prof, di storia e filosofia nel R. Liceo C. Colombo in Genova; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Cav. della Corona d’Italia. — Stradone S. Agostino, Genova (111). . Richardson Ernest Cushing, Bibliotecario della Università di Princeton. — Nuova Jersey (Stati Uniti d'America) . (3 giugno 1906) Sieveking Dott. Enrico, Rettore e Prof, di economia politica delPUniversità di Amburgo. — Hamburg (Germania). . (3 giugno 1906) Suida Guglielmo, Prof, di Storia dell’arte nell’Università di Gratz- Gratz (Austria). . (15 gennaio 1927) Tarducci Prof. Dott. Francesco, Preside a riposo nei RR. Licei; Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi, e della Reale Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena; Socio corrispondente esterno della R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie; Comm. della Corona d’Italia. — Piobbico (Prov. di Pesaro e UrbÌn0)- (2 maggio 1896). SOCI EFFETTIVI vitalizi in ordine cronologico della loro iscrizione (1) Spinola March. Comm. Paolo Alerame (del Consiglio direttivo). (23 febbraio 1896, 31 gennaio 1924) Giordano Avv. Prof. Ludovico (del Consiglio direttivo). (11 dicembre 1914, 31 gennaio 1924) Costa Comm. Francesco Domenico (del Consiglio direttivo). (17 luglio 1896, 22 maggio 1924) Balduino Dott. Domenico, Cav. Uff. della Corona d’Italia, Decorato di medaglia d’argento al valor militare. — Piazza Nunziata 19, Genova (106). (27 luglio 1906, 22 maggio 1924) Belimbau Dott. Eugenio. — Piazza Nunziata 24, Genova (106). (17 gennaio 1921, 22 maggio 1924) Scorza M. G. Angelo. — Via Caffaro 3, Genova (104). (25 febbraio 1920, 22 maggio 1924) (1) La categoria dei soci vitalizi fu istituita col nuovo Statuto sociale approvato dall’As-semblea generale dei soci nell’adunanza del 9 giugno 1923 e sanzionato con R. Decreto 18 novembre 1926, e cominciò a comporsi al principio del 1924 con iscritti provenienti dalla vecchia categoria dei soci annuali. Delle due date segnate in parentesi, la meno recente si riferisce alla prima ammissione a socio, e la più recente all’iscrizione nella categoria dei vitalizi. La prima di esse è anche indicata nell’elenco dei membri del Consiglio direttivo, e per quei di loro che assunsero la qualità di socio vitalizio viene qui ripetuta semplicemente per ragion di uniformità; la seconda, cioè la data d’iscrizione a socio vitalizio, è quella stessa della seduta in cui il Consiglio direttivo ha preso atto di tale iscrizione. Quando nelle parentesi comparisce una sola data, questa indica in pari tempo l’iscrizione a socio vitalizio e la prima ammissione alla Società. In questo elenco compariscono altresì i soci vitalizi già defunti, i cui nomi vengono contrassegnati dalla crocetta ^ : i quali, come sono perpetuamente presenti nel patrimonio sociale colla somma intangibile' da ciascun di loro versata all’atto dell’iscrizione (Art. 2 dello Statuto), così devono essere sempre presenti nell’albo sociale. 36 Società Ligure di Storia Patria Fabbricotti Grande Uff- Carlo Andrea. — Carrara- (23 giugno 1919, 22 maggio 1924) Carpanini Comm. Pellegrino. — Lerici. . (10 novembre 1921, 22 maggio 1924) £8 Raggio Conte Carlo, Dottore in giurisprudenza, Senatore del Regno. — Genova. (19 ottobre 1896, 22 maggio 1924) Puccio Prefumo Conte Dott. Francesco (del Consiglio direttivo). (21 gennaio 1898, 22 maggio 1924) Candioti Alberto M., Console generale « missus » della Repubblica Argentina: Presidente dello « Ateneo Hispano Americano 5> di Berlino; Membro dello « Institut for internationales recht » dell’Università di Kiel; Membro della « International Law Association » — Calle Callao 25, Buenos Aires (Argentina). . (31 gennaio 1924, 22 maggio 1924) Marsano Mons. Alfredo, Cameriere segreto soprannumerario di S. S.; Arciprete di Oenom-Rivarolo. ig05. 29 nove,nbre l924) Poggi Prof. Dott. Francesco (del Consiglio direttivo). (1° febbraio 1904, 5 febbraio 1925) De-Ferrari Principe Gerolamo, Avvocato; Patrizio Sanmarinese; già Console e Ministro plenipotenziario del Montenegro; Membro onorario e Delegato generale dell’istituto Araldico Italiano e del « Conseil Héraldique de France »; Membro effettivo della Società geografica di Milano per l’esplorazione commerciale in Africa; Grand’Uff. della Corona d Italia, ecc. ecc. — Via S. Lorenzo 17, Genova (111). (2 febbraio 1890, 5 febbraio 1925) ►B Bigliati Avv. Prof. F.sco Giuseppe. — Genova. (12 marzo 1908, 5 febbraio 1925) Pes di Villamarina e d’Azeglio March. Salvatore. — Piazza Manin 41, Genova (103). <4 ll|elio ,921' 25 ei"sno 1,25> Berry Edward E., Socio corrispondente della Società Ligustica di scienze e lettere. — Monte Verde, Bordighera. . (16 febbraio 1907,25 giugno 1925) 37 )$< Casaretto Avv. Pier Francesco. — Genova. (23 febbraio 1896, 9 dicembre 1925) (1) Maglione March. Avv. Giuseppe. — Diano Marina. (17 gennaio 1921, 9 dicembre 1925) Salvago Raggi dei Marchesi Paris, Patrizio genovese. — Via Franco No-cero 4, Sanremo. (18 dicembre 1920, 11 febbraio 1926) Scerni Comm. Paolo. — Via XX Settembre 41, Genova (101). (24 febbraio 1910, 11 febbraio 1926) Puccio Yon. — Via G. Mameli 37, Genova (103). (18 marzo 1898, 11 febbraio 1926) Calpestri A. Italo. — 1272 St. Charles Street, Alameda, California (U. S. A.). (25 giugno 1896, 11 febbraio 1926) Doria dei Marchesi Dott. Gian Carlo (del Consiglio direttivo). (19 febbraio 1919, 11 febbraio 1926) De Fornari Nobile Luigi, Patrizio genovese. — Villino De-Fornari, Genova- Quarto. (25 giugno 1925, 29 aprile 1926) Gallian Amalia. — Via Mylius 9, Genova (112). (29 aprile 1926) Guagno Ing. Enrico. — Via Cernaia 20, Torino. (15 gennaio 1927) Gropallo March. Marcello, Patrizio genovese. — Piazza dello Zerbino 12, Genova (103). (18 dicembre 1920, 9 aprile 1927) Serra Marchesa Caterina. — Via Serra 3, Genova (102). (18 dicembre 1920, 9 aprile 1927) (1) L’avv. Pier Francesco Casaretto s’inscrisse a socio vitalizio poche settimane innanzi alla sua morte, avvenuta il 22 ottobre 1925; ina di tale iscrizione il Consiglio direttivo non potè prendere atto se non che nella prima adunanza successiva alla iscrizione medesima da esso tenuta il 9 dicembre 1925. 38 Società Ligure di Storia Patria Serra dei Marchesi Orso, Patrizio genovese, Decorato di Croce al merito di guerra — Via Serra 4, Genova (102). (25 febbraio 1920, 9 aprile 1927) Carrara Ing. Cav. di Gran Croce Venceslao. — Villa Carrara, Genova -Quarto dei Mille. <9 aPrile 1927) Passalacqua Grand’Uff. Marco. — Salita S. Giovanni, Genova (HO). (9 aprile 1927) Raggi March. Antonio, Patrizio genovese — Via Assarotti 37, Genova (103). (9 aprile 1927) Pallavicino nata Gropallo Marchesa Maria. — Via S. Nazaro 8, Genova (118). pi aprile 1925, 9 aprile 1927) Gallo nata Serra Marchesa Matilde — Via Serra 3, Genova (102). (10 dicembre 1927) Anfossi Dott. Comm. Antonio. — Corso Solferino 17, Genova (103). (10 dicembre 1927) Lercari Comm. Gian Luigi. — Via G. B. D'Albertis 5-9, Genova (115). (29 aprile 1913, 20 febbraio 1928) Peragallo Cap.no Alberto. — Via Ettore Vernazza 11, Genova (101). (20 febbraio 1928) Peragallo Comm. Cornelio. — Via del Traforo 146, Roma. (29 aprile 1926, 20 febbraio 1928) Sauli March. Dott. Onofrio (del Consiglio direttivo). (2 febbraio 1896, 31 maggio 1928) Codevilla Mario, Orefice. — Via Orefici 24, Genova (109). (22 maggio 1924, 31 maggio 1928) Piccardo Andrea Luigi, Dottore in scienze commerciali, Cav. Uff. della Corona d’Italia. — Via Assarotti 36, Genova (103). (25 gennaio 1923, 31 maggio 1928) Albo Accademico 39 Croce Beppe, GrancTUff. della Corona d’Italia. — Via Assarotti 5, Genova (103). (17 luglio 1896, 31 maggio 1928) Negrone March. Giovanni, Patrizio genovese — Via Privata Piaggio 24, Genova (104). (31 maggio 1928) Casaretto Emma Ved. Drovanti. — Via S. Nazaro 26, Genova (118). (27 ottobre 1928) Drovanti Anna. — Via S. Nazaro 26, Genova (118). (27 ottobre 1928) Drovanti Maria. — Via S■ Nazaro 26, Genova (118). (27 ottobre 1928) Guala Amedeo fu Antonio. — Via Galeazzo Alessi 6, Genova (112). (1° dicembre 1928) Salvago Raggi March. Giuseppe, Patrizio genovese; Dott. in scienze sociali; Ambasciatore di S. M. il Re d’Italia; Senatore del Regno; Delegato italiano nella Commissione delle Riparazioni; Consigliere del Contenzioso diplomatico; Membro dell’istituto coloniale internazionale; Medaglia al valor civile 25-5-1882; Grand’Uff. Stella d’Italia; Cav. di Gr. Cr. della Corona d’Italia (M. P.); Cav. di Gr. Cr. dei SS. Maurizio e Lazzaro. — Via P. L. da Palestrina 8, Roma (26). (21 aprile 1925, 15 dicembre 1928) Sauli Scassi dei Marchesi Ambrogio di Onofrio, Patrizio genovese. — Via Felice Romani 8, Genova (102). (11 gennaio 1929) Pallavicino March. Stefano Lodovico, Patrizio genovese, Dottore in giurisprudenza. — Piazza delle Fontane Marose 27, Genova (106)- (15 marzo 1929) Cambiaso dei Marchesi Pier Giuseppe, Patrizio genovese - Vico Barnabiti 3-11, Genova (103). (4 febbraio 1919, 15 marzo 1929) Bensa Felice, Grand’Uff. della Corona d’Italia, Senatore del Regno — Piazza delle Fontane Marose 25, Genova (106). (4 luglio 1921, 15 marzo 1929). jX jX SOCI EFFETTIVI ANNUALI Accademia Ligustica di Belle Arti. — Piazza R. De Ferrari 41, Genova (101). (1° gennaio 1873) Alberti Comm. Giovanni. — Via Cairoti 1, Genova (106). (26 giugno 1916) Ammirato Ing. Comm. Giuseppe. — Via D. Chiossone 14, Genova (108). (19 febbraio 1919) Andriani Dott. Giuseppe, Prof- di lettere italiane e storia nel R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele III in Genova-Sampierdarena; Socio effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere. — Via Acquarone 26-11, Genova (104). . (22 maggio 1924) Angeli Prof. Cav- Adolfo, Dott. in lettere, Presidente della R. Accademia di Belle Arti di Carrara — Carrara. , (9 dicembre 1925) Assereto Ing. Aldo, Cav. della Corona d’Italia — Corso Andrea Podestà 5 A-22, Genova (102). ’ (29 aprile 1920) Astengo Corrado. — Corso Paganini 81, Genova (104). (9 dicembre 1925) Balduino Dott. Cesare, Capitano marittimo, Comm. della Corona d’Italia — Via Gorgona 3, Genova (118) (25 giugno 1896) Albo Accademico 41 Balduino Cav. Giuseppe, Dott. in giurisprudenza — Piazza F. Corridori 6, Genova (106) (14 marzo 1921) Barattieri di San Pietro Conte Dionigi; Ingegnere; Commissario del Re presso la R. Consulta Araldica; Socio onorario della R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie; Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Cav. di Gran Croce; ecc. ecc. Via Giuseppe Taverna 70, Piacenza. (15 gennaio 1927) Bassani Rag. Eugenio. — Borgotaro. (8 novembre 1923) Bassi Dott. Adolfo, Prof, di materie letterarie nel R. Ginnasio Andrea Doria — Via dei Sansone 17, Genova (112) (31 marzo 1909) Basso Prof. Dott. Domenico, Oculista-chirurgo. — Via SS. Giacomo e Filippo 19, Genova (102) (25 giugno 1896) Bellotti Dott. Silvio, già Prof, di lettere italiane nel R. Istituto Tecnico «Vittorio Emanuele II » in Genova; Cav. della Corona d’Italia — Via Pisacane 5, Genova (114) (20 giugno 1905) Benettini Avv. Giorgio. — Piazza R. De Ferrari 36-4, Genova (101) (20 dicembre 1920) Bensa Avv. Prof. Grand’Uff. Enrico (del Consiglio Direttivo). Berini Ing. Federico — Via XX Settembre 22, La Spezia (31 maggio 1928) Berio Avv. Fausto, — Via San Donato 2-2, Genova (111) (4 febbraio 1914) Berlinqieri Avv. Francesco, Dottore aggregato della R. Università di Genova; Prof, incaricato di diritto marittimo nella stessa Università; Membro della Commissione Reale per la riforma dei Codici; Presidente dell’Associazione Italiana di diritto marittimo; Membro del Bureau permanent du Comité Maritime International-, Delegato del Governo italiano 42 Società Ligure di Storia Patria alla Conferenza diplomatica di diritto marittimo a Bruxelles; Membro del Comitato esecutivo della International Law Association; Comm. dei SS. Maurizio e Lazzaro, Grand’Uff. della Corona d’Italia, Grand’Uff. nel- l’Ordine di Leopoldo II del Belgio. — Corso Carbonara /, Genova (106). (16 dicembre 1896) Bernardakis Costantino, Dott. in legge. — Via Ippocrate 2, Atene. (4 febbraio 1914) Berrone Ippolito, Direttore del Banco de Italia y Rio de la Piata; Grand’uff. della Corona d’Italia. — Via Peschiera 13, Genova (102), (29 aprile 1920) Bertelli Avv. Pietro, Vice-Direttore della Cassa di Risparmio di Genova. — Via David Chiossone 5, Genova (108). (23 giugno 1919) Bianco dei Conti di S. Secondo Nob. Cav. Federico. — Aurigo (Imperia)- (11 febbraio 1922) Biblioteca Briqnole Sale. — Via Garibaldi 18, Genova (106). (13 gennaio 1917) Biblioteca Civica Berio. — Piazza R. De Ferrari 41, Genova (101)- (22 novembre 1857) Biblioteca Civica Gian Luigi Lercari. — Via di S. Fruttuoso 10, Genova (115). (21 dicembre 1922) Biblioteca Comunale. — Verona. (17 marzo 1881) Biblioteca Comunale. — San Remo (Imperia). (8 novembre 1925) Biblioteca Nazionale di S. Marco. — Venezia. (15 marzo 1929) Biblioteca Popolare G. Mazzini. — Via Garibaldi 20-6, Genova (106). (9 dicembre 1925) Biggini Carlo Alberto, Dottore in giurisprudenza. — Via Principe Amedeo 3, La Spezia. . (15 gennaio 1927) Albo Accademico 43 Biggio Sac. Luigi, Prevosto di S. Pietro in Banchi — Piazza Banchi, Genova (109). (30 giugno 1926) Boccalandro Avv. Comm. Francesco. — Via dei SS. Giacomo e Filippo 35, Genova (102). (20 luglio 1918) Boccalari Raffaello. - Via Caffaro 4, Genova (104). (3 maggio 1923) Bocconi Nob. Luigi, Dottore in giurisprudenza; Console generale con titolo onorario di R. Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario; Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Grand Uff. della Corona d’Italia, Comm. dei SS. Maurizio e Lazzaro — Pont re moli. (8 novembre 1923) Bodoano Angelo. — Via Galeazzo Alessi 5-5, Genova (112). (25 giugno 1925) Bocciano Pico Avv. Prof. Antonio, Dottore aggregato della Regia Università di Genova; già Deputato al Parlamento Nazionale; Comm. della Corona d’Italia — Corso Magenta 58-9, Genova (104). (9 aprile 1908) Bonguadagno Gerolamo, Dottore in giurisprudenza; Accademico promotore dell’Accad. Ligustica di Belle Arti; Presidente del Pio Istituto dei rachitici. — Via Lomellini 25, Genova (108). (18 dicembre 1920) Boni Belmiro — Vico S. Donato 4-9, Genova (111). (15 marzo 1929) Borlasca Dott. Ugo, Coirnn. della Corona d’Italia. — Piazza S. Matteo 14, Genova (108). (3 maggio )923) Bornate Dott. Carlo, Prof, di lettere Italiane e storia nel R. Istituto Tecnico « Vittorio Emanuele II » in Genova; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia. — Corso Sardegna 46-17, Genova (115). (4 febbraio 1914) Borzino Emilio, Grand’Uff. della Corona d’Italia. -- Via Roma 9, Genova (101). (3 maggio 1923) 44 Società Ligure di Storia Patria Bozano Ing. Cristoforo, Socio effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere; Grand’Uff. della Corona d’Italia.— Corso Firenze 9-12, Genova (104). (19 febbraio 1919) Bozano Avv. Paolo F.sco. — Via Pisa 5, Genova (118). (14 gennaio 1898) Brian Rosa nata Bombrini. — Via Caffaro 12, Genova (104). (21 aprile 1926) Bruzzone Emilio, Grand’Uff. della Corona d’Italia. -- Corso Firenze 46, Genova (104). ,24 novembre 1908) Bruzzone Rag. Michele, Direttore della Cassa di Risparmio di Genova, Cav. Uff. della Corona d’Italia. — Via Rivoli 5, Genova (112). (28 gennaio 1898) Cabella Avv. Edoardo. — Via Luccoli 17, Genova (108). . (25 giugno 1896) Caissotti di Chiusano Ing. Cav. Carlo.— Via Assarotti 37-1, Genova {103). (22 maggio 1924) Cambiaso Sacer. Domenico, Dottore in teologia; Canonico di N. S. del Rimedio; Archivista della Curia Arcivescovile Piazza Umberto /, 22, Genova (111). (26 dicembre 1899) Campora Prof. Cav. Uff. Giovanni (del Consiglio direttivo). Canepa Dott. Antonio, Prof, di filosofia e storia nel R. Liceo « Gian Domenico Cassini * di Sanremo ; Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia ; Cav. della Corona d’Italia — Via Zeffiro Massa 53, Sanremo (Imperia). (18 dicembre 1920) Canevello Prof. Dott. Comm. Edoardo, Presidente del Comitato Ligure per l’educazione del popolo; già Direttore generale delle Scuole Civiche di Genova — Via Casaregis 34, Genova (114). (21 dicembre 1884) Capellini Avv. Vincenzo. — Via V. Capellini (Villa Emma), Genova (118). (16 novembre 1926) Albo Accademico 45 Capoduro Avv. Comm. Giovanni Maria. — Via Vittorio Emanuele 2, San Remo (Imperia). (18 dicembre 1911) Cappa Avv. Giuseppe. — Via Pastrengo 6, Genova (103). (25 giugno 1925) Caprile Attilio, Grand’Ufficiale della Corona d’Italia — Via Peschiera 16 Genova (102). (26 maggio 1923) Caprile Enrico, Grand’uff. della Corona d’Italia — Via Montallegro 26, Genova (118). (26 maggio 1923) Capurro Sac. Giuseppe. — Recco (Genova). (24 maggio 1911) Carranza Avv. Cav. Livio. — Via S■ Martino 31, Pisa. (29 novembre 1924) Carrega March. Antonio, Patrizio genovese; Dottore in giurisprudenza; Accademico promotore dell’Accad. Ligustica di Belle Arti ; Console generale del Principato di Monaco; Cav. della Corona d’Italia, Cav. de£ l'Ordine di S. Carlo — Via Curtatone 1, Genova (103). (19 ottobre 1896) Casaretto Avv. Comm. Francesco, Vice Presidente del Consiglio provinciale dell’economia, già Deputato al Parlamento Nazionale — Via dietro il Coro delle Vigne 3-7, Genova (108). (24 maggio 1902) Cassa di Risparmio di Genova. - Via David Chiossone, Genova (108). (26 maggio 1923) Cassanello Dott. Notaro Comm. Paolo. - Via XX Settembre 28, Genova ( 101). (25 gennaio 1923) Castellano Avv. Dionisio. — Oneglia (Imperia). (20 luglio 1918) Cattaneo Adorno March- Luigi, Patrizio genovese, Dottore in giurisprudenza; Cav. Uff. della Corona d’Italia — Via Garibaldi 8, Genova (106). (10 marzo 1872) Cattaneo Adorno nata Luserna di Rorà Marchesa Giuseppina. — Via Albaro 30, Genova (118). (19 febbraio 1921) 46 Società Ligure di Storia Patria Cattaneo dei Marchesi Mino, March, di Beiforte, Patrizio genovese — Corso Solferino 15, Genova (103). ^ M9) Cattaneo della Volta fu G. B. March. Giuseppe, Patrizio Genovese — Piazza Nunziata 15, Genova (106). (19 febbraio 1921) Caumont Caimi Conte Lodovico — Via Goffredo Mameli 32, Genova {103). (30 dicembre 1920) Centurione Scotto dei Principi e Marchesi Carlo, Patrizio genovese; Ingegnere civile ed elettrotecnico; Cav. del Sovrano Militare Ordine di Malta, Comm. della Coronad’Italia — Via Uffici del Vicario 49, Roma (120). (10 giugno 1897) Chiarella Sac. Prof. Giuseppe; Dott. in lettere, in filosofia ed in teologia. • — Via Vincenzo Bellini 2, Milano. (9 aprile 1908) Cicciarelli Dott. Armando; Prof, di lettere latine e greche nel R. Liceo C. Colombo in Genova. — Via Casaregis 23, Genova (114). (26 maggio 1923) Cipollina Marcello, Dottore in giurisprudenza; Archivista del R. Archivio di Stato in Genova; Cav. della Corona d’Italia — Via Tommaso Reggio, Genova (109). . (4 giugno 1896) Circolo Artistico Tunnel. — Via Carlo Felice 12, Genova (106). (13 agosto 1882) Ciurlo Ing. Cav. Uff. Marcello, Prof- ord. di costruzione navale e disegno di costruzione nel R. Istituto Nautico « S. Giorgio » in Genova. -Piazza Tommaseo 4, Genova (113). (22 settembre 1917) Codignola Prof. Arturo, Dott. in lettere; Ispettore del civico Ufficio di Belle Arti e Storia di Genova; Consigliere della Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano; Socio corrispondente della R. Depu- Albo Accademico Al fazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Socio corrispondente residente della Società Ligustica di scienze e lettere; Cav. Uff. della Corona d’Italia — Via Garibaldi 18, Genova (106). (.8 novembre 1923) Compagna di Zeneixi. — Campetto 7, Genova (108). (8 novembre 1923) Consorzio autonomo del Porto di Genova. — Via Frate Oliverio 4, Genova (111). (6 aprile 1922) Copello Avv. Notaro Giovanni Mario, Presidente della Società Economica di Chiavari; Medaglia d’Oro, Comm. della Corona d’Italia. — Via Gio. Batta Raggio 1, Chiavari (Genova). (26 giugno 1916) Copello Edoardo Romeo, Segretario amministrativo del Comitato delle Compagnie di assicurazioni marittime. — Via Donghi 31, Genova (115). (31 maggio 1928) Copello Dott. Gerolamo. — Corso Mentana 3, Genova (112). (9 dicembre 1925) Corsanego Avv. Cav. Camillo. — Via dello Spedale 30-4, Genova (101). (17 gennaio 1921) Cortese Pippo. — Piazza Demarìni 1, Genova (109). (5 aprile 1905) Costa Avv. Antonio. — Villa Maggio, S. Margherita Ligure (Genova). (16 novembre 1926) Crespi Benigno. — Regione Berigo, Sanremo (Imperia). (25 giugno 1925) Croce Ing. Cav. Benedetto. - Via XX Settembre 37, Genova (101). (29 aprile 1920) Croce Bermondi Edoardo, Dott. in giurisprudenza — Corso Firenze 6, Genova (104). (4 luglio 1921) 48 Società Ligure di Storia Patria Crump H. Ashbrooke. — Villa Francesca, Alassio (Savona). (29 aprile 1926) Cucchiari Avv. Cav. Pier Francesco. — Carrara. (9 novembre 1922) Dagnino Prof. Eduardo. — Via delle Alpi 9, Roma. (24 maggio 1911) D’Albertis Cap. Comm. Enrico Alberto. — Corso Dogali 18, Genova {104) (21 dicembre 1884) Dall’Orso Comm. Mario, Membro del Consiglio di amministrazione della R. Scuola d’ingegneria navale in Genova. — Corso Paganini 64 A, Genova (104). (7 luglio 1922) D’Andrea Avv- Andrea. — Via XX Settembre 12, Genova (101). (3 maggio 1923) De Amicis Mons. Giacomo Maria, Vescovo tit. di Sinope, Ausiliare della Diocesi di Genova; Prelato domestico di S. S.; Canonico della Metropolitana. — Piazza delle Vigne 4, Genova (109). (12 agosto 1888) De-Ferrari Avv. Francesco. — Piazza Campetto 5, Genova (108). (21 maggio 1896) Della Cella Avv. Cav. Michele. — Piazza Umberto /, 1, Genova (111). (7 gennaio 1910) Dell’Amico Antonio. — Corso V. Emanuele 39, Carrara. (5 febbraio 1925) Del Carretto di Balestrino March. Avv. Comm. Domenico. — Albenga (Savona). (3 maggio 1923) Della Torre di Lavagna Conte Giulio, Dott. in giurisprudenza; Ambasciatore di Sua Maestà; Membro della Commissione Araldica Ligure; Cav. di Gr. Cr. della Corona d’Italia, Comm. dei Santi Maurizio e Lazzaro. — Via Principe Amedeo 2, La Spezia. (2 febbraio 1896) Albo Accademico 49 Del Medico Conte Cav. Uff. Carlo, Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi, Socio delPAccademia dei « Rinnovati * di Massa. — Carrara. (2 marzo 1918) De Mai i lis Dott. Emilio. — Via Gropallo 4, Genova (102). (30 giugno 1926) De Nobili di Vezzano dei Marchesi Avv. Comm. Luigi, Patrizio genovese. — Via Volturno 58, Roma. (6 marzo 1916) De Simoni Sac. Prof. Lazzaro, Condirettore del quotidiano « Nuovo Cittadino ». — Via S. Luca 6, Genova (110). (15 marzo 1923) Di Negro Dott. Nob. Andrea, Patrizio genovese. — Bedizzano (Carrara). (21 aprile 1925) Dobelli Zampetti Prof. Anita. — Villa Merlini, Alassio (Savona). (9 aprile 1927) Donetti Avv. Vincenzo. — Via Roma 11, Sanremo (Imperia). (25 novembre 1916) Donghi Nob. Gian Carlo, Patrizio genovese. - Via Camilla 14, Genova (118). (5 febbraio 1925) Doria March. Ambrogio, Conte di Montaldeo, Patrizio genovese; Dott. in scienze agrarie. — Via Garibaldi 6, Genova (106). (3 maggio 1923) Doria dei Marchesi Gustavo, dei Conti di Montaldeo, Patrizio genovese; Dott. in scienze sociali. — Via Garibaldi 6, Genova (106). (5 febbraio 1925) Doria Lamba March. Francesco, Patrizio genovese. - Via Peschiera 22, Genova (102). (6 aprile 1896) Doria Lamba dei Marchesi Lodovico, Patrizio genovese; Avvocato. — Via Dodecaneso, Genova (118). (30 dicembre 1920) 50 Società Ligure di Storia Patria Doria Lamba dei Marchesi Vittorio, Patrizio genovese; Tenente Colonnello di fanteria nella Riserva. — Via Cairoli 1S, Genova (106). (25 febbraio 1920) Durazzo March. Giuseppe Maria, March, di Pontinvrea, Patrizio genovese; Dott. in giurisprudenza. — Piazza della Meridiana 2, Genova (106) (21 aprile 1925) Erizzo Avv. Ettore. — Piazza S. Bernardo 26, Genova (111). (8 novembre 1923) Fassio Pio Giuseppe. — Corso Ugo Bassi 46, Genova (105). (31 marzo 1909) Ferrando Luigi, Insegnante civico. — Via Melegari 8, Genova (107). (9 dicembre 1925) Ferrari Agostino, Agente di cambio. — Corso Magenta 52, Genova (104). (18 dicembre 1920) Ferrari Dott. Pietro, Tenente Colonnello; Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi (Sezione di Pontremoli); Cav. Uff. della Corona d’Italia. — Piazza A. Saffi 28, Pontremoli. (11 febbraio 1922) Fiamberti Avv. Massimo, già Deputato al Parlamento Nazionale; Grand Uff. della Corona d’Italia, Comm. dei SS. Maurizio e Lazzaro, e della Corona d’Italia. — Corso Torino 36, Genova (114). (10 aprile 1898) Fiaschi Avv. Prof. Vico, Titolare della cattedra di economia politica e diritto nel R: Istituto commerciale «Vittorio Emanuele III » di Carrara; Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi; Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Socio dell’Accademia Lunigianese di scienze « Giovanni Capellini » (Spezia); Socio dell’Accademia dei «Rinnovati» di Massa. Carrara. (30 ottobre 1919) Figoli Des Geneys Conte Eugenio, Senatore del Regno. — Arenzano- (:27 marzo 1897) Albo Accademico 51 Filippini Nob. Enrico, Dott. in lettere; Prof, ordinario di lettere italiane e latine nel R. Liceo classico « Giuseppe Parini » di Milano; Socio ordinario della R. Deputazione di Storia Patria dell’Umbria; Socio della Società Storica Lombarda; Socio onorario della R. Accademia di Belle Arti di Milano; Cavaliere della Corona d’Italia. - Via Ariosto 26, Milano. (3 maggio 1923) Fontanabona Ettore, Direttore Capo servizio (Ispettore Generale) del Ministero Poste e Telegrafi; Grand’Uff. della Corona d’Italia, Cav. Uff. dei SS. Maurizio e Lazzaro. — Via Aureliana 53, Roma. (6 aprile 1896) Frisoni Mario. — Via Assarotti 35, Genova (103). (17 gennaio 1921) Fuselli Ing. Carlo, 1 residente dell Università popolare genovese; Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe di architettura). — Via Francesco Pozzo 4, Genova (118). (13 aprile 1910) Gambaro Francesco, Chimico Farmacista. — Via Carlo Felice, Farmacia Zerega, Genova (106). (4 luglio 1876) Gandolfi G. B. — Salita S. Anna 13, Genova (104). (28 agosto 1900) Garibaldi Ferdinando, Dottore in scienze commerciali. — Salita Fieschine 7, Genova (102). (20 febbraio 1928) Gavotti dei Marchesi Cav. Ludovico, Patrizio genovese, Dottore in giurisprudenza. — Via Cairoli 10, Genova (106). (22 luglio 1897} Gentile March. Gian Carlo, Patrizio genovese. — Via Assarotti 44, Genova (103). (30 giugno 1924) Giuliani Nob. Manfredo, Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi (Sezione di Pontremoli). - Pontremoli. (6 marzo 1916) 52 Società Ligure di Storia Patria Giustiniani dei Marchesi Enrico, Patrizio genovese, Dottore in giurispru-denza. - Via V. Bel/ini 14, Roma. ^ ]g20) Giustiniani dei Marchesi Raimondo, Patrizio genovese, Dottore in giurisprudenza. — Via V. Bellini 14, Roma. . (21 giugno 1920) Grandi Leto. — Via Archimede 32, Genova (115). (16 novembre 1926) Granello di Casaleto Nob. Cav. Avv. Giuseppe Antonio, Cameriere segreto di Spada e Cappa di S. S., Socio corrispondente della Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi. - Piazza Giustiniani, Genova (111). o . . (29 gennaio 1902) De Grave Sells Ing. Cav. Uff. Carlo. — Via Ponte Calvi 5, Genova (110). (4 luglio 1921) Grosso Dott. Orlando, Direttore dell’Ufficio di Belle Arti e Storia del Comune di Genova; Socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Socio corrispondente residente della Società Ligustica di scienze e lettere, Accademico di merito deH’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classi di pittura e degli Scrittori d’arte); Membro della Commissione provinciale genovese per la conservazione dei monumenti ed oggetti d arte e d antichità; Comm. della Corona d’Italia. — Via Garibaldi 18, Genova (106). (11 febbraio 1922) Guiglia Avv. Giacomo. — Corso Principe Amedeo 5, Genova (103). (31 maggio 1928) Hanbury Comm. Cecil. — La Mortola, Ventimiglia (Imperia). (18 dicembre 1920) Istituto Ecclesiastico di S. Maria Immacolata. — Via del Mascherone 55, Roma. . (24 maggio 1911) Istituto (r.) Superiore di Scienze economiche e commerciali. — Piazza di Pammatone 1, Genova (101). , ’ (20 marzo 1887) 53 Labò Ing. Arch. Mario, Socio corrispondente residente della Società Ligustica di scienze e lettere; Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte). — Via Roma 1, Genova (101). (4 febbraio 1919) Lagostena Dott. Angelo, Prof, di materie letterarie nel R. Ginnasio C. Colombo in Genova. — Via Montesuello 7, Genova (113). (19 febbraio 1921) Lamboglia Prof. Dott. Carmelo, Preside degli Istituti medi di Alassio. — Alassio (Savona). (10 dicembre 1927) Lanza Avv. Francesco. — Piazza Poli 42, Roma. (3 marzo 1905) Lattes Dott. Alessandro, Prof, stabile di storia del diritto italiano nella R. Università di Genova e già Preside della Facoltà di giurisprudenza in essa Università; Socio effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Socio corrispondente del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, della R. Deputazione di Storia Patria per le Marche e della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Socio della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena; Socio effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere; Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte); Commendatore della Corona d’Italia, Cavaliere Mauriziano. — Via XX Settembre 14, Genova (101). (18 dicembre 1919) Lavagna Cav. Francesco, Colonnello di cavalleria. — Montecarlo (Lucca). (19 febbraio 1921) Lazzoni Conte Enrico. — Carrara. (19 febbraio 1921) Leale Avv. Comm. G. B. — Piazza Giustiniani 7, Genova (111). (19 ottobre 1896) Levàti P. Luigi Maria, Barnabita. — Piazza San Bartolomeo degli Armeni, Genova (103). (26 ottobre 1912) Maglione Marchesa Maria Ernesta Ved. Mazè de la Roche — Via Marcello Durazzo 1, Genova (102). (22 maggio 1924) 54 Società Ligure di Storia Patria Magni Alberto. — Via Caffaro 6, Genova (104). (17 gennaio 1921) Manfredi Manfredo. — Passo dell'Acquidotto 2, Genova (104) (30 ottobre 1919) Manini Avv. Lorenzo. — Piazza Umberto /, /, Genova (111). (4 aprile 1911) Mannucci Dott. Gisberto, Presidente dell’Ordine dei farmacisti della Provincia di Massa-Carrara — Fossola (Carrara). (9 novembre 1922) Marengo Avv. Cav. Uff. Emilio, Direttore nel R. Archivio di Stato in Genova (del Consiglio direttivo). Maritano Prof. Eugenio Generoso, Direttore della Scuola civica elementare « Paride Saivago » in Genova — Via Galeazzo Alessi 6, Genova (112). (10 dicembre 1927) Massa Comm. Nicolò, — Viale Verdi 11, Calice Ligure (Savona). (24 febbraio 1910) Massardo Avv. Ing. Cav. Uff. Angelo. — Salita S. Matteo 19-18, Genova (108). (4 febbraio 1919) Massola Baronessa M. V. nata dei Marchesi Tagliacarne — Via al Ponte Calvi 5, Genova (110). , ’ (21 aprile 1925) Massone Enrico. — Via S. Agnese 2, Genova (106). (30 dicembre 1920) Massone Ing. Riccardo. — Via Romagneno 13, Recco (Genova). (24 novembre 1908) Monaci Mons. Prof. Silvio, Dottore in teologia; Arcidiacono-Parroco della Cattedrale di Montalcino; Membro del Pontificio Collegio teologico di Siena; Decorato con medaglia d’argento dei benemeriti dell'istruzione popolare; Cav. della Corona d’Italia — Via Cialdini 7, Montalcino (Siena). (6 giugno 1892) A Ibo A ccademico 55 Mongiardino Ing. Giuseppe. — Via Flora, Genova (118). (29 aprile 1920) Monleone Prof. Giovanni, Dottore in lettere e in leggi; Direttore delPUfficio di Statistica del Comune di Genova; Socio effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere; Comm. della Corona d’Italia. — Via S. Luca, 4-13, Genova (110). (4 dicembre 1915) Montanaro Avv. Agostino. - Via ai Quattro Canti di S. Francesco, 7, Genova (108). (1 agosto 1876) Moresco Avv. Mattia, Prof, stabile di diritto ecclesiastico nella R. Università di Genova; Rettore di essa Università (dal 1° novembre 1925); Socio effettivo della Società Ligustica di Scienze e lettere; Socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Socio corrispondente della Pontificia Accademia Tiberina; Comm. della Corona d’Italia. — Via XXSettembre5, Genova ( 102). (22 aprile 1903) Morgavi Dott. Gerolamo. — Salita S. Brigida 1-5, Genova (107). (18 dicembre 1920) Morgavi Avv. Giuseppe (del Consiglio direttivo) Municipio di Gavi (12 maggio 1916) Municipio di Savona. (28 luglio 1915) Municipio della Spezia. (16 gennaio 1917) Municipio di Voltaggio. (17 maggio 1916) Muratore Mario. — Via Napoli 6, Genova (105). (25 gennaio 1923) Muttini Pietro, Ordinatore della Biblioteca Civica Berio — Piazza R. De Ferrari 41, Genova (101). (7 luglio 1922) 56 Società Ligure di Storia fratria Nardi Avv. Prof. Carlo. — Via Ettore Vernazza 5, Genova (101). (23 marzo 1922) Negrone March. Vittorio, Patrizio genovese — Piazza Fontane Marose 23, Genova (105). (14 marzo 1921) Negrotto Cambiaso AAarch. Avv. Ademaro, Patrizio genovese — Via Al-baro 12-4 Genova (118). (18 dicembre 1919) Noberasco Prof. Filippo, Dottore in lettere; Direttore della Biblioteca Comunale di Savona; R. Ispettore onorario dei monumenti, scavi e oggetti d’antichità per il Circondario di Savona; Presidente della Commissione provinciale per la tutela e conservazione dei monumenti, scavi e oggetti d’antichità della Provincia di Savona; Segretario della Società Savonese di Storia Patria; Socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Corrispondente del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento; Accademico di merito delPAccademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte); Accademico corrispondente dell’Accademia internazionale di lettere e scienze di Napoli; Socio onorario della Società « L. Camoens » per la diffusione degli studi portoghesi in Italia; Cav. dei S. S. Maurizio e Lazzaro, Comm. della Corona d’Italia — Via A. Forzano 15, Savona. (25 marzo 1914) Noziglia Dott. Augusto, R. Notaro. — Via Garibaldi 18, Genova (106). (5 febbraio 1908) Nurra Cav. Dott. Pietro, Direttore della R. Biblioteca Universitaria di Genova; Socio corrispondente residente della Società Ligustica di scienze e lettere — Via Balbi 5, Genova (107). (27 ottobre 1928) Oberti Prof. Emilio. — Via Caffaro 4, Genova (104). (24 novembre 1908) Oliva Comm. Cesare. — Via Peschiera 15, Genova (102). (21 dicembre 1909) Oliveri Cav. Carlo, Tipografo.— Via Caffaro 8, Genova (104). (5 febbraio 1925) Albo Accademico 57 Orengo Nicola, Prof, di francese; Direttore della Biblioteca Civica Aprosiana, e Conservatore del Civico Museo d’antichità di Ventimiglia; Ufficiale dell'Accademia di Francia, Cav. della Corona d’Italia (M. P.) — Via Piemonte 10, Ventimiglia (Imperia). (23 marzo 1922) Palazzi Avv. Qoffredo. - Salita S. Caterina 1, Genova (106). (14 agosto 1881) Pallavicino dei Marchesi Alessandro, Patrizio Genovese. — Piazza Fontane Marose 27, Genova (106). (14 febbraio 1897) Pallavicino dei Marchesi Giovanni Paolo, Patrizio genovese, Dottore in giurisprudenza — Via S. Nazaro 10, Genova (118). (17 luglio 1896) Pareto Spinola March. Damaso, Patrizio genovese, Ingegnere. — Via Carlo Felice 11, Genova (106). (1' luglio 1898) Parodi Dott. Carlo Mario, Prof, di storia e filosofia nel R. Liceo « E. De Amicis » di Oneglia. — One glia (Imperia). (29 novembre 1924) Parodi Sac. Teologo Giuseppe. - San Michele di Pagana, Rapallo (Genova). (11 novembre 1899) Pastine Dott. Onorato, Prof, di storia e filosofia nel R. Liceo Doria in Genova. — Via Lomellini 16-A, Genova (108). (21 aprile 1925) Pavesi Dott. Camillo, Medico chirurgo. — Via Rodi 12, Genova (118). (31 gennaio 1906) Peirano Avv. Luigi. — Via Malta 2, Genova (102). (18 dicembre 1919) Penaglia Giuseppe, Socio benemerito dell’Associazione Nazionale storico-artistica « Terenzio Varrone » di Roma. — Via Panigaro 54-5, Genova-San Giovanni Battista. (27 ottobre 1928) 58 Società Ligure di Storia Patria Persi Prof. Guglielmo Paolo, Dott. in lettere. — Corso Monte Grappa 19, Genova (116). (31 gennaio 1924) Pesce Maineri Avv. Ambrogio, R. Ispettore onorario dei monumenti, degli scavi ed oggetti d’antichità e d’arte per il mandamento di Ovada; Membro della Commissione conservatrice dei monumenti per la Prov. di Alessandria; Socio corrispondente residente della Società Ligustica di scienze e lettere; Accademico di merito delPAccademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte); Socio della Società Storica Subalpina; Cavaliere della Corona d’Italia. — Via Almeria 22, Genova (105). (30 febbraio 1903) (1) Pesce Maineri Arch. Benvenuto, Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe di architettura). — Via E. De Amicis 9, Geno va-Co migliano. (23 febbraio 1896) Pescio Prof. Amedeo, Bibliotecario della Bibl. Civica « Gian Luigi Lercari »; Conservatore della Villa Imperiale; Accademico di merito deH’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte); Comm. della Corona d’Italia. — Piazza Cattaneo 26, Genova (111). (24 febbraio 1910) Pessagno March. Giuseppe, Dott. in giurisprudenza ; Archivista nel R. Archivio di Stato in Genova ; Membro della Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti ed oggetti d’arte e d’antichità ; Membro della Commissione Araldica Ligure; Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’arte). — Piazza di S. M. in via Lata 9-7, Genova (112). (29 gennaio 1902) (2) Piattoli Renato. — Via Luigi Muzzi 12, Prato (Toscana). (9 aprile 1927) (1) L’avv. Ambrogio Pesce, dimissionario nel 1915, fu in seguito a sua domanda nuovamente ammesso dal Consiglio direttivo il 30 giugno 1924. Al cognome Pesce, col quale comparisce nell’albo accademico pubblicato nel voi. 43° degli Atti, sostituì recentemente, in virtù di concessione regia, quello di Pesce Maineri. (2) li march, dott. Pessagno si dimise da socio nel 1915, fu poi riammesso a sua domanda per deliberazione del Consiglio direttivo in data 30 giugno 1926. Albo Accademico 59 PiERSANTELLi Giuseppe. — Piazza Santa Sabina 2, Genova (106). (25 giugno 1925) Pinelli Gentile March. Agostino. — Via S. Agnese 2, Genova (106). (16 aprile 1921) Pisano Giacomo. — Via Albaro 13, Genova (118). (29 aprile 1926) Piuma March. Carlo Maria. — Via S. Sebastiano 6, Genova (106). (19 febbraio 1921) Pizzorno Giuseppe. — Via Vallechiara 3, Genova (106). (29 aprile 1920' Poggi Avv. Michele, già Deputato al Parlamento Nazionale, Comm. della Corona d’Italia. — Via San Lorenzo 19, Genova (111). (23 febbraio 1896) Prencipe Avv. Alberto. — Salita Santa Caterina 6, Genova (106). (4 luglio 1921) Profumo Arturo Sebastiano. — Via Assarotti 44, Genova (103). (14 maggio 1909) Queirolo Avv. Cav. Giovanni Battista. — Via Dante 2, Genova (101). (17 gennaio 1921) Raggi dei Marchesi Lorenzo, Patrizio genovese. — Corso Solferino 20, Genova (103). (19 febbraio 1921) Ravano Avv. Agostino. — Viale privato Francesco Gambaro, Genova (118). (20 luglio 1918) Reggio March. Giacomo, Patrizio genovese; Ingegnere; Senatore del Regno; Comm. della Corona d’Italia e dei S. S. Maurizio e Lazzaro — Piazza Brignole 2, Genova (102). (6 aprile 1906) Rembado Avv. Cav. Pietro. — Villa Ines, Loano (Savona). (30 giugno 1924) 60 Società Ligure di Storia Patria Revelli-Beaumont Nob. Paolo, Dott. in lettere; Prof, stabile di geografia e Direttore della Scuola speciale di geografia nella R. Università di Genova, già Rettore della stessa Università; Delegato di questa presso l’istituto Interuniversitario Italiano; Membro del Comitato Geografico Italiano; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Membro della « Société des Americanistes » di Parigi; Consigliere dell’istituto Cristoforo Colombo in Roma; Socio effettivo della Società Ligustica di scienze e lettere; Socio Corrispondente della « Sociedad Cientifica » di Buenos Aires; Comm. della Corona d’Italia, Cav. dei S. S. Maurizio e Lazzaro — Corso Firenze, 39-B 10, Genova (104). (27 ottobre 1928) Ricca Boccardi Cav. Luigi, Agente di cambio. — Passo Caffaro 1, Genova (104) (15 gennaio 1927) Ricci Dott. Grand’Uff. Federico, Senatore del Regno — Via Caffaro 6, Oen0m (104)' (24 febbraio 1910) Ridella Prof. Franco, Dottore in lettere; già Ordinario di lettere italiane nel R. Liceo Doria in Genova; Cav. della Corona d’Italia — Via Rivoli 5, Genova (112). ,n ,mo. (2 marzo 1918) Rinaldi Prof. Evelina, Dott. in lettere e filosofia; Ordinaria di latino e storia nel R. Istituto Magistrale « Raffaele Lambruschini » di Genova; Socia corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Marche, Decorata con medaglia d’argento per il servizio prestato durante la guerra come infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana. Via Ameglia 2, Genova (104). . .. (31 gennaio 1924) Rollino Mons. Francesco, Dottore in teologia; Cameriere segreto di S. S.; Can. Arciprete di S. Margherita Ligure — S. Margherita Ligure (Genova). (18 dicembre 1905) Rosciano Avv. Cav. Luigi. — Via XX Settembre 29, Genova (101). (30 marzo 1910) Rossi Ettore. — Via Almeria 25-7, Genova (105). (15 marzo 1929) Albo Accademico Rovelli Ing. Ardi. Antonio. — Piazza della Meridiana 4, Genova (106). (16 novembre 1926) Rovereto March. Oaetano, Patrizio genovese; Prof, stabile di geologia nella R. Università di Genova; Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei; Socio corrispondente della R. Società Geografica; Socio onorario ddl’Accademia Lunigianese di scienze; Membro del Comitato Geografico Italiano; Presidente della Sezione di vulcanologia del Congresso Geologico Internazionale di Madrid; Membro del Consiglio della Società Geologica Italiana; Membro del Comitato per la pubblicazione delle opere di Goffredo Mameli; Membro della Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti, ed oggetti d’arte e d’antichità; Comm. della Corona d’Italia. — Via Ausonia 3-12, Genova (104). (1° febbraio 1907) Rubatto Carlo. — Salita Inferiore Montaldo 4, Genova (116). (9 dicembre 1925) Ruisecco Agostino. — Via Caffaro 6, Genova (104). (18 dicembre 1920) Sauli Marchesa Catinka. — Via Felice Romani 8, Genova (102). (30 dicembre 1915) Schiaffini Prof. Dott. Alfredo (del Consiglio direttivo). Schiaffino Manno, Primo ragioniere della Amministrazione Provinciale di Genova. — Largo di Via Roma 14, Genova (101). (9 dicembre 1925) Schmidt Müller di Friedberg Ing. Carlo Edoardo; Cav. Magistrale del S. M. O. M.; Cav. del Santo Sepolcro; Cav. della Corona d’Italia. — Via XX Settembre 5, Genova (101). (1° luglio 1915) Schmidt Müller Ing. Edmondo. — Via XX Settembre 5, Genova (101). (29 aprile 1920) Sciello Cav. Giovanni Battista, Notaro. — Via Roma 8, Genova (101). (29 novembre 1924) 62 Società Ligure di Storia Patria Sciolla Avv. Odone. — Via di San Pietro della Porta 21, Genova (109). (23 febbraio 1896) Scuola (r.) d’Ingegneria Navale. — Via Montallegro 1, Villa Cambiaso, Genova (118). (1 aprile 1898) Seminario Arcivescovile di Genova. — Piazza del Seminario 6, Genova (112). (18 marzo 1898) Sensi Umberto. — Corso Monte Grappa 32, Genova (116). (31 maggio 1928) Serpi Cav. Nob. Don Giovanni, Dott. in giurisprudenza. — Via Caffaro 7, Genova (104). (8 marzo 1919) Serra Avv. Luigi Serafino. — Via Polleri 6, Genova (106). (31 dicembre 1902) Sertorio dei Marchesi Nicolò, Patrizio genovese; Avvocato; Decorato di medaglia d’argento al valor militare. — Spianata Castelletto 22, Genova (104). . (19 febbraio 1921) Società del Casino. — Piazza De Ferrari 40, Genova (101). (3 giugno 1897) Società Economica di Chiavari. — Chiavari (Genova)- (4 maggio 1916) Solari Ing. Comm. Giuseppe. — Via Gorgona 1, Genova (118). (26 aprile 1896) Sopranis dei Marchesi Bernardo, Patrizio genovese; Dott. in giurisprudenza; Presidente della Commissione Araldica Ligure; Cav. della Corona d’Italia. — Via Serra 6, Genova (102). (6 marzo 1897) Sopranis Marchese Giuseppe, Patrizio genovese, Dott. in giurisprudenza; Cav. di giustizia del S. M. O. M. — Via Cairoli 11, Genova (106). (25 febbraio 1920) Albo Accademico Spinola March. Franco, Signore di Isola del Cantone, Variana e Pietrabis-sara; Patrizio genovese; Cav. di Onore e Devozione del S. M. O. M.; Capitano di Fregata R. N.; Decorato di medaglia di bronzo al valor militare; Cav. della Corona d’Italia. — Pagana, Rapallo {Genova). (21 aprile 1925) Spinola March. Luigi, March, di Lerma, Patrizio genovese; Orand’Uff. della Corona d’Italia. — Via Innocenzo Frugoni 1, Genova (102). (3 maggio 1923) Spinola dei Marchesi Marco, dei Conti di Tassarolo, Patrizio genovese. — Corso Andrea Podestà 9, Genova (112). (5 febbraio 1925) Staffetti Conte Prof. Comm. Luigi (del Consiglio direttivo). Staricco Avv. Juan. — Via XX Settembre 29, Genova (101). (22 marzo 1899) Storace Sac. Francesco, Curato della parrocchiale di S. Maria Assunta in Rivarolo Ligure — Genova-Rivarolo. (21 aprile 1925) Storace Avv. Nicolò. — Via S. Bernardo 25, Genova (111). (11 febbraio 1926) Tabet Ing. Cav. Guido. — Via Merlano 3, Genova (104). (4 febbraio 1919) Tobino Alfredo, Dott. in scienze commerciali. — Via XX Settembre 41, Genova (101). (17 gennaio 1918) Tobino Giuseppe, Dott. in scienze commerciali. — Via Polleri 6, Genova (106). (17 gennaio 1918) Triulzi Avv. Guido. — Vico alla Posta Vecchia 2-5, Genova (109). (27 ottobre 1928) 64 Società Ligure di Storia Patria Vacca Prof. Giovanni, Dottore in matematica; Stabile di storia e geografia dell’Asia Orientale nella R. Università di Roma, Incaricato di Storia delle matematiche nella stessa Università; Socio Corrispondente della Reale Accademia delle scienze di Torino, e della Società Ligustica di scienze e lettere — Vìa Ruggero Bonghi 26, Roma; Via Palestro 8, Genova (109). (22 aprile 1908) Valle Dott. Leopoldo, Prof, di materie letterarie nel R. Ginnasio C. Colombo; Assistente della Biblioteca Brignole Sale De Ferrari; Socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia. — Corso Torino 20, Genova (114). (22 marzo 1912) Varaldo Alessandro, Dottore in giurisprudenza, Grand’Ufficiale della Corona d’Italia. — Via Cassiodoro 19, Roma. (13 aprile 1916). Vassallo Luigi. — Via San Luca, 75-77 R., Genova (HO). (6 marzo 1916) Vernetta Avv. Virgilio. — Via Roma 1, Genova (101). (17 gennaio 1918) Vinciguerra Dott. Marco, Chimico farmacista; Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi; Cav. Uff., della Corona d’Italia. — Licciana (Prov. di Massa-Carrara). (15 marzo 1923) Virgilio Avv Agostino. — Via Caffaro 14, Genova (104). (23 gennaio 1906) Vitale Cav. Carlo. - Corso Solferino 19, Genova (103). (2 marzo 1919) Vitale Vito Antonio, Dottore in lettere; Prof, di storia nel R. Liceo C. Colombo; Libero docente di storia moderna nella R. Università di Genova; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia; Socio corrispondente Albo Accademico 65 residente della Società Ligustica di scienze e lettere; Cav. della Corona d Italia. — Via S. Ugo 5, Genova (105). (4 febbraio 1914) Volpicella Coinm. Luigi, Presidente (predetto). Zigliara Ugo Paolo, Ottico. - Via Carlo Felice, Genova (106). (2 aprile 1908) Zillicken F. Teo. — Via Caffaro 13, Genova (104). (29 novembre 1924) 5 RELAZIONE INTORNO ALL’OPERA DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DAL 1917 AL 1929 ALCUNE CONSIDERAZIONI STORIOGRAFICHE j* j* jt L’opera e le vicende di una società di cultura, sia nel loro sviluppo effettivo sia nella loro rappresentazione intenzionale o programmatica, formano anch esse materia di storia; quando poi, come nel nostro caso, si tratta di una società di storia patria, il racconto di essa opera e di esse vicende diventa un obbligo, dirò così, professionale. Certo è che l’esposizione di quel che hanno fatto o si proponevano di fare pochi studiosi associati nelle indagini e nel culto della storia non offre nessunissimo interesse alla moltitudine dei leggitori; è già molto se una piccola parte di costoro buttano uno sguardo tra il fuggevole e l’accigliato, quando non è sprezzante, sopra le pubblicazioni, da quegli studiosi apprestate, che narrano gli avvenimenti dei secoli scorsi o ne presentano ed illustrano i documenti. Parlo, s’intende dei leggitori illuminati da una qualche luce di cultura; in quanto agli altri’ cioè all’mnumerabile schiera di coloro a cui l’alfabeto porge solamente! tuttal più, uno strumento per meglio maneggiare i loro interessi materiali od appagare le loro concupiscenti passioni, essi rimangono fuori di queste considerazioni, ciechi e sordi al mondo del pensiero, in attesa di esservi elevati da una civiltà meno angusta della presente. Ora si occupano principalmente degli accidenti del pane e del vino, e la cerchia dei loro interessi morali non oltrepassa quella circoscritta dagli sport, che, con lena incessante e con frequenza non mai più vista, hanno luogo ai nostri giorni in terra, in mare e nell’aria, e dei quali sono piene le cronache dei giornali. Queste memorie intime della Società Ligure di Storia Patria sono dunque destinate a non avere ascoltatori, come il suono dei sassi che cadono nel fondo delle valli remote e squallide delle Alpi, senza abitanti e senza echi; ed io, che le scrivo per debito del mio ufficio di segretario della stessa Società, sono perfettamente conscio di ciò. E quasi me ne rallegro, non pure perchè, schivo, come sono, di qualunque pubblicità, mi preoccupa e 70 Società Ligure di Storia Patria mi turba il solo pensiero che altri possa, sia pur con benevola critica, occuparsi del mio scritto; ma anche perchè penso, o, direi meglio, presumo che se la sostanza di questo non è acconcia ad interessare i presenti, ciò significa che essa troverà miglior accoglienza presso i futuri. Non voglio dire, badiamo, che oggidì manchi l’interesse del pubblico per gli studj storici; anzi, a giudicare così all’ingrosso, sembra che esso, presso coloro che non coltivano di proposito tali studj, sia accresciuto, tanto in intensità quanto in larghezza, da quel che era prima della guerra mondiale. Ma, chi ben osservi, Io vede ora, contro le prime previsioni del dopo guerra, maggiormente orientato verso la storia politica, cioè verso quella particolare storia che fa centro del suo racconto lo Stato, come organismo dei pubblici poteri, ed i pochi personaggi che lo dirigono; trascurando di regola le innumerevoli attività individuali e sociali dallo Stato indipendenti. Con l’indirizzo politico che restringe notevolmente il campo degli studj storici, e che risponde in gran parte al classico e tradizionale metodo denominato dai trattatisti storia filosofica (1), si è ovunque accentuato in questi ultimi tempi anche l’indirizzo che chiameremo nazionalistico, il quale consiste nell’assegnare ai medesimi studj un fine educativo di esaltazione patriottica. Sono appunto questi indirizzi che, trasferendo la storia in una regione dove soffiano le passioni politiche, assorbono quasi intieramente l’interesse che la storia suscita negli animi umani; sicché nessun desiderio nè stimolo di curiosità rimane per il racconto delle cose che non entrano nel giuoco di quelle passioni, anzi ad esso racconto si nega da taluni perfino il nome di storia. Il quale, secondo costoro, dovrebbe essere esclusivamente riservato alla narrazione delle « magnanime imprese », delle « onorate rimembranze », degli avvenimenti grandiosi dove campeggiano le guerre, le arti diplomatiche, le discussioni e i dibattiti delle pubbliche assemblee, i contrasti e le lotte per la conquista e l’esercizio del potere, le rivoluti) Uno dei trattati di rettorica una volta più diffusi nelle scuole secondane italiane distingue la storia, secondo il vario suo metodo, principalmente in descrittiva e filosofica, e di quest’ultima così dice: La storia filosofica « non solo narra i fatti, ma ne rivela le cause, i mezzi, i fini, gli effetti nelle condizioni dei tempi e dei luoghi, negli interessi e nelle passioni degli uomini, nel naturale processo dell’umanità; e nei fatti libra il bene ed il male, .1 merito e la colpa, secondo i giusti principii della legge morale, a comune ammaestramento » (Giuseppe Pieci, Compendio della Guida allo studio delle belle lettere, settima edizione, Milano 1877; pp. 300-301). . Come si vede, qui lo scrittore si riferisce ai fatti dipendenti dalla volontà umana o da questa indirizzati o sindacati o interpretati, cioè prevalentemente ai fatti politici; intorno alle cause ed agli effetti dei quali ed ai modi di giudicarli sono infinite le opinioni, le tendenze, gli abbagli, le parzialità, ecc. Relazione 71 zioni, ecc., e dove agiscono illustri condottieri di popoli, di eserciti, di partiti, ecc. Contro il prevalere di cotali indirizzi — i quali sono legittimi fino a quando e soltanto quando rispecchiano reali e non fittizie attività, ossia corrispondono ad una determinata categoria di fatti umani — reagisce il vasto, tenace ed incessante lavoro delle Accademie, delle Società e degli Istituti di scienza e di cultura, non che degli innumerevoli dotti ed eruditi, i quali, associati o isolati, fanno argomento di storia tutte le infinite manifestazioni della vita, niuna esclusa, che hanno lasciato una traccia, piccola o grande, oscura o luminosa, attraverso i secoli. Per questi serj e taciti indagatori del passato, la storia politica non è che una piccola parte della storia umana: la più appariscente, ma non la più importante, e tanto meno la parte predominante; ed è, ad ogni modo, subordinata ad altre sezioni della storia generale, e principalmente a quelle che riguardano i fatti economici ed i fatti sociali. Non bisogna esagerare per altro nel senso opposto, in guisa da trascurare o da menomare lo studio dei fatti politici, coinvolgendoli, per così dire, nel biasimo che molto spesso tocca agli attori di essi; perchè, oltre la legittima parte che spetta alla storia politica come rappresentazione di cospicui gruppi di azioni umane, i molteplici suoi legami con quasi tutti gli altri rami di storia ne ampliano la portata, e lo stesso interesse che essa suscita presso vastissimi ceti di persone costituisce un fattore che ha un’influenza non trascurabile nella civiltà. In quanto alle restrizioni ed alle finalità da taluni imposte alla storia a scopo patriottico o religioso o dinastico ecc., se esse possono far piacere ed essere utili alle classi dirigenti, di cui, del resto, riflettono fedelmente gli atteggiamenti e le aspirazioni, tolgono però non poco alla universalità ed alla obbiettività e veracità delle discipline storiche. GLI ULTIMI ANNI DELLA PRESIDENZA DI CESARE IMPERIALE DI SANT’ANGELO j* jt Con le su esposte e simigliatiti considerazioni intorno alla storia io terminavo la mia relazione pubblicata nel fascicolo I del volume XLVI degli Atti sociali sotto il titolo La Società Ligure di Storia Patria dal 1908 al 1917; fascicolo uscito in luce nell’estate del 1918, dopo un’interruzione di oltre due anni dovuta alla guerra. Era allora presidente della Società, fin dal febbraio del 1896, il marchese Cesare Imperiale dei principi di Sant’Angelo; il quale però, scoppiata nel maggio del 1915 la guerra dell’Italia contro l’Austria, aveva profferto i suoi servigi al Governo nazionale ed era stato dall’agosto dello stesso anno 1915 destinato al comando di motoscafi (1). Durante la sua lunga assenza tenne la direzione del Sodalizio il vicepresidente anziano prof. Arturo Issel, scienziato di valore indiscusso non che gentiluomo cortese, molto coscienzioso nel compimento degli obblighi inerenti all’ufficio assunto. Egli, nonostante l’età inoltrata e negli ultimi anni anche la malferma salute, non ristringevasi a presiedere le adunanze del Consiglio direttivo e dell’Assemblea; ma quasi quotidianamente si recava nella sede della Società per sentire da me, a cui il carico di segretario, sebbene volontario e gratuito, imponeva, come impone tuttavia, una diuturna cura delle cose sociali le occorrenze del giorno e prendere e concordare insieme gli eventuali provvedimenti. La Società, malgrado le difficili condizioni dei tempi, aveva potuto stampare, pubblicare e distribuire negli anni 1915 e 1916, oltre il volume (1) L’Imperiale scrisse un’interessante e suggestiva relazione intorno al servizio di guerra dei motoscafi da lui comandati, la quale vide la luce nel 1920 sotto il titolo: Unione nazionale della Marina da diporto, Volontari del mare; Istituto Veneto di arti grafiche, Venezia, in conduzione della Casa editrice d’arte Bestelli e Tumminelli, Milano - Roma - Genova (voi. in 8" di pp. XV-85). 73 XLV messo sotto i torchi nel 1914, i volumi XLVI (fase. 11) e XLVI1 degli Atti, e riprendere nella primavera del 1917 la stampa del suddetto fase. 1 del voi. XLVI; la quale, nel secondo semestre del 1915, non appena incominciata era rimasta sospesa per la chiamata sotto le armi del conduttore e la conseguente chiusura della tipografia cui era stata affidata. 11 fascicolo conteneva, come ho detto, la relazione da me composta intorno all’opera della Società dal 1908 al 1917, ed a misura che procedevo nella correzione delle relative bozze di stampa, rimettevo copia di queste, principalmente a titolo informativo, al presidente Imperiale; il quale, essendo stato tra l’aprile ed il maggio del 1917, col comando di una squadriglia di Mas, trasferito dal servizio dell’alto Adriatico al servizio del Mediterraneo occidentale per la caccia dei sommergibili nemici, sostava in allora di frequente nei porti della Riviera ligure di ponente (1). La stampa del fascicolo andava innanzi lentamente, e si protrasse fino all’estate del 1918. Il march. Imperiale, nonostante l’assiduità e la durezza del servizio da cui era vincolato, riusciva ad aver tempo, non solo di leggere la mia prosa, ma anche di scrivermi di quando in quando le osservazioni che la lettura gli suggeriva, sia per esprimermi, su talune questioni, il suo modo di pensare diverso dal mio, sia per consigliarmi riservatezza nell’esposizione di certe mie idee le quali, pur essendo di natura schiettamente scientifica o teorica, potevano, secondo egli opinava, dar appiglio alla censura vigente nello stato di guerra in cui allora ci trovavamo. Egli, ch’era stato in altri tempi autorevole parlamentare ed aveva quindi un fiuto politico assai più adusato di quello che potevo aver io, vedeva lontano e possedeva fortemente il senso della opportunità, lo credevo però, e lo credo anche adesso dopo più di dieci anni, ch’egli esagerasse per soverchia prudenza, o quanto meno attribuisse al modesto mio scritto un’importanza superiore alla realtà. Comunque, cercai più di una volta di compiacerlo, specialmente considerando che il danno da lui supposto avrebbe potuto colpire, non soltanto la mia persona, ma la Società Ligure di Storia Patria. Ricordo, fra l’altro, che sacrificai un certo brano già stampato, riguardante le Lettere di Carlo Ottone da me pubblicate e largamente illustrate con prefazione e note nel voi. XLV degli Atti, di cui davo contezza in detta mia relazione: brano il quale, rapportandosi alla immorale condotta tenuta dall’Inghilterra nel 1670-72 collo staccarsi dalla triplice alleanza ch’essa formava con la Svezia e l’Olanda per rivolgere le proprie armi contro quest’ultima sua ex-alleata ed in favore della Francia, poteva prestarsi ad una irriverente allusione al (1) Volontari del mare, p. 50. lAr Società Ligure di Storia Patria consimile distacco dalla più moderna triplice operato dall’Italia nel 1915 per muovere contro l’Austria. Quando il marchese Imperiale ebbe sotto gli occhi e scorse le ultime cartelle della mia relazione, inviategli in bozza stampata, se ne ritrasse col naso arricciato. Due punti di esse gli riuscivano particolarmente ostici: l’uno riguardante i compiti da me assegnati alla storia, i quali, in sostanza, si riducevano al ricordo scritto d' tutti i fatti della vita umana individuale e sociale (ed era appunto codesta totalità che non andava a versi al mio autorevole censore); e l’altro attinente alla idea di patria, che non doveva essere quelPidolo feroce dinanzi a cui la personalità umana, la famiglia, la libertà, la giustizia, l’amore del prossimo cedono e scompariscono. Circa il primo punto egli così scrivevami in data di Sanremo 25 giugno 1918: « ... Ho Ietto tutte le bozze e, mentre ammiro ed applaudo all’opera sua, mi permetto di pregarla di togliere dal nuovo capitolo le proposte per il nuovo indirizzo degli studi storici. Prescindendo dalle solite ragioni di opportunità, le dichiaro sinceramente che non condivido il suo parere intorno alla missione della storia. Correggere errori di giudizio, rendere giustizia ai tanti umili e dimenticati che forse operarono più e meglio di tanti cosidetti eroi, questo sì. Ma non posso dimenticare che principale compito dello storico è quello di educare, di istruire, di preparare le nuove generazioni mediante la cognizione dei fatti più naturali, e compiere la missione che ad ogni generazione ad ogni popolo ad ogni individuo è assegnata. Forse ho frainteso, ma la sua teoria secondo me condurrebbe alla conseguenza che il migliore storico sarebbe quello che riferisse tutti i fatti della vita comune senza darsi la briga di vagliare tra la nota della lavandaia e la relazione di un fatto importante. Del resto, rispetto tutte le opinioni e sono pronto a discutere anche le sue. Ma la relazione dell’attività della nostra Società deve limitarsi ad un’esposizione dei fatti che a questa si riferiscono, senza enunciare opinioni personali che possono dar luogo a polemiche in un campo che per la polemica non è fatto. Voglio dunque sperare che Ella non avrà difficoltà a togliere dal capitolo VII tutto ciò che si riferisce ad un nuovo indirizzo degli studi storici terminando così il capitolo alle parole: esclusivamente dedicato alla storia dei Comuni medesimi. In attesa di riscontro, ecc. » (1). Ora non voglio entrare in discussioni, che sarebbero qui inopportune perchè dovrei prima d’ogni cosa definire la storia, e distinguere bene fra (1) Ved. Atti, Voi. XLVI, fase. I, p. CCXXXIV. Relazione 75 storia considerata come scienza ed avente l’unico scopo di rappresentare in modo integrale e verace tutto il passato indipendentemente da qualunque missione sociale o educativa (e così la intendo io), e storia considerata come arte e rivolta a conseguire fini morali, politici, ecc. Ma per chiarire meglio il mio pensiero in questa materia, afferro l’appicco che mi offre la lettera dell'imperiale coll’accenno alla nota della lavandaia, e rispondo: sì, anche la nota della lavandaia è oggetto di storia, ed il ricordo di essa può riuscire, in relazione ai tempi ai luoghi alle persone, più importante di molte altre note, ed in ispecie di tante note diplomatiche che hanno prodotto, a dirla col Berni, assai parole senza effetti. A cagion d’esempio, e restringendomi alla storia genovese ed alle primissime pagine dei suoi annali, se il Caffaro, nome meritamente caro all'imperiale, invece di riferirci i discorsi pronunziati dagli ambasciatori saraceni, dal patriarca Damberto e dal console Guglielmo prima dell’assalto e della presa di Cesarea, ci avesse dato una nota particolareggiata del bottino acquistato dai Genovesi in essa presa (inclusa la nota delle vesti e degli altri indumenti maschili e femminili, come sarebbe a dire la nota della lavandaia), ovvero si fosse curato di offrirci qualche spiegazione sui soldi pittavesi onde venne espresso quel bottino, o, meglio ancora, di trasmetterci una nota delle monete che circolavano allora in Terrasanta fra i Crociati, ed i ragguagli delle stesse, io credo che egli avrebbe fatto per la conoscenza della storia di quei tempi cosa assai più utile di quella rappresentataci con i discorsi suddetti. Circa il secondo punto, cioè quello relativo al concetto di patria, il marchese Imperiale tacque; ma non v’ha dubbio che anch’esso era implicito nel suo biasimo, come parte dello squarcio incriminato di cui egli chiedeva la soppressione. La lettera presidenziale giunse quando le bozze erano già o stavano per essere impaginate, ed io, comunque, non credetti di aderire alla richiesta, in essa contenuta, di annullare le ultime pagine della mia relazione. Non ricordo se rispondessi o no alle osservazioni dell’imperiale. La questione però ebbe il suo primo epilogo nella seduta del Consiglio direttivo tenuta il 20 luglio del 1918 sotto la presidenza del prof. Issel, come consta dal seguente esposto, ch’io estraggo dal verbale di essa seduta da me compilato e dal medesimo Consiglio approvato nell’adunanza del 4 febbraio 1919 (1). (1) Secondo la consuetudine il verbale d’ogni seduta, sia del Consiglio che dell’Assemblea, viene letto e sottoposto all’approvazione nella seduta immediatamente seguente. Quando questa però, in via eccezionale, ha, per deficienza di tempo o per forza di circostanze, motivo di procedere in fretta, la lettura e l’approvazione del verbale vengono rimandate alla riunione successiva. Così è accaduto per il verbale della seduta consiliare del Società Ligure di Storia Patria «...... Esaurite queste pratiche, il prof. Issel presenta al Consiglio due telegrammi a lui pervenuti dal Presidente march. Cesare Imperiale, l’uno ieri e l’altro oggi stesso. Il primo è così concepito : 5. Remo; interesso sua cortesia assicurarmi se furono eseguite correzioni ultimi fogli fascicolo volume 46, non avendo avuta alcuna risposta prof Poggi; grazie, ossequj; Imperiale. A questo telegramma, con risposta pagata, il prof. Issel, assunte informazioni dal segretario, rispose che le correzioni o meglio osservazioni non erano giunte in tempo per poterne tener conto, essendo già stato impaginato il testo. L’altro telegramma è il seguente : S. Remo; dolente che osservazioni inviate da circa un mese non siano giunte in tempo, prego tenerne nota verbale seduta odierna: grazie, ossequj; Imperiai2. Il prof. Issel inoltre riferisce che, per quanto ha saputo dal Segretario, le osservazioni del Presidente riguardavano un brano di detto fascicolo che il Presidente stesso desiderava soppresso, non essendo conforme al suo modo di pensare: esse giunsero quando era già impaginato o si stava impaginando il brano suddetto, ma è anche vero che il Segretario non credette di accoglierle, trattandosi di una discrepanza, non sopra fatti concreti, bensì sopra idee e indirizzi riguardanti lo studio della storia, nel quale campo egli ritiene di avere completa libertà. Il prof. Issel soggiunge ch’egli riconosce pienamente il diritto alla libertà del pensiero, ma che, nelle attuali condizioni di guerra, ci sono ragioni di opportunità, degne di considerazione, che consigliano a contenere, anche ove si tratti di pura materia teorica, la manifestazione del pensiero entro certi limiti. Non crede che sia il caso di entrare nel merito della questione esaminando il brano criticato, e propone senz’altro che sul fase, del voi. 46°, che contiene il brano stesso, come su tutti i volumi dei nostri Atti che usciranno da ora in poi, sia inserito, sull’esempio di ciò che si fa per gli Atti di altre Società scientifiche, che ogni autore è garante delle sue produzioni e opinioni. Il segretario prof. Poggi, autore della relazione che contiene il brano incriminato, dichiara che non ha difficoltà di accettare la proposta del prof. Issel, e che, ad ogni modo, qualora il Consiglio, per una più esatta cognizione di causa, creda di sentire il brano stesso, egli è pronto a darne lettura. Osserva che il Presidente Imperiale intervenne altra volta per fare cambiare un periodo del medesimo fascicolo I del volume 46’, sebbene fosse già stato da un pezzo tirato il foglio che lo conteneva: allora, per quanto a malincuore, acconsentì al cambiamento, per cui fu annullato il quarto di foglio di quattro pagine che 20 luglio 1918, il quale non potè esser Ietto nelle consecutive sedute del 12 e del 31 dicembre 1918 (quest’ultima presieduta dal march. Imperiale durante una delle sue temporanee soste in Genova), e fu comunicato ed approvato soltanto nell’adunanza del 4 febbraio 1919. Relazione 77 recava il detto periodo e ristampato colla sola sostituzione di questo con altro periodo; a ciò mosso, non soltanto dal desiderio di far cosa grata al Presidente, ma altresì da quelle ragioni di opportunità invocate testé dal prof. Issel. La nuova proposta presidenziale circa la soppressione del brano di cui sopra gli pervenne il 28 giugno u. s., e per tenerne conto occorreva sacrificare nuovamente altro quarto di foglio almeno; il che, oltre ad accrescere la spesa del volume, avrebbe ritardato l’uscita di questo già di troppo procrastinata. Del resto, egli deve dichiarare che, nonostante la deferenza che ha verso il marchese Imperiale, non si sente di riconoscere nel Presidente il diritto di contrastare la libertà di chi scrive negli Atti sociali, quando trattasi, come nel caso presente, di esporre idee generali appartenenti al campo puramente scientifico e speculativo. Per queste ragioni egli non ha potuto eseguire la richiesta del Presidente, tanto più che questa era fatta sotto forma di consiglio piuttosto che di ordine, ed in modo che pareva lasciare nel segretario facoltà di accoglierla o no. — Dopo ciò, il Consiglio accetta ad unanimità la proposta del prof. Issel di inserire nel fascicolo di cui si sta ultimando la stampa, purché si giunga ancora in tempo, la dichiarazione che ciascun autore degli scritti pubblicati negli Atti della Società è unico garante delle proprie produzioni e opinioni; e di ripetere la stessa dichiarazione in tutti i volumi di essi Atti che usciranno in seguito ». La vertenza venne così risoluta con spirito liberale compenetrato di quella tolleranza che è lievito del progresso scientifico ed uno dei caposaldi della moderna civiltà; e la sua risoluzione, espressa con le parole in carattere epigrafico sopra riportate, ha servito da allora e servirà in avanti di norma alla nostra Società. Le quali parole, fissate mentre il predetto fascicolo del voi. 46° stava per essere finito di stampare, trovarono appena il tempo di comparire sull’ultima pagina di esso, recante l’errata-corrige. Ma se la cosa ebbe pronto assestamento in seno al Consiglio direttivo, non accadde altrettanto presso l’Assemblea generale dei soci. E qui apparve come il march. Imperiale avesse colpito giusto nel presagire le disapprovazioni e le polemiche, che il passo della mia relazione da lui reietto sarebbe stato capace di suscitare in una parte dei soci. Nonostante la quasi clandestina circolazione dei nostri Atti ed il silenzio sepolcrale attraverso cui passano ordinariamente inosservati in Genova, tuttavia questa volta, poco appresso la distribuzione del su indicato fascicolo uscito finalmente in luce nell’agosto del 1918, l’incriminato passo attrasse l’attenzione di un manipoletto di soci, dotti professori di lettere e di storia nelle regie scuole secondarie, convinti e compresi della loro missione di custodi e difensori delle patrie 78 Società Ligure di Storia Patria istituzioni (1). Come avvisaglia dei propositi battaglieri di costoro comparve sul giornale // Secolo XIX di martedì 22 ottobre 1918 un articolo scritto da un esimio professore di latino, estraneo alla nostra Società ma ben ispirato da taluno di quei soci oppositori. L’articolo, intitolato Metodi storici, era infarcito di luoghi comuni tanto più sacri ed inoppugnabili in quanto ci trovavamo ancora nello stato di guerra; e riportava in corsivo un piccolo tratto della mia relazione concernente il sentimento della patria, quasi, pareva, ad esibirlo alla sanzione della censura tuttavia in quei giorni vigile ed imperante. L’Assemblea generale ordinaria della Società si riunì il 29 dicembre 1918 con un ordine del giorno che stabiliva le elezioni di tutte le cariche sociali, e cioè del presidente, di due vicepresidenti e di dodici consiglieri, non che di tre revisori dei conti, scadendo il biennio al termine del quale si dovevano per disposizione statutaria tutte quante rinnovare. Presiedeva il march. Imperiale, già edotto degli umori di una parte degli intervenuti verso la relazione del segretario; e la seduta si svolse nel modo qui sotto descritto e desunto dal verbale di essa, da me steso e dalla susseguente Assemblea approvato. « ---- Tuttora in servizio militare, il Presidente dichiara com’egli approfittando di una breve licenza abbia acconsentito riluttante, dopo quasi quattr’anni, a dirigere l’Assemblea in luogo del Vicepresidente prof. Issel assente per ragioni di famiglia, cui spettava il carico della presidenza che lo stesso professore sostiene con zelo pari all’autorità fin dal principio della guerra. Egli pertanto non trovasi ora in grado di tracciare un programma di lavori, il quale sarà esposto in altra adunanza che verrà convocata espressamente, e corrisponderà alle nuove condizioni dei tempi originate dalla guerra: restringerà quindi il suo compito a dirigere lo svolgimento dell’ordine del giorno, che riguarda le contingenze sociali del momento, e più specialmente l’elezione generale del Consiglio direttivo. Prega perciò I’Assemblea a volere contenere l’opera propria entro i limiti indicati dallo stesso ordine del giorno, rimandando ad altra seduta ogni discussione attinente a questioni di programma. (lì Lungi da me l’intenzione di far argomento di sarcasmo e tanto meno di offesa la rispettabile classe dei professori di lettere e storia, ma bisogna pure ch’io dica che molti di costoro mi ricordano il modo di pensare e di operare espresso nei consigli seguenti, che un illustre romanziere metteva, con felice ironia, in bocca d’un supposto accademico delle scienze morali. Perchè » — diceva costui a chi gli domandava norme e suggerimenti per iscrivere una storia — « perchè comporre una storia, quando non avete che da copiare le più note, come corre l’uso i Se voi avete un punto di vista nuovo o un’idea originale, se presentate gli uomini e le cose sotto un aspetto inatteso, voi sorprenderete il lettore: e il lettore non ama Relazione 79 « Prende poi la parola il socio prof. Vito Vitale, il quale dichiara che, mentre aderisce assai volentieri ai propositi del Presidente circa un rinnovamento del programma sociale in rapporto alle nuove esigenze dei tempi, sente il dovere di richiamare l’attenzione dell’Assemblea sopra le ultime due pagine della relazione sui lavori della Società dal 1908 al 1917 pubblicata ultimamente dal Segretario nel fase. I del voi. 46° degli Atti. Alcuni concetti ivi esposti intorno al modo di riguardare e di fare la storia, non che intorno al sentimento della patria sono — egli dice — in contrasto colle idee comunemente ammesse dagli studiosi e certamente con quelle della grande maggioranza dei soci. Dopo aver fatto una breve critica di detti concetti, il prof. Vitale domanda se essi corrispondano effettivamente alle opinioni della Presidenza, come si dovrebbe ritenere essendo pubblicati in una relazione ufficiale della Società; e presenta poi una sua proposta da sottoporre ai voti dell’Assemblea, perchè questa manifesti il proprio avviso intorno ai concetti medesimi, e dichiari se li ritenga o no consentanei al programma ed agli intendimenti della Società. « 11 Presidente, richiamandosi alle dichiarazioni da lui fatte in principio, risponde al prof. Vitale di non poter aprire la discussione sopra la questione sollevata da esso professore, questione che non è all’ordine del giorno, e che trascinerebbe PAssemblea lungi dagli scopi per cui questa trovasi oggi radunata, e prega quindi il proponente a voler rinunziare alla sua richiesta. « Domanda ed ottiene la parola il socio avv. Ludovico Giordano, il quale afferma che la questione mossa dal prof. Vitale è cosa secondaria per rispetto a quella dell’andamento generale della Società, che non è punto soddisfacente. Egli critica vivacemente l’opera, a suo avviso, incerta, insufficiente e quasi inerte della Società; accenna anche al modo delle elezioni alle cariche sociali, che dovrebbero sempre effettuarsi a schede segrete, essere sorpreso. Egli non cerca mai altro nella storia, se non le sciocchezze che già conosce. Se cercate di istruirlo, non farete che umiliarlo ed irritarlo: non tentate di illuminarlo, altrimenti egli griderà che voi offendete le sue credenze. Gli storiografi si copiano gli uni dagli altri; così risparmiano fatica ed evitano di parere presuntuosi. Imitateli e non siate originale: uno storico originale è oggetto della diffidenza, del disprezzo e del disgusto universale......Cosa sono le novità? Delle impertinenze.....Se volete che il vostro libro sia ben accolto, non lasciate scappare alcuna occasione di esaltarvi le virtù sulle quali riposano le società: la devozione alla ricchezza, i sentimenti pii e specialmente la rassegnazione del povero, che è fondamento dell’ordine. Affermate, signore, che le origini della proprietà, della nobiltà e della gendarmeria saranno trattate nella vostra storia con tutto il rispetto che queste istituzioni si meritano. Fate sapere che ammettete il soprannaturale, quando capita. Con queste condizioni, voi farete strada fra la buona compagnia » (Anatole France, L’isola dei Pinguini; traduzione di Renato Colantuoni; A. Barion, editore, Sesto San Giovanni — Milano, MCMXXV1I; pp. 6-7). 80 Società Ligure di Storia Patria secondo le disposizioni tassative dello statuto sociale, ma che vengono spesso fatte, su proposta di soci compiacenti e col tacito consenso della Presidenza, per acclamazione. Accenna altresì ad una sua proposta di raccolta di toponomastica ligure, che venne lasciata cadere, ed anche ad una sua lettera al Presidente circa lo stesso argomento, alla quale non ricevette risposta (1). « 11 marchese Imperiale replica ribattendo le asserzioni del Giordano; ma essendo il dibattito trasceso a personalità, ed avendo eccitato gli animi in modo da rendere impossibile od almeno problematica una discussione proficua, il Presidente medesimo scioglie la seduta rimettendo ad altra Assemblea Io svolgimento del proposto ordine del giorno ». Come vedesi, l’inopinato e prematuro scioglimento dell’adunanza, cosa affatto inusitata e assolutamente straordinaria nell’ambiente sereno e tranquillo della Società Ligure di Storia Patria, impedì per allora aH’Assemblea di manifestare in qualche guisa il proprio avviso circa le critiche mosse alla mia relazione. Il che dispiacque, non solamente ai miei oppositori, ma anche e sopratutto a me, cui venne a mancare il modo di contrapporre seduta stante le mie ragioni alle loro censure. Ma la questione non era punto soffocata nè tanto meno eliminata, soltanto era rimandata alla prossima Assemblea; la quale si adunò la domenica 2 marzo del 1919, con un ritardo consigliato dal desiderio di lasciar qualche tempo affinchè si calmassero gli animi agitati, e di rimuovere possibilmente ogni inconveniente atto a turbare il regolare andamento della nuova riunione. Questa infatti ebbe luogo in modo (1) L’irruento attacco dell’avv. Giordano contro il Presidente Imperiale era affatto ingiustificato oltre che inopportuno. Che l’opera della Società in quegli anni di guerra non sia stata molto attiva è ben naturale; anzi parmi cosa mirabile e degna di encomio che alcuni di noi abbiano avuto, fra le molte e gravi difficoltà di que’ tempi momentosi, animo e lena per condurre innanzi la pubblicazione degli Atti e per attendere alle altre ordinarie cure sociali. Se poi talora l’elezione degli uffiziali della Società venne fatta per acclamazione, ciò non era dovuto a ragioni di compiacenza verso le persone da eleggere, ma allo scarsissimo numero (una dozzina o poco più) dei soci intervenuti all’Assemblea, nonché alla mancanza di preventivi accordi fra di loro circa i nomi da votare, ed anche al loro desiderio di sbrigarsi: tutti motivi che consigliavano agli stessi intervenuti di riconfermare in carica i dirigenti scaduti, e di effettuare la riconferma col procedimento sommario dell’acclamazione. Il Giordano, che venne più tardi ad esser membro del Consiglio al quale tuttora appartiene, sa benissimo che anche col sistema delle votazioni a schede segrete rigidamente applicato da parecchi anni (l’art. 31 del nuovo statuto vieta l’elezione per acclamazione) l'Assemblea ha la consuetudine di confermare gli uffiziali scaduti e di sostituire, occorrendo, soltanto i morti ed i rinunziatari. Finisco questa nota coll’osservare che gli spiriti erano allora generalmente eccitati per le condizioni dell’ambiente sociale lasciate in retaggio dalla guerra; non si saprebbe altrimenti spiegare il modo veramente strano, per non dire incivile, col quale l’Assemblea del 29 dicembre 1918 accolse il Presidente della Società reduce dai rudi e triennali cimenti cui egli aveva volontariamente partecipato in servizio della patria. Relazione 81 ordinato e dignitoso e si potrebbe aggiungere solenne; senza che le nuocessero la irrequieta aspettazione degli intervenuti e l’appassionato interesse dei pi otagonisti. A costo di ripetere cose già dette nelle pagine precedenti, voglio qui riferire integralmente il verbale che di essa seduta io composi studiandomi, come sempre, di dare la più scrupolosa e oggettiva rappresentazione del vero. E non voglio omettere i nomi dei soci che intervennero alla medesima seduta, lusingandomi che chi affronterà la lettura del documento potrà credere di aver sott’occhio uno di quei medievali atti notarili nei quali la lunga sequela degli attori e dei testimoni, con le loro denominazioni qualità e provenienze, offre all’odierno lettore un interesse non minore di quello che egli prende alle operazioni cui essi partecipano ed assistono. Ecco dunque il verbale. « Alle ore 15 ‘/4 della domenica due marzo 1919 il vicepresidente prof. Arturo Issel, che presiede in assenza del presidente march. Cesare Imperiale tuttora in servizio militare, apre la seduta presenti i soci ing. Giuseppe Ammirato, avv. Giulio Balbi, prof. Adolfo Bassi, prof. Carlo Bornate, cav. Michele Bruzzone, prof. Giovanni Campora, cav. Luigi Augusto Cervetto, avv. Michele Della Cella, march. Gian Carlo Doria, Augusto Figoli, ing. Carlo Fuselli, chimico farmacista Francesco Gambaro, avv. Ludovico Giordano, march. Giuseppe Invrea, cav. Gian Luigi Lercari, rag. Giovanni Malerba, prof. Francesco Luigi Mannucci, avv. Emilio Marengo, ing. Riccardo Massone, avv. Vincenzo Pace, cav. Amedeo Pescio, prof. Francesco Ridella, march. Ambrogio Sauli, march. Onofrio Sauli, sacerdote Lorenzo Sertorio, march. Paolo Alerame Spinola, prof. Leopoldo Valle, prof. Vito Vitale, cav. Luigi Volpicella e prof. Francesco Poggi segretario. Il quale, dietro invito del Presidente, legge anzitutto, principalmente a titolo informativo, il verbale della penultima seduta del 28 aprile 1918, di cui s’era omesso per brevità di dar lettura nella seduta precedente, e quindi quello dell’ultima seduta del 29 dicembre 1918: il primo viene approvato senz’altro, il secondo dopo alcune osservazioni puramente formali dei soci prof. Vitale ed avv. Giordano. Dopo di che il presidente prof. Issel rivolge aH’Assemblea viva preghiera di non voler dar materia a dibattiti come quelli che hanno provocato lo scioglimento dell’ultima adunanza. Per quanto egli, personalmente, ritenga che il miglior modo di rimuovere ogni cagione di contrasto sarebbe quello di non risollevare la questione che diede origine a quei dibattiti e di attenersi strettamente allo svolgimento dell’ordine del giorno, tuttavia, perchè non paia che il Consiglio direttivo voglia impedire o soffocare qualunque discussione in proposito, cede la parola al Segretario, che vivamente la desidera 6 S2 Società Ligure di Storia Patria per chiarire appunto la detta questione e rispondere in pari tempo alle critiche mosse ad esso Segretario, e di riverbero alla Presidenza. « Presa la parola, il Segretario si dichiara dolente che il sopravvenuto scioglimento dell’ultima Assemblea gli abbia impedito di rispondere subito a quei soci che hanno domandato ragione delle parole da lui scritte nelle ultime due pagine della sua relazione sulla Società dal 1908 al 1917, pubblicata nel voi. 46°, fase. I, dei nostri Atti. Questa relazione — egli dice — comprende 237 pagine: in essa, oltre il rendiconto dei lavori sociali compiuti negli ultimi dieci anni, quali la pubblicazione dei volumi degli Atti preparati in tale periodo di tempo, le conferenze e conversazioni tenute per iniziativa ed opera del nostro Sodalizio, il contributo da esso recato alla sesta Riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, il catalogo della Mostra storica coloniale promossa ed ordinata dallo stesso nostro Istituto nel 1914 — la cui compilazione è costata grande e diuturna fatica —, oltre tante altre notizie circa la biblioteca, lo stato finanziario, il movimento dei soci, ecc., sono fatte proposte per l’incremento sociale, ventilati progetti per l’ingrandimento della biblioteca, delineati programmi per la composizione degli Atti. Ma tutto ciò è passato inosservato, tutta questa materia che poteva e può dar luogo a discussioni proficue, a deliberazioni utili, a risultati tangibili per la nostra Società, è stata intieramente trascurata. I miei critici — egli soggiunge — hanno trovato degne della loro attenzione soltanto alcune idee buttate giù nelle pagine 235-237 della Relazione, idee generali intorno al modo di considerare la storia, e nelle quali hanno ravvisato qualche cosa di compromettente per la Società. Coloro che non hanno letto queste pagine potrebbero credere che si trattasse di teorie assurde e di pericolose eresie, mentre, in sostanza, io ho detto semplicemente questo: che finora la storia, nonostante la maggior ampiezza di ricerche e di contenuto che essa è andata via via abbracciando negli ultimi due o tre secoli, si è occupata principalmente dei fatti politici, cioè di quelli riguardanti lo Stato, e degli uomini che li promossero e li diressero. La vita dei popoli è rappresentata ordinariamente con una serie di guerre e di paci, di lotte esterne ed interne, di contese e di competizioni tra partiti. Ora io considero la storia come la rappresentazione integrale della vita del passato, di tutta la vita delle generazioni trascorse, di tutta l’attività degli uomini che ne precedettero nel faticoso cammino della civiltà; e pertanto come la rappresentazione anzitutto della vita normale, ordinaria, comune della Società, e non soltanto di quella politica. L’attività politica è una ben piccola parte delle azioni umane, e riguarda poi una minuscola minoranza che si agita al disopra delle moltitudini che lavorano e producono la ricchezza delle nazioni. La storia di queste Relazione 83 moltitudini, del loio lavoro, delle famiglie in cui sono aggruppate è in gran parte ignota. Abbiamo la storia delle istituzioni politiche, delle istituzioni religiose, delle istituzioni rappresentative, ecc.; ma non si è fatta ancora la storia della famiglia, anzi delle famiglie, la storia del lavoro umano attraverso le infinite sue manifestazioni e trasformazioni, la storia completa delle scienze, e così via. Ho parlato inoltre, in relazione al modo di considerare e di fare la storia, del concetto di patria e della sua esagerazione presso le classi dirigenti, ed ho affermato che la famiglia, la personalità umana, la moralità, la libertà, la giustizia, la scienza, l’amore del prossimo sono cose altrettanto sacre quanto la patria. Ho accennato in ultimo alle conseguenze, per me esiziali, a cui conduce la prevalenza data allo studio delle lettere e della storia politica, a scopo educativo, nelle scuole. Questa è la sostanza di quanto ho scritto nelle due pagine incriminate. I miei contradittori — egli continua — pretendono che siffatte idee, essendo esposte in una relazione intorno ai lavori sociali, siano presentate come le idee della Società e ne costituiscano per così dire il programma ufficiale, quasi che esse fossero state discusse e stabilite collegialmente. Ora io debbo a tal riguardo dichiarare francamente ed esplicitamente che la pubblicazione delle pagine su riferite spetta soltanto a me, che anzi il presidente march. Imperiale, a cui io facevo pervenire via via le bozze di stampa del mio scritto, la sconsigliò, sopra tutto per ragioni di opportunità derivanti dallo stato di guerra in cui ci trovavamo; e quando seppe che, nonostante iì suo avviso sfavorevole, essa era avvenuta, volle, telegrafando espressamente, che il Consiglio direttivo prendesse atto della sua protesta. Il Consiglio, presieduto dal prof. Issel, non credette di entrare nel merito della questione, rifiutandosi perfino di sentire la lettura delle pagine criticate che io profferivo di fare; ma volendo salvaguardare ad un tempo la libertà scientifica dello scrittore e la responsabilità della Società, deliberò d’inserire nel volume di cui sfavasi ultimando la stampa, che ciascun autore degli scritti pubblicati negli Atti sociali è unico garante delle proprie produzioni e opinioni. Questa dichiarazione, che leggesi in calce al fase. I del voi. 46", toglie qualsiasi carattere di ufficialità alle idee da me esposte in detto fascicolo, ed è tanto più espressiva ed efficace in quanto che è la prima volta che comparisce nei volumi della Società. Le idee sono dunque esclusivamente mie, e nel pubblicarle io ho usato del diritto che hanno tutti i soci che inseriscono loro scritti nei volumi sociali, di esprimere con piena libertà il loro pensiero; diritto che la mia qualità di segretario non può nè menomare nè tanto meno sopprimere. « lo ho dedicato durante l’intero periodo di guerra — così conclude il Segretario — tutto il mio tempo libero alla Società occupandomi indefessamente 84 Società Ligure di Storia Patria ed intensamente nell’interesse di essa; un professionista qualunque, impiegando cotesto tempo nell’esercizio della sua professione, avrebbe guadagnato parecchie migliaia di lire; io invece non ho guadagnato, lavorando nel freddo ambiente invernale di questa sede sociale, che una polmonite che mi condusse in fin di vita. Almeno mi si lasci la soddisfazione di poter far uso di quella libertà di pensiero, ch’è il fondamento di qualunque istituto scientifico, e che il prof. Issel, scienziato di fama europea e di autorità indiscussa, pure dissentendo dalle idee da me espresse in detto fascicolo, volle riconoscere proponendo che in questo venisse inserita la dichiarazione sopra ricordata. Che se poi l’Assemblea crede eh’ io abbia male operato, essa trovasi in grado di dare oggi stesso il suo giudizio per mezzo delle elezioni generali del Consiglio votando contro il mio nome. Per quanto affezionato alla Società, io m’inchinerò alle decisioni delI’Assemblea se queste mi saranno avverse, lasciando ad altri il posto di segretario. « Dopo le dichiarazioni del prof. Poggi domanda ed ottiene la parola il socio prof. Vitale, il quale insistendo su quanto ebbe a dire nell’ ultima Assemblea contro il contenuto delle due ultime pagine della relazione, osserva ancora una volta che l’avvertenza stampata alla fine del volume per volontà del Consiglio direttivo non basta a togliere il carattere ufficiale alla pubblicazione. Ripresenta pertanto all’Assemblea, anche a nome dei consoci prof. Leopoldo Valle, prof. Carlo Bornate e prof. Francesco Luigi Mannucci il seguente ordine del giorno da loro quattro firmato, già proposto nella seduta precedente e non discusso per effetto dello scioglimento di essa: La Società Ligure di Storia Patria, nella prima adunanza dopo la pubblicazione del volume 46°, fase. /, degli Atti, afferma il suo aperto dissenso dalle teorie storiche politiche ed educative espresse dal Segretario nelle ultime pagine (235-237) della Relazione, ivi contenute ed esposte come programma della futura opera della Società; e deplora che sia mancata in questo caso la rigorosa osservanza delle norme che regolano la pubblicazione degli Atti sociali. « A questo punto chiede di parlare per una proposta pregiudiziale il socio avv. Giordano. Egli dice che dopo le parole del Segretario e quelle del prof. Vitale, l’Assemblea è sufficientemente illuminata sulla questione; ritiene che una discussione circa l’ordine del giorno presentato dal Vitale non aggiungerebbe nulla di sostanziale e rischierebbe invece di prolungare inutilmente la seduta e di acuire il dissenso fra le parti; che del resto ogni socio può dare e far sentire nel modo più efficace il suo giudizio sull’opera, così del Segretario come della Presidenza e di tutto il Consiglio direttivo, mediante il proprio voto nelle elezioni che avranno luogo fra poco: propone perciò di passare senz’altro allo svolgimento dell’ordine del giorno recato Relazione 85 dall’avviso di convocazione. Messa in votazione la pregiudiziale dell’avv. Giordano, essa viene approvata per alzata di mano a grande maggioranza. « Si passa dopo ciò all’esame del bilancio preventivo per il 1919, di cui il Segretario dà lettura, e che viene approvato senza osservazioni. Esso è annesso al seguente verbale. « 11 presidente prof. Issel sospende quindi per alcuni minuti la seduta affinchè i soci possano accordarsi e procedere alle operazioni per l’elezione del Presidente, dei due Vicepresidenti, dei dodici Consiglieri, e dei tre Revisori dei conti. La votazione si fa a schede segrete, le quali vengono dai votanti depositate in quattro scatole, una per ogni elezione. Prestano ufficio di scrutatori i soci ingegneri Ammirato e Fuselli. A scrutinio finito il Presidente proclama i seguenti risultati. Per il Presidente March. Cesare Imperiale voti n. 21 Schede bianche T> » 8 Per i due Vicepresidenti n. 23 Avv. Gaetano Poggi voti Prof. Arturo Issel » » 22 Schede bianche » ì> 5 Per i Consiglieri Avv. Giulio Balbi voti n. 25 Prof. Giovanni Campora » » 25 Avv. Pier Francesco Casaretto » > 26 Prof. Luigi Augusto Cervetto » » 26 Comm. Francesco Costa T> » 26 Prof. Emilio Marengo » » 26 Avv. Giuseppe Morgavi » > 26 Prof. Francesco Poggi T> * 25 March. Onofrio Sauli » » 26 March. Bernardo Sopranis » » 26 March. Paolo Alerame Spinola T> » 25 Cav. Luigi Volpicella » » 26 Schede bianche » » 5 86 Società Ligure di Storia Patria Per i Revisori dei conti Cav. Luigi Lercari Cav. Michele Bruzzone Ing. Riccardo Massone Schede bianche voti n. 23 » » 22 » » 22 5 « Prima che l’Assemblea venga sciolta il socio prof. avv. Giordano presenta le seguenti proposte, la cui discussione, stante l’ora tarda (sono circa le 19) è rimandata ad altra seduta. Ecco le proposte: |. L’Assemblea, ritenuto che il pagamento delle quote di socio fatto in una sola volta mediante capitalizzazione della quota annuale, mentre facilita il conseguimento delle quote stesse specialmente in riguardo di Enti morali, non impinge contro lo Statuto, approva tale modalità di pagamento. II. L’Assemblea, accogliendo il pensiero di alcuni soci, raccomanda al Consiglio di esaminare l’opportunità di estendere la serie dei soci corrispondenti in relazione al nuovo programma della Società ». In questo modo ebbe la sua risolutiva conclusione la controversia suscitata dal mio scritto, conclusione altrettanto eloquente quanto inequivocabile nella sua significazione; e se io mi sono indugiato a narrare i particolari e le varie fasi del dibattito in maniera che parrà a taluno soverchiamente pio lissa, l’ho fatto perchè era in giuoco la libertà scientifica, senza della quale una società di studj, qualunque essa sia, riesce una dogmatica congrega ovvero una prigione degli spiriti. Quel dibattito non fu senza utilità, giacché, mentre servì a raffermare il luminoso e fecondo indirizzo liberale della Società Ligure di Storia Patria, portò, sia pure temporaneamente, nel taciturno ambiente di questa una fruttifera agitazione di idee e di contrasti, e quindi uno squarcio di vita movimentata: del che, in definitiva, dobbiamo esser grati ai miei critici di allora. j* jt j* Relazione 87 ATTI DELLA SOCIETÀ VOL. XLVI II. Dal campo delle idee passo, ed è oramai tempo, a quello delle opere cominciando a discorrere dei volumi degli Atti, che, oltre il fase. 1 del voi. XLVI da cui trasse origine la suddetta controversia, videro la luce negli ultimi anni della presidenza di Cesare Imperiale. La quale fu però durante i medesimi anni, come già sappiamo, in gran parte soltanto nominale, trovandosi il titolare di essa impegnato nei servizii della guerra in modo stabile e continuo, e venne in egual modo surrogata dalla vicepresidenza del prof. Issel. Il primo di detti volumi fu quello recante il numero 48. Già fin dal 1913, e precisamente nella seduta del Consiglio direttivo dell’ 11 gennaio dello stesso anno, erasi approvata, su proposta dei consiglieri Luigi Augusto Cervetto, Mattia Moresco e Ambrogio Pesce, la pubblicazione negli Atti, a cura del socio sacerdote Domenico Cambiaso, di un Collettario della chiesa metropolitana di Genova compilato nei primi anni del secolo XIV e conservato nell’Archivio capitolare di essa chiesa. L’approvazione non fu però seguita per allora dall’esecuzione; soltanto poco meno di tre anni appresso il Consiglio, nell’adunanza del 30 dicembre 1915, deliberò di effettuare la stampa del predetto Collettario, sentito anche l’avviso favorevole di alcuni dotti membri della Società, così ecclesiastici come secolari, gli uni e gli altri d’accordo nel magnificare l’importanza del codice sia dal lato liturgico sia dal lato propriamente storico. Sotto quest’ultimo rispetto, il cimelio capitolare offriva un interesse non trascurabile per la cognizione della data di morte di molti insigni personaggi indicata nell’obituario o necrologio in esso contenuto. I prezzi della carta e della mano d’opera, che per effetto della guerra cominciavano a salire sensibilmente, obbligarono l’Amministrazione sociale a trattative piuttosto lunghe e laboriose prima di accordarsi con una Tipografia che desse affidamento per un buon lavoro di stampa mediante una spesa proporzionata alle finanze del nostro Sodalizio; e ciò fu cagione che si ritardasse a mettere mano ad esso lavoro. Altro e maggior ritardo procedette dagli indugi dell’autore nel presentare al Consiglio la monografìa dichiarativa ed illustrativa del testo. Sicché la prima parte del manoscritto dell’opera non potè passare sotto i torchi che nel dicembre 1916, presso lo stabilimento della Società Tipo-Litografica Ligure E. Oliveri e C. Il volume uscì 88 Società Ligure di Storia Patria in pubblico nell’ottobre del 1917, e siccome, per ragioni di economia e di bilancio, ne era stato limitato il numero delle pagine a 400 accresciuto poi a 432 (effettivamente risultò di XV+418), così un gruppo di documenti, oltre il Collettario metropolitano, predisposti dall’autore a corredo dell’opera, furono stampati a parte nell’anno seguente e formarono un fascicolo di un’ottantina di pagine in appendice al predetto volume. Io non dirò nulla circa la materia di questo, salvo ad osservare che nella mente del Consiglio direttivo il Collettario era destinato ad esserne il centro intorno al quale avrebbe dovuto aggirarsi l’illustrazione dell’autore. Questi invece credette conveniente di capovolgere, per così dire, la posizione facendo argomento principale del suo studio l’Anno ecclesiastico e le feste dei santi in Genova nel loro svolgimento storico — e così intitolò appunto esso studio — ed assegnando al Collettario e ai documenti dell’appendice un ufficio puramente illustrativo o probativo di detto argomento in quanto potevano servire a tale scopo. In siffatto modo venne a mancare l’esame del necrologio incorporato nel Collettario, e quindi mancarono l’identificazione delle persone ivi ricordate, il rilievo dei particolari alle stesse attribuite, non che le relazioni e le attinenze delle une e degli altri con persone già note, e con le magistrature e gli avvenimenti del tempo. Ciò avrebbe, di certo, non solo richiesta la sicura conoscenza delle cronache liguri a noi pervenute, ma imposta altresì un’indagine estesa ed approfondita dei registri e delle filze notarili dei pubblici archivi: lavoro, dunque, bisognevole di tempo e di comodità, al quale è tuttavia da sperare che lo stesso Don Cambiaso o altri si accinga, in vista del contributo non piccolo nè poco apprezzabile che ne riceverebbe la storia civile di Genova. Il libro rimase così circoscritto alla storia del culto e della liturgia in Genova e nel Geno-vesato, il che l'autore esplicitamente riconosce nella sua prefazione. E non riuscì, malgrado ciò, un libro da servire esclusivamente ai sacerdoti, come taluni soci dissero o pensarono. Infatti la materia di cui tratta, oltre che essere parte cospicua della coltura storica non soltanto ecclesiastica, offre, indipendentemente da qualunque fede confessionale, un grande interesse filosofico e sociologico; poiché, distribuita com’è nel quadro dello sviluppo storico delle istituzioni religiose, riconduce queste nell’àmbito di uno studio razionale o razionabile, essendo ogni processo storico anzitutto un processo umano, senza nessuna mischianza di cose soprasensibili e soprannaturali. Relazione 89 IL PRIMO VOLUME DEGLI ATT! DESTINATO ALLA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO Da parecchi anni io mi occupavo con impegno della storia del nostro Risorgimento nazionale, anzi fin dal 1911 avevo concessa e praticata attivamente la mia collaborazione al dizionario II Risorgimento italiano pubblicato dalla casa editrice « Dottor Francesco Vallardi > e diretto dal professor Michele Rosi; dizionario sospeso verso la fine del 1916, ed ora in via di essere ripreso e continuato (1). Questa mia applicazione mentale e l’incremento preso negli ultimi tempi dagli studj storici intorno al moto nazionale italiano mi portarono, naturalmente, a caldeggiare il disegno di aprire anche gli Atti della Società Ligure di Storia Patria a studj siffatti. Al che trovai pronti consensi nei colleghi del Consiglio. Questo considerò e discusse il su accennato disegno, approvandolo pienamente, nella seduta del 13 gennaio 1917: ed ecco come io, nel verbale di essa seduta, davo conto della cosa. «.......11 Consiglio si occupa quindi in generale degli Atti della Società e riconosce la convenienza che i prossimi volumi di essi incomincino a contenere materia riguardante la storia del Risorgimento nazionale in rapporto colla Liguria. Sarebbe utile che la nostra Società, a somiglianza di quanto fanno altre Società di storia patria, potesse pubblicare ogni anno due volumi, uno di storia antica e l’altro di storia recente; ma, in attesa che i mezzi del Sodalizio permettano di effettuare un cosiffatto progetto, è intanto opportuno dar inizio prossimamente alla serie delle pubblicazioni attinenti al Risorgimento. Il segretario prof. Poggi osserva a tal proposito che un argomento degno di storia e particolarmente atto a mettere in evidenza la parte presa da Genova nel movimento nazionale, è quello che riflette l’opera dell’Emigrazio-ne politica italiana nella nostra città principalmente dal 1848 al 1860. Egli si occupa da qualche tempo di detto argomento, intorno al quale è dovizia di documenti inediti - e fra questi menziona i processi verbali di un Comitato di emigrati qui operante negli anni 1852 e 1853 e di cui facevano parte i patriotti Alberto Mario, Savio, San Donato, Franchini, Frigerio, Nicolari, Ferrari, Murri, Badia, Ciaccio, Morteo, Ricci Pietro e Ricci Valentino, Tassara ed altri, compreso (1) Durante la correzione (aprile 1929) delle bozze di questo scritto mi è giunta infatti una lettera del prof. Rosi con l’annunzio che si sta riprendendo la pubblicazione del Dizionario, e con l’invito a continuarvi la mia collaborazione: invito che io ho di buon grado accettato. 90 Società Ligure di Storia Patria il marchese Giuseppe Imperiale, che fu padre del nostro Presidente dal quale il Poggi ebbe in esame essi verbali — e quando il Consiglio desiderasse, sarebbe lieto di continuare le sue ricerche, valendosi specialmente del materiale del genovese Museo del Risorgimento, e di concretarle in un prossimo volume degli Atti. Il Consiglio, prendendo volentieri atto della dichiarazione del Segretario, delibera dopo ciò che il primo volume degli Atti relativo al Risorgimento nazionale, e da pubblicarsi possibilmente nell’anno 1918, sia dedicato al tema della emigrazione politica italiana in Genova ». Nella susseguente riunione del 14 aprile 1917 il Consiglio, confermando la sua deliberazione circa la convenienza di accogliere negli Atti lavori pertinenti alla storia del Risorgimento nazionale in relazione colla Liguria, ed in particolare circa la pubblicazione di un prossimo volume contenente uno scritto del Segretario intorno all’emigrazione patriottica in Genova durante esso Risorgimento, s’intrattenne sulla proposta, messa innanzi dal consigliere Pier Francesco Casaretto, di cambiare per i volumi della divisata nuova serie il formato e la copertina, in modo da distinguerli dai volumi relativi alla storia antica della regione ligure e della Repubblica genovese in ispecie. Frattanto erasi ripresa la stampa del fase. I del voi. 46° contenente la famigerata Relazione che diede motivo ai contrasti largamente riferiti nelle pagine precedenti, la stesura e l’apprestamento della quale assorbivano la maggior parte del tempo ch’io potevo concedere alla Società; cosicché, quando il Consiglio venne nella necessità di prendere una risoluzione concreta circa il contenuto di un volume da stampare e da distribuire ai soci nell anno 1919, io mi trovai a malincuore costretto a dichiarare (in seduta del 2 marzo 1918) che, occupato oltre il previsto intorno alla suddetta Relazione e special-mente intorno al catalogo della Mostra storica coloniale in essa incluso, non avevo potuto attendere con lena allo studio riguardante l’emigrazione politica per cui m’ero impegnato, e che prevedevo difficile di poterlo aver pronto per la pubblicazione nel 1919. Ma giunse in buon punto una lettera del prof. Franco Ridella, comunicata appunto al Consiglio del 2 marzo 1918, colla quale esso professore chiedeva l’inserzione negli Atti sociali di una sua memoria concernente le relazioni tra Pietro Giordani e Cesare Cabella; e parve allo stesso Consiglio opportuno d’invitare il richiedente a voler senz’altro esibire il suo scritto per dar modo alla Presidenza di vedere se questo potesse per avventura trovar posto in un volume dei medesimi Atti da dedicarsi alla storia del Risorgimento. 11 prof Ridella accolse con molta premura l’invito e rese così possibile in breve tempo al vicepresidente Issel di acquistare un’idea sommaria dello scritto su indicato, ed a me di leggerlo Relazione 91 intieramente e con attenzione. Io stesso poi ne davo contezza al Consiglio nell’adunanza del 16 aprile 1918 colle seguenti parole, che levo dal verbale di essa adunanza. « Il lavoro concerne le relazioni tra il giovine Cesare Cabella e Pietro Giordani, quali risultano da una nutrita corrispondenza epistolare tra questo e quello, durata ininterrottamente parecchi anni; corrispondenza di cui esistono però soltanto le lettere dello scrittore piacentino all’avvocato genovese, già edite. Il Ridella mette principalmente in rilievo la parte filosofico-morale di tale corrispondenza per trarne notizie e induzioni sullo stato d’animo del Cabella e sul pensiero ed il carattere di questo; ed ha anche un accenno o spunto polemico, sebbene in forma molto cortese, col prof. Clerici che si è occupato nella Nuova Antologia della stessa corrispondenza (1). Trattasi dunque, come si vede, di un lavoro piuttosto letterario che storico, e così qual è poco adatto ai nostri Atti. Il Segretario soggiunge di avere consigliato il Ridella a dare al suo scritto un maggiore contenuto storico, in modo da farne una completa biografia del Cabella con particolare riguardo all’opera politica di questo nelle vicende del Risorgimento nazionale; e di averlo trovato consenziente, tanto più potendosi egli in siffatto ampliamento del lavoro giovare delle molte lettere inviate al Cabella da uomini politici di quell’importante periodo storico, possedute dall’avv. Edoardo Cabella, figlio di Cesare, ed in gran parte ancora inedite. Il prof. Issel accenna alla buona impressione da lui riportata dalla lettura di alcune pagine del lavoro del Ridella e conclude che, quando esso sarà stato allargato nel senso suesposto dal Segretario, potrà senza dubbio comparire degnamente in un volume dei nostri Atti dedicato esclusivamente alla storia del Risorgimento ». Il Consiglio, dopo viva discussione, approvò l’accoglimento negli Atti del lavoro del Ridella ampliato nel modo anzidetto, da pubblicare insieme col mio riguardante l’emigrazione politica, quando questo fosse pronto, in uno stesso volume designato ad essere distribuito ai soci entro il 1919.’ Le cose andarono però, come vedremo, in guisa ben diversa da quella divisata dal Consiglio. (1) Nuova Antologia, nn. 16 giugno 1916 e 16 febbraio 1917. 92 VOLUME XLIX DEGLI ATTI Fasc. I. 11 volume degli Atti, destinato dal Consiglio a contenere i due suddetti scritti relativi alla storia del nostro Risorgimento nazionale, avrebbe dovuto portare, secondo l’ordine di pubblicazione dei medesimi Atti, il numero 49, non essendo stato ancora stabilito che una seconda serie di questi, con numerazione propria, venisse espressamente dedicata ad essa storia. In attesa che il prof. Ridella preparasse conformemente al su mentovato disegno la sua monografia intorno a Cesare Cabella, il Consiglio deliberò di mettere frattanto subito sotto i torchi l’elenco dei soci allora iscritti con le necrologie dei soci defunti dal 1908 al 1918: materia che io avevo predisposta come naturale appendice alla mia Relazione, ma che, essendo poi rimasta fuori di questa, pensai d’accordo col vicepresidente issel di anteporre al detto volume 49° formandone il primo fascicolo. La stampa ne venne affidata, verso la fine della primavera del 1918, alla ditta « Vincenzo Bolla e Figlio » in Finalborgo; la quale, valendosi della mano d’opera dei carcerati del reclusorio di esso luogo, poteva eseguirla a prezzi di gran lunga inferiori a quelli richiesti in Genova e dintorni. Ma alla modicità dei prezzi non andarono, pur troppo, congiunte, anche per le avverse circostanze dei tempi, nè la buona qualità nè l’alacrità del lavoro ; cosicché la stampa del fascicolo si protrasse, nonostante le mie frequenti sollecitazioni, per ben due anni fino al 30 giugno del 1920. Ciò tuttavia non fu, a mio giudizio, dannoso; poiché, fra l’altro, diede a me agio di raccogliere molte notizie riguardanti i soci defunti e di stendere le necrologie della maggior parte di loro con sufficiente larghezza, e di taluni con utile e desiderata abbondanza di ragguagli. La stesura delle necrologie di coloro che all’atto della morte si trovavano iscritti, non importa se da lungo o da breve tempo, alla Società Ligure di Storia Patria, ed anche di qualcuno che vi aveva appartenuto e se n’era ritratto prima della morte, lasciandovi traccie ricordevoli della sua presenza, costituisce, come dichiarai nel predetto fascicolo I del voi. 49’ un ufficio principalmente rivolto a tramandare ai posteri la memoria della vita e dell’opera, non che dell’origine dei commemorati: un ufficio quindi che ha uno scopo ed un effetto storico, ed è noverato fra quelli che spettano legittimamente a questa Società. Mosso da siffatto criterio, io m’adoperai, senza risparmio di tempo e di fatica, a comporre le necrologie assegnate a quel fascicolo; e potei così inserirvene, tra diffuse e ristrette, ottantacinque, delle quali diciotto dedicate ai soci corrispondenti ed onorari. Società Ligure di Storia Patria i Relazione 93 Si capisce che, tutto infervorato in codesto lavoro delle necrologie, io dovetti tralasciare di occuparmi del tema dell’ emigrazione politica, salvo a raccogliere e mettere in serbo quelle notizie e documenti che circa il medesimo tema mi venivano occasionalmente sotto mano. Del pari il prof. Ridella, dovendo rifondere la sua opera sopra Cesare Cabella e grandemente ampliarla ed accrescerla secondo il disegno suggeritogli dal Consiglio direttivo, trattenuto inoltre da necessità professionali e da cure domestiche, andava a rilento nel preparare e nello stendere la nuova monografia. Talché, nonostante la lentezza colla quale procedeva la stampa del fascicolo delle necrologie, nè il sullodato professore nè tanto meno io ci trovammo, quando finalmente uscì stampato lo stesso fascicolo, in grado di fornire il manoscritto per un secondo fascicolo del volume 49"; e convenne pertanto al Consiglio direttivo, eziandio in conseguenza dell’avvenuta istituzione nei nostri Atti della serie del Risorgimento, di provvedere nel modo che esporrò più innanzi. SECONDO FASCICOLO DEL VOL. 49°. Non erasi però il Consiglio indugiato ad attendere che terminasse la stampa delle necrologie per assicurare la continuazione del voi. 49°. Poiché, fin dalla seduta del 7 aprile 1919, informato che il prof. Ridella (il quale approfittando delle lungaggini della tipografia di Finalborgo aveva già rimandata la consegna del suo manoscritto dall’autunno del 1918 alla primavera del 1919) trovavasi nella necessita di procrastinare ancora di parecchi mesi tale consegna, incaricava il Presidente ed il Segretario di avvisare al miglior modo possibile per supplire alle conseguenze del nuovo ritardo. Era venuto per effetto delle elezioni generali del 2 marzo 1919 a far parte del Consiglio direttivo il soprintendente del R. Archivio di Stato di Genova, dott. Luigi Volpicella; il quale, pensando seco stesso ad una opportuna maniera di rimediare entro breve termine alla mancata consegna dello scritto del Ridella, si profferì di pubblicare al posto di esso scritto un estratto dei Libri cerimoniali della Repubblica di Genova, conservati nel suddetto archivio, estratto di cui egli medesimo avrebbe procurato la copia e dato un largo commento illustrativo. La profferta piacque e venne subito accolta, essendo principal fine della nostra Società quello di mettere in luce documenti inediti della storia genovese. L’utilità poi dei documenti, di cui dirò fra poco, e la competenza dell’illustratore raccomandavano in modo speciale l’accoglimento della proposta. Circa la stampa del nuovo lavoro, il Consiglio, ammaestrato dalla esperienza dello Stabilimento tipografico Vincenzo Bolla e Figlio, che in 94 Società Ligure di Storia Patria quindici mesi non era stato in grado di tirare se non che 112 pagine, deliberò, nell’adunanza del 30 ottobre 1919, di commetterla ad altra tipografia, col proposito di troncare l’opera di quello Stabilimento alla prima parte del voi. 49" assegnata all’albo sociale ed alle necrologie, facendone un primo fascicolo del medesimo volume non appena fosse finita di stampare. Non fu cosa facile trovare una tipografia che, pur affidando per la bontà e la speditezza del lavoro di stampa, non richiedesse prezzi di troppo superiori a quelli corrisposti ai Bolla. In seguito ad un esame comparativo dei preventivi esibiti, a richiesta della Società, da una mezza dozzina di stamperie, l’Amministra-zione sociale diede la preferenza alla Scuola tipografica Don Bosco di Sam-pierdarena. Alla quale venne pertanto commessa verso la fine del 1919 la stampa dei Libri dei cerimoniali delta Repubblica di Genova, destinati a formare il secondo fascicolo del volume 49", mentre seguitava lentamente quella del fascicolo primo, con l’albo e le necrologie, presso la tipografia di Finalborgo. Questi Libri dei cerimoniali riguardano i varj ordinamenti per mezzo dei quali gli uomini s’industriarono di esagerare e di approfondire le differenze e le diseguaglianze naturali e sociali che li dividono, anziché attenuarle e e livellarle. Nei secoli XVI, XVII, e XVIII siffatti ordinamenti avevano tale importanza da esercitare un’azione efficace anche sui più gelosi negozi dello Stato; ma oramai essi si trovano, principalmente per effetto della Rivoluzione francese, in contrasto con le direttive e le tendenze egualitarie del mondo moderno, e non offrono più per se stessi, neppure come materia storica, nessun interesse sostanziale, quantunque non sia ancora lecito prendere in ischerzo le norme protocollari tuttora vigenti nelle Corti, presso i Governi ed in modo speciale nella Diplomazia. Tutto il complicato formalismo onde i potentati d’un tempo regolavano le relazioni, gli approcci, i ricevimenti, le visite, le precedenze, i complimenti, le servitù, le servilità, le conversazioni, ecc. fra le persone rappresentative così di essi come delle classi sociali superiori è divenuto oggimai una cosa stantia ed ammuffita che repelle il lettore moderno e che non meriterebbe di uscire dagli archivi e di venire dispiegata ed illustrata nei volumi di una qualunque Società di storia, se non si presentasse in compagnia di quelle stesse persone che ne furono oggetto ovvero ne fecero norma di condotta. Sono appunto queste persone che presentano per noi un reale interesse storico, avendo esse occupato i gradini più eccelsi della scala sociale e sostenuto le parti più importanti nella scena politica di quei secoli. £ se i loro movimenti potranno essere seguiti e rincorsi e le loro azioni rilevate e rischiarate attraverso l’intricata rete dei cerimoniali di allora, ciò ridonderà a vantaggio di una più sicura e approfondita cognizione della storia dei loro tempi. Relazione 95 I Libri ceremoniarum conservati nel R. Archivio di Genova contengono in nove volumi o registri il racconto di tutte le cerimonie ufficiali eseguite in questa città dal 1588 al 1797. Di alcune cerimonie avvenute dal 1561 al 1588 è data notizia con discontinuità in altro volume che precede quei nove, e di alcune alti e in un ultimo volume segnato come Ceremoniarum X (1). Vi è poi un più piccolo volume o fascicolo recante il Trattato delle cerimonie laiche appartenenti alla Signoria di Genova. Nè tutta la materia delle cerimonie è contenuta nei suddetti dodici volumi; ma altra abbondante porzione di essa trovasi disseminata in atti, copie, lettere, minute, appunti, ecc. riuniti in 22 tra filze e buste. Nel voi. 49° dei nostri Atti il Volpicella, dopo un’ampia introduzione generale con acute considerazioni e notizie specifiche intorno ai cerimoniali ed ai cerimonieri della Repubblica genovese, ha inserito il predetto Trattato delle cerimonie laiche, il quale, secondo egli osserva, « ha una certa importanza, non solamente per le motivazioni logiche e storiche dei varj atti di cerimonie, nonché per alcune notiziole storiche che qua e là vi si trovano, ma anche e principalmente per quanto concerne i magistrati della stessa Repubblica e e per alcune menzioni topografiche della città » (2). Egli quindi ha riportato varie relazioni e leggi attinenti ai medesimi cerimoniali, e poi l’intestazione delle narrative dei Libri ceremoniarum. Questa intestazione o per meglio dire la serie delle intestazioni delle singole narrative costituisce la parte principale del volume, la più interessante e la più utile, perocché dal 1561 al 1588 in modo saltuario e dal 1588 al 1797 in modo continuo essa reca la lunghissima successione delle visite fatte ai duci, ai governanti ed agli alti consessi della Repubblica genovese, nonché alla città di Genova, da un’innume-rabile sequenza di personaggi insigni per nascita, grado e uffici. Troppo dispendio di tempo, di fatica e di danaro avrebbe richiesto la pubblicazione delle narrative, molto frequentemente diffuse e prolisse, concernenti le visite sovraccennate; per la quale sarebbero occorsi parecchi grossi volumi dei nostri Atti, senza poi soddisfare ad un effettivo interesse storico, date la natura formale, l’aridità e la monotonia della materia. Il Volpicella si restringe dunque a riprodurre le intestazioni o intitolazioni che precedono i racconti nei quali i cerimonieri espongono con i più minuti particolari le visite o i fatti avvenuti, e ciò basta per gli scopi storiografici ch’egli si propone e che (1) Questo registro indicato dal Volpicella come Cerimoniarum X [Atti, vol. XLIX fase. Il, p. 46) porta il num. gen. 483 e contiene «la pratica dei saluti desiderati da Sua Maestà Cattolica per le sue capitane dei regni subalterni con esibitioni e risposte sopra detta materia, memoriali e dispacci per le franchigie e altre scritture » (Archivio dì Stato in Genova). (2) Atti, voi. XLIX fase. Il, pp. 8-9. 96 Società Ligure di Storia Patria il colto lettore ordinariamente chiede di poter conseguire. Infatti esse intestazioni contengono i nomi, i titoli, le qualità, gli uffici, gli incarichi e talora la provenienza e la destinazione dei visitatori, le date delle visite e spesso anche quelle delParrivo e della partenza; non si restringono poi al solo ricordo dei passaggi per Genova di tanti cospicui dignitari, ma registrano altresì le coronazioni dei duci, le elezioni e surrogazioni dei senatori e dei procuratori, la presentazione e la cerimonia del confuoco, le processioni ed altre funzioni e solennità religiose, le pubbliche allegrezze, le morti di persone eminenti, e molti altri avvenimenti ordinari e straordinari, con circostanze e particolari acconci od utili per la miglior conoscenza dei costumi e dei tempi. Insomma le intestazioni pubblicate dal Volpicella riflettono in ristretto e rendono, per quanto concerne la sostanza degli avvenimenti che hanno un reale interesse storico, una nozione sufficiente dei Libri Ceremoniarum ai quali si riferiscono; e per chi non se ne contentasse porgono il modo di rintracciare e conoscere integralmente le narrazioni di questi. Si può ripetere di esse quel che il nostro autore giustamente scrive dei medesimi libri: « tutta la Repubblica v’è dentro, tutti i principi d’Italia e di fuori o personalmente o per mezzo di ambasciatori e dignitari vi figurano, tanta storia minuta vi è disseminata » (1). Il primo dei maestri cerimonieri della Repubblica di Genova e sembra anche il consolidatore, se non il fondatore, del cerimoniale genovese, fu Geronimo ossia Girolamo Bordoni da Sermoneta del distretto di Roma. Il Volpicella trae dall’oblio questa figura di sapiente, di artista e di gentiluomo e la presenta con accenti di calda simpatia inquadrandola nell’ambiente signorile in cui si produsse ed operò. Egli ne traccia una sommaria biografia piena d’interesse, dove però, accanto a notizie sicuramente documentate, ve ne sono, se io non prendo abbaglio, alcune altre immaginarie ed inesatte: cosa di cui non è da fare nessuna meraviglia, trattandosi di un personaggio, quale è il Bordoni, pressoché ignoto, almeno nella sua veste principale, prima che ne scrivesse il Volpicella, e confondibile facilmente con omonimi. All egregio autore espressi già verbalmente le mie amichevoli dubbiezze su talune delle sue affermazioni ; ma qui io mi reputo in dovere di esporle e di ragionarle con qualche larghezza, e di dare ad esse la pubblicità della stampa, coll’unico intento di chiarire la verità e di spronare altri a chiarirla, occorrendo, con maggior evidenza ed efficacia di prove. Perocché se la storiografia è, come io credo, una continua revisione di fatti e di concetti, anche il più umile cultore di storia è in debito di contribuire, quando può, a siffatta (1) Atti, voi. XLIX fase. II, p. 41. Relazione 97 revisione, con animo volenterosamente disposto a sottoporsi dal canto suo alle altrui giuste critiche. E il contribuirvi è tanto più doveroso quando si tratta di correggere errori commessi da storiografi apprezzati, la cui autorità può servire, e serve spesso presso il volgo, di incitante viatico al ripetersi e al diffondersi di essi errori. Nel caso presente poi la materia discussa trovasi negli Atti della nostra Società, alla cui eventuale emendazione è tenuto ogni socio ed in modo particolare chi sostiene, come ora Io scrivente, l’ufficio di segretario della medesima Società. Detto ciò, ecco le mie osservazioni. Consta in modo sicuro, così dai libri Ceremoniarum come dai Cartolari di finanza citati dallo stesso Volpi-cella, che il Bordoni assunse l’ufficio di maestro delle cerimonie nella prima metà d’aprile del 1588. Ma il nostro autore, sviato da un fallace interpretamento di un passo di certa dichiarazione scritta da uno dei cancellieri e segretari della Repubblica in capo al diurnale del Bordoni, sotto il millesimo 1588 col quale comincia appunto il libro, riconduce indietro di 24 anni, portandolo al 1564, l’inizio dell’opera di cerimoniere di esso Bordoni. L’equivoco è dipeso dall aver supposto che la suddetta dichiarazione, nella quale il cancelliere asserisce che il Bordoni «governò per circa 24 anni le cerimonie ed ora le governa », fosse stata estesa, per trovarsi essa al principio del registro, quando questo era ancor vergine di caratteri, cioè nell’aprile del 1588; il che è in netto contrasto con quanto lo stesso cancelliere soggiunge poco dopo dicendo che il soprascritto Bordoni erasi particolarmente adoperato « nel ricevere e trattare la regina di Spagna, la madre della regina, gli arciduchi, ecc. » (1). Ed invero, dal 1564 al 1588 furono successivamente regine di Spagna Elisabetta o Isabella figlia di Enrico II re di Francia, ed Anna figlia dell’imperatore Massimiliano II, l’una terza e l’altra quarta moglie di Filippo II; ma nessuna di esse venne mai a Genova (2). Passò invece per questa città nel febbraio del 1599 Margherita d’Austria figlia dell’arciduca Carlo (3), nuova regina di Spagna. Sposata il 15 novembre 1598 (1) Atti, voi. XLIX fase. Il, pp. 14-15. (2) Elisabetta di Valois, nata nel 1545, sposò il re Filippo II nel 1559 e morì nel 1568 a soli ventitré anni. Data la contiguità dei regni di Francia e Spagna, la giovinetta sposa non trovò, nel trasferirsi dal primo al secondo, cagione di passare per Genova; nè, 'durante il suo stato coniugale, ebbe ad allontanarsi dalla penisola iberica. Anna d’Asburgo, primogenita delle femmine di Massimiliano II, nata nel 1549, fu maritata nel 1570, e raggiunse il marito conducendosi in Fiandra e andando di là con numerosa flotta in lspagna. L’unico transito per Genova di teste coronate, nel periodo di tempo dal 1564 al 1588, fu quello dell’im-peratrice Maria vedova di Massimiliano II, avvenuto nel 1581, e di cui dirò fra poco. (3) Carlo duca di Stiria Carinzia e Carinola, morto nel 1590, era figlio di Ferdinando I imperatore (1553-1564) e fratello di Massimiliano II imperatore (1564-1576). Dalla moglie Maria, figlia di Alberto V elettore di Baviera, egli ebbe, oltre la suddetta Margherita mari- 7 Q8 Società Ligure di Storia Patria con solenne funzione dal pontefice Clemente Vili in Ferrara all assente re Filippo III, per mandato di costui trasmesso al proprio ambasciatore duca di Sessa, era venuta a Genova ad imbarcarsi onde raggiungere il consorte in Ispagna (1). Accompagnavanla l’arciduchessa sua madre Maria, vedova del su mentovato Carlo, e l’arciduca suo cugino Alberto; il quale, « già deposta la porpora cardinalizia », era stato in quella medesima funzione pontificale unito nominalmente in matrimonio con l’infanta Isabella figlia di Filippo 11 di Spagna, anch’essa, come il re fratello, assente e sposata per mandato, e faceva egli pure capo a Genova per avviarsi in Ispagna a prendere la sposa (2). 1 due cugini erano scesi dalla Germania in Italia con un corteggio, assicura il Muratori, di circa settemila persone; se non tutta, la maggior parte di questa moltitudine giunse fino a Genova, e fu una grave bisogna per la Signoria il preparare, nelle varie tappe fatte dal corteo attraverso il territorio della Repubblica, gli alloggi ed i viveri per tanta gente. Assolvette egregiamente il Governo, a spese del pubblico, i doveri di ospitalità prima in Novi, poi in Voltaggio ed in Sampierdarena, nei quali luoghi la numerosa comitiva pernottò, e da ultimo in Genova, ove gli ospiti fecero il loro solenne ingresso il 10 febbraio 1599 (3). Sulle spalle del Bordoni cadde il grosso carico dell’ordinamento del vario e complicato cerimoniale per i ricevimenti di tanti cospicui personaggi. Chi sa quali e quante investigazioni ed elucubrazioni, nonché studj profondi e indefessi, egli abbia fatto per regolare il tutto secondo le norme della più rigida etichetta, a cui sarebbe bastato il più lieve mancamento per attirare sopra di lui biasimi feroci e non obliabili! tata a Filippo 111 re di Spagna, anche Ferdinando II re di Boemia dal 1617 e di Ungheria dal 1618, nonché imperatore dal 1619 al 1637 (Cfr. Guglielmo Coxe, Storia della Casa d’Austria da Rodolfo di Apsburgo alla morte di Leopoldo II, traduzione di Paolo Emilio Campi, in sei volumi; Milano, per Nicolò Bettoni, MDCCCXXIV; Tavole genealogiche). (1) Muratori, Annali dItalia, a. 1598. (2) Muratori, Ivi. . L’arciduca Alberto, fratello di Rodolfo II imperatore (1576-1612), era l’ultimo dei figli dell’imperatore Massimiliano II, e quindi cugino in primo grado della su ricordata Margherita, come figli di fratelli (Coxe, Op. cit.). (3) Muratori, Annali dltalia, anni 1598 e 1599. Antonio Roccataoliata, Annali della Repubblica di Genova; Genova, presso Vincenzo Canepa editore, 1873; pp. 219-220, 222-230. Questo autore mette 1 entrata in Genova della regina Margherita, con la madre e l’arciduca Alberto, nel giorno 10 febbraio 1599; mentre i Libri dei Cerimoniali (Atti, voi. XLIX fase. II, p. 180) ne segnano agli 11 di febbraio l’arrivo in Sampierdarena e conseguentemente il 12 febbraio, dopo il pernottamento, I arrivo in Genova. Anche Filippo Casoni, Annali della Repubblica di Genova, tomo IV, p. 214, reca la data del 10 febbraio. Relazione 99 I! caso che intervenne in quella straordinaria circostanza al duce Lazzaro Grimaldi Cebà dimostra a quali tragiche conseguenze portava in allora la minima, anche involontaria trasgressione alle regole del cerimoniale. Ecco il racconto che ci ha lasciato il Roccatagliata del modo come successe l’ingresso degli eccelsi ospiti nel palazzo Doria a Fassolo, destinato ad albergarli. «---- Smontata che fu la Regina di lettiga, e ricevuta dalle nuore del Principe (Gio Andrea Doria), volendo ascendere le scale, l’Arciduca la prese per la inano, sicché al Duce toccava fare l’istesso con la madre; ma siccome non vi fu così presto, il Contestabile (Contestabile di Castiglia, governatore di Milano) che scendeva le scale col Doria, se le accostò lui, in maniera che il Duce restò come schiuso, e sebbene il Doria gli accennò che si facesse accanto alla Regina e la ponesse in mezzo fra l’Arciduca e lui, o che egli non se ne avvedesse, o che far comodamente noi potesse, non seguì la volontà del Doria, per la qual cosa allora gli disse alcune parole spiacevoli, significandogli che non era atto a reggere quel carico, come gli aveva già altre volte detto, onde si afflisse in maniera, che questa fu una delle principali cagioni della sua morte, che fra breve seguì » (1). Infatti, il povero duce, « di debole complessione e delicata », trafitto dalle parole del principe Doria, « che gli furono taglienti rasoi alle radici del cuore » (2), morì il 16 febbraio 1599 e fu seppellito il 18, il giorno stesso in cui là regina, la madre e l’arciduca coi loro seguiti s’imbarcavano per la Spagna. A questo memorabile e solenne cerimoniale del ricevere e trattare la regina di Spagna, la madre della regina, l’arciduca, ecc., governato dal Bordoni, ed a quello poco appresso, cioè nel giugno 1599, predisposto dal medesimo Bordoni per il ritorno dalla Spagna dell’arciduca Alberto con la moglie Isabella e della madre della regina Margherita, sbarcati a Genova per passare in Fiandra, allude certamente la su citata dichiarazione del cancelliere. La quale, pertanto, non può essere stata scritta, come ammette il Volpicella, nel 1588, ma deve riportarsi ad una data posteriore, e per quanto io stimo di gran lunga posteriore al 1588 ed anche al 1599, e cioè all’anno 1612 o alla fine del 1611. Poiché, se il Bordoni conseguì il grado e lo stipendio di maestro delle cerimonie nell’aprile 1588, cosa certificata dai registri finanziari della Repubblica, e se egli, secondo attesta il cancelliere quando scrisse la sua dichiarazione, governava le predette cerimonie da circa 24 anni, è evidente che per ottenere l’anno approssimativo in cui essa dichiarazione venne rilasciata, occorre aggiungere, e non già sottrarre come fece il Volpicella, i 24 anni al 1588. (1) Antonio Roccataoliata, Annali della Repubblica di Genova p 228 (2) Ivi, p. 230. Società Ligure di Storia Patria D’altra parte il Bordoni nel 1588 non aveva modo di presentale .il cancelliere se non che un volume nudo o quasi di scrittura, quale doveva essere allora il libro I Ceremoniarum tutt'oggi nel R. Archivio genovese d. Stato conservato e consultabile, che incomincia le sue narrazioni soltanto col 12 aprile di et o anno- e che sorta di «attestazione del suo grato animo e prova della carica e dalla sua perpetua volontà di accudirvi » (1) - così il prefato cancelliere addita uno dei motivi della presentazione — poteva egli dare con un registro ancora in bianco? Qualora il Bordoni avesse effettivamente esercitato, ciò che il Volpi-cella crede, le funzioni di cerimoniere prima del 1588 anche senza possederne i titolo ed esigerne lo stipendio, è da supporre che egli avrebbe tuttavia serbato memoria dell’opera sua e sarebbe stato in grado di esibire al cancelliere un volume con le narrative dei cerimoniali eseguiti negli anni precedenti a 1588. E l’ipotesi è tanto più ragionevole e fondata ove si pensi che nel 1581 transitava per Genova, proveniente dalla Germania e diretta in Ispagna, l’imperatrice Maria vedova di Massimiliano li Cesare, madre dell Augusto Rodolfo II e sorella di Filippo II re di Spagna; transito non meno memorabile, sebbene non accompagnato da un corteggio altrettanto numeroso, i quello della regina Margherita avvenuto nel 1599. Il Roccatagliata ed i Casoni raccontano estesamente le onoranze tributate dal Governo genovese a quella Maestà ed ai principi convenuti a Genova a renderle omaggio (2); e non è a dire quale bazza sarebbe stata per il Bordoni, se costui si fosse trovato a maneggiare il cerimoniale corrispondente alla grandiosità deH’avvemmento, e quale narrazione minuziosa a documento della propria assistenza avrebbe consegnata al prezioso diurnale da lui tramandatoci. Nulla, per contro, tali onoranze contiene, come ho detto, esso diurnale, e nessun cenno de e medesime fa il cancelliere nella dichiarazione più volte su menzionata. Tutto ciò potrebbe forse bastare per concludere che il Bordoni comincio a prestar servizio di cerimoniere della Repubblica genovese dall aprile 1588, da quando ciò, e solamente da quando, ebbe la nomina ufficiale e lo stipendio di essa carica; non già prima, nè tanto meno dal 1564. Ma una prova, che mi pare conclusiva, ci è somministrata dalla iscrizione incisa sulla tomba che lo stesso Bordoni si era preparata nella chiesa, ormai demolita, delle monache di S. Tommaso: iscrizione latina che il Volpicella riporta da un noto manoscritto del Piaggio, e nella quale si qualifica Girolamo Bordone Sermone tano come scrittore della Biblioteca dei brevi e della minor grazia di papa Grego- (1) Atti, voi. XLIX fase. II, P. 15. (2) Antonio Roccatagliata, Annali della Repubblica di Genova; pp. 8-14. Filippo Casoni, Annali della Repubblica di Genova; tomo IV, pp. 126-129. Relazione 101 rio XIII. Sappiamo che questo papa tenne il governo della Chiesa dal 1572 al 1585; dunque durante tutto o parte di tale periodo di tempo, il Bordoni non poteva risiedere a Genova a fare il cerimoniere, se egli trovavasi a Roma ad esercitare l’ufficio di scrittore della curia papale. So bene che a codesta argomentazione si potrebbero opporre due obiezioni: la prima, che l’ufficio di scrittore dei brevi e delle grazie minori fosse semplicemente onorifico, come, a cagione di esempio, avviene ora per quello di cameriere segreto • di S. S., e non richiedesse quindi la permanenza del Bordoni presso la Corte pontificia; la seconda, che l’epigrafe tombale sopra cennata si riferisse, non al Bordoni cerimoniere, ma ad un suo omonimo. Ad escludere però la prima obiezione, parmi che basti il fatto che gli scrittori dei brevi e delle grazie minori appartenevano ad una sezione della Cancelleria Apostolica molto attiva ed erano adibiti ad un servizio effettivo e retribuito di compilazione e scritturazione che non comportava nè soste nè vacanze illimitate, come si può dedurre, se non erro, da quanto ne dice il Moroni nel suo famoso Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1). Non mancano poi ragioni per escludere anche la seconda obiezione, taluna delle quali esporrò fra poco. Frattanto codesta medesima obiezione, in quanto accenna alla possibile esistenza di omonimi del Bordoni, mi porge argomento per additare un un altro equivoco in cui è caduto il Volpicella circa la identificazione personale del nostro cerimoniere sermonetano. Egli ha confuso costui con un altro Girolamo Bordoni, del pari sermonetano. Sicuro: un cinquanta o sessant’anni innanzi che la Repubblica genovese eleggesse il suo primo maestro di cerimonie, fioriva un Gerolamo Bordoni da Sermoneta, dell’Ordine dei Minori osservanti, scrittore e principalmente poeta celebrato ai suoi tempi, nonché teologo del cardinale Ennio Filonardi. Questo Bordoni non è assolutamente identificabile col nostro cerimoniere. Infatti, dalle scarse ma per il nostro scopo sufficienti notizie (1) Fra l’altro, il Moroni così scrive: «----Vennero pertanto istituiti ventisette scrittori per ispedire le lettere del tribunale della Sacra Penitenzieria, e ventiquattro procuratori per dettare le suppliche da presentarsi ad essa, pel disbrigo delle cose appartenenti al foro di lei. Erano perciò chiamati Scrittori e Procuratori della Penitenzieria, e venale n’era l’ufficio. S. Pio V soppresse sedici procuratori, e trasferì i superstiti otto, co’ mentovati scrittori, nella Cancelleria Apostolica, dichiarando che ad essa rimanessero aggregati; onde, lasciato il nome della Penitenzieria, furono appellati Iscrittori e Procuratori di minor grazia, come quelli che stabiliscono l’intera tassa delle lettere per le dispense matrimoniali nei gradi minori, ed in altre grazie pontificie di non grave entità » (Oaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica; In Venezia, dalla tipografia Emiliani, MDCCCXLI voi. VII, p. 183). 102 Società Ligure di Storia Patria che ci fornisce il Mazzuchelli (1) apprendiamo che esso Bordoni imprimeva in Napoli già nel 1529 un libretto di poesie spirituali intitolato Poemata e dedicato a Lionora Leola patrizia pisana. Non parlo delle sue pubblicazioni posteriori, ma osservo che, tenendo conto tanto di quelle rifeiite dal Mazzuchelli quanto di quelle indicate dal Volpicella, la meno antica è dell’anno 1557. I limiti di tempo fra i quali egli sostenne l’ufficio di teologo del cardinal Filonardo si possono poi collocare fra l’anno 1536, in cui questo prelato in allora vescovo di Veroli ottenne da Paolo III la dignità cardinalizia col titolo di Sant’Angelo, e l’anno 1549 in cui lo stesso cardinale morì (2). Cosicché il corso della vita del frate teologo Bordoni si può con ragionevole induzione cronologicamente scompartire fissandone la giovinezza intorno all’anno 1529, al quale corrisponde la sua prima manifestazione letteraria, circoscrivendone la virilità entro ed intorno al periodo 1536-1549 in cui resse la grave carica di teologo, rapportandone il principio della vecchiaia, se mai da lui fu raggiunta, verso o poco dopo il 1557, data dell’ultima sua pubblicazione a noi nota. La nascita pertanto di lui può con accettevole approssimazione collocarsi o nei primissimi anni del secolo decimosesto o negli ultimissimi del secolo decimoquinto. Ora si ricava in modo sicuro dai cartolari finanziari della Repubblica genovese che il cerimoniere Bordoni morì il 24 febbraio 1615; epperò, se egli fosse stato tutt’uno col frate Bordoni teologo del cardinal Filonardi, come ritiene il Volpicella, sarebbe vissuto oltre i cent’anni varcandoli di almeno un decennio, e per giunta esercitando fino all’ultimo anelito un servizio, pari a quello di maestro di cerimonie, che richiede, non pure mente pronta e vigile, ma snellezza di gambe e prestanza di persona. Non occorrerebbe, dopo ciò; addurre altro per concludere fermamente che il teologo del cardinal Filonardo ed il primo maestro di cerimonie della Repubblica genovese sono due persone affatto distinte vissute in tempi diversi. Ma, volendo abbondare, si potrebbe aggiungere che il primo viene indicato come minore osservante, mentre il secondo come chierico Terra-cinense: qualificazione questa di cui io ignoro il significato preciso, ma che è certamente dissimile da quella. L’uno si presenta letterato e teologo, l’altro, secondo vedremo fra poco, cultore di geografia, disegnatore calligrafo (1) Giammaria Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia cioè notizie storiche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati italiani; volume II, parte III; In Brescia CIoIoCCLX , p. 1706. . .. (2) Intorno ad Ennio Filonardo cardinale, morto dopo Paolo III in sede vacante il 19 dicembre 1549 ad 83 anni d’età, si può consultare, oltre l’Ughelli ed il Ciacomo citati dal Volpicella, anche il volume dal titolo Elogia S. R. E. Cardinalium, Roma 1751, p. 120. Relazione 103 ed editore di opere politiche e geografiche. Del resto, il medesimo Mazzuchelli, dopo le poche notizie ch’egli dà del letterato Bordoni da Sermoneta teologo del cardinal Filonardi, soggiunge: « Si avverta a non confonderlo con quel Girolamo Bordone stampatore in Milano, a istanza del quale fu raccolta la Par. Il del Tesoro Politico, e da esso impressa in Milano nel 1601, in 4° » (1). Ed ecco ora il momento di affrontare in pieno la personalità del cerimoniere Girolamo Bordoni, e di vedere se essa non sia la medesima di quella dell’omonimo editore, piuttosto che stampatore, di cui parla il Maz-zucchelli. Di codesto editore o stampatore Bordoni si conosce un’altra opera di cui egli ha piocurata e curata la stampa; opera che ha, per varj rispetti, un particolare interesse per Genova, come apparisce subito dal titolo di essa, che qui riporto testualmente: Historié \ del Sig. Don \ Fernando | Colombo | Nelle quali s’hà particolare, e vera relatio \ ne della Vita, * de’ fatti dell’Ammiraglio \ Don ChrisroFORO Colombo | suo Padre. \ Et dello scoprimento ch’egli fece dell'Indie Occiden \ tali, dette Mondo Nuovo, possedute \ dal Potentissimo Re Catolico. | Già tradotte di lingua Spagnuola nell’italiana, | e hora fatte ristampare. \ Con aggiunta di Lettere, e Testamento \ dell’Ammiraglio, e Dedicate | Alla Sereniss. \ Republica di Genova, \ da Girolamo Bordoni. In Milano. Appresso Girolamo Bordoni (senz’anno, in-8°, carte 32 non numerate, pp. 494). (1) Mazzuchelli, Op. cit., p. 1706. Alla seconda parte del Thesoro politico, « pubblicata nel 1601 in Milano ad istanza di Girolamo Bordone e dedicata al molto illustre signore il signor Lodovico Ricci feudatario et dei SS. Sessanta del Consiglio generale della Città di Milano », accenna Ubaldo Mazzini in un suo articolo intitolato Sopra gli autori di due Relazioni anonime di Genova fin Giorw le storico e letterario della Liguria, anno I, 1900, p. 27). Qualche maggior notizia circa questa pubblicazione trovo nello scritto di Paolo Revelli, Un trattato geografico-politico di Giuseppe Moleti (in Aevum, Rassegna di scienze storiche linguistiche e filologiche pubblicata per cura della Facoltà di lettere dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, anno I fase. 3, agosto 1927; estratto p. 3). 11 Thesoro Politico era, secondo informa il Revelli una notissima raccolta di trattati, relazioni e memorie d’indole politica », che vide perla prima volta la luce nel 159ì> con la falsa data di Colonia. Un’altra edizione di quest’opera, accresciuta di una seconda parte, venne stampata a cura del Bordone in Milano negli anni 1600-1601, in due volumi. Il primo volume « che reca, in data 20 maggio 1600, la dedica a Gherardo Basso, s’intitola: La prima parte del Thesoro politico (in Milano, Appresso Girolamo Bordone e Compagni, L’anno del Santissimo Giubileo MDC; pp. n. n. 12-1-651) ». Il secondo volume ha per titolo: « La seconda parte del Thesoro politico nella quale si contengono trattati, discorsi----Di nuovo raccolta ad istanza di Girolamo Bordone e Pietro Martire Locami.....» (in 12", pp. 520 num. + 12 n. n. in principio). ì 04 Società Ligure di Storia Patria La lettera dedicatoria del Bordoni, che porta la data * da Milano a dì 4 giugno 1614, » così incomincia: « Al Sereniss. Duce I Eccellentiss.mi lllustriss. Signori I Governatori I Della Serenissima | Republica di Genova. « Fra le segnalate lodi, Sereniss. Duce, Eccellentiss. lllustriss. Signori, che ’l grande Imperator Mattia nuovamente ha dato alla Invittissima Republica, Città, et Patria loro, quando a Sua Maestà Cesarea è stato con ogni splendore il Signor Giacopo Saluzzo Ambasciatore: nell haverle conceduto luogo, e seggia nella sua Cesarea Capella, con quell honore, che da ciò dipende; facendo mentione, che la chiarezza de’ meriti, di quanto in ogni tempo degnamente ha operato, per servizio del Christianesfmo, del Sacro Romano Imperio, e della felicissima Casa d’Austria; le habbia reso il nome à pieno celebre fra le prime Republiche, et Principati d’Italia; in risguardo della potenza che le accresce il dominio dell’isola di Corsica, et della illustre fama, che l’heroiche guerriere fattioni le hanno apportato in Terra, e in Mare. Un titolo, et un concetto di più, vi haverei desiderato io, come servidore per devotissimo affetto al valore de’ passati, di lunga mano costituito a Vostre Signorie Sereniss.me.....». Il titolo cui accenna il Bordoni è quello Regio spettante secondo egli opinava alla Repubblica genovese siccome signora del Regno di Corsica, e che essa effettivamente assunse poi nel 1634; ed il concetto è quello dell’erezione di uno o più monumenti da farsi nel territorio della stessa Repubblica in onore di Cristoforo Colombo. Chi scrive nel modo che ho sopra riferito ha certamente l’animo rivolto ai ricevimenti, alle precedenze, al formalismo insomma del cerimoniale di quei tempi; il quale aveva il valore di cosa sostanziale da cui si facevano dipendere il mantenimento delle amicizie e la conservazione degli Stati (1). Ivi si palesa il Bordoni maestro di cerimonie della Repubblica di Genova. Ma che fosse veramente egli il curatore della nuova edizione delle Istorie di Fernando Colombo si può argomentare dall’aver in tale edizione fatto precedere alle dette Istorie la lettera di Cristoforo Colombo in data 2 aprile 1502 all’Officio di S. Giorgio, la risposta di questo in data 8 dicembre 1502, la lettera dello stesso Officio a Diego, altro figlio del sommo navigatore, in data egualmente dell’8 dicembre 1502, non che un ristretto del testamento dello scopritore deH’America: tutti documenti gelosamente conser- ti) Roccatagliata, Annali, p. 8. 105 vati negli archivi governativi, epperò documenti dei quali non avrebbe potuto estrarre copia se non chi fosse stato, come il cerimoniere Bordoni, ai servigi della Repubblica genovese, e, al pari di lui, nelle grazie dei governanti della medesima. Un’altra faccia del cerimoniere Bordoni, non ancora qui ravvisata, mi si presenta, se io non m’inganno in digrosso, seguendo la traccia che mi segna Nicolò Giuliani nelle Notizie sulla Tipografia Ligure da lui raccolte e pubblicate nel vol. IX, fase. I, degli Atti di questa Società. Fra i libri dal Giuliani in esso fascicolo annoverati e bibliograficamente descritti ha, per lo scopo su indicato, speciale importanza quello che reca il titolo seguente : Cento Casi di Conscienza raccolti dal R. P. F. Serafino Razzi dell’Ordine de’ Predicatori della Provincia Romana e fatti volgari à commodo de i meno scientiati Parochiani e Curatori d’anime. Ristampati con aggiunta d'alcuni casi de' Cambij, et d’un trattato de’ censi. Con licenza de’ Superiori. In Genova, appresso Girolamo Bartoli. MDLXXXVI. Il libro è dal suo stampatore Bartoli dedicato Al Molto Mag. et Rever. Sig. Gieronimo Bordonio da Solmonetta con una lettera, che dall’esemplare del medesimo libro posseduto dalla R. Biblioteca Universitaria di Genova qui trascrivo, non solamente per le deduzioni che mi propongo di trarne, ma anche per rendere più facilmente consultabile un documento, il quale, per la rarità dell’opera che lo contiene, sarebbe altrimenti difficile ad esaminare direttamente. Ecco dunque la lettera dedicatoria del Bartoli. « Sig. mio Osservandiss. « Non ha molti mesi, che in Savona in casa del Molto illustre, e Reverendiss. Monsign. Centurione Vescovo di quella Città intesi le rare qualità di V. S. celebrate da certi Reverendi, i quali a gara lodandola cercavano l’uno l’altro di superare. Lodavano altri la generosità dell’animo vostro, altri l’eccellenza del vostro ingegno, altri mostravano d’ammirare la vostra industriosa mano: e tutti affermavano ch’ò niuno, o pochi si trovino scrittori così felici, che in formando caratteri le sieno uguali. Queste e molte altre lodi, le quali per brevità tralascio, mi mossero così ad amarla, che sempre poi habbia desiderato, che qualche occasione mi s’offerisse dimostrarle alcuna parte della mia affettione, et non potendo altrimenti ciò fare, che con dedicarle qualche opera da noi stampata, e havendo ristampata una operetta, intitolata Cento casi di conscienza raccolti dal R. P. F. Serafino Razzi, non ho voluto, ch’ella comparesse fuori dedicata ad altri, 106 Società Ligure di Storia Patria che a V. S. parendomi non potersi meglio impiegare. Onde io la prego, ch’accetti volentieri questo mio picciol dono, il quaFella per esser’ Immanissima, accoglierà, credo io, con faccia lieta e benigna: non il dono, ma l’animo risguardando del donatore, il quale maggior cosa non dona, perchè dalle picciol sue forze fiora non gl’è permesso. Se mai concesso mi sarà di farle maggior presente, cosa che non dispero, così le piacciano i doni miei, come non perderò simili occasioni. Iddio la conservi, e ella mi tenga nel numero di quelli, che più le sono affezionati. Di Genova il dì 8 di Giugno, 1586. « D. V. S. « Ser. Affett. « Pietro Bartoli ». Ciò che in questa lettera m’importa di far notare è l’accenno alla « industriosa mano » del Bordoni; accenno il cui senso sembrerebbe ricever conferma dall’appellativo a lui dato di felice scrittore « in formando caratteri », nella significazione di delineatore di belli e ben formati caratteri o, come adesso diciamo, di callìgrafo. Ora codesta singolare disposizione all’arte del disegno dal Bartoli attribuita al Bordoni concorda pienamente con quel che il Volpicella dice circa l’abilità dimostrata dal nostro cerimoniere nel rilevare e tracciare la carta geografica della Corsica; e concorda inoltre, cosa ancora più significativa, con quanto dello stesso Bordoni espone Ambrogio Pesce nella seguente notizia, che riferisco colle testuali parole di lui. « Nel 1604 venne decretato che il giuramento, il quale secondo le antiche e le nuove leggi doveva essere prestato dal Doge, dai Governatori e dai Procuratori nell’ingresso in carica, fosse da allora in poi deferito ad essi su libro in pergamena, coperto di cuoio rosso, coll’arma della Repubblica ornato d’argento, sulla cui prima facciata era l’immagine del Crocifisso, indi le diverse scritte, elegante lavoro di Gerolamo Bordone » (1). Rispetto ad esso libro porge qualche altro ragguaglio il Volpicella nella opportuna Nota aggiuntiva intorno a Geronimo Bordoni da lui inserita alla fine del volume sui Cerimoniali (pp. 419-424); nella quale, mentre riporta testualmente che i caratteri vergati in detto libro erano stati « eleganter scripta manu D. Hieronimi Bordoni Ceremoniarum magistri, usque anno 1599 » — donde risulta l’esplicita conferma che il loro delineatore era effettivamente il maestro delle cerimonie (1) Ambrogio Pesce, Appunti storici sul cerimoniale a Genova; in Rivista Ligure di scienze lettere ed arti, Anno XLIV, Ottobre-Dicembre 1917, fase. IV, Genova. A cura della Società di Letture e Conversazioni scientifiche; p. 194. Relazione 107 della Repubblica fa meglio risaltare, con dati e supposti attendibili, la perizia del medesimo Bordoni nell’arte del disegno. Da tutto quanto ho detto sopra parmi risultare che il primo maestro cerimoniere della Repubblica genovese, l’editore della parte seconda del Tesoro politico, l’editore delle Historié di Fernando Colombo, il dedicatario dello stampatore Pietro Bartoli, il fregiatore calligrafo del libro dei giuramenti, il titolare dell’iscrizione tombale della demolita chiesa di S. Tommaso siano un’unica e medesima persona rispondente al nome di Gerolamo Bordoni o Bordone da Sermoneta; distinta però dall’altra persona dello stesso nome, cognome e patria, nata un quaranta o cinquant’anni prima, e cognita come teologo del cardinal Filonardo. Circa l’identificazione col nostro cerimoniere dell’intestatario dell’epigrafe tombale su ricordata, aggiungerò, e qui rispondo ad una obiezione da me precedentemente additata, che tale epigrafe non può in niun modo riferirsi al frate osservante teologo del Filonardo, perchè essa reca la data del 1609 (1), unica data che vi comparisce esplicitamente; la quale per ragion di cronologia non conviene affatto, come abbiam visto, al su mentovato teologo. Non potrebbe poi rapportarsi ad altro omonimo diverso dal detto cerimoniere, posto che tutti gli altri Bordoni da noi considerati collimano secondo le nostre ragionate induzioni collo stesso cerimoniere della Repubblica di Genova, nè si conosce, e sarebbe nel campo delle possibilità estremamente difficile ammettere l’esistenza di un terzo Gerolamo Bordoni da Sermoneta fra le persone segnalate o comunque ricordevoli di quel tempo. Se tutto ciò che ho sopra riferito ed inferito ha saldezza di vero, cadono nel vuoto alcune particolarità che al Volpicella è parso di riscontrare nella vita del cerimoniere Bordoni. Lascio correre l’asserita circostanza che costui sia « venuto su, da giovane, nella corte Vaticana quando sedevano papi liguri, Sisto IV, Innocenzo Vili, Giulio II » (2); perchè essa è un’evidente svista cronologica, in quanto che nel periodo dal 1471 al 1513 abbracciato dal governo di quei papi (3), il suddetto cerimoniere non era ancora nato, ed il suo omonimo, futuro teologo del cardinal Filonardo, poteva appena trovarsi nella puerizia soltanto sotto il pontificato di Giulio li (1503-1513). Ma anche la bella descrizione e l’efficace racconto che il Volpicella tesse, con vera (1) Per errore di trascrizione o di stampa, nell’epigrafe riferita a pp. 18-19 del volume dei Cerimoniali leggesi MDVIIII, invece di MDCVIIll com’è nell’originale del Piaggio; ma nella Nota aggiuntiva dello stesso volume, a pag. 421, la data del 1609 è espressa esattamente. (2) Atti, voi. XLIX fase. 11, p. 10. (3) Tale periodo comprende anche il papato di Alessandro VI (1492-1503), nonché quello di Pio III durato appena 26 giorni (22 settembre - 18 ottobre 1503). ÌOS Società Ligure di Storia Patria letizia spirituale del lettore, per rintracciare il cerimoniere Bordoni e raffigurarne il sembiante negli « affreschi durazzini sospesi nelPatrio del palazzo municipale di Genova» (1), vengono a mancare, per tale scopo, di consistenza reale e concreta. Tali affreschi, infatti, rappresentano scene e cerimonie avvenute negli anni 1573 e 1574 quando era duce di Genova Giacomo Grimaldi già Durazzo; e sappiamo che in tali anni il Bordoni, la cui effigie è ivi supposta e ricercata ed anche additata dal nostro storico letterato, non era nè cerimoniere della Repubblica nè trovavasi a Genova. E quasi mi pento di aver dissipato con queste mie osservazioni il fine ultimo del bel discorso volpicelliano, il quale, sebbene immaginoso, è pur sempre un documento cospicuo delle brillanti doti letterarie ed artistiche del suo autore. Del resto, questi sa meglio di me quanti errori inquinano e riempiono come verità sacrosante le narrazioni cosidette storiche ammanniteci da scrittori di ogni età e di ogni nazione, ovvero rivedute corrette falsate accomodate dai loro illustratori e chiosatori; sa come tutto ciò che forma argomento di storia è veduto, considerato e riprodotto attraverso le passioni, le illusioni, i pregiudizi, gli interessi degli uomini; sa che perfino gli stessi documenti, creduti trionfatori del vero, contribuiscono a mettere sotto fittizia fisionomia tanti avvenimenti isolandoli dalle loro intrinseche cagioni o dalle loro necessarie circostanze. L’aver confuso i due omonimi Bordoni in una sola persona è un peccato veniale commesso pure da altri scrittori più noti del nostro, come, a mo’ d’esempio, Gaetano Moroni, il quale nel suo monumentale Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica scrive che « Fr. Girolamo Bordoni minore osservante, dotto autore d’opere, funse l’officio di segretario colla Repubblica di Genova » (2). Qui il Moroni, oltre ad incorporare i detti omonimi in un solo individuo, scambia altresì la carica di cerimoniere con quella di segretario. La cennata confusione e le altre mende del Volpicella, da me sovra-indicate, nulla tolgono all’importanza del libro dei Cerimoniali; il quale rimane pur sempre una guida sicura e sapiente attraverso il gigantesco movimento di dignitari e di tante altre persone di grande affare fluito senza interruzione per Genova dallo scorcio del secolo XVI fino al tramonto del secolo XVIII. Rendono il grosso fascicolo più pregevole ed utile le note che il Volpicella ha posto a pie' di pagina intorno a molti di quegli illustri passeggieri e visitatori, e l’indice alfabetico dei nomi delle persone e dei luoghi di cui ha corredato lo stesso fascicolo. Questo venne finito di stani- (1) Atti, Voi. XLIX fase. Il, p. 19. (2) Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Voi. 89°, pp. 121-122. Relazione 109 pare nel settembre del 1921, riuscì di pagine 464 (senza contare quelle bianche e non numerate), e formò il fascicolo secondo del volume 49". Quindici mesi innanzi, e cioè il 30 giugno 1920, era uscito dai torchi di Finalborgo dopo una laboriosa gestazione tipografica di oltre due anni il fascicolo primo dello stesso volume contenente l’albo accademico e le necrologie dei soci defunti dal 1908 al 1918 (1); fascicolo al quale seguì più tardi, in forza di una deliberazione consiliare del 18 dicembre 1920, un’appendice con altre dodici necrologie pur da me composte per i soci morti dal giugno 1919 al febbraio 1922. La prima e la più estesa di queste ultime necrologie è dedicata a Gaetano Poggi, ed è accompagnata da un elenco delle opere di assaggio e di scrostamento da lui fatte eseguire, quando era assessore comunale alle belle arti, sulle facciate degli edifizi medioevali di Genova; elenco compilato, a mia preghiera, dal dott. Domenico Castagna, coadiutore del Poggi in esse opere. Così il volume 49° risultò composto di un primo fascicolo e di un’appendice recanti l’albo dei soci presenti al 31 ottobre 1918 con le variazioni occorse dal 1° novembre 1918 al 31 marzo 1919, nonché le necrologie dei soci defunti dal 1908 al 1922, e di un secondo fascicolo formato con I libri dei cerimoniali della Repubblica di Genova: un insieme di ottocento pagine, comprese quelle bianche e non numerate, più due ritratti (Marcello Staglieno e Gaetano Poggi) e sei riproduzioni di quadri. « APPENDICE AL VOL. XL * LIGURIA PREISTORICA » Mentre stava per essere ultimata la stampa del fascicolo I del volume 49n, il Consiglio, nella sua adunanza del 21 giugno 1920 deliberava di pubblicare un manipolo di ulteriori notizie sulla Liguria preistorica radunate dal prof. Issel a supplemento del volume 40°, che abbraccia la ben nota e poderosa opera di lui intorno al medesimo tema. Le nuove notizie potevano formare un fascicolo dalle 80 alle cento pagine in appendice al suddetto (1) Il fase. I del voi. 49° risentì più di ogni altro fascicolo e volume dei nostri Atti gli effetti delle condizioni anormali dei tempi attraverso cui venne stampato; dei quali effetti porta evidenti i segni, come già feci osservare nelle Avvertenze correzioni ed aggiunte inserite alle pagine 204-205 di esso fascicolo. Ma oltre alla scadente qualità della carta e alle disparità e discordanze dovute alla lunga durata ed alle interruzioni della stampa — cose che generalmente si riscontrano più o meno in tutti i libri venuti in luce negli anni di guerra e del primo dopo guerra — il fascicolo sembra presentare anche i segni della speciale 110 Società Ligure di Storia Patria volume 40° degli Atti. Sia per dar tempo all’insigne geologo e paletnologo di ordinare il materiale raccolto e predisporre le illustrazioni figurative a corredo del divisato fascicolo, sia per la lunghezza delle pratiche occorse a stabilire le condizioni e le modalità della stampa di questo, il lavoro non potè essere messo sotto i torchi se non che verso il principio di dicembre del 1920. Lo Stabilimento tipografico tecnico-industriale rappresentato da Luigi Sambo-lino, cui era stato commesso, avrebbe dovuto condurlo a compimento in capo a due o tre mesi; invece, contrariamente alla legittima attesa della Società e dell’autore, la bisogna andò, pur troppo, ben altrimenti per le lunghe, come vedremo in seguito. DIVISIONE DEGLI ATTI IN DUE SERIE L’UNA PER LA STORIA ANTICA DI GENOVA E DELLA LIGURIA l’altra rer la storia del risorgimento nazionale Di pari passo con le pratiche per la stampa dell 'Appendice alla Liguria preistorica erano stati iniziati, chiedendo informazioni e preventivi a varie tipografie, anche assaggi e apprestamenti per la stampa della monografia del prof. Ridella su Cesare Cabella, del cui manoscritto si aspettava prossima la presentazione da parte dell’autore. Erasi ventilato più volte se fosse o no conveniente di dividere gli Atti sociali in due serie, l’una per la storia antica e l’altra per la storia recente della Liguria in rapporto col Risorgimento nazionale, ed avuto altresì riguardo al formato dei volumi dell’una e dell’altra serie; ma nulla era stato ancora deciso in proposito. Nella seduta del 21 ottobre 1920 il Consiglio affrontò e risolvette la questione. Circa il formato sopra detto, il prof. Issel, che presiedeva la seduta, avvertiva che v’erano due partiti, e cioè: il partito di coloro che non volevano menomamente toccare il formato dei nostri volumi, massime in omaggio ad una tradizione che aveva più di sessantanni di vita; ed il partito di coloro che desideravano gli stessi volumi più maneggevoli, vale a dire di formato più piccolo e di spessore minore di quelli che avevano conservato fino ad allora, e ciò principalmente allo scopo di renderli più accetti e più diffusi nel pubblico. Fra i due partiti trovava luogo, ed egli riteneva preferibile, quest’altro. Prendendo occasione dalla prossima pubblicazione del primo volume degli Atti mano d’opera impiegata nella tipografia donde uscì (che fu quella del reclusorio di Finalborgo). Certi errori di stampa di sapore umoristico, come quelli che si vedono a pagine 17 e 21, comparsi all’ultimo momento dopo che io avevo corretto e licenziate le bozze definitive, sono probabilmente da attribuire agli scherzi di taluni di quei tipografi carcerati. Ili dedicato alla storia del Risorgimento nazionale, si potrebbe, — così egli diceva impiccolire il formato e ridurre la mole di esso volume e degli altri suoi congeneri, conservando invece l’attuale formato ai volumi attinenti alla storia dell’antica Liguria. In tal modo si continuerebbe, da una parte, la collezione dei volumi relativi alla storia antica della nostra regione mantenendo intatto il tradizionale formato di essi, e si darebbe dall’altra parte principio ad una nuova serie destinata alla storia recente, di formato ridotto e più accessibile al pubblico. Questi nuovi volumi offrirebbero diversi vantaggi- anzitutto il libro, nella sua nuova veste, troverebbe miglior accoglienza ed una divisa più accomodata al suo propagarsi fra la gente colta, con maggiore estimazione dell’opera della Società e maggior soddisfazione dell’autore: in secondo luogo, essendo esso più atto allo spaccio, il nostro Istituto ne potrebbe ricavare una notevote utilità; in terzo luogo, la riduzione del formato porterebbe un risparmio di spesa, ora tanto più sensibile per le acciesciute tariffe postali, nella spedizione dei medesimi volumi ai nostri soci ed alle Società colle quali si fa il cambio degli Atti. Alle considerazioni del prof. Issel, io stesso ne aggiungevo altre per mettere bene in rilievo come, in conseguenza della sopra enunciata proposta, gli Atti verrebbero ad essere divisi in due serie distinte, con numerazioni separate. La prima, che abbraccerebbe tutti i volumi fino ad allora pubblicati, continuerebbe a riferirsi, secondo esponeva il suddetto professore, alla storia dell antica Liguria ed in modo speciale alla storia della Repubblica di Genova dalle origini fino al 1797, e conserverebbe il formato, l’intitolazione ed anche il color verde della copertina degli stessi volumi. La seconda serie, che avrebbe inizio col lavoro sopra citato del socio Ridella, sarebbe composta di volumi, non soltanto di formato più piccolo e meno massiccio dei vecchi, ma recanti sulla copertina altresì il titolo dell’argomento trattato, per modo che, esposti nelle vetrine dei librai, potrebbero attirare l’attenzione del pubblico ed invogliarlo all’acquisto; cosa che cogli attuali nostri volumi non avviene, perchè il titolo generale di Atti della Società Ligure di Storia Patria campeggia unico sulla faccia esterna del libro e nasconde all’osservatore i titoli speciali dei soggetti illustrati, che si trovano nell’interno. Non è poi a tacere, fra i vantaggi conseguibili, che l’istituzione delle due serie allargherebbe notevolmente il campo dell’attività sociale, accrescendo il numero degli studiosi interessati a parteciparvi e quindi il numero dei soci, specie quando la Società potesse costantemente pubblicare almeno due volumi all’anno, uno per ciascuna serie. Pur il consigliere Volpicella acconsentiva alla proposta; anzi egli, con pensiero più radicale di quello che ne suggeriva la presentazione, stimava che tutti gli scritti sociali, si riferissero essi alla storia antica ovvero alla 112 Società Ligure di Storia Patria storia recente, dovrebbero essere pubblicati in tanti volumi o fascicoli l’uno dall’altro indipendenti e separati, col loro titolo e con copertina propria, invece che essere riuniti e quasi sepolti, sotto l’intitolazione generale di Atti della Società, in grossi tomi accademici che pochi leggono, e nei quali non è facile poi ritrovarli quando se ne abbia bisogno. Sapeva egli bene quali tradizioni e consuetudini radicate si opponessero al pieno accoglimento del suo disegno; ad ogni modo egli accettava intanto, almeno come primo avviamento e primo saggio, il cambiamento di formato e di frontespizio per la nuova serie proposto ed illustrato dal Presidente e dal Segretario. Anche l’avv. Pier Francesco Casaretto, già da tempo sostenitore di un formato più agile per i volumi dei nostri Atti, taluni dei quali, collo strabocchevole numero delle loro pagine, costituivano una mole davvero ponderosa ed ingombrante, aderiva alle idee su esposte. Così pure esprimevano il loro avviso favorevole i consiglieri Morgavi e Lattes, alle argomentazioni dei quali aggiungevano opportune osservazioni i colleghi Balbi, Cervetto e Spinola. La proposta della Presidenza veniva pertanto approvata dall’unanime consenso del Consiglio direttivo. SCRITTI ESIBITI PER GLI ATTI MA NON ACCOLTI DAL CONSIGLIO OVVERO NON PRESENTATI DAI LORO AUTORI Ho parlato degli scritti pubblicati ovvero accettati per la loro pubblicazione negli Atti sociali durante il quinquennio 1916-1920 in cui la Società era diretta dal vicepresidente prof. Issel, in luogo del presidente march. Imperiale impegnato nella guerra e poi trattenuto ancora per parecchi mesi nei primi servizi di assestamento del dopo guerra. Ma non voglio rinunziare a dir parimente di alcuni altri lavori che erano stati esibiti per gli Atti, e che per varie ragioni il Consiglio direttivo non credette di accogliere. Il ricordo di essi fornirà qualche maggior ragguaglio intorno allo scarso movimento degli studj storici in Genova, ed anche qualche indicazione circa i criterj seguiti dal Consiglio per aprire agli scrittori di memorie storiche l’adito ai nostri volumi. La chiesa di S. Ambrogio e Piazza De Ferrari in Genova, Conferenza dell’arch. A. Pettorelli. — Comincio senz’altro col trascrivere dal verbale, da me compilato, della seduta consiliare in data 18 giugno 1917 quel tanto che si riferisce ad una di tali memorie. Relazione 113 « Il prof. Issel, che presiede l’adunanza, espone da parte del socio architetto Arturo Pettorelli una richiesta di pubblicazione nel fascicolo I del volume 46" degli Atti, che trovasi ora in corso di stampa, di una conferenza intorno alla chiesa di S. Ambrogio ed alla sistemazione di piazza De Ferrari dallo stesso architetto letta nel marzo scorso all’Associazione « Cristoforo Colombo », e presenta il relativo manoscritto. Dichiara le ragioni per le quali egli è contrario all’accoglimento di detta richiesta, ragioni di convenienza e di opportunità piuttosto che di merito. Osserva egli infatti come l’argomento della conferenza abbia dato luogo in questi ultimi tempi a vivaci polemiche fra il Pettorelli ed altri, l’eco delle quali si ripercuote nella conferenza medesima; la cui pubblicazione negli Atti potrebbe pertanto risollevare il dibattito, oramai quasi sedato, e suscitare incresciosi contrasti fra gli stessi soci. Aggiunge inoltre che il Pettorelli muove nel suo scritto alcune critiche al Municipio di Genova, le quali potrebbero offendere la suscettibilità di questo, con pregiudizio, qualora venissero accolte nei nostri Atti, della Società, che da esso Municipio ripete il gratuito godimento della propria sede, e che quindi ha il dovere di usare verso il medesimo un giusto riguardo (1). « Favorevole all’accettazione dimostrasi invece il segretario prof. Poggi, al quale sembrano soverchie le preoccupazioni del prof. Issel circa il timore di provocare dissensi o contrasti, tanto più che lo scritto del Pettorelli non contiene nessuna nota che possa dare appiglio a questioni personali; e se verso il Municipio muove qualche appunto tacciandolo di avere ignorato una legge dello Stato, ciò rientra in quel lecito sindacato dei pubblici poteri, che, non solo è acconsentito a chiunque si occupi di cose politiche ed amministrative, ma che è in qualche caso doveroso. Bisogna — soggiunge il Poggi — aver riguardo al concetto sostanziale del lavoro del Pettorelli, che è principalmente rivolto a sostenere la utilità di conservare alla vista del pubblico, sia per ragioni generali di convenienza artistica, sia per l’abbellimento di piazza De Ferrari, sia ancora per il decoro di Genova, la leggiadra cupola di S. Ambrogio, che i lavori edilizi di questi ultimi anni hanno messo intieramente allo scoperto. Conviene la Società in codesto proposito del Pettorelli? Al Poggi non par dubbia la risposta; poiché un Istituto, come il nostro, che ha combattuto a viso aperto per la conservazione del palazzo di S. Giorgio, non può ora per semplici motivi di opportunità rinunziare a (1) Circa il godimento dell’attuale sede sociale di Palazzo Rosso vedasi nel voi. XLVI, fase. 1, degli Atti, pp. CCV1-CCV11, la convenzione stabilita fra il Municipio di Genova e la nostra Società. 8 114 Società Ligure di Storia Patria concedere il suo appoggio per il raggiungimento d’uno scopo preponderantemente artistico quale è quello che si propone il Pettorelli. Piuttosto il Poggi fa le sue riserve circa la parte storica della memoria del nostro consocio, che gli pare alquanto manchevole e superficiale, e bisognevole di notizie meno comuni di quelle che vi si danno. « I consiglieri Balbi, Ferretto e Spinola si dichiarano invece contrari alla pubblicazione: il Balbi rinforzando con considerazioni di convenienza gli argomenti del prof. Issel, il Ferretto notando, fra l’altro, che lo scritto del Pettorelli non tiene affatto conto dell’opera del Padre A. Monti La Compagnia di Gesù nel territorio della Provincia Torinese (1), che reca una moltitudine di informazioni precise e sicure sulla fabbrica di S. Ambrogio, 10 Spinola osservando che il lavoro del nostro consocio è prevalentemente di indole edilizia anziché storica, ed è meglio adatto, come cosa di circostanza, ad una rivista periodica piuttosto che ai volumi degli Atti. « La maggioranza essendo pertanto contraria, il Consiglio delibera di non accogliere negli Atti lo scritto del Pettorelli » (2). (1) L’opera su citata, in due volumi, ha per titolo generale: La Compagnia di Gesù nel territorio della provincia Torinese, Memorie storiche compilate in occasione del primo cente nario della restaurazione di essa Compagnia dal P. Alessandro Monti S. Chieri, Stabi limento tipografico M. Ghirardi. 11 vol. I, col sotto titolo Fondazioni Antiche, è stampato nel 1914 e contiene pagine 667; il vol. II, col sotto titolo Fondazioni Antiche - Soppressione, e stampato nel 1915 e comprende 754 pagine. I due volumi sono posseduti dalla nostra biblioteca sociale, alla quale furono ona i dal consocio Arturo Ferretto, che li aveva ricevuti in omaggio dall’autore di essi. ^ Della nuova chiesa di S. Ambrogio, demolita l’antica, fu posta la prima pietra nell anno 1589, al primo d’agosto. « Il disegno della chiesa » — così il Monti — « fu opera di quell illustre pittore ed architetto che fu Giuseppe Valeriano, di Aquila, sacerdote della Compagnia, 11 quale oltre a molti altri edifizii, già fatti, e sopratutto il Collegio Romano, fu poscia autore della chiesa della Casa Professa di Napoli » (Op. cit., vol. I, p. 62). Ved. anche I’Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, ediz. 1846, vol. I, p. 125. (2) L’arch. Pettorelli, prima della conferenza di cui è argomento nel brano di verbale sopra riferito, erasi largamente occupato in alcuni suoi scritti a stampa della sistemazione di piazza De Ferrari in rapporto colla chiesa di Sant’Ambrogio e col palazzo Ducale. Vedansi in proposito: Arturo Pettorelli, Idee per un diverso assetto di Piazza De Ferrari a Genova; in Rivista Ligure di scienze lettere ed arti, anno XLI, fase. I, Gennaio-Febbraio 1914, pp. 96-104, con tre tavole. Estratto di pagine 11. — Il problema di Piazza De Ferrari; Ivi, anno XLI, fase. VI, Novembre-Dicembre 1914, pp. 371-374. — Ancora di Piazza De Ferrari; in La Liguria Illustrata, anno II, Genova 1914, pp. 523-526. — Contro gli addossamenti che si preparerebbero alla chiesa di S. Ambrogio in Genova; (Risposta all’opuscolo dell’Ing. Cesare Gamba: La cupola di S. Ambrogio e Piazza Dc-Ferrari); Genova, Tipografia Giuseppe Carlini fu Gio. Batta, 1916, pp. 16. In essi scritti il Pettorelli polemizza colPing. Gamba autore della suddetta sistemazione Relazione 115 Due scritti di Romolo Cuneo - Vidal e di Guido Bustico. — Altre due richieste d’inserzione di memorie negli Atti sociali furono esaminate e discusse nella seduta del Consiglio direttivo del 25 febbraio 1920, provenienti, la prima dal signor Romolo Cuneo Vidai di Lima, membro dell’istituto Storico del Perù, e la seconda dal dott. Guido Bustico di Novara. La memoria del signor Cuneo Vidal, in lingua spagnuola, riguardava Cristoforo Colombo e l’azione che avrebbe sopra di lui esercitata, agli effetti della scoperta dell’America, l’ambiente della Spagna meridionale e specialmente di Siviglia, dove il grande navigatore visse qualche anno in mezzo ad una fiorente colonia italiana e sopra tutto genovese. La memoria del signor Bustico concerneva invece le relazioni letterarie tra Giosuè Carducci e Stefano Grosso, desunte da documenti inediti. Il Grosso, nato in Albissola e di varie pubblicazioni intorno alla stessa, fra le quali (cito quelle possedute dalla biblioteca della Società): Ing. C. Gamba, Note sulla questione di Piazza De-Ferrari (con tavole), 10 giugno 1913, pp. 13; La cupola di S. Ambrogio e Piazza De-Ferrari (con tavole), Genova 1916. Dal lato puramente artistico io credo che il Pettorelli avesse ragione, e mi confermo nella mia opinione se metto a confronto il progetto di lui coll’opera del Gamba, che è da più anni un fatto compiuto e pur troppo irrevocabile. In sostanza, il Pettorelli voleva portare più indietro verso la sede del Credito Italiano l’edificazione del palazzo divisato, poi costrutto ed ora occupato dalla Navigazione Generale Italiana, congiungendolo con quello del predetto Credito Italiano mediante un passaggio coperto simmetrico col passaggio coperto dell’edificio dove stanno la Biblioteca Berio e l’Accademia Ligustica di Belle Arti dall’altra banda della piazza; ed in modo da lasciare scoperta la cupola e l’ultima parte del fianco di S. Ambrogio, che sarebbe stata aperta con un ingresso ed abbellita con una facciata laterale di essa chiesa! Ecco come egli stesso si esprime: « Con il nuovo palazzo Gamba (quello della Navigazione Generale Italiana) si viene a concretare uno squilibrio di masse, un disaccordo di piani donde la piazza non può uscire che notevolmente peggiorata: si viene a nascondere in gran parte (risultò poi tutto) il fianco di S. Ambrogio, a impedire la veduta della cupola il cui profilo elegante, nella sua classica sobrietà, sarebbe un vero peccato celare allo sguardo dei Genovesi ». Mentre « si può sviluppare un palazzo con una facciata verso Piazza De-Ferrari di una trentina di metri: senza tener conto che questa latitudine può essere accresciuta essendo inutile insistere sulla larghezza di metri venti per una Strada a mare (l’attuale via Petrarca) che non si continuerà mai più. L appiccicamento poi del palazzo alla chiesa, lungi dall’essere un danno non può che essere un bene: giacché il nuovo palazzo, non presentandosi abbandonato a sè, apparirà come congiunto a una mole cospicua donde avrà il beneficio di una integrazione e, per riflesso, il vantaggio di un illusorio ingrandimento. Ho detto che si dovrebbe diminuire la larghezza della Strada a mare che, con saggio consiglio, sembra debba incontrare le sue colonne d’Èrcole incontro a Vico Notari: ma, oltre a ciò, si dovrebbe proteggerne l’imbocco con un passaggio coperto, passaggio che concorrerebbe a formare un novello riscontro di simmetria, a isolare meno il nuovo palazzo da costruirsi, e anche a dare un po più la impressione di continuità, di piazza chiusa in cui gli architetti antichi videro sempre 1 ideale dell agora eternato dalla tradizione. L’innestare un passaggio coperto fra il palazzo del Ciedito Italiano e il palazzo nuovo può essere un problema difficile, ma non può dirsi a priori un problema insolubile: sarebbe poi senza dubbio salutato con gioia dai 116 Società Ligure di Storia Patria Marina il 22 marzo 1824 e morto a Celle Ligure il 9 settembre del 1903, fu un valente latinista e critico letterario, professore per molti anni di latino e greco nei Licei di Novara e Milano, ebbe viva corrispondenza di studj con parecchi celebri letterati italiani e stranieri, e pubblicò numeiosi sci itti di filologia, epigrafia, biografia, storia, ecc. Il Consiglio, constatando che gli Atti sociali erano per il 1920 ed il 1921 già impegnati per altri lavori, e riconoscendo d’altra parte nello scritto del Bustico, perciò che si poteva indurre dall’argomento di esso, un lavoro di natura prevalentemente letteraria o di critica letteraria, mentre è consuetudine della Società di pubblicare studj precipuamente storici, delibeiava senz’altro di non poter accogliere negli stessi Atti la monografia del predetto autore. Della quale, del resto, non essendo stato consegnato il manoscritto, il Consiglio non trovavasi neppure in grado di formarsi una sommaria idea (1). In quanto allo studio del Cuneo Vidal, trattandosi di uno scritto assai breve che avrebbe potuto trovar luogo in uno dei volumi degli Atti in corso di stampa, il Consiglio incaricava i colleghi Volpicella e Costa di esaminarlo cittadini, che, nel loro legittimo egoismo, vedrebbero con molta soddisfazione il moltiplicarsi di questi congiungimenti. Inoltre: con questa adozione una gran parte della chiesa di S. Ambrogio rimarrà libera da addossamenti, e l'area sgombra della piazza si arricchirà di un mezzo migliaio di metri quadrati ». (Idee per un diverso assetto di Piazza De-Fetrari, pp. 7, 9 dell’estratto). Per quanto riguarda la cupola di Sant’Ambrogio, io ricordo la bella mostra c essa faceva di sè, guardata dalla via Carlo Felice, in quei pochi anni in cui rimase intieramente allo scoperto, non ancora vietata alla vista dal palazzo della Navigazione Generale Italiana. Ora ne appare soltanto il cocuzzolo, ed in luogo della linea elegante di essa lo sguardo trova la sgraziata figura di un campanile sorto recentemente come un fungo dal tetto della chiesa, a segnacolo di pessimo gusto e di altre cose quae non licet homini loqui. La conferenza del Pettorelli non accolta negli Atti venne da lui pubblicata in opuscolo a parte sotto il titolo: Architetto Arturo Pettorelli L., La chiesa di S. Ambrogio e Piazza De-Ferrari in Genova, Conferenza ilustrata da proiezioni, tenuta presso l’Associazione Lette-rario-Scientifica Cristoforo Colombo in Genova la sera del 7° Marzo 1917; Genova, Tipografia della Gioventù, 1918. In una nota di esso opuscolo (pp. 33-34) l’autore parla con ingiusta acrimonia dell’ostracismo dato alla sua conferenza dagli Atti della nostra Società e commette alcune inesattezze; ma dopo tanti anni non credo sia il caso di ribattere quella nè di correggere queste, tanto più che, nella sostanza, io ero d’accordo con lui, come risulta esplicitamente dal verbale sopra riportato. (1) Dell’abate prof. Stefano Grosso, già appartenente alla soppressa congregazione dei Padri Somaschi, trovasi un cenno biografico con una bibliografia dei suoi scritti in Giornale storico e letterario della Liguria, anno IV, 1903, pp. 476-477. Un breve lavoro intitolato Giosuè Carducci e Stefano Grosso, con l’appendice di alcune lettere, e cioè tre lettere del Carducci (due al Grosso ed una a Pietro Zambelli) e quattro lettere del Grosso al Carducci, pubblicò il prof. Guido Bustico nel Bollettino storico per la Provincia di Novara, anno XIV, 1920, pp. 33-47; ma ignoro se tal lavoro fosse quel medesimo profferto da esso professore ai nostri Atti, oppure un saggio o estratto di altro maggior lavoro intorno allo stesso argomento. Relazione 117 per giudicare se era il caso di riceverlo negli Atti stessi, ovvero di pubblicarlo in qualche rivista storica o letteraria. E ciò in conformità del desiderio espresso dall’autore medesimo, il quale chiedeva alla Società di voler piovvedere a diffondere il suo scritto per mezzo della stampa periodica qualora non avesse potuto essere ammesso nei volumi degli Atti (1). Due memorie di Arturo Issel e di Luigi Augusto Cervetto rimaste incompiute ed inedite. — Accanto agli scritti ai quali il Consiglio non credette di concedere l’ospitalità degli Atti, stimo conveniente di menzionare alcuni altri scritti che, quantunque annunciati allo stesso Consiglio e da questo senz’altro accolti, non furono poi per varie ragioni dai loro autori effettivamente presentati. Uno di essi riguardava la geografia della Liguria e stavasi preparando dal prof. Issel; il quale, avendo per alcuni anni a titolo d’incarico impartito l’insegnamento di tale materia nelPUniversità di Genova, trovavasi più d’ogni altro in grado, da quello scienziato ch’egli era, di trattare a fondo, specialmente sotto il rispetto fisico, siffatto argomento. Egli mi aveva più d una volta accennato a codesto suo lavoro; e quando, in sul principio del 1918, venne a mancare la possibilità di aver pronto per la stampa il primo volume sulla storia del Risorgimento nazionale ed il Consiglio pensò in certo momento di sostituirlo con un volume di miscellanea, io credetti opportuno, nella seduta consiliare del 2 marzo di detto anno, di proporre come principale contributo di essa miscellanea la monografia geografica delPIssel. Alla quale io stesso avrei fatto volentieri seguire, non so se in armonia oppure in contrasto colle idee del nostro illustre geologo, un breve mio studio intorno al confine orientale della regione ligure. Conforme al tradizionale e scolastico modo di pensare, la Liguria vien posta tra il Varo ad occidente e la Magra ad oriente, fissandone così i confini dall’uno e dall’altro lato per via di fiumi anziché per via di monti. 11 che fa sì — restringendomi a parlare del confine orientale presso cui sono nato e vissuto — che una gran parte della Lunigiana viene compresa nella regione toscana; mentre io credo e sostengo da molti anni che il territorio lunigianese, per sua natura unitario e inscindibile, appartiene geograficamente per intero alla Liguria e ne costituisce l’estremo lembo ad oriente, lo avevo già avuto opportunità di esprimere questo pensiero nella mia Relazione sull’opera della Società dal 1908 al (1) Il lavoro del Cuneo Vidal venne esibito per la pubblicazione, tradotto dallo spa-gnuolo a cura del socio Francesco Domenico Costa, alla Gazzetta di Genova, che usciva in alloia a fascicoli mensili illustrati sotto la direzione del prof. Giovanni Monleone; ma questi ne estrasse soltanto quel breve articolo, che, col titolo Perchè Colombo andò in Ispagna, comparve nel n. 9 del 30 Settembre 1920, a pp. 16-17, di essa Gazzetta. 118 Società Ligure di Storia Patria 1917(1), che trovavasi allora appunto in corso di stampa, e ne avevo anche discorso con qualche maggior larghezza, sempre però in modo sommario, in mie pubblicazioni anteriori; ma, nell’eventualità che il prof. Issel fosse stato disposto a stampare nei nostri Atti un suo organico lavoro intorno alla geografia della Liguria, io ne avrei preso motivo per mettervi in compagnia una mia memoria in cui il tema del confine orientale di essa regione venisse trattato di proposito e ragionatamente in conformità delle mie vedute. L’Issel però, se aveva disteso l’ordito del suo lavoro non ne aveva ancora tessuto intieramente la trama; premuto poi dal desiderio di dare un’appendice alla sua Liguria preistorica pubblicata nel voi. 40° degli Atti, mise in disparte la monografia geografica e si curò esclusivamente di siffatta appendice- La quale, pur troppo, bastò colla sequela delle incresciose peripezie della sua stampa, che esporrò pai oltre, ad occupare gli ultimi anni di vita dell’insigne scienziato. Essendo mancato il lavoro geografico dell’lssel, mancò conseguentemente anche il mio ad esso collegato. Un altro lavoro, rimasto prima sospeso e poi, per la morte dell’autore, incompiuto, fu quello sopra II Palazzo Rosso nella storia, con cui Luigi Augusto Cervetto si proponeva di prestare per la prima volta la sua collaborazione agli Atti sociali. L’unica traccia di esso restò l’annunzio che io ne diedi, col titolo su riferito, nella pagina posteriore della copertina del fase. 1 del volume 49° dei medesimi Atti (2). OPERAZIONI E QUESTIONI VARIE La pubblicazione degli Atti è l’opera principale del nostro Istituto, ma in concomitanza con essa questo compie altri uffici, i quali, pur non lasciando traccia negli Atti o non trovandovi una immediata significazione, concorrono a raggiungere quei fini di illustrazione e di conservazione delle (1) Atti, voi. XLVI, fase. I, pp XVI-XVIII. (2) La Società accarezzava l’idea di pubblicare nei suoi Atti, insieme col lavoro del Cervetto riguardante il Palazzo Rosso sotto il rispetto storico (principalmente in relazione ai personaggi che vi abitarono o vi furono ospiti ed agli avvenimenti di cui fu teatro), anche il lavoro del consocio ing. arch. Mario Labò dedicato allo stesso pa'-.Tzo sotto il rispetto architettonico; ma il primo lavoro non venne presentato ed il secondo trovò buon posto nella rivista L'Arte di Adolfo Venturi (Ved. Mario Labò, Studi di architettura genovese, Palazzo Rosso; in L’Arte, anno XXIV, fase. IV, Roma 1921, estratto di pp. 13). Secondo le conclusioni del Labò il Palazzo Rosso fu fatto fabbricare dai fratelli Ridolfo Maria e Gio. Francesco Brignole Sale sui disegni dell’architetto Pietro Antonio Corradi, negli anni correnti dal 1672 al 1677. Relazione 119 patrie memorie che l’istituto stesso persegue. Di tali uffici è pertanto doveroso ch’io porga qualche notizia, rimanendo, per ora, entro il limite della presidenza Imperiale. Raccolta di toponomastica ligure. — Nel verbale dell’Assemblea del 29 dicembre 1918, da me precedentemente riportato, si accenna alla proposta del consocio avv. Ludovico Giordano riguardante una raccolta di toponomastica Ligure da condursi per iniziativa e sotto la guida della Società. Conviene ora ch’io dica che il Giordano aveva già da parecchi mesi presentata essa proposta al Consiglio direttivo, il quale discutevala nella sua seduta del 16 aprile dell’anno predetto, e, pur riconoscendone Futilità, riteneva che non volgessero allora (eravamo ancora nel pieno della guerra) tempi propizi alla effettuazione di essa, e la rimandava pertanto dopo la fine delle ostilità. Vedremo infatti che essa venne a tempo opportuno ripresa ed alla meglio concretata. Rifiuti d’archivio. — Insieme con la toponomastica, il Giordano richiamava l’attenzione del Consiglio sullo sterminio di molti documenti d’archivio causato dalla raccolta dei cosidetti rifiuti di carta, che facevasi allora a benefizio di alcune opere di guerra; raccolta effettuata troppo spesso senza alcun discernimento, e circa la quale egli opinava che la Società dovesse compiere un’azione diretta ad impedire la distruzione di scritti aventi un’importanza qualsiasi per le ricerche storiografiche. Ma il consigliere Marengo informava i colleghi che tale azione era devoluta agli Archivi di Stato sotto la vigilanza dei quali eseguivasi la cèrnita e la raccolta di detti rifiuti; e per quanto concerneva l’Archivio di Stato genovese, alla cui giurisdizione trovavasi sottoposta l’intera Liguria, egli, come uffiziale di esso Archivio, poteva affermare che l’opera vigilatrice veniva condotta con serietà e consapevolezza della sua importanza. Se si commettevano abusi (il Giordano aveva accennato alle nefaste operazioni di rifiuto compiute in alcuni archivi pubblici della provincia di Porto Maurizio), non sarebbe stato possibile rimuoverli, e colpire gli autori di essi, se non possedendone le prove manifeste: cosa sempre difficile non ostante la buona volontà degli uffici vigilatori (1). (1) Che la raccolta dei cosidetti rifiuti d’archivio, fatta collo scopo di venderli alle cartiere a benefizio della Croce Rossa Italiana, sia stata cagione di mandare al màcero una grandissima quantità di documenti importanti o utili per gli studi storiografici, è opinione comune e radicata. Se è vero, come dicevasi e venne reso di pubblica ragione, che la suddetta Croce Rossa si vantava di aver ricavato dalla vendita oltre 17 milioni di lire (il che suppone il consumo di una sterminata massa cartacea), e che continuava anche dopo la fine 120 Società Ligure di Storia Patria Associazione « Risorgimento ». — Il 31 dicembre 1918 il march. Imperiale dirigeva la seduta del Consiglio per la prima volta dopo la fine della guerra e trascorsi circa tre anni e mezzo dall’ultima adunanza consiliare da lui presieduta (1). Egli informava il Consiglio circa l’esistenza di una associazione sorta ultimamente in Genova col proposito di fare pubblicazioni di storia recente principalmente riguardanti il concorso italiano nella grande conflagrazione mondiale, e chiedeva se non fosse il caso che la nostra Società stringesse relazioni con quella per una collaborazione proficua ad entrambe, pur conservando ognuna la propria fisionomia. All’Imperiale rispondeva affermativamente il consigliere Casaretto, il quale, ricordando un’idea già da lui espressa e poi abbandonata circa un’opera intesa a preparare gli elementi per la storia della Liguria durante l’ultima guerra, stimava che essa idea avrebbe potuto essere ripresa in esame per vedere di effettuarla d’accordo con la nuova Società, quantunque il Municipio di Genova ed altri istituti avessero in gran parte già provveduto a raccogliere i documenti relativi. Ma, a tal riguardo, il prof. Issel osservava che altra cosa era il raccogliere documenti ed altra cosa l’illustrarli ed il pubblicarli, e che la nostra Società di concerto con la predetta consorella poteva benissimo illustrare e pubblicare documenti raccolti da altri. Il march- Imperiale accennava poi agli ampi mezzi finanziari della nuova associazione ed all’efficace contributo che questa era in grado di offrire alla Società Ligure di Storia Patria per la pubblicazione e la divulgazione di scritti concernenti la storia del Risorgimento nazionale, coll’acquisto di un certo numero di copie dei volumi dei nostri Atti contenenti essi scritti. Dopo una larga discussione intorno a siffatti e ad altri consimili progetti aventi di mira lo scopo di dare novello impulso all’attività sociale, il Consiglio concludeva coll’affidare al presidente Imperiale il mandato di trattare in proposito colla suddetta associazione. La quale aveva assunto il programmatico nome di « Risorgimento » col suggestivo predicato di « Associazione italiana di Fede e di Solidarietà Nazionale », e faceva presagire una fratellevole ed efficace cooperazione con la Società Ligure di Storia Patria, il cui fine principale, essendo quello di narrare, illustrare e documen- delia guerra a promuovere una così fruttifera operazione, dichiarando che per carta straccia intendeva, non solo la vera carta da rifiuto, ma « l’opuscolo e il pacco della vecchia corrispondenza ■», non v’ha dubbio che molti scritti pregevoli estampe rare siano andati irrimediabilmente perduti. È da credere però che gli abusi commessi abbiano avuto efficacia di metter termine oramai ad un’impresa tanto pericolosa ai fini della cultura e della civiltà. (1) L’ultima seduta del Consiglio direttivo che il march. Imperiale presiedette prima di partire per la guerra fu quella del 28 luglio 1915. Poco innanzi però di dirigere la su mentovata riunione consiliare del 31 dicembre 1918, egli aveva tenuto la presidenza della procellosa Assemblea del 29 dicembre 1918, di cui dissi alle pagine 78-80 di questo volume. Relazione 121 tare gli avvenimenti storici così della vecchia come della nuova Italia, metteva a portata del nuovo sodalizio una fonte inesauribile di ammaestramenti e di incitamenti per l’opera educativa a cui esso mirava. Ma i fatti non corrisposero alle aspettazioni, perocché il più visibile prodotto dell’attività del « Risorgimento » consistette in alcune pubblicazioni ad album, illustrate, caleidoscopicamente figurative di fasti patriottici, nelle quali pare che essa siasi esaurita (1). Voti della Società per una nuova sede Dell’Archivio di Stato in Genova. — Sullo scorcio del 1918 si sparse in Italia la mirifica novella che il Governo nazionale aveva stabilito di spendere cinquecento milioni di lire in opere di pubblica edilizia. Ed effettivamente a tale scopo vennero decretati taluni specifici stanziamenti di somme, uno dei quali riguardava .gli Archivi di Stato ed in particolare, a quanto fu creduto, la costruzione di una nuova sede per l’Archivio di Stato in Genova. II fatto è che il dott. nob. Luigi Volpicella, allora allora chiamato alla soprintendenza di questo Archivio, venne dal Ministero deH’Interno, da cui dipendono appunto gli Archivi di Stato, incaricato di procacciare, d’accordo ovvero col benevolo interessamento delle- Autorità locali, un progetto di massima per quella costruzione. Il Consiglio direttivo della nostra Società, conscio da molto tempo dell’insufficienza e della disagevolezza dell’attuale sede dell’Archivio di Stato, in ispecie per quanto riguarda la sala di studio, accolse con gioia il suddetto divisamento ministeriale, e si recò a premura di fiancheggiarlo (1) Le pubblicazioni fatte dalla Società « Risorgimento ■> (costituita in Genova il 13 febbraio 1918) sono, secondo un elenco riportato da\V Annuario genovese Fratelli Pagano (Lunario del signor Regina) del 1928-29, p. 792, le seguenti: 1. Album storico: l’Italia nel 1848-49. 2. La battaglia di Vittorio Veneto, 1“ parte 3. La battaglia di Vittorio Veneto, 2a parte. 4. I fasti della Marina Italiana, mazzo di quaranta carte illustrate per gioco di famiglia. Dell’opera indicata con i numeri 2 e 3 la nostra biblioteca sociale possiede, per dono del Municipio di Genova, un esemplare della nuova edizione accresciuta, fatta a cura ed a spese di esso Municipio in occasione delPundecimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. Tale edizione ha per titolo generale: La battaglia di Vittorio Veneto, Quadro storico preceduto da notizie sull’attività interventista di Genova nel periodo della neutralità e sulle opere genovesi di assistenza durante la guerra; Pubblicazione dell’Associazione « Risorgimento » col concorso e sotto gli auspicj del Municipio di Genova; 24 maggio MCMXXV1 — ed è divisa in tre parti, cioè: 1. Come Genova si preparò alla guerra, di Giovanni Monleone; 2. Le opere genovesi di assistenza durante la guerra, di Guido Tabet; 3. La battaglia di Vittorio Veneto, di Guido Tabet. 122 Società Ligure di Storia Patria coll’appoggio morale della stessa Società non potendo sorreggevo con sussidj materiali. Cosicché nella sua adunanza del 19 febbraio 1919, esaminando la questione della su indicata nuova sede, mentre elogiava il Governo per avere finalmente riconosciuto la necessità di risolvere essa questione col decidere l’erezione di un edifizio a ciò espressamente destinato e collo stanziare a tale scopo una somma molto cospicua, deliberava di fare istanza presso i principali enti pubblici genovesi, e cioè il Municipio la Provincia ed il Consorzio autonomo del Porto, affinchè volessero concedere il loro efficace concorso, sia materiale sia morale, per l’effettuazione del divisamento governativo. Il medesimo Consiglio incaricava perciò il Segretario di mettersi d’accordo col consigliere avv. Emilio Marengo, il quale, nella sua qualità di uffiziale dell’Archivio su mentovato, conosceva perfettamente la pratica in discorso, per compilare l’istanza da inviare a ciascuno dei tre enti sopra cennati e da comunicare inoltre, a titolo d’informazione, al ministro dell’interno. Ma, ahimè, anche questa faccenda non fu che un fuoco di paglia: il soprintendente Volpicella fece stendere dall’architetto Benvenuto Pesce Maineri un primo ed un secondo progetto per la fabbrica del nuovo Archivio, conforme alle esigenze del Ministero dei lavori pubblici, per sentirsi poi dire dal Ministero dell’interno che i fondi già destinati all’esecuzione dell’opera erano stati stornati ad altri scopi ed esauriti (1)! (1) L’edifizio dell’Archivio di Stato in via Tommaso Reggio, dianzi appellata dell Ar-civescovato, era l’antico Palazzetto « già stanza un tempo del Bargello e custo ìa e criminali » (Federigo Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del di Genova e sue adiacenze; Genova dai tipi dell’editore Luigi Sambolino, M *11' p. 97): e fu, subito dopo l’aggregazione della Liguria agli Stati Sardi, restaurato so 0 a direzione dell’architetto Carlo Barabino ed assegnato dal re Vittorio Emanuele I all Ordine Decurionale della città di Genova, per accogliervi gli atti pubblici e le stipulazioni priva e, siccome dice la seguente epigrafe dettata dal celebre latinista prof. Gagliuffi e scolpita al sommo dell’ingresso del medesimo edificio: ex regia munificentia | ordo decurionum genuen-SIUM I ACTIS PUBLICIS ET STIPULATIONIBUS PRIVATIS | CONGERENDIS SERVANDISQUE DEDICABAT I ANNO MDCCCXVII (Ved. in Gazzetta di Genova, Rassegna dell attività Anno LXXXVI; n. 1-2, Gennaio-Febbraio 1918, p. 6). Una gran parte dello spazio da esso edifizio occupato è presa da un cortile e da una maestosa e ad un tempo elegante scala che si svo ge per tre ripiani in ampi loggiati aperti sullo stesso cortile; cosicché relativamente scarsa e la parte disponibile ad uso archivistico. Alla deficienza di capacità in senso orizzontale tenta di supplire in senso verticale una sgraziata sopraelevazione che esce in forma di torre dal fabbricato, e che fa bruttissima mostra di sè vista dalle alture della città. Nonostante la maggior capienza offerta da questa torre, il palazzo fin da quando l’Alizeri pubblicava nel 1875 la su citata seconda edizione della sua Guida « si doleva d’angustie » per dirla colla ricercata fraseologia di esso autore — « verso la moltitudine pressoché infinita degli atti che debbon capirvi; » dacché poi nel 1881 vi fu trasportato l’Archivio delle compere di S. Giorgio dall’antica sua sede, ora occupata dal Consorzio autonomo del porto, e dacché inoltre vi fu collocato il materiale di alcuni altri archivi regionali, il nostro Archivio di Stato dovette rinunziare, son Relazione 123 Proposta del presidente marchese Imperiale circa la pubblicazione dei Libri Iurium della Repubblica di Genova. — È noto come la R. Deputazione piemontese di Storia Patria pubblicasse negli anni 1854 e 1857 due tomi della grande raccolta da essa edita sotto il titolo di Historiae Patriae Monumenta contenenti il cosidetto Liber iurium Reipublicae Genuensis; ed è noto del pari come essi tomi non comprendano tutti gli atti della collezione ufficiale che costituiva il Liber o, per meglio dire, i Libri iurium messi insieme durante i secoli dal Governo genovese. Molti di tali atti, i più ancora inediti, si trovano in alcuni codici genovesi già appartenenti ai manoscritti trasportati da Genova a Parigi negli anni 1808 e 1812 per ordine di Napoleone; codici non compresi per incuria o malevolenza nella restituzione del 1816 e rimasti colà nell’Archivio del Ministero degli affari esteri, dove giacquero quasi ignorati per oltre sessant’anni. Inutile riuscì un tentativo per riaverli, fatto negli anni 1883-84 principalmente per impulso di Cornelio Desimoni; ed eguale esito infruttuoso sortì una proposta di pubblicazione di essi codici presentata nel 1906 alla suddetta Deputazione di Torino dai membri effettivi di questa Cesare Imperiale e Camillo Man-froni, e dallo stesso Imperiale caldeggiata poi anche in seno all’istituto Storico Italiano in Roma. Nella seduta del 7 aprile 1919 tenuta dal Consiglio direttivo della nostra Società sotto la presidenza del march. Imperiale — il quale, ancora vincolato al servizio militare ed in procinto di ritornare per non so che missione in Adriatico, trovavasi per pochi giorni a Genova — questi riprendeva a trattare della questione dei Libri iurium ritenuti al Ministero degli esteri a Parigi, facendo presente come le condizioni politiche del momento fossero quanto mai propizie per ottenere la restituzione od almeno la concessione temporanea di essi. Al che osservava il dott. Luigi Volpicella, intervenuto per la prima volta al Consiglio di cui era stato eletto membro neH’Assemblea del 2 marzo 1919, che tale pratica interessava in modo particolare PArchivio di Stato in Genova, dove, in caso di restituzione, i detti Libri dovrebbero essere collocati, come lor sede naturale; e prometteva che egli, nella sua qualità di soprintendente del medesimo Archivio, ne avrebbe già molti anni, per assoluta mancanza di spazio, a ricevere le vecchie carte dei numerosi uffici governativi della Liguria ad esso per legge devolute. Conviene altresì osservare che la suddetta sopraelevazione, sia per la sua altezza non che per la sua vetustà (che ha cagionato la corrosione e forse il cedimento delle chiavi o chiavarde di ferro che ne collegano i muri), sia per l'enorme carico delle carte che contiene, grava su tutto l’edifizio in modo da metterne a repentaglio la stabilità, e costituisce un permanente pericolo massime per il caso di eventuali movimenti tellurici. 124 Società Ligure di Storia Patria tenuto parola, alla prima occasione, presso la Direzione degli Archivi in Roma, se non altro a titolo informativo. Altri consiglieri parlarono variamente in proposito, ma dal Consiglio non uscì una deliberazione intesa a premere, con modi appropriati ed efficaci, sul Governo italiano per ispin-gerlo ad agire nel senso desiderato. Forse allora, mentre i supremi reggitori di esso Governo si trovavano a Parigi per la conclusione dei trattati di pace fra i vincitori e i vinti della grande guerra, non sarebbe stato difficile persuadere i Francesi a voler dare frattanto compimento all’osservanza di quegli altri più antichi trattati, a cui era stata sottoposta giustamente la lor nazione nel Congresso di Vienna del 1814-15, restituendo a Genova il maltolto. Ma gli animi erano occupati e tutti compresi in cose ritenute immensamente più importanti di quella del ricupero di alcuni vecchi codici, una miserabile quisquiglia in comparazione dei .grandi acquisti territoriali che si stavano negoziando a Parigi; e le aspirazioni di pochi studiosi non rinvennero neppure il coraggio di presentarsi francamente a coloro che avrebbero potuto soddisfarle. Vedremo in seguito come la sapiente e industre tenacia del marchese Imperiale sia riuscita ad ottenere, se non il ricupero, almeno una riproduzione dei preziosi documenti genovesi posseduti dal Ministero degli affari esteri di Francia. Costituzione del Comitato Ligure della Società Nazionale per la storia del Risorgimento Italiano. —Verso la fine dell’anno solare 1919 o, per dire meglio, al principio dell’anno scolastico 1919-1920 venne insegnante di storia e geografia a Genova presso il R. Istituto Tecnico e Nautico « Vittorio Emanuele II » (propriamente presso il Nautico) il prof. Paolo Negri. Egli, giusta incarico officioso dei dirigenti della Società Nazionale per la storia del Risorgimento sedente in Roma, si adoperò subito affine di costituire nella metropoli ligure un comitato regionale della predetta Società. La quale già annoverava in Genova un certo numero di soci effettivi, fra questi anche il nostro Sodalizio, la cui iscrizione io stesso le avevo procurata fin dal febbraio 1914 vincendo le riluttanze del presidente Imperiale (1). H Negri conferì pure con me circa la progettata costituzione, ed io, non pure aderii pienamente alle sue idee, ma lo sollecitai a far capo al nostro Istituto per la loro più efficace e pronta effettuazione. La Società Ligure di Storia Patria, come antico centro degli studj storici nel Genovesato, era infatti legittimamente indicata a prendere siffatta iniziativa, ed avrebbe ben volentieri concesso, con l’uso della propria sede per le adunanze del nuovo gruppo (1) Ved. Aiti, voi. XLVI, fase. I, p. CCXV. Relazione 125 regionale, tutta la sua opera morale in favore del conseguimento degli scopi di questo. Non- solo, ma in processo di tempo la nuova sezione dell’ente nazionale romano sarebbe potuta diventare parte integrante della nostra Società ed assurgere alla direzione della serie degli Atti dedicata alla storia del Risorgimento italiano. Onde due vantaggi: l’uno perla Società Nazionale di Roma con l’apporto alla stessa di un buon contingente di soci tratto dal nostro Istituto e via via rinsanguato con gli elementi che fluiscono e rifluiscono attraverso di questo e lo rinnovano incessantemente; l’altro perii medesimo nostro Istituto col preparare e addestrare in esso un manipolo di cultori e di amatori della storia del Risorgimento, dai quali la nuova serie degli Atti avrebbe potuto ricevere stimoli e materiali per un’annuale e rigogliosa estrinsecazione. Ed anche senza spingere le cose tanto oltre, un’intima relazione o colleganza di studj tra il vecchio nostro Sodalizio ed il giovine Comitato avrebbe certamente giovato ad entrambi, e, credo io, almeno in un primo tempo, assai più al giovine che al vecchio. Ma per consiglio di taluni, cui non piaceva che la Società Ligure di Storia Patria promovesse o coadiuvasse in qualche modo il nascimento del proposto Comitato, questo sorse all’infuori di qualunque assistenza o ingerenza di essa Società. II prof. Negri, segretario provvisorio del nucleo promotore del Comitato predetto, si compiacque di invitare anche questa Società — la quale, invero, come ascritta all’Associazione nazionale per la storia del Risorgimento non avrebbe potuto senza torto palese essere lasciata in disparte — si compiacque, dico, d’invitarla ad una radunanza indetta, per il 1° febbraio 1920, in una delle aule del su mentovato Istituto Tecnico, collo scopo di costituire esso Comitato. La lettera d’invito non recava però, non so se per casuale dimenticanza ovvero per volontaria omissione, l’ora della seduta: cosicché la Società non ebbe neppur modo di esprimere il proprio avviso e di dare il suo voto per la scelta degli uffiziali del costituendo Comitato (1). Di tutto ciò il Consiglio direttivo prese atto, per mia relazione, nella sua tornata del 25 febbraio 1920. (1) Il prof. Paolo Negri, già noto per alcune pregevoli pubblicazioni sulla storia del sec. XVII (Urbano VII! e l’Italia, Relazioni italo-spagnole nel secolo XVII, ecc.) non che sulla storia del Risorgimento nazionale italiano (La cospirazione piemontese del 1833, ecc.), morì immaturamente a circa 43 anni d’età il 19 luglio 1925 in Genova, dove allora trovavasi temporaneamente come commissario per l’esame di maturità presso il Liceo scientifico. Egli era già da alcuni anni passato, per merito di concorso, dall’istituto Nautico di Genova all’istituto Tecnico di Roma. Vedansi le brevi necrologie di lui, scritte e pubblicate da Carlo Capasso in Archivio della R. Società Romana di Storia Patria, vol. XLVIII, Roma 1925, pp, 425-426; e da Eugenio Passamonti in II Risorgimento Italiano, nuova serie édita dalla Società Storica Subalpina, vol. XVIII, a. 1925, pp. 517-518. 126 Società Ligure di Storia Patria Archivio Brignole Sale-De Ferrari. — Il 20 maggio 1917 moriva a Losanna quel bizzarro uomo del march. Filippo De Ferrari nato dal march. Raffaele De Ferrari, duca di Galliera, e dalla costui moglie marchesa duchessa Maria figlia del march. Antonio Brignole Sale (1). Appartenevano alla pingue eredità da lui lasciata, ed alla quale aspira- (1) Filippo De Ferrari nacque a Parigi IMI gennaio 1850 e venne tenuto a battesimo, per procura, dalPex-re Luigi Filippo e dalla costui moglie ex-regina Amelia, allora esuli in Inghilterra. Fu d’ingegno vivo e versatile e di attitudini varie, ch’egli applicò con forte volontà felicemente agli studj, in ispecie delle scienze sociali ed economiche, di cui anche tenne cattedra in pubblici istituti, nonché delle lingue. Ma queste sue doti brillanti vennero oscurate da stranezze e da fissazioni, fra le quali singolarissima quella di non credersi figlio del duca Raffaele De Ferrari di Galliera. Non di rado avviene che il padre non voglia riconoscere per suo un figlio natogli in legittimo matrimonio, ma il caso inverso è piuttosto unico che raro. Mosso da siffatte bizzarre fantasie egli volle e tentò in un primo tempo di vivere esclusivamente del proprio lavoro (cosa, del resto, encomiabile se fosse derivata da sani principi morali) rifiutando i sussidj della famiglia; rinunziò all’eredità paterna, ed acconsentì solamente a valersi dei beni della duchessa sua madre; e giunse in ultimo, sforzandosi di disgiungere dalla propria persona l’avito cognome dei De Ferrari, a farsi adottare per figlio da uno spiantato nobile De la Renotière suddito austriaco discendente da emigrati francesi. Tutto ciò, oltreché suonare ingiuria alla madre non meno che al padre di lui, diede esca ad infinite dicerie, che il volgo, ignaro delle vere circostanze e della cronologia dei fatti, innestò ad un caso miserando avvenuto nel 1828, cioè ventidue anni prima che nascesse il march. Filippo, caso in conseguenza del quale il march. Raffaele De Ferrari uccideva, per pura disgrazia, un suo servo. Si disse che costui avesse illecite relazioni con la marchesa moglie del De Ferrari, che l’uccisione fosse quindi volontaria e dovuta a ragioni di onore e di gelosia, e si aggiunse inoltre che frutto di esse relazioni sarebbe stata la nascita del predetto Filippo: tutto un tessuto di calunniose fandonie, che non regge e svanisce al primo esame dei fatti. Bisogna subito che io ricordi, per la migliore intelligenza di questi, -che il march. Raffaele De Ferrari, nato il 6 luglio 1803 dal march. Andrea e dalla marchesa Livia Ignazia Pallavicino, sposava il 14 gennaio 1828 Maria Giuseppa Brignole Sale, figlia del march. Antonio e della marchesa Artemisia Negrone. La sposa era nata il 5 aprile 1811, non aveva dunque ancora compiuto i 17 anni d’età. Dal matrimonio, celebrato tra le feste del patriziato genovese e gli epitalamj di Gian Carlo Di Negro, di Antonio Crocco e di altri poeti, ebbero vita: una bambina, Livia Antonia Maria, nata il 13 novembre 1828 e morta dopo soli quattro mesi il 15 marzo 1829; un primo maschio, Andrea, nato in Genova il 16 agosto 1831 e morto a Parigi il 14 marzo 1847 e sepolto a Voltri nella chiesa di S. Nicolò (dove poi vennero anche tumulati entrambi i genitori); un secondo ed ultimo maschio, che fu il su mentovato Filippo. Circa il sopraccennato caso dell’uccisione del servo, ecco quanto ne espone il march. Marcello Staglieno in certi suoi manoscritti da lui lasciati alla Società Ligure di Storia Patria. « L’omicidio perpetrato dal marchese Raffaele Deferrari, poi duca di Galliera, nella persona di un suo dipendente fu uno di quei fatti straordinari che diede luogo a tali e tanti commenti e dicerie, che ben merita ne sia fatta menzione, tanto più che le voci divulgatesi a proposito dello stesso non sono tutte conformi alla verità. Da accurate indagini da me praticate, ecco come si svolse il truce fatto. « Il march. De Ferrari, il quale abitava nel nuovo palazzo da suo padre comprato dai marchesi Doria sulla piazza di S. Domenico e che comunicava per una scaletta interna con l’uscita di Salita S. Matteo, aveva da poco fissato a’ suoi servizi un nuovo cuoco che Relazione 127 vano' molti concorrenti così in Italia come fuori d’Italia, anche gli archivi privati dei Brignole Sale e dei De Ferrari, o quel che rimaneva di essi archivi. Questi erano stati raccolti e rinchiusi, dopo la doveva arrivare da un giorno all’altro. Per alloggio dello stesso aveva destinato una certa cameretta interna detta camera delle arme, perchè vi erano molte armi vecchie insieme ad altri vecchi arnesi di casa. Egli aveva ordinato che fosse sgombrata e fatta pulita, e che vi fossero collocati i mobili destinativi. Mentre i servitori attendevano allo sgombero, il marchese passando a vedere la stanzetta, si fermò a guardare le armi e particolarmente le pistole, delle quali alcune erano vecchie ed irrugginite ed altre più nuove. Queste ultime erano state recentemente portate da servitori o corrieri che accompagnavano i padroni nei loro viaggi. Quando improvvisamente, facendone scattare una che credeva scarica, partì il colpo e ferì gravemente alla gola uno dei servitori presenti. Ognuno può immaginarsi il subbuglio che successe. Il ferito, che era un giovane addetto alla casa in qualità di portatore, fasciato alla meglio, fu fatto calare dalla scala interna per la salita di S. Matteo, e, adagiato sopra una lettiga, portato allo spedale. Il marchese, agitatissimo ed al colmo della disperazione, non poteva darsi pace ed andava camminando e sbuffando per la stanza. La marchesa, venuta a conoscenza del fatto, che si cercò di attenuare il più che fu possibile onde non grandemente allarmarla, tanto più che trovavasi in istato di avanzatissima gravidanza, era svenuta, e quindi, riavutasi, mandava a chiamare ad alta voce sua madre. Fu avvertito il padre di lei, march. Antonio Brignole Sale sindaco di Genova, il quale colla consorte si portava subito dalla figlia e dal genero per le provvidenze del caso. « Intanto il fatto del trasporto del ferito all’ospedale venne a conoscenza del pubblico e dell’Autorità giudiziaria, la quale nella sera dispose onde fosse interrogato esso ferito, ma stante il suo grave stato non potè procedere ad un formale esame. Solo seppe da lui che era per disgrazia che il padrone lo aveva mortalmente ferito. Uguale dichiarazione ebbe dal marchese De Ferrari il magistrato condottosi ad interrogarlo, e da tutta la servitù presente al fatto. Al domani nelle ore pomeridiane il ferito moriva. Sta poi in fatto che fu istruito regolare processo, il quale si chiuse con dichiarare che il marchese non aveva colpa dell’omicidio, ma solo d’imprudenza nel maneggio dell’arma, per cui fu condannato a tre mesi di confino. Questi passava nella villa Brignole a Voltri, e poiché li ebbe compiuti, andò, come di consueto, in villeggiatura a Voltaggio, e quindi recossi a Parigi. Ma del processo di cui è caso invano ho fatto ricerca, chè non mi venne dato di trovarlo nè a Genova nè a Torino, dove dicevasi che fosse stato portato, colà avocato da S. M. secondo la procedura di allora». La suddetta versione del fatto venne pienamente confermata al marchese Staglieno da un antico servitore di casa De Ferrari ancora vivente nel 1900, presso il quale egli erasi espressamente recato per interrogarlo in proposito il 31 maggio di esso anno. Era costui un Andrea Repetto del fu Andrea, nativo di Voltaggio ma da molti anni domiciliato a Genova ed in allora abitante in Vico dietro il Coro della Maddalena n. 9, al penultimo piano, già carrozziere al servizio del march. De Ferrari e da ultimo del march. Durazzo Adorno. Contava, a quanto disse allo Staglieno, 94 anni, e, sebbene un po’ sordo, conservava la sua lucidità di mente e sembrava in assai buone condizioni di salute. Al momento del disgraziato accidente il Repetto trovavasi nella rimessa a pianterreno del palazzo, e venne improvvisamente chiamato ad andar sopra, dove giunse in tempo per ricevere la viva impressione dell’accaduto, come vi avesse assistito. Nel suo inserto relativo al fatto sopra narrato, lo Staglieno ha riunito le copie degli atti di nascita e di matrimonio deMa futura duchessa di Galliera, di quelli di nascita e di morte della costei prima figlia, dell’atto di morte dell’ucciso domestico, e di altri atti, di alcuni dei quali dirò fra poco. La sventurata vittima di quell’infortunio chiamavasi Francesco Morgavi, nativo di Voltaggio, di anni 24, il cui atto di sepoltura piuttosto che di morte, nei 128 Società Ligure di Storia Patria morte della duchessa di Galliera avvenuta a Parigi il 9 dicembre 1888, in una capace stanza del Palazzo Rosso in Genova e formarono un solo archivio ch’io indico senz’altro col nome di archivio Brignole Sale-De registri della parrocchia di S. Matteo, è in data del 9 novembre 1828; egli moriva effettivamente l’8 novembre, in seguito al colpo ricevuto il giorno prima. A giusto risarcimento del danno procurato alla famiglia del defunto, il marchese De Ferrari faceva, con rogito del notaio Raffaele Lavaggi in data di mercoledì 19 novembie 1828, un atto di donazione a favore di Giuseppe Morgavi padre di detto Francesco. Il prefato marchese « pensando » — così è detto nel preambolo dell’atto « alla disgrazia occorsa nel suo stesso palazzo, ove per lo sgraziato sparo di una pistola che si ciedeva vuota, rimase ferito mortalmente, per cui ne è morto, il nominato Francesco Morgavi di Giuseppe al servizio dello stesso marchese in qualità di portantino; considerando che questo incidente, oltre all’avere addolorato esso signor marchese comparente, che non poteva lagnarsi in verun modo di quel giovine il quale gli prestava un esatto servizio, ha cagionato un sommo disgusto e cordoglio a Giuseppe Morgavi del fu Francesco, padre del detto defunto, nativo di Parodi, abitante a Voltaggio ove tiene in conduzione una masseria di proprietà di esso signor marchese comparente denominata la Costa.....; volendo perciò, per quanto è in lui, raddolcire a quest’ultimo il dispiacere che l’occorsa disgrazia gli ha cagionata.........»: donava al su mentovato Giuseppe Morgavi due masserie, una detta la Costa (quella stessa che il donatario teneva in conduzione), e l’altra detta Greppim, situate entrambe nel comune di Voltaggio. Di più, il De Ferrari, * sapendo che dette masserie abbisognavano di qualche riparazione e considerando che detto suo donatario non essendo in grado di supplire, non potrebbe profittare intieramente del loro reddito », pagava al Morgavi, sempre a titolo di donazione, la somma di lire duemilacinquecento nuove di Piemonte perchè se ne valesse all’uso su indicato. Inoltre lo stesso marchese De Ferrari « all’oggetto di migliorare vie maggiormente lo stato e la condizione del piedetto Giuseppe Morgavi, e per mero atto di generosità ed a titolo sempre di mera pura ed irrevocabile donazione fra vivi », assegnava ad esso Morgavi « un’annua prestazione vitalizia di lire mille da corrispondersegli vita naturale durante del medesimo Morgavi ', e da pagargli a di lui maggior comodo in Voltaggio per mezzo dell’agente del prefato marchese « in lire cinquecento di sei in sei mesi ed in fine di ogni semestre a contare dal giorno 7 novem re 1828 ». Secondo una delle clausole dell’atto, il donatario Morgavi * dopo il di lui decesso dovrà trasmettere dette due masserie e loro scorte nello stato in cui saranno a quelli fra i suoi figliuoli ai quali a forma delle leggi vigenti sarebbe devoluta la sua eredita ab intestato ». Ma con altro atto dell’ll dicembre 1828 il march. De Ferrari, « siccome per detta clausola obbligatoria di trasmissione si potrebbe forse infirmare la medesima donazione, e potrebbe divenire meno valida », così, « desiderando che la donazione debba sortire il suo effetto nella miglior forma possibile », dispensava e liberava il donatario dalPobbligo della trasmissione delle due masserie ai di lui eredi e successori, e dichiarava d’intendere che esse masserie « restino in piena ed assoluta proprietà del medesimo Giuseppe Morgavi onde fin d’ora possa e voglia disporne come di cosa lui appartenente in pieno possesso e dominio ». Il valore delle due masserie, « onde regolare i diritti d’insinuazione », veniva nel primo atto dichiarato « in lire diecimila nuove quanto all’immobile ed in lire mille nuove quanto al mobile e prodotti compresi in detta donazione ». Per dimostrar meglio l’inconsistenza e la volubilità delle dicerie suscitate dalla uccisione di Francesco Morgavi, dirò in ultimo che, mentre in Genova si attribuiva il fatto alla gelosia del marchese Raffaele De Ferrari, in Voltaggio per contro correva voce che esso marchese avesse ucciso il Morgavi, essendosi accorto che questi lo sorvegliava per incarico della marchesa, gelosa del marito (Carte Staglieno). Relazione 129 Ferrali. Sembra che tale archivio, almeno in un primo tempo, non andasse immune, forse per incuria di custodi ignoranti o malevoli, da sottrazioni e manomissioni; poiché ricordo che il prof. Achille Neri, in una conversazione di stona riguardante Pietro Paolo Celesia, noto diplomatico genovese del secolo XVIII, fatta nella sede della Società Ligure di Storia Patria lasera del 9 febbraio 1911 e della quale io stesso diedi un breve tesoconto nel fase. I del voi. XLVI dei nostri Atti (pp. LXVIII-LXX), si giovò, secondo egli ebbe a dichiarare, di carte provenienti da esso archivio « salvate per singolare ventura dal macero ». Comunque sia, l’archivio suddetto alla morte del suo legittimo proprietario trovavasi, o integro o menomato, ermeticamente chiuso ed al riparo da ogni sguardo indagatore. La divisione dell'asse patrimoniale del march. Filippo, sia per lo stato di guerra in cui dibattevasi l’Europa alla costui moite, sia per la difficoltà di mettere d’accordo gli eredi dispersi qua e là nel continente, andò molto per le lunghe e non è neppur oggi proprio del tutto conclusa. Soltanto nel 1920 si cominciò a pensare alla eventualità, anzi si ebbe timore, che quello archivio venisse tolto a Genova e, peggio ancoia, trasportato fuori d’Italia e sottratto irrimediabilmente alle ricerche dei cultori di storia; del qual timore io medesimo mi feci eco in seno al Consiglio direttivo della nostra Società nella sua riunione del 29 aprile 1920, come appare manifesto dal seguente brano del processo verbale di essa seduta da me dettato in tale occasione. « .... Da ultimo lo stesso segretario richiama l’attenzione del Consiglio soprala convenienza o meglio necessità, che gli archivi privati delle nobili famiglie dei Brignole Sale e dei De Ferrari, i quali, dopo la morte avvenuta recentemente del march. Filippo De Ferrari, rischiano di passare all estero, rimangano invece a Genova e siano resi accessibili alle indagini degli studiosi per tutto quanto possano contenere di carte aventi interesse storico. Egli vorrebbe, se fosse possibile, che essi venissero concessi dagli eredi di detto marchese in dono o almeno in deposito alla nostra Società Dichiara di aver già tenuto parola di ciò col consocio avv. Luigi Peirano, che sostituì il compianto padre suo, comm. avv. Andrea, nell’ufficio" di rappresentante e curatore degli interessi che aveva in Genova il marchese Filippo, e chiede ora di essere formalmente autorizzato a trattare a nome della Società collo stesso consocio per la eventuale cessione dei suddetti archivi. Il Consiglio, dopo una breve discussione alla quale partecipa principalmente il cav. Volpicella, accorda ben volentieri al segretario la richiesta autorizzazione. ». 130 Società Ligure di Storia Patria Per allora non se ne fece nulla, e per gli anni seguenti nulla tampoco io seppi circa la destinazione dell’archivio, aH’infuori di alcune voci che accennavano a trattative intavolate a tal fine fra il Municipio di Genova e gli eredi del march. Filippo. Soltanto in questi giorni, dovendo io nella presente relazione far parola dell’interesse dimostrato dalla nostra Società per la permanenza e la conservazione in Genova nonché per 1 uso dell anzidetto archivio, ho voluto chiedere informazioni sullo stato della pratica, oltre che sulla consistenza di esso archivio, a persone in grado di fornirmele in modo sicuro; ed ecco quel che da varie fonti ho desunto e che merita di essere portato a conoscenza dei soci e degli studiosi di storia. L’archivio Brignole Sale-De Ferrari contiene le infrascritte categorie di documenti. 1° Registri, manuali e filze della gestione commerciale e specialmente bancaria dei&Brignole Sale e dei loro soci e corrispondenti (Pallavicino, Centurione, Lomellini, ecc.) dal secolo XVI al secolo XV11I. 2° Carte politiche e diplomatiche (note, appunti, relazioni, ecc.) di Anton Brignole Sale, molte già di dominio pubblico specialmente quelle concernenti il Congresso di Vienna; con parte della corrispondenza di lui e di altri. 3° Carte personali della duchessa di Galliera, fra le quali numerose lettere indirizzatele da uomini politici e letterati francesi dal tempo di Luigi Filippo fino oltre il 1870. 4° Cimelj, sigilli, diplomi, pergamene onorifiche, ecc. (molte i queste cose furono asportate dagli eredi a titolo di ricordo). 5° Carte riguardanti le proprietà e le aziende domestiche dei Brigno e Sale e dei De Ferrari. 6° Alcune centinaia di libri varj, non che riviste, giornali, ecc-Per comune accordo degli eredi De Ferrari Galliera l’archivio venne offerto in dono al Municipio di Genova, previa selezione delle scritture di interesse privato, come quelle attinenti a proprietà fondiarie, titoli di possesso, ecc., e col patto di non concedere in esame le carte di qualsiasi specie in esso contenute. Questo divieto, fatto senza limitazione di tempo, dovrebbe o vorrebbe significare che l’archivio è chiuso e negato in perpetuo ad ogni ricerca e studio di cultori di storia; ma siccome ciò sarebbe assurdo e renderebbe frustraneo o inutile il dono e porrebbe il donatario nella logica necessità di rifiutarlo per sottrarsi al carico ed alla spesa di custodire cose destinate esclusivamente ai ragnateli e alle tarme, così bisogna ritenere che esso divieto s’intenda soltanto subordinato ad una cèrnita che i sapienti Relazione dell Ufficio civico di belle arti e storia faranno quando che sia delle carte sceverare dalla mat™”3 qmn'° SUPP°ng°' " principale S“P° di he e tera I cni T ,1'"aSC°ndere agli SgUardi dei fal- che lettera m cu, s. accennerebbe ad infedeltà coniugali di signore genovesi trapassate nel regno dei più da oltre cinquantanni; lettere che potrebbero offendere le patrie suscettibilità di tardi nepoti. Segreti di Stato in quelle carte non ve ne possono essere, e se anche ve ne fossero (per esempio in missive eventualmente scambiatesi fra Carlo Alberto e Anton Brignole Sa" durante ,1 periodo dal ,836 al ,848 nel quale quest'ultimo fu ambasciatore sardo a Parigi) essi avrebbero perduta ogni segretezza da quando il Governo italiano rese ostensibili agli studiosi i documenti dei R. Archivi di Stato prima tao al1,848 e recentemente fino al 1870. Che poi il timore, non so quanto fonato, di offuscare la memoria di alcune femmine vissute nella prima metà del secolo scorso, col rendere palese la loro disonesta condotta, debba vietare ai ricercatori d, notizie storiche l'esame di carte che possono gettare sprazzi di luce sulla stona d, Genova, è cosa, oltre che irragionevole, anche ridicola Perche, se quelle credute gentildonne hanno esercitato, per poco o per molto direttamente o indirettamente, un'azione sulle cose pubbliche, non è giusto che nel ricordo dei posteri vadano esenti dal biasimo che può lor derivare dalla conoscenza delia loro immoralità, massime quando essa conoscenza port, elementi non trascurabili per la storiografia dei tempi in cui vissero se po, esse non hanno avuto nè parte nè peso negli avvenimenti che interessano allo stanco quest, non ha ragione di occuparsene: ad ogni modo ne uno 0 nell altro caso, ogni cosa è sottoposta alla discrezione e al tatto dello scrittore che s, serve dei documenti esaminati. Sebbene diversamente ceda, e spesso, per uno scrittore, più grande il ritegno o il timore di recare dispiacere o ingiuria ai discendenti di persone altolocate o illustri raccontando le costoro debolezze o colpe o impudicizie, anziché il compia cimento di aver trovato e di rendere per la prima volta pubblici i documenti di siffatte manchevolezze. Del resto, nel nostro caso, sì tratta, se le mie ipotesi hanno qualche fondamento, di mancanze femminili comuni a tutti i tempi ed a tutti i luoghi, verso le quali le umane generazioni sono abituate da epoca immemorabile ad usare tutta la loro indulgenza. Dirò ancora che il timore che vengano ad essere manifesti pochi fatti episodici non onorevoli, riguardanti pochissime persone, non deve impedire la cognizione di tanti e ben più importanti fatti onorevolissimi per la memoria di molte altre persone Penso pertanto che i sullodati sapienti non vorranno, trincerandosi in un assurdo divieto, precludere l’accesso degli studiosi ad uno dei rari archivi familiari ancora esistenti in Genova, che si ha ragion di ritenere ricco di memorie del passato ; dopo, s'intende, averlo convenientemente rior-dinato (1). Un principio di esecuzione della raccolta di toponomastica Ligure.. - Ho già accennato alla proposta per una raccolta di toponomastica ligure presentata dal socio avv. Ludovico Giordano e presa in considerazione, prima dal Consiglio direttivo nella sua seduta del 16 aprile 191le: pò, dall'Assemblea generale del 28 aprile dello stesso anno. Cosi il Consiglio come l'Assemblea ne avevano rimandato l'esame a guerra finita. In attesa di tempi propizi il Giordano erasi frattanto studiato di perorare e di diffondere quel suo progetto, e nella primavera del 1920 lo r'Pre*e'1,a™ col favore di alcuni altri soci. La Presidenza ne rimetteva senz altro all'Assemblea generale del 23 maggio 1920 la discussione, la qua e si svolse nei modo da me sommariamente narrato nel seguente tratto del processo verbale di essa Assemblea, che qui riporto. « ... Per invito del Presidente, il Segretario espone una proposta inviata ultimamente alla Società dal consocio prof. avv. Ludovico circa la costituzione di comitati locali intesi a rendere effettiva sotto direzione della stessa Società e con criteri da determinarsi, quella racco di voci toponomastiche, altra volta caldeggiata dal Giordano, ed alla quale l’Assemblea diede il proprio consenso, rimettendone però esecuzio la fine della guerra. Colla raccolta toponomastica cotesti comi a 1 potrebbero fare anche la revisione delle traccie della via romana altro progetto favorito e sostenuto dal Giordano e già acco o dalla Società. 11 socio avv. Balbi ritiene che, essendo già stata in una cedente seduta dell’Assemblea la proposta del Giordano stimata egn (1) Potrebbe, anzi dovrebbe agevolare l’ordinament^de,l’^ÌVÌl^"?"";ÌaSfbuon Ferrari il catalogo delle carte di una parte di esso archivio già con 0 0 > 0aetan0 Isola punto, per incarico, credo, della duchessa di Galliera, dal prof. Ippolito Gaetano (1830-1905) figlio del noto pittore Giuseppe. f .„,lV natrizie È deplorevole l’avvenuta dispersione degli archivi privato di mo g genovesi; ma è ancora più deplorevole, per rispetto alla civiltà dei nostri ^mP’mettere a riluttanza che s’incontra in Genova presso persone cospicue e au or’ dJ una conoscenza degli studiosi quel che rimane dei detti archivi. La qua e ri , famig|je singolare angustia di mente, fa contrasto con la larghezza usa a a p ]Qr0 nobili toscane nel donare o nell’offrire in deposito per benefizio degli studj sto . antiche carte agli Archivi di Stato ed alle pubbliche bibliotec e 1 ir„nP recenti Vedasi ciò ch’io stesso ho a tal proposito riferito nella memoria Sopra ale pubblicazioni estere riguardanti il commercio di Genova nel medio evo, in , pp. 364-365. Relazione 133 accoglimento, non rimanga ora che da nominare una commissione di persone atte a dai le esecuzione; nomina che potrebbe essere senz’altro fatta dal Presidente. Anche il socio ing. Massone crede che la Società debba tentare oramai di dai e principio ad una raccolta di toponomastica ligure, della quale mette in rilievo i vantaggi, non pure nel campo della storia, ma altresì in quello della scienza dei linguaggi; e pensa che a ciò potrebbero efficacemente concorrere tutti coloro, soci e non soci, che hanno la consuetudine delle escursioni in montagna, come i membri del Club Alpino, purché la Società fornisse loro delle norme generali e ben determinate ed acconcie a dare unità d indirizzo al lavoro. Il socio avv. Marengo desidererebbe che le indicazioni toponomastiche venissero sempre documentate, contro il pericolo di accettare per vere voci errate e qualche volta fantastiche. I notari antichi, egli soggiunge, sono molto precisi e meritano in ciò assai più fede delle persone, spesso incolte, alle quali possono rivolgersi nelle loro escursioni i ricercatori di voci toponomastiche. Osserva però il Massone, rispondendo al Marengo, che i documenti sono pericolosi, perchè recano spesso denominazioni deformate, ovvero tradotte in lingua letteraria; mentre il valore storico e linguistico dei nomi delle località dipende essenzialmente dalla forma genuina e dialettale di essi. Cita in proposito alcuni esempi di simili deformazioni. Crede tuttavia che le due ricerche, quella direttamente fatta sui luoghi e fondata sulla viva voce dei loro abitanti, e quella d’archivio, possano andare di conserva ed integrarsi o illuminarsi a vicenda. Ciò dipenderà anche dalle norme che verranno osservate. Il presidente prof. Issel è egli pure d’avviso che le due ricerche sono atte ad essere associate con utilità del risultato finale. Accetta l’incarico della nomina della commissione proposta, e comunicherà nella prossima seduta i nomi delle persone prescelte a farne parte ». Infatti nell’adunanza dell’Assemblea generale straordinaria del 30 giugno 1920 il vice presidente prof. Issel ragguagliava i presenti che, in osservanza dell’incarico ricevuto, egli aveva composto la Commissione per la raccolta della toponomastica ligure chiamandovi i soci: dott. Luigi Volpicella coll’ufficio di presidente della medesima Commissione, prof. Giovanni Campora, avv. Ludovico Giordano, avv. Emilio Marengo, ing. Riccardo Massone, prof! Mattia Moresco ed avv. Giuseppe Morgavi quali altri membri. Avvertiva che a costoro il Consiglio direttivo potrebbe aggiungerne altri se e quando se ne presentasse l’opportunità. La Commissione si mise subito all’opera, e la condusse attivamente innanzi, massime per l’illuminato ed entusiastico zelo dell’avv. prof. Ludovico Giordano. Stabilì prima di tutto i criteri, le modalità, gli agenti per 134 Società Ligure di Storia Patria l’esecuzione del lavoro di raccolta. Si rivolse poi, non soltanto a studiosi noti per la loro competenza in materia, ma anche a molte altre persone della regione ligure, specialmente della Riviera occidentale, in grado di fornire, per il loro ufficio, notizie toponomastiche sicure, come parroci, segretari comunali, notari, ecc. Provvide, per tale scopo, a fare stampare parecchie centinaia di copie di un modulo da riempire, diviso in cinque colonne destinate a contenere: la prima le voci toponomastiche riguai danti monti, valli, poderi, borgate, vie, corsi d’acqua, ecc., espresse nella forma dialettale ed anche in forma italiana, se questa esisteva; la seconda il nome del Comune o della frazione del Comune in cui si trovavano le località considerate; la terza i caratteri di esse località, se piane o coltive o brulle 0 apriche o deserte o abitate ecc., e, occorrendo, la forma, la figura, gli effetti visivi delle medesime; la quarta le illustrazioni accennanti se alle singole voci si accompagnavano spiegazioni volgari, leggende o ricordi, ovvero spiegazioni di scrittori o di particolari indagatori; la quinta le voci non più esistenti, ma desunte da libri o scritture, con le relative indicazioni. Per deliberazione presa dal Consiglio direttivo nella sua adunanza del 18 dicembre 1920 veniva aggregato alla suddetta Commissione il socio march, dott. Gian Carlo Doria, anche per supplire all’assenza dell’avvocato Giordano che aveva dovuto poco prima, per necessità di circostanze, allontanarsi da Genova ed interrompere l’assiduo lavoro ch’egli concedeva alla raccolta toponomastica. 11 Doria assunse l’ufficio di segretario della stessa Commissione, e si adoperò alacremente, per mezzo eziandio di amici e conoscenti, a collocare presso persone idonee un buon numero di moduli preparati a ricevere le.voci e le indicazioni toponomastiche, sollecitò talora 1 tardi ed incitò i ricalcitranti a rispondere; ma, nonostante tutta la sua buona volontà, dopo più di un anno, egli riferiva all’Assemblea del 14 gennaio 1922, come « pur troppo pochi avevano fino ad allora risposto all’appello della Società e rimandati riempiti gli appositi moduli da essa dispensati ». L’opera per la raccolta toponomastica durò ancora qualche tempo, e finì coll’estinguersi per mancanza di nutrimento. È da sperare che essa possa quando che sia esser ripresa e condotta innanzi con frutti più abbondanti di quelli già raccolti; per modo da mettere insieme un ricco repertorio di voci e di notizie toponomastiche, che offra ad un illustratore competente la materia per un grosso e proficuo volume dei nostri Atti (1). (1) Circa la revisione delle traccie della via romana, proposta dall’avv. Giordano secondo risulta dal su riportato brano di verbale, può vedersi ciò che il medesimo Giordano ne scriveva prima d’allora in un suo articolo sotto il titolo Per una designazione lapidaria dei frammenti della via Aurelia, in Gazzetta di Genova, anno LXXXV, n. 6, 30 giugno 1917, p. 7. Relazione 135 Società Ligustica di Scienze e Lettere. - Nella seduta di Consiglio del 30 dicembre 1920 .1 vicepresidente dott. Luigi Volpicella, che presiedeva invece del vicepresidente anziano prof. Arturo Issel assente per motivi di salute, comunicava ai consiglieri intervenuti la lettera seguente insieme con lo statuto di cui è menzione in essa lettera. « Genova, 17 dicembre 1920. « lll.mo Signore, « La Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche, che da un trentennio si adopera non senza frutto ad agevolare la ricerca scientifica nel campo sperimentale ed a divulgarne i risultati, incoraggiata dal favore che non le è mai mancato da parte degli studiosi italiani e stranieri, ha deliberato di ampliare il proprio campo di azione, trasformandosi in un Istituto inteso a riunire sotto un’unica bandiera tutti gli studiosi residenti in Liguria A tal fine essa, giovandosi del consiglio di studiosi di varia cultura, ha redatto uno Statuto rispecchiante il programma che intende di svolgere ed i mezzi che essa ha in animo di adoperare, Statuto di cui un esemplare è allegato alla presente lettera. « Ora una delle più gravi e difficili questioni che si è affacciata a coloro che volsero la mente alla suindicata metamorfosi della Società Ligustica, sta nel modo di costituire il novello ente culturale per modo da offrire tutte le garanzie di serietà che ragionevolmente si esige da parte di una corporazione che aspira ad esercitare in questa regione d’Italia una funzione analoga a quella che da decenni con tanto onore disimpegnano le maggiori Accademie di cui va giustamente orgogliosa la Patria nostra. Dopo lungo studio parve che il raggiungimento di siffatto intento potesse venire conseguito affidando la scelta delle persone con cui comporre la progettata Società Ligustica di Scienze e Lettere ad un collegio i cui membri fossero eletti, in parte dal sodalizio promotore ed in parte da altri congeneri che, per l’indiscusso valore dei loro membri, meritamente godono di grande autorità. E poiché fra questi si trova la Società di cui Ia S. V. è degno Presidente, così io ho 1 onore di rivolgerLe la preghiera di volere designare, con cortese sollecitudine, la persona che Ella reputa meglio indicata per l’importante e delicato ufficio che noi vorremmo ad essa affidato. « Nella certezza che la S. V. III.ma, misurando a dovere la somma importanza che presenta l’effettuazione del nostro disegno, in un’epoca in 136 Società Ligure di Storia Patria cui urge opporsi con ogni energia al trionfo della malaugurata tendenza svalutatrice dell’opera dei pensatori, vorrà concederci l’aiuto che Le chiediamo nel non facile compito che ci siamo proposti, La ringraziamo anticipatamente, mentre Le presentiamo l’espressione del nostro profondo ossequio. « LA PRESIDENZA Firmati: « Dott. Giuseppe Dufour « Prof. Gino Loria « Prof. Paolo Peola ». « lll.mo Signor Presidente « della spettabile « Società Ligure di Storia Patria « GENOVA ». Lo statuto conteneva 26 articoli dei quali il primo dichiarava che la Società Ligustica di Scienze e Lettere veniva costituita « sotto gli auspici della Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche e per riprendere le tradizioni che collegano l’istituto Nazionale Ligure, creato nel 1797, all’Accademia delle Scienze, Lettere ed Arti cessata nel 1814 »; il secondo stabiliva che la nuova Società componevasi di due classi, « l’una per le scienze naturali, matematiche e mediche, l’altra per le lettere e per le scienze morali e storiche »; il terzo determinava che i soci di ciascuna classe si distinguevano in benemeriti, onorari, effettivi, corrispondenti, e che « i soci effettivi e i corrispondenti residenti in Liguria erano tenuti al pagamento di una quota annua di lire venticinque secondo le norme del Regolamento o di una somma di lire cinquecento in una sola volta ». Dei rimanenti articoli mi basta riferire il quarto ed il quinto per la migliore intelligenza di quanto dirò in appresso. Art. 4. — « Il numero dei soci effettivi è di trenta per ciascuna delle classi. Essi saranno scelti per la prima volta da una commissione composta. a) del Rettore delFUniversità di Genova, che ne avrà la Presidenza; b) del Presidente e di un altro rappresentante della Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche da essa designato; c) di un rappresentante della R. Accademia di medicina di Genova; d) di un rappresentante della Società Ligure di Storia Patria; e) di due membri scelti dalla R. Accademia dei Lincei fra i suoi soci e corrispondenti nazionali. Tutti i membri di questa commissione sono di diritto soci effettivi. Ai soci effettivi, che saranno eletti dalla commissione predetta, si aggiungono tutti gli altri attuali soci Relazione 137 della Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche, con facoltà di scegliere la classe a cui intendono essere ascritti. Art. 5. « Rimanendo vacante un posto di socio effettivo, la classe, cui esso compete, provvede a una nuova nomina con la seguente procedura. In una seduta privata vengono dal Presidente comunicati i nomi dei candidati, ognuno dei quali deve essere presentato da almeno due soci effettivi, e ne vengono esaminati i titoli. Nella successiva seduta privata la stessa classe procede alla votazione per schede segrete: risulta eletto il candidato che raccoglie almeno i voti di due terzi dei soci effettivi della classe. Se nessun candidato raggiunge questo numero di suffragi, la votazione si rimanda ad altra adunanza, da tenersi non prima di tre mesi. Transitoriamente, fino a che i soci effettivi di ciascuna classe non siano ridotti al numero di 30, la scelta per cooptazione in -seno ad ogni classe avrà luogo soltanto per un posto ogni tre vacanze ». La singolare lettera su riportata ed il più singolare statuto che l’accompagnava, diedero al Consiglio materia di non poche osservazioni. Saltava intanto subito agli occhi il contrasto fra il modo della nomina dei primi soci del nuovo Istituto, lasciata alla iniziativa ed alla scelta di un’autorevole commissione espressamente a ciò designata, e l’imposizione a lor fatta del pagamento di una quota annua di L. 25. Perchè, o la nomina veniva spontaneamente elargita a titolo onorifico ed in riconoscimento di speciali meriti del nominato, ed allora il carico del pagamento annuale, addossato a costui per cosa non richiesta e forse nemmeno ambita, le toglieva efficacia morale e ne rendeva problematica l’accettazione; ovvero, peggio ancora, la nomina era fatta col principale scopo d’incassare le 25 lire annue, ed allora queste potevano apparire come il prezzo di quel qualsiasi onore che s’intendeva di concedere con essa nomina, il che bastava per svalutarla e per offrire al nominato un plausibile motivo di rifiutarla. Insomnia, codesta associazione di una nomina a carattere onorifico con un corrispondente obbligo di un’annua tassa, sembrava far capitale più sulla vanità dei nominandi che sullo intrinseco merito del nascente istituto. Appariva manifesto che i promotori di questo si preoccupavano principalmente di fornire allo stesso Istituto i mezzi pecuniari di esistenza, che gli facevano difetto. Anzi, a quel che poi intesi dal prof. Issel, la prima idea della nuova istituzione era stata suggerita dalle depresse condizioni nelle quali languiva da più anni la Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche, e dal desiderio di rafforzare e di rinsanguare essa Società coll’accre-scerla mediante l’aggiunta di una sezione letteraria, e trasformarla in tal 138 Società Ligure di Storia Patria guisa in una Società del tipo delle Accademie d’origine storica tuttora esistenti in Italia. Dimostravasi questo però un modo ben specioso di provvedere ad uno stato di cose derivante essenzialmente da un difetto, che direi costituzionale, dell’ambiente genovese povero di attività e di interessi culturali e inadatto per virtù propria a mantenere vivo e ardente un qualsiasi focolare di studj speculativi. Se penuriavano gli elementi e gli alimenti per una vita rigogliosa della su ricordata Società, la cui opera ristringevasi alle indagini delle scienze naturali e geografiche, era logicamente da riflettere che una maggior consimile penuria avrebbe risentita la nuova Società ingrandita con gli studj delle scienze matematiche e mediche e con quelli delle lettere e delle scienze morali e storiche. Occorreva anche pensare che in Genova sussistono da molti anni una Società Ligure di Storia Patria, un’Accademia di medicina, un’Accademia Ligustica di Belle Arti, una Società di letture e conversazioni scientifiche, senza parlare della sezione ligure della R. Deputazione sovra gli studj di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, del Comitato ligure della Società nazionale per la Storia del Risorgimento e di altri centri di studj; e che pertanto, data la scarsa estensione ed operosità, come già dissi, dello ambiente culturale genovese, non v’era affatto il bisogno di nuovi organi per la investigazione delle discipline abbracciate da siffatte istituzioni; se pure agli ideatori della rinnovata Ligustica non arridesse il disegno imperialista di riunire e di fondere in questa tutte le predette associazioni, il che equivarrebbe a soffocare ed a spegnere le poche officine di lavoro intellettuale esistenti nella nostra città. La nomina a titolo onorifico, sia da principio per mezzo di una commissione sia in seguito per mezzo della votazione a schede segrete fatta nel seno delle due classi costituenti la Società, acquistava tanto maggior pregio quanto minore era il numero degli eletti. La qual riflessione consigliò agli ordinatori del nuovo sodalizio di attenersi al sistema delle accademie i cui componenti sono in numero fisso, cioè non variabile e non illimitato, riducendo il numero dei soci effettivi a sessanta, ossia trenta per ciascuna delle due classi; ed in ciò seguirono, come cosa di buon augurio, parecchi illustri esempi. L’Accademia Silenziosa di Amadan in Persia, di cui discorre l’abate Blanchet (1), componevasi di cento membri, nè più nè meno, ai quali era prescritto di pensare molto, scrivere poco e parlare il (1) Ved. L’abbé Blanchet (1707-1784), Apologues orientaux (L’Académie silencieuse ou les emblèmes); in Cours de Littérature française, Choix de morceaux en prose et en vers extraits des principaux écrivains français par Charles André, Lausanne, 1858, pp. 92-94. Relazione 139 meno possibile; l’Académie Française, appellata degli immortali, comprende quaranta accademici; ed altrettanti ne annovera la Società Italiana delle scienze, detta appunto dei quaranta, fondata da Anton Maria Lorgna nel 1782. Ma la novella Società Ligustica, riducendo a sessanta il numero dei suoi membri effettivi, che è come dire paganti, veniva in pari tempo a ridurre l’annuale complessivo contributo finanziario di costoro a lire 1500: somma, non pure eccessivamente modesta, ma addirittura insufficiente ai bisogni di un’Accademia che si proponeva « di riunire tutti gli studiosi residenti in Liguria ». È vero che alle millecinquecento lire dei soci effettivi sono da aggiungere non so quante altre lire dei soci corrispondenti stanziati nelle liguri provincie, nonché i contributi « liberalmente conferiti da persone fisiche e giuridiche »; è vero altresì che il nuovo istituto (e qui mi riferisco al suo stato presente), come l’Accademia di Platone che vagava nei giardini di Academo, non ha sede stabile e si riunisce ora in una ora in altra delle aule universitarie, e quindi non paga pigione; ma ciò nonostante, i proventi annui ordinari, che costituiscono il nerbo delle finanze di esso Istituto, rimangono pur sempre di troppo inferiori alle esigenze di una vita accademica operosa e non infeconda. Cosicché, se l’aver voluto far cadere dall’alto la nomina di socio dell’ampliata Ligustica come un premio ai più valenti studiosi della nostra regione, ha avuto di mira l’incremento delle entrate sociali, bisogna riconoscere che l’effetto è mancato ovvero è destinato a mancare e ad essere tutto il contrario di quello pronosticato. Sembra che gli ordinatori di un tal procedimento abbiano avuto, seguendo l’andazzo dei tempi, una gran paura della libertà: parlo della libertà d’ingresso al nuovo istituto, cioè della libertà che tutti ne potessero diventare soci a proprio talento (salvo, s’intende, motivi d’indegnità morale). Soltanto lasciando aperte le porte dell’associazione, questa, o ampliata o conservata così com’era agli studj delle scienze naturali e geografiche, poteva sperare di accrescere in modo notevole ed efficace la somma dei proventi sociali aumentando il numero dei suoi gregari. Molti, anzi i più dei nuovi venuti sarebbero stati piuttosto dilettanti che scienziati ed alcuni anche estranei al mondo della cultura, ma ciò non avrebbe recato nessun pregiudizio alla società. Poiché, secondo è risaputo, tutti gli istituti scientifici o culturali, e precipuamente quelli che non scelgono i loro membri, sono formati di due gruppi di soci: uno, piccolo, ristretto talora a pochissime persone, dirige maneggia ordina prepara il lavoro sociale, scegliendone ed ove occorra raccogliendone gli elementi nel grembo e fuori del grembo del sodalizio col ricercare, incitare, consigliare gli studiosi che sono in grado di produrre; l’altro gruppo, di gran lunga il più numeroso, si 140 Società Ligure di Storia Patria contenta di ricevere ed approvare ciò che fa il primo gruppo, e se si tratta di una società a pagamento, come nel nostro caso, ognuno dei componenti di esso ritiene di aver compiuto il proprio dovere quando ha versato la quota sociale. Siffatto contributo in danaro non è meno necessario del contributo intellettuale e scientifico: questo apparecchia il lavoro, quello somministra i mezzi per portare a cognizione dei soci e degli studiosi e di diffondere ovunque colle pubblicazioni sociali i risultati di esso lavoro. Ora soltanto le società a libera entrata ed a numero illimitato di soci sono in grado, con un’opportuna propaganda e colla dimostrazione tangibile dell’opera loro mediante i volumi da esse pubblicati, distribuiti e diffusi, di accrescere il numero dei soci pagatori e quindi la somma delle contribuzioni pecuniarie. Gli istituti che scelgono i loro membri, e danno alla scelta un carattere onorifico, compiono, oltre l’opera scientifica e culturale propria di tutte le associazioni di studj, anche un ufficio di portata morale, che ha la sua importanza nel campo sociale; ma devono possedere una riconosciuta autorità e tutti gli strumenti ed i mezzi atti ad esercitare in guisa efficace e fruttifera codesto ufficio, e principalmente i mezzi finanziari. I quali non possono essere forniti se non che dallo Stato ovvero da mecenati, siano questi persone o corpi morali: e soltanto nell’uno o nell’altro di tali modi, o col concorso di tutti e due, sono sorti e cresciuti nei secoli i grandi Istituti o Accademie che nei paesi civili hanno facoltà e possanza di dare alle loro nomine un’impronta veramente degna ed apportatrice di encomio e di lustro. A queste considerazioni riguardanti in generale la questione venuta dinanzi al Consiglio direttivo con la lettera e lo statuto su riportati, altre se ne aggiungevano che si riferivano in particolare al modo del congiungimento o incorporamento della vecchia Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche con la nuova Società Ligustica di Scienze e Lettere. Il qual modo creava una prima sostanziale disuguaglianza fra i vecchi ed i nuovi soci: questi venivano scelti da una speciale Commissione, previo esame dei loro titoli scientifici e col proposito di conferire alla nomina un significato di lustro e di onore; quelli invece si trovavano a far parte del novello istituto, non per via di selezione nè per meriti riconosciuti, ma semplicemente per il fatto della loro appartenenza all’antica Ligustica nel cui seno erano entrati liberamente. Così, accanto a soci di nome insigne venivano a collocarsi nello stesso piano soci vergini di requisiti scientifici ovvero illustri ignoti, alla pari con i professori figuravano gli scolari: cosa regolarissima ed utilissima nelle società a libera entrata, per contro irrazionale ed ingiusta nelle società che scelgono i loro componenti. Ma c’era un altro maiuscolo difetto Relazione 141 legato al peccato d’origine del nuovo Istituto, cioè la disparità che intercedeva fra la classe delle scienze e la classe delle lettere: la prima numerosa e relativamente attiva, la seconda sparuta così di numero come di operosità. Il che dava argomento ad un nostro faceto consocio di rassomigliare esso Istituto ad un tronco con due gambe diseguali: una lunga lunga, l’altra corta corta. Un corpo cosiffatto nasceva dunque storpio e sciancato (1). Dopo tutto quanto ho detto, s’intende che non vi fosse nel nostro Consiglio direttivo una schietta disposizione di favore verso il nascente sodalizio; ad ogni modo, per un degno riguardo alle onorande persone che avevano firmata la lettera su trascritta, ed inoltre perchè ogni tentativo mirante all’incremento degli studj speculativi, anche se fatto con mezzi inadeguati e criticabili, merita incoraggiamento, lo stesso Consiglio deliberava di accettare l’invito della Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche e designava il consigliere prof- Alessandro Lattes (assente dalla seduta) a rappresentante della Società Ligure di Storia Patria nella divisata Commissione, e, qualora egli avesse declinato l’incarico, stabiliva in anticipazione di offrirlo al consocio prof. Mattia Moresco. Ma tanto il Lattes quanto il Moresco, entrambi allegando le loro molteplici occupazioni, rinunziarono al detto incarico; in conseguenza delle quali rinunzie il prof. Issel (che era stato frattanto come dirò eletto a presidente della nostra Società) esprimeva il (1) La sovraccennata disparità fra le due classi della nuova Società Ligustica sussiste ancora in tutta evidenza oggidì, dopo sette e più anni dalla costituzione di essa Società. Infatti, ecco, circa il numero dei soci, la composizione di ciascuna di dette classi nell’anno 1928. Classe di Scienze. Soci effettivi n. 60 Soci corrispondenti residenti » 18 Soci corrispondenti non residenti » 18 Totale n. 96 Classe di Lettere. Soci effettivi n. 29 Soci corrispondenti residenti » 18 Soci corrispondenti non residenti »7_ Totale n. 54 Circa poi l’attività scientifica e culturale manifestata o riflessa nelle memorie recate in luce dagli Atti della Società Ligustica di Scienze e Lettere, i quali si pubblicano in fascicoletti trimestrali formanti ogni anno un volume, posso dire che, esaminando i sette volumi finora pubblicati dalla medesima Società nel periodo 1922-1928, ho trovato che delle 140 memorie in essi contenute soltanto 24 si riferiscono alle cosidette scienze morali storiche e letterarie (Classe di Lettere), le altre 116 riguardano le scienze matematiche, fisiche, naturali e mediche (Classe di Scienze). 142 Società Ligure di Storia Patria pensiero, nella seduta consiliare del 17 gennaio 1921, che, prima di affidare il medesimo incarico ad altro socio, il Consiglio si assicurasse in via confidenziale che il designato fosse effettivamente disposto ad accettarlo. Il dott. Volpicella per altro, osservando che la rinnovata ricerca di un rappresentante, già di per sè non facile per ragioni già dette, protrarrebbe di soverchio la nomina senza renderla assolutamente sicura, proponeva che il richiesto ufficio venisse assunto dallo stesso prof. Issel; il quale, anche per le sue relazioni colla Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche di cui era stato presidente effettivo ed era allora presidente onorario, trovavasi nelle migliori condizioni per eseguirlo con autorità e buon successo. Il Consiglio aderiva pienamente alla proposta del Volpicella; ed il prof. Issel, che si era già più volte schermito dall’addossarsi quel peso, questa volta, dinanzi al premuroso unanime consenso dei colleghi, finì coll’accon-ciarvisi. Però la cosa non ebbe effettto; perchè PIssel, a cagione del suo precario stato di salute, fu costretto indi a poco a domandare e ad insistere per essere esonerato dal conferito incarico. Cosicché il Consiglio, nella seduta del 10 aprile 1921, prese la determinazione di assegnare esso incarico al vicepresidente anziano dott. Luigi Volpicella, che, dopo qualche riluttanza, acconsentì ad accettarlo. Il Volpicella assolvette con diligenza ed operosità il compito affidatogli; ed il suo concorso fu molto apprezzato specialmente nella compilazione dello statuto definitivo della nuova Ligustica, il quale riuscì assai più ampio di quello a carattere provvisorio che accompagnava la lettera della Società di Scienze naturali e geografiche in data 17 dicembre 1920 (1). (1) Mentre lo statuto provvisorio componevasi di 26 articoli, lo statuto definitivo, approvato con R. Decreto del 31 maggio 1928 in virtù del quale la Società Ligustica di Scienze e Lettere veniva eretta in ente morale, comprende 47 articoli. 11 nuovo statuto trovasi inserito negli Atti della stessa Società, voi. VII, anno 1928, pp. 323-335. Il Volpicella concedette anche la sua collaborazione ad essi Atti pubblicandovi uno studio intitolato: Pape Satan Aleppe, Nuovo commento al primo verso del canto VII dell’In-ferno nella Divina Commedia (Atti della Soc. Lig. di Scienze e Lettere, vol. I, fase. II, a. 1922; estratto di pp. 18). Illl'.llll'illllllll'.llll'llllllllli.llll.illlllllli.llll.llllllllll.llll.llllllllli.llllillllllllll,llll,llllllllh,Illi,llllllllh,Illi,llllllllli, Illi, illlllllli.lllMlllllllii.ini,Illllllln, llll, illlllllli.lllMIIII llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll PRESIDENZA DI ARTURO ISSEL Nell’adunanza del Consiglio direttivo tenuta d’urgenza il 2 marzo 1919, una mezz’ora prima che si riunisse l’Assemblea generale di cui ho dato un ampio resoconto a pagine 81-86 di questo volume, il vicepresidente prof. Issel, che dirigeva essa adunanza, informava i colleghi di aver ricevuto dalla Spezia una lettera del march. Cesare Imperiale colla quale questi rassegnava le proprie dimissioni da presidente della Società; e li esortava ad esprimere il loro avviso circa la convenienza o meno di dare comunicazione delle stesse dimissioni all’Assemblea che stava per aprirsi. Per sua opinione l’Issel riteneva che non fosse il caso di portare a conoscenza dell’Assemblea la determinazione dell’imperiale, in primo luogo perchè il Presidente, come tutti gli altri membri del Consiglio, era scaduto di carica, per disposizione dello statuto sociale, alla fine del 1918, e non poteva pertanto dare le dimissioni se non dopo le nuove elezioni qualora egli fosse stato rieletto; in secondo luogo perchè l’annunziare codeste dimissioni proprio allora in cui l’Assemblea veniva chiamata ad eleggere il nuovo Consiglio, avrebbe certamente prodotto un effetto sopra il risultato delle elezioni. Meglio dunque, a suo divisamento, tacere sulle intenzioni del march. Imperiale e lasciare che le elezioni si compissero senza alcuna prevenzione. Secondo il risultato di esse, l’imperiale avrebbe potuto poi governarsi circa l’insistere o no sulle dimissioni medesime. Il prof. Issel soggiungeva di aver partecipato per lettera queste sue idee al prefato marchese, senza riceverne risposta: era quindi da presumere che egli le avesse tacitamente approvate. Il Consiglio, dopo breve discussione, manifestavasi favorevole alle idee esposte dal prof. Issel, e deliberava di attenervisi. 144 Società Ligure di Storia Patria Le elezioni generali, avvenute meno di un’ora dopo nel seno del-l’Assemblea del 2 marzo 1919, diedero i risultati da me già riferiti a pagine 85-86. L’8 marzo 1919 riunivasi il Consiglio direttivo presieduto, nell’assenza del presidente Imperiale e dei vicepresidenti prof. Arturo Issel ed avv. Gaetano Poggi, dal consigliere anziano comm. Francesco Domenico Costa. Questi dava subito partecipazione di una lettera colla quale il prof. Issel pregava il Consiglio di voler prendere atto delle dimissioni da lui rassegnate al presidente march. Imperiale con altra lettera acclusa alla prima. Ma il Consiglio, pur dando il debito peso alle ragioni di età, di salute e di famiglia che avevano determinato esse dimissioni, riteneva nell’interesse della Società, e specialmente in quei momenti, che non fosse affatto conveniente di accettarle, e risolveva di far premure presso il detto professore perchè volesse ritirarle. Era pur dimissionario dall’ufficio della vicepresidenza l’avv. Gaetano Poggi, altro dei due vicepresidenti, il quale, nonostante la sua rielezione, aveva risolutamente persistito nella rinunzia da lui fatta fin dalla sua prima nomina al detto ufficio avvenuta per i suffragi deH’Assemblea del 31 dicembre 1916. L’esito delle elezioni del 2 marzo 1919 non era stato tale da acquietare le velleità rinunziatarie del march. Imperiale. Ond’è che questi, nella seduta consiliare del 7 aprile 1919 ch’egli potè presiedere durante una sua breve permanenza in Genova, considerando le condizioni della Società manifestatesi attraverso i dibattiti delle due ultime assemblee e risultate poi in seguito alle dimissioni dei due vicepresidenti — condizioni aggravate dall’assenza dello stesso Presidente, la quale, incominciata nell’estate del 1915 coll’arruolamento di lui in servizio volontario di guerra nella R. Marina, non era ancora cessata (infatti l’imperiale annunciava proprio allora di essere stato nuovamente trasferito in Adriatico) — domandava al Consiglio se non fosse il caso che egli pure desse le dimissioni da presidente, tanto più dopo le recenti elezioni che avevano reso evidente l’esistenza di una certa opposizione contro di lui. È vero — egli soggiungeva — che codesta circostanza, la quale avrebbe molto peso in un’assemblea politica, non poteva conseguire nel grembo della nostra Società che uno scarso effetto episodico, in ispecie quando si consideravano le cagioni che l’avevano provocata; tuttavia essa rappresentavasi pur sempre come un indice delle condizioni anormali in cui era venuto a trovarsi il Sodalizio per la continuata assenza del Presidente. Rispondeva al march. Imperiale il consigliere avv. Balbi notando che l’assenza del Presidente, non soltanto era pienamente giustificata dai moventi che l’avevano determinata, ma costituiva una ragione di soddisfa- Relazione 145 zione e di orgoglio così per lui come per la Società: la quale poteva andare, non che lieta, superba di essersi trovata in grado di dare durante la guerra per merito del proprio Presidente un onorevole contributo alla causa della patria. Le dimissioni dei due vicepresidenti erano un fatto transitorio alle conseguenze del quale potevasi ovviare nella prossima Assemblea con nuove nomine, se proprio i dimissionari volevano esser sordi alle esortazioni loro rivolte dal Consiglio per persuaderli a recedere dai loro propositi. Se a tali dimissioni si aggiungessero anche quelle del Presidente, allora sì che ne verrebbe una complicazione di cose non affatto favorevole agli interessi della Società. Il Balbi invitava pertanto il march. Imperiale a voler bandire senz’altro, come inopportune e non giustificabili, le sue idee di rinunzia. Si associavano al Balbi tutti gli altri consiglieri presenti alla seduta, sicché I Imperiale, dinanzi all unanime manifestazione del Consiglio, non insisteva suH’argomento. II prof. Issel, malgrado le rinnovate preghiere del Consiglio, non ritirò le sue dimissioni dall ufficio di vicepresidente; e la irremovibile rinunzia delPavv. Gaetano Poggi all’altro seggio di esso ufficio, divenne, pur troppo, irrevocabile con la morte di lui, succeduta il 13 giugno 1919. Sicché l’Assemblea generale ordinaria del 1° luglio 1919, convocata per sentire la relazione dei revisori dei conti ed approvare o meno il conto consuntivo del 1918, ebbe anche il compito di eleggere i due vicepresidenti della Società. 1 risultati delle elezioni, con 21 soci presenti e votanti, furono i seguenti: Arturo Issel voti n. 20, Luigi Volpicella n. 15, Pier Francesco Casaretto n. 5: proclamati pertanto a vicepresidenti Issel e Volpicella. Il consigliere avv. Giulio Balbi, che presiedeva l’Assemblea, si rallegrava vivamente per l’esito della votazione col prof. Issel, presente, del quale elogiava lo zelo e l’assiduità spiegati con fervore giovanile per la Società. L’Issel rispondeva ringraziando; e nei ringraziamenti intendevasi implicita l’accettazione della carica cui era stato rieletto ad unanimità. Il secondo eletto, dott. Volpicella, trovavasi assente dalla seduta. Dacché ebbe luogo l’adunanza di Consiglio del 7 aprile 1919, il presidente Imperiale, tutto preso da altre cure ed in un primo tempo trattenuto fuori di Genova per residue prestazioni del dopo guerra attinenti al servizio dei motoscafi, non potè più attendere in niun modo alla direzione della Società. Un avvenimento, di cui dirò fra poco, finì in appresso di allontanarlo decisivamente e stabilmente da Genova e dal nostro Istituto. In di lui vece aveva ripreso il governo di questo, colla riconferma nell’ufficio di vicepresidente, il prof. Issel, che vi dedicò da indi in poi, entro i termini consentitigli dall’età e dalle condizioni di salute, tutta l’opera sua. io , j. 146 Società Ligure di Storia Patria Il 21 giugno del 1920 il Consiglio direttivo, riunito sotto la presidenza del prof. Issel, riceveva da questo partecipazione di una lettera del march. Cesare Imperiale di Sant’Angelo, colla quale lo stesso marchese rassegnava le sue dimissioni da presidente della Società Ligure di Storia Patria, adducendo come principalissimo motivo di esse l’avvenuto trasferimento della sua residenza da Genova a Venezia. È questo appunto l’avvenimento a cui io alludevo poc’anzi, e di cui la Società era stata da più mesi informata in via officiosa dal medesimo march. Imperiale mentre egli ne stava facendo i preparativi. L’Imperiale accennava in detta lettera all’opera da lui compiuta nel lungo periodo di ben ventiquattr’anm durante il quale dedicò la sua attività di presidente al nostro Istituto, cui lo legavano « tanti ricordi di care e indimenticabili amicizie, di studj prediletti, di lotte sostenute con varia fortuna ma con immutato fervore di entusiasmo e di fede »; e prendeva definitivo commiato dalla Società. « Non senza tristezza » - egli soggiungeva - « confortato però dal pensiero che l’opera sua rimarrà testimonianza del suo grande affetto al nostro Sodalizio », al quale egli augurava « di conservare, sempre intatte, le antiche e buone tradizioni di concorde e dignitosa operosità che i nostri predecessori ci hanno lasciate, e di raggiungere quella meritata fortuna che egli le ha sempre, in ogni tempo, ardentemente desiderata ». Quantunque la cagione ed il tono della lettera non lasciassero nessun dubbio sulla irrevocabilità o, per meglio dire, inevitabilità delle dimissioni, tuttavia il prof. Issel proponeva, per dimostrazione di riconoscenza verso il benemerito Presidente, di respingerle e di pregare il march. Imperiale a volerle ritirare; ed il Consiglio, in maggioranza, accettava la proposta dell illustre professore, la quale rispon deva, come esprimevasi il consigliere avv. Balbi, ad una consuetudine di gentilezza cui non si poteva derogare senza correre il rischio di far nascere neH’animo del dimissionario interpretazioni mal confacenti ai sentimenti di cordialità che esso Consiglio nutriva per lui. Era evidente che il march. Imperiale non avrebbe ritirate le dimissioni; ed infatti il prof. Issel nell’adunanza consiliare del 21 ottobre 1920 comunicava una lettera con la quale esso marchese, in risposta alle su espresse preghiere del Consiglio, pur ringraziando per la gradita manifestazione di questo, confermava irrevocabilmente la sua rinunzia alla presidenza della Società Ligure di Storia Patria. Non rimase quindi al Consiglio che di prenderne atto; e siccome alla fine dell anno in corso scadeva I intera Amministrazione sociale e dovevano pertanto aver luogo le elezioni generali conformemente all’art. 35 del vecchio statuto, così si rimandò a quella prossima congiuntura la nomina del nuovo presidente. Nella successiva Relazione 147 riunione del 18 dicembre 1920 lo stesso Consiglio stabiliva di convocare l’Assemblea generale dei soci, cui spettava di procedere alle dette elezioni, il 9 gennaio 1921, giorno di domenica, e di sottoporle anzi tutto la proposta di elevare il march. Imperiale a presidente onorario della Società (1). L’Assemblea si raccolse regolarmente nel giorno stabilito, ed al principio di essa il prof. Issel, che la presiedeva, esordiva col dire come il (1) Il march. Cesare Imperiale di Sant’Angelo fu eletto per la prima volta a presidente effettivo della Società Ligure di Storia Patria il 2 febbraio 1896, e venne sempre riconfermato m essa carica in tutte le successive elezioni generali che ebbero luogo in seno alla medesima Società fino a quella del 2 marzo 1919. Sono note le benemerenze di Lui verso il nostro Istituto, già in parte additate ed illustrate, prima dal socio prof. Emilio Pandiani nella sua relazione che riempie il vol. XLIII degli Atti sotto il titolo L'opera della Società Ligure di Stona Patria dal /ò5ò al 1908, e poi da me nella mia relazione per gli anni dal 1908 al 1917 contenuta nel voi. XLVI, fase. I, degli stessi Atti sociali. Non è qui il caso di aggiungere altro Soltanto, perchè taluno potrebbe erroneamente pensare che per effetto delle divergenze e delle conseguenti questioni narrate nel presente volume (pp. 73-86) fosse rimasto qualche screzio o ombra men che serena nei rapporti personali fra l’imperiale e me, mi preme di dichiarare che essi rapporti hanno conservato e conservano tuttora la loro immutabile cordialità, congiunta, da parte mia, a quel sentimento di rispettosa osservanza dovuto ad uno scrittore di storia nonché ad un gentiluomo pari suo. A prova di ciò voglio qui recare, vincendo il mio naturale senso di riserbo, una lettera che fin dall’agosto del 1918 il’ marchese Imperiale scrivevami a conclusione delle su ricordate divergenze circa il contenuto del fase. I del voi. XLVI degli Atti. « Squadriglia M. A. S. Sanremo « Il Comandante , ,n,a « 23 agosto 1918. « OenLmo Professore, Soltanto 1er l’altro ho ricevuto i volumi che cortesemente Ella mi ha fatto inviare Voglia scusarmi per l’involontario ritardo nel ringraziarla. Ho altre ragioni per ringraziarla Prima di tutto per il dono delle due copie di estratti. Ma sopra tutto per il diligente lavoro di vera e propria ricostruzione di un periodo della nostra storia sociale che Ella ha compiuto rinnovando le tradizioni dei tempi aurei della Società, che dimostra così di avere di nuovo un vero e proprio segretario come ai tempi di Belgrano. Questo sia detto senza nessuna intenzione di complimenti. Ella sa che non so fame molti. E sa inoltre che ho l’abitudine di esprimere francamente la mia opinione anche se questa può non piacere. Vorrei però che Ella fosse convinto che anche i miei appunti erano ispirati dall’affetto che ho verso la Società — per la quale provo ormai un sentimento quasi paterno. E Lei sa che questo sentimento rende inquieti e in certo modo timorosi per la salute fisica e morale dei propri figli. Sono pronto ad affrontare le critiche sull’opera mia; mi turbano quelle che eventualmente si possano rivolgere alla Società. Quando anche Lei proverà per il nostro Istituto eguale sentimento comprenderà meglio la ragione e la opportunità dei miei appunti. Ma l’incidente è ormai chiuso e le confesso che ho letto e riletto con vero piacere il fascicolo in cui sta raccolto un periodo della nostra — e potrei dire — della mia vita_____ Con molti e cordiali saluti, Dev.mo « C Imperiale ». 148 Società Ligure di Storia Patria marchese Cesare Imperiale, cessata la guerra alla quale egli aveva volontariamente partecipato con molto valore guadagnandosi onorificenze e medaglie, si allontanasse da Genova trasferendo il suo domicilio a Venezia, e rinunziasse alla presidenza della Società da lui tenuta con tanto zelo per circa 25 anni, non senza porgere al Sodalizio una testimonianza del proprio affetto col dono di numerosi documenti relativi alla fondazione del Consorzio autonomo del Porto di Genova, e di uno scaffale ch’era giunto molto oppoitunamente per collocarvi parte della biblioteca sociale (1). Annunziava in pari tempo che, per attestare all’insigne gentiluomo i sensi della riverenza e della gratitudine della Società, il Consiglio direttivo aveva deliberato di sottoporre alPodierna Assemblea la proposta di nominare esso marchese presidente onorario della Società medesima. La proposta, riconosciuta assai tempestiva e rispondente al sentimento generale dei soci, venne poco appresso accolta ed approvata dall’unanime consenso dei presenti. I quali concedettero altresì, ad iniziativa e richiesta del medesimo Consiglio, i loro concordi suffragi per l’assunzione a socio onorario del grand’uffiziale conte Giovanni Sforza, già nostro socio corrispondente fin dal 1874, ed a soci corrispondenti dei signori prof. Giacomo Ernesto Parodi dell’istituto di studi superiori di Firenze, comm. dott. Ubaldo Mazzini direttore della biblioteca comunale della Spezia, avv. Bernardo Mattiauda di Savona e prof. Bernardo Gandoglia di Noli: tutti noti e valorosi cultori liguri di discipline storiche e linguistiche. Dopo che il prof. Issel ebbe fatto un largo resoconto morale della gestione del 1920 e presentato quindi all’esame degli intervenuti il bilancio preventivo perii 1921, il quale fu approvato al termine di una nutrita e pelle finanze sociali feconda discussione, dei cui risultati avrò opportunità di parlare in appresso, l’Assemblea passò alle elezioni delle cariche sociali, a cominciare dal presidente. « A questo punto » — e qui non trovo di meglio che riportare quanto ho esposto nel verbale dell adunanza « domanda la parola l’onorevole ing. march. Giorgio Doria. Il quale, sicuro d’interpre-tare il sentimento generale dell’Assemblea, propone di passar sopra una volta tanto all’art. 34 dello statuto sociale, che stabilisce che tutti gli uffiziali della Società si eleggano per ischede segrete, acclamando a presidente (1) 1 documenti o carte donati alla Società dal march. Imperiale nel novembre-dicembre del 1919 sono raccolti in 46 pacchi fra grossi e piccoli di pubblicazioni a stampa più quattro cartelle di manoscritti, e riguardano quasi esclusivamente la questione e la egge del Consorzio autònomo del porto di Genova, questa dovuta in grandissima parte all iniziativa ed all’opera pertinace di esso marchese. Io mi proponevo di stendere un catalogo di ques a interessante raccolta documentaria, ma non ebbi finora nè tempo nè modo di dare neppuie un principio di esecuzione al mio proposito. Relazione 149 l’uomo venerando che dirige l’odierna seduta e che ha governato così saviamente ed autorevolmente il Sodalizio nell’assenza del marchese Imperiale. Il prof. Arturo Issel, onore della scienza italiana, merita bene da noi — soggiunge il Doria — questo attestato di riconoscenza. L’Assemblea, quantunque il piof. Issel tenti di schermirsi e di sottrarsi alla significativa dimostrazione, accoglie con un unanime applauso la proposta del socio march. Giorgio Doria ». Eletto così per acclamazione il presidente, si procedeva poi per ischede segrete in conformità dell’articolo su citato, e con votazioni distinte, alla elezione dei due vicepresidenti, dei dodici consiglieri e dei tre revisori dei conti della Società. Riuscivano eletti a vicepresidenti il dott. Luigi Volpicella con voti 25 e l’avv. Pier Francesco Casaretto con voti 24, questi per la prima volta elevato ad essa carica, quegli riconfermatovi; a consiglieri l’avv. Giulio Balbi, il prof. Giovanni Campora, il prof. Luigi Augusto Cervetto, il comm. Francesco Domenico Costa, l’avv. Ludovico Giordano, il prof. Alessandro Lattes, l’avv. Emilio Marengo, l’avv. Giuseppe Morgavi, il prof. Francesco Poggi, il march. Onofrio Sauli, il march. Bernardo Sopranis, ed il march. Paolo Alerame Spinola, chi con 24 chi con 25 voti, tutti con riconferma tranne il Giordano di prima nomina (1); ed a revisori dei conti il cav- Michele Bruzzone con 24 voti, il cav uff. Gian Luigi Lercari con 23 voti e l’ing. Riccardo Massone con 24 voti, tutti e tre riconfermati in tale ufficio. Il ricostituito Consiglio si occupò subito della pubblicazione degli Atti, assunto fondamentale e precipuo del nostro Istituto, studiandosi di proporzionarla alla stregua dei prezzi di stampa, il cui accrescimento continuo era diventato una vera afflizione per gli amministratori. Passerò qui in rivista i volumi ad opera dello stesso Consiglio venuti in luce o preparati per i torchi. (1) Circa le date fra le quali sostennero l’ufficio di membri del Consiglio direttivo della nostra Società l’avv. Giulio Balbi ed il cav. Luigi Augusto Cervetto, da tempo defunti, dirò nelle costoro necrologie che verranno inserite in questo stesso volume. 11 prof. Alessandro Lattes fu eletto la prima volta consigliere dall’Assemblea dell’ll gennaio 1920, e conservò la carica, in conseguenza di successive rielezioni, fino al dicembre del 1928; il march. Bernardo Sopranis entrò in Consiglio per effetto delle elezioni generali del 31 dicembre 1916 e vi rimase, ripetutamente confermato, sino al dicembre 1925; gli altri dei su menzionati membri appartengono al Consiglio dai giorni rispettivamente indicati sotto i loro nomi nell’Albo accademico a pagine 26-28 del presente volume. 150 Società Ligure di Storia Patria ATTI DISCUSSIONI E INDUGI CIRCA LA STAMPA DEL VOL. 1 DELLA SERIE DEL RlSOROIMENTO. In attesa che il prof. Ridella presentasse il manoscritto del suo lavoro sopra Cesare Cabella, io ero stato dal Consiglio incaricato di rivolgermi a varie tipografie fuori di Genova, così in Liguria, come in Toscana, in Piemonte, in Lombardia e nell'Umbria, allo scopo di ottenere un preventivo di spesa per la stampa del volume destinato al suddetto lavoro. Avevo già a tale scopo assunto informazioni presso parecchie stamperie genovesi, e trovati prezzi immoderati e inaccettabili. Condizioni di gran lunga più convenienti furono, fra tutte, quelle richieste dallo stabilimento tipografico dei Mutilati ed invalidi di guerra di Pavia, e con esso si avviarono le prime pratiche per la stampa del volume. Questo, per accordi già da tempo presi coll’autore, non avrebbe dovuto superare le 320 pagine; ma il Ridella aveva fatto ultimamente sapere che tal numero sarebbe stato di molto oltrepassato, dichiarando però che egli stesso o l’avv. Edoardo Cabella o entrambi assumerebbero a proprio carico il soprappiù della spesa occorrente oltre le divisate 320 pagine. Su di che, nella seduta di Consiglio del 19 febbraio 1921, il dott. Volpicella, che ne teneva la presidenza in luogo del prof. Isse assente per malattia, apriva la discussione per (‘stabilire se si dovesse accettare uno sviluppo dell’opera tale, che varcando il limite delle 320 pagine, oltre ad accrescere di non poco la spesa di stampa, poteva essere ritenuto sproporzionato al soggetto e quindi non conforme a quelle ragioni di euritmia alle quali dovevasi pur dare un certo peso; e se si credesse poi conveniente che, permesso il trapasso di quel limite, 1 autore od concorresse nella stessa spesa di stampa. L’avv. Pier Francesco Casaretto dichiarava subito che, mosso dalle medesime ragioni lumeggiate dal Volpi-cella e nell’interesse anche della buona riuscita dell’opera, aveva conferito col prof. Ridella e coll’avv. Edoardo Cabella; e che entrambi lo avevano assicurato che lo scritto non comprenderebbe del troppo e del vano, pure estendendosi largamente sui tempi nei quali visse il protagonista. Rispondeva il Volpicella che il miglior modo di assicurarsi di ciò sarebbe stato quello di affidare ad una Commissione l’esame del manoscritto; ma il prof. Lattes avvertiva che il lavoro del Ridella era stato da molto tempo ammesso per la sua inserzione negli Atti, e che non sarebbe pertanto più il caso di Relazione 151 nominare, pur applicando gli articoli 54 e 55 dello statuto (1), una Commissione per un giudizio intorno ad esso lavoro. Ora la questione era principalmente economica e consisteva nel contenere il volume entro quel numero di pagine al quale corrispondeva la spesa statuita in bilancio. Il consigliere march. Sauli opinava che, qualora il Ridella insistesse per sopperire del proprio alla spesa per una maggior ampiezza del volume, la Società, indipendentemente da quelle ragioni di euritmia accennate dal cav. Volpicella, dovesse risolutamente rifiutare la di lui profferta per ragioni di convenienza e di decoro, e per non creare un precedente, che potrebbe essere invocato da chi credesse di poter pubblicare il proprio scritto negli Atti sociali pagandone le spese di stampa. Dello stesso avviso dimostravasi il consigliere cav. Cervetto. Il vicepresidente Casaretto notava però che il nostro Sodalizio, il quale stava in allora chiedendo sussidj alle Banche ed alle Società industriali e commerciali per la stampa dei suoi Atti, non potrebbe senza taccia di incoerenza rifiutare il contributo di un socio rivolto allo stesso fine, si trattasse pure della pubblicazione di un lavoro proprio, quando questo, ben s’intende, corrispondesse alle esigenze ed alle convenienze della Società. Infine il Consiglio, dopo altre osservazioni dei consiglieri Morgavi, Spinola, Sopranis e Lattes, deliberava: 1° Che il volume assegnato allo scritto del Ridella non dovesse sorpassare le 320 pagine, cioè i venti fogli di stampa di 16 pagine ciascuno; 2" Che la parte documentale in esso riportata fosse assolutamente inedita. Queste deliberazioni vennero comunicate al prof. Ridella. Ma per costui suggestione intervenne tosto personalmente presso lo stesso presidente Issel, tuttora ammalato, e varj consiglieri l’avv. Edoardo Cabella, figlio di Cesare e nostro vecchio consocio, il quale faceva presente come il lavoro del Ridella fosse venuto abbracciando molto maggior materia di quella che comportasse il primitivo disegno, per cui le 320 pagine assegnate al volume erano assolutamente insufficienti a contenerla. Ciò era dipeso in larga misura dai molti documenti inediti, per la maggior parte lettere dirette a Cesare Cabella da illustri personaggi del Risorgimento, che il detto avvocato Edoardo aveva fornito al Ridella; documenti sui quali questi aveva (1) Gli articoli 54 e 55 si riferivano al vecchio statuto, e furono poi aboliti. II primo di essi riguardava l’esame delle memorie presentate per la pubblicazione negli Atti, il quale, trattandosi di scritti molto estesi per la cui lettura in Consiglio occorressero più tornate, era affidato alla cosidetta Commissione per la stampa o ad altra speciale Commissione. Il secondo concerneva particolarmente la Commissione per la stampa, che doveva ogni anno essere nominata dal Presidente tra i soci effettivi, e che aveva, oltre il compito di attendere all’esame predetto, anche quello di vegliare, insieme con gli autori delle memorie accettate negli Atti, alla correzione della stampa di questi. 152 Società Ligure di Storia Patria____ tessuto la tela del suo racconto e che non si potevano sacrificare senza sconnettere tutta l’opera. Lo stesso avvocato chiedeva pertanto che il Consiglio non volesse ristringere in modo tassativo il volume alle 320 pagine, ma permettesse quel maggior numero di esse oramai reso necessario dalle proporzioni assunte dal lavoro, e che potrebbe anche essere superiore alle cinquecento pagine. E siccome ciò accrescerebbe notevolmente la spesa in modo da varcare di gran lunga la somma posta in bilancio dalla Società per la stampa del volume, così egli offrivasi di supplire del proprio a quel tanto di più che occorrerebbe oltre il limite massimo fissato dalla medesima Società. 11 che, egli credeva, non potrebbe in nium modo offendere il decoro dall’istituto, essendo perfettamente lecito ed onorevole che un socio, massime nelle difficili contingenze di allora, prestasse il suo concorso pecuniario a benefizio dell’opera sociale, tanto più trattandosi di contribuire alla spesa di stampa d: uno scritto che la Società aveva da varj anni giudicato degno di venire accolto nei suoi Atti. Le ragioni dell’avv. Edoardo Cabella furono per via di lettera trasmesse alla Società dal prof. Issel, trattenuto in casa per disturbi di salute, il quale le accompagnava con alcune sue proposte riguardanti la questione, e vennero dal vicepresidente Volpicella comunicate al Consiglio nella seduta del 14 marzo 1921 da lui presieduta. Lascio che il verbale di essa seduta, con la precisione ch’io vi adoperai nello stenderlo, renda, qui riprodotto, il tenore di quel che venne detto e deliberato nella medesima adunanza. «......... Esposte le richieste dell avv- Edoardo Cabella, il Precidente apre su di esse la discussione. L’avv. Casaretto dichiara, in conformità di quanto già disse nella seduta precedente, di essere favorevole alle domande dell’avv. Cabella. Questi inoltre gli ha assicurato che il lavoro del Ridella presenta il maggior interesse, non pure per la figura morale e politica di Cesare Cabella, ma anche e principalmente per la storia degli avvenimenti dell’epoca alla quale porta un prezioso contributo di notizie. Egli ritiene che, trattandosi di un’opera che avrà larga diffusione ed anche una certa vendita, sia il caso di rifare il preventivo della spesa; e che, qualora l’opera stessa superi effettivamente le 500 pagine, convenga di pubblicarla in due volumi. Il cav. Volpicella non è contrario all’accoglimento delle proposte dell’avvocato Cabella, ma crede che a togliere ogni appiglio di critica, si potrebbe accettarne l’offerto contributo come una oblazione che comparisca fatta indipendentemente dal lavoro del Ridella, ed a puro titolo di concorso nelle spese sociali. Egli pure accenna alla convenienza di dividere l’opera in due volumi quando non si voglia limitarne il numero delle pagine. Relazione 153 Il march. Spinola non ha alcuna pregiudiziale in quanto al contributo del Cabella, ma è invece contrario alla divisione in due volumi, la quale, oltre che dare una soverchia importanza all’opera, accrescerebbe le spese di stampa e di distribuzione ed offrirebbe poi nuovo incentivo alle lungaggini dell'autore. Anche il prof. Poggi è contrario ai due tomi, e reputa che pur nel caso in cui l’opera superasse le 500 pagine, la mole di un unico volume non sarebbe affatto ingombrante, usando uno qualunque dei tipi di carta proposti dalla 1 ipografia di Pavia. All’avv. Marengo sembrano veramente troppe cinquecento pagine per una figura secondaria, egli dice, come quella di Cesare Cabella; e poiché la maggior parte dello scritto del Ridella, più che al Cabella, si riferisce alla storia dei suoi tempi, egli stimerebbe giusto espediente di modificare il titolo del libro in maniera da far passare in seconda linea il nome di esso Cabella, il che permetterebbe altresì di dividere l’opera in due volumi senza attribuire perciò eccessiva importanza al protagonista. L’avv. Balbi non vede la ragione d’imporre il numero delle pagine una volta ammesso il contributo del socio Edoardo Cabella; non crede poi che Cesare Cabella sia una figura secondaria, e ricorda la parte cospicua ch’egli ebbe nel movimento politico nazionale fin da quando assunse nei processi del 1833 la difesa del sottotenente Thappaz e del medico Orsini, l’opera inoltre da lui spiegata per lunghi anni come giurista, deputato, professore e senatore, non che la venerazione dalla quale era circondato in Genova da ogni categoria di cittadini. Dopo altre considerazioni dei consiglieri Sauli, Cervetto e Morgavi, ed altre osservazioni degli oratori precedenti, il Consiglio, accogliendo in parte le proposte inviate per iscritto dal presidente prof. Issel, delibera: « 1° Che sia innanzi tutto consegnato dal prof. Ridella alla Società il manoscritto integrale e definitivo, compresi i documenti, dell’opera sua intitolata La vita e i tempi di Cesare Cabella; , « 2° Che la spesa di stampa di detta opera sia a carico della Società per 22 fogli di stampa, pari a 352 pagine del volume, e del socio avvocato Edoardo Cabella per il rimanente. «.......H segretario richiama l’attenzione del Consiglio sulla eventualità che il manoscritto integrale del Ridella non venisse consegnato in tempo debito, e ne fosse ritardata soverchiamente la consegna per modo da compromettere la conclusione del contratto colla Tipografia di Pavia, ed accenna alla opportunità di mettere in tal caso sotto stampa un volume di miscellanea riguardante la storia antica della Liguria. Ciò per provvedere in tempo al volume da distribuire ai soci nell’anno 1922, tenuto conto dei tanti ritardi e delle tante difficoltà che ostacolano in questi tempi il lavoro tipografico, 154 Società Ligure di Storia Patria ed altresì per usufruire subito dei sussidj che perverranno alla Società dagli Istituti finanziari ai quali furono chiesti. Del volume farebbero parte, fra gli altri, il lavoro, ora in preparazione, del socio Cervetto sul Palazzo Rosso, considerato specialmente per rispetto ai personaggi che vi abitarono ed agli avvenimenti storici che vi si riferiscono; altro lavoro del socio Labò sul medesimo Palazzo, studiato dal lato artistico ed architettonico: una breve monografia del socio Paolo Antioco Accame circa alcune antichità romane rinvenute a Pietra Ligure ed interessanti anche per il percorso della via Aurelia. A proposito deH’Accame, il segretario prende occasione per informare il Consiglio che esso Accame ha rimandato ultimamente alla Società due casse contenenti i calchi delle iscrizioni medioevali lasciati dall’abate Marcello Remondini alla Società, e rimasti inediti dopo la morte di questo; calchi che il medesimo Accame-aveva ritirati fin dal 1907 col proposito di pubblicarli con aggiunte ed illustrazioni negli Atti sociali, ma che invece tenne presso di sè per 14 anni senza nulla concludere (1). 11 cav. Volpicella dichiara che nel proposto volume di miscellanea egli potrebbe inserire anche un suo lavoro sul Consolato dei Genovesi a Napoli, che sta preparando, e che, interessando tanto Genova quanto Napoli, è adatto così per gli Atti della Società come per la rivista di Napoli nobilissima alla quale egli aveva primamente pensato. Avverte però che il lavoro non sarebbe finito che fra due o tre mesi. « 11 march. Spinola osserva che, non essendo ora pronta la materia per un volume di miscellanea, qualora si dovesse pensare a sostituire il lavoro del Ridella, sarebbe il caso di usufruire del materiale documentario raccolto già da varj anni dal segretario e riguardante la corrispondenza al Governo della Repubblica di Genova di Carlo Ottone rappresentante genovese a Londra durante l’ultimo trentennio del secolo XVII, la prima parte della quale corrispondenza venne pubblicata nel volume 45 degli Atti. Il segretario conferma che effettivamente ha pronto da un pezzo il materiale che comprende la seconda parte di detta corrispondenza, e che è particolarmente importante perchè si riferisce in larghissima misura alla guerra che I Inghilterra, rotta la triplice alleanza che la univi con 1 Olanda e la Svezia, mosse, insieme alla Francia, contro la stessa Olanda nel 1672. Le cartelle contenenti le lettere dell’ottone, che esso segretario trascrisse dagli originali conservati nel R. Archivio di Stato in Genova, giacciono da varj anni in attesa di passare in tipografia per essere pubblicate in seguito alle lettere che già videro la (1) Circa il lavoro delle Iscrizioni medio-evali della Liguria, raccolte da Marcello Remondini e pubblicate in parte nel vol. XII degli Atti, vedasi ciò che ne riferisce il prof. Emilio Pandiani nel vol. XLIII, p. 312, e quanto ne scrivo io stesso nel voi. XLVI, fase. I, p. XXX dei medesimi Atti sociali. Relazione 155 luce nel voi. 45°. Non c’è da preparare che la prefazione e l’indice per nomi, questo concernente anche la materia dello stesso volume 45°. Il Consiglio, dopo una breve discussione alla quale partecipano, oltre il vicepresidente cav. Volpicella, anche i consiglieri Spinola, Cervetto, Marengo ed il vicepresidente Casaretto, fa buon viso alla proposta delio Spinola, salvo a ritornarci e a deliberare su di essa, in modo definitivo, quando non sia possibile dare ora alla stampa Io scritto del Ridella e si debba provvedere a sostituirlo con altro lavoro ». VOL. L. % Lettere di Carlo Ottone IN PROSECUZIONE DI QUELLE PUBBLICATE NEL VOL. XLV. 11 Prof. Ridella, al quale io avevo subito partecipato le determinazioni prese dal Consiglio nella seduta del 14 marzo 1921 per rispetto alla pubblicazione negli Atti della sua opera intorno a Cesare Cabella, rispose che il manoscritto di essa opera non era ancora intieramente pronto per la stampa, ma che sarebbe stato senza fallo consegnato alla Società ai primi del prossimo ottobre. In seguito a ciò, il Consiglio, nella sua tornata del 16 aprile 1921, risolveva di differire ogni pratica riguardante la stampa dell’opera anzidetta fino a quando fosse stata effettuata la consegna del manoscritto completo di questa. Approvava in pari tempo, confermando la deliberazione di massima già presa nell’adunanza precedente, di mettere subito sotto i torchi le Lettere di Carlo Ottone degli anni 1672-1674 in prosecuzione di quelle già pubblicate nel volume XLV degli Atti; e dava mandato alla Presidenza di fare e di concludere tutte le pratiche concernenti l’esecuzione della stampa di esse Lettere in un volume destinato ad essere il cinquantesimo della collezione degli Atti medesimi. Si ripresero tosto le trattative colla Tipografia mutilati ed invalidi di Pavia col proposito ed anche la fondata presunzione di condurle a rapido compimento; ma, cosa da stupire, mentre alcuni mesi innanzi la sumentovata Tipografia aveva chiesto per il lavoro del Ridella prezzi tali da indurre il Consiglio alla decisione di affidargliene senz’altro la stampa — il che poi non ebbe effetto per la mancata consegna del manoscritto di esso da parte dell’autore — ora invece la stessa Tipografia per il lavoro delle Lettere di Carlo Ottone, destinato a precedere sotto i torchi quello del Ridella, esigeva prezzi di gran lunga superiori ai primi. Dipendesse ciò dalla mutata Direzione di i 56 Società Ligure di Storia Patria detta tipografia o da reali e non mediocri accrescimenti del costo della carta e della mano d’opera sopravvenuti nel frattempo o da altre ragioni, il fatto è che le nuove pratiche intavolate con essa tipografia andarono fallite per le soverchie pretese di questa. La Presidenza si avvisò allora di ricoirere alla Scuoia tipografica Don Bosco di Sampierdarena presso la quale avviavasi a prossimo fine la stampa del grosso fascicolo dei Cerimoniali, e riuscì ad ottenere condizioni molto convenienti per rispetto a quelle della tipografia pavese e di varie tipografie genovesi, condizioni qui appresso riassunte: trecento lire per ogni foglio di stampa di 16 pagine, formato Atti, e per 500 copie, copertina e legatura comprese, pagina di stampa di cm. 20 per cm. 13 (notevolmente più ampia di quella del volume contenente i suddetti Libri dei Cerimoniali ), carta di un tipo passabile e da doversene per quegli anni contentare, consegna del volume non più tardi del 31 marzo 1922. Trovavasi ancora sotto il torchio presso la stessa Scuola tipografica Don Bosco il fascicolo dei Cerimoniali, il che ritardò alquanto l’inizio della stampa delle Lettere di Carlo Ottone. Insieme con questa procedette poi anche quella, parimente coi tipi di detta Scuola, delle Necrologie dei soci morti dopo gli ultimi commemorati nel fase. I del voi. XLIX, a cominciare da Gaetano Poggi. Le quali necrologie, per la smania di voler io approfondire particolareg-giare ricercare la cosidetta verità, tormento della mia psiche, mi trascinarono per le lunghe e rallentarono la correzione delle bozze di esse Lettere e procrastinarono la stesura della illustrazione ch’io premisi a queste. Di modo che il voi. 50°, con la solita fallacia delle previsioni riguardanti l’uscita degli Atti, nvece di comparire nella primavera del 1922 conforme alle annunziate promesse, venne in luce tra la fine di tale anno ed il principio del 1923. Esso era stato preceduto, verso il mezzo della suddetta primavera, dal fascicolo delle Necrologie dei soci defunti dal giugno 1919 al febbraio 1922, pubblicato in appendice al fase. I del voi. 49'. Non voglio intrattenermi sulle Lettere delI’Ottone, che riempiono il su menzionato volume 50°, ma non posso esimermi dall’osservare che esse, come quelle precedenti contenute nel voi. 45°, formano una delle poche pubblicazioni della nostra Società che hanno una portata internazionale. Esse riguardano in modo speciale la storia d’Inghilterra e succedono alle congeneri lettere di Francesco Bernardi e di Ugo Fieschi pubblicate da Carlo Prayer nel voi. 16°; e quantunque io ignori se i tre volumi che comprendono queste e quelle abbiano attirata l’attenzione di qualche studioso inglese (ignoranza dovuta anche al fatto che la Società Ligure di Storia Patria non ha potuto mai avviare il cambio dei suoi Atti con pubblicazioni di Società britanniche di studj storici), tuttavia reputo che la ricca corrispondenza raccolta in detti Relazione 157 volumi porterà quando che sia un non trascurabile contributo di notizie e di chiarimenti agli scrittori di storia di quella nazione. Era mio desiderio di corredare il voi. 50° di un indice che abbracciasse anche la materia del voi. 45", indice che non sarebbe però riuscito utile se non a patto di restituire e di identificare con esattezza tutti i nomi propri inglesi, che l’Ottone italianizza in modo da renderli sovente irriconoscibili. Ma siccome ciò richiedeva un lavoro che avrebbe ritardato di non poco la pubblicazione di esso volume 50°, e siccome, d’altronde, io divisavo di far seguire ai due volumi già èditi un terzo volume che recasse l’ulteriore corrispondenza del proconsole genovese dal 1675 alla morte di Carlo II avvenuta nel 1685, così rimandai la compilazione dell’indice generale fino a quando mi fosse possibile di effettuare quel divisamento. Il quando non è ancora venuto; ma non dispero che abbia a venire. Le lettere delPOttone dal 1675 al 1685 hanno una particolare importanza perchè narrano giorno per giorno le vicende della tempestosa e drammatica lotta — che in quel periodo di tempo, attraverso congiure tradimenti rivolte processi esecuzioni capitali, raggiunse il suo colmo — fra il Parlamento ed il Re, fra il partito de’ Whig ed il partito della Corte: lotta religiosa e politica, da cui uscì la formidabile potenza della nazione inglese. Poiché non bisogna dimenticare, checché ne dicano i partigiani dei governi arbitrari che si avvisano di fondare la grandezza dei popoli sopprimendone le opposizioni ed i contrasti, che la lotta per le libertà interne, collo spirito di critica e d’intraprendenza da essa sviluppato e dagli emigrati inglesi portato per il mondo, servì assai più delle guerre esterne a preparare il grandioso impero coloniale dell’Inghilterra. VOLUME I DELLA SERIE DEL RISORGIMENTO LA VITA E I TEMPI DI CESARE CABELLA, Il 1° ottobre del 1921 il prof. Ridella, osservando questa volta con matematica precisione la promessa da lui fatta nel marzo precedente, consegnava alla Società il voluminoso manoscritto della sua opera sopra La vita e i tempi di Cesare Cabella, composto di 822 cartelle di formato protocollo, insieme con una lettera indirizzata al Presidente. Nella quale, dopo essersi scagionato con varie ragioni del ritardo con che faceva essa consegna, così continuava: « Presento l’opera aH’Ill.ma S. V. con la speranza che, fattane lettura, sia riconosciuta frutto di seria meditazione e di cura amorosa e paziente. Ma una preghiera mi resta a rivolgerle. Benché sia difficile 158 Società Ligure di Storia Patria calcolare dal ms. qual numero di pagine occorrerà alla stampa del libro, nondimeno, secondo i miei calcoli e da quel che ho udito dal nostro Sig. Segretario prof. Poggi circa il formato approssimativo da assegnare al libro medesimo, parmi poter prevedere che le pagine occorrenti alla presente edizione non saran meno di 500 ne più di 550. Ora io rendo vive grazie al Consiglio d’avere, dietro mia istanza, deliberato di concorrere alle spese di stampa non per 320 ma per 352 pagine, il che alleggerisce alquanto il mio peso; ma Fil.ma S. V. perdoni alle tristi condizioni di fortuna create dalla umana civiltà a chi professa lettere se mi trovo nella necessità di rivolgere un’altra volta, come rivolgo, alla bontà sua e del Consiglio direttivo nuova e calda preghiera di volere, entro la misura consentita dal bilancio sociale, elevare ancora e quanto più ritiene possibile, il numero delle pagine di stampa per cui la Società intende concorrere a questa spesa; e ciò affinchè io non sia costretto ad invocare oltre il dicevole, la generosità di persone che ricordano con amore e venerazione il grande giureconsulto genovese di cui ho tratteggiato la vita, ed io non abbia a privarmi de’ miei poveri e sudati risparmi che riserbavo ai bisogni della mia famiglia » (1). L’Amministrazione sociale trattò subito per fare stampare il manoscritto del Ridella presso la tipografia « Don Bosco » di Sampierdarena, già dalla Società sperimentata come quella che offriva i patti migliori, e riuscì a concordare con essa il prezzo ristrettissimo di L. 245 per ogni foglio di stampa di sedici pagine e per cinquecento copie, copertina e legatura comprese, in formato alquanto più piccolo del formato tradizionale degli Atti sociali secondochè erasi a suo tempo statuito per la nuova serie di questi dedicata alla storia del Risorgimento nazionale, ma con una pagina di stampa di dimensioni eguali a quelle del fase. 2° del voi. 49° allora allora pubblicatoci) Qui il buon Ridella, da quell’esperto letterato che è, caricava veramente un poco troppo le tinte; perchè, non solo egli non ebbe a spendere un centesimo per la stampa del volume recante il suo lavoro intorno a Cesare Cabella, ma ritrasse una certa somma di danaro dalla vendita di una parte delle cinquanta copie di esso volume che la Società gli diede, secondo un’antica consuetudine che suole usare verso gli autori degli scritti pubblicati negli Atti. Il Municipio di Genova, come lo stesso Ridella volle informarmi, acquistò da lui venticinque di dette copie al prezzo di lire 25 ciascuna. Che le condizioni fatte generalmente dalla moderna civiltà, ed in modo particolare dalla civiltà italiana, agli scrittori di materie scientifiche e letterarie, per quanto riguarda il compenso dell’opera loro, siano vergognose, è cosa nota: ma è da osservare che, mentre ciò costituisce un ignominioso difetto ed un demerito per le attuali classi dirigenti, forma per contro un titolo di superiorità morale e di onore che gli autori delle opere di pensiero, dalle quali in ultima analisi dipende esclusivamente il progresso del mondo, possono vantare al cospetto della infinita turba di tutti gli altri lavoratori, massime di coloro che non hanno altra mira che quella di accrescere incessantemente per ogni via lecita ed illecita i loro lucri. Relazione 159 Soltanto la carta lasciava a desiderare, ma una qualità migliore di quella prescelta avrebbe fatto di troppo salire il prezzo e reso ancora più difficile il problema finanziario, già abbastanza complicato, della stampa del grosso manoscritto del Ridella. Da un computo approssimativo da me presentato al Consiglio nella seduta del 10 novembre 1921, computo ch’io feci mettendo a riscontro il contenuto della cartella manoscritta del Ridella col contenuto della suddetta pagina di stampa, il numero delle pagine del volume destinato ad inaugurare negli Atti sociali la serie del Risorgimento variava da un minimo di 560 ad un massimo di 608, con una corrispondente spesa dalle 8575 alle 9310 lire, senza contare il costo di due ritratti e relativi clichés riproducenti le fattezze del Cabella nella giovinezza e nella vecchiaia, di cui l'autore desiderava abbellire il volume, e l’aggravio del trasporto delle 500 copie di questo dalla stamperia di Sampierdarena alla sede della Società. Sul fondamento di siffatto computo, il Consiglio, onde accondiscendere entro i limiti del possibile alle nuove richieste del prof. Ridella e nella considerazione che il fase. 2° del voi. 49° era venuto a costare L. 6500, volendo usare un’eguale misura per il nuovo volume, deliberava di estendere il concorso della Società nella spesa di stampa di esso volume fino a L. 6500; col patto che il socio avv. Edoardo Cabella facesse alla medesima Società obbligazione scritta di provvedere al rimanente di tale spesa, quale sarebbe risultata a pubblicazione compiuta, e s’impegnasse in pari tempo a versare in conto del proprio debito la somma di L. 2500 alla scadenza della prima rata di pagamento della spesa anzidetta, da corrispondere alla tipografia « Don Bosco » di Sampierdarena. In conformità di questa deliberazione il consocio avv. Edoardo Cabella rilasciava qualche tempo dopo alla Società la scritta impegnativa richiestagli; e nel febbraio 1922 mettevasi mano alla stampa del libro del Ridella, la quale aveva compimento in sul principio del successivo febbraio 1923. La laboriosa gestazione di questo volume, durata dal 1918 al 1922, ed il non meno laborioso apprestamento dei mezzi finanziari occorsi per farlo stampare, avevano acuito in parecchi soci e non soci il desiderio della sua comparsa. Non so se l’avvenimento di questa abbia pienamente appagato coloro che l’aspettavano; certo il volume, malgrado la prolissità del dettato derivante principalmente dallo stile dell’autore, che è anzitutto un valoroso letterato, contiene una moltitudine di notizie necessarie e utili alla conoscenza, non soltanto di Cesare Cabella, personaggio la cui azione fu ai suoi tempi molto più importante di quella che appaia oggi, ma di tutto il movimento patriottico genovese dal 1833 al 1870 ed oltre. Sotto quest’ultimo aspetto, cioè come rappresentazione e narrazione di esso movimento, il libro è forse 160 Società Ligure di Storia Patria il più considerevole fra tutti quelli pubblicati finora intorno allo stesso argomento; ed avrebbe meritato, specialmente in Genova, una diffusione di gran lunga maggiore di quella che vi ebbe (1). PERIPEZIE DELLA STAMPA dell’Appendice al vol. XL (Liguria preistorica) E DIMISSIONI DEL PROF. ISSEL DALLA PRESIDENZA. Un’altra pubblicazione, che nel 1921 e nei primi mesi del 1922 diede non poco travaglio al Consiglio direttivo, fu quella dell Appendice alla Liguria preistorica del prof. Issel. Trattavasi, come ho già detto, di un opuscolo di una novantina di pagine la cui stampa, incominciata nel dicembre del 1920, avrebbe dovuto aver fine al più tardi nel febbraio del 1921. Invece, nella seduta di Consiglio del 16 aprile 1921, il presidente Issel dolevasi della « inusitata e inconcepibile lentezza » colla quale procedeva essa stampa, nonostante le continue ed insistenti sollecitazioni che egli ed io, per il mio ufficio di segretario della Società, andavamo facendo presso il tipografo Sambolino. Convien ch’io dica che il lavoro di composizione tipografica della suddetta Appendice avveniva col sistema della linotipia, non ancora perfezionato com’è oggidì; il quale, per la correzione di una sola parola, fosse pure una semplice virgola, richiedeva il rifacimenio ossia la rifusione di tutta la linea di stampa. Ciò, mentre dava modo di correggere l’errore segnato, era molto frequentemente cagione d’introdurre altri e più gravi errori, che accrescevano la difficoltà e l’affanno della correzione. Donde un vero lavoro di Sisifo. II tipografo avrebbe dovuto provvedere, alla perfine, o assumendo un operaio più esperto del maneggio della macchina linotipica, o ritornando a rifare daccapo l’opera col sistema della composizione a mano. Per contro (1) Il volume, per effetto di alcune resecazioni del manoscritto, riuscì del minor numero preveduto di pagine, 560, che è come dire 35 fogli di stampa di 16 pagine I uno, e costò complessivamente la somma di L. 8816, così ripartita: 35 fogli di stampa a L. 245 ciascuno Imballaggi, trasporti, bolli, ecc. Tre illustrazioni su carta americana, con relativi clichés (due ritratti di Cesare Cabella, ed un facsimile della scrittura di lui)__ Totale L. 8816 Le dette illustrazioni vennero fornite dalla tipografia « Fratelli Pagano » di Genova. La fattura della tipografia * Don Bosco » di Sampierdarena risultò di L. 8636 e fu pagata in tre rate: la prima, il 27 ottobre 1922, di L. 2500 (versate dall'avv. Edoardo Cabella), la seconda, il 27 marzo 1923, di L. 3000; l’ultima, il 15 ottobre 1923, di L. 3136. Relazione 161 egli tirò innanzi nella maniera con cui aveva principiato; il che afflisse sommamente il prof. Issel, il quale, già infermo com’era, si mise in capo che la stampa del fascicolo venisse, per non so quali segreti moventi, ostacolata dalla pervicace volontà del medesimo tipografo. A dire il vero, tutto sembrava dimostrare in costui il partito preso di ritardare in ogni modo l’uscita del-l’Appendice; tanto che io stesso, nell’adunanza consiliare del 4 luglio 1921, mi rivolgevo agli avvocati presenti chiedendo se non riputassero il caso che la Società, anche soltanto a scopo dimostrativo, mandasse una legale citazione al detto tipografo minacciando il risarcimento dei danni e degli interessi. L avv. Morgavi sconsigliava però qualunque azione giudiziaria, fosse pure a solo scopo dimostrativo, perchè, egli diceva, si sa nelle liti come s incomincia ma non si sa come e dove si finisca. Di eguale parere era 1 avv. Balbi, che suggeriva di continuare nei modi conciliativi e di studiare d ottenere colle buone quello che soltanto dopo molto tempo e con grave dispendio si potrebbe ottenere con i mezzi giudiziarii. Applicando questi saggi consigli, io potevo finalmente, nella riunione di Consiglio del 10 novembre 1921, annunciare per bocca del vicepresidente Volpicella, che l’attesa Appendice stava per uscire alla luce del giorno; non rimanevano da eseguire che la stampa della copertina e la legatura del fascicolo; soggiungevo tuttavia che, date le sistematiche lungaggini della Tipografia, divenute sempre più irritanti ed incresciose, non era ancora possibile stabilire una data approssimativa per la consegna del libro alla Società. La dolorosa vertenza circa la stampa dell’Appendice contenente le Note supplementari alla Liguria preistorica erasi accompagnata e quasi intrecciata con le non buone condizioni di salute del prof- Issel, al cui inasprimento essa aveva, per quanto io credo, pur troppo contribuito. Le quali condizioni avevano mosso più volte lo stesso professore a presentare la sua rinunzia alla presidenza della Società. Ripetutamente il vicepresidente Volpicella erasi adoperato per far desistere l’illustre uomo dai suoi propositi od almeno per ottenere che le divisate dimissioni venissero da lui protratte fino all’anno prossimo 1922, e pareva che l’issel avesse finito coll’acconsentire. Ma erano apparenze e vane speranze, perchè questi tornava ad insistere, sulla sua risoluzione di ritirarsi dall’ufficio presidenziale, in una lettera del 29 giugno 1921 a me diretta, nella quale, dopo avermi informato che « il deperimento di cui soffriva non accennava a mitigarsi e che a cagione della sua grave età sarebbe stato vano sperare nella guarigione », mi pregava, come già aveva esortato il cav. Volpicella, « di non indugiare troppo a far note le sue condizioni al Consiglio direttivo, affinchè, nell’interesse del Sodalizio, volesse prendere i provvedimenti del caso per sostituirlo nella Presidenza», u 162 Società Ligure di Storia Patria Mi recai subito, in seguito a questa lettera, dal prof. Issel, che trovai effettivamente non poco deperito. Ritenevo dapprima che le sue dimissioni fosseio da ascrivere principalmente al timore ch’egli avesse d’incorrere in qualche responsabilità nel governo della Società, al quale il suo stato di salute non gli permetteva più di partecipare in modo effettivo. Dalla mia visita acquistai invece la persuasione che esse erano massimamente dovute ad un sentimento di delicatezza, che spingeva il vecchio professore a ritirarsi per non poter egli oramai adempiere ai doveri dell’ufficio presidenziale con lo zelo e lo scrupolo a lui consueti. 11 pensiero che la Società avesse danno dal conservare egli, presidente, la direzione nominale di essa senza esercitarne le funzioni, e che si potesse credere che a conservarla fosse spinto da vanità, gli era di cruccio, e lo induceva a pregare i colleghi di volerlo esonerare da una carica che, secondo egli stimava, avrebbe potuto essere più utilmente tenuta da altri. Di tutto ciò il vicepresidente Volpicella ed io ragguagliammo il Consiglio direttivo radunato il 4 luglio 1921, che discusse lungamente la questione e finì col deliberare ad unanimità: « Di non accettare le dimissioni da presidente del prof. Arturo Issel, pur riconoscendo fondate e legittime le ragioni colle quali venivano giustificate, ed apprezzando altamente il sentimento di delicatezza da cui erano mosse; e d’incaricare la Vicepresidenza, ed in particolare il vicepresidente anziano cav. uff. Volpicella, di compiere tutte le funzioni spettanti al Presidente, per modo che questi rimanesse esonerato da qualunque atto e da qualunque responsabilità alle stesse inerenti, fino a che il suo stato di salute gli permettesse di riprendere l’esercizio della carica ». Le cose andarono innanzi per qualche mese secondo ravviamento segnato dalla su riferita deliberazione consiliare. Mentre presso lo Stabilimento tipografico tecnico industriale condotto dal Sambolino davasi l’ultima mano alla stampa delle Note supplementari alla Liguria preistorica, il presidente Issel, in data 10 novembre 1921, inviava al Consiglio il testo di un 'Avvertenza ch’egli avrebbe voluto fosse stampata, con altri torchi, in foglio staccato da unire al fascicolo contenente le dette Note. Nella quale Avvertenza si diffondeva a parlare dello inusitato ritardo della pubblicazione del fascicolo stesso e dei gravi errori che sarebbero stati in esso commessi durante il lungo periodo della stampa; ritardo ed errori dovuti, secondo egli dichiarava, alla colpevole negligenza ed alla mala volontà del tipografo, nonché alla deficienza della tipografia. Concludeva affermando che non poteva riconoscere per sua una pubblicazione che non era stata da lui licenziata per la tiratura, e per la quale non erasi tenuto alcun conto delle sue calde e reiterate raccomandazioni. Questo scritto, di cui talune espressioni a carico del tipografo avreb- Relazione 163 bero anche potuto provocare un’azione legale da parte di costui contro la Società, e la cui conclusione avrebbe, se resa pubblica, certamente nociuto alla riputazione dello stesso Sodalizio nostro, diede luogo ad un amichevole intervento presso il presidente Issel, così del vicepresidente comm. Volpicella come del vicepresidente avv. Pier Francesco Casaretto, tanto per via epistolare quanto per mezzo di interposte persone. Frutto di tale intervento fu una seconda missiva del prof. Issel in data del 22 dicembre 1921, colla quale egli, invece della dichiarazione precedente, proponeva quest’altra, da stampare in foglio a parte e da unire alla sua memoria. Eccola: « L’autore avverte che questa memoria non è precisamente conforme all’originale consegnato fin dall’anno scorso alla Società, non essendo state eseguite tutte le correzioni segnate nelle ultime prove di stampa. Fra gli altri errori vi rimasero parecchi paragrafi spostati ». Anche a questa dichiarazione muovevano osservazioni il comm. Volpi-cella, il march. Spinola e Io scrivente segretario, in conseguenza delle quali il Consiglio, in sua seduta del predetto giorno 22 dicembre 1921, riteneva opportuno di rimandare l’approvazione o meno della proposta dell’lssel a dopo che il tipografo avesse consegnato il fascicolo anzidetto, e dato così modo all’autore di riscontrare lo stampato col manoscritto e di verificare se effettivamente fossero state commesse le scorrezioni e le incongruenze da lui presunte. La consegna del fascicolo succedette nella prima quindicina del gennaio 1922, ed a suggello delle peripezie occorse nella stampa di esso, il tipografo non fu neppure in grado di fornire alla Società tutte le cinquecento copie commesse; poiché, non so se per difetto di carta o per incuria di chi era preposto alla tiratura, ne vennero a mancare da trenta a quaranta. Pochi giorni dopo la detta consegna, il prof. Issel, sempre sofferente per le sue condizioni di salute, fu altresì colpito ed oppresso per la morte della moglie. Le sue preoccupazioni circa la mala riuscita della tanto attesa pubblicazione passarono in seconda linea, e nessuna nuova eco di esse ebbe più a sentire la Società. 11 fascicolo, che risultò di pagine 88, venne distribuito nella primavera del 1922 insieme col fascicolo delle necrologie dei soci mancati dal giugno 1919 al febbraio 1922 (Appendice al fase. I del volume XLIX). Non saprei determinare il valore scientifico di codeste Note supplementari alla Liguria preistorica; certo non è grande, sia per manco di originalità sia forse ancora per difetto di organicità, da poiché esse non fanno che elencare cose già pubblicate ed illustrate da altri e dallo stesso Issel col solo nesso del loro riferimento alla preistoria della Liguria. In quanto agli errori ed ai disordini imputati al tipografo dall’autore, io credo che questi, 164 Società Ligure di Storia Patria deluso e inasprito nell’aspettazione di una fine di stampa di continuo protratta, esagerasse grandemente e da un certo punto in poi desse corpo ai fantasmi del suo cervello sovraeccitato dalla malattia. Il fatto è, che io, per cagione del mio ufficio di segretario della Società, dopo avere in alcuni periodi di tempo assistito l’autore nella revisione delle bozze, volendo alla fine aggiungere un’errata-corrige, lessi attentamente il fascicolo stampato, e, quantunque il mio giudizio non sia di persona versata negli studj coltivati con tanto splendore di dottrina dalPIssel, debbo dire che non riscontrai affatto quei gravi mancamenti da lui attribuiti al tipografo. L unica irregolarità di rilievo da me trovata fu quella della ripetizione di un brano, riguardante i babà della Russia, del quale l’autore aveva fatto due esposizioni o stesure alquanto diverse fra di loro nella forma, e si era poi dimenticato, nel manoscritto trasmesso in tipografia, di cancellare la prima, lo provvidi subito ad ovviare all’inconveniente facendo ristampare, emendato, il quarto di foglio (4 pagine) contenente il brano suddetto, e riempiendo il vacuo, lasciato dalla soppressione della prima stesura, con una illustrazione figurativa (1). CORPO EPIGRAFICO LUNENSE. Il dottor Ubaldo Mazzini, direttore della Biblioteca e del Museo comunale della Spezia nonché R. Ispettore degli scavi e monumenti per il Circondario della Spezia e per il Mandamento dell’Aulla, mi aveva più volte parlato, nella occasione di alcune mie gite in quella città durante il 1921, dei suoi studj intorno alle iscrizioni di Luni, e richiesto da ultimo se la nostra Società fosse stata disposta a pubblicare negli Atti un corpo di dette iscrizioni che comprendesse, oltre tutta la materia già edita o illustrata da Carlo Promis, Teodoro Mommsen, Angelo Alberto Remedi, Angelo Sanguineti, Celestino Cavedoni, Paolo Podestà, Eugenio Bormann, ecc. materia da rivedere e da correggere — anche tutte le altre epigrafi venute in luce e ridiscusse e vagliate fino a quell’anno. Il Mazzini occupavasi da tempo, secondo egli stesso dichiarava nel Giornale storico della Lunigiana, di « raccogliere e pubblicare iscrizioni lunensi tornate nuovamente alla luce, o comunque inedite; oppure nel farne conoscere delle mal note, o nel correggere errate lezioni di già divulgate, o nel proporne supplementi e interpretazioni che stimava convenienti. Questo faccio » — egli aggiungeva « nel- (1) L’illustrazione, che rappresenta una stele greca scoperta in Genova a Porta Soprana nel 1910, venne così a trovarsi, per necessità di cose, a pag. 73 dell’Appendice, mentre si riferisce, come io ho indicato sotto di essa, alla notizia data dall’autore a pag. 54. Relazione 165 l’intento di render sempre più compiuta e corretta la raccolta delle epigrafi romane di Luni e della Lunigiana, che è la più copiosa e importante di tutta la Liguria, e di preparare il materiale per la edizione definitiva del Corpus Inscriptionum Lunensium, che ho in mente di fare » (1). D’ingegno acuto e versatile, come tutti gli riconoscevano, egli aveva con indefesso lavoro acquistato nella decifrazione e nell’interpretazione delle epigrafi romane un’abilità ed una padronanza rare a trovarsi in Liguria; cosicché niuno meglio di lui avrebbe potuto dare un’edizione integra dell’epigrafia lunense, con un’accurata bibliografia di ciascuna epigrafe. lo accolsi con viva premura la proposta del Mazzini e presi impegno di portarla dinanzi al Consiglio direttivo; non senza però far presente al nostro valoroso consocio che l’esecuzione di essa avrebbe richiesto una somma di gran lunga soverchiente le capacità finanziarie del Sodalizio, per l’apprestamento della quale sarebbe stato necessario ricorrere al mecenatismo di enti pubblici e privati non che di particolari persone della Lunigiana. Lo invitavo a procurarsi frattanto un preventivo della spesa di stampa da sottoporre allo stesso Consiglio. Questo si riuniva il 22 dicembre 1921, ed intesa la richiesta del Mazzini e premesso che gli Atti per gli anni 1922 e 1923 erano già assegnati ad altri lavori e che nelle più favorevoli congiunture non si sarebbe potuto mettere sotto stampa un nuovo volume se non che verso la fine del 1923, deliberava in massima di accogliere la sumentovata richiesta, considerando che l’opera delle iscrizioni lunensi aveva carattere generale in quanto interessava gli innumerevoli cultori della romanità sparsi in tutto il mondo e rientrava inoltre perfettamente, come studio di archeologia, nell’àmbito delle pubblicazioni sociali. Nel comunicare al Mazzini tale deliberazione io lo avvisavo che il preventivo della spesa, il luogo, la tipografia e tutte le modalità per la stampa dell’opera sarebbero state in seguito stabilite; ma che importava però non indugiare molto a raccogliere la somma di danaro occorrente per essa stampa, non essendo possibile, come già gli avevo detto, che la Società vi provvedesse colle sole sue entrate ordinarie. E nella speranza che un buon contributo sarebbe stato dato da Enti pubblici e da persone private della Lunigiana, io lo pregavo di fornirmi le relative ed opportune indicazioni per fare le prime (1) U. M. (Ubaldo Mazzini), Iscrizione lunense inedita; in Giornale storico della Lunigiana, volume XI, fase. Ili; pp. 176-177. Per l’indicazione degli scritti del Mazzini riguardanti epigrafi lunensi può vedersi la bibliografia di lui pubblicata da Ubaldo Formentini in Giornale storico della Lunigiana, anno XIII, fascicolo terzo, pp. 176-199, specialmente ai numeri 101, 126, 128, 157, 159, 164, 168, 173, 180, 191, 192, 194, 196, 210, 231. 166 Società Ligure di Storia Patria domande a tale scopo. Egli mi rispose piuttosto tardi con lettera del 13 febbraio 1922, nella quale, dopo essersi giustificato del ritardo dovuto « ad una serie di malanni » — così scrivevami — « che non Le enumero per non tediarla », mi assicurava che si sarebbe messo attorno aH’ordinamento del materiale epigrafico appena gli fosse stato possibile, sperando di condurlo a termine nel tempo più o meno determinato: « ma se si dovesse andare » — egli soggiungeva — « anche un poco più in là, io non credo che ciò potrà guastare ». Circa alle indicazioni richiestegli di « Enti pubblici e di persone private che si presumono disposti a contribuire alle spese di pubblicazione » — così proseguiva — « io ho già provato a fare una nota che, per ora, è arrivata al numero di 16 fra enti e persone, naturalmente quotabili in diversa misura. Siccome non è cosa che urga, penso di attendere ad inviargliela quando l’avrò potuta accrescere di qualche altro nome. Se la vuole subito, me Io scriva ». Oli riscrissi infatti in data 22 febbraio 1922 ripetendogli ch’era bene non tardare di troppo a far ricorso a coloro che si trovavano in grado di sussidiare la stampa del volume delle iscrizioni lunensi, e concludevo: « se Ella mi manderà l’elenco dei possibili ed eventuali sovventori, mi farà grandissimo favore ». Non ricevetti nessun elenco, e per parecchi mesi non seppi più nulla del Corpo epigrafico lunense. Rividi nell’estate del 1922 il Mazzini, che mi accennò alle difficoltà di procurarsi talune pubblicazioni che dovevano servirgli per il riscontro delle epigrafi, specialmente quella, se ben ricordo, del Bormann (Corpus inscriptionum Lunensium). Compresi che il lavoro procedeva lentamente, ed in attesa del giorno in cui il nostro egregio consocio mi significasse di averlo pronto per la stampa, io, occupato d’altronde in sempre nuove ed incalzanti cure sociali, non ebbi più occasione di scrivergli in proposito. Pur troppo l’atteso giorno non venne ! Il Mazzini moriva improvvisamente nella prima decade del luglio 1923 in Pontremoli, e la morte di lui sottrasse alla Lunigiana chi solo poteva darle, a questi tempi, l’edizione compiuta corretta ed illustrata del Corpus delle iscrizioni della sua antica metropoli romana. UNO SCRITTO SUL CHIABRERA NON ACCOLTO NEGLI ATT1 Nel novembre del 1921 pervenne alla Presidenza della Società una lettera in data del 14 di esso mese, colla quale il consocio prof. Francesco Luigi Mannucci annunziava di aver ultimato « dopo lunghi anni di pazienti ricerche un lavoro su La lirica di Gabriello Chiabrera (Storia e caratteri) », e pregava la medesima Presidenza di volergli significare se era disposta ad accogliere Relazione 167 il predetto lavoro negli Atti sociali. La richiesta del Mannucci fu sottoposta al Consiglio direttivo nell’adunanza del 22 dicembre 1921, insieme con quella del Mazzini di cui ho parlato dianzi. 11 Consiglio, considerando che l’opera del Mannucci rivestiva carattere critico-letterario anziché storico e mal conveniva perciò ai nostri Atti, oltre che avrebbe potuto per avventura suscitare incresciose polemiche a danno della Società qualora la fama del Chiabrera, come pareva da notizie divulgate dallo stesso autore e giunte a taluno dei consiglieri, ne fosse stata menomata od oscurata, deliberava di non accoglierla nei volumi sociali. Veramente codesta cura o preoccupazione della fama del Chiabrera costituiva per se stessa un argomento troppo debole per respingere lo scritto profferto; anzi, la novità della tesi di questo, quando fosse stata riconosciuta solidamente basata e confortata da prove irrefragabili, poteva per contro essere un motivo in favore della pubblicazione di siffatto scritto. Sennonché tale tesi ribadiva e rafforzava l’indole essenzialmente letteraria dell’opera del Mannucci, e la rendeva maggiormente inadatta ai nostri Atti serbati per ordinario alla esposizione ed alla illustrazione di documenti storici (1). AZIONI E PRATICHE DIVERSE Altre opere vennero esaminate ed altre pubblicazioni apprestate o iniziate negli anni 1921 e 1922 durante la presidenza del prof. Issel, divenuta negli ultimi mesi semplicemente nominale per effetto della infermità di lui; ma di esse dirò più acconciamente sotto la presidenza di Luigi Volpicella seguita a quella dell’Issel. Prima di passare alla nuova presidenza voglio ancora intrattenermi su alcune azioni e pratiche incamminate o compiute nel tempo del governo di Arturo Issel. Progetto di una missione storica nel Levante mediterraneo. — Verso la fine di febbraio del 1921 la nostra Società ricevette dalla R. Deputazione Veneta di Storia Patria la lettera seguente. (1) L’opera di Francesco Luigi Mannucci venne poi pubblicata nel 1926 dalla Società anonima editrice Francesco Perrella; e formò il vol. IX, di pagine 298, della Biblioteca della « Rassegna ». Una recensione di essa, del prof. Vito Vitale, trovasi in Giornale storico e letterario della Liguria, Nuova serie diretta da Francesco Luigi Mannucci e Ubaldo Formentini, anno II, 1926, pp. 294-296. 168 Società Ligure di Storia Patria Venezia, 22 febbraio 1921. « Ch.mo Signor Presidente della Società Ligure di Storia Patria, « Genova. « Non occorre rilevare qui l’importanza dei ricordi genovesi e veneziani che, in grazia forse dell’apatia turca, restano ancora in Levante, nè è difficile prevedere che quei ricordi, resi oggi più visibili ed accessibili all’ingordigia europea, corrono maggior pericolo di scomparire in breve tempo o comunque esser volti a servizio di studiosi, specialmente francesi, che tengono sovratutto presenti i fini politici e gli interessi del loro paese, contrastanti coi nostri. Gioverebbe dunque per la storia nostra e anche per gli interessi italiani che Genova e Venezia ricercassero e studiassero convenientemente quanto resta in Levante ad attestare l’opera colà svolta dalle due città, nemiche allora, concordi sorelle oggi. E tale compito spetterebbe senza dubbio ai due nostri sodalizi storici, i quali dovrebbero senz’altro assumere così nobile iniziativa; tanto più che si presenta un’occasione eccezionalmente favorevole. « È noto che in seguito alla Conferenza internazionale per l’esplorazione scientifica del Mediterraneo, tenuta a Madrid nel novembre 1919, fu affidato all’Italia il compito di provvedere all’esplorazione dei mari di Levante. La Missione nostra eseguì una prima campagna nello scorso anno ed una seconda ne intraprenderà nel maggio del corrente. Essa fondò già a Costantinopoli un Istituto per i propri studi ed altro ne fonderà quest’anno. Non sarebbe ora difficile, anzi per quanto mi consta è facile, ottenere dal Ministero degli Esteri che aggregasse alla Missione scientifica una Missione storica composta d’un incaricato di ciascuno dei nostri sodalizi. A tale Missione, ospite della nave che è a disposizione della Missione scientifica, dovrebbero venir forniti dal Ministero della P. Istruzione i mezzi finanziari necessari per compiere l’opera ad essa affidata, giacché i nostri sodalizi possono disporre soltanto di studiosi valenti. Ma, ripeto, ho ragione di credere che i due Ministeri appoggerebbero appunto finanziariamente la nostra iniziativa. Dato il breve tempo che ci divide dall’inizio della nuova campagna, urge-rebbe però rivolgersi a Roma quanto prima possibile; e però, appena codesta on. Presidenza avrà accolta la nostra proposta, di comune accordo potremo cominciare le pratiche necessarie. « Voglia aggradire, Ch.mo Sig. Presidente, le espressioni della mia sincera stima. « Il Presidente Firmato: « G. Biadego ». Relazione 160 A questa lettera io rispondevo subito, a nome della Presidenza, con quest’altra. t ... c. _ Genova, 26 febbraio 1921. « lll.mo Signor Presidente « della R. Deputazione Veneta di Storia Patria « Venezia. « Questa Società ha appreso con vivo interesse quanto è piaciuto a V. S. di parteciparle circa la utilità di aggregare alla Missione scientifica incaiicata della esplorazione dei mari di Levante, una Missione storica intesa ad investigare, ad illustrare ed, occorrendo, a raccogliere ciò che ancora rimane delle memorie lasciate in quei lidi dalle dominazioni dei Veneziani e dei Genovesi. Conviene pertanto pienamente nella proposta fatta dalla stessa S. V. di rivolgere istanza ai Ministeri degli Esteri e della Pubblica Istruzione per avere i mezzi finanziari occorrenti all’uopo. Al quale scopo la Presidenza di questa Società seguirà di buon grado quelle direttive che le saranno indicate da codesta onorevole R. Deputazione Veneta. « Colla massima osservanza, « Per la Presidenza , « Il Segretario « Francesco Poggi ». Una quindicina di giorni appresso il Biadego replicava scrivendo di tutto suo pugno quanto segue. c. n x Venezia, 16 marzo 1921. « Ch.mo Signor Presidente, « Lieto d’avere il consenso di codesta on. Società, mi faccio premura d’informarla che oggi ho scritto al Ministero degli Esteri e al Ministero della P. Istruzione per chiedere che alla Missione scientifica per l’esplorazione dei mari di Levante si voglia aggregare una modesta Missione storico-archeologica per lo studio specialmente delle memorie veneto-genovesi. Nelle mie lettere accennai appunto all’opportunità che nella Missione siano rappresentate e questa R. Deputazione e codesta on. Società per la parte storica, e le Missioni scientifiche italiane in Levante (Museo nazionale romano) per la parte archeologica. Ora sarebbe conveniente che pur codesta on. Società appoggiasse la nostra domanda in via ufficiale e in via privata presso i due Ministeri. « Con l’augurio di raggiungere il nostro intento per il desiderato vantaggio dei nostri studi, mi è caro confermarmi « 11 Presidente « G. Biadego ». Società Ligure di Storia Patria Prima di rivolgersi ai su citati Ministeri, la Presidenza volle assumere informazioni circa la natura ed i procedimenti dell’opera assunta ed in parte già svolta dalla Missione scientifica esploratrice dei mari del Levante, nonché circa la possibililà di far lavorare con frutto a fianco di essa Missione scientifica anche la Missione storica proposta e caldeggiata dal Biàdego. Le notizie raccolte ci persuasero che le due Missioni, quella scientifica e quella storica, non avrebbero potuto procedere insieme nei loro lavori, essendo essenzialmente diversi e contrastanti i bisogni e le esigenze a ciascuna di esse imposti per il conseguimento dei loro fini specifici. Ed invero, mentre l’esplorazione oceanografica imponeva alla nave recante le Missioni di navigare in alto mare e di farvi lunghe stazioni, la ricerca dei resti edilizi o epigrafici o puramente archivistici e documentali degli antichi stabilimenti coloniali dei Genovesi e dei Veneziani richiedeva, per converso, che la medesima nave lambisse le coste e vi prendesse terra con frequenti approdi. Ad ogni modo, perchè ogni cosa ha degli accomodamenti e degli impensati adattamenti, la Presidenza si disponeva a coadiuvare e rinforzare presso il Governo centrale le istanze della R. Deputazione Veneta di Storia Patria, quando, verso la metà d’aprile del 1921, pervenne alla Società la partecipazione dell’inopinata morte di Giuseppe Biàdego. Mancato il convinto e fervido iniziatore dell’impresa, venne anche a mancare ogni concorso da parte nostra, e, credo pure, ogni ulteriore tentativo per portare innanzi la pratica da parte della stessa R. Deputazione Veneta: perchè da questa noi non avemmo nessun’altra comunicazione in materia, oltre quelle sopra riferite. Una lettera dell’Istituto delle missioni scientifiche italiane in Levante circa lo studio e la raccolta delle memorie latine medievali nel Mediterraneo Orientale. Intorno al medesimo argomento della ricerca, esumazione e conservazione, non che dello studio delle memorie lasciate nell’Oriente mediterraneo dalle repubbliche medievali italiane, la Società ebbe da Roma sul principio di giugno del 1921 — e parve invito o mònito mosso dai supremi poteri dello Stato — quest’altra interessante epistola, o circolare, che voglio qui riprodurre per esteso. Relazione 171 « Missioni scientifiche italiane « in Levante * presso il Museo Nazionale Romano. « On. Società Ligure di Storia Patria, Lo studio dei monumenti archeologici e storici del Mediterraneo Orientale, non intermesso neanche durante la guerra europea, è stato ripreso con rinnovato ardore dopo la pace, nè in questo campo di attività scientifica potrebbe senza scapito mancare una partecipazione italiana. Ma al nostro paese mi pare incomba un dovere più specificatamente concreto per quanto riguarda i monumenti delle signorie Latine d’Oriente che sono per tanta parte memorie e glorie italiane. Lo studio di quei monumenti si rende urgente per due ragioni. Primo per correggere le manchevolezze e i travisamenti introdottisi nella storia dell’Oriente Latino per l’opera cospicua che a detta stona hanno dato studiosi francesi, i quali magari inconsapevolmente hanno mirato a far di tutti quegli avvenimenti un capitolo della stona di Francia; secondo per ovviare al pericolo di non far più in tempo a studiare e raccogliere quel materiale, data la sistematica distruzione alla quale in certe regioni d’Oriente esso è da alcuni anni sottoposto. Albanesi e Turchi per incuria e per sospetto, Serbi e Greci per deliberato proposito fanno di tutto per far sparire al più presto queste memorie monumentali, che essi reputano tristi documenti di servaggio e incitamento a nostre mire imperialistiche. Nel regno di Grecia sono già cadute sotto il piccone le fortificazioni venete di Negroponte, buona parte delle mura e delle mirabili fortificazioni di Candia, e di quelle di Canea. Dove non osano arrivare le demolizioni ufficiali, soccorre l’opera di fanatici nazionalisti, come è avvenuta a stemmi veneti in Dalmazia e alla bella porta di Tris Kamares della cinta di Candia, che risparmiata nella demolizione è stata deturpata una notte con qualche carica di gelatina. Non è possibile sperar nulla da un’azione diplomatica, trincerandosi le Autorità locali dietro pretesti di necessità edilizie, igieniche, ecc. Nè è a sperare, che la parte colta e studiosa della popolazione indigena pensi ad opporsi a questi vandalismi per amore della bellezza dell’arte medievale o del rinascimento. È oltremodo sintomatico quanto ad esempio ha scritto l’anno scorso il Dott. Zervos, un greco autore 172 Società Ligure di Storia Patria d’un grosso volume su Rodi. Dopo aver impiegato molte pagine sulla Rodi ellenica dell’età classica, esaltando con enfatiche esagerazioni i più insignificanti avanzi di quel periodo, quando viene a trattare della Rodi dei Cavalieri (che è poi a guardar bene quella per la quale nella storia del mondo Rodi vale qualche cosa più di Nasso o di Chio) se ne esce con queste parole: « Les Chevaliers ont cherché à effacer l’histoire du peuple et tout le passé des insulaires...... ils ont enlevé et fait transporter à l’étranger les monuments historiques qu’ils pouvaient transpoi ter, alors qu’ils détruisaient et anéantissaient les autres..... Et ayant tout détruit, les Chevaliers n’ont su en revanche accumuler que des pierres colossales, et ils n’ont su encore que remplir les murs et les endroits en vue de la ville de leurs écussons et de leurs blasons, de ces témoignages de leur vanité, de leur futilité et de leur égoisme 5>. « Ora la colpa non è poi tutta dei Greci e degli Orientali, perchè anche noi, mentre al pari di tutti gli altri Europei, proseguiamo con sommo studio le indagini e le ricerche archeologiche e abbiamo pertanto persuaso quelle genti, che quei monumenti interessano tutto il mondo civile, e possono essere per gli indigeni sorgente di lucro, non facciamo poi nulla per dimostrare che i nostri monumenti del medio evo latino sono degni di rispetto e di studio non meno dei monumenti classici. Tolto infatti il poderoso lavoro di Giuseppe Gerola sui monumenti veneti dell’isola di Candia, e l’opera amorosa di Amedeo Maiuri per la conservazione e il restauro dei monumenti di Rodi, nulla d’altro è stato fatto da Italiani in prò delle memorie latine nel Levante. « Non voglio con più lunghe considerazioni tediare la S. V. Ili ma, ma, mentre nell’àmbito dei mezzi concessi alle Missioni scientifiche del Levante dal benevolo interessamento del Ministero degli Affari Esteri e di quello della Pubblica Istruzione procuro di far sì che non sia dimenticato lo studio e la raccolta delle memorie latine del Medio Evo, mi permetto di pregare la S- V. 111.ma di voler considerare l’opportunità di una più valida azione per la illustrazione e la difesa di tanto preziosi monumenti, da concordarsi con le Autorità governative e tra gli Enti interessati agli studi storici, a parecchi dei quali rivolgo contemporaneamente questa mia preghiera. « Dev.mo Firmato : « Roberto Paribeni « Direttore del Museo Nazionale Romano ». Relazione 173 La lettera sopra riportata, di talune affermazioni della quale io non vorrei assumere nessuna responsabilità, ebbe da me, per la Presidenza, la risposta infrascritta. Genova, 25 giugno 1921. « lll.mo Signor Roberto Paribeni « Direttore del Museo Nazionale Romano « Roma « La Società Ligure di Storia Patria ha sempre considerato con particolare interesse tutto ciò che si attiene alla ricerca ed esumazione, alla conservazione ed alla illustrazione delle memorie genovesi in Levante. Senza risalire molto indietro, basterà ricordare la Mostra storica coloniale da essa promossa e ordinata in Genova nel 1914, per la raccolta del materiale della quale il suo presidente, ch’era allora il marchese Cesare Imperiale di Sant’Angelo, fece espressamente una crociera lungo le coste dell’Egeo e del Mar Nero durante l’estate del 1913. Le invio un estratto del fase. I del voi. 46° degli Atti di questa Società, dove V. S. troverà larghe notizie col catalogo di detta Mostra. Anche ultimamente, per iniziativa del compianto Giuseppe Biàdego presidente della R. Deputazione Veneta di Storia Patria, questa Società si apprestava a fare opera comune con essa Deputazione presso i Ministeri degli Esteri e dell’istruzione a favore della ricerca e dello studio dei nostri monumenti coloniali in Levante; ma la improvvisa morte del Biàdego sospese ogni pratica in proposito. Ella pertanto troverà sempre in questa Società pronta disposizione a studiare i mezzi più adatti per una efficace difesa dei su ricordati monumenti. « Ciò in risposta alla circolare di V. S. Ill.ma pervenuta pochi giorni fa a questa medesima Società. « Colla massima considerazione, « Il Segretario « Francesco Poggi ». Inoltre la lettera del Paribeni fu comunicata al Consiglio in seduta del 4 luglio 1921, e vi diede luogo ad uno scambio di idee cui parteciparono più o meno tutti i presenti. Come risultato della discussione, il Consiglio accettava la proposta del prof. Alessandro Lattes colla quale 174 Società Ligure di Storia Patria questi prendeva impegno di scrivere al suo collega prof. Alessandro Della Seta, titolare di archeologia presso la R. Università di Genova ed allora in missione ad Atene, per sentire l’autorevole avviso di lui sul miglior modo di provvedere circa l’azione richiesta dal Paribeni, e di rifeiire nella prossima seduta la risposta ch’egli sperava di ottenerne. Ed infatti nella successiva riunione del 10 novembre 1921 il prof. Lattes, conforme alla data promessa, ragguagliava i colleghi del Consiglio di avere scritto al prof. Della Seta e di averne ricevuto in risposta che l’iniziativa per un azione comune delle Società storiche italiane in favore della conservazione e della illustrazione delle memorie patrie nel Mediterraneo orientale era stata suggerita al Paribeni dallo stesso prof. Della Seta, il quale si proponeva di farne oggetto di speciale discussione dopo il suo ritorno in Italia. Non so se 1 annunziata discussione abbia mai avuto luogo, e, se è avvenuta, quali ne siano state le conclusioni pratiche; il fatto è che la nostra Società non ebbe più alcun sentore della faccenda e tanto meno di quella organica opera « da concor darsi con le Autorità governative tra gli Enti interessati agli studi storici », auspicata dal Paribeni. Temo però che, come succede di tutte le cose la cui esecuzione non dipende soltanto dalle buone intenzioni e dalle convinte parole, codesta opera sia tuttora un pio desiderio. Il rintracciamento, l’illustrazione e possibilmente la cura di tutto quanto è rimasto degli edifizi costruiti dai Genovesi nelle terre del Levante mediterraneo da loro un tempo possedute, sono cose per certo interessanti e raccomandabili; ma non si potranno eseguire in modo degno e ta e da trarne risultati abbondanti e vistosi, se non quando una civiltà meno angusta della presente permetterà di adoperare sistematicamente le navi della Marina di Stato, già destinate alla guerra, nelle opere di investigazione scientifica, storiografica, artistica, ecc. In attesa di tempi migliori, io Penso che frattanto si dovrebbe dar mano alla raccolta di tutti i documenti editi e inediti dell’attività politica coloniale esercitata dalla Repubblica di Genova ed in generale dalla gente ligure durante i secoli. Siffatta raccolta e la pubblicazione di essa in un numero adeguato di volumi non richiederebbero nè mezzi straordinari nè spese eccessive; non sarebbero tuttavia tali da poter fare a meno del concorso dello Stato e degli Enti pubblici che, al pari dello Stato, hanno l’obbligo morale di sussidiare, quando occorra, le imprese rivolte all’incremento degli studj e della cultura. Se codesto obbligo fosse fortemente sentito in guisa da diventare uno degli uffici tassativi dei pubblici poteri, la raccolta documentaria si potrebbe estendere a tutte le contrattazioni commerciali concluse dai Genovesi nei paesi forestieri e specialmente nel Levante. E qui torna in campo un idea, che ho Relazione 175 più volte, quantunque inutilmente, bandita, raccomandata, esaltata nei nostii volumi sociali, e che in questo nuovo volume ripeto, confermo, proclamo, cioè l’idea della pubblicazione sistematica degli atti ovvero dei regesti degli atti notarili che ci hanno conservato quelle contrattazioni con tutte le loro condizioni e circostanze: atti storicamente preziosi, perchè rendono e riflettono, attraverso la infinita moltitudine delle minute notizie da essi contenute, tutta l’attività mercantile di allora, che è come dire la maggior parte della vita medievale dei Genovesi e di una notevole parte di quella delle popolazioni che ebbero con costoro rapporti di commercio (1). Per quanto si attiene all’azione politica della Repubblica genovese in Levante, io ho dato nel fase. I del voi. XLVI degli Atti diffusi ragguagli di quel che ha operato la Società Ligure di Storia Patria nell’occasione della Mostra storica coloniale da essa Società raccolta e ordinata in Genova nel 1914. Ho altresì accennato in detto fascicolo, e con qualche maggior particolare anche nel vol. LII (2), al progetto di un Codice diplomatico delle colonie genovesi in Oriente per la cui pubblicazione era già assicurato alla Società, mercè l’opera mirabilmente efficace del presidente march. Imperiale e del comm. Carlo Rossetti, un ragguardevole assegno dal Ministero delle (1) Mentre anche recentemente nel vol. LV degli Atti sociali (pp. LXXVII, CXI-CXII) ho invano fatto appello ai sensi civili e patriottici, ed alla generosità di Istituti e di privati genovesi perchè forniscano una pur minima parte dei loro mezzi finanziari a favore della pubblicazione integrale dei più antichi registri notarili del nostro Archivio di Stato c’è all’estero chi dimostra di apprezzare l’importanza di tali registri e chi dà esempio luminoso di disinteresse e di operosità per metterli alla portata del mondo scientifico internazionale. Ho già additato ed in parte riportato nel voi. LII (Miscellanea geo-topografica, pp. 351-402) le memorie pubblicate a tale scopo durante gli anni 1916-1923 dai signori Eugene H Byme professore dell’Università di Wisconsin (Stati Uniti d’America), e G. I. Bratianu professore dell’Università di Jassy (Rominia), che la nostra Società ha meritamente nominati suoi soci corrispondenti; ora menziono queste altre pubblicazioni, fatte ultimamente dai due chiari autori usufruendo larghissimamente dei predetti registri. Eccone i titoli: Euoene H. Byrne, The genoese colonies in Syria; in The Crusades and other historical essays presented to Dana C. Munro by his former students, Edited by Louis J. Paetow New York, F. S. Crofts and Co. 1928, pp. 139-182. G. I. Bratianu, Actes des notaires génois de Pera et de Caffa de la fin du treizième siècle, (1281-1290); Académie Roumaine, Bucarest, 1927; vol. in-8 di pp. 375 con facsimili di documenti notarili. G. I. Bratianu, Recherches sur le commerce génois dans la mer Noire au XlIIe siècle, avec 5 planches et 1 carte; Paris, Librairie orientaliste Paul Geuthner, 13 Rue Jacob (Vi/ 1929; vol. in-8 di pp. 359. (2) Vedansi gli Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. XLVI, fase 1 pp XCVII-XCVIII; e voi. LII, p. 363. 176 Società Ligure di Storia Patria Colonie, retto in allora da Ferdinando Martini. 11 qual progetto non ebbe poi esecuzione principalmente per effetto della guerra (1). Di ALCUNI QUADRI DEL MUSEO DI ÏEODOSIA, RAPPRESENTANTI LE GRANDIOSE ROVINE DELL’ANTICA FORTEZZA GENOVESE DI SOLDAIA, I QUALI SI TROVANO IN DEPOSITO NELLA nostra sede sociale. - Voglio ancora ricordare, giacche siamo nel tema delle antiche colonie genovesi levantine, come nel marzo del 1919 pervenisse alla Società, per mezzo di un molto cortese signor Rinesi, agente o socio, non saprei bene, della ditta di forniture militari « Ignazio Novaretto e Figlio » della Spezia, una lettera in lingua russa ch’eragh stata affidata nel dicembre del 1918 in Teodosia, alla sua partenza per l’Italia, con preghiera di recapitarla alla stessa Società. La lettera, alla quale il Rinesi ebbe la cornei) Perchè rimanga il ricordo particolareggiato del progetto riguardante la pubblicazione del su indicato Codice diplomatico delle Colonie Genovesi in Oriente e serva eventualmente di richiamo o di addentellato per la ripresa e l’esecuzione di siffatto progetto, voglio qui riportare quanto intorno a questo risulta dai verbali del Consiglio direttivo da me ai debiti temp! del 9 ApRiL£ 1Q15 _ €..... j, ,Jresidente espone in seguito le trattative da lui fatte per la pubblicazione del Codice diplomatico delle Colonie Genovesi, e legge in proposito una lettera del comm. Rossetti, Capo Divisione del Ministero delle Colonie, m cui si contengono le modalità da seguire per ottenere da questo Ministero un congruo sussidio che permetta di iniziare e di portare a compimento con larghezza conveniente di mezzi con serietà scientifica, oltreché con decorosa veste tipografica, l’importante opera pensata dalla nostra Società. Dietro proposta del vicepresidente Issel, il Consiglio, per mantenere a continuità della direzione dell’opera in una sola persona durante tutto il tempo della effettuazione di essa, e indipendentemente dagli eventuali mutamenti nella presidenza della Società Ligure di Storia Patria, nomina a delegato per la pubblicazione del predetto Codice il marchese Cesare Imperiale di Sant’Angelo, attuale presidente della stessa Società. 11 quale dirigerà e curerà l’opera insieme col detto comm. Rossetti.....». ^ Seduta del lo Luglio 1915. — 11 presidente march. Imperiale informa il Consiglio circa « le pratiche da lui fatte a Roma, specialmente mediante il comm. Rossetti, per ottenere il concorso governativo nella pubblicazione del codice succitato; e dà comunicazione di una lettera pervenutagli da parte del ministro delle Colonie Ferdinando Martini, del tenore seguente. « Roma, 3 giugno 1915 « No 4451 « Il Ministro delle Colonie « Caro Marchese, « Apprezzo tutta l’importanza del Codice Diplomatico delle Colonie Liguri, che codesta On. Società si propone di pubblicare; e accolgo, ben volentieri, la richiesta da Lei rivoltami con lettera 12 aprile u. s, disponendo che il Ministero delle Colonie contribuisca nelle relative spese con una sovvenzione di L. 5000 a volume. Il pagamento della sovvenzione per le spese del 1° volume sarà, senz’altro, ordinato non appena Ella ne farà richiesta, indicando il nome e cognome e la qualità della persona autorizzata a riscuotere e quietanzare il relativo Relazione 177 piacenza di unire la traduzione in italiano, venne da lui consegnata al presi en e mare . Imperiale, che in allora trovavasi occasionalmente alla Spezia per il servizio dei motoscafi, e dall’imperiale trasmessa a Genova. Essa proveniva da un avvocato Beniamino Neimann, membro della Commissione dei letterati-archivisti della Tauride, il quale vi annunciava di essere succeduto nella carica di conservatore del Museo di Teodosia a Luigi Kolly, morto 1 anno prima, e chiedeva la restituzione di certi piccoli quadri ad olio, appartenenti allo stesso Museo, che erano stati dal Kolly inviati alla Società per la Mostra storica coloniale del 1914. Il Neimann invitava il nostro Sodalizio, qualora non avesse avuto bisogno di trattenere ulteriormente i predetti quadri, a non rifiutarsi di farne consegna al medesimo signor Rinesi, che aveva gentilmente accettato di riportarli a Teodosia. 11 march. Imperiale, nel trasmettermi la missiva del funzionario russo m’incaricava d’impacchettare le tele richieste e di tenerle apparecchiate per riporle nelle mani del Rinesi. Ad operazione compiuta, io scrivevo a questo facendogli pi esente che la guerra, prima, e gli avvenimenti di Russia poi avevano impedito alla Società di rimandare i quadri al Museo a cui appartenevano; ma che, trovandosi oramai riaperte le vie di comunicazione con la Crimea, che esso signor Rinesi si apprestava a ripercorrere per ricondursi in Teodosia, la stessa Società non aveva più ragione di serbare quei dipinti ed era pronta a consegnarglieli perchè egli li restituisse al loro legittimo proprietario. Concludevo partecipandogli che essi erano a disposizione di lui, e se gli fosse tornato più comodo ch’io glieli rimettessi alla Spezia, me ne avvertisse, e mi facesse inoltre conoscere la probabile data della sua partenza per la Russia. Tutto ciò avveniva durante la pausa in cui gli eserciti degli avversari del Governo sovietico erano riusciti a metter piede sulle coste russe del mar mandato. La sovvenzione per le spese di ogni successivo volume sarà, poi, pagata non aooena compiuta la pubblicazione del volume precedente e dopo l’invio a questo Ministero di cinquanta copie di esso. « Gradisca, caro Marchese, i miei più cordiali saluti. Firmato: Martini « lll.mo Signor « Marchese Cesare Imperiale di Sant’Angelo Genova (Villa Imperiale) ». « In quanto alla riscossione delle prime lire cinquemila, il Presidente dichiara che si metterà d’accordo col sullodato comm. Rossetti; col quale, come condirettore dell’opera stabilirà altresì tutte le norme per la stampa del Codice. Avverte però che essendo statò esso commendatore richiamalo sotto le armi in causa della guerra, la pubblicazione dovrà essere inevitabilmente ritardata. A domanda del consigliere Balbi, egli aggiunge che il primo volume del Codice riguarderebbe la colonia di Pera.....». 12 178 Società Ligure di Storia Patria Nero; ma essendo stati indi a poco ricacciati da quei lidi, le cose si ridussero allo stato immediatamente anteriore, e le relazioni tra l’Italia e la Crimea, per breve tempo riprese, vennero di nuovo troncate, ed al Rinesi non fu più possibile per allora, nè forse per alcuni anni appresso, raggiungere Teodosia. 1 quadri restarono a Genova nella nostra sede sociale, senza essere più reclamati dalla Direzione di quel Museo russo; e nonostante che da un pezzo siano stati ristabiliti i rapporti commerciali fra i porti russi e italiani, vi sono tuttora, in attesa di far ritorno alla loro legittima sede. Essi sono in numero di otto, sette di dimensioni pressoché uguali oscillanti in lunghezza fra un massimo di cm. 54 ed un minimo di cm. 50, ed in larghezza fra un massimo di cm. 38 ed un minimo di cm. 32; ed uno, più piccolo, di cm. 39 per cm. 23. Furono dipinti dal vero nel 1901 per mano di K. F. Bogaiesky (ovvero Bogajewscky), il cui nome o firma comparisce in caratteri latini sulla faccia anteriore ed in caratteri russi a tergo di ogni quadro; mancano di cornice e consistono semplicemente in tele tirate ed assicurate su telaj di legno. Rappresentano i monumentali avanzi dell’antica cittadella genovese di Soldaia (muri di cinta, torri, porte, ponti, cappella, ecc.), parecchi dei quali restaurati a cura o sotto gli auspicj del Governo russo in anni compresi fra il 1880 e il 1900, e le cui vedute, per altre riproduzioni, sono a quest’ora note agli studiosi genovesi, massime dopo la Mostra storica coloniale del 1914, ed eziandio per effetto del recente volume LVI dei nostri Atti, che comprende la memoria di Elena Skrzinska, Inscriptions latines des colonies génoises en Crimée, con le illustrazioni figurative di quelle imponenti rovine. Siccome gli anzidetti otto quadri furono eseguiti sotto la viva impressione del vero da un artista non dozzinale, e riflettono quindi efficacemente lo stato dell’antica opera militare genovese di Soldaia quale presentavasi nel 1901; e siccome inoltre si devono pur rendere alla città di Teodosia, che li ha prestati ma non dati: così la nostra Società, desiderosa che ne rimanesse a Genova la fedele riproduzione, suggeriva fin dal 1921-22 al comm. Orlando Grosso, direttore dell’Ufficio civico di arte e storia, di farne ricavare le copie, in fotografia od in pittura, ad uso di esso Ufficio ovvero di quel Museo marittimo coloniale che verrà quando che sia istituito dal Comune genovese-Ed egli, accogliendo il nostro suggerimento, provvide nel primo semestre del 1922 a farli ritrarre su tela dal pittore Guido Galletti; il quale lavorò sì egregiamente che, chi ebbe allora sott’occhio gli originali e le copie non distingueva queste da quelli. 179 Irrevocabile conferma delle dimissioni del prof. Issel da presidente della Società. — Nell’adunanza consiliare del 23 marzo 1922 il march. Onofrio Sauli partecipava ai colleghi ottime notizie della salute del presidente prof. Issel, che trovavasi oramai in grado di uscire di casa, e ch’egli aveva avuto occasione d’incontrare alcuni giorni innanzi; ed alla lieta novella i consiglieri presenti deliberavano, su proposta del vicepresidente Volpicella, di trasmettere al venerando vecchio i veraci rallegramenti del Consiglio per la conseguita guarigione. I rallegramenti furono inviati per iscritto dallo stesso Volpicella, al quale l’illustre professore rispondeva premurosamente i ingraziando. Nella sua lettera di risposta Plssel confermava che, per effetto di una cura ricostituente, era alquanto scemata la depressione fisica della quale soffriva, ma aggiungeva di sentirsi ben lontano dalla guarigione, che alla sua grave età non sperava affatto di conseguire. « Intanto > — così egli continuava « mi incombe l’obbligo di destinare le scarse forze di cui posso ancora disporre al disimpegno di urgenti incombenze nell’interesse della mia famiglia..... Perciò, malgrado il gentile invito che Ella mi rivolge, anche a nome del Consiglio direttivo della Società Ligure di Storia Patria, invito di cui altamente mi onoro, persisto nel fermo proposito di non riassumere l’ufficio di Presidente, dal quale, in seguito alle mie precedenti dichiarazioni ritengo di essere esonerato. La prego pure di provvedere acciocché non mi sia più attribuito un titolo che non mi spetta____». Nel dar lettura di essa risposta al Consiglio, in seduta del 6 aprile 1922, il vicepresidente Volpicella avvertiva che il prof. Issel aveva interpretato la lettera che recavagli i profferiti rallegramenti, come un invito a riprendere da parte sua l’esercizio della carica presidenziale; mentre codesto invito, non solo non era stato menomamente espresso, ma erasi a bello studio evitato per non dare allo stesso Issel alcun motivo di ritornare sull’argomento delle proprie dimissioni da presidente. Il Volpicella ricordava tutti i tentativi fatti presso l’Issel perchè questi recedesse dalle suddette dimissioni, da lui date e rinnovate più volle, e che il Consiglio lusingavasi di essere riuscito a deprecare col temporaneo congedo accordatogli quando egli era caduto ammalato; e manifestava l’avviso che ormai, dopo la su riferita lettera dell’insigne uomo, fosse perfettamente inutile ripetere altri consimili tentativi ed insistenze: ad ogni modo, se ne rimetteva al Consiglio e pregava i colleghi di voler significare il loro pensiero in proposito. Il consigliere Balbi notava che l’accettare o no le dimissioni del Presidente era di pertinenza dell’As-semblea, alla quale pertanto il Consiglio trovavasi in obbligo di presentarle. Molto probabilmente ('Assemblea le respingerebbe, anche in considerazione che alla fine del 1922 scadevano tutte le cariche sociali e dovevano quindi 180 Società Ligure di Storia Patria aver luogo le elezioni generali. Anch’egli non credeva che fosse il caso di fare altri passi perchè l’issel rinunziasse alla sua decisione; ma non credeva neppure che il Consiglio dovesse proporre senz’altro la nomina di un nuovo presidente prima di detta scadenza, cosa che potrebbe, se mai, deliberare l’Assemblea. Egualmente i consiglieri Sopranis, Spinola e Sauli riputavano doveroso di comunicare le dimissioni del prof. Issel all Assemblea, ed il consigliere Lattes aggiungeva che conveniva altresì esporre alla stessa i precedenti del fatto informandola di tutte le pratiche invano esperite perchè quelle venissero ritirate. Dopo di che il Consiglio stabiliva di mettere all ordine del giorno della prossima Assemblea ordinaria, che, per disposizione dello statuto sociale, doveva essere convocata per sentire la relazione dei revisori dei conti ed approvare o meno il bilancio consuntivo del 1921, anche la comunicazione delle dimissioni da presidente della Società del prof. Arturo Issel. L’Assemblea si riunì il giorno di sabato 20 maggio 1922 sotto la presidenza del vicepresidente anziano comm. Luigi Volpicella, e udite le dimissioni del prof. Issel con le loro vicissitudini, ne fece argomento di larga discussione. Escluso il tentativo di ritornare ad insistere presso il dimissionario perchè desistesse dalla sua determinazione, non rimanevano che due provvedimenti: o convocare prossimamente di nuovo l’Assemblea per l’elezione di altro presidente; o lasciar correre le cose com’erano procedute fino ad allora, massime durante la malattia del prof. Issel, sotto la vicepresidenza di Luigi Volpicella e di Pier Francesco Casaretto, e attendere il termine dell’anno 1922 col quale scadevano tutte le cariche sociali e dovevano aver luogo le elezioni generali. Prevalse quest’ultimo partito, sostenuto special-mente dal socio prof. Enrico Bensa, il quale, dopo aver esposte varie ragioni a sostegno di esso partito, osservava in ultimo, fra il consenso dei presenti, che, così operando, si veniva a mantenere ancora per tutto il resto del biennio in corso, sebbene nominalmente, il nostro Istituto sotto l’egida della grande e riconosciuta autorità del prof. Issel: il che costituiva, non soltanto un vantaggio morale per Io stesso Istituto, ma anche un meritato riguardo per l’illustre scienziato. Pur troppo, neppure per tutto il rimanente dell’anno la Società potè godere di siffatto benefizio formale, perchè il prof. Issel, dopo un breve ed illusorio miglioramento, ricadde nell’infermità che lo affliggeva, e morì il 27 novembre del 1922. ji jt jt PRESIDENZA DI LUIGI VOLPICELLA jt jt j t Nessuna Assemblea della Società Ligure di Storia Patria fu mai, a mio ricordo, tanto numerosa quanto quella che elesse a presidente effettivo della medesima Società il comm. Luigi Volpicella; e non per il numero soltanto, ma anche per la qualità degli intervenuti, essa rimase memorabile negli annali sociali. A documento di ciò riporto qui sotto il processo verbale al quale io consegnai il resoconto di quella seduta; e voglio riportarlo per intero, perchè le notizie e gli accenni, in esso contenuti, che avrei potuto omettere come cose estranee alla elezione presidenziale, mi serviranno di addentellato a quel che dirò in appresso. « il giorno di sabato 20 gennaio 1923, alle ore 16, si è radunata nella propria sede di Palazzo Rosso in Assemblea ordinaria la Società Ligure di Storia Patria, sotto la presidenza del comm. Luigi Volpicella, vicepresidente anziano di essa Società per il biennio 1921-1922 testé scaduto, presenti i soci effettivi: ing. Giuseppe Ammirato, avv. Giulio Balbi, march. Lodovico Balbi, cav. Giuseppe Balduino, signor Eugenio Belimbau, prof. avv. Enrico Bensa, avv. Pietro Bertelli, avv. Eugenio Borelli, prof. Carlo Bornate, avv Gerolamo Bonguadagno, sac. Domenico Cambiaso, prof. Giovanni Campora, march. Antonio Carrega, avv. Pier Francesco Casaretto, march. Giuseppe Cattaneo, cav. Luigi Augusto Cervetto, dott. Marcello Cipollina, dott. Edoardo Croce Bermondi, march. Gian Carlo Doria, march. Lodovico Doria Lamba, cav. Arturo Ferretto, ing. Carlo Fuselli, march. Lodovico Gavotti, prof Orlando Grosso, march. Giuseppe Invrea, ing. arch. Mario Labò, prof. Alessandro Lattes, sac. prof. Emilio Mangini, prof. Francesco Luigi Mannucci, avv. Emilio Marengo, sacer. Alfredo Marsano, ing. Riccardo Massone, dott! Gerolamo Alorgavi, avv. Giuseppe Morgavi, sig. Pietro Muttini, notaro 182 Società Ligure di Storia Patria Augusto Noziglia, march. Alessandro Pallavicino, march. Gerolamo Pallavicino, march. Agostino Pinelli Gentile, march. Carlo Maria Piuma, sig. Riccardo Puppo, conte Carlo Raggio, avv. Ernesto Rebaudi, prof. Franco Ridella, march. Ambrogio Sauli, march. Onofrio Sauli, sig. Angelo Scorza, conte Gianni Serpi, avv. Luigi Serafino Serra, march. Bernardo Sopranis, march. Giuseppe Sopranis, march. Paolo Alerame Spinola, dott. Giuseppe Tobino, march. Salvatore Pes di Villamarina, e prof. Francesco Poggi segretario. Ha scusato la sua assenza il Cav. Amedeo Pescio. Letto dal segretario ed approvato dall’Assemblea il processo verbale della precedente seduta del 20 maggio 1922, il Presidente fa anzitutto una breve commemorazione dei soci mancati, o che si seppero mancati, dopo quella seduta: sac. Giovanni Lagomarsino, march, ing. Giorgio Doria, march. Marcello Dui azzo, conte grand’uffiz. Giovanni Sforza, comm. avv. Cristoforo Musso Piantelli, prof, comm. Arturo Issel e nob. grand’uffiz. Gerolamo Da Passano; soffermandosi specialmente sul prof. Issel, già presidente autorevole e benemerito del nostro Istituto, geologo e paletnologo di fama più che italiana, sul march. Doria, colpito da morte repentina ed immatura mentre stava compiendo per mandato del Consiglio provinciale di cui era membro un sopraluogo in vai di Vara, e sul conte Sforza, storiografo d’inesauribile attività e di portentosa erudizione, che apparteneva alla Società Ligure di Storia Patria come socio corrispondente dal 1874 e poi come socio onorario dal 1921. Di essi tutti sarà fatta, secondo il consueto, più larga e durevole ricordanza in uno dei prossimi volumi degli Atti sociali. Nonostante queste gravi perdite, .il movimento dei soci effettivi nell’anno 1922 si concluse con un accrescimento del numero degli iscritti; poiché contro 12 mancati per morte o per dimissione, si ebbero 23 nuovi eletti. « Il Presidente informa quindi PAssemblea che la Società ha ricevuto, dopo I’anzidetta seduta del 20 maggio, lire 500 dalla Navigazione Generale Italiana e lire 400 dalla Banca d’Italia a titolo di elargizione in risposta all’appello da essa rivolto nel 1921 e ripetuto nel 1922, così a queste come ad altre istituzioni commerciali e bancarie, per un sussidio ad alleviamento della ponderosa spesa di stampa dei volumi sociali. La quale è aumentata in questi ultimi anni così fattamente che la Società si è trovata e si trova, pur troppo, tuttavia, se vuole assolvere con efficacia e continuità il proprio compito, nella necessità di rivolgersi alla generosità di dette istituzioni, almeno fino a che un qualche mecenate non l’aiuti con larga liberalità a formarsi un patrimonio i cui frutti sopperiscano ai lamentati mancamenti. Anche il Ministero dell’istruzione ha accordato nel 1922 alla Società un sussidio straordinario di lire cinquemila, oltre il consueto assegno di lire 1500. Relazione (< Queste ed altre elargizioni di cui venne data contezza nelle sedute precedenti hanno, insieme con le ordinarie contribuzioni dei soci, permesso al Sodalizio di riprendere ed altresì di accrescere la propria attività; sicché è stato possibile, non solamente di stampare il vol. L degli Atti, che ha veduto appunto or ora la luce e di cui il Presidente presenta alFAssemblea i primi esemplari (volume contenente le Lettere di Carlo Ottone per gli anni 1672,73 e 74 in continuazione di quelle pubblicate nel voi. XLV), ma anche di dar opera al volume I della Serie del Risorgimento collo scritto del socio Franco Ridella intitolato La vita e i tempi di Cesare Cabella, del quale sta per finire la stampa. Il primo di essi volumi verrà distribuito subito, ed il secondo dopo le feste pasquali; ed insieme col primo verrà pure distribuito un elenco o catalogo a stampa dei volumi degli Atti e delle altre pubblicazioni sociali ancora disponibili per la vendita, che i soci potranno acquistare collo sconto del 40 /o sui prezzi ivi segnati. Trovasi inoltre sotto i torchi l’opera postuma di Giovanni Sforza su Ennio Quirino Visconti e la sua Famiglia. È proposito poi del Consiglio direttivo di dare principio in quest’anno alla stampa di un volume di Miscellanea storica, porgendo in tal guisa occasione a parecchi soci, valenti cultori di storia regionale, di collaborare efficacemente alla compilazione degli Atti sociali. Lo stesso Consiglio ha parimente deliberato di pubblicare periodicamente, a cominciare, se sarà possibile, dall’anno corrente, un bollettino destinato a raccogliere l’albo dei soci, le necrologie dei soci defunti, l’elenco dei libri entrati di recente a far parte della biblioteca sociale, ed ogni altra notizia concernente l’andamento e l’opera della Società. Aggiunge ancora il Presidente di avere, in osservanza alla deliberazione dell’Assemblea del 20 maggio u. s., costituita la Commissione per l’opera delle targhe storiche destinate alle vie ed alle piazze di Genova, delle quali si parlò in essa Assemblea, chiamandovi i soci prof. avv. Enrico Bensa, prof. cav. Luigi Augusto Cervetto, prof. avv. Emilio Marengo, ing. arch. Mario Labò e prof. Francesco Poggi, e tenendone egli medesimo la presidenza. « Esaurito così il primo articolo dell’ordine del giorno riguardante le comunicazioni della Presidenza, il comm. Volpicella passa al secondo recante il bilancio preventivo del 1923 ed invita il segretario a dar lettura di esso bilancio, del quale egli fa inoltre distribuire e circolare alcune copie fra i presenti. A lettura finita, nessuno chiedendo la parola, il Presidente mette in votazione il detto bilancio, che viene senz’altro approvato. Un esemplare dello stesso è allegato al presente verbale. « Dopo ciò il comm. Volpicella indice le elezioni per la nomina del Presidente, dei due Vicepresidenti, dei dodici Consiglieri e dei tre Revisori dei conti della Società, e sospende la seduta per una diecina di minuti allo 184 Società Ligure di Storia Patria scopo di dar modo ai votanti di preparare le schede di votazione. Il segretario procede quindi all’appello dei presenti, ciascuno dei quali, alla propria chiamata, depone quattro schede, una per ogni votazione, ordinatamente nelle quattro urne a ciò preparate nel tavolo della Presidenza. Ultimata la votazione, il Presidente invita i due soci più giovani fra i presenti, signori Eugenio Belimbau e march. Carlo Maria Piuma, ad eseguire lo spoglio dei voti. 1 risultati dello scrutinio sono i seguenti, di cui Io stesso Presidente fa la proclamazione. « Presenti n. 56, votanti n. 56. Ottengono: Per la nomina del Presidente Comm. Luigi Volpicella voti n. 49 Avv. Pier Francesco Casaretto » » 2 A'iarch. Paolo Alerame Spinola » » 1 Schede bianche » 4 Per i due Vicepresidenti n. 53 Avv. Pier Francesco Casaretto voti Prof. Enrico Bensa y> » 48 March. Paolo Alerame Spinola » » 3 Comm. Luigi Volpicella » » 1 Per i dodici Consiglieri n. 49 Avv. Giulio Balbi voti Prof. Giovanni Campora » » 50 Cav. Luigi Augusto Cervetto » » 50 Comm. Frane. Domenico Costa » » 50 Avv. Ludovico Giordano » » 50 Prof. Alessandro Lattes » j> 49 Avv. Emilio Marengo » » 50 Avv. Giuseppe Morgavi » » 49 Prof. Francesco Poggi » » 50 March. Onofrio Sauli y> » 50 March. Bernardo Sopranis » » 49 March. Paolo Alerame Spinola » » 49 Sac. Domenico Cambiaso » » 1 Ing. arch. Mario Labò » » 1 Avv. Ernesto Rebaudi » » 1 Schede bianche » 4 Relazione 185 Per i tre Revisori dei conti Cav. Michele Bruzzone voti n. Comm. Gian Luigi Lercari » » Ing. Riccardo Massone » » Schede bianche » 53 53 53 3 « Risultano pertanto eletti: a Presidente il comm. Luigi Volpicella; a Vicepresidenti l’avv. prof. Enrico Bensa e l’avv. Pier Francesco Casaretto; a Consiglieri i sig. avv. Giulio Balbi, prof. Giovanni Campora, cav. Luigi Augusto Cervetto, comm. Francesco Domenico Costa, avv. Ludovico Giordano, piof. Alessandro Lattes, avv. Emilio Marengo, avv. Giuseppe Morgavi, prof. Francesco Poggi, march. Onofrio Sauli, march. Bernardo Sopranis, march. Paolo Al era me Spinola; a Revisori dei conti i sig. cav. Michele Bruzzone, comm. Gian Luigi Lercari, ing. Riccardo Massone. « Fatta la proclamazione degli eletti, il Presidente scioglie la seduta alle ore 17 ‘/2 *. Chi conosce le doti d’ingegno, di cultura e di gentilezza di Luigi Volpicella non si stupirà che egli, napoletano, abbia potuto essere elevato, dopo appena quattranni di residenza in Genova, al supremo seggio della Società Ligure di Storia Patria da uomini poco propensi ai forestieri e naturalmente diffidenti e repellenti come i Genovesi ed in generale come tutti noi Liguri. I meriti personali del Volpicella non bastano però a dar ragione della sua nomina a presidente. Due motivi specifici vi contribuirono in modo principale, e cioè: in primo luogo l’essere egli il soprintendente dell’Archivio di Stato di Genova, donde la nostra Società attinge per ordinario la materia dei suoi Atti, ed al quale è legata dalla tradizione e dal ricordo di Cornelio Desimoni e di Luigi Tommaso Belgrano, un tempo questo archivista e quello direttore di esso Archivio, nonché di tanti altri dirigenti ed autorevoli soci che mantennero una non mai interrotta consuetudine di rapporti di studio col suddetto Istituto; in secondo luogo dal trovarsi egli in grado e dall’aver dimostrato, durante la sua vicepresidenza, la volontà di esercitare l’ufficio presidenziale in maniera effettiva e non semplicemente nominale o fittizia. Concorse forsanco alla trionfale nomina di lui il fatto della sua ascrizione alla nobiltà, come patrizio di Giovinazzo e discendente da un’antica schiatta, fra i cui rampolli brillarono nel secolo scorso magistrati e letterati di grido non che cavalieri del supremo militare Ordine di Malta: tutte cose le quali è presumibile abbiano avuto un certo peso in una Società, pari alla nostra, 186 Società Ligure di Storia Patria che comprende il fiore del patriziato genovese, ed un tangibile effetto in un Assemblea, eguale a quella del 20 gennaio 1923, i cui intervenuti appartenevano per un buon terzo al ceto nobile. Non mancavano certamente, e non mancano, fra i Genovesi ed i Liguri uomini capaci per altezza di mente, larghezza di dottrina e cospicuità di condizione sociale di stare alla testa della Società Ligure di Storia Patria; ma, occupati nella professione o presi dalla vita pubblica o affaccendati nel governo dei loro affari privati, era allora sommamente difficile trovare fra loro chi potesse e volesse applicare con cura assidua e sollecita quelle pregevoli qualità a servizio del nostro Sodalizio. PUBBLICAZIONI SOCIALI Imprenderò subito a parlare delle pubblicazioni sociali, principiando da quelle già predisposte nella vicepresidenza del Volpicella durante la infermità del presidente Issel. Nel verbale dianzi riportato si accenna all’opera di Giovanni Sforza sopra Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia, ma io qui debbo aggiungere che, nel tempo stesso in cui l’Amministrazione sociale approvava d’inserire la monografia dello Sforza negli Atti, dei quali essa poi formò il volume LI, adoperavasi altresì per diffondere con una nuova edizione lo scritto di Cesare Imperiale di Sant Angelo su Genova e le sue relazioni con Federico II di Svevia. Le discussioni circa lo accoglimento e la stampa di tali lavori procedettero in seno al Consiglio direttivo, ora di conserva, ora alternandosi; ma io, per maggior chiarezza, ne darò qui un piuttosto esteso ragguaglio con trattazioni distinte, a cominciare da ciò che riguarda il volume dell'imperiale. GENOVA E LE SUE RELAZIONI CON FEDERICO II DI SVEVIA OPERA DI CESARE IMPERIALE DI SANT’ANGELO L’opera su citata del march. Imperiale era per la prima volta venuta in luce a puntate nella Rassegna Nazionale dal maggio al settembre del 1915, col titolo Genova e Federico II di Hohenstaufen; e per quanto scritta con serietà di storico e tessuta con abbondanza di notizie non guari accessibili ai dilettanti, tuttavia, data l’indole di quella rivista letteraria, non aveva po tuto diffondersi in minuti particolari e tanto meno fare sfoggio di note erudite e di documenti. Era dunque naturale che l’autore, finiti i ludi di Marte, pensasse a ripubblicarla compiuta e annotata e tale da essere meglio apprezzata dagli storici di professione. Di fatti egli, in lettera del 6 febbraio Relazione 187 1922 da Venezia, mi significava che, se gli fosse stato possibile di trovare un editore, avrebbe provveduto alla ristampa del suo lavoro per corredarlo di quelle note già da lui in gran parte preparate nel 1914-15 ed ultimamente accresciute. 11 lavoro sarebbe riuscito — così egli diceva — una illustrazione assai utile del periodo di cui trattava il volume III degli Annali genovesi ed in certo modo una continuazione della di lui opera Caffaro e i suoi tempi. Ma egli chiedeva — dove trovare oggi l’editore ? Convien eh’ io dica che il march. Imperiale, appena sbrigatosi delle ultime incombenze pervenutegli in retaggio dalla guerra, aveva ripreso l’assunto di proseguire a pubblicare nella raccolta dell’istituto Storico Italiano, dopo molti anni d’interruzione, gli Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continua-tori; di cui il primo volume, curato dal Belgrano, era venuto fuori nel 1890, ed il secondo volume, condotto a fine dal suddetto marchese con materiale in gran parte lasciato dallo stesso Belgrano, era uscito stampato l’anno 1901. Nel 1922 l’imperiale stava alacremente apprestando il volume III. Alla lettera di lui io risposi il 28 febbraio 1922 accennando alla possibilità di accogliere il suo lavoro su Genova e Federico II negli Atti sociali, quando vi fosse modo di sopperire alla spesa di stampa; ed egli, prendendo l’accenno come una vera e propria proposta — che io, fra l’altro, non avrei neppure avuto autorità di fargli senza il consenso del Consiglio — e per giunta come una proposta effettuabile a breve scadenza, mi diede immediato riscontro il 1° marzo in questo tenore. « La sua proposta di stampare negli Atti, o almeno per conto della Società, il mio lavoro, mi sorride, anche perchè mi ricorderebbe che nel 1896 io curai la stampa, per il presidente onorario di allora, di un suo lavoro; e fu questa, se non erro, l’unica volta in cui una pubblicazione da me curata sia comparsa negli Atti (1). Ella conosce le ragioni di delicatezza che mi consigliarono questo riserbo. Ma ora le confesso che sarei lieto di entrare nelPelenco dei collaboratori degli Atti. Naturalmente, il mio lavoro dovrebbe essere molto ampliato, non soltanto colle note, ma con qualche maggiore sviluppo del testo, e sopratutto con una minuziosa e per quanto è possibile completa illustrazione di tutto quel periodo, veramente interessante, di storia, nella parte almeno che si connette colla storia genovese. Ho già in pronto! per esempio, tutta la serie dei podestà con tutte le notizie annesse su costoro, con un breve riassunto del racconto degli Annali ripartito per anno. Ho già (1) 11 march. Imperiale allude qui alla seconda edizione del lavoro di Cornelio De-simoni Sulle marche d’Italia e sulle loro diramazioni in marchesati, da esso marchese curata accresciuta di altri studi dello stesso autore, corredata di tavole genealogiche e pubblicata in Atti 'della Soc. Lig. di Stor. Patr., vol. XXVIII, fase. 1, pp. 1-338 (a. 1896). 188 Società Ligure di Storia Patria inoltre notizie, che vorrei però completare con ricerche in archivio, sui principali personaggi genovesi di quell’epoca, sulle loro parentele, ecc. Non dovrebbero mancare neppure le notizie di indole topografica. Vorrei insomma che la pubblicazione riuscisse un quadro di quelPepoca e rappresentasse in certo modo la prosecuzione del lavoro delPOlivieri sui consoli (1). -----Per la parte finanziaria si potrebbe, trattandosi di un argomento di storia ligure, chiedere al Municipio il solito concorso, che già altre volte diede ad altre pubblicazioni, acquistandone un certo numero di copie. Ma di ciò a suo tempo. Vorrei soltanto sapere da lei se la pubblicazione potrebbe farsi, e, in questo caso, andare di pari passo con quella che sto curando per l’istituto Storico, e che è in mia facoltà di affrettare o di ritardare di qualche tempo ». A rincalzo di ciò il march. Imperiale, con lettera del 5 marzo, ritornava sull’eventuale concorso del Municipio di Genova dicendomi: « Se crede, potrei scriverne anch’io a due miei amici assessori..... La pubblicazione avrebbe in certo modo anche un carattere d’attualità, perchè la guerra di cui tratta finì appunto con una grande Conferenza a Genova, alla quale convennero i delegati di tutti gli Stati d’Italia, di Francia, d’Inghilterra per trattare come al solito della pace del mondo, che, come al solito, rimase un pio desiderio (2). 11 Municipio potrebbe poi ricordare che in altri tempi, era disposto a concorrere ad una traduzione degli Annali fatta da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi. Ora in certo modo offriremmo qualcosa di più completo, perchè daremmo l'illustrazione di questi Annali, insieme ad un sunto del racconto di essi dal 1194 al 1250 » (3). (1) Agostino Olivieri, Serie dei Consoli del Comune di Genova; in Atti della Soc. Lig. di Stor. Patr., vol. I, fase. Ili, pp. 155-624, (a. 1860). (2) L’attualità cui accenna l’imperiale consisteva nel fatto che, appunto in quell anno 1922 e nel tempo in cui egli scriveva, stava per radunarsi in Genova la nota Conferenza internazionale convocata col fine di discutere e tentare di risolvere le questioni derivate dalla guerra mondiale e dai relativi trattati di pace. La Conferenza fu precisamente inaugurata nel pomeriggio del 10 aprile 1922. (3) Il poeta Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi, morto l’8 agosto 1919, tradusse effettivamente per incarico retribuito del Municipio di Genova gli Annali del solo Caffaro, e la sua traduzione trovasi nel primo volume, uscito l’anno 1923, della edizione in volgare degli Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, che si sta pubblicando a cura di detto Municipio e della quale sono finora venuti in luce cinque volumi e se ne annunciano altri quattro a compimento dell’opera. Il primo volume contiene, oltre gli Annali di Caffaro tradotti dal Roccatagliata-Ceccardi e- preceduti da una prefazione di Achille Beltrami, anche le opere minori dello stesso Caffaro (Storia della presa di Almeria £ di Tortosa, Notizia dei vescovi genovesi, Libro della liberazione delle città d’Oriente, Breve stona del Regno Gerosolimitano) recate in italiano da Giovanni Monleone. I volumi successivi comprendono gli Annali dei Continuatori del Caffaro parimente nella versione di Giovanni Monleone. Relazione 189 11 Consiglio si radunò il 23 marzo 1922 ed io vi esposi la pratica della ripubblicazione dello scritto dell’imperiale nella maniera come l’ho riferita qui sopì a. Aggiunsi che il lavoro presentava un interesse assai grande, riferendosi ad un periodo di eccezionale importanza per Genova, nel quale la Repubblica, nonostante le interne discordie, aveva saputo fronteggiare con mirabile vigore e con potenza ancor più mirabile di apparecchi guerreschi le forze marittime e terrestri riunite dell’imperatore e di Pisa; e che pertanto, esso troverebbe, così per la grandiosità degli avvenimenti come per la vivacità del racconto, buon accoglimento in una cerchia di lettori più ampia di quella che hanno di consueto i nostri Atti ordinariamente composti di documenti d’archivio. Quando poi, come prometteva l’autore, l’opera fosse stata convenientemente ampliata ed illustrata con opportune note, essa, che era allora quasi ignota a Genova, avrebbe potuto essere considerata alla stregua di uno scritto inedito. La sua pubblicazione — così conclusi — era però subordinata alla ricerca dei mezzi atti a provvedere alla spesa di stampa. Il vicepresidente Volpicella si manifestò egli pure, in massima e salvo un più accurato esame della questione, favorevole all’inserzione negli Atti della monografia dell’imperiale; ma osservò che la Società era già impegnata per altri lavori e non poteva dar corso alla nuova pubblicazione se non nel caso in cui il Municipio o altri enti ne fornissero i mezzi. Di pari avviso si dimostrarono i consiglieri Spinola, Campora e Cervetto. Il consigliere Balbi espresse il vivissimo desiderio che la Società trovasse modo di pubblicare l’opera deH’lmperiale, anche per la considerazione che questi, durante la sua lunga presidenza non aveva mai voluto, per soverchia delicatezza, stampare negli Atti i propri lavori storici. Quale risultato della discussione, il Consiglio, mentre si dichiarava unanimemente favorevole all’accoglimento dello studio dell’imperiale negli Atti sociali e lieto di dargli posto onorevole nella nostra collezione, riconosceva tuttavia che la Società, già vincolata per altri lavori, non era in grado, colle entrate ordinarie, di provvedere per allora alla stampa di detto studio. Potrebbe — soggiungeva — dar mano alla pubblicazione di esso soltanto nel caso in cui da Enti pubblici fosse destinato espressamente a ciò uno speciale assegno; e se, a tale intento, il marchese Imperiale riteneva possibile il concorso del Municipio di Genova, sarebbe opportuno che egli stesso saggiasse o preparasse all’uopo il terreno, com’ erasi esibito di fare, valendosi dell’opera dei suoi amici assessori. Io partecipai subito all’imperiale questa deliberazione del Consiglio, ma egli la interpretò come una forma cortese per non pubblicare il suo « Genova e Federico II » ; perchè — così scrivevami — « se diversa era l’intenzione, la mancanza di mezzi poteva addursi per giustificare un rinvio, non già quale 190 Società Ligure di Storia Patria condizione sine qua non alla pubblicazione ». Egli però s’ingannava nel supporre poco sincere le intenzioni del Consiglio; il quale, invece, nella su descritta adunanza del 23 marzo erasi dimostrato, senza infingimenti od occulti pensieri, tutto propenso alla ristampa di detto lavoro. La inserzione di questo negli Atti sociali trovava, invero, qualche difficoltà per non essere esso inedito e per avere uno scopo culturale e divulgativo piuttosto che scientifico, sicché taluni consiglieri ne preferivano la pubblicazione a parte, fuori degli Atti medesimi. Ma, sotto l’una o l’altra forma, l’impedimento maggiore alla ristampa stava nelle ristrette finanze del nostro Istituto. Nocque alla sollecita risoluzione della pratica l’essere venuta dinanzi alla Società, contemporaneamente con la proposta riguardante lo scritto dell’imperiale, altra consimile proposta per la pubblicazione della già citata opera di Giovanni Sforza su Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia. Il presentarsi quest’opera inedita, non che la fama ed il riconosciuto valore del suo autore, fecero subito prendere nella massima considerazione il richiesto suo accoglimento negli Atti. Mentre per il lavoro dell’imperiale di autore e di storia schiettamente genovesi, ed inteso inoltre ad esaltare gloriose gesta dell antica Repubblica — era legittimo il chiedere al Municipio di Genova e non difficile l’ottenere un congruo sussidio; altrettanto non sembrava consigliabile di fare nè possibile di sperare per il lavoro dello Sforza, lunigianese, dedicato solamente in piccola parte alla storia della Liguria. Cosicché, volendo pubblicare l’uno e l’altro lavoro — ed entrambi si porgevano ben meritevoli di essere pubblicati — era d’uopo, senza metter mano al piccolo ma prezioso fascicolo di consolidato posto in serbo per l’avvenire, impiegare i mezzi disponibili di bilancio anzitutto per la stampa del volume dello Sforza, ed impetrare l’intervento municipale ad esclusivo benefizio della ristampa dello scritto dell'imperiale. Io m’adoperai subito per provocare siffatto intervento fiancheggiando opportunamente la molto più efficace azione che in pari tempo faceva a nome della Società il march. Imperiale presso I assessore alla pubblica istruzione, march, generale Pio Invrea, nostro consocio. II quale, compreso della importanza e della utilità della predetta ristampa, si mostrò assai benevolmente disposto per proporre in Giunta la concessione di un sussidio. Ebbi anche con lui un abboccamento, il 31 maggio 1922, circa i modi della pubblicazione, e l’entità del sussidio. Il 7 luglio 1922 si raccolse il Consiglio direttivo della Società, il quale discusse, oltre che della pubblicazione dello Sforza, anche di quella dell'imperiale, e così per l’una come per l’altra prese risoluzioni definitive. Parlerò fra poco della prima; frattanto, a compimento di quanto già dissi intorno alla seconda, reco qui appresso quel che vi si riferisce del verbale, da me redatto, della su indicata riunione. Relazione 191 * ..... ^ Presidente apre quindi la discussione sopra la pubblicazione dell opera dell ex-presidente effettivo ed ora presidente onorario della Società, marchese Cesare Imperiale, intorno a Genova e Federico li di Svevia, della quale il Consiglio si è già occupato nella seduta del 23 marzo u. s. Prende la parola il Segretario, il quale espone le pratiche da lui fatte presso il marchese generale Invrea, assessore all’istruzione del Municipio di Genova, in favore della pubblicazione suddetta, e comunica una lettera in data del 6 giugno u. s. in cui il su mentovato assessore dichiara che la Giunta dello stesso Municipio, mentre erasi mostrata contraria ad addossare al Comune il totale carico della ristampa, aveva votato l’acquisto di un certo numero di copie del volume dell Imperiale, allorché sarà ripubblicato, fino alla concorrenza della somma di L 2500. Di tale deliberazione il march. Invrea diede subito notizia al march. Imperiale. Ora questi insiste perchè la Società prenda sotto i suoi auspicj pubblicazione del lavoro di lui, e nel caso in cui non creda di doversene fare essa stessa editrice, gli dia modo, concorrendo nella spesa di stampa mediante I acquisto di un certo numero di copie del volume destinato a contenere il predetto lavoro, di trattare con un editore che sia in grado di pubblicarlo. Tocca oggi al Consiglio decidere in proposito. « Il presidente Volpicella mette in rilievo che il lavoro deH’Imperiale non è inedito, essendo già comparso nella Rassegna Nazionale di Firenze, e crede quindi che se venisse accolto negli Atti, anche ampliato e corredato di note e documenti, darebbe luogo a critiche vivaci. Anche per una pubblicazione di esso fuori degli Atti, vi sono difficoltà, quella sopratutto che, non avendo il nostro Istituto i mezzi occorrenti ad acquistarne tante copie quanti sono i soci, male impiegherebbe il danaro comprandone un numero limitato. Gli esemplari acquistati rischierebbero di rimanere inutilmente in deposito, eccetto che non si ricorresse al partito di metterli in vendita fra i soci. « Il vicepresidente avv. Casaretto pensa che qualche cosa si debba pur fare per aiutare la pubblicazione del libro dell’imperiale; se si sono trovati i mezzi per il lavoro dello Sforza, che tratta di un argomento il quale interessa la Liguria assai meno di quello trattato dairimperiale, è giusto che si cerchi di stanziare una somma altresì per lo scritto del nostro ex*presidente. « Anche il consigliere march. Sauli invita il Consiglio a concedere il massimo interesse e l’esame più ponderato alla questione che si sta trattando, sia per rispetto al lavoro da pubblicare, sia per rispetto al suo autore. Il lavoro ha per argomento uno dei periodi più importanti e si può dire più gloriosi della storia genovese, e starebbe bene negli Atti dove pure si trovano e sono accolti lavori che presentano assai meno interesse di quello per Genova, uno dei quali è appunto la monografia dello Sforza di cui si è 192 Società Ligure di Storia Patria votata testé l’inserzione negli Atti medesimi. L’autore poi merita ogni riguardo, non soltanto per la sua competenza, come storiografo, ma altresì per l’opera da lui prestata a benefizio della Società nei 24 anni durante i quali ne tenne con decoro la presidenza. Non si può dire che manchi il danaro, perchè abbiamo settemila lire di consolidato in cartelle, che si potrebbero vendere per destinare il ricavato alla stampa dello studio dell'imperiale. La nostra Società ha per principalissimo scopo di pubblicare lavori riguardanti la storia di Genova e della Liguria, e tutto il danaro di cui può disporre dev’essere rivolto a tale scopo. « Ribatte il Volpicella che gli Atti sociali sono destinati ad accogliere lavori originali, e tale non è quello dell’imperiale; l’accogliervelo potrebbe sembrare un atto di soverchia compiacenza verso l’ex-presidente e ridestare a danno della Società ed a pregiudizio di lui stesso, le opposizioni che si verificarono negli ultimi anni della sua presidenza. Del resto, 1 Imperiale non domanda che il suo lavoro sia inserito negli Atti, ma si contenta che la pubblicazione si faccia fuori di questi sotto il patrocinio e coll’aiuto finanziario della Società. « Il consigliere avv. Giordano rileva che prima di deliberare una qual" siasi somma in favore di tale pubblicazione, converrebbe sapere approssimativamente la spesa che importerà la stampa del volume; e così opina anche il consigliere prof. Lattes, il quale aggiunge che prima di mettere mano al consolidato bisognerebbe vedere se i documenti e le note di cui l’imperiale correderà la nuova edizione del suo lavoro siano tali da giustificare il sacrificio. » Il consigliere tesoriere march. Spinola crede che sia il caso di venire oramai ad una conclusione, e pensa che si possano concedere un mille ovvero millecinquecento lire, da pagare però nell’esercizio finanziario prossimo, senza bisogno di toccare il consolidato, per l’acquisto di un certo numero di copie del libro dell’imperiale, da stamparsi, sia pure sotto gli auspicj della Società, ma da un editore scelto dallo stesso Imperiale all’in-fuori di qualunque responsabilità del nostro Istituto. « Osserva tuttavia il segretario che se il Consiglio è disposto a concorrere per la somma proposta dal tesoriere Spinola, tanto vale che la Società si faccia essa stessa editrice del volume dell'imperiale; così potrà seguirne e invigilarne la stampa, e prenderne la pubblicazione effettivamente sotto i suoi auspicj, anche consigliando all’autore, ove occorra, modificazioni ed aggiunte. Ciò rientrerà negli scopi della Società, fra i quali non c’è solamente quello di pubblicare lavori originali e documenti inediti, ma ancora quello di suscitare l’interesse ed il gusto per le ricerche storiche, di promuovere Relazione 193 e diffondere la cultura storica per mezzo di opere atte alla divulgazione e non esclusivamente rivolte ad un numero ristretto di studiosi. La Società pubblicò nel 1902, in disparte dagli Atti, a cura di Anton Giulio Barrili e coll aiuto finanziario del Municipio genovese gli scritti di Goffredo Mameli, dei quali erano già uscite prima di allora quattro o cinque edizioni; altrettanto si potrebbe ora fare per il libro delPlmperiale, aggiungendo alle 2500 lire di detto Municipio un’altra somma, non certamente superiore trattandosi di un volume intorno alle 250 pagine, la quale sarebbe via via ricuperabile colla vendita del volume stesso. « 11 Presidente ritiene collo Spinola che la Società non debba farsi editrice del lavoro dell’imperiale, nè prendere parte di alcun genere alla stampa di esso, ma limitarsi a comprare un certo numero di esemplari del volume una volta che questo sia stampato; per la quale compra potrebbe, largheggiando, giungere fino alle 2000 lire. Ed il Consiglio delibera appunto in tal senso, delibera cioè di acquistare tante copie del volume contenente l’opera del marchese Cesare Imperiale su Genova e Federico II di Svevia fino alla concorrenza di lire duemila; la quale somma verrà pagata sul bilancio del 1923 all’editore o tipografo incaricato della pubblicazione di esso volume, previa consegna delle suddette copie alla Società in Genova, Palazzo Rosso, ed inteso che sul prezzo di copertina di ciascuna copia sia fatto lo sconto solito a concedersi ai librai rivenditori ». Il marchese Imperiale rimase soddisfatto di questa deliberazione, ch’io ebbi cura di comunicargli subito. Forse non s’aspettava il contributo pecu-nario della Società, poiché fin dal 20 giugno 1922, non appena pervenutagli in via officiosa la notizia che il Municipio intendeva concorrere con 2500 lire, egli aveva scritto: « Se la Società non ha denari per ora, cercherò io l’editore; a me preme che il lavoro esca perchè è necessario complemento del vol. Ili degli Annali, e poiché esce sotto gli auspici della Società e del Municipio di Genova ce n’è d’avanzo ». Egli si occupò infatti della ricerca dell’editore, e potè concludere con la Tipografia editrice Emiliana, ben nota in Venezia, che accettò, com’egli stesso informava, « di assumere la pubblicazione e l’edizione del volume alle condizioni proposte, vale a dire: consegna alla Società ed al Municipio di Genova di tante copie a prezzo di favore (probabilmente non superiore alle dieci lire) fino alla concorrenza delle somme stanziate per questo acquisto, dalla Società in lire 2000, e dal Municipio in lire 2500 » (1). (1) La Società ricevette effettivamente per le concesse due mila lire 163 copie dell’opera dell’imperiale, il che portò il prezzo di ciascuna copia a L. 12,27, senza computare le spese di trasporto da Venezia a Genova. Per dare un’idea del miserevole interesse che il popolo 13 194 Società Ligure di Storia Patria 11 volume vide la luce nel novembre del 1923, e riuscì di pagine XLVII1 -f-210, quelle numerate in cifre romane contenenti un’introduzione nella quale l’autore espone gli intendimenti dell’opera, e fa alcune considerazioni generali sulla storia di Genova mentre rièvoca sinteticamente il racconto dei primi annalisti Caffaro, Oberto Cancelliere, Ottobono Scriba, ecc.; e quelle numerate in cifre arabiche e stampate in carattere più piccolo, recanti l’opera propria su Genova e Federico II. Se il principale scopo dell Imperiale eia quello di « divulgare la conoscenza delle prime epoche della storia medioevale di Genova, così mirabilmente e fedelmente descritte in quegli Annali che Anton Giulio Barrili definiva la Bibbia dei Genovesi » (1), tale scopo fu pienamente raggiunto; e con esso l’autore può altresì lusingarsi di aver conseguito quell’altro scopo ch’egli impone agli studj storici con le parole del Villari, di essere cioè mezzo non solo d istruzione ma anche di educazione nazionale » (2). Qui entriamo però in un argomento pieno di illusioni e d’insidie, nel quale io mi trovo in irriducibile disaccordo coll illustre storico genovese, e quindi mi fermo. Dirò ancora che il libro è scritto con stile atto a mantener sempre vivo l’interesse del lettore, e con larga copiosa e non banale erudizione; la quale, sapientemente distribuita com’è ai debiti luoghi, è ben lungi dal riuscire noiosa e tanto meno opprimente. È dunque opera utile così agli studenti delle scuole secondarie superiori, ai quali sembra aver mirato l’imperiale, come ai loro professori ad a tutti quelli che coltivano di proposito gli studj storici, nonché ad ogni persona desiderosa di istruirsi. VOLUME LI DEOLI ATTI ENNIO QUIRINO VISCONTI E LA SUA FAMIGLIA Verso il principio di gennaio del 1922, l'allora vicepresidente Volpi-cella ricevette dal suo collega soprintendente del R. Archivio di Stato di Torino, conte Giovanni Sforza, una lettera colla quale questi chiedeva se la Società Ligure di Storia Patria fosse disposta ad accogliere nei suoi Atti un lavoro genovese accorda alle pubblicazioni riguardanti la storia della sua città e dei suoi antenati, anche quando narrano avvenimenti gloriosi come quelli ricordat. ed illustrat, nel libro dell’imperiale, dirò che, dopo sei anni dalla comparsa di questo libro, rimangono presso la Società ancora giacenti e invendute quasi i quattro quinti delle suddette 163 copie di esso, nonostante che ai soci fossero offerte al prezzo di L. 7,50 cadauna! (1) Cesare Imperiale di Sani’Anoelo, Genova e le sue relazioni con Federico li di Svevia; Edizione fatta sotto gli auspici della Società Ligure di Storia Patria, Venezia, Tipografia Emiliana, 1923; p. XLVII. (2) Ivi, p. XVII. Relazione 195 liguai dante Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia, di cui egli stava da vario tempo occupandosi con lena. Lo Sforza aggiungeva di aver primamente pensato al nostro Sodalizio, perchè Ennio Quirino Visconti, quantunque nato a Roma, traeva le origini da Vernazza, una delle cosidette Cinque Tene della Riviera ligure orientale, dove suo padre Giambattista, antiquario di non mediocre fama, aveva aperto gli occhi alla luce, e dove avevano fiorito per ben undici generazioni i suoi antenati. 11 Volpicella m’informò subito della domanda dello Sforza, la quale, così a lui come a me, parve da accettare senza esitazione; sia anzitutto per il valore il merito e l’autorità universalmente riconosciuti dello storico da cui proveniva, sia poi per il soggetto dell’opera ed il proposito dell’autore di voler con essa rivendicare alla Liguria la gloria di aver dato, se non la nascita, le origini al principe degli archeologi; sia ancora per il grado di socio onorario dall’autore stesso rivestito nel nostro Istituto. Ne tenemmo parola con alcuni altri membri del Consiglio direttivo, e, riservandoci di sottomettere regolarmente la richiesta alla discussione ed all’approvazione di questo, annunciammo frattanto all’Assemblea, radunata il 14 gennaio 1922, l’opera dello Sforza fra quelle proposte per la inserzione negli Atti. La discussione della pratica si compiè, conforme ho già accennato, nella seduta di Consiglio del 7 luglio 1922, dove il comm. Volpicella, che presiedeva, sostenne in primo luogo come il tema trattato dallo Sforza interessasse grandemente la Liguria; del che ognuno poteva certificarsi leggendo una nota pubblicata dal medesimo Sforza negli Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino sotto il titolo Gli antenati di Ennio Quirino Visconti, di alcuni estratti della quale, da distribuirsi ai consiglieri, l’autore prometteva il prossimo invio. In secondo luogo il Volpicella dichiarava che, alla stregua dei dati forniti dal tesoriere, il bilancio sociale presentava una disponibilità dalle quattro alle cinque mila lire: somma bastevole alla spesa di stampa del nuovo volume, di duecento pagine o poco più, quando il prezzo per ogni foglio di sedici pagine e per cinquecento copie non avesse superato quello che faceva la Tipografia « Don Bosco » di Sam-pierdarena per i volumi che si trovavano allora sotto i suoi torchi. Egli concludeva affermando che, nello stato finanziario di cui fruiva in quel momento la Società, il Consiglio poteva senz’altro autorizzare la Presidenza a procedere alla stampa di un lavoro, il cui autore godeva di tanta estimazione nel campo degli studj storici, e che avrebbe fatto certamente onore ai nostri Atti. Alle parole del Presidente assentiva il tesoriere Spinola, per quanto attenevasi alle condizioni del bilancio sociale, ch’egli esponeva mettendole a riscontro con gli impegni della Società e con le spese a questi inerenti, e confermando che effettivamente la pubblicazione dello scritto dello Sforza 196 Società Ligure di Storia Patria poteva essere compiuta con i mezzi ancora disponibili nello stesso bilancio. Il vicepresidente Casaretto chiedeva, però, se veramente la circostanza per cui Ennio Quirino Visconti era uscito da una famiglia di Vernazza fosse sufficiente a dare alla monografia dello Sforza il carattere di un lavoio spettante alla storia della Liguria, o se non piuttosto il suo autore si diffondesse in notizie relative all’opera di archeologo e di filologo del Visconti, le quali non avrebbero, sebbene interessanti e peregrine, da far nulla colla nostra storia regionale. Ma il Volpicella rassicurava il collega accertandolo anzitutto che una ragguardevole parte del lavoro dello Sforza era dedicata alla famiglia del celebre archeologo, la quale aveva avuto lunga sede in Liguria e dato alcuni personaggi meritevoli di ricordo; e che secondariamente le molte notizie che vi si racchiudevano sulla persona e l’opera di Ennio Quirino erano, comunque, sempre pregevoli ed attraenti, come quelle che concernevano un uomo ed una produzione per più rispetti eccezionali. Dopo ciò il Consiglio approvava la stampa dello scritto dello Sforza da eseguirsi con i fondi del bilancio dell’anno in corso, e dava mandato alla Presidenza di affidarla a quella tipografia che offrirebbe le migliori condizioni tanto per i prezzi, quanto per la buona riuscita. -, La Società ricevette nel luglio 1922, per mezzo del Volpicella, il manoscritto dello Sforza, vergato con quel carattere largo e chiaro, proprio dell’illustre storico lunigianese. L’opera apparve ad una prima scorsa quale l’avevamo immaginata, ricolma cioè di quella portentosa e precisa erudizione, formata in gran parte con brani di innumerevoli scritture edite e inedite appartenenti ai più svariati autori, che lo Sforza ha l’arte di accozzare e d. rendere piacevole come un romanzo alla lettura degli studiosi e dei cu ori di storia. L’Amministrazione sociale attese subito alla ricerca di una tipografia cui affidare la stampa del nuovo volume, essendo la scuola tipogra ica « ^ on Bosco - di Sampierdarena già bastantemente occupata per . volumi destinati alle lettere di Carlo Ottone ed al lavoro di Franco Ridella; e sulla scorta delle indicazioni dello stesso Sforza, al quale aveva chiesto in proposito indirizzo e consiglio, potè stringere buoni patti con la « Ditta Cesare Cavanna » che aveva stabilimenti tipografici in Pontremoli ed in Borgotaro. La quale prese impegno di stampare il volume entro un anno dalla consegna del manoscritto, al prezzo di L. 195 per ogni foglio di stampa di 16 pagine e per 500 copie, legatura e copertina comprese, e sopra carta visibilmente migliore di quella del vol. L e, senza paragone, di quella del vol. 1 della serie del Risorgimento. Durante le vacanze estive del 1922 io mi trovavo colla famiglia a Lerici, ed approfittando della mia relativa vicinanza a Pontremoli portai io stesso, Relazione 197 il 14 settembre di detto anno, la prima metà del manoscritto dello Sforza alla tipografia Cavanna. Nove giorni appresso io scrivevo all’autore in Mon-tignoso, informandolo delPavvenuta consegna ed avvertendolo che la predetta tipografia gli avrebbe inviato direttamente le bozze da correggere: ignaro, coni’ ero, eh’ egli fosse in quel tempo molto gravemente infermo. Egli infatti morì il 1" ottobre 1922, e la Società trovossi inopinatamente gravata del carico della correzione delle prove di stampa, che venne sostenuto dal prof. Neri e da me, siccome espongo ne\V Avvertenza ch’io premisi al volume. Questo uscì stampato, non entro l’anno dalla consegna del manoscritto secondo erasi impegnato il tipografo, ma verso la fine di dicembre del 1923, con un ritardo di oltre tre mesi, che non parrà eccessivo, anzi verrà stimato lieve in comparazione dei ben più grandi e prolungati ritardi avvenuti per i volumi precedenti. Nella vecchia serie degli Atti sociali, in cui ha il numero 51, il volume dello Sforza reca per la prima volta sul frontespizio della copertina e su quello interno il titolo dell’opera ed il nome dell’autore, in luogo della generica intitolazione di Atti della Società Ligure di Storia Patria, che unica campeggia sui due frontespizi in tutti i volumi precedenti; la quale però vien conservata e comparisce in caratteri più piccoli sul margine superiore di entrambi anche in questo medesimo voi. 51. Ciò ad imitazione di quanto era stato già adottato per i volumi della serie del Risorgimento, e per iniziativa del presidente Volpicella. Codesta riforma dell’intestazione degli Atti servirà oramai di norma per tutti i successivi volumi delle due serie. Fu certamente iattura che la stampa del volume 51° non abbia potuto avere le cure deir autore, sia per una più accurata revisione, sia per un’eventuale aggiunta di notizie; ma, pur così com’ è, il libro contiene tanta copia di dottrina e risplende di tali pregi, che un pubblico meno del nostro indifferente e restio agli allettamenti della cultura e dell 'arte 1’ avrebbe accolto con giubilo. Alle intrinseche doti che lo raccomandano ad ogni persona colta si aggiungono, intercalate fra le 234 pagine del testo, sette bellissime illustrazioni figurative, su carta americana del color dell’ avorio, rappresentanti: quattro, 1’ effigie di Ennio Quirino secondo le varie età e riproduzioni, una il busto del padre di lui, e due le vedute di Vernazza in generale ed in particolare, quest’ ultima con la casa avita dei Visconti (1). (1) Vi doveva figurare ancora un’altra illustrazione, conforme scrivevami lo Sforza poco prima di spedire a Genova il manoscritto dell’opera sua. « Voglio aggiungere anche» — così egli m’informava — « il monumento ad Ennio Quirino nel cimitero del Père Lachaise; il cui busto, per testimonianza della famiglia e degli amici, riuscì d’una maravigliosa somiglianza. Ho scritto a mio figlio, ambasciatore d’Italia a Parigi, che lo faccia fotografare». Ma l’inaspettata morte dell'illustre storico impedì l’esecuzione del suo proposito. 198 Società Ligure di Storia Patria VOLUME Lll MISCELLANEA GEO-TOPOGRAFICA Secondo risulta dal processo verbale dell’ Assemblea del 20 gennaio 1923, da me sopra riferito, erasi, nella medesima Assemblea, da chi la presiedeva accennato al proposito del Consiglio direttivo di metter mano nell’anno in corso alla stampa di un volume di miscellanea storica che sarebbe stato il 52° della vecchia serie degli Atti sociali. 11 Consiglio aveva effettivamente prima d’allora ventilato il progetto di detta pubblicazione, ma ne approvò la proposta, salvo a precisarne in seguito le modalità, soltanto nell’adunanza del 25 gennaio 1923. Nella quale il nuovo presidente comm. Volpicella — dopo aver ringraziato vivamente il Consiglio per la designazione della sua persona alla presidenza della Società e per 1’efficace opera di propaganda compiuta a favore della sua nomina nelle recenti elezioni, i cui risultati (egli diceva) erano stati superiori alle più lusinghiere aspettative e tali da imporgli con un imperituro obbligo di gratitudine 1 impellente dovere di dedicare tutte le sue forze all’ incremento del Sodalizio — dichiarava, fra 1’ altro, che la divisata miscellanea avrebbe compreso lavori di vario argomento ma di limitata estensione, ed anche semplici comunicazioni, da chiedere tanto a soci quanto a studiosi competenti estranei alla Società. Gli articoli assegnati al volume avrebbero dovuto esser pronti per la fine di giugno, in modo da poterli passare in tipografia al principio del secondo semestre del 1923. La miscellanea, conforme alle idee allora espresse, era destinata a contenere studj di materia storica, senza specifiche determinazioni e limitazioni. Ma un avvenimento, che andavasi allora appunto preparando, prescrisse e diede alla pubblicazione un carattere particolare ed uno scopo determinato. L’ avvenimento consisteva nella riunione a Genova del IX Congresso geografico italiano fissato per l’aprile del 1924. Fin dal 30 giugno 1922 il Volpi-cella, allora vicepresidente, accettando l’invito rivolto alla Società dal prof. Paolo Revelli, ordinario di geografia nella R. Università di Genova, aveva assistito ad una radunanza convocata dal medesimo professore coll intento di promuovere uno scambio di idee e di prendere i primi accordi circa il suddetto Congresso. Già da quel giorno era balenato il pensiero che il nostro Istituto portasse un qualche proprio contributo scientifico alla felice riuscita dell’ importante convegno; ma nulla di concreto appariva ancora apparecchiato. Se volevamo veramente far qualche cosa, era ornai tempo di Relazione 199 metterci all’ opera, e di procedere alla lesta. Ed all’ opera ci mettemmo, come ben comprova la esposizione eh’ io feci nel verbale della seduta di Consiglio del 3 maggio 1923, e che qui trascrivo. «---- 11 Presidente parla quindi della convenienza che la Società partecipi al Congresso geografico nazionale, che avrà luogo in Genova nella primavera del 1924, con una qualche pubblicazione riguardante le materie che saranno trattate in esso Congresso; e propone di riprodurre in un volume degli Atti sociali un certo numero di carte topografiche e di vedute antiche di città, fortezze, edifizi e località della Liguria, che si trovano nel R. Archivio di Stato e delle quali ha potuto far eseguire le fotografie. Accenna, fra l’altro, alle piante del palazzo ducale di Genova. Coteste riproduzioni dovrebbero essere precedute o accompagnate da opportune note illustrative. In quanto alla spesa, essa risulterebbe di circa 12000 lire, purché il numero dei clichés da far eseguire non fosse superiore ad ottanta, come da preventivo calcolato in base ad informazioni sicure assunte presso varj stabilimenti tipografici e di arti grafiche. Il Presidente aggiunge che alcuni giorni fa egli ed il segretario, allo scopo di porgere al Consiglio tutti gli elementi per una deliberazione presa a ragion veduta, si recarono dal Sindaco di Genova, senatore Ricci, cui esposero il progetto di detta pubblicazione e domandarono per l’effettuazione dello stesso un contributo del Comune genovese di almeno una metà della spesa preventivata, cioè di seimila lire. La domanda fu, in massima, benevolmente accolta dal Sindaco, ed ove il Consiglio direttivo approvi oggi e deliberi la divisata pubblicazione, la domanda stessa sarà ufficialmente dalla Società fatta per iscritto e presentata alla Giunta municipale. Il Presidente ed il Segretario sentirono in proposito anche l’avviso dell’Assessore alle belle arti, ing. arch. Mario Labò, cui furono indirizzati dallo stesso Sindaco e da cui ebbero le più lusinghiere promesse di benevola assistenza per quanto riguarda il conseguimento del su accennato contributo comunale. « Ciò esposto, il Presidente mette in discussione la proposta della su mentovata pubblicazione. Il prof. Enrico Bensa applaude all’idea del comm. Volpicella, ma fa presente che una pubblicazione consimile a quella proposta, è nelle intenzioni del prof. Revelli, presidente del Comitato ordinatore del prossimo Congresso geografico, e consiglia di prendere anzitutto gli opportuni accordi collo stesso professore. Al che risponde il Presidente dicendo ch’egli ha appunto, a tale scopo, già fatto i debiti passi per un colloquio col Revelli. Il consigliere Cervetto approva anch’egli con tutto l’animo la designata pubblicazione, anzi la vorrebbe estesa in modo da 200 Società Ligure di Storia Patria comprendere parecchie piante e vedute relative alla Liguria eseguite dal noto colonnello Vinzoni nel secolo XVIII, e possedute dalla biblioteca Civico-Beriana, le quali potrebbero opportunamente completare la raccolta e renderla più interessante. Al qual proposito il vicepresidente Bensa, riprendendo la parola, osserva che un buon numero di dette piante e vedute, o un duplicato di esse, conservasi altresì nella biblioteca Universitaria di Genova, e potrebbe essere il caso di usufruirne per il volume indiscorso. Aggiunge inoltre che la città di Savona, la cui importanza si riflette su taluni pregevoli lavori cartografici dei secoli scorsi, offre nella sua biblioteca comunale disegni e prospetti di tal genere, che sarebbe utile di piendere in considerazione per il suddetto volume. Il consigliere prof. Campora si dichiara egli pure favorevole alla pubblicazione, e pensa che essa dovrebbe essere completa in guisa da presentare allo studioso tutto il materiale possibile a raccogliersi dalle diverse fonti. Partecipano alla discussione i consiglieri Lattes, Marengo, Sauli e Giordano, specialmente per quanto i ifIette i limiti fra i quali dovrebbe essere contenuta la pubblicazione, in rapporto alla spesa occorrente. Il consigliere avv. Balbi suggerisce che la Società, per ciò che si attiene al contributo del Municipio di Genova, si rivolga al vice-presidente avv. Casaretto, autorevole consigliere municipale, pregandolo a voler interporre al riguardo i suoi buoni uffici presso 1 Amministrazione civica. Il comm. Volpicella chiude la discussione osservando che l’àmbito della pubblicazione è rigorosamente subordinato alla somma di cui la Società potrà disporre per la spesa di essa pubblicazione, e crede che sia il caso che il Consiglio se ne rimetta fiduciosamente alla Presidenza, la quale, dato il non lungo tempo che ci separa dal Congresso, dovrà con sollecitudine provvedere a mettere sotto stampa il nuovo volume. Ed il Consiglio delibera appunto in tal senso ». La pubblicazione di una raccolta di carte topografiche e di vedute riguardanti la Liguria era sottoposta, come rilevasi dalla suesposta discussione, alle intelligenze che dovevano passare fra il nostro Presidente ed il Presidente del Comitato esecutivo del Congresso; il che ebbe luogo poco dopo l’adunanza consiliare del 23 maggio, e suggerì un esame più ponderato e particolareggiato del progetto. Si riconobbe anzitutto che una pubblicazione come quella ch’erasi profilata nella discussione su riprodotta esigeva somme ben superiori a quelle di cui la Società poteva disporre del proprio ed anche ottenere dalla munificenza del Comune genovese, oltreché un lavoro di scelta troppo lungo per essere fruttuosamente compiuto nei limiti di tempo prefissi dalla non lontana apertura del Congresso. E si avvisò che più Relazione 201 conveniente e fattibil cosa era frattanto quella di compilare un catalogo descrittivo ed illustrativo del materiale cartografico conservato neH’Archivio di Stato in Genova, la cui pubblicazione riputavasi allora possibile da eseguire col danaro raccolto dal Comitato esecutivo dello stesso Congresso, e da far servire di guida o di sussidio ad una divisata, e poi effettuata, Mostra cartografica della Liguria. Il catalogo infatti venne molto accuratamente apprestato dall’avv. Emilio Marengo, direttore nell’Archivio suddetto; ma non potè trovar posto negli Atti del Congresso, ed attende tuttora di vedere la luce. Il compito della Società fu ricondotto, conforme al progetto d’origine, alla pubblicazione di una miscellanea, tuttavia con questa differenza dal primo divisamento, che l’opera avesse dato largo tratto alle materie geografiche, con la debita considerazione a talune delle sovraccennate carte e piante dell’Archivio di Stato genovese. Anzi, in un primo momento si pensò di dividere il volume destinato a contenere l’opera in due parti: l’una di carattere strettamente storico, l’altra di argomento storico-geografico-topo-grafico: quest’ultima da dedicare al Congresso. La qual divisione apparve subito però poco pratica, tanto più quando si vide che il materiale di natura geografica abbondava, e che a contenerlo tutto non sarebbe bastato un fascicolo, sebbene non piccolo, di un solo volume; senza dire che, per un più significativo contributo della Società e per maggior onore del Congresso, conveniva che la pubblicazione stesse da sè ed avesse una propria fisionomia. Fu pertanto deliberata la stampa di un volume degli Atti, che prese il numero 52, esclusivamente assegnato ad una miscellanea di studj geografico-topografici, e si rimandò al prossimo volume la miscellanea propriamente storica. La Presidenza non aveva frattanto perduto tempo, e si era rivolta a varj studiosi, soci e non soci, che sapeva intenti, anche in vista del prossimo Congresso, a preparare lavori di soggetto geografico, oppure in grado di prepararli, data la loro riconosciuta competenza, con relativa prestezza. Si avviarono contemporaneamente le pratiche per la stampa del libro colla tipografia Cavanna, presso la quale volgeva verso il termine la stampa del voi. 51, e si condussero a compimento nell’ottobre 1923 concordando per il nuovo volume il prezzo di L. 230 ad ogni foglio di 16 pagine e per 550 copie, più 50 estratti per ognuno dei lavori compresi nel medesimo volume. 11 quale, secondo i precisi impegni del tipografo, doveva venire in luce tra la fine di marzo ed il principio di aprile del 1924, per essere presentato in tempo debito all’atteso Areopago dei geografi italiani. Ma, nonostante la promessa sicurtà di quegli impegni, l’urgenza e l’impro-rogabilità della presentazione, e le frequenti sollecitazioni della Società, non fu 202 Società Ligure di Storia Patria possibile a questa di ottenere il libro nel tempo prefisso, ed il Presidente dovette contentarsi di esibire al Congresso solamente i primi fogli stampati: il che fece nella seconda seduta della sezione di geografia storica e storia della geografia, il 24 aprile 1924. Il volume venne fuori dai torchi di Pontremoli nel gennaio del 1925, con un ritardo di nove mesi; che avrebbe potuto essere di gran lunga ridotto, se il tipografo, varcato oramai il termine prescritto alla consegna, ch’egli erasi invano lusingato di non oltrepassare, fosse andato innanzi senza lasciarsi sedurre dalla cupidigia di nuovi lavori e senza allentare quindi la stampa della nostra miscellanea. Il ritardo permise per altro alla Società di rivedere meno frettolosamente la materia inserita ed anche di acciescerla di qualche poco, e di curare meglio la figurazione illustrativa del testo. Nel frattempo il Municipio di Genova erasi liberalmente risoluto di concorrere per le spese di stampa del volume con la ragguardevole somma di lire settemila, da versare a lavoro compiuto e dopo che la Società avesse, in contraccambio, consegnato alla civica Amministrazione cento copie dell opera stampata. Ciò, a dire il vero, equivaleva, per parte del Comune, ad acquistare tali copie al prezzo di lire settanta ciascuna, al quale avrebbe potuto venderle, senza lucro immoderato, un qualsiasi editore, tenuto conto della iicca illustrazione grafica che adornava il volume. Comunque, pur in questa forma mercantile, il concorso municipale giunse ben accetto, e diede modo alla Società di condurre la stampa del libro con signorile larghezza, piincipal-mente per rispetto agli articoli di argomento iconografico e topografico, per i quali il sussidio delle illustrazioni figurative molto aggiunge alla esposizione letteraria; e bisogna dire che per tal riguardo si provvide senza lisparmio ed anche con sovrabbondanza. L’illustrato volume, cui il Presidente impose il titolo di Miscellanea geo-topografica, venne a comprendere, entro i confini circoscritti nell àmbito storico da tal denominazione, dodici studj di svariata materia, che vanno dalla geografia archeologica romana della Liguria alla topografia aitistica di Genova, dalla storia della geografia e della cartografia alla geografia economica e commerciale della Repubblica genovese nel Medioevo. Offerto in « Omaggio al IX Congresso geografico italiano radunato in Genova nell’aprile del MCMXX1V », come dichiara la dedica apposta dopo il frontespizio, il libro è preceduto da una lettera del nostro Presidente al Presidente del Congresso; nella quale il comm. Volpicella accenna all opera compiuta dalla Società Ligure di Storia Patria nel campo geografico, ed agli obblighi di solidarietà scientifica nonché ai sentimenti di fratellanza spirituale che univano la stessa Società ai congressisti allora raccolti in Genova. Relazione 203 VOLUME LUI MISCELLANEA STORICA Questo volume 53°, dedicato ad una miscellanea storica di cui erano pronti fin dalla estate del 1923 alcuni articoli, dovette attendere, prima di passare sotto i torchi, che fosse finita presso la tipografia Cavanna di Pontremoli la stampa del suo compagno di miscellanea geo-topografica, al quale aveva ceduta la precedenza per cagion del IX Congresso geografico italiano. In attesa dell’uscita del vói. 52° la Presidenza erasi frattanto studiata di concordare con quella stessa tipografia la stampa del volume 53°, pervenendo nel gennaio del 1925 a stabilire a tal fine il prezzo di L. 210 per ogni foglio di 16 pagine e per 501 copie, cioè 450 copie dell’opera completa e 51 estratti di ogni singolo studio in essa contenuto. Furono subito mandati in stamperia i manoscritti degli articoli già da tempo allestiti, mentre gli estensori degli altri articoli davano l’ultima mano al lavoro, e si sperò, illusi dal solito bugiardo miraggio delle previsioni tipografiche, di ottenere stampato il libro per la fine del 1925. Lo avemmo invece nell’ottobre del 1926. Ma il ritardo, come spesso avviene, fu causa e poi effetto dell’inserzione nel volume degli ultimi tre scritti che or vi si leggono, sopraggiunti nell’attesa, taluno dei quali molto opportuno oltre che intrinsecamente importante, epperò riuscì in conclusione utile agli studj e per riverbero anche alla Società. Alla quale, se conviene per ragioni amministrative apprestare in tempo i volumi da distribuire ai soci, conviene maggiormente per ragioni di acconcezza scientifica che il modo dell’apprestamento non vada a discapito della quantità e della qualità della materia da pubblicare. I volumi di miscellanea, per il solo fatto della moltiplicità degli autori che vi collaborano, le cui esigenze rispetto ai tempi alle circostanze ed alle applicazioni sono naturalmente varie e spesso contrastanti fra loro, richiedono d’ordinario una durata di preparazione e di stampa notevolmente maggiore di quella che basta ai volumi a cui l’unicità dell’autore toglie tante cagioni di ritardo. D’altra parte le miscellanee, con la varietà degli argomenti e degli scrittori, interessano un maggior numero di studiosi, e rendono i volumi che le contengono, anche quando la copia della materia ne accresce straordinariamente la grossezza, più accetti ai soci. 11 libro di miscellanea è poi la forma di pubblicazione che meglio corrisponde alle Società scientifiche e letterarie, il cui fine è appunto quello di accomunare l’opera di ricerca e di studio dei loro soci e di divulgarla e diffonderla per mezzo della stampa. Pur troppo, non sono molti i membri della Società Ligure di Storia Patria che abbiano 204 Società Ligure di Storia Patria capacità, tempo e gusto di concedere il loro lavoro alle riceiche ad alle composizioni storiche; ed alcuni di coloro che per gli uffici che sostengono (alludo specialmente ai professori di scuole pubbliche) potrebbero cooperare con frutto agli Atti, si tengono sistematicamente e starei per dire dispettosamente alieni da ciò, e preferiscono talora di fare opera dici itici anziché di collaboratori delle pubblicazioni sociali. La miscellanea che riempie il volume 53, come quella che forma il volume 52, presenta dodici studj o articoli, dei quali rinunzio a discorrere particolarmente per non correre il rischio d’invischiarmi in considerazioni e digressioni che l’incalzare del tempo non consente. Mi contento di additare quei due che, a mio giudizio, offrono più degli altri un interesse speciale, pur avendo caratteristiche opposte, e cioè L’organizzazione postale della Repubblica di Genova di Onorato Pàstine, e le Questioni colombiane di Giuseppe Pessagno. L’uno è, ch’io mi sappia, il primo sistematico lavoro intorno alle Poste genovesi comparso finora per le stampe; e quantunque tragga il materiale inedito onde si tesse da poche fonti archivistiche (principalissima quella dei Collegi Diversorum dell’archivio di Stato di Genova) e trascuri, fra l’altro, tutto ciò che POfficio di S. Giorgio fece per i servizi postali ad esclusivo uso governativo nel tempo in cui tenne la signoria di alcune parti del territorio genovese, tuttavia reca pur sempre una grande e interessante dovizia di notizie originali. L’altro studio è una perspicua e sintetica rivista, o, per meglio dire, revisione di tutta la materia colombiana, revisione fatta da un conoscitore profondo del soggetto coll’intento di sceverare il vero dal falso, il certo dall’ipotetico, i fatti dalle polemiche, e di fissare la figura reale di Colombo in contrapposto a quella convenzionale che gli è stata attribuita nel corso dei secoli attraverso la letteratura mondiale. Nella monografia del Pàstine regna sovrano il documento, non indicato particolareggiatamente in nota, ma disseminato in tutto il racconto del testo; in quella del Pessagno prepondera invece il ragionamento, senza però che vi manchino alcuni elementi concreti originali che l’autore, archivista di professione, ha tirato fuori dalle filze genovesi di Stato per individuare la nuova faccia di mercante e di viaggiatore o commesso di commercio, che comparisce in Cristoforo Colombo accanto a quella assai più nota di navigatore. L’opera del chiaro patrizio genovese, benché non sia specificatamente rivolta contro nessuno, serve di efficace confutazione alle stravaganti novità galliziane, catalane, ecc. uscite in questi ultimi tempi ad oscurare le questioni colombiane alla fosca ombra del nazionalismo spagnolo-americano. Relazione 205 VOLUME II DELLA SERIE DEL RISORGIMENTO I FRATELLI RUFFINI, PARTE I (1833-1835) Anche il volume qui sopra indicato, al pari del volume di miscellanea geo-topografica, ebbe l’impulso e direi meglio la nascita dalla convocazione in Genova di un congresso. Voglio accennare al XIII Congresso della Società nazionale per la storia del Risorgimento italiano, radunato in questa città nell’ottobre del 1925. L’annuncio ufficiale di tal radunanza offrì al nostro Istituto l’occasione di ventilare la stampa di un secondo volume della serie del Risorgimento inaugurata col libro del prof. Ridella sopra La vita e i tempi di Cesare Cabella. Una proposta concreta per rendere effettiva l’idea venne presentata dal consocio prof. Arturo Codignola, e riguardava la pubblicazione delle lettere scritte dai fratelli Giovanni ed Agostino Ruffini alla madre loro negli anni 1833-1836, trascritte ed annotate dallo stesso Codignola; pubblicazione designata ad essere contenuta in un volume da dedicare al predetto Congresso. La nostra Presidenza accettò la proposta col patto che non mancasse il concorso finanziario del Municipio di Genova; e, conforme partecipava il comm. Volpicella al Consiglio direttivo riunito il 5 febbraio 1925, era stata subito avanzata domanda al Commissario prefettizio, che teneva in allora le redini dell’Amministrazione municipale, per un conveniente contributo nelle spese di stampa del volume. La domanda, alla quale l’Ufficio civico di storia e d’arte aveva dato preventivamente il proprio assenso, venne con sollecitudine accolta; sicché già nella tornata consiliare del 21 aprile 1925 il Volpicella informava i colleghi che la Presidenza aveva concluso il contratto per la stampa dell’opera con lo Stabilimento tipografico G. B. Marsano, posto in Genova in via Casaregis, al prezzo di L. 290 per ogni foglio di 16 pagine e per 600 copie, comprese in tal prezzo la copertina a due colori e la legatura del volume. « Questo » aggiungeva il Presidente secondo le parole da me consegnate al verbale di quella tornata — « riuscirà di circa seicento pagine e verrà a costare dalle dieci alle undicimila lire, alla quale spesa si farà fronte con lire quattromila che darà il Municipio di Genova, più lire duemila che, con esempio di rara liberalità, ha offerto il nostro primo vicepresidente avv. Pier Francesco Casaretto, più altre lire duemila promesse dal Comitato genovese della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, e con una somma dalle due alle tremila lire per parte della Società. Il libro dovrà essere stampato entro il prossimo agosto ». 20ó Società Ligure di Storia Patria Il Casaretto, che assisteva all’adunanza, osservava che seicento copie non gli parevano bastevoli, tanto più che il libro, mercè l’estesa risonanza del Congresso, avrebbe avuto larga pubblicità e vendita in buon numero di esemplari. Al che io rispondevo coll’obiettare che seicento copie potevano essere stimate sufficienti, poiché, appartenendo il volume alla serie del Risorgimento, il numero dei cambi veniva a risultare notevolmente minore dell’ordinario, non inviandosi il libro se non che a quelle poche consorelle dalle quali la Società riceveva più di una pubblicazione all’anno. Soggiungevo poi di non credere che l’opera potesse avere un grande spaccio, notando che giacevano ancora invendute presso la sede sociale un trecento circa copie degli Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli, nell’edizione apprestata da Anton Giulio Barrili, nonostante che si trattasse di un autore di ben maggior popolarità dei Ruffini e di un editore così autorevole ed illustre come quegli a cui il nostro Istituto aveva affidato la cura della pubblicazione degli Scritti su citati. Ad ogni modo — concludevo — qualora si aumentasse il numero delle copie da stampare, sarebbe prudente che si provvedesse in pari tempo al sopra più della spesa. Il Consiglio tornò ad occuparsi delle lettere dei Ruffini in conseguenza di una complicazione che sopravvenne verso il termine della stampa del volume, e che richiese il fermo e risolutivo intervento del nostro supremo organo direttivo. Sentasi infatti, rispecchiata nel verbale da me esteso, la discussione avvenuta in proposito nella seduta consiliare del 25 giugno 1925. «..... Il Presidente passa a discorrere della pubblicazione del secondo volume della serie di Atti del Risorgimento, destinato e contenere le lettere dei fratelli Ruffini, il qual volume, conforme ai primi accordi col prof. Codignola, trascrittore ed illustratore di dette lettere, doveva essere di seicento pagine all’incirca; ed il preventivo della spesa di stampa, anzi lo stesso patto concluso col tipografo venne appunto stabilito in base a tal numero, provvedendo la somma occorrente nei modi specificatamente indicati nel verbale dell’ultima seduta del Consiglio. Ora il Codignola informa che, contrariamente alle sue prime previsioni, il volume comprenderà mille pagine, duecento delle quali per la sola prefazione, ed insiste perchè la pubblicazione si faccia integralmente in occasione del prossimo Congresso della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, dividendo il volume stesso in due parti. È frattanto da mettere subito in evidenza — soggiunge il Presidente — che alla stregua del prezzo convenuto col Relazione 207 tipografo Marsano, che è di L. 290 per ogni foglio di stampa di 16 pagine e per 600 copie occorrerebbero L. 18125 per mille pagine, e quasi L. 19000 con i clichés e la carta speciale per le tavole illustrate. Se il Municipio non aumenta il proprio contributo e se altri enti non concorrono nella spesa, non è assolutamente possibile con i mezzi di cui può ora disporre la Società, varcare i limiti imposti alla pubblicazione. D’altra parte, dato il tempo relativamente breve che ci separa dal Congresso, non sarebbe agevole condurre a compimento entro il termine necessario le pratiche per tentare di ottenere nuovi sussidj. Cosicché la soluzione più sicura per portare innanzi al Congresso il volume e quella di contenerlo entro le 600 pagine, conforme al patto già stabilito col tipografo, e di rimettere la pubblicazione della seconda parte al 1926 oppure agli anni successivi come permetteranno i mezzi disponibili. Alle conclusioni del Presidente aderisce pienamente il vicepresidente Casaretto, il quale aggiunge che per confessione dello stesso Codignola molte delle lettere dei Ruffini hanno uno scarso interesse storico. Se è così, egli non vedrebbe nessun inconveniente a pubblicare per intero soltanto una parte di esse e ad accennare a tutte le altre somiglianti per l’argomento o per la materia indicandone il numero o la data, per modo che lo studioso potesse consultare l’originale quando ne avesse desiderio. In tal guisa si potrebbe contenere l’intero epistolario degli anni 1833-36 in un volume di 600 pagine o poco più. Qualora poi il Codignola non volesse acconsentire a ciò, ovvero la stampa fosse di già così inoltrata da non permettere più un’opportuna scelta del materiale, non vede altro espediente se non quello di rimandare agli anni prossimi la pubblicazione di un secondo volume. A questo punto il segretario fa notare che ormai sono state pressoché stampate o composte tutte le lettere occorrenti a raggiungere, con la prefazione, le seicento pagine, e che pertanto non è più possibile mandare ad effetto quanto l’avv. Casaretto desidererebbe. Stando così le cose, il march. Spinola opina che si potrebbe subito stampare una seconda parte o un secondo fascicolo del volume, soltanto quando il Municipio di Genova ed altri enti, prontamente ed autorevolmente sollecitati, fornissero il danaro per la spesa occorrente o dessero affidamento sicuro di fornirlo nei primi mesi del 1926: in mancanza di ciò si dovrebbe necessariamente rimandare ad altro tempo il proseguimento del volume. In questo divisamento concordano tutti i presenti. Sicché il Consiglio delibera che si porti a compimento la stampa di un volume di 600 pagine, o poco più o poco meno, siccome già venne determinato; se poi si troveranno i fondi si potrà anche stampare, prima che si raccolga il Congresso, una seconda parte di detto volume; se no, si 208 Società Ligure di Storia Patria rimetterà al 1926 ovvero agli anni seguenti, correlativamente allo stato finanziario della Società, la stampa di un secondo volume contenente le rimanenti lettere dei Ruffini fino al 1835 ». Si capisce che la provvisione della non modica quantità di danaro bisognevole ad accrescere il volume dalle seicento alle mille pagine non era cosa da poter fare dall’oggi al domani, nè poi, anche nella ipotesi in cui circostanze eccezionalmente favorevoli avessero assicurato alla Società i fondi all’uopo necessari, tornava consentanea colla angustia del tempo disponibile la presunzione di condurre il richiesto prolungamento della stampa a buon termine prima dell’apertura del Congresso. Fu dunque opportuno non meno che savio divisamento quello di mantener fermo il primo proposito di non oltrepassare le seicento pagine, rimandando a stagion più propizia la pubblicazione di un secondo mazzo di lettere dei Ruffini. 11 volume così circoscritto uscì in luce al principio di ottobre del 1925 in tempo debito per essere presentato al 13° Congresso della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, che tenne le sue adunanze dal 26 al 28 di detto mese nella grande sala dello Ufficio civico di belle arti e storia posto nel Palazzo Rosso accanto alla nostra sede sociale. La presentazione venne fatta personalmente nella prima seduta del Congresso dal comm. Volpicella colla lettura dello indirizzo stampato al principio e libro e da lui stesso scritto e rivolto ai Congressisti a nome della Società Ligure di Storia Patria. Composto colla macchina linotype, il volume potè essere condotto a fine in meno di sei mesi, prestezza inconsueta alla Società, sebbene sia riuscito di pagine cinquecento ottantadue. Le prime CXXII sono occupate dopo il frontespizio interno, l’elenco dei sovventori alla spesa di stampa del volume, la lettera di presentazione del presidente Volpicella ed una breve avvertenza dell’autore — da un ampio studio col quale questi si disten e per ben centoquattordici di esse (1X-CXXII) a narrare i primordj del pensiero e del movimento mazziniano attraverso l’Università, la stampa (specialmente nei giornali VIndicatore Genovese e l’Indicatore Livornese), la Carboneria e la Giovine Italia fino al tragico epilogo della congiura del 1833-34. La figura centrale è il giovine Mazzini, che campeggia con la potenza dell’mgegno, con la passione dell’animo, con l’ardore dell’attività e della propaganda. Accanto ed intorno al precoce apostolo si muovono parecchi altri precursori della idea nazionale italiana, giovani e arditi al pari di lui, che rispondono ai nomi di Giuseppe Elia Benza, Pietro Torre, Giambattista Noceti, Domenico Solari, Jacopo Ruffini, Napoleone Ferrari, Andrea Fabre, Tito Rubaudo, Luigi Ram- Relazione 209 baldi, Giambattista Cuneo, Vincenzo Goglioso, Giovanni Ruffini, Federico Campanella, Filippo Betti ni, Giobatta Castagnino, Damaso Pareto, Cesare Leopoldo Bixio, Paolo Anfossi, Angelo Orsini, Agostino Ruffini, Federico Rosazza, Antonio Ghiglione, Cesare Grillo, Nicola Arduino oltre gli amici del cenacolo livornese Francesco Domenico Guerrazzi, Carlo Bini, ecc. Notizie inedite di tanli di costoro sono date nel testo e più in nota, desunte per la prima volta dalle carte scolastiche dell’archivio delPUniversità di Genova e da altre fonti poco esplorate. 11 Codignola in questo suo studio premesso alle lettere di Giovanni ed Agostino Ruffini alla madre Eleonora parla poco dei due giovani fratelli, ripromettendosi di dirne largamente massime per quanto riguarda i loro rapporti col Mazzini e le vicende del loro esilio, nella introduzione alla seconda parte del carteggio. Le lettere pubblicate, le più delle quali scritte in francese, offrono abbondanti ragguagli della vita degli esuli, trascorsa in gran parte, per il tempo abbracciato da esse, nella Svizzera. Ai ragguagli che si riferiscono ai due protagonisti si aggiungono quelli riguardanti alcuni dei loro compagni d’esilio, principalissimo il Mazzini (al cui epistolario le missive dei Ruffini recarono un prezioso complemento), nonché i parenti e gli amici rimasti in patria: compagni, parenti ed amici indicati per ordinario sotto il velame di nomi convenzionali, che il Codignola scuopre al lettore, rettificando altresì talune delle designazioni già fatte da altri. Ma le 242 lettere comprese nel volume non sono interessanti soltanto per le notizie che recano, bensì ancora per lo stato d’animo e la psicologia dei loro autori, uno dei quali ha impresso un’orma incancellabile nella letteratura europea, oltre che per le idee e i sentimenti che esprimono e per l’arte con cui sono scritte. Esse fanno desiderare quelle che le seguono nella preziosa corrispondenza dei due fratelli con la loro madre; ed è sinceramente a deplorare che la penuria dei mezzi finanziari, che possono essere dedicati dalla Società alla pubblicazione dei volumi della serie del Risorgimento, impedisca per ora di metter mano alla stampa della seconda parte di detta corrispondenza. Non debbo tacere che la Società, impotente da sola ad addossarsi il carico totale della spesa di stampa della seconda parte del carteggio dei Ruffini, tentò invano di mettersi d’accordo con un editore che prendesse sopra di sè il lavoro, pronta a concorrere in detta spesa mediante l’acquisto di un determinato numero di copie del nuovo volume. Parve che il titolare della Libreria moderna di Genova, succeduto al Ricci, fosse disposto ad assumere l’edizione del libro propostagli dalla Società; ed infatti, nelPaprile del 1926, dopo un ponderato esame della proposta, egli dichiarava di accettarla a patto di cedere alla stessa Società almeno trecento copie del volume al 14 210 Società Ligure di Storia Patria prezzo di lire 1S ciascuna. Fu invitato a ridurre il prezzo al minimo possibile, ed a mettere in iscritto le condizioni e le modalità della pubblicazione fra le quali il Consiglio deliberava che il volume portasse nel frontespizio l’intestazione e l’emblema della Società, come tutti gli altri volumi degli Atti e come se fosse stato stampato intieramente a spese del Sodalizio. Ma per quanto il su menzionato editore avesse promesso una risposta definitiva e particolareggiata, l’Amministrazione sociale non ne seppe più nulla; nè credette di fare nuovi tentativi presso altre librerie e tipografie editrici, conscia che in questi tempi le pubblicazioni storiche costano un occhio mentre hanno pochi compratori, ed anche quelle che si stimerebbero più acconcie ad incontrare il favore del pubblico non invogliano nessun editore ad applicarvi l’opera ed il capitale. VOLUME L1V, FASC. I LA QUESTIONE DI PlETRASANTA NELL’ANNO 149Ô NelFautunno del 1925, mentre era in corso la distribuzione del Vol. II della serie del Risorgimento recante le lettere dei Ruffini e seguitava lentamente la stampa del voi. LUI di miscellanea storica, talune circostanze speciali portarono all’esame della Presidenza ed alla discussione del Consiglio abbondanti materiali per l’apprestamento dei volumi LIV, LV e LVI degli Atti. Dirò prima di tutto, secondo l’ordine numerico, del voi. LIV, per il quale il presidente Volpicella aveva alla mano un gruppo di documenti da lui trascritti o compendiati dagli originali dell’Archivio di Stato in Lucca, nel tempo in cui dirigeva tale archivio, e stava allora ricavandone altri dall Archivio di Stato in Genova: questi e quelli riguardanti Pietrasanta, e principalmente la contestazione circa il possesso del medesimo luogo dibattutasi nel 1496 tra Genovesi e Lucchesi. Benché egli procacciasse, sulla scorta delle carte delPArchivio genovese ed a complemento e chiarimento di queste, altre scritture dall’Archivio lucchese, oltre quelle già a suo tempo raccoltevi, tuttavia il suo studio non riuscì di tal mole da riempire un volume dei nostri Atti, e fu convenuto che esso formasse il primo fascicolo del voi. LIV. Nel febbraio del 1926 si condussero rapidamente a conclusione le pratiche per la stampa del fascicolo presso la Scuola tipografica « Don Bosco » in Sampier-darena, al prezzo di L. 290 per ogni foglio di 16 pagine e per seicento copie ed alle condizioni consuete, e se ne cominciò senz altro il lavoro. Questo procedette con sufficiente prestezza, per modo che il fascicolo, divenuto di pagine 184, potè vedere la luce nell’estate dello stesso anno 1926, Relazione 211 prima ancora del voi. LUI stampato con i tipi dello stabilimento Cavanna di Pontremoli. Il qual volume fu messo in distribuzione appena giunto in Genova e consegnato alla Società, mentre il suddetto fascicolo venne tenuto in serbo per essere dispensato ai soci nel primo trimestre del 1927 durante l’esazione delle quote sociali per l'anno medesimo. Lo studio del Volpicella sopra La questione di Pietrasanta meriterebbe, così per l’argomento come per la trattazione, che io ne parlassi con qualche larghezza; ma a ciò si oppongono l’angustia del tempo e l’abbondanza della materia su cui debbo ancora estendermi per dar compimento alla presente relazione intorno all opera della Società. Non voglio però passar oltre senza additare una novità riguardante il modo seguito dall’autore nell’usare i documenti latini, che costituiscono il maggior numero di quelli da cui ha tratto la sostanza del suo studio; novità che non tutti gli hanno menato buona, e ch’egli annunzia nella sua prefazione con le seguenti parole: « Per fare che questo modesto lavoro trovi almeno qualche lettore, ho preso il coraggio a due mani, e, sfidando tradizioni, prevenzioni, saccenterie, ho tradotto i documenti nel nostro idioma nazionale » (1). Sebbene io abbia il culto del documento e pensi che in molti casi giovi il riprodurlo testualmente nella forma originale, per mettere lo studioso in grado di prenderne diretta cognizione e di farne, ove occorra, egli stesso la interpetrazione; pure, nel caso qui riferito, ritengo che sia, non solo da approvare, ma altresì da lodare quanto il nostro autore ha operato. Infatti il Volpicella non si proponeva semplicemente di mettere insieme una raccolta di documenti intorno alla questione di Pietrasanta, ma di esporre il racconto dei fatti e delle vicende, nella loro successione effettuale o logica, attraverso cui si manifestò e sì risolvette la su citata questione; e se così è, quale più acconcio modo di dare efficacia alla esposizione e tener desta la curiosità del lettore, se non quello di inserire ai debiti luoghi i documenti e di farli parlare nello stesso volgare in cui vien tessuto il racconto? Poteva l’autore, ne convengo, dare senz altro il documento latino; ma quanti sarebbero stati in grado d’intenderlo subito e appieno, e di seguitare senza incertezze e lacune il senso della narrazione? È un’illusione il credere che tutti coloro che sono usciti dai Licei e dalle Università sappiano il latino, e maggior illusione il ritenere che i più di essi lo capiscano a prima vista: tanto più quando si ha da fare con 1 documenti notarili e cancellereschi dei nostri archivi, infarciti di espressioni specifiche 0 ignote al latino scolastico. Anche fra i medesimi cultori e professori di storia non sono molti quelli che abbiano una siffatta padronanza (1) Atti, Vol. LIV, fase. I, p. 6. 212 Società Ligure di Storia Patria della lingua latina, da trascurare di regola le traduzioni. Del resto, i libri non si fanno per i soli specialisti, massimamente i libri di una materia, come la storia, che ha virtù di interessare tutte le persone cui non manchino i primi elementi di cultura. L’unica obiezione ragionevole, che in tesi generale si potrebbe oppone alla convenienza di sostituire il documento originale con la sua versione, sarebbe quella che adducesse dubbi e riserve circa la fedeltà della versione medesima: ma nel caso nostro essa non avrebbe alcun fondamento. Poiché Luicri Volpicella, familiare col latino classico non meno che col latino medievale" - maestro in questo per la lunga pratica da lui acquistata negl. Archivi di Stato in cui percorse una brillante carriera fino ai supremi uffici direttivi che sostenne a Lucca ed a Genova; esperto in quello, tanto da tradurre nel breve tempo di tre mesi i primi sei libri dell’Eneide in versi martelliani (come fece l’anno scorso durante la sua estiva residenza in Santa Margherita Ligure) — non può essere davvero sospettato di averci ammannito una infedele versione dei documenti latini relativi alla questione di Pietrasanta. Ed allora dobbiamo essergli grati per il risparmio di tempo e di fatica procuratoci collo spiegare innanzi ai nostri occhi, invece de originale latino ostico a molti, una veridica non meno che elegante traduzione italiana, quale potevamo aspettarci da lui. Gli amatori di document, trovano, per altro, di che satollarsi nella ricca appendice che segue il racconto, nella, quale il Volpicella riporta per più di sessanta pagine nel loro genuino volgare, senza mettervi niente di suo, istruzioni, inventari, narrative, ecc. estratti dall’Archivio di Stato in Lucca. VOLUME LV La MONETA OENOVESE IN CONFRONTO CON LE ALTRE VALUTE MEDITERRANEE NEI SECOLI Xll E XIII Quest’opera, frutto di lungo paziente e meditato lavoro di Pier Francesco Casaretto indimenticabile nostro vicepresidente, rimase monca e interrotta per la inaspettata morte del suo autore, e fu pubblicata postuma nel vol. LV degli Atti sociali. Nell’Avvertenza preposta ad esso volume io esposi con sufficiente larghezza i procedimenti e le cure della pubblicazione, e non è il caso che qui li ripeta. L’opera è, pur troppo, incompleta, non soltanto per la mancanza dei capitoli che l’autore non potè includervi, ma altresì per la incompiutezza ed imperfezione di alcuni di quelli che vi figurano. Nè le frequenti e lunghe note ch’io vi apposi valsero a supplire a tutte le man- 213 canze ed a colmare interamente le lacune. Ad ogni modo, anche cosìcom’è, essa poige un insieme di notizie utili e non facilmente rintracciabili altrove; e mette in piena evidenza un elemento, quale è quello della moneta, altrettanto necessario per la conoscenza della storia di Genova e del commercio in generale, quanto è di regola trascurato dagli storiografi. Una prova di tale trascuratezza si ha nell’essere il libro del Casaretto passato in Genova e generalmente in Italia pressoché inosservato, ovvero fatto segno ad alcune critiche superficiali ed inconcludenti (1). Del resto, questa è la sorte che tocca ordinariamente ai volumi della nostra Società, i quali presso di noi non trovano nè chi li apprezzi nè chi li diffonda a scopo di coltura; è già molto se talun avvocato li accoglie per collocarli nelle scansie del propiio studio a fare bella mostra dei loro dorsi. Qualche maggior interesse il volume suscitò all’estero, se debbo giudicare dalla lettera e dalla recensione che riporto qui sotto in nota (2). Il volume uscì in luce sul principio di giugno del 1923 dai torchi della Scuola Tipografica « Don Bosco » in Sampierdarena. (1) Ved. Giornale storico e litterario della Liguria, Nuova serie, Anno V, 1929, pp. 92-95. (2) Ai primi di dicembre del 1929 io ricevevo la lettera con l’articolo chequi stampo. « Paris, 199 rue de Vaugirard « le 29 nov. 1929 « Monsieur le Secretaire, « Voici un double de la note bibliographique que J’ai écrite d’accord avec les Annals d'histoire économique et sociale (Palais de l’Université, Strasbourg), et qui doit y paraître dans un des prochains numeros, sur le livre envoyé pour compte-rendu. Je me chargerais du compte rendu de tous autres volumes relatifs à l’histoire économique de Gênes au moyen âge, en particulier des recueils d’actes notariés des XII, XIII, et XIV siècles. « Je préparé un long article sur les origines du capitalisme à Gênes aux XII et XIII siècles, critique assez vive des points de vue de M. Werner Sombart, même dans les dernières éditions de son « Moderner Kapitalismus », confirmation de nombreux points de vue du feu Lattès et information de certains points de vue de Byme. « André E. Sayous Ecco l’articolo. LA MONNAIE A GÊNES AUX Xll et XIII SIÈCLES. « Un érudit génois, Pier Francesco Casaretto, a étudié, pendant de longues années, la monnaie de Gênes aux XII et XIII siècles, plus spécialement dans ses relations avec les autres monnaies des pays du bassin de la Méditerranée. A sa mort, il a laissé un manuscrit, incomplet et non révisé, que la Società ligure di Storia patria a donné dans son excellente série de publications (La moneta genovese in confronto con le altre valute mediterranee nei secoli Xll e XIII, voi. 55 des Atti, Gênes, 1929), en y ajoutant des notes et commentaires de son président et surtout de son secrétaire, M. Francesco Poggi, complétant certains exposés et contestant l’exactitude de certains autres. Un tel livre est nécessairement touffu, d’une 214 Società Ligure di Storia Patria VOLUME LVI Iscrizioni genovesi in Crimea ed in Costantinopoli. II presidente Comm. Volpicella nel proemio con cui si apre il voi. LVI espone in qual modo la Società abbia avuto la profferta, per la pubblicazione negli Atti, delle iscrizioni genovesi in Crimea raccolte dalla signorina russa Elena Skrzinska e comprese nel medesimo volume. Egli però non dice e non aveva motivo di estendersi nel raccontare con quale cui a e con quanta passione la raccoglitrice abbia compiuto il suo volontario compito. Ammirabile è la dottrina che questa studiosa, esempio cospicuo di quanto lecture difficile; il comporte des inexactitudes et même des erreurs en dehors de celles relevées par M. Poggi. Et cependant, il merite de retenir notre attention, il contient une masse de renseignements intéressants; il se place au point de vue non du numismate, recueillant et examinant les pièces rares avec plus de patience que d utilité, mais.de/ économiste, préoccupé de la circulation des monnaies et de leur rôle comme mesure des valeurs, et ne retenant que les faits rapportés par les mémorialistes, par les actes officiels et par les contrats notariés il écarte ce qui n’est pas une réalité, ne sa base par sur les conceptions courantes à l’époque dans la pratique. Il facilite donc la compréhension de la vie économique au moyen âge et peut être d’une aide très serieuse pour ceux qui cherchent a établir une théorie générale de la monnaie. Un travail si profond d’organisation s est fait a Genes, durant les XII et XIII siècles, dans l’ordre économique, que l’on peut y retrouver de multiples éléments de notre vie moderne; pour ce qui concerne la monnaie en particulier, on y constate plus d’une situation qui s’est reproduite per la suite et p.us d’une concept.on nui nrécisée vers cette épooue, â ete retenue depuis. q P . Un livre aussi surchargé ne s'analyse pas; mieux vaut en retenir les conclus,ons Pr"'C‘Pal“'Gênes la vraie monnaie fut rare durant presque tout le XII siècle. Les pieces dans la circulation avaient d’autant plus tendance à s’écouler au dehors, en particulier dans le Levant, que les croisés devaient en emporter et que les commerçants ne trouvaient guere d’occasion de vendre des marchandises occidentales pour acheter avec leurs prix de vente des produits orientaux, qu’au cours de la seconde moitié du s.ecle. La conséquence en fu l’emploi fréquent d’instruments d!échanges démontré par de nombreux contrats et par la formule courante dans les actes « seu valens » qui suivait l’md.cafon d une monnaie deter- - Fn 1147 ,e naiement d’une somme de 100 libres prescrit par l’archeveque et les cTsuls de"« kvoiHIL un quar, eu poivre, un quart eu écorces servant à la fabrication de Tenere ou comme teinture {libri), un quart en bois de brezil, un quart seulement en monnaie. Et, par la suite, le poivre continuera à jouer un rôle quas,-moneta,re de même nue le bois de bréiil, l’encens, l'indigo, l'alun, uon à des conditions determmees et ,xes, mais d’aprés leur valeur actuelle sur la place, valeur bien connue pour des articles aussi recherchés. Rien ne confirme mieux la conception de la monnaie comme une Les monnaies de Pavie furent d’autant plus employées à Gênes pendant la première moitié du XII siècle qu’elles étaient en circulation dans la partie de l’Italie où Gênes avait Relazione 215 possa il femminile ingegno russo, dimostra e profonde nella sua opera; ma non meno ammirabile è stato il fervore con che l’ha condotta innanzi e vi si è applicata durante e perfino dopo la stampa del volume che la contiene. Di tale fervore fanno fede le sue lettere scritte, alcune al prof. Alessandro Lattes, che curò la stampa di detto volume, ed alcune a me, che attesi particolarmente insieme col Presidente alla scelta ed alla distribuzione delle illustrazioni grafiche che adornano il libro, e che, per il mio ufficio di se- * les relations d’affaires les plus suivies. En 1138, Conrad II, roi des Romains, accorda aux Génois le droit de faire eux-mèmes de la monnaie. Casaretto a montré fort bien que Gênes chercha son modèle, non du côté italien, mais à Melgueil, petite ville des environs de Montpellier, dont la monnaie était connue et appréciée dans les pays chrétiens ou musulmans fréquentés par les commerçants génois d’une façon de plus en plus régulière. Les différences que l’on constate entre la monnaie de Melgueil et celle de Gênes, paraissent très faibles, même insignifiantes, à ceux qui savent combien il était rare que des monnaies eussent exactement le même poids et le même alliage. Si, pour les contrats commerciaux, c’est bien, semble-t-il, l’influence italienne qui s’est fait sentir à Marseille pendant le XII siècle, Gênes, en sens inverse, a pris aux environs de Montpellier la base même de son premier système monétaire indépendant. Preuve indirecte, et particulièrement saisissante, de l’importance commerciale de Montpellier à cette époque-Ià. '' Chacun était, au moyen-âge, disposé, non seulement à payer cher les frais assez élevés de la frappe des monnaies au marteau, mais à reconnaître par une majoration de la valeur de celles ci le service que l’Etat lui rendait en lui fournissant des lingots à poids et à alliage garantis. A Melgueil, les frais de frappe ont, aux XII el XIII siècles, varié de 7 à 10°/o, ce qui, avec les droits prélevés par le Comte de Montpèllier, représentait, en 1130, 39 deniers pour 240 deniers de monnaies; en d’autres termes, toute personne remettant à la Monnaie des métaux valant 240 deniers, ne recevait que 201 deniers en pièces. A Gênes, où la Commune affermait le droit de frappe, il en était différemment: la Commune recevait une somme forfaitaire; quant aux fermiers, acheteurs eux-mêmes de métal et non travailleurs à façon, ils étaient autorisés à réaliser sur les monnaies un benefice à peu près du même ordre de grandeur que l'ensemble des frais de frappe et des droits seigneuriaux perçus à Melgueil. A la notion de monnaie-marchandise s’ajoutait donc celle de la garantie fournie par l’Etat, et ce à des conditions assez lourdes tout à la fois pour accentuer l’importance de cette garantie et... pour rendre singulièrement difficile le calcul des rapports entre les monnaies et les métaux. Casaretto a bien aperçu ces derniers obstacles, mais n’en a pas toujours tenu compte. « Selon toute vraisemblance — bien que Casaretto soit d’un avis opposé, — la Monnaie de Gênes obtint dès 1149 le droit de battre des pièces d’or, mais elle n’en fabriqua que beaucoup plus tard. Elle n; faisait que des pièces d’argent, et encore d’un alliage où le cuivre représentait les -/3 du total. Et pourtant, ses relations commerciales les plus importantes et actives étaient avec l’Orient, l’Afrique, l’Espagne et l’Italie méridionale, pays à monnaies d’or! N’était-ce pas en or qu’étaient estimés la majorité des produits importés par mer? Aussi les prix n’étaient-ils pas fixés, sans doute, en relation avec l’argent, mais en relation avec l’or. Comme Casaretto, nous admettons que la monnaie d’argent avait à Gênes une influence restreinte sur la fixation des valeurs parce qu’elle déterminait les éléments du coût de revient des seuls produits et marchandises qui étaient originaires du pays même, ou des autres pays à monnaie d’argent, et que, pour la majorité des produits importés, jouant souvent un rôle quasi-monétaire, la base primitive de leur valeur était leur prix 216 Società Ligure di Storia Patria gretario sociale, ne accompagnai e vigilai il lavoro tipografico. Non ieputo inutile di riferire qui per intero o parzialmente talune di esse lettere, sia per precisare circostanze e particolari atti a far meglio intendere la materia del volume, sia per riempire certe lacune e correggere alcuni errori rimastivi. . Circa le illustrazioni grafiche da inserire nel volume, la Skrzinska cosi scrivevami. d’achat en or à l’étranger. Le même problème s’est reposé depuis et a eu toujours une même solution dans des conditions identiques: exportations permettant de se procurer les monna.es des pays d’achat, constitution locale d’un fond de monnaies etrangeres et de change, envois de monnaies nationales; ajoutons au tableau ce trait particulier: l’envo. de monna.es arabes frappées à Oênes de même que dans beaucoup d’autres villes d Italie et de rovence.^ . Dès le XII siècle et, à plus forte raison, au XIII, Por a ete assez abondant a Genes; bien entendu souvent sous la forme de monnaies etrangeres, transportées lorsqu il était Impossible de se procurer du < change • ou lorsque le ■ change . Ila,I trop couteux; ma,s 3 sousTa forme native dite . di paiola dont il est déjà quest,on dans un document de ll84Cest là ce que l’on appellera plus tard l’or . de mine et qu, ,onera un rôle de 11S4. bestiai h lingots et les « marquera » plus nettement monetane lorsque, au XIII siecle, i on iera u B mandes (oro in virgis e marcato); c’est déjà la « barre • qui joua le rôle capital dans grandes relations internationales en cas de déplacement de métaux Précieux . Casaretto s’est beaucoup préoccupé de la relation qu. ex,s a. u : XH et XI ec1« irô l’nr et l’argent et sur la base des documents visant Pav.e, il a établi qu elle était de 7 ou 7 29 à 1. Maîs ses calculs ne sont nullement convaincants; selon la base qu on donne aux opérations d’arithmétique on trouve: entreà et ^agissait"'de monnaies f£S^r'-trique économique - " » ;ré £ l’influence des facteurs économiques, d’une importance capitale notamment dans es relations avec 1 Italie méridionale. H a aussi entrevu que les fluctuations assez cons.de ab es risque deamer. ^ ^ ^ ^ ^ ^ pub]jé ^ , aie à Gênes aux XII et XIII siècles, sera utile, sinon nécessaire, à ceux qui étudieront, du point de vu économique l’histoire de la monnaie au moyen âge, dans la partie chrétienne la plus ac iv du bassin de la Méditerranée; mais si, sur certains points, .1 peut paraître solide, sino définitif sur d’autres, et assez nombreux, il ne devra guère etre consulte qua charge de contrôle Les efforts de Casaretto imposent sa mémoire au respect des historiens des fai économiques qui n’ignorent pas les difficultés de la synthèse tentee par lui avec un honorable succès. , André E. Sayous ». Relazione 217 « 18 - X - 1927 « Krestovskij o. Olguina 14 « Leningrad « Monsieur, J’ai reçu votre lettre et je m’empresse de vous répondre. Je suis de votre avis qu’il serait très-bien d’illustrer Les Inscriptions de quelques planches représentant les monuments génois, qui ont jadis porté les pierres avec les inscriptions, ou bien qui les portent encore. Il est dommage pourtant que vous n’ayez pas écrit plus tôt. J’aurais pu vous envoyer les dernières photographies de Théodosie, de Soudak et de Balaklava. S’il n’est pas trop tard, écrivez-moi, je vous en prie, et je vous les enverrai aussitôt. Le fait est, que vos photographies (ne sont elles pas les mêmes qui ont été exposées à la Mostra storica coloniale en 1914?) ont été faites par L. Kolly il y a plus de vingt ans et je ne sais si les choses sont restées les mêmes aujourd’hui. Je vous aurais conseillé le plan suivant. « Théodosie « 1. Vue générale du côté de la Quarantaine (ancienne citadelle de Caffa). « 2. Tour d’angle (fautivement nommée tour Clément). « 3. Seconde tour. « 4. Tour St. Constantin. «5. Tour Ronde (du consul Scaffa, 1342). « 6. Tour de la darsène. « A côté de Thèodosie-Caffa les deux forteresses génoises de Soldaie et de Cembalo méritent certainement d’être présentées aussi. Donc il me semble absolument nécessaire d’ajouter quelques photos de Soudak et de Balaklava. Les fortifications y sont grandioses et très-bien conservées (beaucoup mieux qu’à Théodosie), et les pierres avec les inscriptions y sont restées sur place, encastrées dans les murs des tours. Je répète que les vues de Soudak et de Balaklava sont indispensables et il serait injuste de ne pas les ajouter. J’y insiste et j’espère que vous trouverez les moyens d’accomplir ma demande. Je pourrais bien vous envoyer les photographies les plus éloquentes. Mes corrections de votre liste sont les suivantes: « 1. Torre detta di papa Clemente VI, n’est que la tour d’angle de la citadelle, vu que l’inscription de 1348 n’a jamais été encastrée dans ses murs. « 2. Seconda torre, est vraiment la seconde tour de la citadelle. « 3. Torre rotonda, est justement la tour Ronde de l’enceinte extérieure de Caffa; l’inscription du consul Johannes Scaffa (Sofia est une lecture er 218 Società Ligure di Storia Patria ronée que j’ai déjà corrigée dans mon édition) a été trouvée tout près de cette tour. « 4- La même seconde tour de la citadelle (ved. n. 2). « 5. La tour St. Constantin de l’enceinte extérieure de Caffa. « 6. La tour Giustiniani est aujourd’hui couverte de plâtre, surmontée d’un toit moderne et sert de maison habitée. Il est presqu’impossible de la reconnaître comme une tour génoise- Ne l’a-t-on pas confondue avec la tour de la darsène, située au bord de la mer, une tour carrée, très forte, privée de merlons, et ayant un grand portail arqué? « 7 et 8. Je ne connais absolument pas ces tours-là et je suis certaine que c’est une erreur: la tour du consul Zoaglio est née du fait qu’on en possède trois inscriptions, et la tour dei giardini provient d’une lettre italienne contenant le récit de la prise de Caffa en 1475 (voy. Atti VII, 2). Du reste il n’en existe à Théodosie d’autres tours à l’exception de celles que j’ai déjà enumérées, c’est à dire: tour d’angle, seconde tour, tour St. Constantin, tour Ronde, tour de la Darsène, et la tour Giustiniani modifiée en maison habitée. En attendant, Monsieur, votre réponse prochaine, je reste votre dévouée. .. ». Per comprendere bene questa come le lettere seguenti è da sapere che io, d’accordo col Presidente, avevo disposto di inserire nel volume delle Iscrizioni le vedute, riprodotte per Io più in fotografia, ch’erano state esposte alla Mostra storica coloniale in Genova nel 1914, e di cui io stesso diedi il catalogo nel fase. I del vol XLVI dei nostri Atti. Ma la Skrzinska temeva che tali vedute non corrispondessero più in allora allo stato reale dei monumenti genovesi, e fossero inoltre errate le denominazioni di alcune di esse. I suoi timori venivano espressi nella lettera che qui riporto. « 3 - XI - 1927. « Monsieur, Je vous réponds immédiatement après avoir reçu ce matin votre lettre de 26-X. Il est bien dommage que je n’ai pas vu les photos de Kolly et du marchese Imperiale, que vous voulez ajouter à mon travail. Du moins en envoiez-moi la liste complète. Je crains qu’il n’y soit quelque erreur fâcheuse dans les définitions. Ce serait gâter tout le travail en l’accompagnant de planches qui répéteraient les fautes d’autrefois. Par esemple: le nom de la tour Clément n’existe plus, c’est une grande faute que de nommer ainsi la tour d’angle de la citadelle de Caffa, ce que j’ai expliqué moi-même à propos de l’inscription de 1348 (voy. n. 3); c’est la pure phantaisie de mr. Kolly que d’avoir trouvé quelque porte dei giardini à Théo- Relazione 219 dosie. Je ne peux accepter cette dénomination aucunement, d’autant plus que je n imagine pas à quoi donc se rapporte cette définition! Je répète qu’une lettre italienne de 1475 raconte que les Turcs, à ce qu’il me semble, sont entrés dans la ville près de la porte dei giardini. C’est tout ce qu’on connais à propos de cette porte fameuse et rien n’indique que telle ou telle ruine doit être précisément cette porte des jardins. La même chose se trouve dans les Annales de Giustiniani (vëd. cart. CCXXV11I, ediz. 1537; ovvero vol. Il, p. 478, ediz. 1834-35), qui raconte que les Turcs ont amené leur artillerie « in la posta del cacciadore, in la posta del giardino di Bartolom-meo di Todis, in la posta di Gorgi ed in la posta di S. Teodoro ». De même je vous exprime ma prière la plus insistante de rejeter de la liste des illu-stiations celles d’Akkerman et d’inkerman. Le château d’Akkerman ne se trouve pas en Crimée, mais à l’ouest d’Odessa, et ne se rapporte pas aux colonies de la Crimée- La forteresse y est probablement de construction turque. La forteresse d’inkerman n’est pas génoise. C’est clair comme le jour, et ce serait dégrader tout le travail que de considérer Inkerman comme une forteresse génoise. C’est la forteresse des Goths de Theodoro, qui défendait leur poit de Calamita, rivale de Cembalo génois. L’architecture d’inkerman n’a rien de commun avec celle de Soudak et de Balaklava (Cembalo); ce sont les tours qui ressemblent plutôt à celles de Mangoup dans les montagnes de la Crimée. « Enfin, je ne connais aucune église génoise à Balaklava et je suis sûre que c’est une faute aussi. II y a à Balaklava une petite église basilique (aujourd hui déformée et blanchie), jadis probablement grecque, dans le mur ouest de laquelle une pierre avec une inscription latine de 1357 est encastrée (ved, iscriz. n. 53, p. 129 nel vol. LVI). La pierre n’a aucun rapport à 1 église et elle n’y est encastrée que dernièrement. Ce serait naïf de supposes qu elle appartient à l’église-même, et il est tout à fait facile de le discerner en la regardant de près. Donc, rejetez la photographie de * Chiesa genovese di Cembalo ». « À propos du musée: le vieux musée de Théodosie rappelle un temple dorique; il est situé sur une colline, au-dessus de la ville. Il fut fondé au commencement du XIX siècle; depuis quatre années déjà (en 1923) il ne fonctionne plus et tous les objets (les pierres génoises, y compris) ont été transportés dans le nouveau musée (jadis maison du peintre Aivasovskij). « J’espère, monsieur, que vous trouverez la possibilité d’accomplir tous mes désirs, qui sont, vraiment, bien fondés. Dans une semaine je vous enverrai quelques photographies pour la publication. « Agréez, monsieur, toutes mes salutations ». 220 Società Ligure di Storia Patria Le sopra annunziate fotografie giunsero con la lettera qui appi esso riferita, nella quale esse vengono sommariamente descritte. « 9 - / - 1928 « Kresto wskij ostr. « Olguina, 14 « Leningrad « Monsieur, Malheureusement, je n’ai pus trouvé la possibilité de vous envoyer les photographies plus tôt. Tout de même je vous les envoie aujourd’hui dans l’espoir qu’elles arriveront encore à temps et qu’on pourra les ajouter à mon travail ainsi que vous l’avez projeté. Vu que l’impression ne procède que très lentement, j’espère que ce ne serait pas impossible et j’en serai vraiment très reconnaissante. Voici la liste des photos: « Théodosie « 1. Vue générale du côté de la Quarantaine. La tour d’angle, la seconde tour de la citadelle et la tour de la darse. « 2. La tour de la darse. « 3. La tour d’angle. « 4. Côté Est de la tour dite « Ronde ». « Soudak « 1-2. Vue générale. Le rocher de Soudak du côté Nord. « 3. Le donjon; la vallée de Soudak. « 4. Le donjon et la tour avec la chapelle. « 5. La porte principale de la forteresse. « 6. La tour « Giudici » (1392). « 7. La tour « Guarco » (1344). « 8. La tour intérieure du donjon. « 9. Le rocher de Soudak du côté Sud. « 10. Vue de la côte à l’ouest (de la tour supérieure de la forteresse). « 11. L’inscription de 1386 encastrée dans le mur de la tour Ouest de la porte principale. Relazione 221 « Balaklava « 1. Vue générale de la baie et du rocher. « 2. Le donjon. « 3. La tour d’angle- « Ayez la bonté, monsieur, de m’informer si vous avez reçu les photographies et si vous allez les reproduire. Dans le cas contraire, veuillez les accepter pour la Société. « Agreez, monsieur, mes salutations les plus distinguées. « E. Skrzinska ». Le fotografie inviate dalla signorina russa arrivarono, pur troppo, in ritardo; ed io non ebbi modo di usare se non che di alcune di quelle relative a Cembalo (Balaklava). Debbo però dire che, sostanzialmente, esse non differivano dalle fotografie e stampe possedute dalla Società; avevano soltanto il pregio di essere di data recente. La stampa delle illustrazioni grafiche era oramai troppo inoltrata, perch’io potessi accogliere tutti i desiderj espressi dalla valorosa scrittrice; alcuni di essi poi erano in contrasto col mio modo di vedere, ed anche con gli interessi della Società, la quale aveva fatto le spese dei clichés di dette illustrazioni ed era giusto che ne usufruisse. 11 contrasto riguardava specialmente, secondo che apparisce dalla lettera della Skrzinska in data 3 novembre 1927, le vedute di Akkerman e di Inkerman, ch’io, in opposizione al di lei avviso, volevo inserire, come effettivamente poi ho fatto, nel volume; non già perchè ritenessi che essi luoghi appartenessero un tempo a Genova, ma perchè i Genovesi vi avevano avuto relazioni di commercio e posseduto fattorie e stabilimenti e sembra anche fortezze (1). (1) Akkerman, alla foce del Dniester nel lago Ovidio formato da questo fiume, era l’antica Moncastro o Malvocastro. Il luogo appartiene ora, sotto il nome di Cetatea-Albà, al regno di Rumania; e cominciò ad essere frequentato, per operazioni di commercio, dai Genovesi fin dal secolo XIII, e forsanco dal sec. XII al tempo della sovranità bizantina sul Danubio, la quale termina appunto, secondo il Bànescu, verso la fine dello stesso sec. XII (N. BÀNESCU, La domination byzantine sur les régions du Bas-Danube; in Bulletin de la section historique de l'Académie roumaine, sous la direction de N. lorga, tome XIII, Bucu-resti 1927, p. 21). Molto probabilmente i Genovesi, conforme alle loro consuetudini coloniali, vi costrussero un castello; cosa che il Bratianu ammette in modo sicuro scrivendo: « On a mis récemment en doute le fait que les Génois aient pu construire le château remanié ensuite par les Moldaves et les Turcs, dont les ruines imposantes dominent encore aujourd’hui le liman du Dniestr. Ils n’avaient dans la ville qu’un rôle commercial, sans aucun droit politique; la construction d’une forteresse devait donc leur être interdite, puisqu’ils ne pouvaient élever aucune prétention sur un territoire qui appartenait aux Mongols. Il est certain qu’à Cetatea-Albà, comme dans tous lçs autres ports de la Mer Noire où ils avaient des éta- 222 Società Ligure di Storia Patria Il libro verso la fine di gennaio del 1928 era pronto a veder la luce, cosa ch’io mi recai a premura di partecipare alla signorina russa, dalla quale ebbi questa risposta. « 12 - II - 1928 * Monsieur, Merci bien pour votre lettre aimable; je me réjouis beaucoup de la nouvelle que le livre est prêt à paraître. Pointant c est bien dommage que vous n’ayez pas eu la possibilité d y inclure mes photogiaphies. Elles seraient bien à leur place, en illustrant mon tiavail. J espère tout de même que les autres ne sont pas moins bonnes. Il serait le plus convenable blissements, leur colonie n’avait dû occuper au début que quelques maisons et revendiquer tout au plus la concession d’un dépôt pour les marchandises, d un fondaco, mais 1 on voit au cours du XIV siècle les quartiers génois de Caffa, de Soldaïa, de Trébisonde et de Sinope se hérisser de tours et de murailles crénelées, sans que la possession de ces villes ait été enlevée à l’empereur du Kiptchak, au Grand-Comnène ou à l’émir turc....... Evidemment, le château de Cetatea-Albà n’a gardé aucune trace qui puisse rappeler l’architecture des forteresses genoises, mais il a été si souvent reconstruit de fond en comble au cours du XV siècle, qu’il est bien naturel qu’il ait conservé seulement l’empreinte plus recente des constructeurs moldaves et turcs. Les Génois ont pu parfaitement occuper à un moment donne l’ancien Maurokastron byzantin et l’adapter aux besoins de leur colonie, sans porter aucun préjudice à la domination de l’empereur tartare * (G. I. Bratianu, Contributions à Vhistoire de Cetatea-Albà, Akkerman, aux XIII et XIV siècles; in Bulletin su citato, p. 27). Oltre il su citato Bratianu si sono occupati di Moncastro il Desimoni, che ne accenna specialmente nei suoi Nuovi studi sull’Atlante Luxoro (Atti, vol. V, fase. II, p. ISO), N. Iorga in Chilia si Cetatea-Albà (Bucarest 1900) ed in Lucruri noi despre Chilia si Cetatea-Albà {Annales de F Académie roumaine, ser. Ili, vol. V, a. 1925, pp. 325-332); Kot-cinbinski in Pura-Piras-Bielgorod (« Zapiski », Memorie della Società storico-arc eo ogica di Odessa, volumi XV e XXIII); Berthier-Delagarde, Sulla topografia del Maurocastron (« Zapiski » della Soc. star. arch. di Odessa, vol. XXXIII, a. 1919). I titoli di questi due ultimi scritti, che sono in lingua russa, mi furono comunicati, tradotti in italiano, dal gentilissimo sig. Eug. Zagorowsky di Odessa, che qui ringrazio pubblicamente. Inkerman (lat. 44° 33’ N., long. 33° 34’ E. da Greenwich) è m Crimea vicinissimo a Sebastopoli (lat. 44° 34’ N., long. 33° 28’). Chiamavasi un tempo Calamita, e questo nome è rimasto ad indicare la baia presso cui Inkerman è collocato. Trovavasi sotto la sovramta dei principi di Teodoro-Mangup. Due degli scritti più recenti, che riguardano questo luogo, sono i seguenti, in lingua russa, additatimi dalla cortesia del prefato sig. Zagorowsky con i titoli in italiano: Berthier-Delagarde, Calamita e Teodoro (« Izvestia », Notizie della Commissione are i vistica della Tauride, fase. n. 55, a. 1918); Colly, Chadgi-Ghirei-Chan e la sua politica (« Izvestia », fase. n. 50). Ho già citato in nota a p. 175 due volumi di Giorgio I. Bratianu riguardanti il commercio dei Genovesi in Levante nel sec. XIII; ora aggiungo che il primo di essi, intitolato Actes des notaires génois de Pera et de Caffa de la fin du treizième siècle (1281-1290), ha fornito materia ad una e/nendatrice recensione del consocio prof. Alessandro Lattes (Una nuova serie di documenti mercantili genovesi, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, anno XXVIII, n. 1 e 2, parte I, Casa editrice Dottor Francesco Vallardi, 1930, pp. 99-106; estratto pp. MO), utile a consultare insieme col libro che l’ha originata. Relazione 223 de m envoyei les livres (je voudrais bien avoir quelques volumes entiers, des fascicules complets des Atti, pas seulement mon travail à part) par portions, à 15-20 exemplaires dans chacune, expediés durant deux-trois semaines. L’adresse (mon nom doit être exclus — c’est l’Académie qui reçoit les livres) est la suivante: (< USSR, Leningrad, quai du Palais, 6; Académie de l'Histoire de la Culture matérielle, Palais de Marbre. « Agréez, monsieur, mes salutations les plus distinguées. « E. Skrzinska ». Coll’accenno ai volumi interi, la scrittrice voleva significare, non gli estratti recanti le sole Iscrizioni genovesi in Crimea, ma i volumi completi contenenti altresì le Iscrizioni genovesi in Costantinopoli, che essa sapeva, per mia informazione, pubblicate da Ettore Rossi nel medesimo voi. 56° che comprendeva le prime. La gentile richiedente venne intanto contentata coll’invio di cinque esemplari, fra estratti e volumi interi, in acconto dei cinquanta che la Società usa concedere gratuitamente agli autori degli scritti inseriti negli Atti. Per effetto delle difficoltà postali della Russia, i libri giunsero a destinazione con notevole ritardo, come ci avverte la data della lettera che arreco qui sotto- « 2 - VI - 1928. « Leningrad Kjrestovskij o. « Olguina 14 « Monsieur, L’Académie a reçu le paquet avec les livres le samedi passé. Mon premier devoir est de m’adresser à vous avec la prière d’exprimer ma profonde reconnaissance à la Société pour avoir accompli la tâche difficile de l’édition de mon travail, et de l’assurer que j’estime beaucoup l’honneur de voir mon nom sur les pages des Atti. On a extrêmement admiré le livre, son extérieur distingué et imposant, le bon papier et les belles planches, l’heureuse disposition du texte C’est une grande joie pour un auteur russe de recevoir un livre pareil par un temps où la possibilité de le publier chez soi est presque nulle. Je voudrais aussi témoigner ma reconnaissance spéciale a Mr. le Président pour son ample préface qui explique parfaitement « come è stato concepito e come nacque questo volume ». « J’ajoute de même, monsieur, mes remerciements pour tous les soins que vous vous êtes donnés, et j’attends avec une grande impatience l’arrivée 224 Società Ligure di Storia Patria des autres 45 exemplaires qui restent. Vous comprenez donc, que j ai hâte de présenter mon travail à mes maîtres et à mes collègues, ainsi que de l’envoyer dans les musées, les bibliothèques et les universités de mon pays. « Je vous prie aussi de présenter mes salutations a Mr. Ettore Rossi. « Agréez, monsieur, mes salutations les plus distinguées. « E. Skrzinska. « P. S. Récemment je viens d’envoyer une lettre à Mr. Lattes ». Seguì più tardi la spedizione degli altri 45 esemplali, o per meglio dire 42 (essendosene trattenuti tre per esigenze sociali); la quale riuscì una bisogna, oltreché relativamente dispendiosa, anche complicata per effetto delle barriere doganali e politiche della Russia dei Sovieti. Nella lettera colla quale ragguagliavo la Skrzinska della spedizione, chiedevo anche notizia di un congresso tenuto a Kertch, in cui, secondo avevo appreso da un bollettino romeno, erano state fatte comunicazioni circa le antiche colonie genovesi del mar Nero; ed a tale richiesta, e ad informazione dall’arrivo dei libri la cortese scrittrice così rispondevami: « 16-11-1929 « Krestovsky o. « Olguina 14 « Leningrad « Monsieur, « J’ ai le plaisir de vous informer que les livres (40 exemplaires + deux vv. complets des Atti) sont arrivés à Leningrad. Ayez la bonté d’exprimer encore une fois ma profonde gratitude à la Società Ligure. « Vous me demandez à propos du Congrès archéologique de 1926. 11 a eu lieu à Kertch (Kerc-anc, Panticapée sur le Bosphore Cimmerien) en Crimée; deux séances ont été occupées par les exposées de mes travaux dirigés par l’Académie de l’Histoire de la Culture matérielle, et les débats sur l’épigraphie, l’histoire et les monuments des colonies génoises. « Agréez, Monsieur, mes salutations les plus respectueuses. « E. Skrzinska Relazione 225 In data del giorno appresso, cioè del 17 febbraio 1929, la Skrzinska inviava alla Società per mezzo del prof. Lattes un elenco di supplementi e correzioni alle Iscrizioni genovesi dalla stessa autrice già raccolte e pubblicate; elenco eli io non saprei in qual altro volume accogliere se non nel presente, destinato a narrare, a chiarire, ad illustrare l’opera del nostro Istituto. I consoci ed i cortesi lettori lo riterranno come un’aggiunta o appendice al voi. LVI degli Atti pei la parte di tal volume dedicata alle Inscriptions latines des colonies genoises en Crimée (Théodosie, Soudak, Balaklava) par Elena Skrzinska. Eccolo. Supplementi « À la page 123 (vol. LVl) « 51a « 1451 « — Pierre calcaire encastrée dans le mur au-dessus de la porte de la cave (dans les vignes des Mordvinov). — D’après la copie faite en 1928. M.CCCC.LI. DIE PRIMA OCTOBRIS « Au dessus de l’inscription trois écussons sont gravés, dont celui au milieu porte la croix de Gênes, celui à droite les armoiries de la famille Giudici, et celui à gauche les armoiries de la famille Campofregoso. Les majuscules gothiques sont gravées entre les écussons. L’inscription est tout à fait lisible, mais la pierre est endommagée par les balles. « 11 est à noter, que la date de l’inscription est plus récente, que celle du n. 50 (a. 1414), qui a été longtemps considérée comme dernière sur les pierres de Soldaia. « 51 b « 1469 « — Pierre calcaire encastrée dans le mur au-dessus de la porte qui mène dans la cour de l’église russe à Eskikrim (Stary Krim, anc. Solhat). «Oderico, Lettere ligustiche, p. 112. « JURûUEVic, S. O. O., t. V (1863), p. 175, note 2; fig. 37. « — D’après la copie faite en 1928. La pierre n’a pas été photographiée à cause de l’hauteur considérable à laquelle elle est placée. 15 226 Società Ligure di Storia Patria « MCCCCLXVIIH « HOC OPUS FIERI FECIT SPECTABILIS DOMINUS « BERNARDUS DE AMICO HONORABILIS CONSUL SOl[dAIe] « — Oderico a lu 1468. « — Jurg. ne donne qu’un dessin approssimatif de la pietre sans lecture de l’inscription. c — Canale (Della Crimea li, p. 343) indique parmi quelques inscriptions de Soudak négligemment décrites l’inscription de Bernardo de Amico de l’année 1428. « Au dessus de l’inscription, entre deux écussons échiquetés se trouve l’image de la Sainte Vierge eu relief, aujourd hui maladroitement peinte. La grosse couche des couleurs cache presqu’entièrement le relief de travail assez imparfait. Les croix génoises couronnent les deux écussons. L écriture est soignée, la gravure est peu profonde. Les mots sont divisés par un point. L’abréviation du mot Sol[daie] est exigée par le manque de place à la fin de la troisième ligne. La formule est générale à toutes les inscriptions de ce genre, d’où la conclusion que le texte se rapportait à quelque bâtiment dans la forteresse et que probablement le soin des génois de fortifier Soldaia ne s’est point terminé à l’année 1414 (cf. n. 50). CORREZIONI Le correzioni fatte dalla Skrzinska riguardano così il testo del libro, come i titoli delle tavole illustrative: le più delle prime sono puramente formali e vorrebbero emendare la grafìa di parole russe e talora greche, che riuscì imperfetta o meglio incompleta, specialmente nella accentuazione, per mancanza dei segni tipografici propri di quelle due lingue; le altre, concernenti i titoli delle tavole, intendono a raddrizzare designazioni e attribuzioni, che la diligente autrice ritiene sbagliate, e che io ho desunte dalle riproduzioni fotografiche ovvero a stampa già comparse nelle Esposizioni di Milano del 1906 e di Torino del 1911. Delle correzioni del testo noto: a p. 108, linea 3a , « de la tour ouest », da sostituire con « de la tour (n. 9) ouest ». a p. 110, linee 3a e 4* , « de la tour isolée (tour St. Elie?) » da sost. con « de la tour (n. 20) isolée (St. Elie), a p. 114, linea 3a e 4a , « le mur ouest de la cinquième tour », da sost. con « le mur ouest de la sixième tour ». Relazione 227 a p. 115, lin. 8 e 9“ « estitit sola » da sost. con « estitit et sola ». « GUARCORUM » da SOSt. con a GUARCHORUM ». a p. 119, lin. 3* e 4 , « de la tour orientale * da sost. con « de la tour (n. 8) orientale ». a pp. 131, lin. 6' ; 133, lin, 6" ; « Brunn » da sost. con « Bruun ». I titoli da sostituire a quelli erroneamente dati alle tavole sono i seguenti: Tav. a p. 18, « Rovine di un minareto turco ». » » » 74t « Ponte genovese? » » » 84, « Rilievo rappresentante un serafino (Museo di Odessa) ». « » » 102, « Teodosia: antico museo. Presentemente il museo trovasi « nella casa del pittore Oiivasovsky. » » » 106 e 108, « Soldaia: veduta generale della fortezza (Cfr. i nomi « delle diverse parti della stessa fortezza - il castello di Santa « Croce e la torre di S. Elia - a pag. 120). » » » 114, « Soldaia: Il domignone (donjon) ». » » » 116 e 118, « Soldaia: La porta principale ». » » » 122, « La torre e la chiesa di Sant’Elia ». * » » 122j, « Il domignone (donjon) » « La torre ovest del castello ». » » » 122,,« La torre Guarco ». « La torre Fiesco *. » » » 124 e 1242 « La moschea nella fortezza di Soldaia ». » » » 128, « Balaklava: il domignone (donjon) e la cinta esterna della « fortezza ». » » » 134,« Balaklava: piccola basilica ad una navata, del tipo comune « a tutto l’Oriente cristiano. Presentemente la chiesa è sfor-« mata ed imbiancata. Sui muri di essa vedesi la pietra con « l’iscrizione del 1357 (n. 53) ». II lavoro della Skrzinska venne dal Padre Michele BihI fatto argomento di una breve recensione, che qui voglio riferire in nota perchè contiene, circa l’epigrafe ricordante il minorità Giffredo Cigalla o Cicala a pag. 79 del voi. LVI, alcune correzioni e ragguagli che completano la notizia di co-desto personaggio ecclesiastico (1). (1) « Helena Skrzinska, quae sodalis « Academiae Russicae historiae culturae materialis » (U. R. R. S.) est, omnes inscriptiones antiquarum coloniarum lanuensium Chersonesi Tauricae, nunc partim per Russiae fines dispersas, diligentia insigni collegit et evulgat, plerumque cum earumdein photographiis ac semper cum transcriptione valde accurata. In Introductione (5-27) coloniarum illarum Caffae (nunc Teodosia), Soldaiae (Soldaia, nunc 228 Società Ligure di Storia Patria Il volume LVI contiene, oltre le epigrafi genovesi di Crimea, anche quelle, pur genovesi, di Galata o Pera in Costantinopoli: le quali, già pubblicate in grandissima parte dal Belgrano nel vol. XIII degli Atti, vennero rivedute sui luoghi dove si trovano ed accresciute per effetto di nuovi ritrovamenti dal Dott. Ettore Rossi. Il direttore delle Missioni scientifiche italiane in Levante, signor Roberto Paribeni, fu quegli che offrì nel gennaio 1926 alla Società il manoscritto del Rossi con sei fotografie raccomandandone la pubblicazione negli Atti sociali: offerta la quale giunse mentre stavamo preparando la stampa delle iscrizioni di Crimea esibite dalla Skrzinska, e quindi molto opportunamente per integrare il corpo delle epigrafi poste dai Genovesi nelle loro più cospicue ed importanti colonie levantine. Il Rossi Sudak) Cimbali (Cembalo, nunc Balaklava) historiam adumbrat. Inscriptiones sunt saeculi XIV et XV- nam an. 1475, via maritima Gazariae seu Crimeae per Bosphorum nautis lanuensibus a Tarcis penitus obstructa est. Adiectae sunt plurimae tabulae moenia et muros illorum oppidorum adhuc exstantia, licet plus minusve destructa, eshibentes Eduntur epigra-phae Caffae (27-103), Soldaiae (105-25) et Cimbali (127-34) inventae. Accedunt tunc lap.des alii utcumque ornati, sed absque inscriptionibus (134-40). - Una epigraphe ad nos spectat, nunc in museo archaelogico Caffensi (79-80). Quae sic sonat: Pro multa beneficia \ que fecit reverendus \ dominus Grifedus Cigara \ Oidinis Minorum "gracia Dei et sedis \ apostolice Episcopus Cafensis et F...r posuit a [ J /-everenrfus magister Andreas de Gasp... r | nis reverendi consilii | ... retomm patrum mandavit. et pon an ; i Db ir peri ! IH ». Epigraphe litteris maiusculis gothici composita partim destructa seu mutilata est adeo/ut in integrum restitui nequeat. Effigies ipsa photographia imprecisa est. Solae litterae supra oblique expressae certo leg. possunt Attamen contram ed>tncem quae recte dixit epigraphem respicere Fr. Giffridum Cigalla, O. M., legimus Irnea 5. posuit pro ponit; 1. 6: reverendi consilii, et pbir interpretamur presbiteri ac supplemus- And,eas de Gaspa-rinis In 1. 7 pro Pe/rus legimus patrum et in 1. 1 primam vocem legendam comcimus propter. In I. 5 legas et Foliarum, quia Fr. Giffridus 27 martii creatus episcopus Foliarum, ^ Fo1^' sis dein 23 dee. 1417 ad sedem Caffensem translatus est; cf. Eubel, Hierarchia, 1-, 155, 252 Bidi Frane. VII, n. 334, 1227, 1367. Giffrido defuncto, 23 ian. 1441 successor datus est Iacobus Camporea, O. P. - Foliarum oppidum vix non est Fogia Nova prope Smyrnam, quo lanuensium erat; Golubovich. Biblioteca, II, 554-5. - Coniecturamus lapidem hunc provenire ex ecclesiae S. Mariae de Bazario, Caffae, quam Benedictus XIII, 31 martn 1406, Fratres Minores, utpote praeterea ecclesiam S. Francisci (v. num. 2) ibidem habentes, i ussit cedere episcopo, ut in cathedralem erigeretur; Eubel, BF. VII, n. 1001-2. - Tuncusque cattedrali fuerat ecclesia parva S. Agnetis iuxta H. Skrzinska (17), quae tamen ibidem Praedicatores cum Minoribus confundit Alibi (48) inscriptionem: « ad honorem sanctissimae Trinitatis* immerito ad ecclesiam quamdam SS. Trinitati consecratam refert; agitur enim de incerta parte moenium Caffensium an. 1363 exstructa. Idem volumen complectitur etiam: Le lapidi genovesi delle mura di Galata a cura di Ettore Rossi (141-64). Ast nullus horum lapidum Franciscanos contingit, neque quidquam in Proemio (p. I-XV) voluminis plurimis imaginibus adornati, quod etiam hoc titulo generali praenotatur: « Iscrizioni genovesi in Crimea ed in Costantinopoli > (P. Michael BlHL, O. F. M.; in Archivum Franciscanum Historicum, Annus XXIII, 1930. Typographia, Directio et Administratio Ad Claras Aquas, Florentiae; Firenze, frazione Quaracchi; p. 399). Relazione 229 era stato spinto ad occuparsi delle iscrizioni genovesi di Galata principalmente dal Dott. Tommaso Bertelè, in allora primo segretario della R. Ambasciata d Italia a Costantinopoli, amantissimo delle memorie italiane in Oriente, incitatore di studiosi e studioso egli stesso di storia e sopra tutto di numismatica (1): uno dei non molti benemeriti che fanno . . . come quei che va di notte. Che porta il lume dietro, e se non giova, Ma dopo sè fa le persone dotte. Dante, Purgatorio, Canto XXII. Il Bertelè, non contento di avere spronato il Rossi a raccogliere ed a riprodurre con metodo scientifico le iscrizioni genovesi di Galata, fece egli medesimo la raccolta e la riproduzione di queste mettendo a profitto quanto il Belgrano aveva già pubblicato circa le lapidi della colonia genovese di Pera nel vol. Xlll degli Atti, ed offrì liberamente il suo lavoro alla nostra Società. La quale inserì nei suoi Atti lo scritto del Rossi come quello meglio condotto sia dal lato epigrafico come da quello bibliografico, ma conservò, per eventuali richiami e comparazioni, il lavoro del Bertelè. Ora torna opportuno di far posto negli Atti a certi parti di tale lavoro recanti alcune descrizioni ed illustrazioni che il Rossi indicò solamente nella bibliografia senza riportarle; opportuno in quanto integrano la materia delle epigrafi genovesi in Costantinopoli, e liberano il lettore dal ricercare in opere non facilmente reperibili le notizie omesse da quell’autore. Fra queste meritano di essere riprodotte le descrizioni di due sculture in bassorilievo rappresentanti entrambe la Vergine fra due santi, con le epigrafi già date nel Voi. LVI, p. 148, n. 7 e p. 149, n. 8; descrizioni dovute a S. Mendel, Catalogue des sculptures des Musées impériaux ottomans, t. II, 1914, p. 499 e segg. Eccole. (1) Anche ultimamente il Bertelè ha messo in luce negli Atti e memorie dell’ Istituto italiano di numismatica (Vol. VI, a. 1930; estratto di pp. 18, con cinque tavole) un suo studio sopra Giovanna (Anna) di Savoia imperatrice di Bisanzio e le monete coniate durante il regno di lei. Egli aveva già dato alle stampe uno scritto riguardante le Monete bizantine inedite o rare (con 4 tavole) in Zeitschriftfür Numismatik herausgegeben von I. Menadier und K. Regling, XXXVI Band (Berlin 1926). Voglio altresì ricordare che il Bertelè « incoraggiò e sorresse di consigli e suggerimenti » la stampa della Relatione dello stato della cristianità di Pera e Constantinopoli obediente al Sommo Pontefice Romano, manoscritto della prima metà del XVII secolo annotato e pubblicato da E. Daleooio D’Alessio (Edizioni Rizzo and son, Roman Han-Galata, Costantinopoli, 1925). 230 Società Ligure di Storia Patria %. 702 (911) Relief: La Vierge entre deux Saints. « L’inventaire porte Constantinople et ne donne pas de date d’entrée; les détails suivants sont empruntés à Belin, 1, infra 1.: « rue Khan-Daq (lisez Hendek - fossé; cf. l’allemand Graben), à 56 mètres de la tour Saint-Barthélemy, vis-à-vis la poste de Zablié, du cimetière musulman, en allant vers le pont d’Azab capou (place de Chicli hané Karakol), se trouve dans la maison d’Ali effendi, près du sommet de la quatrième tour, une pierre portant trois écussons ... (au centre celui de Gênes, à droite celui du doge Campofregoso, à gauche celui du podestat Spinola), surmontant 1 inscription suivante... : t SpECTABIL(/s). ET. NOBILIS. VIR. DOMINUS. Nicolaus. Antonius. Spinulla. q(«)ondam d(o/«/)ni Thome. potesta(s). Pere, (et) IanuensiuM. in.to to. imperio. Romanie, construi, fecit, hanc turriM- [et) in pauci(s). diebu(s). co(n)sto(tam) m. ccc.xxxx. DIE. VIIII. MAY (Cf. L. T. Belgrano, Atti, vol. XIII p. 329, n. 20, pl. XIII, la pierre est au musée impérial où elle porte le n. d’inventaire 961). - Dans les démolitions de cette tour, M. O. Mahony, architecte de la municipalité de Péra-Galata, a trouvé une grande pierre portant l’image, en pied, de la Sainte Vierge tenant l’Enfant Jésus sur son bras gauche, et ayant, à chacun de ses côtés, un Saint barbu, nimbé, portant un vêtement ecclésiastique, avec une croix sur chaque épaule. Ces images grossièrement gravées au trait, sans modele, se trouvent, avec les autres pierres provenant des murailles de Galata, dans le jardin du Vieux Sérail, autour de Tchnili Kiochk (sic). Ce passage est emprunté à la seconde édition du livre de Belin (édition posthume, publiée par le R. P. Arsène de Chatel; Belin était mort le 16 avril 1877); nous n’avons pas vu la première édition, qui a paru en 1872, sous le titre Histoire de l'e'glise latine de Constantinople; nous ne savons donc pas si le passage en question s’y trouve; il parait cependant résulter de la suite du texte (que nous reproduisons en tête du n. suivant), qu’il a été écrit par le P. Arsène sur des notes de Belin datant de 1875; or, les articles de Launay dans L’Univers de Constantinople (cités ci dessous) sont de 1874-1875; c’est probablement vers ce temps que ce relief et le suivant furent transportés au musée. Relazione 231 « Marbre bleuté à grains fins et peu cristallins; les tranches présentent, contigue aux arêtes de la face, une partie plane au delà de laquelle se creuse une gorge soigneusement dressée; cassure légère à l’angle inférieur gauche et aux angles droits. « Les petites taches de couleur rouge qu’on voit çà et la sur le marbre sont modernes; les traces de couleurs anciennes paraissent réduites à des restes presque évanouis de rouge sur le fond entre la Vierge et le Saint de droite. « Hauteur, m. 0,75; largeur, m. 0,87; épaisseur, m. 0,065; hauteur des figures, sans le nimbe: la Vierge, m. 0,675; les Saints, m. 0,66, « Dalle rectangulaire encadrée d’un listel uni: relief méplat; au milieu, debout, le corps courbé par un fort déhanchement de la jambe droite, la tête penchée vers l’épaule droite, le regard baissé vers son fils, la Vierge, vêtue de la tunique longue et du manteau relevé sur la tête, porte sur le bras droit et maintient de la main gauche l’enfant Jésus qui semble nu (peut-être avec un manteau jeté sur le dos), bénit de la main droite et lève le bras gauche à hauteur du visage de sa mère; de part et d’autre, un Saint barbu: celui de droite, vêtu d’une longue tunique et d’un manteau à capuchon, la main gauche cachée sous la draperie, est un moine; il tient peut-être de la main droite un fleuron indiqué par une simple incision; l’autre, vêtu à peu près de même, mais sans capuchon (la tête est presque chauve; quelques cheveux sont indiqués par incisions au sommet du crâne), bénit de la main droit et tient un livre de la main gauche; deux croix creusées sur le haut de la poitrine paraissent représenter le pallium et le désignent au moins pour un évêque; toutes les têtes sont nimbées. Les pieds ne sont pas sculptés, sauf peut-être - et très sommairement - le pied droit de la Vierge. « La technique du relief est remarquable; les figures sont des silhouettes sans modelé, obtenues en ravalant le fond en dehors des contours; à l’intérieur, les détails sont indiqués par quelques sillons peu profonds ou par des ravalements partiels; les traits des visages sont très sommairement exprimés; on notera la manière singulière dont le visage des saints s’enlève en légère saillie sur les contours du crâne; l’oeuvre est extrêmement grossière; toutefois, pour la juger, il faut se placer uniquement au point de vue pictural, le sculpteur en ayant usé comme un peintre qui travaille sur un plan et ayant creusé une ombre là où le peintre l’aurait posée avec son pinceau; la pierre devait être entièrement peinte, bien qu’elle n’ait conservé presque aucune trace de couleurs, et c’est, à dire vrai, moins un relief peint q’une peinture en relief; comparée à la suivante, elle donne d’ailleurs l’impression de n’être pas complètement achevée; elle est sculptée sur une 232 Società Ligure di Storia Patria dalle remployée et datée, comme il résulte des circonstances de la découverte (cf. in pro ), des premiers mois de l’année 1442. « Cfr. S. Reinach, Cat., n. 532 b; - Joubin, Sculpt. gr. et rom., n. 171; M. de Launay, L'univers, revue orientale, Constantinople, 1, 1874-1875, p. 232 (article intitulé Notice sur le vieux Galata (Péra des Génois) paru dans les n. de novembre, p. 25-30; décembre, p. 105-116; janvier - février, p. 170-178; mars, p. 225-232); mentionné dans L’ami des monuments, V. 1891, p. 232; cf. aussi - L. T. Belqrano, Documenti riguardanti la colonia genovese di Pera, Gênes, 1888, p. 330, au n. 23 (les documents contenus dans cet ouvrage avaient été publiés déjà par l’auteur dans le volume XIII des Atti della Società Ligure di Storia Patria en 1877 et 1S84; Belgrano a cru à tort que l’un des reliefs mentionnés par de Launay était un saint Barthélémy (inventaire du Musée impérial n. 953) qu’il reproduit à la pl. XV); - A. Belin, Histoire de la latinité de Constantinople, II, éd., 1894, p. 146; - J. L. Heiberg, Tidsskrift for industri, VII, 1906, p. 167, fig. 45; - A. Munoz, Nuovo bullettaio di archeologia cristiana, XII, 1906, p. 118; fig. 4, p. 117; - L. Bréhier, Etudes sur l’histoire de la sculpture byzantine (Archives des missions, nouvelle série, 1911, fase. 3, p. 83-84 99-100). « 703 (912) Relief: La Vierge entre deux Saints. « Dans la même rue Khan-Daq (Hendek: cf. ci-dessus, p. 499), côté de terre, à peu près là où se trouvent aujourd’hui (1875) les bureaux du journal La Turquie, sur la tour Sainte-Marie, la deuxième après celle du Christ, inscription gothique élégante: trois écussons, de Gênes au centi e, du doge Campofregoso à droite, du podestat Spinola à gauche; au dessous on lit: f Spectabili(s) (et) nobil(îs). vir. o(omi)N(u)s Nicolau(s) Ant(o)n(/«)s, Spinula potest(as). Peir(^) (et) Ianuen siu(m). IN TOTO. imp(, in L. 36 per i soci. Sebbene il valore del danaro fosse allora maggiore di quel che è adesso, il richiesto prezzo non cessava di essere troppo minore di quello che comportasse il pregio del volume. Lodevole è per certo il proposito costantemente applicato dalla Società di mantenere i prezzi delle sue pubblicazioni in quella giusta mitezza che ne rende accessibile l’acquisto anche alle assai modeste fortune, per quanto ciò non ne abbia affatto dilatata la vendita che rimase pur sempre ristrettissima; ma nel caso specifico del predetto facsimile si era eccessivamente esagerato in cotesto sentimento altruistico, tanto più che il volume offre un interesse circoscritto ad una piccolissima cerchia di cultori di storia. I quali però non si giovarono menomamente di siffatta agevolazione di prezzo. Onde giunse in tempo il Volpi-cella a far considerare nella seduta consiliare del 15 marzo 1923 che il su indicato prezzo era assolutamente impari, così dal lato storico come dal lato artistico, al merito di quella insigne riproduzione. La vendita — egli soggiungeva — accrescerebbe di poco l’entrata sociale, mentre priverebbe per sempre il Sodalizio dei rimanenti esemplari di esso facsimile, i quali si potrebbero invece serbare per usarne in occasioni straordinarie come premio o dono od omaggio a cospicui personaggi o istituzioni in ricambio di benefizi ricevuti, ovvero a dimostrazione di decoro e di onore sociale. 11 Consi- 'I 278 Società Ligure di Storia Patria glio, riconoscendo giuste ed approvando pienamente queste considerazioni del Volpicella, deliberava di cancellare dall’elenco delle pubblicazioni offerte f in vendita dalla Società il su menzionato fac-simile (1). Modificazioni e riforma dello Statuto sociale. Uno dei primi pensieri del presidente Volpicella fu rivolto alla riforma dello statuto sociale. Egli sottopose a tale uopo le sue proposte anzitutto al Consiglio direttivo raccolto in adunanza il 15 marzo 1923, per portarle poi, quando fossero accettate e definitivamente stabilite, in discussione dinanzi all’Assemblea. La prima proposta riguardava la quota annua dei soci effettivi, la quale, elevata nel 1921 dalle dodici alle venti lire, dimostravasi tuttavia inferiore alle esigenze della Società. Non pure gli alti prezzi della stampa e della carta, ma l’accrescimento dell’attività sociale avvenuto negli ultimi tempi — cosa che rientrava, del resto, perfettamente negli scopi sociali ed era anzi cagione di sincero compiacimento per tutti noi avevano reso la spesa di molto superiore alla somma complessiva delle quote pagate dai soci effettivi. Cosicché, per sopperire alla grossa differenza, la Società eiasi trovata nel caso di» dover far ricorso alla generosità di alcuni Istituti finanziari ed Enti morali genovesi; il che le aveva permesso, insieme con gli straordinari contributi concessile dal Ministero dell’istruzione, non soltanto di fronteggiare l’uscita ma di mettere in serbo una certa somma per i prossimi futuri bisogni. (1) In conformità di tale deliberazione il Consiglio direttivo, nel gennaio 1926, inviava in dono alla Biblioteca Vaticana un esemplare del suddetto codice, accompagnando il dono con la lettera seguente. € QaJ^ 26 gennaio 1926. « Al R.mo Sac. Dott. Gino Borghezio della Biblioteca Vaticana « Roma < Il march. Cesare Imperiale di Sant’Angelo, già presidente effettivo ed ora onorario della Società Ligure di Storia Patria, faceva in recente occasione presente a questa Società come la Biblioteca Vaticana non possedesse copia della riproduzione fototipica del celebre codice della Nazionale di Parigi contenente gli Annali genovesi del Càffaro e Continuatori, ed invitava a riparare alla rincrescevole mancanza il Consiglio direttivo della stessa Società. 11 quale, accogliendo ben volentieri l’invito, deliberava ultimamente d’inviare in dono a cotesta insigne Biblioteca un esemplare della suddetta riproduzione. « In adempimento di essa deliberazione ho provveduto oggi stesso all’invio mediante pacco postale. ... « Voglia V. S. R.ma compiacersi di un cenno di ricevimento, ed accolga i miei particolari ossequj. , „ Segretario « Francesco Poooi ». A dèroga della stessa deliberazione la Società vendeva nel marzo 1927 all’editore libraio Martin"Breslauer di Berlino, per il prezzo di lire cinquecento, un altro esemplare del » facsimile del codice suddetto. Relazione 279 Non conveniva però di far troppo a fidanza cogli estranei, ed urgeva prima di ogni cosa di trovare nel grembo stesso della Società le necessarie risorse; anzi la richiesta dell’aiuto altrui sarebbe stata tanto più giustificata, quanto più avremmo potuto dimostrare di aver operato tutto ciò che stava in noi per accrescere il concorso dei soci. Del resto, era perfettamente legittimo che la Società chiedesse un nuovo aumento di quota dopo di avere, con la istituzione della serie di Atti del Risorgimento, cominciato a distribuire due volumi all’anno ai soci; i quali era giusto che pagassero almeno il prezzo di ciò che ricevevano. Aperta la discussione su tale argomento, si delineavano due correnti: alcuni consiglieri sostenevano ch’era necessario di portare senz’altro la quota sociale dalle venti alle trenta lire, altri opinavano che conveniva limitarla alle venticinque lire. Deliberavasi infine di rimettere al-l’Assemblea la decisione definitiva sull’una o sull’altra delle due somme. In secondo luogo il Presidente proponeva di aggiungere alle categorie dei soci effettivi, corrispondenti e onorari una quarta categoria, quella dei soci perpetui o meglio vitalizi; i quali, versando alla loro entrata e per una sola volta una somma stabilita, acquistassero l’appartenenza alla Società vita naturai durante con gli stessi diritti dei soci effettivi annuali. La proposta, che rispondeva ad un progetto già altra volta ventilato, veniva accolta con molto favore dal Consiglio; il quale, dopo una discussione cui partecipavano tutti i presenti, risolveva di presentarla alFAssemblea, con la condizione che la somma da fissarsi per la nuova categoria non dovesse essere inferiore a quella risultante dalla capitalizzazione della quota annua pagata dai soci. Sopra un terzo punto dello statuto sociale il Presidente richiamava l’attenzione del Consiglio, ed era il punto riguardante le elezioni, la durata e la vicenda delle cariche direttive. Secondo l’art. 35 di esso statuto, il presidente e i due vicepresidenti restavano in carica per un biennio, mentre alla fine del primo anno doveva essere estratta e rinnovata la metà dei consiglieri. Terminato il biennio, avevano poi luogo le elezioni generali. 11 comm. Volpicella riteneva con ragione che la durata assegnata da quest’articolo alle cariche sociali fosse troppo breve per l’esplicazione di un programma di lavori, specialmente tenuto conto che la stampa di certi volumi degli Atti poteva anche prolungarsi talvolta al di là di un biennio; credeva inoltre inopportuna e contraria alla unità e continuità amministrativa la rinnovazione, dopo un solo anno, della metà dei consiglieri. Egli suffragava queste sue opinioni con diversi argomenti, ed invitava il Consiglio ad esaminare la convenienza ed eventualmente il modo di modificare l’articolo suddetto. I più degli intervenuti prendevano successivamente la parola, e, 280 Società Ligure di Storia Patria dopo viva discussione, il Consìglio, su proposta del vicepresidente avv. Bensa, deliberava di proporre all’Assemblea che le elezioni generali fossero triennali senza sorteggi intermedi, che tuttavia in caso di dimissioni o mancanza della maggioranza del Consiglio complessivo (cioè compreso il Presidente e i due Vicepresidenti) si facessero anche prima della scadenza, e che inoltre vi fosse luogo ad elezioni parziali per sostituire l’uffiziale che venisse a mancare nel corso del triennio. La discussione fu ripresa nella riunione del 3 maggio 1923 ciica altre proposte presidenziali di riforma statutaria, e si fece particolarmente viva intorno alla proprietà letteraria degli scritti inseriti negli Atti, proprietà che il Consiglio deliberò di conservare intatta agli autori degli scritti medesimi e di salvaguardare stampando sui volumi sociali la dicitura: diritti di proprietà riservati. Si protrasse il dibattito ancora nella successiva adunanza del 26 maggio, nella quale il Consiglio prese gli ultimi accordi circa le variazioni e riforme statutarie da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea, che si riunì appunto poco dopo in quel medesimo giorno. Ma, com’era facile prevedere, l’Assemblea non trovossi in numero per deliberare, non essendo composta della maggioranza assoluta dei soci inscritti conforme richiedeva l’art. 44 dello statuto. Fu necessario pertanto di fare una seconda convocazione, per il 9 giugno 1923, in seguito alla quale l’Assemblea venne a trovarsi per virtù dello stesso articolo su citato in grado di prendere deliberazioni valide con qualsivoglia numero di intervenuti, ed approvò, dopo animata discussione, le designate riforme. Queste, fra le altre, oltre le già dette: la contribuzione annuale dei soci effettivi portata a lire trenta; soppressa la suddivisione della Società nelle cinque sezioni di storia, legislazione e giurisprudenza storica, paletnologia, archeologia, belle arti, col qual provvedimento non si faceva che riconoscere un fatto compiuto, poiché da molti anni, per effetto dei tempi e di nuove consuetudini, le sezioni anzidetto erano divenute puramente figurative; introdotto un nuovo titolo statutario concernente la formazione e la conservazione del patrimonio sociale. Lo statuto così riformato venne trasmesso al Ministero dell’istruzione cui spet tava di approvarlo per Decreto Reale con le modificazioni apportatevi, com era stato a suo tempo per Decreto Reale approvato lo statuto primitivo; essendo la nostra Società ente morale, e per tal condizione soggetta all’assistenza e sorveglianza dello Stato. Mentre si aspettava ia richiesta approvazione, la Presidenza penso di fare ad esso statuto un’aggiunta riguardante la destinazione del patrimonio della Società per il caso in cui questa finisse di sussistere. Nessun articolo del medesimo statuto accennava a siffatto caso; cosicché taluno avrebbe Relazione 281 potuto anche credere che, venendo per circostanze ora imprevedibili a ridursi il numero dei soci strettamente necessario e sufficiente a tenere in vita il Sodalizio, gli ultimi componenti di questo avessero facoltà di deliberarne lo scioglimento e di dividersi fra di loro tutto ciò che costituisce il patrimonio sociale. Il solo timore di un tale avvenimento potrebbe bastare a sconsigliare qualunque donazione alla Società, qualora qualche testatore pensasse nelle sue ultime disposizioni a legare ad essa una parte qualsiasi della propria eredità. La questione venne discussa dapprima nell’adunanza di Consiglio del 29 novembre e quindi nell’Assemblea del 27 dicembre 1924. 11 verbale di questa, ch’io stesi allora, farà conoscere, qui riportato, l’andamento della discussione e lo spirito della concordata conclusione. « 11 comm. Volpicella avverte che il prolungato ritardo del Ministero dell’istruzione ad approvare le modificazioni portate al nostro statuto nel giugno del 1923 ha suggerito alla Presidenza di proporre l’aggiunta di un ultimo articolo di esso statuto, rivolta a togliere qualunque dubbio intorno alla destinazione finale ed all’uso dei beni della Società, per tutte le evenienze che potessero verificarsi in avvenire. L’aggiunta si è presentata tanto più opportuna dopo l’istituzione della categoria dei soci vitalizi, i quali hanno bene il diritto di sapere che cosa sarà del capitale formato dalle loro quote, capitale per disposizione statutaria intangibile, qualora in un lontano avvenire la Società, per cagioni che oggi non potremmo prevedere ma che sono nel campo della possibilità effettuale, non potesse più funzionare e venisse quindi a spegnersi. La questione è stata discussa in seno al Consiglio e viene oggi portata dinanzi all’Assemblea per la sua soluzione. 11 Presidente apre dunque su di essa la discussione. Chiede ed ottiene la parola il segretario per comunicare come l’avv. Giulio Balbi, uno dei nostri Consiglieri anziani, non avendo potuto essere presente all’ultima seduta del Consiglio, abbia voluto cortesemente, dietro preghiera dello stesso segretario, esporre per lettera il proprio avviso. Convien subito dire che l’avv. Balbi esclude senz’altro la facoltà che al cessare della Società possano i soci rimasti, con una deliberazione ripartirsi fra loro l’attivo sociale, come sembra che taluno abbia pensato. La Società — così egli scrive — è Ente morale, quindi persona a sè, autònoma e indipendente dalle persone dei soci, avente patrimonio proprio affatto distinto da quello dei singoli soci. L’attribuirsi quindi che questi facessero di tutto o parte del patrimonio della Società (salvo che ne fossero autorizzati da un’esplicita disposizione dello statuto) sarebbe un attribuirsi cosa altrui e perciò un atto illegittimo la cui attuazione potrebbe anche scontrar con qualche articolo del codice penale. Non ci dev’essere quindi nessun timore a questo riguardo per la mancanza nello statuto di una dispo- 282 Società Ligure di Storia Patria sizione che preveda e regoli la devoluzione dell’attivo sociale nell’evenienza di scioglimento della Società. È invece sotto un altro aspetto che una dispo-sizione&statutaria in proposito si mostrerebbe quanto meno molto prudente. Infatti colla cessazione, che è quanto dire colla morte della Società senza che ne fosse statutariamente regolata la successione o il modo di determinarla, il patrimonio sociale si troverebbe ad essere cosa senza padrone, avendo cessato di esistere e quindi di poter possedere l’ente che ne era proprietario, e quindi si devolverebbe allo Stato. Ora nell’impossibilità di prevedere in quali mani, buone o cattive, abbia a trovarsi lo Stato nell’epoca da ritenersi lontanissima, in cui possa finire la nostra Società, troverei io pure — continua il Balbi — cosa prudente di determinare fin d’ora con norma statutaria o la devoluzione dell’attivo sociale o i poteri dei soci di deliberarla essi in caso di scioglimento, nei limiti che si credessero di stabilire a tali poteri. 11 Balbi si dichiara poi non favorevole alla devoluzione al Comune, sia per la sua diffidenza circa gli eventuali futuri reggitori degli enti statali, sia anche perchè, dato il tempo lontanissimo in cui potrebbe verificarsi la cessazione della Società, non vorrebbe che questa si vincolasse fin d’ora di fronte ai nuovi bisogni o tendenze che nel frattempo potessero sorgere e rendere più opportuna una diversa destinazione dell’asse sociale. Egli, concludendo, scrive in fine che preferirebbe una formula la quale stabilisse genericamente la devoluzione del patrimonio a quelle opere di cultura o di istruzione o di beneficenza o comunque di pubblico interesse da determinarsi dall’Assem-blea dei soci all’atto di deliberazione di scioglimento della Società. « Dopo l’esposizione del Segretario ed alcune altre considerazioni del Presidente circa la convenienza di tener nel debito conto il fatto che il Municipio di Genova concede da parecchi anni alla Società l’uso gratuito della sede di Palazzo Rosso, interloquisce il vicepresidente avv. Enrico Bensa, il quale dichiara di non aver la diffidenza del Balbi verso il Comune, che, secondo un autore francese, è prima dello Stato, e che si è rivelato nel corso dei secoli la istituzione più stabile fra tutte quelle su cui s’incardina la Società civile. Si dimostra contrario a lasciare gli ultimi soci arbitri della destinazione del patrimonio sociale, che egli crede doversi senz’altro stabilire in favore del Comune di Genova, determinando però fin d’ora a quale scopo questo debba devolvere i beni della Società. Conclude proponendo la nomina di una Commissione con l’incarico di formulare il nuovo articolo dello statuto e sottoporlo all’Assemblea, che dovrà essere radunata in seconda convocazione non trovandosi oggi in numero per deliberare. L’avv. Giordano consente nella proposta del Bensa circa la devoluzione del patrimonio sociale al Comune, con scopi ben determinati, ma è contrario, per risparmio Relazione 283 di tempo e per amore di semplicità, alla nomina della Commissione. Egli opina che sarebbe più sbrigativo lasciare al Presidente il compito della compilazione dell’articolo, incaricando, ove credesse conveniente, l’avv. Bensa o altri di preparare la relativa formula. L’Assemblea è dell’avviso dell’avv. Giordano, ed il Presidende, nell’accettare il compito affidatogli, incarica senz’altro l’avv. Bensa di formulare l’articolo da sottoporre alla prossima Assemblea ». Questa fu convocata il 6 giugno 1925 e procedette conforme il racconto che trascrivo qui appresso dal verbale di essa, da me redatto. «... 11 Presidente riapre la discussione intorno alla proposta di aggiunta allo statuto per la destinazione del patrimonio sociale in caso di scioglimento della Società, proposta che diede già luogo ad un esteso dibàttito in seno alla Assemblea del 27 dicembre 1924. La quale, non potendo però in conformità dell’art. 41 dello statuto sociale prendere una decisione per mancanza del numero degli intervenuti richiesto da esso articolo, rimandò la conclusione alla radunanza di oggi, che è a tale scopo di seconda convocazione, com’è detto espressamente nell’ordine del giorno, e trovasi quindi in grado di poter deliberare qualunque sia il numero dei presenti. Lo stesso Presidente ricorda che la predetta Assemblea del 27 dicembre u. s. rimetteva in lui il compito di apprestare l’articolo aggiuntivo secondo le indicazioni dell’Assemblea medesima, compito che egli, sicuro di interpretare il desiderio comune, assolvette incaricando il vicepresidente avv. prof. Enrico Bensa della compilazione di esso articolo. Il Bensa accettò ben volentieri, e l’articolo da lui steso fu approvato dal Consiglio direttivo, a nome del quale il Presidente lo sottopone ora aU’Assemblea. Esso viene, per invito presidenziale, letto dal segretario, ed è del seguente tenore: — 11 patrimonio della Società è vincolato al conseguimento degli scopi per cui la Società è stata costituita. Nello evento in cui la Società venisse in qualunque tempo e per qualunque causa ad essere sciolta o ad estinguersi, il patrimonio suddetto, comunque consistente in libri, cimelii, oggetti, capitali od altro, s’intende di pien diritto trasferito nel Comune di Genova perchè sia destinato al conseguimento dei fini di illustrazione e di conservazione delle memorie patrie, non che ad incremento ed incoraggiamento degli studj alle stesse attinenti; e coll’ònere pel Comune di stanziare nei propri bilanci una somma non inferiore ai capitali che fossero come sopra per pervenirgli dal patrimonio della Società, con destinazione relativa agli scopi anzidetti. « Il Presidente apre la discussione sull’articolo così formulato, e concede subito la parola al socio ing. arch. Mario Labò. 11 quale osserva che 1 ultima pai te dell’articolo impone al Comune di Genova un ònere, che noi non sappiamo se sarà accettato, che, anzi, a giudicare dal modo come in 284 Società Ligure di Storia Patria questi ultimi tempi Io stesso Comune si è comportato per rispetto a làsciti recanti vincoli, dovremmo piuttosto temere che sarà rifiutato, e conseguentemente con esso respinta anche la donazione del patrimonio sociale. E vero - prosegue il Labò - che l’eventualità della fine del nostro Istituto è molto rimota e non potrà, quando mai, accadere se non che in un epoca assai lontana, nella quale i moventi e gli indirizzi dei Municipi sai anno probabilmente diversi dagli attuali; ma è pur sempre prudente, per quanto dipende da noi, non porgere pretesti ad un tale rifiuto. Egli propone pertanto che l’ultima parte dell’articolo sia senz’altro soppressa. Dello stesso avviso è anche il socio avv. Giordano, che ritiene non sia il caso di dimostrare diffidenza verso il Comune di Genova, noto per le sue liberalità in favore degli studi, ed al quale la Società deve, fra l’altro, di poter gratuitamente erodere dell’attuale decorosa sede di Palazzo Rosso. Il socio avv. Casaretto “opina che non sarebbe male se si specificasse la destinazione delle diverse parti costituenti il patrimonio sociale, in guisa che, pur essendo questo devoluto al Municipio, si assegnassero, per esempio, i libri alla Biblioteca Civico-Beriana, i cimeli storici e artistici al Museo di Palazzo Bianco, il danaro alla pubblicazione di lavori storici, ecc. Crede poi che I ònere di cui è parola nell’articolo proposto, debba semplicemente riferirsi all’obbligo per parte del Comune d’impostare in bilancio le rendite del capitale in titoli e in danaro pervenutogli dalla Società. Riferendosi alla specificazione accennata dal Casaretto, il socio avv. Rembado aggiunge che nell’articolo proposto si potrebbe stabilire espressamente che la rendita del capitale lasciato dalla Società venisse impiegata in borse o in premi a favore dei cultori di storia ligure II socio segretario prof. Poggi acconsente pienamente coll avv. Casa-retto circa il significato della parola ònere, che non indica un onere propriamente detto, in quanto che l’articolo non impone al Comune nessuna spesa nè aggravio di alcun genere, ma semplicemente l’obbligo formale di stanziare in bilancio, a parte, le somme derivanti dal capitale in danaro ed in titoli lasciato dalla Società. In tal modo - egli soggiunge - il Comune offrirebbe una certa garanzia di usare le stesse somme secondo gli intenti stabiliti, e nei suoi bilanci rimarrebbe in perpetuo il ricordo manifesto e sempre vivo del legato della Società Ligure di Storia Patria. Per togliere - così egli conclude - ogni motivo di suscettibilità si potrebbe sostituire alla parola onere un’altra parola più appropriata e rispondente allo scopo. Al prof. Poggi segue l’avv Balbi, il quale dichiara che egli veramente non era favorevole ad assegnare al Comune il patrimonio sociale, ma, come risulta dal verbale del a seduta precedente, riputava miglior partito di stabilirne genericamente la devoluzione a quelle opere di coltura o di istruzione o di beneficenza o co- Relazione 285 munque di pubblico interesse da indicarsi dalPAssemblea dei soci all’atto della deliberazione di scioglimento della Società. Dopo però che, tanto il Consiglio quanto l’Assemblea, seguendo la proposta del prof. avv. Bensa, hanno accolto il principio della destinazione del patrimonio sociale al Comune, egli non ha più ragione di insistere sulle sue idee; e crede che, una volta ammesso tale principio, non sia il caso di dare soverchia importanza alle modalità dell’applicazione di esso. Conosce — egli dice concludendo — quanto il Comune di Genova sia restìo ad accettare delle donazioni vincolate, ep-però allo scopo di rimuovere ogni impedimento anche formale, ritiene che si possa sopprimere l’ultima parte dell’articolo, che parla di un ònere da addossare allo stesso Comune. c Dopo alcune altre parole del socio Labò in favore di essa soppressione, il Presidente mette in votazione la prima parte dell’articolo, che il segretario rilegge fino a comprendere la dicitura alle stesse attinenti; la quale prima parte viene approvata alla unanimità per alzata di mano. Procede poi alla votazione della seconda parte che comincia e coll’onere pel Comune, e questa ottiene solamente i voti dei soci prof. Poggi e march. Sauli. L’articolo rimane dunque approvato nella forma seguente, e sarà l’ultimo dello statuto col numero 53. — Il patrimonio della Società è vincolato al conseguimento degli scopi per cui la Società è stata costituita. Nell’evento in cui la Società venisse in qualunque tempo e per qualunque causa ad essere disciolta o ad estinguersi, il patrimonio suddetto, comunque consistente in libri, cimelii, oggetti, capitali od altro, s’intende di pieno diritto trasferito nel Comune di Genova perchè sia destinato al conseguimento dei fini di illustrazione e di conservazione delle memorie patrie, non che ad incremento ed incoraggiamento degli studj alle stesse attinenti. — 11 Presidente, prima di dichiarare sciolta l’adunanza, sottopone all’approvazione dell’Assemblea il verbale della presente seduta; il quale viene dalla stessa Assemblea senz’altro approvato ». 11 nuovo statuto non poteva divenire esecutivo se non dopo di avere ottenuto il beneplacito ministeriale, per il conseguimento del quale fu, con la domanda a ciò rivolta, inviato a Roma fin dal febbraio 1924. Esso rimase giacente presso il Ministero dell’istruzione molti mesi, il che permise alla Società di farlo raggiungere dall’articolo 53 accodatogli nell’Assemblea del 6 giugno 1925. 11 Ministero si compiacque finalmente con lettera del 6 marzo 1926 di informare la Società che, esaminato esso statuto, lo riteneva, in massima, approvabile; tuttavia, perchè si potesse richiedere il prescritto parere del Consiglio di Stato, pregava la Presidenza di rimettergli almeno tre copie a macchina del medesimo statuto nella sua redazione definitiva, completo in tutti gli articoli, sia che questi fossero rimasti invariati oppure fossero 286 Società Ligure di Storia Patria stati modificati. Ma ciò non bastò: la Presidenza, in esaudimento di nuove richieste ministeriali, dovette sobbarcarsi a dichiarare specificatamente le ragioni che avevano provocato o consigliato le variazioni, le aggiunte e le soppressioni arrecate al testo statutario. Tutto ciò operato, il 18 novembre 1926 il re Vittorio Emanuele firmava ed il ministro dell’istruzione Fedele controfirmava il decreto col quale si abrogava il vecchio statuto e si approvava il nuovo. Onoranze al prof. Achille Neri. — Verso il declinare dell’estate del 1923 erasi costituito in Oenova un Comitato per le onoranze al prof. Achille Neri, già per molti anni socio effettivo e dal 1904 socio corrispondente della nostra Società, il quale compieva gli anni 81 d’età il 20 settembre di quell’anno; ed esso Comitato stava raccogliendo quote da lire sei ciascuna per la pubblicazione della completa bibliografia dell’operosissimo storiografo sarzanese. La Società Ligure di Storia Patria, nel cui grembo questi aveva spiegato la maggior parte della sua attività scientifica, prima come condirettore con Luigi Tommaso Belgrano del Giornale Ligustico e più tardi come condirettore con Ubaldo Mazzini del Giornale storico e letterario della Liguria, non poteva essere assente da una manifestazione diretta a rendere onore ad un così valoroso cultore degli studj storici in Liguria. 11 Presidente proponeva pertanto nella riunione del Consiglio tenuta addì 8 novembre 1923, che la Società concorresse nella spesa per la su citata bibliografia con dieci quote, cioè con lire sessanta; proposta la quale venne accolta unanimemente dal medesimo Consiglio. Inoltre nella adunanza del 22 maggio 1924 il Volpicella, per dar maggior evidenza ed efficacia alla partecipazione della Società alle sullodate onoranze, domandava ed otteneva il consenso dei colleghi per sottoporre alla prossima Assemblea la nomina del prof. Neri a socio onorario del nostro Istituto. L’Assemblea si riunì il 5 giugno 1924, ed accolse con manifesta compiacenza la proposta presidenziale acclamando il prof. Achille Neri a socio onorario della Società Ligure di Storia Patria. Non voglio passar sotto silenzio che il principal promotore di codeste onoranze credette di prenderne l’iniziativa all infuori della nostra Società, di cui era pur membro, e di qualunque altro Corpo scientifico di Oenova, e parve ostentare l’opera sua individuale in contrapposto e quasi in dispregio di quella sociale. Ciò rincrebbe al Consiglio direttivo ed in particolar modo al presidente Volpicella, il quale non mancò di farne doglianza con la lettera seguente diretta al prof. Umberto Monti vice direttore della Biblioteca universitaria genovese, ed uno dei componenti del suddetto Comitato. Relazione 287 « 5 aprile 1924 « Pregiat.mo Dr. Umberto Monti, « Sono giunte a questa Presidenza le dieci copie della preziosa Bibliografia di Achille Neri assegnate alla Società di Storia Patria, nonché le altre tredici per i Soci che sottoscrissero; ai quali saranno consegnate. Le ne rendo grazie per tutti, mentre mi rallegro con l’egregio compilatore per l’opportuna disposizione bibliografica e per la bella veste tipografica che le ha dato, degne l’una e l’altra del Venerando Uomo cui erano destinate. Manifestata così parte del mio animo, lealtà vuole che io faccia palese l’altra parte, sebbene meno gradevole. E parlo a Lei, solamente perchè per la sua cortese missiva, a Lei ho l’occasione di scrivere, fiducioso nella sua imparzialità e buona fede, sicuro che Ella saprà nettamente separare il rapporto personale, di cui mi compiaccio, da quello impersonale di cui mi dolgo. Non Le nascondo dunque che molti hanno avuto l’impressione che l’atto di omaggio sia stato fatto e compiuto come di sorpresa, direi alla chetichella, da pochissime persone, alle quali qualcun altro si è aggiunto lì per lì perchè trovatosi ivi per caso. Certo bene sarebbe stato che almeno taluni dei sottoscrittori fossero stati chiamati ad apportare maggior peso e dare maggior pregio all’atto di omaggio con quella autorità che vien loro dalle cariche ufficiali e dalla rappresentanza di istituti patrii. Fra costoro Ella intende benissimo che sono anch’io, e con ragione. Non per me, che poco valgo come singolo, e quel poco più per le buone intenzioni che per le opere; e difatto non mi lagno di vedermi in lista, fra direttóri, capouffici, segretari, col nome e col cognome quale uno degli ammiratori del prof. Neri, e non come autorità governativa nella Liguria, nè come rappresentante del più antico e maggiore istituto storico Ligure. È il Soprintendente dell’Archivio di Stato, è il Presidente della Società di Storia Patria, che notano la certamente involontaria mancanza di riguardo verso di loro, tanto maggiormente se le due cariche convengono nella identica persona. Gli organizzatori, nello affrettare la propria soddisfazione di compiere l’atto ad essi tanto caro, non pensai ono che caro potesse essere anche agli altri, e caddero in oblianze non prevedibili. A ogni modo, l’Archivio di Stato, alle cui fonti l’illustre Studioso si abbeverò, la Società di Storia Patria, a cui più che a tutti toccava il compito di onorare nel suo Socio lo Storico illustre della Liguria, e che questo suo desiderio aveva dato a vedere moltiplicando per dieci il concorso chiesto ai sottoscrittori, si sono veduti messi fuori. Questo non tocca 1 autorità dei due istituti, ma ha sminuita l’importanza dell’azione proposta e delle persone volenterose che errarono, mentre ridusse a poca cosa 288 Società Ligure di Storia Patria l’onoranza al Vegliardo venerando, che merita, e, ben gagliardo com'egli ancora è, può riceversi, una dimostrazione ben più solenne della stima indiscussa ch’egli gode fra i cultori della storia. « Quello che qui ho scritto a Lei, ma non per Lei, non è cosa segreta, ed Ella può farsi interprete, se crede, del mio pensiero. Io non voglio sapere chi ha errato: tutti possono sbagliare, e aborro dalle polemiche e dalle personalità: ho parlato, perchè ho il dovere di curare la dignità degli uffici a me affidati dal Governo e dai Genovesi. 4 Mi auguro che vorrà all’occasione giovarsi dell opera mia, e fiattanto La prego di gradire i miei buoni saluti ed ossequi. « Il Presidente « Luigi Volpicella » Corretto uso dei titoli nobiliari nelle registrazioni sociali. Il consigliere nob. Bernardo dei marchesi Sopranis, nella seduta di Consiglio del 29 novembre 1924, raccomandava che da allora in poi si avesse la massima cura di fare nelle registrazioni sociali riguardanti i soci uso corretto dei titoli nobiliari agli stessi spettanti, in conformità delle disposizioni ministeriali che dovevano andare iti vigore in quell’anno. Ma il Presidente assicurava il Sopranis e l’intero Consiglio, che egli stava occupandosi personalmente di ciò, rivedendo e correggendo gli elenchi dei soci, perche egli medesimo era responsabile, dinanzi al Fisco, delle eventuali infrazioni a. decreti emanati in materia; dei quali però, avvertiva, era stata intanto sospesa l’applicazione fino al prossimo luglio. Codesta faccenda dell’uso esatto dei titoli, così di nobiltà come di professione, non ebbe poi, secondo la vecchia consuetudine dei Governi italiani di dire e disdire, di fare e disfare, alcun sèguito nella pratica. Quel che invece ebbe sèguito e ardore di ricerche fu ed è, per parte di tutti coloro che credono di possedere nei loro antenati un qualsiasi titolo o spirag io di nobiltà, la cura di rinfrescare e di portare alla luce dell’umana vanita i documenti di siffatto possesso. Molti poi, ai quali mancano gl. appigli araldici presso i loro ascendenti ma hanno dovizia di mezzi pecuniari, impiegano volentieri una parte di questi per procurarsi, anche per via di elargizioni fatte da loro a benefizio di opere pie, qualche amminnicolo nobilesco. Voto in favore dell’aggregazione del mandamento di Gavi alla provincia DI Genova. - Nella stessa seduta del 29 novembre 1924, il Consiglio direttivo, su proposta dell’ avv. Giuseppe Morgavi, aderendo piena- 4 Relazione mente al movimento dell’opinione pubblica dei paesi di Oltre Giogo, che domandavano di ritornare a far parte della circoscrizione amministrativa genovese, emetteva un voto in favore dell’aggregazione alla provincia di Genova del mandamento di Gavi, composto dei comuni di Gavi, Parodi, Carrosio Voltaggio e Fiaccone, e deliberava di comunicarlo alle Autorità centrali dello Stato, specialmente al Ministero dell’interno ed alla Camera dei Deputati La lettera con cui si perorava la causa della suddetta aggregazione così diceva-« Questa Società, la quale ha tra i suoi fini anche quello di curare l’integrità e la continuità degli elementi materiali e spirituali che promossero e conservarono nel corso dei secoli l’unità storica della regione ligure unisce la sua voce all’appello degli abitanti del mandamento di Gavi, composto dei comuni di Gavi, Carrosio, Fiaccone, Parodi e Voltaggio, nonché alle istanze de. consessi amministrativi genovesi in favore dell’aggregazione di detto mandamento alla provincia di Genova. Antichissime sono le relazioni storiche ra Genova e le terre d’Oltre Giogo appartenute alla Repubblica genovese perche ancora prima dell’anno mille si trova che un’ingente quantità di beni post. ne. territori di Gavi, Carrosio, Voltaggio, ecc. era di spettanza del Vescovato d. Genova. Per testimonianza di Caffaro fin dal 1121 i Genovesi s impossessarono di Fiaccone e comprarono il castello di Voltaggio dal Marchese Alberto di Gavi, il quale più tardi giurava la Compagna genovese insieme co. f.gl, Giovanni, Guglielmo e Manfredo. Gli stessi Genovesi ebbero nel 1191 m feudo dall’imperatore Enrico VI il castello di Gavi, e nel 1202 acquistarono poi, con atto di cessione dei marchesi di esso luogo, il dominio incontrastato così del castello come del suo distretto. Da allora in poi tranne che per alcuni più o meno lunghi periodi di tempo, Gavi col suo territorio appartenne alla Repubblica genovese e seguì indissolubilmente le son i Genova. Dopo l’annessione del Genovesato agli Stati Sardi, decretata dal Congresso di Vienna nel 1814, il mandamento di Gavi entrò a far parte della provincia di Novi, la quale sottostava alla Divisione o Intendenza generale di Genova, conservando così in via amministrativa i secolari legami di dipendenza con la metropoli ligure. « Fu soltanto dopo la costituzione del Regno d’Italia nel 1860, che il territorio dell’ex-Provincia di Novi, corrispondente all’attuale Circondario I ovi, e con esso il Alandamento di Gavi, venne sottratto alla giurisdizione amministrativa di Genova ed aggregato alla Provincia di Alessandria. Ma ciò avvenne in contrasto, non soltanto colle consuetudini stabilite da secolari relazioni storiche, ma con gl’interessi economici e culturali di tutto l’antico distretto genovese posto oltre i Giovi, il cui sbocco naturale rimane e sara sempre Genova. Non è poi a tacere che il Mandamento di Gavi tro- 19 vasi da secoli sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica di Genova perocché papa Alessandro III fin dal 1159 ordinava che le terre soggette ol i e Giogo a, dominio temporale della Repubblica genovese fossero nello spirituale soggette faegi°niSche la Società Ligure di Storia Patria aggiunge i suoi fervidi voti per la riunione del Mandamento di Gav, alla Provincia di Genova ». Ritratti dei Presidenti, Vicepresidenti e di altre cariche della Società post, NELLA sede SOCIALE. - Tra la fine del 1924 ed ,1 principio del 1925 la Presidenza si diede d’attorno per procurarsi , ritratti di tutti coloro che avevano tenuti i posti direttivi del nostro Istituto dalla fondazione di questo in poi, e collocarli nella sede sociale. Nonostante qualche d.f .co a per ritrovare alcuni di essi, fra i quali quello di Antonio Crocco due: volte presidente, non potuto rintracciare ed ancora oggi assen e a a ’ il Volpicella già nella seduta di Consiglio del 5 febbraio 1925 partecipava che la Presidenza aveva chiesto e ricevuto dai parenti del defunto mare ese Gerolamo Gavotti, che fu presidente da. 1884 al 1895, una fotograf a d, lu e che altra fotografia, quella del marchese Cesare Imperiale presidente dal 1896 al 1920, era riuscito ad ottenere dallo stesso, accompagna bella lettera del donatore. « Questi ritratti » - egli concludeva - « '™e™c0" quelli di Vincenzo Ricci, di Anton Giulio Barrili e di Gaetano Poggi, che g abbiamo, figureranno nelle sale sociali, e ad essi terranno presto compagma i ritratti del Desimoni, del Padre Marchese e degl, altri che furono g verno della Società » (1). (1) 1 ritratti che figurano finora nella sede sociale sono quelli dei dirigenti sotto indicati: P. Vincenzo Marchese (presid. 1858) m March. Vincenzo Ricci (presid. 1861-62, 180/ o», rnrauu Barone Don PASQUALt Tola (pres. 1863-65) Senatore Antonio Caveri (près. 1866) March. Gerolamo Gavotti (pres. 1884-95) March. Cesare Imperiale (pres. 1896-1920, onorano dal 1921) Prof. Arturo Issel (pres. 1921-1922) Comm. nob. Luigi Volpicella (pres. 1923-1929) Prof. Luigi Tommaso Belgrano (segr. 1864-1895) March. Lorenzo Pareto (soc. fond. 1858) Dott. Cornelio Desimoni (vice pres. 1863-64) Aw. Gaetano Poggi (vice pres. 1917-1919) Prof. Luigi Augusto Cervetto (consigl. 1896-1923) Prof. Anton Giulio Barrili (.vice pres. 1897-1906) Avv. Pier Francesco Casaretto (vice pres. 1921-1925) Relazione 291 Partecipazione della Società alla Mostra storica del Risorgimento. — Nei giorni 26-28 ottobre 1925 ebbe luogo in Genova il XIII Congresso della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, a cura del Comitato Ligure della medesima Società. Il nostro Sodalizio, il quale aveva da parecchi anni dimostrato, istituendo una serie dei suoi Atti espressamente dedicata a tale storia, di tenere nel debito conto gli studj riguardanti gli avvenimenti che condussero all’indipendenza ed all’unità d’Italia, si recò a doverosa premura di partecipare alla convocata riunione. Il comm. Volpicella nella prima seduta di questa, presentò il secondo volume della predetta serie contenente le lettere dei fratelli Giovanni e Agostino Ruffini alla loro madre negl, anni 1833-1835; e la presentazione egli fece leggendo l’indirizzo stampato al principio del libro e da lui stesso scritto e rivolto al Presidente del Congresso a nome della Società Ligure di Storia Patria. La quale prese parte anche alla Mostra del Risorgimento, inaugurata in occasione del su menzionato Congresso, esponendovi alcuni rapporti della Polizia borbonica intorno a Giuseppe Mazzini prima del 1848, nonché alcuni esemplari di-cartelle per prestiti nazionali emessi dal ’48 al ’60 (1). della Polizia Generale Ripartimento 1 n. 7566 Signore, Di anni 28 Altezza 5 piedi e 2 pollici Per un estero fazioso. Riservatissima È pervenuta notizia su la probabilità che Giuseppe Mazzini, uno de’ capi rivoluzionarj esistent’ in Marsiglia, abbia concepito il disegno d’introdursi in Italia sotto finto noine, e successivamente forse penetrare ne’ Reali Dominj. Le trascrivo in margine i di lui connotati, interessandola a provvedere che si adopri la maggior oculatezza, onde un tal pericoloso soggetto non isfugga alla Polizia» qualora si avvisasse, cangiando nome, d’intromettersi nelle nostre contrade. Nel caso affermativo sarà arrestato, seque- Volto pallido Viso ovale --------i>cl Ldsu auermauvo sara arrestato, sequestrandosi e sigillandosi legalmente tutte le carte di cui possa essere latore, e mi si darà immediato avviso. Bocca mezzana Naso ordinario Fronte scoperta 11 Ministro Seg. di Stato della Polizia Gen.le Del Carretto Al Sig. Intendente di Terra d’Otranto Lecce 290 Società Ligure di Storia Patria vasi da secoli sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica di Oenova, perocché papa Alessandro III fin dal 1159 ordinava che le terre soggette oltre Oiogo al dominio temporale della Repubblica genovese fossero nello spirituale soggette all’arcivescovato genovese. « È per queste ragioni che la Società Ligure di Storia Patria aggiunge i suoi fervidi voti per la riunione del Mandamento di Gavi alla Provincia di Genova ». Ritratti dei Presidenti, Vicepresidenti e di altre cariche della Società posti nella sede sociale. — Tra la fine del 1924 ed il principio del 1925 la Presidenza si diede d’attorno per procurarsi i ritratti di tutti coloro che avevano tenuti i posti direttivi del nostro Istituto dalla fondazione di questo in poi, e collocarli nella sede sociale. Nonostante qualche difficoltà per ritrovare alcuni di essi, fra i quali quello di Antonio Crocco, due volte presidente, non potuto rintracciare ed ancora oggi assente dalla collezione, il Volpicella già nella seduta di Consiglio del 5 febbraio 1925 partecipava che la Presidenza aveva chiesto e ricevuto dai parenti del defunto marchese Gerolamo Gavotti, che fu presidente dal 1884 al 1895, una fotografia di lui, e che altra fotografia, quella del marchese Cesare Imperiale presidente dal 1896 al 1920, era riuscito ad ottenere dallo stesso, accompagnata da una bella lettera del donatore. « Questi ritratti » — egli concludeva — « insieme con quelli di Vincenzo Ricci, di Anton Giulio Barrili e di Gaetano Poggi, che già abbiamo, figureranno nelle sale sociali, e ad essi terranno presto compagnia i ritratti del Desimoni, del Padre Marchese e degli altri che furono al governo della Società » (1). (1) I ritratti che figurano finora nella sede sociale sono quelli dei dirigenti sotto indicati: P. Vincenzo Marchese (presid. 1858) March. Vincenzo Ricci (presid. 1861-62, 1867-68; ritratto del busto in marmo) Barone Don PASQUALt Tola (pres. 1863-65) Senatore Antonio Caveri (pres. 1866) March. Gerolamo Gavotti (pres. 1884-95) March. Cesare Imperiale (pres. 1896-1920, onorario dal 1921) Prof. Arturo Issel (pres. 1921-1922) Comm. nob. Lumi Volpicella (pres. 1923-1929) Prof. Luigi Tommaso Belgrano (segr. 1864-1895) March. Lorenzo Pareto (soc. fond. 1858) Dott. Cornelio Desimoni (vice pres. 1863-64) Avv. Gaetano Poggi (vice pres. 1917-1919) Prof. Luioi Augusto Cervetto (consigl. 1896-1923) Prof. Anton Giulio Barrili (.vice pres. 1897-1906) Avv. Pier Francesco Casaretto (vice pres. 1921-1925) Relazione 291 Partecipazione della Società alla Mostra storica del Risorgimento. — Nei giorni 26-28 ottobre 1925 ebbe luogo in Genova ii XIII Congresso della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, a cura del Comitato Ligure della medesima Società. Il nostro Sodalizio, il quale aveva da parecchi anni dimostrato, istituendo una serie dei suoi Atti espressamente dedicata a tale storia, di tenere nel debito conto gli studj riguardanti gli avvenimenti che condussero all’indipendenza ed all’unità d’Italia, si recò a doverosa premura di partecipare alla convocata riunione. Il comm. Volpicella, nella prima seduta di questa, presentò il secondo volume della predetta serie contenente le lettere dei fratelli Giovanni e Agostino Ruffini alla loro madre negli anni 1833-1835; e la presentazione egli fece leggendo l’indirizzo stampato al principio del libro e da lui stesso scritto e rivolto al Presidente del Congresso a nome delia Società Ligure di Storia Patria. La quale prese parte anche alla Mostra del Risorgimento, inaugurata in occasione del su menzionato Congresso, esponendovi alcuni rapporti della Polizia borbonica intorno a Giuseppe Mazzini prima del 1848, nonché alcuni esemplari di cartelle per prestiti nazionali emessi dal ’48 al ’60 (1). della Polizia Generale Ripartimento I n. 7566 Signore, Di anni 28 Altezza 5 piedi e 2 pollici Per un estero fazioso. Riservatissima È pervenuta notizia su la probabilità che Giuseppe Mazzini, uno de’ capi rivoluzionarj esistent’ in Marsiglia, abbia concepito il disegno d’introdursi in Italia sotto finto nome, e successivamente forse penetrare ne’ Reali Doniinj. Le trascrivo in margine i di lui connotati, interessandola a provvedere che si adopri la maggior oculatezza, onde un tal pericoloso soggetto non isfugga alla Polizia» qualora si avvisasse, cangiando nome, d’intromettersi nelle nostre contrade. Nel caso affermativo sarà arrestato, sequestrandosi e sigillandosi legalmente tutte le carte di cui possa essere latore, e mi si darà immediato avviso. Volto pallido Viso ovale Bocca mezzana Naso ordinario Fronte scoperta 11 Ministro Seg. di Stato della Polizia Gen.le Del Carretto Al Sig. Intendente di Terra d’Otranto Lecce 292 Società Ligure di Storia Patria Proposta circa l’identificazione delle traccie della via romana lungo la Riviera ligure occidentale. — Nell’adunanza di Consiglio del 30 giugno 1926 l’avv. Ludovico Giordano, ritornando sopra un argomento a lui caro e già altra volta da lui ventilato, richiamava 1 attenzione dei colleghi sopra l’utilità di individuare e localizzare in modo sicuro le traccie, che ancora rimangono della via romana lungo la riviera ligure occidentale. Una carta di essa via — egli diceva — venne già, per il solo tratto compì eso fra il Varo e Ventimiglia, pubblicata da un autore francese (1). Ora si tratterebbe di fare o, per meglio dire, di preparare una carta analoga riguardante il maggior tratto che corre tra Ventimiglia e Genova; approfittando dellopeia dei pochi vecchi che ancor ricordano alcune di quelle antiche vestigia, che il tempo edace e l’azione dell’uomo via via consumano e trasfoimano. Egli concludeva proponendo, anche da parte del socio Edward E. Berry, la nomina di una Commissione incaricata della revisione di dette tracce, costituita di soci della Riviera occidentale ed altresì di cultori ed amatori di archeologia non appartenenti alla Società. 11 Presidente interveniva osservando che la proposta del Giordano meritava di essere accolta, ma che non potrebbe però avere una portata efficace se non quando si trovassero degli studiosi Ecco il secondo documento, che è il più recente. MINISTERO e Real Segreteria di Stato della Polizia Generale I Ripartimento Seg.ria n. 10801 Riservatissima Al Sig. Intendente di Lecce Napoli, 12 dicembre 1853. Signore, Stimo opportuno comunicarle per la debita intelligenza, e perchè raddoppi sempreppiù di vigilanza ne’ luoghi di sua giurisdizione su tutti gli esteri che vi pervengano, e sugli attendibili in politica, i quali aver potessero criminose corrispondenze, talune notizie pervenutemi sul conto del famigerato Mazzini. Allontanandosi egli da Londra, è stato a Genova passando quindi a Cannobio presso Novara, e da ultimo nella Svizzera. Egli viaggia con passaporto inglese, porta parrucca e basette bigie, abbigliamento nero, occhiali, ed un ferro di cavallo in argento per spilla alla cravatta. Il Direttore (firma indecifrabile) (1) Ved. Barety A., Les voies romaines depuis Vintimille; Nice, 1910. Relazione 293 che volessero ed avessero modo di occuparsi sul posto, e con continuità, delle indagini necessarie, dietro un sommario accordo circa le direttive da seguirsi. Invitava pertanto il Giordano ad indicare dei nomi di persone atte a ciò. Anche il consigliere avv. Emilio Marengo acconsentiva alla proposta del Giordano e dichiarava, per conto suo, che non avrebbe avuto difficoltà di occuparsi del tratto di riviera tra Borghetto Santo Spirito e Pietra Ligure 11 Consiglio commetteva alla Presidenza l’esame e possibilmente l’esecuzione della su descritta proposta. A PROPOSITO DELLA COSTRUZIONE DI UNA CASA ATTIGUA AL PALAZZO DEL Principe Dor.a a Fassolo. - Il prof. Giovanni Campora, in seduta di Consiglio del 16 novembre 1926, rivolgeva il pensiero dei presenti sopra la costruzione, pur troppo allora già molto avanzata, di un caseggiato ai margini del palazzo del Principe Doria in via Fassolo, verso l'angolo occidentale di esso palazzo: costruzione la quale poteva rompere — a quanto egli stimava - l'euritmia artistica del monumentale edifizio, e pregiudicare iiTtal modo irremissibilmente la linea generale di quel maraviglioso insieme architettonico Proponeva egli perciò che la Società additasse al Municipio di Genova la necessita di vigilare affinchè queirinsigne monumento dell’arte italiana non subisse deterioramenti, nè dalla predetta costruzione nè da altre consimili opere che eventualmente potrebbero essere progettate a fianco del medesimo palazzo. Parlavano in proposito anche i consiglieri Puccio, Doria e Lattes tutti concordi per far presente all'Amministrazione municipale i pericoli e gl inconvenienti lamentati dal Campora, allo scopo di rimuoverli, se non era più possibile allora, almeno per l’avvenire. I! Consiglio accoglieva la proposta del Campora incaricando la Presi enza di scrivere in conformità a chi reggeva in quel tempo il Comune (1). Riviera'ligure ^ signor Manfredo Manfredi, di eui reco copia qui appresso lll.mo Sopraintendente ai Monumenti per la Liguria Sig. Ing. Arch. Alberto Terenzio Genova - Via Balbi, 10 (Palazzo Reale) Mi pregio far presente alla S. V. I. quanto segue: Esiste ancora in Pieve di Teco (prov. di Portomaurizio) la cupola della ex chiesa Agostiniane, edificata verso la metà del sec. XVII sotto la direzione di Giulio Benso s. legge nelle «Vite dei pittori, scultori e architetti genovesi» di Ra«LEt stampata in Qeno.a „el presso „one Qravier, 294 Società Ligure di Storia Patria «questa chiesa ed insieme quel Monistero, ambo nobilissimi, fondati.....a spese del fu medico Ricci, s’erano fabbricati col disegno e sotto l’assistenza del ns. Pittore; nel che si vide quanto egli fosse in architettura perito », pag. 282 (Vita di Giulio Benso). Ora questa cupola, di forma molto bella ed elegante, sul tipo di quella di Sant’Ambrogio in Genova, minaccia, non di cadere, che «sta come torre ferma», sebbene bisognosa di riparazioni, ma di essere demolita, forse per avidità di materiale. La cessata Amministrazione del Comune di Pieve, concedeva con regolare contratto, nel quale veniva fatto obbligo al concessionario di riparare la cupola, l’uso della ex chiesa per 15 anni ad un privato, dal quale è stata adibita a teatro, e cinematografo. Ora il concessionario del locale, troverebbe più comodo far demolire la cupola che ripararla, e siccome nei piccoli paesi tutto è possibile, ad onta del contratto, ci si potrebbe^ trovare un bel giorno dinnanzi al fatto compiuto, o per lo meno rapidamente iniziato, cosicché non rimarrebbe altro che lasciarlo continuare. Sarebbe uno sconcio, non solo per il paese, e per la distruzione di una pregevole opera d’arte, ma l’intero paesaggio, così originale e caratteristico della Pieve posta in fondo alla valle dell’Arroscia, ne rimarrebbe cambiato e deturpato. Questa cupola tra gli altri pregi, ha quello di essere unica nel suo genere in tutte le vallate interne della Provincia, vallate così povere di opere d’arte. Mi sono fatto un dovere di esporre alla S. V. I. quanto sopra, nella speranza che possa, qualora Io creda opportuno, intervenire tempestivamente presso la Municipalità di Pieve di Teco. Accludo anche nella presente un breve elenco di alcune antichità esistenti nella citta di Pieve di Teco (prov. di Portomaurizio) riservandomi, qualora ciò potesse interessare codesta spett. Sopraintendenza, di farle pervenire altro elenco più dettagliato e completo di antichità ed opere d’arte, esistenti in Pieve e nei paesi vicini: quadri di Giulio Benso, dei Piola, ecc. ecc., scolture del Maragliano, Garaventa, ecc., cibori antichi, notizie di antichi affreschi, ed altro, nonché una breve indicazione su alcuni pretesi monumenti druidici, esistenti nella località sopra indicata. Con osservanza e preghiera di gradire i miei distinti ossequi, Genova, Passo dell’Acquedotto, 2, int. 3 Manfredo Manfredi Nota di alcune antichità che si trovano a Pieve di Teco (Prov. di Porto Maurizio - Diocesi di Albenga). Casa n. 70. Via Vittorio Emanuele, proprietario Generale Giacomo Manfredi fu Giuseppe. Stemma della famiglia Manfredi, scoltura conservatissima del sec. XVI, in pietra nera di forma ovale, grande?za circa 40 cm. per 25, posto sotto i portici sul portone d’ingresso. Casa n. 76. Via Vittorio Emanuele, proprietario Lorenzo Garibaldi fu Francesco, benestante. Sopraporta in pietra nera del sec. XVI, scolpito, con piante e stemmi, sotto i portici, sulla porta d’ingresso, lunghezza eguale alla larghezza della porta, altezza 35-40 cm., conservatissimo. Casa n. 132. Via Vittorio Emanuele, proprietari coniugi Gio. Batta Bertolino fu Pietro e Maria Bertolino di Pietro. Sopraporta in pietra nera della fine del sec XV, scolpito, con il monogramma di Cristo in un tondo raggiato, ed iscrizione latina in caratteri gotici con la data del 1495, dimensioni come il precedente e posto egualmente sotto i portici, sopra la porta d’ingresso, conservatissimo, ed in perìcolo di sparire, causa il tentativo già fatto dai proprietari di venderlo. Sulla stessa casa, vicino alla pietra già descritta, altra pietra nera più piccola di forma rettangolare, scolpita con teoria di santi. Casa in Vico Manfredi, porta d’ingresso con portale di pietra nera scolpito con medaglioni Relazione 295 discretamente conservati; questa porta non ha alcun numero visibile, proprietario Gandolfo Agostino. Casa n. 8. Nel Borghetto Soprano, proprietà del Comune, portale in pietra nera scolpito, addossato alla porta d ingresso dell’antico Ospedale di San Lazzaro; nel sopraporta scena dell’Annunciazione, scoltura deteriorata. Casa n. 42. Nel Borghetto Sottano, Via De Filippi, proprietà del Comune, antico ex convento detto il Casun (casone), porta sulla facciata un tondo di pietra nera con scolpito un Agnus Dei, sec. XIV (?). Fontana detta « la fontanassa » sul muro a sinistra guardando, addossata alla casa del- 1 Ing. Paolo Fossati, scoltura rappresentante San Giorgio a cavallo, nello stile dei San Giorgio dei portali genovesi, assai deteriorata. Ex Convento delle Agostiniane, facciata dal lato della posta, pietra scolpita con figure di santi, ed iscrizione ricordante l’anno della fondazione, e quello della distruzione del Castello di Pieve, (1233-1625). Ex Cappella della Madonna di Loreto, poligonale, addossata alla ex chiesa di Sant’Agostino, conserva nell'interno pregevoli affreschi, di profeti od evangelisti, muniti di cartigli esplicativi, opera di Pietro Guidi (Ohio Pietro) di Ranzo, sec. XVI. Genova, 24 Novembre 1924. 296 Società Ligure di Storia Patria LA QUESTIONE DEL BALILLA Nell’estate del 1927 pervennero alla Società Ligure di Storia Patria le due lettere ch’io reco qui appresso nell’ordine cronologico delle loro date. MUNICIPIO DI GENOVA Direzione delle Belle Arti « Genova, 20 Luglio 1927 Storia ed Istituti Artistici-Scientifici Protocollo d’Ufficio 340 * Da varie parti son giunte a questo Comune, in questi ultimi tempi, richieste perchè esso intervenga a portare il suo giudizio sulla controveisa « questione del Balilla *. Questo Comune, come già fece nel 1881 per questa medesima questione, prega la S. V. 111.ma di sentire 1 opinione della eletta assemblea di dotti ch’Elia presiede e quindi riferirmi a che punto le ricerche storiche sono giunte e quali siano le conclusioni più sicure. « Io mi rivolgo alla S. V. 111.ma perchè so quanto amore nutra perle patrie memorie la Società eh’Ella presiede, amore unito ad una illuminata competenza. « Voglia gradire la S. V. Ill.ma i miei più vivi anticipati ringraziamenti. « Il Podestà (firmato) Broccardi » « Ill.mo Signor « Presidente della Società Lig. di Storia Patria « Genova ». Relazione 297 MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE Direzione generale delle Antichità e Belle Arti * Roma, addì 26 Agosto 1927 Divisione II Prot. n. 9529 Posiz. 6, Genova Oggetto Balilla - identificazione - Casa in Mon foggio « Ali On. Società Ligure di Storia Patria ove nacque Giovanni Perasso. « Genova « Mi sono state rivolte premure perchè la casa in Montaggio, ove l’8 maggio 1729 nacque il popolano Giovanni Perasso, venga dichiarata Monumento nazionale, identificando, così, nel detto Perasso il fanciullo eroe, che, avendo la sera del 1° (sic) dicembre 1746 lanciato il sasso fatidico, fu, poi, soprannominato « Balilla ». « Data l’importanza della cosa, prima di adottare un tal provvedimento, è mio desiderio avere in proposito l’autorevole conforto di codesto On. Consesso, e per tanto prego cotesta On. Società di volersi compiacere procedere, colla sua alta competenza, alla identificazione precisa del personaggio storico suddetto, favorendomi, poi, opportune comunicazioni in proposito. « Il Ministro Fedele » La così detta questione del Balilla è dunque, come si vede dalle lettere su riferite, una questione di nomi e di soprannomi; il fatto su cui essa poggia, cioè il lanciamento del sasso che iniziò l’insurrezione genovese del 1746, non è controverso, e neppure controverso è che l’autore del lanciamento fosse un"giovinetto o un adolescente. Si vorrebbe invece sapere in modo preciso il nome e cognome di costui, e se fosse realmente chiamato col soprannome di Balilla, ed anche il suo luogo di nascita. È cosa pertanto d’interesse molto circoscritto, e come tale venne considerata dai contemporanei del lanciatore del sasso, i quali non si curarono menomamente di trasmettercene il nome con un qualsiasi atto ufficiale di riconoscimento. 298 Società Ligure di Storia Patria Che gli storiografi si occupino e contendano fra di loro ed ingarbuglino sempre più le fila per istabilire la patria e la data di nascita dello scopritore delPAmerica, è cosa che ha la sua giustificazione nell’importanza e grandiosità della scoperta; ma che si scriva, si discuta e si dibatti intorno al nome ed all’origine del piccolo sbarazzino che si trovò a tirare baldanzosamente, inconscio delle conseguenze del suo atto, un sasso che tanti altri al pari di lui avrebbero scagliato in quelle circostanze trascinanti necessariamente ad una esplosione contro gli strumenti della prepotenza austriaca, è cosa che ricorda le discussioni alle quali Bisanzio diede l’appellativo. Comunque, gli uomini si dilettano, specialmente in tempi nei quali non è ammessa, nonché la dissertazione, neppure il commento sulle cose presenti, di rinvangare il passato per' trarne argomenti alle vanità del momento. Per rispondere alla richiesta espressa nelle lettere sopra trascritte, il presidente Volpicella indisse un’adunanza della Società con rivolgere l’invito di parteciparvi, non soltanto ai soci, ma anche ad un certo numero di persone che per i loro studj intorno ai tempi del Balilla ovvero per i loro ufficj rappresentativi si riputarono in grado di assistervi con utilità della discussione o delle conclusioni. La riunione ebbe luogo nella sede sociale (Via Garibaldi, Palazzo Rosso) P8 novembre 1927 presenti i signori: comm. Luigi Volpicella presidente, prof. Adolfo Bassi, prof. Enrico Bensa, avv. Sallustio Bianchi bibliotecario della bibl. Mazzini, prof.a Enrica Bixio, prof. Carlo Bornate, cap. Antonio Burlando podestà di Montoggio, Enrico Calvetti del giornale Caffaro, prof. Giovanni Campora, prof. Aroldo Chiama, prof. Arturo Codignola, sac. prof- Costa, sac. Andrea Cuneo delegato dal parroco della chiesa di Santo Stefano in Genova, colon. Giuseppe Gonni, sig. Lardon della Spezia, comm. Gian Luigi Lercari, Padre Luigi Maria Levati, mons. Alfredo Marsano arciprete di Genova-Rivarolo, prof. Marino Merello, prof. F- Ernesto Morando pubblicista, dott. Gerolamo Morgavi, avv. Giuseppe Morgavi, dott. Pietro Nurra bibliotecario della Bibl. Universitaria, avv. Ambrogio Pesce, prof. Amedeo Pescio del giornale II Secolo XIX e bibliotecario della civica Bibl. Lercari, conte Francesco Puccio Prefumo, avv. Ernesto Rebaudi, sac. Gioachino Rebora arciprete di Montoggio, prof. Franco Ridella, prof.a Evelina Rinaldi, Angelo Sciaccaluga in rappresentanza dell’Opera dei Balilla, march. Paolo Alerame Spinola e prof. Francesco Poggi segretario (1). (1) Fra gli invitati non intervenuti scusarono la loro assenza: il comm. dott. Orlando Grosso direttore del Civico Ufficio di Belle Arti e Storia, che delegò in sua rappresentanza il prof. Arturo Codignola; il próf. Emilio Pandiani; il comm. prof. Edoardo Canevello, presidente del Comitato Ligure per l’educazione del popolo. 11 Pandiani scrisse: « Duoimi che ragioni d’ufficio mi costringano ad essere lontano da Genova proprio nel giorno indetto Relazione 299 Dai miei appunti presi rapidamente durante la discussione, ecco qui riflessi in modo sommario l’andamento di questa e gli argomenti alla stessa recati dai varj oratori. Volpicella (presidente) — Espone lo scopo dell’adunanza ed apre la discussione in proposito. Bianchi — Domanda se la strada di Portoria era acciottolata, onde spiegare come sia stata possibile una sassaiola così nutrita da far indietreggiare gli Austriaci. In caso contrario, bisognerebbe ammettere che le pietre fossero state portate sul posto dai popolani per usarne in conformità di un preventivo accordo. Morando — Esistono due questioni, quella se il moto fu incominciato da un ragazzo, e quella del nome di costui. La prima è concordemente risoluta dal Muratori, dall’Accinelli e da tutti gli altri scrittori contemporanei del fatto, i quali affermano che questo ebbe inizio col sasso scagliato da un ragazzo. A rincalzo di ciò abbiamo la poesia col sonetto del Gallino (che fa parte della raccolta intitolata Cadenna Zeneixe, manoscritto inedito della Bibl. civica Berio), la pittura col quadro del Comotto (che rappresenta il lanciatore del sasso armato di coltello, coltello del tintore, in Museo del Risorgimento nel Palazzo Bianco). Circa la seconda questione stanno a favore del nome di G. B. Perasso detto Balilla la testimonianza dell’abate Minaglia, che avrebbe conosciuto lo scagliatore della pietra, e la presenza nella famosa dimostrazione del 1846, commemorativa del centenario della scacciata degli Austriaci, di un discendente o cugino del Perasso (1). per radunanza che pronunzierà il suo avviso sulla identificazione della personalità del Balilla. Avrei molto interesse a parteciparvi per udire l’opinione di molte chiare persone. La mia fu espressa già nel mio studio sulla Cacciata degli Austriaci da Genova nel 1746, pag. 86, nota 1, e non ho nulla da aggiungervi nè da togliervi » (Genova, 6 novembre 1927). 11 prof. Canevello inviò la lettera seguente « Dolente di non poter intervenire alla patriottica adunanza di domani, compio il mio dovere di socio e di cittadino pregandola di prender atto della mia opinione sulla personalità storica del Balilla, la quale coincide con quanto si legge nel volume Guerra di Genova contro i Tedeschi pubblicato recentemente dal mio compianto amico e discepolo Umberto Villa. È in questo volume anche il testo di un Carme in latino maccheronico dovuto ad un anonimo che prese parte ai combattimenti del 1746 e che si mostra perfettamente ambientato. È un sacerdote che tace il suo nome e che, oltre al portare alla epica cronistoria dei particolari interessanti e nuovi, mostra la più viva conoscenza della persona fisica e morale del piccolo eroe, specialmente nell’apostrofe invettiva contro il Botta nel luogo del carme in cui si accenna al cruento riscatto della Porta di San Tomaso....* (Genova, 7 novembre 1927). * (1) 11 prof. Morando ha scritto più volte nei giornali intorno al Balilla. In un articolo intitolato Le questioni del Balilla e del « regazzo de le sassate », comparso sul Corriere Mer- 298 Società Ligure di Storia Patria Che gli storiografi si occupino e contendano fra di loro ed ingarbuglino sempre più le fila per istabilire la patria e la data di nascita dello scopritore delPAmerica, è cosa che ha la sua giustificazione nell’importanza e grandiosità della scoperta; ma che si scriva, si discuta e si dibatti intorno al nome ed all’origine del piccolo sbarazzino che si trovò a tirare baldanzosamente, inconscio delle conseguenze del suo atto, un sasso che tanti altri al pari di lui avrebbero scagliato in quelle circostanze trascinanti necessariamente ad una esplosione contro gli strumenti della prepotenza austriaca, è cosa che ricorda le discussioni alle quali Bisanzio diede l’appellativo. Comunque, gli uomini si dilettano, specialmente in tempi nei quali non è ammessa, nonché la dissertazione, neppure il commento sulle cose presenti, di rinvangare il passato per trarne argomenti alle vanità del momento. Per rispondere alla richiesta espressa nelle lettere sopra trascritte, il presidente Volpicella indisse un’adunanza della Società con rivolgere l’invito di parteciparvi, non soltanto ai soci, ma anche ad un certo numero di persone che per i loro studj intorno ai tempi del Balilla ovvero per i loro ufficj rappresentativi si riputarono in grado di assistervi con utilità della discussione o delle conclusioni. La riunione ebbe luogo nella sede sociale (Via Garibaldi, Palazzo Rosso) l’8 novembre 1927 presenti i signori: comm. Luigi Volpicella presidente, prof. Adolfo Bassi, prof. Enrico Bensa, avv. Sallustio Bianchi bibliotecario della bibl. Mazzini, prof.a Enrica Bixio, prof. Carlo Bornate, cap. Antonio Burlando podestà di Montoggio, Enrico Calvetti del giornale Caffaro, prof. Giovanni Campora, prof. Aroldo Chiama, prof. Arturo Codignola, sac. prof- Costa, sac. Andrea Cuneo delegato dal parroco della chiesa di Santo Stefano in Genova, colon. Giuseppe Gonni, sig. Lardon della Spezia, comm. Gian Luigi Lercari, Padre Luigi Maria Levati, irions. Alfredo Marsano arciprete di Genova-Rivarolo, prof. Marino Merello, prof. F- Ernesto Morando pubblicista, dott. Gerolamo Morgavi, avv. Giuseppe Morgavi, dott. Pietro Nurra bibliotecario della Bibl. Universitaria, avv. Ambrogio Pesce, prof. Amedeo Pescio del giornale II Secolo XIX e bibliotecario della civica Bibl. Lercari, conte Francesco Puccio Prefumo, avv. Ernesto Rebaudi, sac. Gioachino Rebora arciprete di Montoggio, prof. Franco Ridella, prof.a Evelina Rinaldi, Angelo Sciaccaluga in rappresentanza dell’Opera dei Balilla, march. Paolo Alerame Spinola e prof. Francesco Poggi segretario (1). (1) Fra gli invitati non intervenuti scusarono la loro assenza: il comm. dott. Orlando Grosso direttore del Civico Ufficio di Belle Arti e Storia, che delegò in sua rappresentanza il prof. Arturo Codignola; il pròf. Emilio Pandiani; il comm. prof. Edoardo Canevello, presidente del Comitato Ligure per l’educazione del popolo. 11 Pandiani scrisse: « Duoimi che ragioni d’ufficio mi costringano ad essere lontano da Genova proprio nel giorno indetto Relazione 299 Dai miei appunti presi rapidamente durante la discussione, ecco qui riflessi in modo sommario l’andamento di questa e gli argomenti alla stessa recati dai varj oratori. Volpicella (presidente) — Espone lo scopo dell’adunanza ed apre la discussione in proposito. Bianchi — Domanda se la strada di Portoria era acciottolata, onde spiegare come sia stata possibile una sassaiola così nutrita da far indietreggiare gli Austriaci. In caso contrario, bisognerebbe ammettere che le pietre fossero state portate sul posto dai popolani per usarne in conformità di un preventivo accordo. Morando — Esistono due questioni, quella se il moto fu incominciato da un ragazzo, e quella del nome di costui. La prima è concordemente risoluta dal Muratori, dall’Aecinelli e da tutti gli altri scrittori contemporanei del fatto, i quali affermano che questo ebbe inizio col sasso scagliato da un ragazzo. A rincalzo di ciò abbiamo la poesia col sonetto del Gallino (che fa parte della raccolta intitolata Cadenna Zeneixe, manoscritto inedito della Bibl. civica Berio), la pittura col quadro del Comotto (che rappresenta il lanciatore del sasso armato di coltello, coltello del tintore, in Museo del Risorgimento nel Palazzo Bianco). Circa la seconda questione stanno a favore del nome di G. B. Perasso detto Balilla la testimonianza dell’abate Minaglia, che avrebbe conosciuto lo scagliatore della pietra, e la presenza nella famosa dimostrazione del 1846, commemorativa del centenario della scacciata degli Austriaci, di un discendente o cugino del Perasso (1). per 1 adunanza che pronunzierà il suo avviso sulla identificazione della personalità del Balilla. Avrei molto interesse a parteciparvi per udire l’opinione di molte chiare persone. La ima fu espressa già nel mio studio sulla Cacciata degli Austriaci da Genova nel 1746, pag. 86 nota 1, e non ho nulla da aggiungervi nè da togliervi * (Genova, 0 novembre 1927). Il prof. Canevello inviò la lettera seguente « Dolente di non poter intervenire alla patriottica adunanza di domani, compio il mio dovere di socio e di cittadino pregandola di prender atto della mia opinione sulla personalità storica del Balilla, la quale coincide con quanto si legge nel volume Guerra di Genova contro i Tedeschi pubblicato recentemente dal mio compianto amico e discepolo Umberto Villa. È in questo volume anche il testo di un Carme in latino maccheronico dovuto ad un anonimo che prese parte ai combattimenti del 1746 e che si mostra perfettamente ambientato. È un sacerdote che tace il suo nome e che, oltre al portare alla epica cronistoria dei particolari interessanti e nuovi, mostra la più viva conoscenza della persona fisica e morale del piccolo eroe, specialmente nell’apostrofe invettiva contro il Botta nel luogo del carme in cui si accenna al cruento riscatto della Porta di San Tomaso — * (Genova, 7 novembre 1927). * (1) 11 prof. Morando ha scritto più volte nei giornali intorno al Balilla. In un articolo intitolato Le questioni del Balilla e del « regazzo de le sassate », comparso sul Corriere Mer- 300 Società Ligure di Storia Patria Volpicella — Non si conosce affatto un documento che affermi l’identità del lanciatore del sasso con un denominato Perasso o Balilla. Campora — Ricorda che il nomignolo Balilla si trova usato prima del 1746. Quando era fanciullo, una parente di lui, sorella di Giuseppe Mazzini, gli diceva: bada che il Balilla è morto in galera! Sembra che costui fosse il tipo del bravaccio. Chiama — Domanda se tutta la gente che assisteva al fatto del mortaio avesse proprio bisogno di un ragazzo per cominciare l’insurrezione. Costa - Alcuni anni fa, in occasione di una sua gita a Vienna, egli ha fatto delle ricerche in quegli archivi. Ha letto lettere del Maricone, informato dalle sue spie, con molti particolari sul moto; ma non vi ha trovato nessun accenno all’atto compiuto dal Balilla. E così nelle relazioni del Botta-Adorno e del Pallavicino. Piuttosto che un individuo —egli conclude — il Balilla rappresenta il popolo genovese. Morando — Chiede se i documenti veduti dal Costa si riferiscano a data anteriore o posteriore al 5 dicembre 1746. cantile del 5 luglio 1929, egli narra: « Una costante tradizione ci dice che Giambattista Perasso nascesse nell’ora scomparsa via dell’Olivella (proprio dove nacque Colombo!) il 26 settembre 1735 da Antonio e da Maria Parodi (come, per la maternità trovò il Ferretto) e questo attestano i registri delia parrocchia di Santo Stefano ». E poco più oltre aggiunge: « Cesare Cabella.... conobbe ed ebbe come persona domestica Nicoletta Perasso maritata ad un Rollero, figlia di Antonio che fu il terzogenito di Giambattista Perasso detto Balilla. La Rollero, stata cameriera del padre del Cabella, gli donò un’attestazione scritta dal nonno paterno, oggi appartenente al Civico Museo ». Ma è da osservare che l’albero genealogico del manoscritto di Cesare Cabella offerto in dono al Municipio di Genova, e pubblicato nella Strenna 1908 a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici in Genova, pp. 136-137, fa nascere Gio. Batta Perasso quondam Antonio, detto il Balilla, a Pratolongo presso Montoggio il dì 8 aprile 1729. 11 Morando confonde dunque in una sola persona il Balilla di Portoria col Balilla di Montoggio. Fra gli articoli pubblicati nell’occasione dell’adunanza della nostra Società per la questione del Balilla, merita principalmente di essere letto quello di Spectator (prof. Vito Vitale) intitolato Realtà e simbolo, L’identità del Balilla, in 11 Giornale di Genova del 25 novembre 1927. Anche molto recentemente la stampa italiana si è occupata del Balilla. Vedasi a tal proposito Part. Conclusioni su Balilla di Amedeo Pescio nel giorn. Il Secolo XIX del 7 dicembre 1930, nonché l’art. Balilla di Aldo Valori nel Corriere della sera parimente del 7 dicembre 1930. 11 ricordo del ragazzo di Portoria venne per riflessi politici ravvivato col dare il popolare soprannome di lui ad istituzioni giovanili di carattere o di indirizzo militare. Anche nella letteratura e nella musica si ripercosse l’eco di codesto ravvivamento in produzioni poetiche e teatrali. Circa i lavori drammatici mi restringo a citare la commedia storica in quattro atti di Francesco Augusto Masnata col titolo « Che Tinse? », rappresentata nel 1929 alla Spezia, a Genova, a Torino ed a Savona. È da vedere in proposito altresì l’art. Dal sasso di Balilla alla processione del Doge G. F. Brignole (5-10 die. 1746), comparso sul giornale di Buenos-Ayres // Mattino d’Italia del mercoledì 10 dicembre 1930, anno l,n. 204. Relazione 301 Costa — Risponde che i documenti sono sincroni al fatto. Codionola — Dice che del ragazzo parlano genericamente tutti i contemporanei, ed è quindi fuori discussione; ciò che importerebbe sapere in modo sicuro è il nome e soprannome di lui. Bianchi — Cita lo scrittore Castruccio Bonamici, dal quale avrebbero preso l’Accinelli ed altri. Morqavi Gius. — Osserva che la patola inse, detta dal famoso ragazzo nello scagliare il sasso, vale incominciare e non incidere, come il Morando aveva poco prima affermato. Bensa — Nota che in quel momento il fatto importante era la rivolta, non il modo. 1 dati ci portano a ritenere che lo scagliatore era di Portoria, e tintore. Oli abitanti di questa regione si gloriano ancora di essere stati i salvatori di Oenova. Codignola — Ha fatto ricerche dalle quali risulta che il primo cenno del Perasso è del 1845, in uno scritto di Michele Giuseppe Canale pubblicato ne\YOmnibus, almanacco edito da Luigi Grillo. Dopo pochi anni, nel 1851, comparisce il nome di Balilla per opera di Giuseppe Olivieri, che ne fa menzione nella seconda edizione del suo Dizionario genovese - italiano (1). Un Bigio ottiene nel 1865 una pensione dal Municipio di Genova come discendente del Balilla. Rebora (arciprete di Montoggio) — Afferma che nessun atto di matrimonio nè di morte dei figli di Antonio, padre di Giambattista Perasso, trovasi nell’archivio di quella parrocchia (2). (1) 11 soprannome di Balilla è anteriore di almeno cinque anni al 1851. Lo si trova già in un libercolo intitolato II centenario \ 1746-1747 | (sic) Narrazione storica | Oenova I presso l’editore Gerolamo F. Garbarino ; 1846, prima nel testo a pag. 40 e poi nella nota (7) a pp. 149-150, dove è detto che il giovinetto lanciatore del sasso « chiamavasi Qio. Batt. Perasso, detto volgarmente il Bzlilla, nativo di Montogorio del villaggio di Pratolongo e che abitava in Portoria onde apprendervi l’arte dei tintori. Al Perasso venne poi dato in ricompensa del suo ardire un fondaco da vino dal Portello ». Questo libriccino fu pubblicato in occasione del Congresso degli scienziati italiani tenuto a Genova dal 14 al 29 settembre del 1846, come consta dalle seguenti parole di Mariano d’Ayala: «.... Andai poscia visitando la città da un capo all’altro, massime il quartiere della (sic) Portoria, che risponderebbe al nostro Mercato, dove si vede, in mezzo alla strada principale, una pietra bianca ed una madonna sul muro, i quali ricordi eternano la cacciata degli Austriaci nel dicembre del 1746, ora fa appunto un secolo: ed appunto perciò si è qui messo a stampa un libercolo intitolato: Il centenario 1746-1846, narrazione storica, che ha menato gran rumore » (Memorie di Mariano d’Avala e del suo tempo, 1808-1877, scritte dal figlio Michelangelo, Torino, Fratelli Bocca, 1886; p. 79). (2) 11 Rev. Rebora mi favorì una copia dell’atto di nascita di Giambattista Perasso o Perazzo, che qui riferisco. Dal registro nascite della Parrocchia di S. G. B. di Montoggio: 302 Società Ligure di Storia Patria Bensa — Ritiene che un campo di proficua ricerca sarebbe quello della matricola dei tintori al nome di Baciccia. Calvetti - Per indicazioni avute dal Lanata, il più vecchio tintore di Portoria, dal Picasso, dal Cardinale, anch’essi del sestiere di Portoria, a cui egli medesimo appartiene, sa che viene ancora ricordato un Perasso, morto a novant’anni, che si proclamava discendente del Balilla. Aggiunge che Balilla è una corruzione di Baciccia (Battista), e parla del culto e della venerazione dei Portoriani per la memoria del Balilla, il cui vero nome di Giambattista Perasso è iscritto nei registri della parrocchia di S. Stefano. Dice inoltre che il Perasso aveva ottenuto dal Governo in premio del suo atto ardimentoso un fondaco da vino (1). Volpicella — Non risulta menomamente per documenti una siffatta concessione. Cuneo — Espone quanto nell’Archivio parrocchiale di S- Stefano si conserva intorno ai Perasso (2). « Anno 1729 die Vili mensis aprilis Johannes Baptista ex Marco Antoni Peratio et Ma. Hieronima levantibus Johannes Baptista Rosatto et Bianca Ma. q. Outardi Peratio; battezzato da archipresbiter (cioè da Giuseppe Alberti di Montoggio, che fu dal 1688 al 1745 arciprete di quella parrocchia). (1) In una nota datami dal Calvetti — nella quale si ripete che Giambattista Perasso nacque l’8 aprile del 1729 in Pratolungo da Antonio Perasso e da Maria Parodi, a dieci anni fu collocato presso la tintoria Lanata, si sposò il 3 luglio 1753 in S. Giorgio con Maria Contini, morì il 30 settembre 1781 nella parrocchia di Santo Stefano — viene anche accennato ad un Erminio Perasso figlio ultimo e vivente di un Perasso che si diceva discendente del Balilla. (2) Dal Rev. Cuneo ebbi le seguenti Memorie riguardanti il Balilla estratte Dall’Archivio Parrocchiale di S. Stefano in Genova. «Dal Registro dei Battesimi del 1735, n. 732: Giov. Battista Perasso figlio di Antonio fu « Gio. Batta e di M.a Antonia coniugi, nato il 26 ottobre 1735 alle ore 9 in Vico dell’O-« livella e battezzato il 30 stesso mese. « Dal *• Registro dei decessi del 1781, pag. 25: « Il Signor Giov. Battista Perasso fu Antonio, « d’anni 45, munito di tutti i conforti religiosi, è morto il 30 Settembre 1781 in Vico Capriata « e sepolto il 2 Ottobre nella Chiesa di S. Stefano con l’associazione di 6 preti più il Parroco. « Dal Registro dei decessi dell’anno 1777, pae. 9: « Antonio Perasso fu Gio. Battista, « d’anni 73 munito di tutti i conforti religiosi, è morto il 14 Dicembre alle ore 11 antim. « in Vico Capriata e sepolto il 15 nella Chiesa di S. Camillo dei RR. Padri Crociferi con « l’associazione di 4 preti più il Parroco »• « Dai libri Parrocchiali dello Stato d’anime: 1735. « fri Vico Olivella: Antonio Perasso, Maria Antonia sua moglie, Bianca sua figlia. 1745. « In Vico Capriata-. Antonio Perazzo, Antonia moglie, Bianca, Gio. Batta, Maddalena, Anna M.a, M.a Geromina, Emanuella, M.a Giovanna figli, Giuseppe Sevorelli garzone. Relazione 303 Pescio — Crede che sarebbe opportuno fissare anzitutto il senso della voce Balilla, che significa, per sua opinione, fanciulllo e non Giambattista. Infatti nel dialetto genovese si dice un balilla, un balillin per denotare un ragazzo. Nurra — Trova interessante la assegnazione del fondaco. Non esistono veramente documenti in proposito? Lardon — Come nativo della Spezia, egli può dire qualche cosa dei discendenti del Perasso. Esiste ancora presso Sarzana una vecchia figlia o parente di Giuseppe Perasso, nato nel 1801, che si vantava di essere discendente del Balilla. Ridella — Discorre dell’importanza storica da doversi attribuire al racconto De Bello italico, libro 111, composto in classico latino da Castruccio Bonamici lucchese, e pubblicato nel 1751, cioè cinque anni dopo la sollevazione del popolo di Portoria; racconto dove il fatto è mirabilmente descritto. Osserva a tal proposito che il Padre scolopio G. B. Cereseto nel 1848 a Savona pubblicò ad uso delle scuole, insieme con le due monografie sallu-stiane, anche la Cacciata degli Austriaci da Genova del Bonamici, dove nella nota apposta al puer singulari audacia dice tra l’altro che il Balilla ebbe dal Governo un fondaco di vino a compenso dell’atto ardito e fortunato. Di questo dono del Governo qualche documento deve ben trovarsi negli Archivi della Repubblica, e sarebbe desiderabile che qualche studioso ne facesse attiva ricerca perchè la vessata questione fosse finalmente risolta. Bensa — Richiama l’attenzione su questa donazione del fondaco, ma il fatto è incerto e nebuloso. Generalmente le liberalità di tal genere sono sollecitate; bisognerebbe dunque ricercare nelle suppliche. Codionola — Ricorda che il Desimoni, il Belgrano, il Neri ed altri studiosi di vaglia non hanno trovato documenti di tal natura, per quanto li abbiano attivamente ricercati. 1746. * In Vico Capriata: Antonio M.a Perazzo, M.a Antonia moglie, Gio. Batta, Bianca, M.a Geronima, Anna M.a, M.a Madd., Emanuella, Giovanna figli. 1756. « In Vico Capriata: Antonio M.a Perazzo fu G. B. tintore, Antonia M.a, giugali; Bianca, Maddalena, Anna, Geronima, ecc. ecc. (manca il Gio. Batta) 1765. « In Vico Capriata: Antonio Perazzo fu Gio. Batta, Antonia, giugali; Maddalena, Anna, ecc. ecc. (manca il Gio. Batta). 1774. « In Vico Capriata: Antonio Perazzo fu G. B. tintore, Antonia, giugali; Gio. Batta figlio, M.a Francisca figlia. 304 Società Ligure di Storia Patria Bornate — Addita in modo speciale l’opera pubblicata alcuni anni fa nella Miscellanea di storia italiana della R. Deputazione di storia patria di Torino dal prof. Emilio Pandiani col titolo La cacciata degli Austriaci da Genova nelVanno 1746\ or bene, nessuna notizia vi si trova intorno al nostro eroe, anzi l’autore dichiara che finora è impossibile accertare che l’iniziatore della famosa sassaiuola fosse un Perasso detto Balilla. L’accertamento diventa problematico anche per il fatto che due sono i pretesi Balilla: quello di Montoggio e quello di Portoria. Marsano — S’intrattiene intorno alla età del Perasso di Portoria, computata poco più di anni dieci, mentre quella del Perasso di Montoggio è data in anni 17. Ma laddove la discendenza del primo è ignota, quella del secondo è accertata fino ai nostri giorni. Ora i discendenti dovrebbero avere qualche valore per le loro testimonianze (1)- Codionola — Interroga: come mai Luca Bigio ha potuto ottenere una ricompensa in luogo del Perasso? Volpicella — Insiste sull’identità dell’uno o dell’altro dei Perasso col primo lanciatore della pietra: cosa non affatto provata. Codignola - Asserisce che lo stesso giornale « Il Balilla » chiamava falsificazione la personalità da cui esso aveva preso il nome, fatta a scopo patriottico (2). (1) Sulla facciata di una miserabile casupola di Montoggio è apposta una lapide con la seguente epigrafe, da me trascritta in occasione di una mia gita fatta colassù il 23 giugno 1929. Questi poveri ruderi nulla hanno da invidiare ai superbi palazzi PERCHÈ QUI NACQUE l’8 aprile 1729 G. B. Perasso detto Balilla che il 5 dicembre 1746 quando Genova oppressa dallo straniero DIEDE FAVILLA ALL’IRA POPOLARE CHE FURIOSA PRORUPPE E BASTÒ A VINCERE LE BAIONETTE NEMICHE. I DISCENDENTI PER INIZIATIVA DI PAOLO PERASSO POSERO. II giornale genovese II Cittadino del 14 luglio 1927 annunziava che questa casupola era stata per volere del capo del Governo italiano dichiarata monumento nazionale. (2) Il Balilla, giornale bisettimanale scritto in italiano ed in genovese, cominciò a pubblicarsi in Genova nel 1868. Nell’aprile del 1875 uscì in questa stessa città O nèuvo Balilla (Vedi Antonio Manno, Bibliografia di Genova, pp. 459, 462). Relazione 305 Volpicella — Stima che l’unico nome o soprannome del ragazzo promotore della memoranda sassaiuola sia quello di Mangiapane, che comparisce nel poema Bellum genuense in latino maccheronico pubblicato recentemente da Umberto Villa. Come vedesi, è un nome ben diverso da quello di Balilla. Non sa tuttavia dove il Villa abbia trovato l’originale di siffatto componimento, e se questo sia veramente contemporaneo alla scacciata degli Austriaci da Genova (1). Campora — Informa che il Villa gli ha assicurato di aver rinvenuto il detto documento in casa sua. È noto che il padre di lui era antiquario. Pesce — Dubita che il documento sia conclusivo, nel senso da escludere il nome di Balilla. Morando — Ha veduto l’originale del documento èdito dal Villa, e sia per la scrittura come per tutto il contesto esso appartiene manifestamente all’epoca degli avvenimenti che narra. Può inoltre accertare che il nome ivi indicato è ben più espressivo di quello di Mangiapane, col quale è stato nella stampa sostituito per evidenti ragioni di convenienza verbale; esso è mangiam.....da (2). Volpicella — Dichiara chiusa la discussione, lieto che questa abbia oramai sufficientemente illuminata la Presidenza, per modo da metterla in grado di rispondere con cognizione di causa alle Autorità che hanno fatto al nostro Istituto l’onore di chiedergli un responso sulla questione del Balilla. Coi lumi acquistati nella su descritta adunanza il Volpicella stese la risposta per il Ministro dell’istruzione e per il Podestà di Genova, identica per entrambi salvo nei titoli spettanti alle due Autorità. Ecco qui l’esemplare indiretto al ministro. (1) Fu Umberto Villa, come vien ricordato nella lettera di Edoardo Canevello da me prodotta in nota a pag. 299, che diede in luce il poema latino Bellum genuense, con la traduzione italiana del sullodato Canevello, nell’opera intitolata Guerra di Genova contro i Tedeschi, importanti manoscritti rinvenuti il 4 marzo 1926, e compresa in una Collezione storica genovese dedicata alla « Compagna » che rimase in tronco per la morte dell’editore. (2) 1 versi che contengono il nome del lanciatore del ciottolo sono testualmente i seguenti: Annum qui numerat decimun cognomine dictus Mangiamerda fuit primus certaminis auctor. zo 306 Società Ligure di Storia Patria Genova, 10 novembre 1927. AS. E. il Ministro della Pubblica Istruzione Roma « In definitivo riscontro alla nota di V. E. del dì 26 agosto 1927 (Div. II, prot. 9529, posiz. 6 Genova) dò notizia alFE. V. che il dì 8 del corrente novembre si è tenuto in questa sede sociale un’adunanza straordinaria di soci e anche di estranei particolarmente competenti in materia storica, destinata ad esporre tutte le ragioni concernenti la figura del Balilla e a portare possibilmente alla definizione del famoso « ragazzo », sempre così designato nei racconti sincroni ; e ciò in adempimento alla richiesta, della quale V. E. ha onorato questa Società di Storia patria. « Dalla discussione durata due ore e più, è risultato che, nello stato odierno di documentazione : « a) Non v’è dubbio che la sollevazione scoppiata nella via di Portoria in Genova contro gli Austriaci, dominatori della città, nel dì 5 dicembre 1746, venne iniziata con una sassaiuola promossa da un « ragazzo »: ciò è attestato da storici e scrittori sincroni, alcuni dei quali furono testimoni di quei fatti, sulla cui veridicità non è ragionevole alcuna dubbiezza. 4 b) Che poi per novantanove anni nessuno scrisse mai chi fosse quel « ragazzo », nè quale nome egli avesse, nè altro che potesse individualmente designarlo. « c) Che assai tardi, solamente nel 1845 e negli anni seguenti, nella ricorrenza del primo centenario della scacciata degl’imperiali da Genova, la memoria del « ragazzo » venne portata alla meritata luce della gloria; glorificazione opportunissima in quegli anni di fervidissima passione italica, per tener su gli animi deglltaliani e rinvilire l’Austriaco dominatore. E allora comparvero per la prima volta il poco noto soprannome di « Balilla » e il frequentatissimo cognome di « Perasso », senza che di tali asserzioni, nè allora, nè poi, nè oggi, venisse esibita alcuna giustificazione documentale degna di fede. « d) Che, ad ogni modo, una sola documentazione ne fu tentata, circa cinquant’anni or sono, con l’esibizione di un breve scritto, che doveva parere autografico, di tal « Perasso detto Balilla », il quale dichiarava essere stato lui quegli che aveva tirato il sasso, aggiungendo che egli aveva inalberata e portata avanti in quel grave cimento la bandièra della rivolta. Lo scritto, Relazione 307 se pure fosse stato veracemente sincero ed autentico, non potrebbe aspirare alla credibilità, perchè, non richiesto, è auto-apologetico; ma già nel 1881 il giornale popolare « O Balilla » (a. XIV, n. 79, 2 Ottobre) dichiarava apocrifo il documento, inventato dai Perasso, presunti discendenti o parenti dell innominato « ragazzo ». Difatti non pare affatto settecentesca la carta su cui esso è scritto, e i caratteri in uno sforzato stampatello, quale suol giovare per gli scritti anonimi o apografi, somiglia a quello adoperato da persona che si appassionò in tali discussioni (F. Donaver, Uomini e libri; Oenova, 1888, pag. 53). « e) Che gli assertori del cognome « Perasso » da attribuirsi al « ragazzo » del 1746, inoltrandosi nel campo delle ricerche nei registri parrocchiali, pervennero all’infausto risultato di individuare due Perasso, l’uno di Pratolongo di Montoggio, paese montano del Genovese, nato il 1729 (8 aprile), l’altro di Genova, nato nel quartiere di Portoria il 1735 (26 ottobre), cosicché ancor oggi i partigiani della tesi « Perasso » sono in disaccordo tra loro. «/) Che l'anno scorso 1926 il testé defunto signor Umberto Villa, noto pubblicista e divulgatore di storia genovese, pubblicò integralmente un poemetto in latino maccheronico composto da un prete sconosciuto, testimone di quella rivolta di Genova, poemetto di cui già uno studioso aveva veduto e pubblicato un frammento nel 1883 e che ora il Villa aveva casualmente rinvenuto, integro, nel fondo di una sua cassa. In quello scritto è menzionato il ragazzo lanciatore del primo sasso come decenne e distinto con un nomignolo, che il pubblicatore ha stampato per « Mangiapane », ma che coloro che hanno avuto la ventura di vedere il manoscritto assicurano, come hanno assicurato ora nella pubblica discussione dell’8 novembre, essere invece, nella seconda parte del nome, così sudicio che, per farlo intendere, conviene alludere all’invettiva attribuita al generale Cambronne. II manoscritto però è sempre in potere degli eredi del signor Villa, non è quindi di pubblica ragione e liberamente esaminabile. Tuttavia, se esso è, come parrebbe, autentico, bisogna pur riconoscere che ormai l’unico nome o nomignolo del ragazzo » comparso in un atto anteriore al centenario del fatto, anzi sincrono o quasi, è in questo documento letterario. <( 2) Che ricerche oculate e diligentissime, esperite nell’Archivio di Stato di Oenova da noti studiosi, quali Desimoni, Belgrano, Staglieno, Neri, Pandiani, scovarono i nomi degli altri attori dell’insurrezione genovese del 1746, ma non s’imbattettero mai nel nome ricercato di « Balilla » o di « Perasso ». « Epperò la Presidenza ne ha dedotte queste ultime conclusioni, sempre allo stato odierno della documentazióne: 308 Società Ligure di Storia Patria « 1. —Che il fatto di avere un ragazzo lanciato il primo sasso contro i soldati stranieri, provocando la sollevazione che rese libera la città di Genova, deve ritenersi storicamente accertato. « 2. — Che di questo « ragazzo » non fu per cento anni mai scritto il nome, nè dato alcuna notizia biografica, fuorché quel nomignolo spregiato, ricordato dal prete, autore del cennato poemetto maccheronico, appurato appena qualche anno fa. « 3. — Che le attribuzioni post-centennali del soprannome di « Balilla » o del cognome « Perasso », sia questo di Montoggio o di Portoria, non hanno la minima giustificazione documentale. « 4. — Che il succennato nomignolo ricordato dal poeta maccheronico, se può, dopo tolta ogni dubbiezza sulla autenticità dell’atto, restare acquisito alla cognizione storica, non potrebbe mai per la sua sconcezza, venire adoperato per designare l’eroico « ragazzo » del 1746. « 5. — Che, poiché il nome di « Balilla » è oramai già popolare ed è anzi gloriosamente esteso a tutta l’adolescenza italiana, e poiché questo nome nell’anno 1848 divenne oggetto, in odio all’Austria imperante, di solenni commemorazioni nazionali non solo in Genova, ma pur anche in Firenze e in Torino, dove il Metternich fece le sue rimostranze, conviene oramai che questo nome, già penetrato baldamente nella storia del nostro Risorgimento, resti, non già per verace soprannome del ragazzo di Portoria, ma quale parola destinata a designare il piccolo eroe, che non si saprebbe altrimenti come mentovare, considerandolo l’innominato, lo sconosciuto, il Milite Ignoto della Giovinezza d’Italia ». La questione del Balilla diede materia più volte, in anni precedenti al 1927, a disamine, discussioni, dibattiti in seno a Commissioni nominate espressamente per definirla e risolverla. A complemento della relazione che ho fatta nelle pagine precedenti sopra le cose discorse neH’Assemblea del-l’8 novembre 1927, voglio qui recare alcune scritture da me copiate dalle carte del Civico Museo e Archivio del Risorgimento col permesso del prof. Arturo Codignola, conservatore di esso Museo ed Archivio, talune delle quali da lui medesimo cortesemente indicatemi, e riguardanti in grandissima parte l’opera di una delle su accennate Commissioni. Dal registro dell’Archivio civico, pratica « Centenario del Balilla 1881 », scat. 16, fasc. 9. Riguarda la commemorazione della morte del Balilla, 1° centenario 30 settembre 1881; deliberazione in data 1° aprile 1881. « L’Assessore Anziano dice che gli consta che per parte di alcuni cittadini s’intende di concertare qualche atto per commemorare l’anniversario Relazione 309 della morte del Balilla, che cade il 30 settembre 1881; soggiunge sembrargli cosa conveniente che PAmministrazione Civica non solo non rimanga estranea a tali atti, ma ne assumala direzione;propone quindi di eleggere all’uopo, una speciale Commissione composta di membri del Consiglio Comunale e di rappresentanti di qualche sodalizio cittadino, sotto la presidenza del Sindaco; « Udita questa esposizione: « La Giunta, ritenuta la convenienza di adottare la proposta di cui sopra, delibera d’eleggere una Commissione sotto la presidenza del Sig. Assessore Anziano, composta dei Sigg. March. Gio. Maria Cambiaso e Francesco Rolla Consiglieri Comunali, Pietro Piccarolo Presidente delle Associazioni operaie, e Prof. Giuseppe Oberti Presidente della Società ginnasticaligure Cristoforo Colombo, coll’incarico di concertare qualche atto per commemorare l’anniversario della morte del Balilla ». (Questa è la prima deliberazione che comparisce nel registro). Dopo questa deliberazione il registro contiene. X. Copia di lettera in data ô aprile 1881 al Rev. G. B. Pedemonte, curato di Santo Stefano (Genova), autore di un « lavoro di controversia storica» sui natali del Balilla. Lo si prega affinchè «alle diligenti ricerche fatte sul luogo di nascita, l’abitazione e i rapporti di famiglia del Balilla » voglia aggiungere quella di rintracciare, se possibile, il sito ove riposano le di lui ossa ». 2. Copia di lettera in data 6 aprile 1881 al Sindaco di Montoggio. Si domandano notizie dello stato civile del Balilla e famiglia (fede di nascita di Gio. Batta Perasso, atto di matrimonio dei genitori, di nascita della presunta di lui sorella Maria Perasso, ecc.). Trattasi di Gio. Batta Perasso di Marco Antonio, nato, secondo si dice, P8 aprile 1729. 3. Cop. di lettera al prof. L. T. Belgrano, all’avv. Cornelio Desimoni, ad Anton Giulio Barrili del seguente tenore: « lll.mo Signore, a nome di una speciale Commissione che ho l’onore di presiedere, avente il mandato di commemorare il prossimo centenario della morte di Gio. Batta Perasso detto il Balilla, mi rivolgo alla S. V. 111.ma tanto versata nella cognizione delle memorie patrie, affinchè abbia la cortesia di volermi fornire tutti quei dati principali che sono a sua notizia sul luogo preciso della nascita e sulla vita di questo eroe popolare. L’assessore anziano (firmato Pizzorno) ». Tralascio di seguire l’ordine nel quale si succedono i documenti, e trascrivo o noto quelle cose che possono interessare la discussione sociale su riportata. La Giunta Municipale, in data 23 settembre 1881, permette il collocamento di una lapide commemorativa del Balilla nella casa distinta col n. 3 nel Vico Capriata di proprietà del Sig. Nicolò Lanata, collocamento chiesto e fatto, credo, a spese della Società di mutuo soccorso Pensiero Ligure fra 310 Società Ligure di Storia Patria gli amici di Portoria. Segue un’attestazione del curato Pedemonte Oio. Batta così concepita: « Parrocchia di S. Stefano in Genova. « Il sottoscritto, altro dei membri della Commissione per le onoranze al Balilla, fa fede ed attesta risultare dai libri parrocchiali di S. Stefano in Oenova che Giambattista Perasso fu Antonio è deceduto nel Vico Capriata ai 30 di settembre 1781. Parimente dalle indagini e studi fatti accuratamente in proposito può asserire con tutta asseveranza risultargli in modo positivo che la casa che dal 1745 sino ai primi anni del corrente secolo venne abitata dai Perasso, cioè dal padre Antonio, dal figlio Giambattista e dal figlio di di questo chiamato Antonio, è quella attualmente segnata col n. 3 « In fede, Genova dalla Parr. di S. Stefano. « Addì 23 Settembre 1881. P. Pedemonte Gio. Batta. » Commissione istituita dalla Giunta Municipale il 1" aprile 1881 per commemorare il centenario della morte del Balilla 30 settembre 1881. Processi verbali. La Commissione era composta, come ho già detto, dei Signori cav. Edoardo Pizzorni, Assessore anziano, Presidente, march. Gio. Maria Cambiaso (poi dimissionario essendosi allontanato da Genova) e cav. Francesco Rolla consiglieri comunali, prof Giuseppe Oberti, presidente della Società ginnastica ligure « Cristoforo Colombo » e Pietro Piccarolo presidente delle Associazioni operaie, coll’assistenza del segretario assunto Ang- Boscassi. La prima adunanza di essa Commissione fu quella del 5 aprile 1881. Per notizie storiche la Commissione deliberava nella suddetta prima adunanza di rivolgersi al prof. L. T. Belgrano, all’avv. Cornelio Desimoni e ad Anton Giulio Barrili, non che al prete G. B. Pedemonte curato di Santo Stefano. La seconda adunanza ebbe luogo il 5 luglio 1881 presenti Rolla, Oberti, Piccarolo, Pedemonte, Desimoni, Boscassi segr., assenti Cambiaso, Belgrano, Barrili quantunque invitati; presiedeva l’assessore anziano Pizzorni. « Il Presidente comunica: 1° un’accurata Relazione del Rev. G. B. Pedemonte intorno alla controversia sul luogo di nascita del Balilla; 2° una lettera in data 3 maggio p. p. del Sindaco di Montoggio colla quale trasmette, secondo la richiesta, gli atti di nascita di G. B. Perasso di Marc’Antonio Relazione 311 (8 aprile 1729), di Maria Maddalena e Maria Caterina sorelle a detto 0. B., ed una breve memoria dell’arciprete di Montoggio da cui risulta non essersi potuto rinvenire l’atto di matrimonio dei genitori del citato Q. B. Perasso. «L’Avv. Desimoni riferisce che tutte le ricerche da lui praticate nell’ Archivio di Stato per rinvenire qualche notizia sul Balilla riuscirono vane: vi ha chi lo pretende nativo di Montoggio e vi ha chi lo asserisce genovese. Mentre sulla esistenza del fatto da esso compiuto nessuno muove dei dubbi, vi è discrepanza di pareri circa la persona: occorre dunque portarvi sopra un maturo esame: ove manca il sussidio della storia conviene appigliarsi alla tradizione. Il suo amico Prof. Belgrano avrebbe preso impegno d’interrogare certo Becchi ora abitante in Sampierdarena, fratello di altro Becchi, già tintore nel Vico dritto, dal quale ebbe ad udire qualche volta che un suo avo, morto di 90 anni, raccontava che il Perasso (Balilla) apparteneva alla tintoria omonima posta in vicinanza della piazza dell’ospedale in Portoria. Il suo amico March. Marcello Staglieno, tanto benemerito per istudii e ricerche intorno a memorie patrie, potrebbe con vantaggio della Commissione essere interpellato al riguardo.....». Su proposta del presidente, si delibera di nominare una Sottocommissione incaricata di risolvere la questione dei due Balilla e composta del Rev. Pedemonte, delPavv. Desimoni, del prof. Belgrano, del comm. A. G. Barrili, con facoltà di aggregarsi il sig. march. Marcello Staglieno. Terza adunanza, che ha luogo il 21 luglio 1881 sotto la presidenza dell assessore cav. Gaetano Repetto appositamente delegato dal sig. assessore anziano assente, presenti il consigl. Rolla, il prof. Oberti, il sig. Piccai olo, il lev. Pedemonte, 1 avv- Desimoni, il prof Belgrano ed il march. Marcello Staglieno. Sono assenti il cons. march. G. M. Cambiaso e il commendatore A. G. Barrili. « Il prof. Belgrano dice che non ha trovato documenti per provare la identità personale del Balilla, salvo che rinvenne nel Dizionario genovese-italiano dell’Olivieri alla pag. 239 all’art. insù « Che Finse? » le parole: «Il Balilla il giorno 5 dicembre nell’anno 1746____Questo Balilla, il cui vero nome è Giovanni Battista Perasso giovinetto allora d’anni 14 {sic), nacque in Montoggio nel villaggio detto Pratolongo, abitava nel quartiere di Portoria, ove apprendeva l’arte dei tintori. Ebbe dalla Repubblica un fondaco da vino presso al Portello in ricompensa del suo ardire ». E in nota aggiunge: « 11 compilatore di questo Dizionario fu il primo a chiarire chi fosse l’intrepido giovinetto che pronunziò l’immortale parola ». Soggiunge che ha con- 312 Società Ligure di Storia Patria sultato l’abate Olivieri, il quale gli disse aver avute dette indicazioni da un prete Minaglia ora defunto. Il Orillo ha accennato il fatto storico ripetendo le asserzioni dell’Olivieri. Egli ha trovato cionullameno nei verbali del Consiglio Comunale a stampa dell’anno 1865 a pp. 242-43, seduta 14 giugno: « Cabella dice che vive in Oenova Francesca Perasso in Rollero, discendente da Q. B. Perasso detto il Balilla; è in età avanzata con due figlie, e vive nella miseria. Propone le sia assegnato un sussidio, che il Consiglio delibera in L. 500. Richiesto da qualche consigliere se la discendenza della Perasso dal Balilla sia provata, Cabella risponde che questa fu già riconosciuta nel 1847 da una Commissione di cui esso faceva parte al tempo della gran festa del 10 dicembre. Il pagamento del sussidio alla Perasso votato, rimane vincolato alla condizione che non venga corrisposto se prima la Giunta non si sarà accertata della sua discendenza dal Balilla ». Esistendo nell’Archivio comunale gli atti dei Magistrati o Provveditori del vino, ha pregato l’avv. Federici addetto al medesimo di far ricerche per rinvenire possibilmente qualche traccia della concessione fatta dal Governo al Perasso, ma ogni indagine sgraziatamente riuscì vana. Resterebbero ancora a riscontrarsi gli atti della Giunta per vedere se il sussidio votato dal Consiglio Comunale fu pagato, e nel caso affermativo quali furono le prove in forza delle quali venne accertata la discendenza della Francesca Perasso Rollero dal Balilla. « L’avv. Desimoni dice che del G. B. Perasso di Marcantonio di Montoggio non si conosce che il solo atto di nascita, mentre del G. B. Perasso di Antonio nato in Genova si hanno notizie più diffuse, esistendo dello stesso gli atti di nascita, di matrimonio e di morte. Fra i due egli propenderebbe a ritenere il secondo, come quello di cui sono più note e certe le circostanze della vita. Tuttavia resterebbe sempre a determinare se tale Perasso sia proprio colui designato pel Balilla. Ritiene poi improbabile di poter rinvenire le spoglie mortali del Balilla in S'°. Stefano, perchè non fu mai accennata da alcuno che vi fosse una lapide che ne distinguesse la sepoltura. Ad ogni modo consulterà il manoscritto del Piaggio, contenente le lapidi esistenti in Genova a tutto il secolo passato, per vedere se vi risultasse quella del citato Perasso- « 11 prof. Belgrano accenna ad un’altra tradizione secondo la quale il Perasso morì di ferita di coltello all’ospedale di Livorno: a questo proposito crederebbe conveniente che il Municipio scrivesse al Sindaco di quella città perchè ordinasse ricerche negli Archivii di quell’ospedale. « Il signor march. Staglieno cita diversi autori che scrissero della sommossa del 1746 senza che abbiano nominato il G. B. Perasso; chi comincia a parlarne è l’Olivieri. Anteriormente al 1846 correvano altre tradizioni; cita Relazione 313 l’esempio d’una lettera del canonico Spigno al prete Olivieri, nella quale vien nominato un certo Vaccari che pretendeva il Balilla fosse suo ascendente. Dice di avere spogliato i documenti sincroni che esistono nell’Archi-vio di Stato: le domande di varii popolani tendenti ad ottenere dal Governo dei compensi per aver preso parte alla sommossa del 1746, uno dei quali si qualifica come promotore della sollevazione: ha esaminate eziandio le relazioni di due inchieste fattesi in quell’epoca, senza trovarvi il nome di G. B. Perasso. Conchiude essere tuttora dubbioso se il Perasso debba credersi il Balilla ». La Commissione delibera di udire il Becchi ed altri popolani di Portoria, perchè depongano ciò che è a loro conoscenza circa il Balilla. Quarta seduta della Commissione (26 luglio 1881). Presenti: il Presid. cav. uff. Edoardo Pizzorni assessore anziano, cav. Gaetano Repetto assessore municipale, cons. Rolla, prof. Oberti, rev. Pedemonte, prof. Belgrano, signor Becchi, e varj abitanti anziani di Portoria. « 11 sig. Becchi, dietro invito del Presidente, riferisce di aver ascoltato più volte da suo avo Emanuele Becchi, nato nel 1763 nella località delle Fucine e che nel 1847 viveva ancora, « di aver esso conosciuto il Balilla, il quale era di Genova, di professione tintore nella tintoria Perasso nella piazzetta della Croce ». Gli altri popolani assicurano essere il Balilla del casato Perasso oriundo di Montoggio. Questi ultimi quindi e il sig. Becchi si ritirano dalla sala. « L’assessore anziano, ricordato il cenno del prof. Belgrano intorno al sussidio di L. 500 votato dal Consiglio Comunale nel 1865 a favore di una discendente del Balilla, presenta gli atti della Commissione istituita dalla Giunta il 17 agosto di quell’anno allo scopo di verificare se Francesca Perasso in Rollero fosse, come asseriva, discendente dal Balilla, e dice che la Commissione nella sua relazione presentata alla Giunta il 18 novembre 1865 così conchiudeva: 1. Che il giovinetto il quale il 5 dicembre 1746 scagliava in Portoria il primo sasso contro gli Austriaci era soprannominato Balilla, portava il nome di G. B. e il cognome di Perasso, era figlio di Marcantonio e nasceva in Pratolongo, parrocchia di Montoggio, il dì 8 aprile 1729. 2. Che Francesca, figlia di Antonio Perasso e di Angela Boccardo, nata in Genova, parrocchia di Santo Stefano, il 12 dicembre 1795, è nipote ex figlio del G. B. Perasso denominato Balilla. Soggiunge che a fronte di tali conclusioni il solennizzare l’anno della morte del Perasso di Genova, mentre 15 anni or sono veniva dichiarato in modo così esplicito che il 314 Società Ligure di Storia Patria Balilla era il Perasso di Montoggio, farebbe senso meno favorevole sull’operato dell’Ammin. civica. — Rilevandosi da taluno dei congregati che il G. B. Perasso di Marcantonio di Montoggio, citato quale stipite della famiglia omonima, venne nella relazione del 1865 erroneamente scambiato con quello di Genova, poiché del primo non esiste altra traccia all’infuori dell’atto di nascita, mentre del G. B Perasso di Antonio genovese si hanno le notizie di tutta la vita, la Commissione delibera di invitare i signori componenti la Commissione del 1865 ad intervenire in seduta venerdì prossimo a mezzogiorno allo scopo di udirne l’autorevole parere e chiarire la differenza delle opinioni ». Quinta seduta (29 luglio 1881). Presenti : Presid. Pizzorni, Rolla, Oberti, Piccarolo, rev. Pedemonte, Desimoni, Belgrano e i sig.ri comm. Angelo Merello e Onor. Bonaventura Mazzarella deputato al Parlamento. Il comm. Merello dà lettura della relazione della Commissione creata dalla Giunta il 17 agosto 1865 per verificare se Francesca Perasso in Rollero fosse, come asseriva, discendente dal G. B. Perasso detto il Balilla: e corrobora le conclusioni della stessa Commissione colle seguenti particolari osservazioni: « 1. Si hanno due G. B. Perasso di Antonio: l’uno nacque in Montoggio il dì 8 aprile 1729 ed è designato per G. B. di Marcant’Antonio e di Maria Geronima; l’altro nacque in Genova, parrocchia di S. Stefano, il 26 ottobre 1735 ed è designato per G- B. di Antonio e di Maria Antonia. 11 Perasso nativo di Montoggio era in età di anni 17, mesi 7, giorni 27 allorquando il 5 dicembre 1746 fu lanciato contro gli Alemanni il sasso onde cominciò la sommossa di Genova. Il Perasso nativo di Genova avrebbe avuto invece in quel tempo l’età di anni 11, mesi 1, giorni 10. Non è dunque presumibile che lo scagliatore del sasso sia stato questo fanciullino e non piuttosto il primo giovinetto. « 2. 11 3 luglio 1753, nella parrocchia di S. Giorgio in Genova, G. B. Perasso di Antonio della parrocchia di S.t0 Stefano contrasse matrimonio con Maria Francesca Contini fu Giuseppe della parrocchia S. Giorgio. Se il marito era il nato in Montoggio avrebbe avuto nel giorno del suo matrimonio anni 24, mesi 2, giorni 25 : se era il nato in Genova avrebbe avuto anni 17, mesi 8, giorni 8. È dunque più probabile che il marito della Contini sia nato in Montoggio. « 3. Nella parrocchia di S.t0 Stefano in Genova, il 30 settembre 1781 è morto un G. B. Perasso fu Antonio in età di anni 45. Il nativo di Montoggio, il 30 settembre 1781 avrebbe avuto anni 52, mesi 5, giorni 24; il nativo di Genova avrebbe avuto anni 45, mesi 11, giorni 24. Dunque il G. B. Perasso Relazione 315 che morì in Oenova il 30 settembre 1781 non è il nativo di Montoggio, ma il nativo di Genova, cioè quello che per la sua troppo tenera età d anni 11 non è presumibile che abbia tirato il sasso contro i soldati tedeschi. Egli dichiara quindi di attenersi alle conclusioni emesse nella relazione del 1865: e se venisse opposto non conoscersi l’anno della morte del Perasso di Montoggio, egli risponderebbe doversene forse far ricerche, secondo la tradizione, a Livorno. « 11 prof. Belgrano dichiara di non poter accettare questa conclusione, riferendosi appunto all’albero genealogico della famiglia Perasso formato dalla Commissione del 1865 nel quale è indicato un Domenico figlio del G. B. Perasso morto in Livorno per vendetta. Il comm. Merello, constatato il fatto, rettifica l’ultima parte delle sue conclusioni. « 11 sig. cons. Rolla dice che dall’esame di tutti gli atti ebbe a riconoscere che il G. B. Perasso di Montoggio, di cui non è noto che la sola nascita, è indicato nella fede rilasciata dal parroco, quale figlio di Marc’An-tonio; mentre quello di Genova è figlio di Antonio, e tale è sempre designato in tutti gli atti a lui relativi, cioè di matrimonio con Maria Francesca Contini avvenuto nella parrocchia di S. Giorgio il 3 luglio 1753, e in tutti quelli di nascita dei di lui figli, e in quello della di lui morte avvenuta nella parrocchia di S.'° Stefano il 30 settembre 1781. A fronte di questi risultati, egli conclude che la Commissione del 1865 ha scambiato il Perasso di Genova con quello di Montoggio allorquando citò questo come il Balilla ammogliato colla Contini e morto quindi in Genova. E queste considerazioni lo inducono a sostenere la sua opinione, che il Balilla è realmente il G. B. Perasso di Antonio nato in Genova e non il G. B. Perasso di Marc’Antonio di Montoggio. « L’avv. Desimoni aggiunge che nei registri del censimento parrocchiale di S.tu Stefano non figura che una famiglia il cui capo è costantemente citato col nome di Antonio: se fosse esistito il Marc’Antonio dovrebbe risultare nei registri medesimi. Non omette però di dichiarare che la famiglia citata possa essere probabilmente originaria di Montoggio, perchè in detti registri comincia ad esservi menzionata nel 1730 o in quel torno. Del resto ammira l’acutezza delle considerazioni del comm. Merello, ma non le ritiene ammissibili in faccia alle risultanze dell’albero genealogico formato dalla stessa Commissione del 1865. « L’onorevole Deputato Mazzarella ricorda che la Commissione del 1865 si trovò a fronte del dubbio sulla persona designata pel Balilla, e in allora egli emise sul dubbio il suo giudizio. In oggi, dopo l’esame di tutti gli atti raccolti con tanta diligenza dal Rev. Pedemonte, e da quanto 316 Società Ligure di Storia Patria ebbe ad illuminarsi dalla discussione fattasi in seno a questa Commissione, gli cessò ogni dubbio e volentieri riforma il giudizio dato nel 1865 dichiarando ritenere il Q. B. Perasso di Genova pel coraggioso giovinetto che slanciò il sasso contro i tedeschi nel 1746. Si potrà da taluno opporre tutt’al più trattarsi d’un ragazzo di 11 anni: ma oltrecchè questo argomento non distrugge la storia, vale invece a mettere nella sua vera luce l’atto altamente commendevole di un nostro giovinetto che ha saputo scaraventare un sasso contro chi opprimeva la sua patria. « 11 comm. Merello dichiara rimanergli tuttavia il dubbio sulla persona di uno dei due Perasso : e per le ragioni da lui già addotte propende ad ammettere fra i due, di preferenza, quello di Montoggio — 11 cons. Rolla dà lettura di una lettera direttagli dal sig. Francesco Bregaro, altro di coloro che furono invitati a presentarsi alla Commissione per deporre quanto gli fosse noto della tradizione circa il Balilla. La Commissione, sulla proposta del cons. Rolla, manda allegarsi la lettera di cui sopra al presente processo verbale- « Il sig. avv. Desimoni espone che se ebbe in principio ad esprimere dei dubbii, oggimai dopo tante testimonianze e discussioni sulla persona del Balilla, egli è indotto a riconoscerlo nel G. B. Perasso di Antonio nato in Genova, e conchiude potersi stabilire la quasi certezza che il fatto di Portoria è da attribuirsi a questo e non a quello di Montoggio. « Sulla proposta del cons. Rolla, la Commissione delibera la stampa del lavoro biografico scritto sul Balilla dal Rev. G. B. Pedemonte. « L’Assessore anziano riassume le varie discussioni intervenute e conchiude che, coll’autorevole dichiarazione dell’onor. Mazzarella di recedere dal giudizio emesso nel 1865, non sostenendo d’altra parte il comm. Merello un’opinione certa, la Commissione basata inoltre sui risultati degli studi e ricerche di uno dei suoi membri, il Rev. Pedemonte, è abbastanza illuminata per ritenere in oggi rimosso ogni dubbio sulla designazione della persona del Balilla, e sta quindi ferma nel commemorare il centenario della morte del G. B. Perasso di Antonio nato in Genova. « Dopo ciò il Presidente ha sciolto la radunanza a un’ora e mezzo pomeridiana. « Il Segretario Angelo Boscassi Il Presidente PlZZORNI Relazione 317 Seguono i verbali di altre due adunanze tenute l’una il 9 agosto e l’altra il 10 settembre 1881, ma essi riguardano festeggiamenti, spese, ecc. Non vi intervengono più gli intellettuali (Desimoni, Belgrano, Staglieno). Nel secondo di essi verbali leggesi: « 11 Vicepresidente partecipa che l’opuscolo contenente i cenni biografici del Balilla, di cui saranno stampate 1000 copie, col consenso del Reverendo Pedemonte uscirà alla luce senza il nome del suo autore e come lavoro della Commissione......». In ultimo si ha un riassunto degli Atti della Commissione creata dalla Giunta Municipale il 1° aprile 1881 per commemorare il primo centenario dalla morte del Balilla 30 settembre 1881. Seguono molte copie di giornali del tempo, il manoscritto presentato dal Presidente, l’opuscolo stampato dal Vallebona, ecc. Può avere qualche interesse anche la seguente lettera scritta a Giovanni Ruffini da un innominato che io non saprei identificare. Genova, 23 aprile 1862. <(.....E prima di tutto mi sbrigo del Balilla, di questo innocente ladro di una fama che mai non ebbe prima del 1847, e che solo la debbe alla coincidenza del primo esordio del risorgimento italiano accaduto appunto nella celebrazione in patria del primo secolare anniversario della celebre cacciata degli Austriaci da Genova. Costui era una specie di quelli gallants ont-laws in erba, che descrive sì bene W. Scott nell’Ivanhoe. Era un monello in sui 14 anni, allievo tintore, rissoso, accattabrighe, violento, manu-pronlo, un buletto, un malèmo come dicesi in portoriano e nulla più. Le circostanze e un suo compaesano, il P. Giuseppe Olivieri bibliotecario della città, mio amico, da cui tengo queste notizie e che di lui fa espressa menzione nel suo Dizionario Genovese-Italiano al vocabolo « che Vinse, vollero farne un eroe.........Costui dalla Rep. ebbe in seguito, per premio d’essere stato il primo o uno de’ più avventati iniziatori del tafferuglio del 5 dicembre [l'affare del mortajo], il privilegio d’un fondaco da vino, monopolio allora del Governo, ma, violento com’era per natura, per una coltellata data, fuggì dalla città, riparò a Livorno, dove morì, nè di lui più si intese verbo, fino a che nel 1846 fu risuscitata la sua memoria dall’Olivieri e dietro a lui da moderni menestrelli. Ei nomavasi Giovanni Battista Perasso e nacque a Montoggio nel quartiere di Pratolongo. Queste notizie biografiche le narrò l’istesso Balilla ad un prete Gio. Batta Minaglia, suo coetaneo e conter- 318 Società Ligure di Storia Patria raneo, vissuto molti anni, il quale nell’estrema sua vecchiezza le raccontava al P.te Olivieri che me le riferì e in parte divulgò. E posciachè stiamo in sulle tradizioni, io ti so dire, io che nacqui in sullo scorcio del secolo scorso, d’aver udito, saran circa 40 anni, il Nestore de’ preti del suo tempo sur-nomato P.te Zarào, allora parroco a Lorsica, a riferirmi alcune particolarità del glorioso fatto. Narrava essere stato in quel tempo a studio in Oenova, e, giovanetto, spettatore dello affondarsi del mortajo, del colpo menato dal caporale tedesco su d'un calzolajo, che lì sul limitare della sua bottega stava malvoglioso osservando il vano affaticarsi de’ lanzi e ricalcitrante all’invito d’ajuto, il quale ripostò lanciando al tedesco una forma da scarpe; quindi la scintilla che appiccò l’incendio. Non mi ricorda rammentasse il Balilla nè del famoso che Vinse........Ma basti del Balilla, che per antonomasia derisoria del Battista, in buon genovese suona perdigiorno, e veniamo alle memorie autentiche e rilevanti ». FINANZE SOCIALI JÏ jt Non voglio omettere un breve resoconto dello stato finanziario della Società dal 1918 al 1929, specchio fedele del progressivo e consolante sviluppo della vita del nostro Istituto non meno che del savio e oculato governo di coloro che ne diressero la gestione in quel periodo di tempo, ed in modo speciale del tesoriere ed ora anche vicepresidente march. Paolo Alerame Spinola. Basterà, credo, che io riproduca qui appresso le due relazioni dei Revisori dei conti rispettivamente spettanti agli anni su indicati. RELAZIONE DEI REVISORI DEI CONTI PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO DEL 1918 « Onorevoli Colleghi, « Quali Revisori dei conti abbiamo verificato il resoconto dello scorso esercizio 1918 con la scorta delle scritture elementari, comprendenti le cifre riassunte nel resoconto stesso, che abbiamo trovato perfettamente regolari. « Nello esercizio scorso le rendite superarono quelle dell’ esercizio 1917 dl............. 1.115,33 mentre le spese furono inferiori di.....» 528 71 per il che l’avanzo economico dell’anno 1918 fu superiore di » 1.644,04 a Quello del precedente esercizio che fu di sole . . . » 188 78 essendo così risultato per l’anno 1918 l’avanzo di » 1.832,82 « L aumento dell’utile netto verificatosi nello scorso esercizio dipende in special modo dal maggior incremento delle entrate e più particolarmente - 320 Società Ligure di Storia Patria dalla esazione di assegni ricevuti dal Governo a saldo del 1917 e dalle economie dipendenti da minore spesa occorsa per la stampa degli Atti. « Nel resoconto in esame, oltre alPesereizio economico propriamente detto, comprendente le rendite e le spese, sono poste in evidenza le sopravvenienze attive derivanti da nuove valutazioni assegnate ai mobili ed ai volumi appartenenti alla Società a seguito di un accurato inventario e ad una più razionale valutazione delle suddette attività. « Dette sopravvenienze attive depurate da una sopravvenienza passiva di L. 350, differenza fra la somma stanziata e quella realmente pagata pel saldo di una partita rimasta in sospeso negli anni precedenti, come risulta dal resoconto in esame ammontano a.....L. 27.076,02 alla quali aggiunto l’avanzo economico, che come sopra si è detto ammonta a............* 1.832,82 si hanno 28.908,84 da portarsi in aumento del patrimonio sociale, che al 31 dicembre 1917 era di ........» 22.889,16 ner il che al 31 dicembre u. s- ammontava a ... » 51.798 — « Nel proporre alla Vostra approvazione il bilancio come sopra riassunto, ci sia permesso formulare il voto che, raggiunta con la vittoria della giustizia l’unità d’Italia, stenda ora la Pace gloriosamente conquistata le sue ali sul mondo a fecondarne le vigili energie, a suscitarne le nobili iniziative, sicché esso possa rinnovarsi, ispirato da austeri e fraterni ideali di vita. « I Revisori M. Bruzzone R. Massone O. L. Lercari « Genova, 28 giugno 1919. RELAZIONE DEI REVISORI DEI CONTI PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO DEL 1929 « Egregi Consoci, 4 Dalla Vostra designazione onorati dell’ufficio di Revisori dei conti della Società Ligure di Storia Patria, per l’esercizio 1929, assolviamo volentieri il gradito compito, esprimendovi tutto il nostro compiacimento per gli Relazione 321 esatti criterj che hanno presieduto all’amministrazione del patrimonio sociale e per i lusinghieri risultati economici che se ne sono ottenuti. « Un confortante incremento si è infatti verificato nello stato patrimoniale, in cui pressoché tutte le voci segnano un aumento, in confronto con le risultanze dell’anno precedente. « Così la nostra Società va irrobustendo, con costante ritmo, di anno in anno, la sua struttura economica, e dimostra, anche una volta, che gli studj severi delle patrie memorie ed il culto delle geste gloriose che hanno resa grande e prospera la Patria non vanno disgiunti da quella oculata esperienza in materia amministrativa che è uno dei vanti della ligure gente. « Del resto, le cifre hanno una loro persuasiva eloquenza che vince ogni verbale espressione; ad esse noi lasciamo volentieri il compito di dirvi, con marmorea chiarezza, il cammino percorso ed i risultati ottenuti. « Il conto economico dell’esercizio 1929 presenta un avanzo di..........L. 16.809,23 somma che portata in aumento del patrimonio che al 31 - 12 - 1928 era di........« 159.276,11 fa ascendere a.........« 176.085,34 il patrimonio sociale al 31 dicembre 1929. « Sottoponendo alla Vostra approvazione il rendiconto dell’esercizio 1929 nei risultati che Vi abbiamo sopra esposti, compiamo il dovere di tributare il nostro modesto ma convinto plauso all’Onorevole Consiglio di Amministrazione, la cui sapiente attività sa ad un tempo arricchire il patrimonio culturale della nostra Società ed il suo patrimonio economico. « 1 Revisori dei conti G. L. Lercari M. Bruzzone P. Bertelli « Genova, 20 Giugno 1930. j* j* jt Zi MOVIMENTO DEI SOCI DAL 16 MARZO 1929 AL 31 GENNAIO 1931 E VARIAZIONI NELLE CARICHE SOCIALI Illllillllillllllllllillllillllllllli.llllillllllllli,llll,llllllllliillll.llllllllli.llll.llllllliillllll.illllîlillillll.lllllllllhflll.llllllllli,Illi,llllllllll,Illi,llllllllh,Illi,llllllllh,Illi,il|||||||h||||,l|||| llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll Defunti. Barattieri di San Pietro conte Dionigi. Bocconi nob. Luigi. Bruzzone grand'uff. Emilio. Cucchiari avv. cav. Pier Francesco. Gambaro chimico farm. Francesco. Lanza avv. Francesco. Marengo avv. cav. uff. Emilio. Massa comm. Nicolò. Staffetti conte prof. comm. Luigi. (m. 3 febbraio 1930) (m. 18 settembre 1929) (m. 9 maggio 1929) (m. 19 novembre 1929) (m. 8 marzo 1930) (m. aprile 1930) (m. 8 febbraio 1930) (iti. 23 novembre 1930) (m. 29 agosto 1929) 326 Società Ligure di Storia Patria ___ Dimissionari. Bassani rag. Eugenio. Berrone grand’uff. Ippolito. Bianco dei conti di S. Secondo nob. cav. Federico. Bodoano Angelo. Cappa avv. Giuseppe. Copello dott. Gerolamo. Cortese Pippo. Crespi Benigno. Dell’Amico Antonio. Donghi nob. Gian Carlo. Ferrari dott. Pietro. Garibaldi dott. Ferdinando. Liceo Ginnasio (R.) De Amicis di Oneglia. Manini avv. Lorenzo. Municipio di Gavi. Orengo Nicola. Pesce Maineri arch. Benvenuto. Ravano dott. Agostino. Ricca Boccardi cav. Luigi. Schiaffino rag. Manno. Sensi Umberto. Vitale cav. Carlo. NUOVI SOCI Onorari. Volpicella comm. Luigi (già soc- effettivo annuale). (14 dicembre 1929) Relazione 327 Corrispondenti. Levàti P. Luigi Maria (già soc. effett. ann.). (31 gennaio 1931) Skrzinska Elena. — Krestovskij o Olguina 14, Leningrado- (31 gennaio 1931) Effettivi Vitalizi. Preve cav. uff. Cesare. — Corso Solferino 13, Genova. Bibolini ing. Giovanni Battista, deputato al Parlamento. — Corso Firenze 40, Genova. Bognetti dott. prof. Gian Piero. -- Via Fratelli Ruffini 11, Milano. Garibaldi avv. comm. nob. G. Nicolò (già soc. ann.). Cattaneo ing. Angelo march, di Beiforte. — Società « Ilva », Genova-Bolzaneto. Campanella comm. Tito. — Via Garibaldi 12, Genova. Cattaneo Adorno in Luserna di Rorà march. Giuseppina (già soc. ann.). Durazzo dott. march. Giuseppe Maria (già soc. ann.). Fontanabona grand’uff. Ettore (già soc. ann.). Poggi dott. Agostino, prof, libero docente e incaricato di storia del diritto romano nella R. Università di Genova. — Via Roma 10, Genova. (31 gennaio 1931) Effettivi Annuali. Ansaldo Giovanni, dottore in giurisprudenza — Salila S. Gerolamo n. 28, Genova. (5 novembre 1930) Becchi avv. Mario. - Via Assarotti 12, Genova. (28 novembre 1929) Biblioteca (R.) di Stoccolma (Svezia). (18 gennaio 1930) s ✓ 328 Società Ligure di Storia Patria Bionone prof. dott. Santo Filippo (del Consiglio direttivo) (1). Biso dott. Giuseppina. — Carrara. (20 maggio 1929) Brunetti avv. Carlo, cav uff. della Corona d’Italia. — Salita S. Matteo, 2011, Genova. (20 maggio 1929) Buraggi conte Gian Carlo, Sovrintendente del R. Archivio di Stato in Genova, Socio effettivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio nazionale della R. Accademia delle scienze di Torino,. Libero docente di Storia del diritto italiano presso la R. Università di Torino, comm. della Corona d’Italia, cav. Mauriziano. (20 dicembre 1930) Chiesa dott. Aldo. — Via Assarotti 4-15, Genova- (20 dicembre 1930) Chiossone avv. cav. David. Salita S. Gerolamo 2, Genova. (10 aprile 1930) Cimati Camillo, Senatore del Regno, Gran Cordone, Vice Presid. della R. Dep. di Stor. Patr. per le Provincie Parmensi (sez. di Pontremoli) — Villa Fiascarino, Lerici. (10 aprile 1930) Consiglio Provinciale Dell’Economia in Genova. (16 aprile 1921) (1) Consiglio Provinciale Dell’Economia alla Spezia. (22 dicembre 1921) (1) Da Milano dott. Vincenzo. - Carrara. (20 maggio 1929) * (1) Non comparisce nell’elenco a pp. 40-65 per involontaria omissione. % Relazione 329 Dellepiane avv. Giuseppe. — Via Conservatori del Mare 11-4, Genova. (18 gennaio 1930) Di Tucci prof. dott. Raffaele, Archivista nel R. Archivio di Stato in Genova. (24 ottobre 1929) Facco sac. prof. Ilario. — Piazzetta di S. Giovanni il Vecchio, Genova. (5 novembre 1930) Fasce Rodolfo. — Corso Firenze 42, Genova. (20 maggio 1929) Gattini Alessandro di Giovanni. Via Vittorio Emanuele (Villino Gattini), Carrara. (20 dicembre 1930) Kühn dott. G rete. — Berlin Schoneberg. (5 novembre 1930) Lazzoni conte Giulio. — Via Garibaldi, Carrara. (20 dicembre 1930) Luiselli Francesco fu Carlo. - Corso Firenze 46-4, Genova. (24 ottobre 1929) Maineri nob. Riccardo- -- Via Assarotti 18-1, Genova. (10 aprile 1930) Massuccone avv. Francesco Giovanni. — Piazza Umberto I, Genova. (27 luglio 1906) (1) Pandiani prof. dott. Emilio (del Consiglio direttivo). (18 gennaio 1930) (2) (1) Non comparisce nell’elenco a pp. 40-65 per involontaria omissione. (2) Il prof. Pandiani, già socio corrispondente (ved. pag. 34), passò nella categoria dei soci effettivi annuali a cagione della sua nomina a membro del Consiglio direttivo avvenuta per voto dell’Assemblea dell’8 febbraio 1930 (art. 7 dello Stat. soc.). 330 Società Ligure di Storia Patria Parodi avv. Rinaldo. — Vico Erbe 2-8, Genova. (28 novembre 1929) Porrini prof. avv. Ranieri — Via XX Settembre, 1, Genova. (10 aprile 1930) « Ricca avv. Giulio - Via Corsica, 6-10, Genova. (20 maggio 1929) Serra Italo, cap. marittimo. — Via Anieglia 5-10, Genova. (10 maggio 1930) Zonza Luigi, Capo servizio della Navigazione Generale Italiana. — Salita S. Gerolamo 45-2, Genova. (28 novembre 1929) CONSIGLIO DIRETTIVO ALLA DATA DEL 31 GENNAIO 1931. Presidente effettivo. Bensa avv. prof. Enrico. Vicepresidenti. Costa comm. Francesco Domenico- Spinola march. Paolo Alerame, con le funzioni di Tesoriere. Consiglieri. Bjgnone prof. dott. Santo Filippo-Buragoi conte Gian Carlo. Campora prof- Giovanni. Relazione 331 Doria dei marchesi Gian Carlo. Giordano prof. avv. Ludovico. Morgavi avv. Giuseppe. Pandiani prof. dott. Emilio. Pessagno march, dott. Giuseppe. Poggi prof. dott. Francesco, Segretario. Puccio Prefumo conte dott. Francesco, Delegato alla contabilità. Sauli Scassi march, dott. Onofrio. Schiaffini prof. dott. Alfredo. IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIlllllllllllllllll INDICE DEL VOLUME LVII DEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA j* jt jt Lettera del segretario prof. Francesco Poggi al comm. nob. Luigi Volpicella .. .. .......... Statuto della Società Ligure di Storia Patria Albo accademico al 15 marzo 1929 .. ....... PAG. VII 1 23 Pag. Relazione intorno all’ opera della Società Ligure di Storia Patria dal 1917 al 1929 .. .......... Alcune considerazioni storiografiche Gli ultimi anni della presidenza di Cesare Imperiale di Sant’Angelo Atti della Società .. .. .. .......... Vol. XLVIII.......... Vol. I della serie « Risorgimento » Vol. XLIX, fase. I „ ...... Voi. XLIX, fase. II _ ...... Vol. XL, Appendice (Liguria preistorica) Divisione degli Atti in due serie .. Scritti esibiti per gli Atti ma non accolti dal Consiglio, ovvero non presentati dai loro autori .......... (La chiesa di S- Ambrogio e piazza De Ferrari in Genova, conferenza dell’ar-cliitetto A. Pettorelli — Due scritti di Romolo Cuneo-Vidal e di Guido Bustico Due memorie di Arturo Issel e di Luigi Augusto Cervetto rimaste incompiute ed inedite). 87 89 92 93 109 110 112 07 69 72 87 334 Indice Operazioni e questioni varie ............ Raccolta di toponomastica ligure — Rifiuti d’archivio — Associazione « Risorgimento — Voti della Società per una nuova sede dell’Archivio di Stato in Genova — Proposta del presid. march. Imperiale circa la pubblicazione dei Libri Jurium della Repubblica di Genova — Costituzione del Comitato Ligure della Società Nazionale per la storia del Risorgimento italiano — Archivio Brignole Sale - De Ferrari — Un principio di esecuzione della raccolta di toponomastica ligure — Società ligustica di scienze e lettere- Presidenza di Arturo Issel ............ Atti sociali .. .. .. .. ...... Ancora del vol. I della serie « Risorgimento ». Vol. L.: Lettere di Carlo Ottone. Ultime vicende del vol. I della serie del « Risorgimento >. Peripezie della stampa delI’Appendice al vol. XL e dimissioni del prof. Issel dalla presidenza. Corpo epigrafico Iunense. Uno scritto sul Chiabrera non accolto negli Atti. Azioni e pratiche diverse Progetto di una missione storica nel Levante Mediterraneo — Una lettera dell’istituto delle missioni scientifiche italiane in Levante circa lo studio e la raccolta delle memorie latine medievali nel Mediterraneo orientale — Di alcuni quadri del Museo di Teodosia, rappresentanti le grandiose rovine dell’antica fortezza genovese di Soldaia, i quali si trovano in deposito nella nostra sede sociale — Irrevocabile conferma delle dimissioni del prof. Issel da presidente della Società. Presidenza di Luigi Volpicella............ Pubblicazioni sociali .. .. .......... Genova e le sue relazioni con Federico II di Svevia, opera di Cesare Imperiale di Sant’Angelo- Voi. LI degli Atti: Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia. Vol. LII: Miscellanea geo-topografica Voi. LUI: Miscellanea storica. Vol. II della serie Risorgimento I fratelli Ruffini, parte I (1833-35) Voi- LIV, fase. I: La questione di Pietrasanta nell’anno 1496. Voi. LV: La moneta genovese in confronto con le altre valute mediterranee nei secoli XII e XIII. Voi. LVI: Iscrizioni genovesi in Crimea ed in Costantinopoli. Corrispondenza, supplementi e correzioni relative. Voi. LIV, fase. II: Statuti di Carrara e di Onzo. Voi. LIV, fase- III: Le guerre civili di Genova in relazione con un documento economico finanziario dell’anno 1576- Scritti destinati agli Atti ma per varie ragioni rimasti finora inediti oppure comparsi altrove. Libri jurium della Repubblica di Genova ........ Relazione del march- Cesare Imperiale circa essi Libri — Codice dei medesimi Libri; esposizione del dott- Mario Brunetti. Estratto dal verbale dell’adunanza del R. Istituto Storico Italiano (Roma, 4 giugno 1928)- Relazione presentata il 30 ottobre 1929 dal march- Imperiale alla Giunta dell’istituto Storico Italiano- Indice 335 Fatti e vicende sociali Tessera sociale e libero ingresso dei soci nei Musei civici di Genova — Commissione per l’epigrafia storica genovese — Nuovo modulo per la partecipazione di nomina a socio — Il facsimile del Codice degli Annali genovesi di Caffaro e continuatori sottratto alla vendita — Modificazioni e riforma dello Statuto sociale. — Onoranze al prof. Achille Neri — Corretto uso dei titoli nobiliari nelle registrazioni sociali. — Voto in favore dell’aggregazione del mandamento di Gavi alla provincia di Genova — Ritratti dei Presidenti, Vicepresidenti e di altre Cariche della Società dalla sua fondazione fino ai tempi recenti, posti nella sede sociale- — Partecipazione della Società alla Mostra storica del Risorgimento nel 1925 in Genova- — Proposta circa l’identificazione delle traccie della via romana lungo la Riviera ligure occidentale. — A proposito della costruzione di una casa attigua al palazzo del principe Doria a Fassolo. La questione del Balilla .. .. .. .. ....... Finanze Sociali .. .. .. .......... Relazione dei revisori dei conti per l’esercizio finanziario 1918- Relazione id. per l’esercizio finanziario 1929. Movimento dei soci .. .. .......... dal 16 marzo 1929 al 31 gennaio 1931 e variazioni nelle cariche sociali- PAG. 274 296 319 323 ' . Illh.llll, illlllllli.llll.Hllllllh.llll.illlllllli.nl.....Illllli.llll.illlllllli.llll.illlllllli.llll.illlllllliJlIl.illlllllliillll.ilIlllllli.llll.illlllllli.lllidlllllllli.llliillllllllliJlIl.llllllllliJlIl.lllll llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll CORREZIONI Le diciture che si trovano alle pagine sotto indicate devono essere sostituite dalle seguenti, per quanto concerne i titoli o gli uffici o gli indirizzi delle persone ivi menzionate. Rimangono immutate le altre indicazioni. Pag. 36 — Carpanini comm. Pellegrino, Vicepresidente del Consiglio Provinciale dell’Economia della Spezia. 38 — Carrara cav. di gran croce Venceslao, dottore in scienze agrarie. » » — Anfossi dott. comm. Antonio — Via Lavinia 47, Genova. » » — Sauli Scassi march, dott. Onofrio (del Consiglio direttivo). 39 — Bensa Grand’ Uff. Felice, senatore del Regno - Via Serra 6, Genova. » 40 — Andriani prof. dott. Giuseppe, Via Ambrogio Spinola, 7-4, Genova. 41 — Bensa avv. prof, grand’uff. Enrico, Presidente della Società Ligure di Storia Patria. » 41 — Berini ing. Federico — Via Vittorio Veneto, 9-15, La Spezia. 44 — Bruzzone cav. rag. Michele, Ispettore generale della Cassa di Risparmio e del Monte di Pietà di Genova. » 47 — Copello Edoardo Romeo — Via Pittamuli, 14-5, Genova. » 48 — Della Cella avv. cav. Michele — Corso Andrea Podestà, 10-6, Genova. » 4g — qe Nobili di Vezzano dei marchesi avv. comm. Luigi — Via Giuseppe Mai chi 3, Roma. » 51 — Gandolfi G. B. — Salita S. Anna, 15 B, Genova. » 52 — Granello di Casaleto nob. cav. avv. Giuseppe Antonio — Corso Regina Elena 2, Rapallo. » 54 — Magni Alberto — Via Galata 35, Genova. » » — Manfredi Manfredo — Pieve di Teco (Imperia). » » — Muttini Pietro, dott. in lettere. 338 Correzioni Pag. 56 — Negrotto Cambiaso march, avv. Ademaro — Via 5. Nazaro. » 58 — Persi prof. Guglielmo Paolo, dott. in filosofia. » » — Piattoli dott- Renato — Piazza Ciardi, 22, Prato (Toscana). » 59 — Piersantelli Giuseppe, dottore in giurisprudenza. » 61 — Rovereto march, prof. Gaetano — Belvedere (Sampierdarena). » 64 — Varaldo grand’uff. dott. Alessandro — Via Ovidio 26, Roma. » 65 — Ziguara Ugo Paolo — Pieve Ligure (Genova). » 266 — Al prospetto che vien dopo Enrìco li re di Francia, sostituire il seguente, che è sostanzialmente il medesimo di quello che figura nell’ultima parte della pag. 266, ma più chiaro e ordinato nonché meglio graduato per rispetto alla grandezza dei caratteri di stampa. DUCHI DI SAVOIA Carlo III (1531), f. 51 (53). (1535), f. 58 (61). Emanuele Filiberto (1562), ff. 128, 129 (131, 132). CARDINAL BORROMEO (1564), f. 136 (139). OTTAVIANO FREOOSO (1524), f. 47 (49). RIFORMA (1558), ff. 8-22 (8-24). Nobili inscritti nei 28 Alberghi nel 1528: Salvago, Cattaneo, De Marini, Cigala, Fieschi, Lercari, Di Neoro, Usodimare, Doria, Italiani, Imperiale, Grillo, Negrone, Vivaldi, Grimaldi, Spinola, Gentile, Pinelli, Pallavicino, Calvi, Centurione, Lomellini, Giustiniani, De Franchi, Promontorio, De Fornari, Sauli, Cibo; ff. 150-177 (153-181 ). * , * * .